Riflessioni sul Logos ( dal Vangelo secondo Giovanni )

B343-A1

Nel ricordo di mons. Pollano nel 7mo anniversario del suo dies natalis ( 2.1.2010 )1

Da un ciclo di conferenze inedite ( per generosa concessione del "Lascito mons. Giuseppe Pollano" ).

Testo: Gv 1,1–5.

1. In principio era il Logos ( Λòyos ) , e il Logos era presso Dio e il Logos era Dio.

2. Egli era in principio presso Dio:

3. tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.

4. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;

5. la luce splende nelle tenebre ma le tenebre non l'hanno accolta.

Lezione ( di mons. Pollano )

Questi primi cinque versetti forniscono già un quadro amplissimo di lettura che ha come centro il personaggio Logos, descritto nella sua posizione intima a Dio, nella sua causalità creatrice, e nella sua relazione con il creato.

Ciò che ci impressiona è la presentazione di colui che riconosceremo come Figlio di Dio, nella sua caratteristica di Logos, ossia con un nome a noi tutt'altro che ignoto e che inevitabilmente ci richiama alla sfera della nostra razionalità.

Non si tratta con ciò di ridurre il prologo a lettura filosofica, ma trarne le indicazioni implicite per tutto ciò che riguarda la "logicità" divina e creata, sia sul versante della teologia che su quello della ragione.

Sotto questo profilo i versetti aprono a una riflessione già completa, seppure incoativa, del "sistema" ontologico nel quale ci troviamo a esistere, pensare, agire e fare storia.

E in questa prospettiva che possiamo approfondire il testo, ponendo la questione del confronto fra il Logos giovanneo e quello eracliteo, che è anche il nostro, per dedurne conseguenze pertinenti alla nostra conoscenza naturale di Dio e, in seguito, a quella che ci è stata donata in più dalla venuta personale del Logos fra di noi, in Gesù Cristo Signore.

La prima delle questioni riguarda evidentemente il personaggio misterioso che il prologo presenta come giustificazione totale della nostra esistenza.

Infatti, la dichiarazione "in principio" lo colloca in stato di preesistenza al mondo in cui siamo e conosciamo, e il discorso viene a riguardare un "prima" che precede la dichiarazione stessa e il suo autore.

Quale valore conserva un'affermazione che ha come oggetto uno che è intenzionalmente posto in una antecedenza assoluta e per ciò stesso inaccessibile a chi parla?

Ricordiamo allora che l'autore del prologo ha davanti agli occhi la figura umana di Gesù di Nazaret e ciò che ne ha appreso sentendolo e vedendolo; non gli interessano cioè speculazioni filosofiche o teologiche astratte dalla realtà ma, all'opposto, le verità che ha dedotte dalla conoscenza di lui.

Ciò detto, rimane di primaria importanza la scelta del nome Logos con cui egli definisce Gesù, della cui preesistenza personale si è convinto.

Il nome Logos infatti non è esoterico e neppure sacro, come sarebbe stato il nome Sophia, ad esempio; Logos era già nome ben noto a noi, a indicare una realtà del tutto umana: la razza del logos, che per noi è soltanto il logos, siamo noi.

E il nostro modo umano di avere pensieri e metapensieri, calcoli e progetti, poièsi varie, ecc.

Questa attribuzione del nostro logos all'uomo Gesù Cristo in quanto egli non è soltanto uomo e può esistere "in principio" ci stimola e ci sollecita: per un lato suscita in noi un senso di familiare vicinanza, anzi di appartenenza, appunto perchè è realtà nostra da sempre: siamo l'homo sapiens sapiens; per l'altro lato evoca invece, per come è assunto dal prologo, un senso di lontananza remota che a dir poco ci intimidisce.

Chi potrebbe esserci più "altro" di qualcuno che c'è al di fuori della nostra condizione spazio-temporale, quindi in uno stato di massimo divario possibile da noi?

Il prologo suscita dunque in noi simpatia ma anche silenzio interrogativo che non può rimuovere la domanda di chiarificazione.

Infatti una prima istanza si presenta: il confronto fra noi del logos e questo nuovo venuto Logos; chi fra noi e lui, ad esempio, è il detentore originale del nome in questione?

Egli è Logos "a somiglianza" del nostro, o viceversa?

Chi dà notizia, illumina e in definitiva definisce il tutto dell'essere, di noi che vi siamo, e del senso che vi abbiamo?

E dal nostro logos che avevamo tratto, o almeno tentato, spiegazione su tutto ciò: ma adesso?

Ovviamente è sempre possibile, dinanzi all'affermazione dell'enunciato, assumere l'atteggiamento della sufficienza, e in nome del nostro logos di sempre, monopolistico, dichiarare l'enunciato sul Logos privo di rilevanza o addirittura di proponibilità; ma è più prudente accogliere senza pregiudizi l'annuncio e allora riflettervi aprendosi alla sua originalità, per ridefinire in proporzione tutto ciò che ci era già noto.

In questo secondo caso, il Logos del prologo ci diviene prioritariamente essenziale.

Riconoscere tale priorità diviene peraltro subito impegnativo, per noi.

Non si tratta infatti di operazione puramente teorica: se consentiamo ad attribuire a questo Logos l'originalità del nome, e ciò che da essa consegue, ci troviamo coinvolti in una sorta di rovesciamento di valutazioni, che ci pone in posizione di relativizzati rispetto a lui.

Se poi procediamo in questa direzione, possiamo giungere a dover riconoscere in questo Logos la nostra stessa sensatezza, e perciò giustificazione.

Ma ciò diventa un vero e proprio itinerario di risalita all'origine.

Dire itinerario significa movimento e cammino, che implica una distanza da valutarsi e da percorrere non mentalmente soltanto.

Ci troviamo cioè davanti a una differenza di essere, e siamo allora chiamati a usare il nostro logos per affrontare il Logos che ci è proposto per considerare, di significato in significato, chi e come egli sia e che cosa egli comporti per noi.

Note esegetiche del testo evangelico ( a cura di mons. Pollano ):

1,1: "in principio", non del mondo ( come in Gen 1,1 ) ma prima del mondo: nel principio e a prescindere dal mondo; "era": verbo all'imperfetto durativo adatto per una condizione non definita nel tempo: si tratta di esistenza eterna; "Logos", tradotto con Parola, Verbo, appartenente al linguaggio non ebraico.

Giovanni, pur restando nel contesto sapienziale giudaico ( Pr 8,22; Sap 7,22 ), è ispirato ad usare questo nome che circola negli ambienti filosofici greci ( Eraclito, gli Stoici, Plotino: Logos come "legge del mondo, principio attivo, Intelletto divino" ) ed ebraici ( Filone di Alessandria: Logos: "ombra di Dio e modello delle altre cose", tramite operativo tra Dio e il mondo ).

1, 2: "presso", non nel senso statico di vicinanza ma in quello dinamico di approssimazione ( "rivolgersi a", relazione di comunione ).

Implica parità ed esclude il subordinazionismo.

1, 3: "per mezzo", non in senso puramente strumentale, che direbbe appunto subordinazione, ma nel senso di "grazie al fatto che egli era": l'origine della fecondità creatrice di Dio è nella natura di Dio stesso, che non potrebbe "dare" nulla se non fosse Egli già dono a se stesso.

1, 4: "in lui", in quanto è il soggetto che è, e che la teologia definirà "ipostasi" o "persona": s'intende come termine inclusivo di tutto, ed esclusivo di ogni altra sorgente di vita vera; "luce", concetto simbolico di valore intellettuale e morale ( cfr Kant: "che cosa possiamo conoscere? che cosa dobbiamo fare?" ).

Si tratta di illuminazione rispetto alla quale la conoscenza che gli uomini possiedono già in proprio può, isolandosi e opponendosi, divenire "tenebre".

1, 5: "splende", si può intendere della conoscibilità naturale di Dio, come in Sap 13,1-9 e Rm 1,18-21, sia della conoscibilità di Gesù, Logos fatto uomo, grazie alla sua dottrina e alle sue opere; "accolta", il verbo greco ( comprendere, ma anche fermare ) si presta a due significati, di cui il primo è più contestuale.

Giuseppe Pollano


1 Come già in occasione del terzo anniversario, con la pubblicazione nel nostro Bollettino di un inserto dedicato a mons. Pollano ( cfr. L'Amore a Gesù Crocifisso n. 310, gen/feb 2013 ), anche ora, pur nella nostra modestia, intendiamo contribuire a mantenere viva la sua memoria, per l'esemplarità ascetica del suo zelo sacerdotale e apostolico, con l'animazione, l'incontro e i profondi scritti teologici; ma altresì per l'assistenza spirituale da Lui prestata all'Unione Catechisti del Crocifisso e dell'Immacolata, e alla Casa di Carità Arti e Mestieri.