L'impegno morale del cristiano Documento pastorale dell'Episcopato italiano 1. Noi Vescovi della Chiesa che è in Italia, siamo desiderosi di aprire il dialogo con le nostre comunità ecclesiali su « L'impegno morale del cristiano », augurando ad esse « grazia e pace da Dio, Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo » ( Ef 1,2 ). La complessa problematica, collegata al tema proposto, non ci consente un adeguato approfondimento. Ci limiteremo a porre l'accento su alcuni aspetti del comportamento morale, che sembrano richiedere oggi una più attenta meditazione per una sincera revisione di vita, alla luce del messaggio cristiano. In questo documento intendiamo riferirci in modo particolare alle conseguenze che un vero impegno morale determina nella vita personale. Rimandiamo a una successiva esposizione l'aspetto più direttamemente sociale del problema. 2. Notiamo con soddisfazione fenomeni positivi di presa di coscienza delle esigenze della fede e di coerente impegno. Non possiamo tuttavia nascondervi la nostra preoccupazione per l'affievolirsi del costume morale. La crisi di fede, sulla quale abbiamo richiamato la vostra attenzione nello scorso anno con la lettera Vivere la fede oggi, si riflette inevitabilmente nella vita cristiana. Ad aggravare questa crisi concorrono, oltre l'influsso di un secolarismo invadente, anche diffuse teorie, che si rifanno ad una concezione della libertà sganciata da ogni norma oggettiva e da ogni riferimento a Dio e alla sua legge. La carità pastorale chiede alla nostra responsabilità di richiamare tutti ad una sosta di riflessione, per un coraggioso esame di coscienza. In questo spirito di carità, che diventa comunione viva con chi è « debole » e « riceve scandalo » ( cfr. 2 Cor 11,29 ), fedeli alla parola di Dio cui serviamo, ci rivolgiamo a tutti, nella fiducia di stimolare ogni coscienza onesta e pensosa a una forte ripresa morale. I - La chiamata di Dio, attraverso l'annuncio della Chiesa, risuona nell'intimo del cuore 3. Dio chiama L'impegno morale del cristiano, se è visto e vissuto come imposto dall'esterno, manca di vitale riferimento alla misteriosa realtà interiore propria del battezzato. Ed invece il credente, che vuole prendere coscienza del suo posto nella Chiesa e nel mondo, deve partire dal mistero della propria vocazione cristiana, riscoprendone il valore. Dio « chiama » ciascuno di noi alla partecipazione della sua vita in Cristo: egli ci dona in lui quell'adozione per cui siamo « chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente » ( 1 Gv 3,1 ). Dio stesso, che ci chiama a vivere da figli suoi, per mezzo del suo Spirito ci rende capaci di « opere buone », anzi ci fa « santi e immacolati » ( cfr. Ef 1-2 ). Questa « vocazione cristiana » provoca e attende una risposta filiale da parte dell'uomo. Egli, per non cadere in atteggiamenti di formalismo, deve prenderne più chiara consapevolezza per attuarne le forti esigenze di vita. 4. La chiamata di Dio risuona nella Chiesa Il piano salvifico di Dio e la chiamata di tutti gli uomini alla santità continuano ad attuarsi nella Chiesa e per mezzo della Chiesa, « universale sacramento di salvezza ». Proclamando fedelmente il messaggio della salvezza, la Chiesa rinnova, in ogni tempo e per ogni uomo, la chiamata di Dio in Cristo. Sorretto dallo Spirito Santo, tutto il popolo di Dio cresce nella comprensione di questo messaggio e l'applica nella vita sotto la guida del sacro Magistero. Infatti la parola di Dio viene annunziata e compresa … « anzitutto mediante il ministero dei Pastori e di coloro che essi associano alla propria missione ». La funzione del magistero ecclesiastico è quindi un « servizio », rivestito dell'autorità di Cristo. Quando i Pastori della Chiesa insegnano in comunione con il Romano Pontefice, i fedeli debbono accettare, per volere del Signore, il loro giudizio « in materia di fede e di morale », aderendovi « con religioso ossequio dell'anima ». Non è raro il caso che, su questioni gravi riguardanti la fede e la vita morale, vengano presentate ai fedeli dottrine non pienamente conformi agli insegnamenti del magistero, o anche apertamente difformi. Guardiamo con rispetto e con gratitudine agli odierni sforzi dei teologi per l'approfondimento della verità anche nel campo morale. Così come riconosciamo la libertà ad essi necessaria nel momento della ricerca scientifica. Desideriamo però ricordare a tutti il preciso dovere di evitare quanto può essere motivo di scandalo o d'inciampo « per il tuo fratello » ( cfr. Rm 14,20-21 ), e di cercare invece ciò che promuove la pace e l'edificazione vicendevole ( cfr. Rm 14,19 ). « I teologi, nel compiere il loro lavoro di riflessione e di ricerca, convinti come sono che l'insegnamento del magistero è guida e norma prossima della fede della Chiesa, devono cooperare con esso, aiutando i fedeli a comprendere le parole dei Pastori, facendosi interpreti dei loro documenti e favorendo l'approfondimento e la diffusione della dottrina in essi contenuta; e devono prolungare l'indagine, sia per trovare un linguaggio adeguato alla nuova sensibilità, sia per estendere ai nuovi problemi la autentica soluzione cristiana ». 5. La coscienza del cristiano La chiamata di Dio risuona nell'intimità della coscienza, « il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli si trova solo con Dio ». Attraverso la coscienza, la legge morale viene riconosciuta nei suoi imperativi ed applicata alle concrete situazioni, in vista delle necessarie scelte operative. Ne risulta il ruolo primario della coscienza nell'impegno morale, e, quindi, la fondamentale esigenza che essa venga debitamente formata. Educare la propria coscienza a scegliere responsabilmente e liberamente è dovere imprescindibile di ciascuno di noi; lo è particolarmente di coloro che sono chiamati ad educare gli altri. Infatti l'educazione cristiana, ad ogni livello, non può mai prescindere dalla legge divina. L'uomo d'oggi, in particolare il giovane, vive nel culto della libertà. Partendo da questo valore, occorre ricordargli che il « cristiano, per intrinseca vocazione, mira a proteggere, fortificare, promuovere la libertà della persona e, nella libertà racchiude e promuove come al vertice, tutti i valori umani che sono ordinati a costruirla ». Al tempo stesso, non gli si deve tacere che « norma suprema della vita umana è la legge divina, eterna, oggettiva, universale, per mezzo della quale Iddio, con sapienza e amore, ordina, dirige e governa l'universo e la umana società ». II - L'uomo è chiamato a seguire e ad imitare Cristo, maestro e modello 6. L'obbedienza di Cristo Il nostro impegno morale può sintetizzarsi così: siamo chiamati alla perfezione del Padre, imitando Cristo Signore, nella docilità allo Spirito Santo. In questo cammino Cristo occupa il posto centrale. La vocazione ci viene per mezzo di lui e la nostra risposta sale a Dio per mezzo di lui. Lui è la via che conduce al Padre ( cfr. Gv 14,6 ). Perciò Cristo è pure il modello: « Vi ho dato l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi » ( Gv 13,15). Il Nuovo Testamento ci presenta il Verbo incarnato come colui che ha obbedito liberamente al Padre, fino alla morte di croce ( cfr. Fil 2,5-9 ). È per questa obbedienza d'amore che Gesù è diventato il salvatore di tutti gli uomini ( cfr. Eb 5,7-9 ). 7. Imitare Cristo Cristiano è chi sceglie e segue Cristo. Prima di leggi da osservare, il cristiano ha un modello da imitare. Cristo, Figlio di Dio, è anche l'uomo perfetto. In lui il cristiano scopre l'autentica dimensione della propria persona ed esperimenta il senso più vero della vita. « Cristo appare come "l'uomo perfetto" che "ha lavorato con mani d'uomo, ha amato con cuore d'uomo". "Nessun uomo ha mai parlato come parla Costui" ( Gv 7,46 ) con autorità, con libertà e dolcezza, indicando le vie dell'amore, della giustizia, della sincerità ». Imitare Cristo è inserire nell'uomo la salvezza, la quale restaura i valori umani, libera ed eleva l'uomo alla dignità di figlio di Dio. Cristo è la suprema rivelazione dell'uomo e della vita, accettata come impegno di coraggio e di umiltà al servizio di Dio e dei fratelli. Cristo, che viene a proclamare « la nuova legge », è lui stesso la legge dei credenti. Incontrarsi con Cristo è ascoltare la sua parola e custodirla. Seguire Cristo è condividere la sua vita e il suo destino. Questo è l'impegno morale, questa è la legge fondamentale del cristiano. Scegliendo Cristo come suprema legge, non si rifiuta la norma morale. Le prescrizioni che il Signore e, in nome suo, la Chiesa ci presentano, sono le espressioni concrete di quella legge vivente che è Cristo stesso: « Io sono la via », « Se mi amate, osserverete i miei comandamenti» ( Gv 14,6.15 ). 8. Il Battesimo partecipazione al mistero pasquale Inizio della nostra configurazione a Cristo è il Battesimo. Per mezzo di esso siamo « immersi » nella profondità del mistero pasquale del Signore, che è mistero di morte e di risurrezione. Il Battesimo è « passaggio » dalla morte del peccato alla vita della grazia « in Cristo Gesù » ( cfr. Rm 6,3-4 ). Senza la grazia l'uomo non potrebbe nemmeno arrivare pienamente alla perfezione umana: non riuscirebbe cioè a comportarsi secondo le capacità della sua stessa natura. Il Battesimo riordina l'uomo interiormente e insieme lo eleva alla partecipazione della vita divina. Il battezzato è la « nuova creatura », partecipe del mistero di morte e di resurrezione di Cristo: l'« uomo nuovo » che deve spogliarsi dell'« uomo vecchio », schiavo delle « passioni ingannatrici », per camminare « nella giustizia e santità vera » ( cfr. Ef 4,22-24 ). La fedeltà al Battesimo si traduce nella fedeltà alla propria vocazione di cristiano, ed in questo modo si avanza verso la perfetta maturità in Cristo, traguardo ultimo dell'impegno morale dei figli di Dio ( cfr. Ef 4,13 ). Nati e vissuti nella fede della Chiesa, i fedeli hanno bisogno di riscoprire la grandezza e le esigenze della vocazione battesimale. III - In Cristo l'uomo viene liberato dal peccato 9. Cristo ci libera dal peccato Incontrandosi con Cristo, entrando a far parte del suo mistero di salvezza, l'uomo viene liberato dal male e dal peccato. Il Signore ha realizzato per tutti questa liberazione. Ma resta per tutti la libertà di accogliere o respingere il dono di Cristo, come rimane il potere di suggestione e l'inganno che viene dal « maligno », « principe di questo mondo » ( Gv 12,31 ). Tutti abbiamo bisogno di essere liberati dal peccato. L'uomo del nostro tempo, pur così orgoglioso delle sue conquiste, se onestamente « guarda dentro al suo cuore, si scopre inclinato al male e immerso in tante miserie ». Queste « miserie » si vanno manifestando e moltiplicando ai nostri giorni, con nuove espressioni e dimensioni: la manipolazione dell'uomo, il disprezzo della vita, la crescente immoralità del costume, la raffinata ostentazione del male nelle sue forme anche più aberranti. Queste e altre manifestazioni del male non possono non preoccupare la nostra responsabilità pastorale. 10. Il senso del peccato Si avvertono sintomi di remissività e di sfiducia verso le manifestazioni del male. Non è semplice scoprirne i motivi. Fra questi prende oggi evidenza l'attenuazione del senso del peccato. La stessa catechesi si dimostra talora non chiara ed esplicita di fronte alla realtà del peccato. « La catechesi sul peccato è tanto più necessaria nel nostro tempo, che non sa riconoscere il significato religioso, o presume di trovare salvezza solo nel progresso tecnico e scientifico, anzichè nella conversione spirituale ». Tacere o emarginare il mistero del peccato significa mettersi fuori dalla prospettiva della redenzione, cioè della stessa fede cristiana, che è essenzialmente fede « in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore, il quale è stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione » ( Rm 4,24-25 ). Il peccato è una realtà che deturpa l'immagine di Dio impressa nell'uomo dal Creatore e ricreata dall'amore di Dio in Cristo. È offesa a Dio, e insieme un male consumato a danno dell'uomo; è rottura con l'autore della vita, e contemporaneamente negazione di se stessi e della propria libertà; è rifiuto opposto all'offerta salvifica di Dio, ma anche un vuoto scavato nell'essere e nella coscienza dell'uomo. Se vogliamo capire il senso del peccato nella nostra vita, dobbiamo guardare a Cristo. Nella luce di lui, che si sottomette alla volontà del Padre e si umilia a servire i fratelli, il peccato è orgoglio; davanti a lui, che s'impegna fino alla immolazione totale per donarci la salvezza, il peccato è inerzia; in confronto a lui, parola di verità, il peccato è menzogna. Nella luce di Cristo, che ha amato tutti gli uomini, donandosi al Padre per pacificarli con lui e tra di loro, il peccato è mancanza d'amore. 11. La libertà del cristiano La configurazione a Cristo, cioè la comunione di pensiero e di vita con lui, è per l'uomo una forza di autentica liberazione. Lo « redime » infatti: spezza cioè i vincoli che lo rendono schiavo del male e lo fa « nascere di nuovo » ( cfr. Gv 3,3ss ). Il cristiano, come « uomo nuovo », è chiamato alla libertà. Sensibile ai valori umani e specialmente al valore della libertà, l'uomo d'oggi può dunque trovare nel cristianesimo la risposta alla ricerca. Soltanto deve convincersi che la piena difesa e il pieno esercizio della libertà stanno nella scelta, con cui l'uomo aderisce a Dio in Cristo. È questa adesione profonda che lo libera dalla schiavitù del peccato e da ogni altro condizionamento. San Paolo afferma: « Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi » ( Gal 5,1 ). È libertà nello Spirito, perché Egli, vivificando la legge, ne fa superare l'ossequio esteriore e formale, per arrivare a una adesione interiore e personale. La libertà cristiana, dunque, non è sinonimo di arbitrio e di licenza: essa rafforza l'impegno morale, riportandolo alla sua radice. La filiale risposta alla legge di Dio non è mai vincolo mortificante, ma è sorgente di verità e di bene. Chi invece prende a pretesto la libertà per coprire la malizia del cuore e delle azioni, offende Dio e al tempo stesso tradisce la vera libertà ( cfr. Gal 5,13 ). La libertà cristiana si armonizza dunque con la volontà di Dio. « E questa esperienza dell'armonia fra la beata libertà, ottenutaci da Cristo, e la gioia della fedeltà all'ordine voluto da lui, è fra le più belle e originali e irrinunciabili della nostra elezione cristiana ». 12. La conversione del cristiano Non si è veramente liberi in senso cristiano, se non quando ci si converte dalla morte del peccato alla vita della grazia. La « conversione », mutamento radicale che fa nascere l'« uomo nuovo» e lo fa crescere verso « la statura perfetta » di Cristo, dura, nella sua tensione più profonda, quanto dura il nostro terreno pellegrinaggio. È la condizione spirituale del cristiano. Infatti, nonostante lo sforzo sincero di vivere come « nuove creature », in realtà « tutti manchiamo in molte cose » ( Gc 3,2 ), e tutti abbiamo continuamente bisogno della misericordia di Dio e dobbiamo ogni giorno pregare: « rimetti a noi i nostri debiti » ( Mt 6,12 ). Convertirsi è riconoscersi peccatori, chiedere perdono a Dio, entrando in rapporto d'amore con Cristo e, attraverso lui, col Padre nello Spirito Santo. È questo incontro che fonda l'impegno morale, come sforzo generoso di comunione con Dio. Per una vera e continua conversione vogliamo ricordare la forza della parola di Dio. Per conoscere infatti ciò che Dio vuole da noi, dobbiamo accostarci con fede alla sua parola, luce per l'intelligenza e stimolo per la volontà. « Chi, mosso dallo Spirito, si fa attento e docile alla parola di Dio, segue un itinerario di conversione a lui, di abbandono alla sua volontà, di vita nuova nel mondo ». Inoltre gli esercizi spirituali, i ritiri spirituali e altri momenti di silenzio e di preghiera, sono mezzi efficacissimi coi quali il cristiano rientra in se stesso, ritrova il Signore, rinnova la fiducia nel cammino verso la santità. 13. Il sacramento della Penitenza Sempre in ordine alla conversione, la misericordia del Padre ha affidato alla Chiesa un particolare strumento di riconciliazione, di grazia e di vigore spirituale: il sacramento della Penitenza. Vivace e per molti aspetti positiva è la problematica esistente in Italia intorno alla Penitenza. Nella ricerca teologico-pastorale relativa a questo sacramento, pur tra non poche incertezze, vanno emergendo orientamenti validi: l'accento più vivo sulla dimensione comunitaria del peccato e della riconciliazione sacramentale, sulla conversione interiore quale traguardo primario della Penitenza, sulle celebrazioni penitenziali come efficace preparazione alla confessione e all'assoluzione. Si deve tuttavia rilevare che l'accesso alla confessione sacramentale, soprattutto da parte dei giovani e degli adolescenti, si va facendo più raro. E maggiormente addolora che la gravità di questo fenomeno sembra non avvertita anche da educatori cristiani, sacerdoti compresi. Tutto quello che appare utile, sotto il profilo pastorale, per l'approfondimento del valore della Penitenza deve essere tentato dai pastori d'anime; ma è pure necessario ricordare alcune verità. 14. L'amore di Dio ci aspetta al sacramento della Penitenza per liberarci dalla più grave delle schiavitù, quella del peccato. La Penitenza ha inoltre grande valore per formare e irrobustire la coscienza dei cristiani. Infatti è stimolo a una severa disciplina morale, è momento privilegiato per una coraggiosa revisione di vita e soprattutto per una autentica conversione. Esortiamo soprattutto i giovani a ritornarvi con frequenza e fiducia, se vogliono crescere nel ritmo di una robusta e armoniosa personalità umana e cristiana. I sacerdoti, unendosi « alle intenzioni e alla carità di Cristo », seguano l'esempio di tanti confessori, che si sono dedicati e si dedicano con soprannaturale zelo a questo grande ministero. Non si stanchino poi di incoraggiare vivamente i fedeli, « a sottomettere con cuore contrito i propri peccati alla Chiesa nel sacramento della Penitenza, per potersi così convertire ogni giorno di più al Signore ». IV - In Cristo l'uomo può vivere nell'amore di Dio e dei fratelli 15. La carità nuova legge del cristiano Liberati dal male, ci rendiamo disponibili all'amore di Dio e dei fratelli. Dio è carità ( cfr. 1 Gv 4,16 ), e il suo amore « è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato » ( Rm 5,5 ). « Perciò il dono primo e più necessario è la carità, con la quale amiamo Dio sopra ogni cosa e il prossimo per amore di lui … Il vero discepolo di Cristo è contrassegnato dalla carità, sia verso Dio che verso il prossimo ». La carità è « vincolo della perfezione » ( Col 3,14 ). Essa infatti è l'anima di tutte le virtù, le unisce e le consolida quasi in un vincolo infrangibile, portandole alla perfezione più alta. La carità è il comandamento supremo della vita cristiana. Non è però sostitutiva, ma perfettiva dei comandamenti di Dio: « in questo consiste l'amore di Dio, nell'osservare i suoi comandamenti » ( 1 Gv 5,3 ). La carità comprende l'amore di Dio e l'amore ai fratelli: chi la divide, contrapponendo o sostituendo l'uno con l'altro, la tradisce. L'impegno del cristiano comporta, prima e sopra ogni cosa, l'amore di Dio, un amore senza riserve, che investe tutto l'uomo ( cfr. Mt 22,37 ). Dio stesso, poi, amato così, ci rende capaci d'amare ed esige che in lui, Padre, amiamo tutti gli uomini come figli suoi e nostri fratelli: « Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri » ( Gv 13,35 ). Nella carità, così intesa, la vita morale del cristiano trova la sua sintesi più alta, la sua unità e la sua originalità. 16. Gli impegni della carità Quanti si onorano del nome cristiano sono chiamati ad essere, nelle varie situazioni della vita, i testimoni della carità. Anzitutto dobbiamo vivere la carità « verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede » ( Gal 6,10 ). La Chiesa, famiglia dei figli di Dio, diventa così « credibile » al mondo e capace di costruire il regno di Dio tra gli uomini. La carità è un servizio di tutti: il dovere della carità cresce in proporzione delle responsabilità che si hanno nella Chiesa. 17. È così che primi testimoni della carità vogliamo essere noi, vostri Pastori, sforzandoci di portare le nostre responsabilità di servizio episcopale per « far avanzare, anche con l'esempio, la Chiesa verso una santità ogni giorno più grande ». Con noi altrettanto vogliano fare i sacerdoti, primi e necessari nostri collaboratori: « attraverso il quotidiano esercizio del proprio ufficio crescano nell'amore di Dio e del prossimo e conservino il vincolo della comunione sacerdotale ». I religiosi e le religiose « prima di ogni cosa cerchino e amino Iddio che per primo ci ha amati, e in tutte le circostanze si sforzino di alimentare la vita nascosta con Cristo in Dio, donde scaturisce e riceve l'impulso l'amore del prossimo per la salvezza del mondo e l'edificazione della Chiesa ». Le famiglie cristiane rendano manifesta a tutti « la viva presenza del Salvatore nel mondo e la genuina natura della Chiesa, sia con l'amore, con la fecondità generosa, con l'unità e la fedeltà degli sposi, sia con l'amorevole cooperazione di tutti i loro membri ». Quanti sono impegnati a vari livelli nel mondo del lavoro, trovino nella comune fede che ci fa tutti fratelli, la forza di agire « con operosa carità, lieti nella speranza, portando gli uni i pesi degli altri ». In questa carità trova il suo coronamento anche la giustizia: la carità, quando è autentica, non è mai pigra e rinunciataria. Molti sono oppressi dalla povertà, dalla malattia, dalla solitudine, dalla tristezza. Sappiano costoro che, uniti in modo speciale a Cristo sofferente, partecipano intensamente alla carità con la quale Cristo si è dato per la salvezza del mondo. Specialmente a coloro che sono dediti all'apostolato, indichiamo il valore delle opere di carità e di misericordia, nella partecipazione alle sofferenze e alle necessità dei fratelli, « come splendida testimonianza di vita cristiana ». I fedeli tutti diano ai non credenti e agli indifferenti l'esempio luminoso di quella carità, che è il distintivo del vero cristiano, non scoraggiandosi per le difficoltà e le incomprensioni, ma vivendo nello spirito delle beatitudini evangeliche sulle orme di Gesù umile, povero, crocifisso. 18. Carità ed Eucaristia Centro e sorgente di vita morale è l'Eucaristia. Attorno all'Eucaristia il cristiano cresce verso il suo pieno sviluppo e la comunità dei salvati si costruisce nell'unità e vive nella carità. La partecipazione attiva, comunitaria e frequente alla celebrazione eucaristica va dunque promossa con intelligente zelo, proprio perchè l'efficacia più tipica dell'Eucaristia è nella linea tipica dell'amore. Ed essendo la carità sorgente e quasi « forza motrice » di tutta la vitalità cristiana, l'Eucaristia, portando al più alto grado la carità, diventa il segreto del massimo dinamismo spirituale. Nell'Eucaristia tutto il popolo di Dio trova lo stimolo e il vincolo di quella unità, che fa conoscere Cristo al mondo, secondo la preghiera di Gesù: « Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato » ( Gv 17,21 ). Vediamo nella promozione liturgica, che s'incentra nel mistero eucaristico, la fonte del rinnovamento morale delle nostre comunità. È questa la strada che conduce a una più profonda convinzione di fede e a una più coerente testimonianza di opere. Così il costume morale, nelle varie espressioni della vita odierna, viene riportato al senso della dignità e della responsabilità. V - In vigilante attesa della piena comunione con Dio 19. Vita morale e speranza cristiana L'impegno morale del cristiano, infine, trova nella speranza la sua collocazione definitiva e il suo significato completo. Proprio perchè la vita del cristiano è carità, è incontro con Cristo e comunione con Dio, diventa tensione verso i tempi finali, in gioiosa attesa del compimento e della pienezza della carità e della comunione ( cfr. 1 Gv 4,17-18 ). « Tutti infatti, quanti siamo figli di Dio e costituiamo in Cristo una sola famiglia, mentre comunichiamo tra noi nella mutua carità e nell'unica lode della Trinità Santissima, corrispondiamo all'intima vocazione della Chiesa e pregustando partecipiamo alla liturgia della gloria eterna ». 20. Con la speranza « siamo istruiti sul senso della nostra vita temporale » che è senso « relativo », perchè, nel disegno di Dio, implica una relazione all'« altra vita ». Con la speranza siamo abilitati a vincere la disperazione del peccato, della solitudine, della sofferenza, della morte, riponendo la nostra sicurezza nel Signore. Dalla speranza, che è contraria alla pigrizia spirituale, siamo chiamati a un impegno vigile e gioioso per essere in tutto graditi al Signore. La speranza cristiana non contraddice la speranza terrena, a cui l'uomo apre continuamente il suo spirito. Questa speranza umana è una disposizione fondamentale dell'uomo, proteso alla sua completezza; è una spinta interiore per cui sa superare difficoltà ed aprirsi un varco di fiduciosa attesa. Anche se spesso delusa e fuorviata, essa resta pur sempre articolazione della speranza cristiana, perchè si muove, magari senza saperlo e senza volerlo, nel raggio di questa. Tutte le piccole e grandi speranze terrene sono infatti riassunte, per quel che hanno di vero, nella speranza ultima, cui tende la vita dell'uomo. Nella luce della speranza, la fedeltà all'impegno morale avrà il suo coronamento. Chi avrà perseverato sino alla fine raggiungerà la salvezza piena nella comunione finale con Dio. Conclusione 21. Al concludersi di questa nostra esposizione, nutriamo fiducia che quanto abbiamo esposto alla luce della nostra fede verrà accolto come stimolo per una riflessione personale e comunitaria, come richiamo a un impegno morale autenticamente cristiano e come traccia per un organico lavoro apostolico. La Vergine Santissima, che con amore di madre coopera alla nostra rigenerazione e formazione, rifulge quale segno di sicura speranza per tutta la comunità degli eletti. Noi tutti guardiamo a lei con grande fiducia, contemplandone la santità e imitandone la carità. Amiamo con intatto fervore la Vergine Madre, e preghiamola affinché dal cielo si prenda cura « dei fratelli del Figlio suo, ancora peregrinanti e posti nei pericoli e nelle angustie, fino a che non siano condotti nella patria beata ». Questo documento è stato approvato secondo la delibera dell'Episcopato. Roma, 11 marzo 1972 + Antonio Card. Poma Presidente della Conferenza Episcopale Italiana.