Riflessioni sul Logos dal Vangelo secondo Giovanni  

B347-A6

di mons. Giuseppe Pollano

Stralci di alcuni pensieri sul Prologo, liberamente riassunti.

Quinta serie.

Segue il tentativo di esposizione sintetica delle riflessioni di don Pollano sul Logos, semplificate nei limiti delle nostre possibilità di lettori, tesi a non alterarne il significato, così prezioso per la sequela di Cristo Gesù, il Logos incarnato, crocifisso e risorto.

Nostro atteggiamento verso il Logos, vero principio e senso di tutto

La nostra mentalità deve radicalmente rinnovarsi avendo appreso dalla Rivelazione che il Logos è Dio, e si propone a noi come il vero principio e il senso di tutto.

La nostra conversione di vita va quindi modellata secondo tre aspetti:

1) la prima dedizione da vivere è quella nostra personale con il Logos divino;

2) dobbiamo percepire noi stessi e il mondo come plasmati della sua Logicità, cioè da quanto da Lui promana, quale Artefice e Luce;

3) manifestando il Logos quale "via, verità e vita" per la salvezza di tutti.

Tali possibilità sono scontate sul piano teorico, poiché noi ( Iogos-creati ) ci poniamo in rapporto con il Logos divino, per cui nessun credente può da esse sottrarsi, quali scelte fondamentali.

Ma le cose cambiano se passiamo dalla teologia pensata a quella in concreto vissuta, nella vita di ogni giorno, essendo noi condizionati dai nostri limiti fisici, psichici e culturali alla piena messa in pratica dell'adesione al Logos.

Questi ostacoli ( difetti personali, amor proprio disordinato, influssi negativi dell'ambiente, ecc … ) vanno superati, e tale sforzo costituisce l'ascesi cristiana.

Ascesi cristiana per l'incontro con il Logos

Senza vita ( o arte ) ascetica non è possibile l'esistenza cristiana.

Invero va eliminato tutto ciò che limita la conoscenza e la libertà personale nei comportamenti verso Dio.

Quanto in modo specifico attiene alla Rivelazione sul Logos, l'arte ascetica libera con efficacia da tutto ciò che ostacola:

a) la preghiera, ossia l'approccio personale con il Logos;

b) l'imitazione di Cristo, cioè l'assunzione della condotta umana del Logos, quale vita morale prodotta e configurata dal primato dell'amore divino.

L'esito di tale liberazione trasforma la nostra persona in "icona", cioè simbolo, che valorizza nel Logos ( di cui vive ) ogni atto o impressione interna ed esterna, realizzando quanto dichiarato dal Concilio: "I fedeli esercitano il loro sacerdozio regale con la testimonianza di una vita santa" ( Vat. II, LG 10 ).

Queste non sono parole umane, ma divine.

Rassegna sul piacere e sulla ascesi

Data l'importanza sul piano morale dell'ascesi cristiana, riportiamo integralmente l'excursus dell'Autore, tanto più che il discorso è lineare e di facile apprendimento.

1) Molto ampiamente definiamo piacere qualunque sapore della vita.

In quanto tale esso cerca la propria sazietà, la trattiene fino al proprio esaurimento.

Per nostra natura tendiamo a tale sapore con moto diretto e di conseguenza non tolleriamo che persona o cosa si interponga tra noi e il piacere.

2) Il piacere è tanto vario quante sono le nostre possibilità di esperienza, praticamente infinite in tutte le loro gradazioni.

Tale varietà implica divisione e anche incompatibilità dei piaceri fra di loro.

Da sempre abbiamo gerarchizzato i piaceri in scale di valori, accettando la necessità di privarci di un piacere X per poter arrivare a quello Y.

3) Questo processo implica la rinuncia ai sapori ritenuti insufficienti per vivere felici.

Aprendo orizzonti di piacere più validi si percepisce una liberazione rispetto a piaceri più facili.

Tale lavorio di elevazione ai piaceri sublimi è detto catarsi, o purificazione.

4) Quanto più tendiamo a sapori di vita eccellenti, tanto più pratichiamo purificazione.

Oltre un certo limite l'incompatibilità fra le sazietà provoca la crisi del rifiuto reciproco.

I "cani e porci" di cui dice Gesù hanno le loro sazietà egemoni e intolleranti.

Quando la sazietà è quella del "banchetto celeste", partecipazione alla gioia di Dio, bisogna prepararsi ex-novo ( dal principio ).

Risvegliare la coscienza dalla sua insensibilità e dalle dipendenze schiavizzanti: è la funzione profetica del Battista "voce che grida".