"Riflessioni sul Logos dal Vangelo secondo Giovanni"  

B346-A4

di mons. Giuseppe Pollano

Stralci di alcuni pensieri sul Prologo, liberamente riassunti

Ci cimentiamo al quarto tentativo ( i primi tre sono nei precedenti bollettini ) di riportare alcune delle profonde riflessioni di don Pollano sul Logos, possibilmente semplificandone l'esposizione pur senza alterarne il significato, significato estremamente prezioso per la sequela e l'incorporazione in Cristo Gesù, il Logos incarnato, crocifisso e risorto.

"In principio era il Logos"

Così inizia il prologo, e pertanto il Vangelo scritto da Giovanni.

Abbiamo già notato come tale breve frase abbia una portata e un valore fondamentale e sconvolgente: viene presentato un personaggio preesistente al mondo ( in principio ), quindi anteriore allo spazio e al tempo ( era, nel significato che il verbo essere assume all'imperfetto continuativo, cioè di azione che si protrae, senza indicazione di principio o fine ).

Questo personaggio è denominato Logos, nome a noi familiarissimo, significando ragionamento, attività intelligente ( da cui la logica ).

Abbiamo quindi il Logos eterno, definito nello stesso prologo "presso Dio" e che "era Dio", e il logos umano, di cui è portatore – meglio, di cui è illuminato - ognuno di noi.

Il § 8 difatti dichiara: "Veniva nel mondo la luce vera ( il Logos Dio ), quella che illumina ogni uomo".

Il Logos Dio detiene il primato e l'assoluta pienezza dell'essere, mentre noi, logos umano, abbiamo avuto inizio e siamo limitati.

Nessuno di noi "è" la luce perché nessuno di noi "è" l'essere divino.

Se in noi c'è per natura la mancanza di divinità, noi che cosa siamo?

Noi siamo creati da Dio, e "tutto è stato fatto per mezzo di Lui ( il Logos )" ( cfr § 3 ).

Per cui il nostro "essere", secondo la riflessione teologica, è un "essere analogo", cioè che è in rapporto con l'essere di Dio.

Sono concetti non facili, per l'esattezza: teniamo comunque presente questo, che tra il Logos e l'uomo ( logos umano ) vi è possibilità di relazione.

Infatti l'uomo, oltre a scaturire come tutto il creato "in forza" del Logos come realità non-Dio, ha la ragione che è la Luce che lo illumina ( suddetto § 3 ).

Somiglianza o dissomiglianza da Dio

Il fatto che esistiamo senza essere Dio, ci pone nei suoi riguardi come "somiglianti" e "dissomiglianti".

La somiglianza è dichiarata dalla Bibbia: "Facciamo l'uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza" ( Gen 1,26 ).

La dissomiglianza è attestata dal Concilio Lateranense IV: "Tra il Creatore e la creatura non può rilevarsi una tale somiglianza, che non attesti tra essi una maggiore dissomiglianza".

Valorizziamo questa endiadi, che può sembrare un'opposizione, quale base di riferimento per valutare gli atteggiamenti che l'uomo ( logos umano, o logoide ) può assumere nel suo confronto con il Logos, con riflessi operativi sul piano morale.

Come somigliante la creatura:

# è e rimane capace di conoscere Dio, intuendo per l'inquietitudine del suo cuore che la sua mèta sorpassa ogni finitezza;

# è e rimane dipendente da un misterioso "Supremo" non meglio conosciuto ( fascinoso/tremendo );

# assapora la propria esistenza come "Sì" e "No" con senso tragico del nulla ( Essere e il nulla ).

Come dissomigliante la creatura:

# vuole se stessa in quanto tale, quindi a-teisticamente, perché ha soltanto se stessa;

# vuole se stessa con totale autonomia, contro ogni Volersi di Dio in Sé;

# sceglie sé stesso come fonte sufficiente della propria soddisfazione.

Riflettere sulla propria posizione sui suddetti punti può risultare un fecondo esame di coscienza.