Diamo forma alla bellezza della vita Cristiana

Indice

I - Il mistero della bellezza

2. Chi di noi non ha mai fatto l'esperienza della bellezza?

In un volto, in un incontro, in un paesaggio, in un'opera d'arte, nella musica …

Essa è una delle esperienze più forti e affascinanti dell'essere uomini e donne.

Platone per primo si accorse che il mistero della Bellezza non si riesce a definire, ma si dischiude solo nell'esperienza del desiderio ( eros ), cioè in una relazione personale, un incontro che colpisce e suscita stupore, attrazione ed entusiasmo, risvegliando la nostalgia di Dio e l'aspirazione a dare un senso alla nostra vita.

« Di questo entusiasmo hanno bisogno gli uomini di oggi e di domani per affrontare e superare le sfide cruciali che si annunciano all'orizzonte ».5

Il Papa Benedetto XVI ha mostrato nella sua Enciclica Deus Caritas est che eros e agape non sono mai completamente separabili ( n. 7 ): tra i tanti desideri che attraversano, dilaniano o unificano la nostra vita, l'amore è la forma più forte e radicale del desiderio umano, quello che porta le tracce di Dio.

3. Un'esperienza totale e totalizzante

L'esperienza della bellezza è qualcosa di totalizzante.

Quando sperimentiamo il bello, infatti, tutto il nostro essere è coinvolto: la corporeità, l'affettività, le emozioni, l'immaginazione e la creatività, l'intelligenza ( intus-legere, come penetrazione della profondità delle cose ), la volontà.6

La bellezza ci provoca l'esperienza di qualcosa di piacevole che ci riguarda direttamente da vicino come protagonisti, rendendoci allo stesso tempo però direttamente partecipi di qualcos'altro, della vita di qualcun altro, fino a suscitare in noi il desiderio di possedere e di essere uniti a colui che ci attrae.

La bellezza è per noi una magnifica promessa di felicità.

Sono tanti i motivi per cui essa è così importante per noi, e per questo essa è anche uno dei nomi di Dio.

Come può Dio o l'impegno cristiano o una forma specifica di vita, attrarci se non e Bello?

Possono davvero Dio e la vita cristiana riguardare la corporeità, l'affettività, le emozioni, l'immaginazione, la ragione oltre che la, volontà?

Può tutto questo renderci felici? La Chiesa stessa, ricordava l'allora cardinale Joseph Ratzinger, non è anzitutto una dottrina, ma bellezza.

Lesperienza cristiana comincia da una ferita, da un incontro - che quasi sempre è anche uno scontro - da un evento che accade nella vita e la cambia.

Questo evento si chiama Gesù Cristo.7

4. Quale bellezza salverà il mondo?

In questi tempi in cui anche nella Chiesa e nella vita cristiana si è tornati a parlare più spesso della bellezza, è facile sentire riecheggiare l'asserzione di Dostoevskij, nel suo romanzo L'idiota: « La bellezza salverà il mondo».

Tuttavia meno spesso si ricorda che la domanda più cruciale del romanzo è « Quale bellezza salverà il mondo?».8

Il protagonista, che è un simbolo di Gesù Cristo, si innamora infatti di due donne: Aglaja ( il cui nome ricorda l'antico mito greco della bellezza come splendore, la bellezza ragionevole: Aglaja era une delle tre Grazie ) e Natasja ( il cui nome ricorda la risurrezione, anastasis ).

Aglaja è una donna per bene e di buona famiglia, ma il protagonista sceglie di sposare Natasja, che è una donna enigmatica ed oscura, perché egli è persuaso di farla risorgere.

Questa lo rigetterà ed egli cadrà nella follia.

È descritta qui la bellezza della follia dell'amore che va contro ogni ragionevolezza: per questo il romanzo si chiama L'idiota, quasi un commento alla follia della croce di cui parla S. Paolo ( 1 Cor 1,18-23 ).9

Dostoevskij intende qui la bellezza redentrice dell'amore di Cristo che ci rende belli amandoci.

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5 Giovanni Paolo II, Lettera agli artisti, 23 aprile 1999, n. 16
6 « Il bello infatti è lo splendore del vero », diceva Platone
7 J. Ratzinger, La bellezza, la Chiesa, pp. 12-14
8 Il Card. C. M. Martini ricordava che solo la bellezza che sa condividere il dolore può salvare il mondo; Quale bellezza salverà il mondo. Lettera pastorale per l'inno 1999-2000, in Coraggio, non temete,
9 P. Giannoni, Ascetica come estetica, prò manuscripto, 5.2