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La risurrezione di Gesù è un fatto storicamente verificabile? ( fuori testo )

CCC nn. 639-647 CdA nn. 264-271


L'annuncio della risurrezione di Gesù da parte dei Dodici provoca una domanda cruciale: all'origine di quell'annuncio stanno avvenimenti obiettivi, accessibili in qualche modo anche alla nostra indagine storica di oggi?

Oppure è stata semplicemente un'esperienza religiosa soggettiva, un'esperienza "mistica"?

O addirittura una semplice illusione dei discepoli che non hanno saputo accettare il fallimento del loro Maestro?

Anche oggi, nel linguaggio della meditazione devota o della predicazione, si dice talora: "Gesù deve risorgere nei nostri cuori"; e si vuole forse dire semplicemente che il ricordo di lui deve risorgere nella nostra memoria, le sue parole devono tornare ad illuminare la nostra vita, e il suo esempio deve diventare stella polare che orienta il nostro cammino.

E semplicemente in questo senso che dobbiamo intendere l'annuncio di Pietro e degli altri, che "Dio l'ha risuscitato … e ( l' ) ha costituito Signore e Cristo" ( At 2,32.36 )?

Il dubbio si affaccia subito abbastanza naturale nella mente di ogni ascoltatore, come si affacciò nella mente di Tommaso l'apostolo, quando gli altri dieci gli annunciarono: "Abbiamo visto il Signore!".

Tommaso obiettò: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi … non crederò" ( Gv 20,25 ).

Chiedeva una evidenza obiettiva e dubitava che l'annuncio degli altri potesse dipendere da un'illusione ( Gv 20,24-25 ).

La domanda sembra, poi, diventare ancora più forte, quando si osserva che i racconti evangelici della risurrezione divergono fra loro su molti particolari narrativi, al punto che non è facile concordarli.

Per rispondere alla domanda, occorre, anzitutto, ricordare quanto abbiamo già detto: la risurrezione di Gesù non è un evento come gli altri e di conseguenza non si deve pretendere di verificano storicamente allo stesso modo degli altri.

Questo però non significa che sia un evento meno reale degli altri: al contrario, è un evento realissimo, accaduto, obiettivo.

Semplicemente non e tutto verificabile con gli strumenti storici in nostro possesso, perché è un evento che esce dal nostro mondo verificabile.

Gesù è entrato nel mondo di Dio, questa è la verità della sua risurrezione, molto diversa dalla risurrezione di Lazzaro, che non è uscito dal nostro mondo, ma vi è ritornato!

Non ci deve sorprendere più di tanto che le fonti, che parlano della risurrezione di Gesù, si diversifichino fra di loro nei particolari narrativi.

Il carattere "speciale" dell'evento della risurrezione e, di conseguenza, il carattere misterioso e assolutamente unico degli incontri con il Risorto, ci permettono di comprendere la difficoltà dei protagonisti a esprimere in termini di descrizione obiettiva e materialmente precisa ciò che essi videro e vissero.

La difficoltà era innanzitutto intrinseca alla natura della loro esperienza.

A questa difficoltà si aggiungeva quella costituita dai diversi interlocutori e dal diverso loro rapporto con la storia di Gesù: una cosa era annunciare il Risorto a chi aveva conosciuto Gesù prima della sua morte, altra cosa annunciano a chi non ne sapeva niente; una cosa annunciarlo all'ebreo, altra cosa annunciarlo al pagano.

Tutte queste difficoltà rendono ragione di come la testimonianza apostolica si sia meno preoccupata di una ricostruzione esatta degli avvenimenti pasquali e assai più – magari attraverso il ricorso a strumenti espressivi tratti dalla liturgia o dai testi dell'Antico Testamento – di riprodurre il lieto messaggio che mediante quegli avvenimenti era stato rivelato.

È da sottolineare allora la grande convergenza sugli aspetti storici più importanti: una convergenza tanto più significativa in quanto non intenzionalmente cercata.

Evento diverso da ogni altro, la risurrezione di Gesù lascia però "tracce" storicamente verificabili: il sepolcro vuoto, le apparizioni, l'esperienza di Paolo di Tarso, la trasformazione dei discepoli, la nascita della Chiesa.

Prendiamo, ad esempio, la fede dei discepoli nel Signore risorto.

Come è nata questa fede? I testi parlano di due segni: il sepolcro vuoto e le apparizioni.

È la spiegazione storicamente più accettabile.

Solo qualcosa di insolito e di convincente può avere indotto un gruppo di uomini a ritenere risorto un crocifisso!

Del resto, tutte le testimonianze in nostro possesso ci dicono che i discepoli non erano dei visionari.

Costoro dapprima sono certi e poi, sotto la spinta della ragione o di altro, giungono al dubbio.

I discepoli, invece, partirono dal dubbio e non senza resistenze approdarono alla certezza.

Questo è il cammino di uomini sanamente critici, non di visionari.

È la risurrezione di Gesù che fa sorgere e maturare la fede dei discepoli.

Ma tutte queste tracce, storicamente certe e documentate, restano soltanto "segni": rinviano a una realtà nascosta, che si dischiude soltanto alla fede.

Per noi, oggi, il segno esteriore non è quello dell'incontro visibile con Gesù risorto.

Il segno, anzi i segni sono quelli offerti dalla testimonianza degli apostoli, che ci raggiunge attraverso le Scritture, la liturgia, la testimonianza dei santi di ieri e di oggi, la continuità della fede viva della Chiesa e del magistero dei vescovi.

Per noi, come per gli apostoli, il segno esteriore è accompagnato dal dono interiore dello Spirito Santo, che conferma e illumina la Parola letta e ascoltata.

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