Vivere la fede oggi Documento pastorale dell'Episcopato italiano 1. - Il documento pastorale che noi Vescovi d'Italia, offriamo alla meditazione del Clero e del Laicato, è nato dalla coscienza della nostra responsabilità di fronte alla Comunità Ecclesiale, che Cristo Signore ci ha affidata, e dalla consapevolezza del momento difficile, eppure spiritualmente fecondo, che stiamo attraversando. Non vogliamo dimenticare le gravi affermazioni, con le quali il Concilio Vaticano II descrive un aspetto fondamentale del nostro servizio per il Popolo di Dio. « I Vescovi - dice infatti il Concilio - sono gli araldi della fede che portano a Cristo nuovi discepoli, sono dottori autentici, cioè rivestiti dell'autorità di Cristo, che predicano al popolo loro affidato la fede da credere e da applicare nella vita, e la illustrano alla luce dello Spirito Santo, traendo dal tesoro della Rivelazione cose nuove e vecchie, la fanno fruttificare e vegliano per tenere lontano dal loro gregge gli errori che lo minacciano ». Per questo dovere, che lo stesso Concilio definisce « uno dei principali per i Pastori », intendiamo proporre, con grande amore e trepidante fiducia, alcune linee di orientamento dottrinale e pratico, per sollecitare in tutti un coraggioso esame di coscienza in vista di una revisione di vita, cosi da ridare alla nostra fede, sottoposta a fascinose tentazioni e crescenti difficoltà, più serena consapevolezza e più vigorosa forza di irradiazione. Le ombre, che sovente pesano come una minaccia sulla fede del popolo cristiano e si riflettono in particolare sui giovani, non indeboliscono la nostra ferma fiducia. Sappiamo, infatti, che « fedele è Colui che vi chiama » ( 1 Ts 5,24 ) e conosciamo, d'altronde, la testimonianza di fede, umile e silenziosa, perseverante e sofferta di molti di voi, come la ricerca sincera e costante di altri. Ci è caro, perciò, aprendo questa conversazione, far nostre le parole di San Paolo ai Tessalonicesi: « Noi ringraziamo continuamente Iddio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere, memori dinanzi a Dio, Padre nostro, dell'attività della vostra fede, dei sacrifici della vostra carità e della ferma vostra speranza nel Signore nostro, Gesù Cristo ». ( 1 Ts 1,2-3 ) I. La odierna crisi religiosa La Religione oggi 2. - Il nostro è un tempo di grandi e radicali trasformazioni che modificano rapidamente e profondamente abitudini di vita rimaste immutate per secoli. In questo vertiginoso processo viene coinvolta anche la vita religiosa. « Da un lato, un più acuto senso critico purifica la vita religiosa da ogni concezione magica del mondo e da sopravvivenze superstiziose ed esige sempre una adesione di fede personale e responsabile: numerosi sono perciò coloro che giungono ad un più profondo senso di Dio. D'altro canto, però, moltitudini crescenti praticamente si staccano dalla religione. A differenza dei tempi passati, negare Dio o la religione, o farne praticamente a meno, non è più un fatto insolito e individuale. Oggi infatti non raramente viene presentato come esigenza del progresso scientifico o di un nuovo tipo di umanesimo ». La religione sembra diventare in tal modo un affare privato e individuale, quando non appare del tutto priva di significato e di valore, o viene addirittura rifiutata come dannosa alla crescita responsabile degli uomini e soffocante il loro desiderio di libertà assoluta. Il pensiero e lo sforzo degli uomini si concentrano, sempre di più, nella città terrena e, sempre di meno, nella città celeste. La religione non sembra corrispondere alle esigenze vitali degli uomini, intenti a costruirsi un'autonoma ed efficiente « città secolare ». Dio è, per molti, assente o estraneo, mentre i segni della sua presenza vengono disattesi come inutili o incomprensibili. La stessa parola « Dio », per alcuni, non evoca niente di preciso e di definito. C'è chi pensa e scrive che l'umanità cammina verso un'era, nella quale Dio potrà dirsi « morto » nel cuore di molti uomini. Non ci associamo, per la ferma speranza che abbiamo nella misericordia del Padre, a questi profeti di sventura; ma sappiamo bene che la religiosità, disancorata da una fede autentica illuminante e propulsiva, può degenerare in forme puramente esteriori, prive di significato vitale per l'uomo di oggi e tali da ostacolare, per molti, il vero incontro con Dio. Avvertiamo, perciò, come credenti e come Vescovi, la nostra accresciuta responsabilità nella crisi religiosa, che sembra investire violentemente l'epoca nostra. La crisi religiosa non risparmia l'Italia 3. - Anche in Italia molti cattolici vivono ormai questo momento di « crisi », con tutto ciò che di positivo e di negativo essa comporta. A prima vista, è vero, si potrebbe avere l'impressione che il popolo italiano conservi intatto il patrimonio religioso tradizionale. La nostra gente, quasi dovunque, continua a chiedere il battesimo, la comunione e la cresima per i propri figli, vuole celebrare il matrimonio in chiesa ed esige la sepoltura religiosa. Ma quanti sono consapevoli degli impegni di vita cristiana, che questi riti sacri presuppongono e coinvolgono? Le feste si rinnovano con puntualità e solennità, secondo antiche consuetudini: i segni religiosi sono ancora presenti e dominanti nel panorama di un popolo, che da circa due millenni si gloria del nome cristiano, ma si può sempre dire che tutto questo nasca da un profondo « senso religioso », da una autentica « fede » cristiana? La « crisi », certo, non investe tutti allo stesso livello di consapevolezza. Molti vivono la propria fede in una tale semplicità e serenità che, seppure talvolta può dubitarsi del suo grado di maturità, non può non essere considerata come una realtà altamente positiva. Bisognerà, semmai, preoccuparsi che ad una graduale purificazione della fede si accompagni una sua più viva consapevolezza ed una sua maggiore limpidezza di espressioni: solo così, posta come è di fronte ad urti e aggressioni, che provengono dal contesto socioculturale in cui ogni credente è necessariamente inserito, potrà validamente resistere e crescere in profondità e vitalità. D'altronde - e lo rileviamo con riconoscenza e gioia - accanto ai cristiani non sempre chiaramente consapevoli della loro fede, ve ne sono altri che si sforzano di viverla intensamente e proficuamente; e non soltanto sul piano d'una totale e generosa adesione, ma anche su quello di una consapevolezza raggiunta mediante una seria riflessione teologica. Questa maturazione della fede, è vero, non di rado è accompagnata da profondo travaglio, da momenti di esitazione e perfino di sbandamento. Tuttavia essa testimonia la vitalità del messaggio cristiano, la sua capacità di misurarsi col mondo contemporaneo e di offrire agli uomini d'oggi la risposta ai loro interrogativi più profondi e inquietanti. 4. - Se valutiamo, perciò, con serenità la nostra epoca, non possiamo nasconderci, accanto a segni positivi, aspetti ambigui e negativi: ignorarli o sminuirli significherebbe, oltretutto, precludersi la possibilità di superarli. Non è difficile, ad esempio, avvertire lo svuotamento graduale di una certa religiosità sotto l'influsso non soltanto di una visione scientifica del mondo, ma anche sotto la pressione di nuovi modelli di comportamento sociale. Le espressioni religiose di una parte notevole del nostro popolo sembrano nascere da una fede non sufficientemente conosciuta e motivata: e ciò può indurre a forme sentimentali o superficiali, avulse dal vivere quotidiano e troppo fragili per resistere all'urto di una visione materialistica o edonistica della vita. Se il fenomeno ora accennato si riscontra prevalentemente in alcuni strati più umili del popolo, un altro, e più grave, si osserva negli strati più progrediti sul piano sociale e culturale. I movimenti di idee, il progresso tecnologico, la espansione dei consumi, la mobilità migratoria e turistica, l'urbanizzazione crescente e caotica con le conseguenti enormi difficoltà d'integrazione comunitaria, l'aggressione della pubblicità, l'instabilità politica, economica e sociale, con tutti i problemi connessi, concorrono ad acuire la lacerazione interiore, ancor più sensibile negli uomini di cultura. In questo quadro la carenza di una fede, cosciente e robusta, favorisce il dissolversi della religiosità, sino ad una rottura totale con la pratica religiosa. Questo doloroso fenomeno è percepibile soprattutto nei giovani. Delusi dalla testimonianza, spesso negativa o ambigua, delle generazioni adulte sia nella vita pubblica che nella vita privata, debolmente plasmati alla mentalità di fede nella fanciullezza e nell'adolescenza, abbandonati ad incaute esperienze per il disimpegno educativo e morale di parecchie famiglie, provvisti sempre più abbondantemente di mezzi di evasione, strumentalizzati non di rado da movimenti eversivi palesi o occulti, molti giovani manifestano la loro insoddisfazione e il loro smarrimento, contestando quei valori che sono incoerentemente affermati dal sistema sociale, non esclusi i valori religiosi. Tra i giovani, è vero, si hanno anche sorprendenti e commoventi espressioni di generoso impegno nella fede e nella carità, maturano gesti ammirevoli di dedizione fraterna, si moltiplicano fervide iniziative altamente significative di una tensione autenticamente missionaria. Non ci si può, tuttavia, nascondere che un numero preoccupante di essi sembra incamminarsi verso un futuro, dove la fede convinta ed operosa appare come spenta o emarginata. Un doveroso esame di coscienza 5. - Il quadro, che abbiamo presentato, sia pure con tratti appena accennati, può sembrare eccessivamente oscuro. Siamo consapevoli che, in mezzo alle ombre ed alle preoccupazioni, vi sono luci confortanti e motivi di grande fiducia. Ci è sembrato, tuttavia, opportuno soffermare l'attenzione nostra, del clero e del laicato, sopra alcune zone di ombra, per stimolare noi e la comunità ecclesiale d'Italia ad un esame di coscienza realistico, coraggioso, forte. La fede è la radice della vita cristiana; è, perciò, necessario tenerla sana e vigorosa, preservandola o difendendola da insidie e da rischi. Questa impostazione del problema, di carattere spiccatamente pastorale, non ci esimerebbe da un'analisi approfondita delle cause del fenomeno. Ma qui può bastare la rapida indicazione di alcuni fatti, che sembrano influire più da vicino sulla genesi e gli sviluppi dell'attuale momento critico. Esistono, oggi, difficoltà reali, ignote ad altre epoche, per l'incontro ed il colloquio dell'uomo con Dio. Lo sviluppo, ad esempio, delle scienze positive, l'approfondimento della conoscenza dell'uomo, la maturazione di esigenze critiche spostano l'attenzione, e mutano radicalmente la metodologia dell'indagine culturale. Il sorprendente progresso tecnico e l'espandersi della industrializzazione, insieme con l'uso sempre più capillare degli strumenti della comunicazione sociale, diffondono ovunque, con crescente suggestione, nuovi modelli di vita, concorrendo a modificare i criteri di valutazione morale e di comportamento sociale. Su questo terreno, più favorevole alla tensione secolare ed orizzontale, si sviluppa un umanesimo chiuso o addirittura avverso al senso religioso. Al di là di questa condizione, obiettivamente difficile, esistono tuttavia precise responsabilità dei cristiani. La prima e fondamentale, riguarda l'inadeguato alimento della fede per mezzo di un'azione catechetica, corrispondente alle nuove esigenze. Questo insufficiente nutrimento della fede non può non riflettersi con particolare incidenza sulle nuove generazioni, le quali, lungi dal trovare nella famiglia lo stimolo ad una chiara presa di coscienza della loro fede, vi trovano spesso apatia, disinteresse, impreparazione, non di rado veri ostacoli. Né può dimenticarsi, in questo ordine di considerazioni, l'attuale momento di tensioni nel seno stesso della Chiesa. Tensioni di speranza e di generosità in quanti si impegnano alla realizzazione di uno stile di fede più trasparente e coerente; ma, al tempo stesso, tensioni di sfiducia e di amarezza in altri, che vedono compromessa l'unità della fede da certe forme di pluralismo, la saldezza della ortodossia dalla più o meno larvata presenza di errori in alcune espressioni del pensiero teologico contemporaneo. Queste tensioni, esasperate da una pubblicistica interessata e superficiale, finiscono per alimentare una condizione di forte disagio nella comunità ecclesiale. Di conseguenza, alcuni si ribellano o defezionano, altri si lasciano vincere dall'indifferenza o da un senso di frustrazione, mentre gruppi isolati reagiscono qua e là con gesti di violenta rottura. Al di là delle amplificazioni o invenzioni, cui troppo spesso si indulge, una sincera « revisione » della nostra vita alla luce del Vangelo e degli insegnamenti autentici della Chiesa si impone a tutti - sacerdoti, religiosi e laici - qualunque sia l'ufficio che ricoprono nella Chiesa e nella società. Ci pare infine di dover rilevare, tra le cause che possono influire su una crisi della fede, la incauta e talvolta spregiudicata volgarizzazione delle discussioni teologiche e la strumentalizzazione di fatti ed episodi che si verificano nella Chiesa. La discussione teologica è uno strumento di illuminazione e penetrazione del messaggio rivelato e, in questo senso, è prezioso ed insostituibile servizio reso, non solo alla gerarchia, ma a tutto il popolo cristiano. Quando però semplici ipotesi di lavoro vengono presentate come acquisizioni definitive ed offerte a un pubblico non preparato, creano prima disorientamento, poi confusione e, da ultimo, sfiducia. Analogamente, alcuni episodi contestativi, che hanno quali protagonisti sacerdoti, religiosi o laici, quando vi manchi il senso della comunione ecclesiale e si spezzi il vincolo della carità e della sottomissione, sollevano gravi punti interrogativi nella coscienza del popolo cristiano, turbandone e talora scardinandone la fede. L'atteggiamento dei Pastori 6. - A questa situazione noi guardiamo con gli « occhi della fede », non ignorando le particolari difficoltà dell'attuale condizione religiosa, ma preferendo giudicarle alla luce della « storia della salvezza ». Accogliamo, perciò, con aperta simpatia i progressi della scienza e della tecnica; attendiamo dalla ricerca critica nuovi validi motivi di approfondimento del messaggio rivelato; seguiamo con sofferta partecipazione lo sforzo di liberazione dell'uomo da ogni forma di schiavitù o violenza fisica e morale. Pur consapevoli dei rischi ai quali oggi è esposta la fede dei credenti e delle difficoltà che incontra la evangelizzazione dei non credenti, abbiamo fiducia nella promessa del Signore: « Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo ». ( Mt 28,20 ) Coloro, i quali credono fermamente che Gesù è il Figlio di Dio, « vinceranno il mondo », giacché « la vittoria che vince il mondo è la nostra fede ». ( 1 Gv 5,4 ) A una condizione però: che questa fede sia consapevole, matura, autentica, coerente. Di qui l'urgenza di chiedersi quale è la genuina sostanza di questa fede e il modo di viverla integralmente. Di qui il dovere indilazionabile di una seria riflessione, che ci porti a vedere con chiarezza ciò che va modificato o corretto nelle espressioni di fede, così da renderla più viva e vivificante. Di qui ancora la necessità di confrontare la fede cristiana con la realtà del mondo odierno, per vedere fino a che punto questa realtà le offra le condizioni per diventare più verace e pura: niente, infatti, è senza significato nei disegni della Provvidenza, nemmeno quelle cose o quegli avvenimenti che sembrano piuttosto disorientare che indurre alla speranza. È in questa visione e persuasione, che invitiamo i cattolici d'Italia e tutti gli uomini di buona volontà a riflettere su alcune linee essenziali del messaggio cristiano. II. Alcuni punti essenziali del messaggio cristiano L'iniziativa di Dio 7. - Il cristianesimo si presenta all'umanità come la proclamazione di questo lieto annuncio: Dio s'è rivelato all'uomo nel Figlio suo incarnato, redentore e salvatore! Una rivelazione, che è insieme redenzione o liberazione dal peccato nella riconciliazione con Dio. L'iniziativa di questa misteriosa « discesa » di Dio tra gli uomini è partita da Dio stesso: Egli, infatti, ha mandato il Figlio suo unigenito, che, incarnandosi, ha posto la sua « tenda » in mezzo a noi. Ed è una iniziativa di carità, un gesto di amore: « Dio, infatti, ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio, l'Unigenito, affinché ognuno che crede in Lui non perisca, ma abbia vita eterna ». ( Gv 1,14 e Gv 3,16 ) Questo disegno di amore l'uomo può intravederlo già nella creazione. Dio evoca dal nulla le cose e « forma » l'uomo come termine di un dialogo di amore. Né il dialogo ha fine, per la caduta dei progenitori e la solidarietà nel peccato di tutti gli uomini. Ma Dio, che ha promesso la salvezza alla stirpe di Adamo, ( Cfr. Gen 3,15 ) si sceglie di mezzo alle nazioni un popolo, che circonda di premure e delicatezze quasi materne, che libera dalla schiavitù dei nemici, a cui invia continuamente dei messaggeri - i Profeti - perché lo richiamino alla osservanza del Patto solenne, sancito ai piedi del Sinai. Anche nei momenti più oscuri della sua storia, Israele sa che può confidare nell'amore del suo Dio: « Ed ora così dice il Signore che ti ha creato, o Giacobbe, che ti ha plasmato, o Israele: Non temere, perché ti ho riscattato e ti ho nominato mio possesso! Quando passerai per le acque, io sarò con te; e quando attraverserai i fiumi, non ti sommergeranno. Se camminerai in mezzo al fuoco, non ne verrai bruciato e la fiamma non ti incendierà, perché io sono il Signore Iddio tuo, il Santo d'Israele, il tuo Salvatore ». ( Is 43,1-3 ) Il Dio, che qui parla, cui obbediscono le forze della natura e quelle della storia, si manifesta soprattutto come il Dio che « ama » ed ama di un amore creatore, capace di dar vita a situazioni nuove per la sopravvivenza e la esaltazione del « suo » popolo. La elezione d'Israele, però, non è fine a se stessa: è una fase preparatoria alla salvezza di tutte le genti in Cristo, e già la inizia, come tipo e figura. La benignità e l'amore del Salvatore nostro Dio per gli uomini 8. - In realtà, l'intervento definitivo, compimento del disegno di salvezza, che dà senso a tutta la storia, è il mistero dell'Incarnazione, Passione, Morte e Resurrezione del Figlio stesso di Dio, Cristo Signore. In Lui Dio non ci si è manifestato di lontano, in mezzo alle fiamme del roveto ardente o nel fulgore del Sinai, come a Mosè; neppure solo indirettamente tramite i suoi messaggeri, i Profeti; ma direttamente e da vicino: in Gesù di Nazareth, il Figlio di Maria, è lo stesso Figlio di Dio che ci è venuto incontro. Col mistero della Incarnazione, Dio si è rivelato in Cristo. ( Cfr. Gv 14,9 ) Il Figlio di Dio ha preso la nostra natura umana; si è reso « in tutto somigliante a noi, fuorché nel peccato ». (Eb 4,15 ) Ha percorso i nostri sentieri, ha provato la nostra stanchezza, ha sentito il morso della fame e della sofferenza, ha palpitato di amore e di gioia. Uomo vero in mezzo ad uomini veri: « Non è costui il figlio di Giuseppe, di cui conosciamo il padre e la madre? ». ( Gv 6,42 ) Gesù Cristo, Uomo-Dio, ci ha insegnato ad amare Dio con tutto il cuore e ad invocarlo come nostro Padre. Ci ha comandato di amare tutti gli uomini come fratelli, con una preferenza verso i piccoli, i poveri, i peccatori, i deboli, i sofferenti. Questa sua predilezione l'ha espressa con le immagini familiari del pastore e della pecorella smarrita, del figlio prodigo e del padre pronto al perdono. Parlandoci di Dio in linguaggio umano, ci ha svelato la realtà di un Dio che va in cerca dell'uomo, che quasi lo rincorre per le vie del mondo con la potenza di un amore senza fine, riservando un'attenzione, premurosa e delicata per ciascuna delle sue creature. Cristo nostro fratello 9. - Così, Colui che si è « attendato » tra gli uomini è diventato uno di noi, il « Primogenito » tra i fratelli. ( Cfr.Rm 8,29 ) Cristo, perciò, si rivolge a noi come a fratelli: « Colui, infatti che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti dallo stesso ceppo. Per questo appunto Gesù non si vergogna di chiamarli fratelli. Egli non viene per essere di aiuto agli Angeli, ma per soccorrere il seme di Abramo ». ( Eb 2,11-16 ) Anche volendo, gli uomini non potrebbero respingere Cristo: respingere Cristo-Uomo significherebbe non solo respingere Dio, ma una parte di se stessi, dal momento che nella Sua umanità si è assimilato a noi e la nostra umanità è in Lui. Cristo appartiene all'umanità e alla sua storia. Non si può, tuttavia, accettare Cristo-Uomo senza accettare Cristo-Dio, perché « in Lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità ». ( Col 2,10 ) In Cristo e per Cristo, dunque, gli uomini hanno toccato, visto, ascoltato Dio stesso. Lo scriveva ai primi cristiani, con parola commossa, l'Apostolo Giovanni: « Quel che era da principio, quello che abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che abbiamo contemplato e le nostre mani hanno toccato riguardo al Verbo della vita, questo l'annunciamo a voi, affinché voi pure siate in comunione con noi. E la nostra comunione è col Padre e col suo Figlio Gesù Cristo ». ( 1 Gv 1,1-3 ) Cristo ci libera dal peccato e ci rende figli di Dio 10. - Le parole dell'Apostolo non dicono soltanto la realtà e concretezza della Incarnazione. Ne spiegano anche il senso profondo: Cristo è venuto per dare la vita a tutti gli uomini e introdurli cosi nella comunione col Padre, col Figlio e con lo Spirito Santo. Ma, per donare agli uomini questa « vita » divina, ha dovuto prima riscattarli dalla schiavitù del male e del peccato: la comunione con Dio Uno e Trino presuppone la redenzione e la riconciliazione. « Dio - scrive san Paolo ai Romani - dimostra il suo amore verso di noi per il fatto che Cristo è morto per noi, quando eravamo ancora peccatori ». ( Rm 5,8 ) Siamo stati, cioè, « riconciliati con Dio mediante la morte del Figlio suo » ( Rm 5,10 ) Chi vuole far suo il dono della riconciliazione operata da Cristo, deve rinnovarne in se stesso il mistero salvifico. È ciò che, per misericordiosa azione di Dio, si avvera nel battesimo: « Con il battesimo fummo sepolti in Lui ( Cristo ) nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato da morte dalla potenza gloriosa del Padre, cosi noi pure vivessimo di una vita nuova ». ( Rm 6,6 ) Ecco la « nuova creatura », l'« uomo nuovo », - di cui parla lo stesso Apostolo - « creato secondo Dio nella giustizia e santità della verità ». ( Ef 4,24 ) Spogliato dell'« uomo vecchio », riconciliato con il Padre, anzi diventato suo figlio, il cristiano è introdotto nella ineffabile comunione con la Trinità. Questo sublime ingresso nella vita trinitaria avviene tramite Cristo ed in Cristo, « unico mediatore tra Dio e gli uomini ». ( 1 Tm 2,5 ) Non c'è altra via, nel piano della salvezza, per arrivare a Dio: « Nessuno viene al Padre, se non per me ». ( Gv 14,6 ) Cristo, Figlio di Dio, unendoci ed assimilandoci a Sé, ci fa diventare veri « figli di Dio ». Lo afferma solennemente S. Giovanni nel prologo del suo Vangelo: « Ma a quanti l'accolsero diede loro potere di diventare figli di Dio, ai credenti nel suo nome, i quali non dal sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono nati ». ( Gv 1,12-13 ) Una « nascita », dunque, radicalmente diversa da quella naturale, che si compie « per la carne ed il sangue ». S. Paolo approfondisce il senso di questa misteriosa rinascita del cristiano attribuendola all'opera dello Spirito, che trasforma l'uomo da semplice creatura, schiava del peccato, in libero figlio di Dio: « Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il Figlio suo, fatto da donna, fatto sotto la Legge, affinché riscattasse quelli che erano soggetti alla Legge, affinché ricevessimo l'adozione di figli. Ora la prova che voi siete figli sta nel fatto che Dio mandò lo Spirito del Figlio suo nei vostri cuori, il quale grida: Abba, Padre! Sicché tu non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, anche erede da parte di Dio ». ( Gal 4,4-7 ) Donandoci Cristo come fratello, il Padre ha dunque voluto dilatare e moltiplicare la sua paternità di amore e di salvezza. È ancora S. Paolo che apre l'animo a questa verità meravigliosa: « Noi sappiamo che, per coloro che amano Dio, Egli fa cooperare tutto in loro bene, per coloro cioè che secondo il suo disegno sono chiamati. Coloro infatti che egli ha in anticipo conosciuti ed amati, li ha predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo, affinché Egli sia il primogenito fra molti fratelli ». ( Rm 8,28-29 ) Nella misura in cui fa crescere il numero dei suoi fratelli, Cristo aumenta il numero dei figli di Dio, quasi a realizzare cosi una comune « famiglia » col Padre, col Figlio e con lo Spirito. Questa famiglia, nella fase peregrinante del regno di Dio, è la Chiesa di Cristo, chiamata dai Padri « un popolo adunato nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo ». Comunità di fede, di speranza, di carità è, al tempo stesso, società costituita di organi gerarchici: la Chiesa, amata da Cristo come sua sposa, che continua nel tempo e nello spazio la sua opera di salvezza, diffondendo su tutti la sua verità e la sua grazia. Perciò, i testi conciliari la definiscono « universale sacramento di salvezza ». Una, santa, cattolica ed apostolica - quale la professiamo nel Simbolo o Credo - « questa Chiesa, in questo modo costituita e organizzata come società, sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal Successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con Lui ». Sostenuta e corroborata dalla virtù del Signore risorto, essa « trova forza per vincere, con pazienza e amore, le sue interne ed esterne afflizioni e difficoltà, e per manifestare al mondo, nei veli dell'ombra ma fedelmente, il mistero di Lui, sino a che, alla fine dei tempi, sarà manifestato nella pienezza della sua luce ». Ecco, dunque, il cammino della nostra fede: adesione totale a Cristo, Figlio di Dio incarnato, rivelatore, salvatore e mediatore; ed in Lui adesione alla Chiesa, Suo mistico corpo e sacramento di salvezza per l'umanità. Con Cristo e in Cristo l'uomo diventa più grande 11. - Accettando il Cristo come dono del Padre, vivendo nello Spirito il mistero della vita trinitaria, aderendo alla Chiesa quale mistico Corpo del Signore, il cristiano nobilita ed accresce anche la sua dignità di uomo. La fede non soffoca, né impedisce lo sviluppo di tutto ciò che è autenticamente umano, ma lo purifica ed eleva in un esaltante contatto con il divino: « Chi segue Cristo, l'Uomo perfetto, si fa lui pure più uomo ». La stessa costituzione conciliare afferma che solo in Cristo l'uomo scopre il senso del suo vivere e del suo morire: « Il Signore è il fine della storia umana, il punto focale dei desideri della storia e della civiltà, il centro del genere umano, la gioia di ogni cuore, la pienezza delle loro aspirazioni. Egli è colui che il Padre ha risuscitato da morte, esaltato e collocato alla sua destra e costituito giudice dei vivi e dei morti. Vivificati e coadunati nello Spirito, noi andiamo pellegrini incontro alla finale perfezione della storia umana che corrisponde in pieno al disegno del suo amore: ricapitolare tutte le cose in Cristo, quelle del cielo, come quelle della terra ». ( cfr. Ef 1,13 ) Il Dio, che conosciamo attraverso Gesù Cristo, non è un Dio estraneo o rivale dell'uomo. È, al contrario, a lui vicino, come Padre ai figli e Fratello ai fratelli. Con l'uomo che cresce é Dio stesso che avanza nella storia e nella civiltà. Nessun conflitto, dunque, tra la grandezza dell'uomo e l'onnipotenza di Dio. Realizzi l'uomo la sua crescita integrale ed armonica con animo fiducioso e sereno: è questa la volontà di Dio; ed è questa la vocazione dell'« uomo nuovo », che trova in Cristo la sua pienezza e il suo modello. ( Cfr. Gen 1,28 e Col 1,15ss ) III. La fede come risposta all'iniziativa di Dio L'obbedienza della fede 12. - A Dio che si rivela mediante il Figlio Incarnato, Gesù Cristo, si deve l'« obbedienza della fede, con la quale l'uomo tutto intero si abbandona a Dio liberamente, prestandogli il pieno ossequio dell'intelletto e della volontà e acconsentendo volontariamente alla rivelazione data da Lui ». Dio viene a noi, perché noi andiamo a Lui: ci ha « parlato » e noi « ascoltiamo » la sua Parola; si è manifestato e noi Lo riconosciamo; ci attira a Sé e noi ci lasciamo attrarre in un abbandono consapevole e fiducioso. Questo è, in sostanza, il misterioso movimento della fede. L'iniziativa di Dio nella storia dell'umanità e nella vita di ciascun uomo si concreta in un'offerta di salvezza, che è un invito a vivere, non più estranei e solitari, ma abbandonati a Lui in una filiale comunione di pensieri, di sentimenti, di opere. La fede è, dunque, un libero dono di Dio. È un dono che, accolto, diventa nell'uomo germe da cui nasce la « creatura nuova ». Mediante il suo atto di fede l'uomo s'impegna in una decisione, libera ma radicale, che lo porta a sviluppare « le sue facoltà di ammirazione, di intuizione, di contemplazione, di giudizio, di adorazione, fino a ratificare coscientemente la fede che ha avuto in dono ». Questo dono, che Dio ci offre per Gesù nello Spirito, non è semplice fiducia nel progresso e nell'avvenire della umanità; non si riduce ad ammettere la veridicità di affermazioni, che la conoscenza personale e diretta non ha potuto constatare; non è una credenza scaturita dal sentimento e su di esso fondata; né una certezza pratica nei confronti di situazioni, che non trovano giustificazione sul piano teorico; né, infine, un'esperienza vitale incomunicabile. La fede è un « mistero », nel senso biblico della parola: una realtà nuova e trascendente, cioè soprannaturale, creata da un intervento personale ed esclusivo di Dio, che solo è in grado di penetrare nei più segreti dinamismi del nostro « io » personale - intelligenza, volontà, sentimenti - inserendovi, nel rispetto della libertà dell'uomo, un germe di trasformazione progressiva e radicale, che diviene « il principio vitale della nuova esistenza soprannaturale del cristiano ». Luce e lievito, la fede è uno slancio vitale ed originale, che espone l'uomo ai rischi più esaltanti e alle esperienze più imprevedibili: « Chi, mosso dallo Spirito, si fa attento e docile alla Parola di Dio, segue un itinerario di conversione a Lui, di abbandono alla sua volontà, di conformazione a Cristo, di solidarietà nella Chiesa, di vita nuova nel mondo. È un itinerario che può comportare nello stesso tempo, la letizia dell'incontro e la continua esigenza di ulteriore ricerca; la compunzione per l'infedeltà e il coraggio per la ripresa; la pace della scoperta e l'ansia di nuove conoscenze; la certezza della verità e il costante bisogno di nuova luce ». Struttura pasquale e dinamica della fede 13. - Vista nella luce della Pasqua, la fede non è più soltanto sinonimo di esistenza obbediente, fiduciosa, abbandonata a Dio. È progressiva conversione ed assimilazione a Cristo morto e risorto, accettazione dell'unica via di salvezza che è Cristo, docilità all'azione dello Spirito che per vie segrete va associando tutti gli uomini al mistero pasquale. Risposta personale al Dio che si rivela, la fede è adesione totale all'azione salvifica di Dio, che ha il suo vertice e coronamento nella Pasqua del Signore, inizio e caparra della pasqua della Chiesa. Credere, perciò, è accogliere con la intelligenza e il cuore la Parola definitiva, che il Padre ci ha detto nella risurrezione del Figlio. Ma è, al tempo stesso, accettare di essere progressivamente liberati dalle tenebre dell'errore, del peccato e della morte, per vivere in « novità di vita », per guardre la realtà creata con una intelligenza nuova e scoprire cosi i « segni » dell'amorosa presenza di Dio nel mondo e nella storia. Se la fede ha in sé questa mirabile forza di liberazione dal Maligno, che è « padre della menzogna » ( Gv 8,44 ) e dell'errore, vuol dire che la fede è una realtà dinamica. La crescita, il radicamento, l'irradiazione formano la sua esigenza costitutiva, la sua legge fondamentale. Nel seme, che muore per fruttificare, c'è come il simbolo del mistero pasquale, in cui Cristo muore per risorgere e non morire mai più. Il cammino della fede in ciascuno di noi e nella comunità dei credenti si sviluppa in forma analoga: con fatica e dolore, ma in un crescendo di luminosità e di forza. Fede e parola 14. - Per il dono della fede l'uomo si incontra personalmente con Dio: col medesimo Dio che, prima, ha parlato a tutti gli uomini attraverso la creazione e, più tardi, ha rivolto loro il suo universale messaggio di salvezza. Questo messaggio Iddio lo ha manifestato in modi diversi, attraverso i Profeti, soprattutto per mezzo del Figlio, la sua eterna Parola fatta carne. ( Cfr. Eb 1,1-2; Gv 1,14 ) La fede, dunque, presuppone la Parola di Dio, il suo annuncio e il suo ascolto; di essa continuamente si nutre. È come un dialogo meraviglioso, sempre aperto, tra il credente ed il suo Dio. Attraverso la fede e i sacramenti della fede, che realizzano il piano di salvezza di Dio, l'uomo è ammesso alla comunione di vita e di amore con Lui. Il credente è, per vocazione, uditore della Parola che il Padre dice in Gesù. Ascolta per comprendere ed accogliere l'invito attuale di salvezza che Egli ci rivolge, per lasciarsi guidare dallo Spirito e per vivere, seguendo Cristo, la vita nuova che il Padre gli dona in Lui. Modo di pensare e di volere, sentimenti, mentalità, carattere, stile di vita, tutto l'uomo è coinvolto nell'atto vitale della fede, col quale si affida a Dio e ne accetta in Cristo la testimonianza definitiva. Ecclesialità della fede 15. - Ma il luogo proprio della fede è la Chiesa. Essa nasce in forza della Parola di Cristo: « Il Signore Gesù, infatti, diede inizio alla sua Chiesa predicando la buona novella »: si sviluppa e cresce nel tempo, seguendo le stesse fasi di sviluppo della Parola di Dio, la quale è appunto paragonata al seme che, deposto nel campo, germoglia e cresce fino al tempo del raccolto. ( Cfr. Mc 4,26-29 ) Per questo la Chiesa può anche definirsi « predicazione della Parola di Dio », parafrasando la vigorosa espressione di S. Girolamo: « Il Regno dei Cieli è la predicazione del Vangelo ». È il pensiero incisivamente ripreso ed espresso da Paolo VI: « La Chiesa si fa Parola; la Chiesa si fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio ». La Chiesa, che nasce dalla Parola di Dio, è la scuola dei discepoli di Cristo, è la comunità dei credenti. Alla Chiesa compete l'autorità e la missione di trasmettere agli uomini la Parola e la fede. Sant'Agostino proclamava: « Non crederei al Vangelo, se a ciò non mi muovesse l'autorità della Chiesa Cattolica ». Un'affermazione, questa, che va ridetta a voce alta e ferma nella inquieta stagione spirituale in cui viviamo. In effetti, non si diventa uditori veri della Parola vivente, se non nella Chiesa e mediante la Chiesa, maestra di verità. Né si deve dimenticare che, in seno alla Chiesa, « l'ufficio di interpretare autenticamente la Parola di Dio scritta o trasmessa è affidato al Magistero vivo, la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo ». Chi, perciò, si conforma al Magistero della Chiesa, « accoglie non la parola degli uomini ma, quale è in realtà, la Parola di Dio ». Ci è caro, a questo proposito, riaffermare la necessità di piena comunione e di pieno consenso con Colui, che da Cristo ha ricevuto l'ufficio di Maestro supremo della Fede, il Papa Paolo VI. Egli ha voluto rinnovare personalmente, davanti a tutta la Chiesa, la professione di fede del Popolo di Dio, e confermare cosi i fratelli in un momento di prove e di incertezze. Egli ci assicura, con serena forza, che « la fede integra, perfetta nella dottrina rivelata è la sola garanzia beata e discriminante dell'appartenenza all'unica vera Chiesa di Cristo ». Credere in Dio per aver fiducia nell'uomo 16. - L'alleanza, ratificata definitivamente nel Sangue di Cristo, che per la fede si instaura tra Dio e l'uomo, ci consente di penetrare con uno stesso sguardo il mistero di Dio e il mistero dell'uomo. Difatti, « solo nel mistero del Verbo Incarnato il mistero dell'uomo si chiarifica. Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione ». E, « poiché la Chiesa ha ricevuto l'incarico di manifestare il mistero di Dio, che è il fine ultimo dell'uomo, essa contemporaneamente svela all'uomo il senso della sua esistenza, cioè la verità profonda sull'uomo ». Questo stretto rapporto tra il mistero di Dio e il mistero dell'uomo ci fa considerare, con animo nuovo, certe manifestazioni della spiritualità contemporanea, che sembra polarizzata quasi esclusivamente sui problemi dell'uomo. Per il credente non c'è separazione, tanto meno opposizione, fra la tensione teocentrica e quella antropocentrica. Collegati nella manifestazione dell'unico piano di Dio, questi due momenti della fede debbono restare collegati anche nell'esplicazione dell'impegno umano. Il Dio del Vangelo è « il Dio per l'uomo », cioè il Dio vivente che, nella morte e nella risurrezione di Gesù, ha operato efficacemente la salvezza dell'uomo. Perciò, l'attenzione che il credente rivolge all'uomo, ad ogni uomo, costituisce una verifica della sua fede, e ne realizza al tempo stesso la testimonianza più percepibile. « Tutte le volte - Egli ha detto - che avete fatto questo al più piccolo, lo avete fatto a me ». ( Mt 25,45 ) Il cristiano deve offrire al mondo questa testimonianza di « una fede viva e matura, vale a dire opportunamente educata alla capacità di guardare in faccia con lucidità alle difficoltà per superarle. Di questa fede i martiri hanno dato e danno testimonianza sublime. Questa stessa fede deve manifestare la sua fecondità col penetrare la intera vita dei credenti, anche quella profana, col muoverli alla giustizia e all'amore, specialmente verso i bisognosi. A rivelare la presenza di Dio contribuisce, infine, moltissimo la carità fraterna dei fedeli, che, unanimi nello Spirito, lavorano insieme per la fede del Vangelo e si mostrano segno di unità ». Tanto più accettabile e credibile sarà la nostra fede agli occhi del mondo quanto più farà proprie le aspirazioni profonde degli uomini per un progresso nella verità, nella giustizia, nella carità e nella pace. In questo senso, il problema della fede è il problema della lievitante presenza dei cristiani nel mondo. IV. Orientamenti pastorali Una fede sempre da purificare 17. - Se ciò che si è fin qui detto riguarda il contenuto e la natura della fede, la sua sostanziale originalità di fronte ad ogni attività o capacità umana, si può affermare onestamente che l'attuale stato di crisi religiosa metta in questione il messaggio cristiano intorno a Dio e renda superata o inutile la fede in Lui? Non sarà vero, al contrario, che la fede cristina è trascurata o rifiutata, perché non è abbastanza conosciuta? Non ci si ostina forse nel rifiuto di Dio, perché lo si confonde con una sua immagine rozza, infantile, deformata? Sono interrogativi, ai quali una coscienza cristiana attenta e responsabile non può sfuggire. Ci chiedono, magari, con il duro linguaggio della realtà, una « revisione » coraggiosa circa il modo di sentire, di vivere, dj presentare, di testimoniare la nostra fede. Esigono, soprattutto oggi, che questa fede sia limpida, autentica, semplice. Perciò, sotto lo stimolo del fenomeno dell'ateismo e della secolarizzazione, ma, prima ancora, per un bisogno di coerenza, dobbiamo cercare di purificare l'immagine di Dio da rappresentazioni naturalistiche o antropomorfiche: la fede sollecita, ogni giorno, questo sforzo di purificazione e di rinnovamento, perché il credente ogni giorno deve purificarsi e rinnovarsi convertendosi al Signore. Mettiamo, quindi, da parte ogni meschino interesse e compromesso, per ridare alla nostra fede l'espressione viva di un libero e personale attaccamento a Dio in Cristo Gesù. Togliamo alla nostra preghiera ogni forma di egoismo chiuso e sterile, affinché il nostro dialogo con Dio si trasformi in una fervida amorosa contemplazione del Suo volto. Eliminiamo eccessive indulgenze al folclore ed al fasto rumoroso nelle manifestazioni esteriori e sociali della fede, sempre più coraggiosamente modellandola sulla autenticità ed espressività delle forme del culto liturgico. Vorremmo, tuttavia, non si equivocasse sulla nostra viva esortazione a purificare in tal modo le espressioni di fede, quasi che ciò autorizzasse a una sorta di disprezzo, più o meno aperto, per alcune espressioni caratteristiche della pietà popolare, sempre che si evitino gli inconvenienti sopra denunciati. L'educazione alla fede è attenta alle esigenze, anche più umili e semplici, del popolo cristiano e, pur quando interviene a correggere, è vigile e delicata. Crediamo importante, inoltre, aggiungere che purificare la fede non significa « liberarla » dai suoi contenuti come da pesi ingombranti ed inutili. Una fede senza contenuti non è fede. Perché sia esplicita, sicura, fattiva, è necessario oggi più di ieri che i fedeli conoscano ed accolgano il messaggio rivelato nella sua purezza ed interezza. La Chiesa « deve predicare a tutti Gesù Cristo e fare in modo che ogni cristiano aderisca alla sua divina persona e al suo insegnamento, sino a conoscere e vivere tutto il suo mistero ». Una fede coerente ed operante 18. - Solo una fede ricca e pura è in grado di plasmare l'intera esistenza umana. Forse, l'aspetto più drammatico nella crisi di fede ai nostri giorni è proprio nel distacco, spesso nella estraneità, della fede dal tessuto vivo dei problemi e degli interessi di molti uomini. Avviene cosi che, quando ci si decide a rifiutare la fede, questa è già diventata, purtroppo, un morto bagaglio di nozioni, un irritante peso di norme e costrizioni. D'altra parte, pur coloro che desiderano sinceramente di credere si trovano sovente dinanzi a questa grave difficoltà: come fare per conciliare la fede cristiana con gli impegni quotidiani della vita? Si tratta, senza dubbio, di una difficoltà seria. Soprattutto oggi, il ritmo della vita, con le sue attività dispersive e non di rado convulse, sembra ostacolare sin quasi a proibire quella funzione di luce e di anima per l'esistenza, che in altri tempi si riconosceva pacificamente alla fede cristiana; anzi, sembra perfino rendere vano il proposito di dimostrarne il valore pratico e la efficacia concreta, lasciando talora soltanto il rammarico o la nostalgia di una esperienza impossibile. Eppure Gesù dichiara, senza ombra di equivoci, che il regno di Dio impegna l'uomo tutto intero con il richiamo ad un interesse supremo e decisivo, ( Cfr. Mt 6,33; Lc 10,38-42 ) e lo investe come la gioia d'una scoperta inattesa e di una conquista preziosa. ( Cfr. Mt 13,44s ) Il messaggio di Cristo, in altre parole, non è un ideale astratto o una utopia sempre vagheggiata e mai raggiunta. Il Vangelo chiama l'uomo, tutto l'uomo, a una « conversione » radicale, che lo trasforma nella « nuova creatura ». La fede esige, inoltre, che tutte le realtà create, pur nel rispetto della loro autonomia legittima, siano ordinate a Dio ed ai fini da Lui stabiliti. È questa, oggi, l'impresa più ardua e, al tempo stesso, più entusiasmante: scoprire e valutare la consistenza, il significato, il contenuto delle attività temporali, preoccuparsi anzi di difenderne lo spazio e le esigenze proprie, e tuttavia riconoscere ed attuare il riferimento a Dio di tutta la creazione e di tutta la storia, trasfigurando consapevolmente la fatica terrena in una autentica celebrazione della gloria del Signore. È la risposta al disegno di Dio: « Redento, infatti, da Cristo e diventato nuova creatura nello Spirito Santo, l'uomo può e deve amare anche le cose che Dio ha creato … Di esse ringrazia il benefattore e, usando e godendo delle creature in povertà e libertà di spirito, viene introdotto nel vero possesso del mondo, quasi che, al tempo stesso, niente abbia e tutto possegga: "Tutto, infatti, è vostro: ma voi siete di Cristo, e Cristo di Dio" ». ( 1 Cor 3,22-23 ) Una fede irradiante 19. - Come vita, la fede impone doveri precisi, chiede d'essere alimentata, accresciuta, irrobustita. Come dono d'inestimabile valore elargitoci dall'amore misericordioso di Dio, la fede esige d'essere protetta, vigilata, difesa. Sempre più ricca nelle sue motivazioni e nel suo contenuto, sempre più trasparente e pura nelle sue manifestazioni, sempre più matura e forte nelle sue prove, si rinnova ogni giorno pur rimanendo l'unica antica fede e ci guida e ci consola lungo i diversi sentieri della vita. La gioia di possedere e vivere questa fede non può ritenersi solamente un bene da conservare né un tesoro da sotterrare. Impone, invece, d'essere comunicata agli altri, a tutti, affinché il « lieto annuncio », che è il Vangelo di Gesù, sia reso noto per mezzo della Chiesa e le genti conoscano la inestimabile ricchezza del Cristo ed il mistero del suo amore per noi. ( Cfr. Ef 3,8-18 ) La parola del Maestro urge, rimprovera, conforta: « Voi siete la luce del mondo. Una città non può star nascosta, se è situata su di un monte; né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e risplenda per tutti quelli che sono in casa. Similmente risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli ». ( Mt 5,14-16 ) Ecco la nostra « vocazione » e la nostra « missione »: noi dobbiamo essere, nel mondo di oggi « la lampada che arde e splende ». ( Gv 5,35 ) I sacerdoti educatori della fede 20. - Di qui il compito impareggiabile di coloro i quali, scelti da Dio, fanno della propria vita una piepa ed irrevocabile consacrazione alla diffusione del messaggio della fede. Intendiamo parlare - e lo facciamo con profondo senso di riconoscenza e di amore - di voi, Sacerdoti, nostri provvidenziali collaboratori nel ministero apostolico, chiamati ad una specifica partecipazione e cooperazione nell'annuncio evangelico al popolo cristiano. Ad ogni Sacerdote, con accento particolare, noi rivolgiamo le parole dell'Apostolo Paolo a Timoteo: « Esponendo queste cose ai fratelli, sarai buon ministro di Gesù Cristo, nutrito dalle parole della fede e della buona dottrina, che hai fedelmente appreso ». ( 1 Tm 4,6 ) Vorremmo poi a tutti i nostri Sacerdoti ritrasmettere e affidare per una seria meditazione e un sincero esame personale la ferma e calda esortazione apostolica rivoltaci dal S. Padre nel suo documento Quinque abhinc anni, sul compito che spetta a noi Vescovi, e, in proporzionata misura, ai nostri primi cooperatori, i Sacerdoti, essi pure testimoni ed educatori della fede, soprattutto nell'attuale crisi che investe il linguaggio e il pensiero. Che lo sforzo necessario per adeguare il modo e la forma di presentazione del deposito inalterabile della fede alle esigenze e alla mentalità della nostra epoca non tradisca mai la verità e la continuità della nostra fede. « Bisogna, ripetiamo con il S. Padre, attentamente vigilare affinché una scelta arbitraria non coarti il disegno di Dio entro le nostre umane vedute, e non limiti l'annuncio della Parola a quel che le nostre orecchie amano ascoltare, escludendo, secondo criteri puramente naturali, quel che non è di gradimento ai gusti odierni. « Dinanzi alla rovina che causa oggi nel mondo cristiano la divulgazione di ipotesi avventate o di opinioni che turbano la fede, noi abbiamo il dovere di ricordare che la vera teologia si basa come su un fondamento perenne, sulla Parola di Dio scritta, inseparabile dalla S. Tradizione ». Mentre accogliamo per noi il fermo invito del Pontefice a non ridurci al silenzio per il timore delle critiche, passiamo anche a ciascuno dei nostri Sacerdoti il fervido appello di Paolo a Timoteo: « Ti scongiuro davanti a Dio e a Gesù Cristo … predica la Parola, insisti a tempo e fuori di tempo, riprendi, minaccia, esorta con tutta pazienza e dottrina ». ( 2 Tm 4,1-3 ) Portatore peraltro del messaggio salvifico in nome della Chiesa, il Sacerdote dà luce e forza al suo annuncio con la testimonianza di una vita interamente consacrata a Cristo ed ai fratelli, nella libera gioiosa accettazione della povertà evangelica e del sacro celibato, nella comunione con il Vescovo in spirito di obbedienza e di carità, di generoso distacco dai beni di quaggiù e di stimolante richiamo ai valori eterni. Il Sacerdote, perciò, è non solo araldo della fede nel mondo con la parola e la testimonianza della vita, ma ne è l'educatore qualificato ed efficace. La testimonianza operosa del Sacerdote realizza però il suo vigore pieno soltanto quando scaturisce da una profonda comunione con il Signore, e questa non è possibile senza una fede personale, limpida, robusta, convinta. Gli uomini del nostro tempo aspettano, dal ministro di Dio, questa trasparenza che rende credibile la sua parola come la Parola che salva, e sono meglio disposti a seguire l'araldo quando è fedele al messaggio che proclama. Le responsabilità dei genitori e degli educatori 21. - La famiglia ha un ruolo di fondamentale importanza nel primo annuncio della fede e nella iniziazione cristiana dei figli. Primi annunciatori della fede sono i genitori, in quella forma di catechesi, che « trova la sua originalità e la sua efficacia nel carattere occasionale e nella immediatezza dei suoi insegnamenti, espressi innanzitutto nel comportamento e nella esperienza spirituale di ciascuno. In famiglia ciascuno deve poter trarre un modello di vita permeato di fermenti cristiani, sperimentando dal vivo il senso di Dio, di se stesso, del prossimo ». Le insidie contro la santità e la unità della famiglia cristiana, fattesi ancor più gravi con la introduzione del divorzio nella legislazione italiana, pongono alla coscienza dei genitori e dei giovani che si preparano al matrimonio nuovi interrogativi, sollecitano una più vigorosa coerenza con la propria fede e, perciò stesso, postulano una fede più matura nelle sue motivazioni, nei suoi contenuti, nelle sue convinzioni e nelle sue espressioni. Noi confidiamo che le nostre famiglie, consapevoli dei pericoli che le insidiano, ma ancor più della grandezza della loro missione nella Chiesa e nella società, sapranno trovare nella grazia del vincolo matrimoniale la forza per assolvere costantemente ai loro doveri, assiduamente coltivando ed impetrando con la preghiera la saldezza del loro amore « nell'ufficio di trasmettere la vita umana e di educarla », e di cooperare cosi « con l'amore del Creatore e del Salvatore, il quale attraverso di loro sempre più dilata ed arricchisce la sua famiglia ». All'azione primaria ed insostituibile dei genitori nella maturazione della fede si unisce, integrandola, quella degli educatori cristiani, siano essi religiosi o laici, impegnati nelle istituzioni pubbliche o in quelle più propriamente ecclesiali. Essi hanno un ruolo delicatissimo: chiamati infatti a promuovere la integrale formazione della persona umana dei fanciulli e dei giovani, debbono aiutarli a prendere « sempre maggiore coscienza del dono della fede che hanno ricevuto ». Tanto meglio gli educatori cristiani saranno in grado di assolvere alla loro missione, quanto più cercheranno di armonizzare il loro impegno con il dovere proprio dei genitori, sollecitandone la presa di coscienza, in spirito di fede e di collaborazione. L'impegno di tutti i credenti 22. - Ma - voi lo sapete - è tutto il popolo di Dio che partecipa, sia pure a diversi livelli di responsabilità, dell'ufficio profetico di Cristo « col diffondere dovunque la viva testimonianza di Lui, soprattutto per mezzo di una vita di fede e di carità ». I fedeli, difatti, « incorporati nella Chiesa col battesimo, sono destinati al culto della religione cristiana dal carattere e, rigenerati quali figli di Dio, sono tenuti a professare davanti agli uomini la fede che hanno ricevuto da Dio mediante la Chiesa ». Ogni fedele, dunque, in forza del suo battesimo ed ancor più della sua cresima, ha il dovere inderogabile di diffondere e difendere la fede, come vero testimone del Signore, nell'ambiente in cui si trova, nella professione e nel lavoro che svolge, sempre e dovunque. Questa coscienza, non certo nuova ma rinnovata e stimolata dal Concilio Vaticano II, che vuole una più attiva partecipazione dei laici all'ufficio profetico di Cristo, deve trovare in essi una risposta sollecita ed operante. Una risposta, cioè, che si esprima con la parola e con l'opera, con l'annuncio del messaggio della salvezza e con la testimonianza della vita: cosi i laici diventano « efficaci araldi della fede delle cose sperate » e la loro parte nell'opera di evangelizzazione « acquista una sua certa nota specifica ed una particolare efficacia dal fatto che la si compie nelle comuni condizioni del secolo ». La comunità ecclesiale in Italia guarda, con tanta speranza, a questo più consapevole e forte impegno dei laici nell'opera di evangelizzazione, affinché la parola del Signore « compia la sua corsa e sia glorificata » e « il tesoro della Rivelazione, affidato alla Chiesa, sempre più riempia il cuore degli uomini ». In questa prospettiva va collocato l'attuale sforzo per il rinnovamento della catechesi. Avviato con generoso slancio e con auspici positivi, esso sarà in grado di rendere più sicura, esplicita, fattiva la fede delle nostre popolazioni nella misura che tutti i credenti, sotto la guida dei Pastori, sapranno impegnarsi a fare in modo che il rinnovamento sia lievito di crescita nella fede della intera Chiesa italiana. La fede e i Sacramenti 23. - Questo impegno di tutti per un'autentica crescita nella fede non è possibile, se non attingendo a quelle energie spiritualì, che può fornirci solo « l'autore e perfezionatore della fede, Gesù ». ( Eb 12,2 ) Questa crescita in un'assimilazione a Cristo si realizza, innanzitutto, nell'ascolto docile della sua Parola, a cominciare da quella che si proclama nella liturgia: perché « è Lui che parla, quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura ». Ma il Cristo agisce in noi, con particolare efficacia, attraverso i Sacramenti. Questi mirabili mezzi di salvezza ci rendono partecipi del mistero della Redenzione, che diventa così una potente forza interiore di trasformazione e lievitazione per tutta la vita. Profondo è, pertanto, il legame che unisce la fede e i Sacramenti, i quali non soltanto la suppongono, « ma con le parole e gli elementi rituali la nutrono, la irrobustiscono e la esprimono; vengono perciò chiamati Sacramenti della fede ». E poiché tutti i Sacramenti sono strettamente uniti alla sacra Eucarestia e ad essa ordinati, nell'Eucarestia, come fonte e culmine di tutta la vita cristiana la fede trova il suo centro di unità, di fervore, di progresso. La riforma liturgica deve essere accolta da tutta la comunità ecclesiale come provvidenziale occasione, non solo per imprimere nuovo vigore al culto reso a Dio Padre mediante Cristo nello Spirito d'amore, ma anche per dare più alto nutrimento e slancio alla fede. La Liturgia è, infatti, una meravigliosa scuola di fede: « Difficilmente si potrebbe trovare una verità di fede cristiana, che non sia in qualche modo esposta nella liturgia: le celebrazioni liturgiche sono una professione di fede in atto ». Presuppongono, però, una partecipazione consapevole, attiva, fiduciosa. Per la fede camminiamo nella speranza 24. - Quanto più il cristiano avanza e cresce nella fede, tanto più scopre - ed è una scoperta meravigliosa - che è la fede ad aprirlo e sospingerlo oltre le frontiere del tempo verso una realtà invisibile, dove ciò che è imperfetto sparirà e l'ombra ed il riflesso cederanno il posto alla visione di ciò che è perfetto. ( Cfr. 1 Cor 13,12 ) La fede racchiude in boccio la speranza, la sostiene e la nutre, come un gioioso trepido senso di attesa. Il più ed il meglio, per i figli di Dio, non è ancora apparso ed essi vivono nel possesso di ciò che è « già », nell'aspettazione di ciò che deve « venire ». La speranza cristiana, come la fede, cammina però nel tempo. È la virtù, che accompagna la Chiesa peregrinante tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio: non garantisce il successo delle nostre attività terrene, non ci esime dalla fatica e dal sacrificio, non ci sottrae al dolore e alla morte. Iddio Padre, che « non ha risparmiato nemmeno il proprio Figlio », permette la prova, la sofferenza, la malattia, lo sconforto, la desolazione: « Le mie vie non sono le vostre vie, dice il Signore ». ( Is 55,8 ) Ma resta ferma, malgrado tutto, la garanzia della vittoria finale, se rimarremo saldi nella fede e nella speranza. Stimando, perciò, che « le sofferenze del tempo presente non sono paragonabili alla gloria futura che si manifesterà in noi », ( Rm 8,18 ) « aspettiamo la venuta gloriosa di Gesù Cristo grande Iddio e Salvatore », il quale verrà per essere glorificato nei suoi santi ed ammirato in tutti quelli che avranno creduto e trasformerà il corpo della nostra miseria, rendendolo conforme al suo corpo glorioso. ( Cfr. 2 Tm 2,13; 2 Ts 1,10; Fil 3,21 ) I cristiani vivono così, quasi in germe, le ultime realtà della storia della salvezza. Le vivono e le annunciano, essi che sono i testimoni viventi della speranza, ad un mondo sempre più immerso nella esaltante costruzione della « città secolare », eppur così inquieto ed anelante ad una speranza liberatrice. Noi siamo profondamente convinti che il messaggio della speranza cristiana, soprattutto ai nostri giorni, abbia davanti il sé stupende prospettive di ascolto, di simpatia, di irradiazione. Forse senza avvertirlo, di questa speranza gli uomini del nostro tempo sentono un bisogno segreto, struggente. Se molti di essi sono affascinati da una speranza messianica terrestre, la responsabilità è anche dei cristiani, che non sempre hanno saputo recar loro il gaudioso annuncio della fede, palpitante nella speranza ed operante nella carità. La Chiesa, Sposa di Cristo, è ogni giorno nell'attesa e nella invocazione del Suo ritorno: « Vieni, Signore Gesù! »; ( Ap 22,17.20 ) fedele al passato, vive il presente, ma è protesa al futuro con la « beata speranza » che le urge e palpita dentro. Noi, suoi figli, dobbiamo raccogliere questo palpito e sentire questa urgenza. Dobbiamo farlo per tutti gli uomini, nostri fratelli, ma in modo particolare per i giovani, ansiosi di un mondo nuovo da creare e, quindi, aperti più degli altri alla speranza, che scaturisce dalla fede in Dio e, come amore, in Lui si consuma. La credibilità del Vangelo, e della Chiesa che lo proclama, è oggi in larga misura riposta nella convinzione, nella forza e nella gioia, con cui ogni credente saprà farsi araldo di una fede, che si apre alla speranza dei « nuovi cieli » e della « nuova terra ». ( Cfr. Is 66,22 ) Conclusione 25. - A conclusione di queste riflessioni, ci sembra di poter affermare che l'attuale processo di trasformazione, che coinvolge la vita religiosa del nostro tempo, se ben considerato e coraggiosamente affrontato, non mette in pericolo la vera fede nel Dio vivente, può anzi renderla più pura ed efficace. Se ci saranno uomini illuminati e vivificati da questa fede, Dio non apparirà assente dalla « città » che l'uomo si va costruendo. La religione monda e senza macchia, espressa, dalle opere dell'amore fraterno ( Cfr. Gc 1,27 ) e dai vincoli ecclesiali e sacramentali, sarà vista come il centro della vita e la sorgente della salvezza per l'umanità. Il rinnovamento, al quale è sottoposta oggi l'umanità, renderà più matura, responsabile e personale la decisione di fede, mentre la carica di amore e la tensione di speranza che ne scaturiscono, realizzeranno l'attrazione più persuasiva per una conversione al Dio vivente. Questo rinnovamento della fede noi sinceramente e ardentemente auspichiamo per il popolo italiano. La Vergine Santissima, Madre del Signore e Madre nostra, « riconosciuta quale sovraeminente e del tutto singolare membro della Chiesa, e sua figura ed eccellentissimo modello nella fede e nella carità », aiuti noi e questo nostro popolo, che Le è filialmente devoto, a crescere nella piena e consapevole adesione alla « Parola » del Suo Figlio Gesù. ( Cfr. Lc 1,38; Lc 2,19; Gv 2,5 ) E noi, impegnati con voi tutti, Sacerdoti e laici, nella purificazione e nell'incremento della nostra fede, vi salutiamo, pregando, con l'augurio dell' Apostolo Paolo: « Che Iddio della speranza vi riempia di ogni gaudio e pace nel credere, sì che sovrabbondi la vostra speranza, per la potenza dello Spirito Santo ». ( Rm 15,13 ) Questo documento è stato approvato dall'Episcopato italiano con regolare votazione e la prescritta maggioranza. Roma, 4 aprile 1971 + Antonio Card. Poma Arcivescovo di Bologna Presidente della Conferenza Episcopale Italiana