Gloria delle campane di Pasqua

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Gloria di Pasqua.

Le campane squillano non solo per annunziare la gloria di Pasqua di Risurrezione, ma anche a Natale e in molte altre circostanze di gioia.

Anzi la Chiesa nella messa inserisce in tutte le festività il gloria in excelsis, l'inno che potremmo contrassegnare con lo scampanio festoso.

In verità il rintocco delle campane talora risuona anche a morto, come si diceva una volta, tuttavia pure in tali circostanze le lente e cadenzate vibrazioni suggeriscono speranza di vita eterna.

Resta però fermo che l'avvenimento tipico, potremmo dire l'attimo essenziale per il pieno scioglimento a festa delle campane, è la Risurrezione di Gesù Crocifisso.

È l'annuncio della gloria che rapisce ogni credente, e magari ogni uomo che cerchi la Verità.

È suggestivo lasciarsi andare ai ricordi di un tempo, quando da chierichetti la mattina prestissimo del sabato santo – allora la funzione era anticipata alle prime ore - si rastrellavano tutti i campanelli della sacrestia perché al gloria lo scampanio nell'interno della chiesa si adeguasse alla gioia interiore sino alle lacrime dei fedeli ( si parlava di lacrime di consolazione della Madonna, non più desolata, e imitata dai fedeli bagnandosi gli occhi ), o al rimbombo delle campane esterne che, specialmente nelle distese di campagna e nelle valli alpine, sembravano saturare di delizia l'aria.

Di tanto risultava giulivo lo scampanio, se raffrontato con i gelidi gracidii della cantarana, l'asse di legno ribattuta nel ruotarla da due sbarre di ferro, che segnava l'inizio e le fasi delle cerimonie nel silenzio del campanello, dal Gloria del giovedì santo, il venerdì e sino al Gloria del sabato.

Gloria della Croce.

Eppure, se prestiamo la debita attenzione alle parole e al comportamento di Gesù, c'è una gloria che se proprio non travalica, però si affianca a quella della Resurrezione, ed è quella della Croce.

Non per nulla, ed a ragione, si celebra il triduo pasquale come un tutto unico della morte e resurrezione.

Dichiara Gesù avvicinandosi alla sua passione: "È venuta l'ora che il Figlio dell'Uomo sia glorificato" ( Gv 12,23 ), con chiaro riferimento, in quel che segue, alla sua morte.

E ancora: "Adesso l'anima mia è turbata; che cosa dirò?

Padre salvami da quest'ora?

Ma è proprio per questo sono giunto a quest'ora! Padre glorifica il Tuo nome" ( Gv 12,27-28 ).

Testo chiarissimo per quanto riguarda la passione di Gesù, ma che rivela un aspetto fondamentale nella glorificazione, perché Gesù la attribuisce al Padre.

Ma ancora segue, nel medesimo testo, come divina e amorosa replica, la voce di rimando del Padre: " Venne allora una voce dal cielo: "L'ho glorificato e lo glorificherò ancora!". ( Gv 12,28 ).

Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito.

Il concetto di gloria assume pertanto un significato trascendente, che attiene alla stessa vita trinitaria.

Altra invocazione basilare, a tale riguardo, è contenuta nella preghiera di Gesù prima dell'arresto: " E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse". ( Gv 17,5 )

Da tutta l'eternità il Verbo divino è predestinato ad incarnarsi, per cui la gloria di lui come Uomo è indivisibile dalla sua gloria come Dio, nel Padre e nello Spirito Santo.

Invero, considerando la gloria principalmente come un atto interno, dimorante negli spiriti, si può intendere come nell'Essere divino ci sia la gloria indipendente dalle creature, e come il Dio-Uomo parli di una gloria di cui godeva prima della creazione del mondo.


Nota: Il beato A. Rosmini definisce la gloria « una stima giusta, accompagnata dall'entusiasmo, che l'ente o gli enti intellettivi attualmente tributano a un qualche ente intellettivo, e a questo manifestano », non sottacendo la difficoltà della definizione, e applicandola in una lunga nota alla SS. Trinità. ( Cfr. Teosofia – Libro III°, § 1040, nota 1 ).

V. M.