Gesù il Crocifisso Risorto

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Riflessione estetico spirituale - Leonardo Rollino

Il Crocifisso nella storia

Nei secoli il Crocifisso, massimo segno e simbolo della cristianità, è stato rappresentato o descritto da santi e da artisti nei modi più svariati, a seconda dell'epoca, delle sensibilità, delle esigenze, del messaggio che si intendeva lanciare, ben sapendo che il santo e l'artista, sia scrittore, scultore o poeta, sono le persone più adatte ad esprimere il loro tempo, lasciando poi nella storia una traccia più o meno profonda del loro "sentire".

Grazie a questi benemeriti, disponiamo ora di ampio materiale di studio e di riflessione.

E la figura del Crocifisso, nel mondo cristiano, è forse la più descritta o riprodotta quasi a dimostrare ancora una volta che Gesù "elevato da terra, attira tutti a sé".

Anche i non credenti. Il Gesù Crocifisso del mondo orientale bizantino, è sovente scolpito in grandezza naturale, perché nelle grandi basiliche, sia alla vista di tutti.

È un Gesù, sì in croce, ma composto, solenne, regale, con gli occhi aperti, con i colori della vita, dove la morte non esiste, ma è vinta insieme al peccato.

È un Gesù vincitore, con le braccia aperte e tese ad abbracciare il mondo con tutta la sua umanità e con tutta la divina solennità.

È un Gesù glorioso.

È un Gesù vittorioso, imponente, rassicurante, che rappresenta "forza, potenza, onore e gloria" come ci ricorda il libro dell'Apocalisse, davanti all'"agnello sgozzato", immolato, ma in piedi, immortale, con tutta la sua maestà divina.

Allora la croce, strumento di morte, si trasforma in "trono di gloria".

Questa è l'ispirazione dell'artista religioso dei primi secoli, dopo il ritrovamento e l'esaltazione della Croce di Cristo.

Dopo alcuni secoli, intorno al 1200, epoca di S. Francesco d'Assisi, l'artista occidentale, giunge a rappresentare il Crocifisso in modo più realistico, nel tentativo di riprodurre Gesù nella "sua ora" terrena, dove la sofferenza prevale su tutti gli altri aspetti.

L'artista cerca forse di mettere in evidenza lo stato d'animo dei grandi mistici di quel periodo, che vedono in Gesù "il servo di Javhè", "l'uomo dei dolori" secondo la terribile descrizione profetica di Isaia che, con il Vangelo, ne è certamente l'ispiratore.

Forse anche le guerre massacranti, le carestie e le grandi epidemie che decimavano le popolazioni, lasciandole nella desolazione e nella sofferenza, possono aver influito nel "sentire" umano, dell'Uomo in croce.

Ecco allora il Crocifisso dolente, rappresentato a volte morente o il più delle volte già morto, che manifesta tutta la sua sofferenza attraverso le sue Piaghe, i flagelli, le spine, le torture.

Un corpo pendente dalla croce, disfatto, sfigurato, che a volte ha ben poco di umano.

Molto realistico, ma certamente ancora lontano dalla realtà, come dimostra la figura dell'uomo impressa sulla Sindone.

Il fedele che contemplava questo Crocifisso doveva sentirlo vicino a sé nella sofferenza e contemplandolo consolarsi dei propri dolori, perché ne sentiva la condivisione.

È il Gesù-uomo, come Lui ha voluto essere, per condividere la nostra umanità, per manifestarci il suo grande amore per noi, offrendo, in obbedienza al Padre, la sua vita per la nostra salvezza, compiendo il più grande atto d'amore : "dare la vita per i propri fratelli".

Quanti mistici, per tanti secoli hanno ricevuto in dono, come un privilegio, le Sue stesse dolorose stigmate!

Questo è successo nella cristianità occidentale, che ha sempre vissuto il cristianesimo in modo assai diverso da quello orientale, forse in forma più "umana" e tangibile.

Qualche tentativo di "accostamento" tra le due spiritualità, fu fatto, forse, quando il Crocifisso venne rappresentato vivo, inchiodato al legno della croce, rivestito però dei paramenti sacerdotali e con la corona regale in capo.

Cristo Re della gloria.

Oppure quando, sul Calvario venne raffigurata la SS. Trinità con il Padre, che con le braccia aperte sostiene il Figlio unigenito in croce, a volte addirittura sostituendo il legno della croce, con le proprie mani sulle quali il Figlio è inchiodato e con lo Spirito Santo che aleggia in forma di colomba.

A significare che l'"ora" di Gesù è stata condivisa, sia pure in modo diverso, dalle Tre Persone, che sono la grande Famiglia di Dio.

Senza contare i crocifissi diffusi dagli eretici giansenisti, sotto l'influsso calvinista, del nord Europa, che rappresentano Gesù in croce con le braccia non aperte, ma rivolte, molto strette, verso l'alto, a significare che pochi si salvano.

Mentalità rigorista, purtroppo mai totalmente estinta.

Il Crocifisso oggi

Passano altri secoli e si giunge alla tendenza odierna che è quella di rappresentare Gesù Crocifisso risorto che manifesta, contemporaneamente alla crocifissione ,la sua Risurrezione, che precede la nostra, come risultato della sua morte in croce.

Gesù è rappresentato con le sue Piaghe sanguinanti e gloriose, come descritto dal Vangelo, dopo la Resurrezione, nel primo incontro con i suoi apostoli impauriti e increduli e in particolare con l'apostolo Tommaso.

Forse è questo che l'artista vuol rappresentare, legando in sintesi i due "momenti".

Per questo Gesù, sia nei dipinti che nelle sculture, oggi, a volte esagerando, viene rappresentato con o senza il legno della croce, nella posizione di crocifisso, ma con le braccia aperte verso l'alto o verso il basso, in atteggiamento di ascesa, quasi a significare che la Crocifissione e la Resurrezione sono sì due momenti distinti, ma che sono conseguenza uno dell'altro, perché l'uno richiama l'altro, fino a formare un tutt'uno che si riassume nel Mistero pasquale, base e fondamento della nostra fede.

Potenza della mistica e dell'arte!

Senza mai dimenticare l'Assunzione al Cielo di Maria Immacolata, la prima creatura risorta.

Tutto questo può avere anche un significato ecumenico, per favorire il riavvicinamento tra le sensibilità cristiane occidentali e orientali di fronte al Crocifisso Risorto.

Comprensione e maturazione che esige tempi lunghi.

Il Crocifisso di Fra Leopoldo

E il Crocifisso di fra Leopoldo? Che ben conosciamo attraverso l'Adorazione alle sue Cinque Piaghe?

Tutto, parte dalla visione dell'anima attratta ( o abbracciata ) dal Crocifisso.

Anima che, come Leopoldo stesso spiega, rappresenta l'umanità sofferente, che implora perdono e misericordia.

Un'anima bellissima, soave, che "imparadisava", che ai piedi della croce "emana" Paradiso, quindi gioia, felicità, serenità e quindi gloria, perché unita a Gesù Crocifisso partecipa della gloria del Paradiso.

Se quest'anima rappresenta tutta l'umanità, quell'anima non è triste e sofferente, ma "bellissima, dal volto nobilissimo", è un'anima già "salvata" che assapora con il suo Gesù tutta la dolcezza e la bellezza del Paradiso, pur restando in croce con Lui.

Cose umanamente incomprensibili.

Ciò significa che anche noi dobbiamo accostarci a Gesù per abbracciarlo in croce, per partecipare della sua sofferenza, con spirito di riparazione, ma soprattutto per gioire con Lui e partecipare così, anche della sua gloria.

Altrimenti non si spiega come Leopoldo, in quel momento "gustasse" il Paradiso, davanti a quella visione che gli lasciava nell'animo una "dolcezza inenarrabile" che non dimenticherà più "per tutta la vita".

Anticipo di Paradiso ai piedi della Croce, con Gesù Crocifisso, vivo che abbassa il capo per guardare a sua volta l'anima che lo cerca e stabilisce con lei un divino rapporto d'amore che noi chiamiamo "intimità".

Quanta catechesi davanti a questa immagine, che alcuni artisti hanno tentato di riprodurre già in tanti modi, servendosi di imperfette umane descrizioni!

Immagine che ha attratto Leopoldo e che gli è rimasta impressa nell'animo per tutta la vita! Immagine che è all'origine della sua vocazione.

Egli infatti riteneva che tutta la sua "avventura" spirituale, che ben conosciamo, fosse nata da quella visione.

Il provvidenziale incontro con Fratel Teodoreto ha fatto il resto.

Leopoldo ha poi una seconda analoga visione verso la fine della sua vita.

È sempre "Gesù appassionato che porta nobilmente e faticosamente la Croce", seguito da una "miriade" di Vescovi e Papi, però, "nell'insieme, pur nella mestizia, si presentava come scena di Paradiso".

Dove, sempre si accompagnano il dolore e la gioia, la sofferenza e la gloria, frutto delle sue Sacratissime Piaghe sanguinanti e gloriose.

Per questo, Fra Leopoldo nel suo Diario, nota : "portare la croce con gaudio".

Oggi si può anche constatare che sia il Papa che i Vescovi, nei loro discorsi o nei documenti parlano ormai correntemente di "Gesù Crocifisso e risorto", a imitazione di Gesù che nel suo insegnamento evangelico, descrive sempre insieme i due "avvenimenti".

Noi cristiani, amanti e adoratori di Gesù Crocifisso, possiamo ignorare questo importante segno dei tempi?

Anche se il Crocifisso, come abbiamo visto, si presta a molte interpretazioni che soddisfano la nostra sensibilità, considerando che Gesù è glorioso sempre.

Il Crocifisso e l'Eucaristia

Gesù, nella sua divina sapienza, ha anticipato, se si può dire, benevolmente, il "rischio" delle interpretazioni umane, fonte di tanti conflitti tra cristiani, istituendo il Sacramento dell'Eucaristia, che anticipa, riassume e tramanda, magistralmente la Sua Crocifissione, Morte e Resurrezione, che non ammette interpretazioni, ma unicamente un grande atto di fede sulla Sua Parola : "Chi non mangia la mia carne…chi non beve il mio sangue … non avrà la vita eterna" e nell'ultima Cena : "fate questo in memoria di me."

Più chiaro di così.

Ha risposto bene Pietro per tutti noi : "da chi andremo!? Tu solo hai parole di vita eterna."

A questo punto mi rendo conto che il mio è stato un tentativo, più o meno riuscito, per spiegare la modernità e l'attualità del Crocifisso risorto, nel rispetto di tutte le sensibilità che possono scaturire quando ci poniamo con Maria, ai piedi della croce, davanti al Crocifisso.

Ci sono di esempio, la sensibilità di Maria e delle coraggiose donne che l'accompagnano, la sensibilità di Giovanni apostolo, del Buon Ladrone, del Centurione pagano, di Giuseppe d'Arimatea e di tanti altri anonimi, tra cui ci siamo anche noi, che non hanno avuto l'onore di essere citati nel Vangelo.

Per noi, "poveri mortali", il discorso è sempre aperto e sarà aperto sino alla fine dei secoli per continuarlo nell'eterna contemplazione di Dio Amore e Misericordia.