Evang. e sacr. della Penitenza e dell'Unzione degli infermi Introduzione 1. La difficoltà e l'urgenza di vivere la fede oggi hanno posto il credente e la Chiesa tutta di fronte a nuovi problemi, sospingendola ad una revisione e ad un rinvigorimento dei propri impegni. 2. Con la scelta pastorale di « Evangelizzazione e sacramenti » la Chiesa in Italia ha inteso dare l'avvio ad un programma di rinnovamento spirituale che, confermando la sua fedeltà alla missione affidatale da Cristo, la pone più concretamente nella situazione socio-culturale di oggi. L'elemento qualificante di questa scelta fondamentale è stato individuato nella priorità dell'evangelizzazione, che non solo susciti la fede nei non credenti, ma purifichi, illumini e consolidi la consapevolezza di fede di quanti sono e si dicono cristiani. 3. Per l'intrinseco nesso fra Parola e sacramento, fra fede e sacramenti della fede, si ritenne necessario rapportare primariamente l'evangelizzazione alla pratica sacramentaria, privilegiando in un primo tempo i sacramenti della iniziazione cristiana. È infatti con tali sacramenti che si costruisce il cristiano e si compagina la Chiesa nell'unità della fede e nella comunione della carità. Ogni Chiesa particolare e ogni Chiesa locale è stata così sollecitata nella grazia e nella luce dello Spirito a rivedere il proprio impegno di evangelizzazione nelle varie forme di catechesi sacramentale che in diverso modo stanno riassumendo il valore e il carattere di itinerario catecumenale del Battesimo, della Confermazione e della Eucaristia. 4. Mentre si va instaurando in ogni diocesi il catecumenato della iniziazione cristiana non può non essere ora rivolta particolare attenzione alla altrettanto necessaria evangelizzazione per i sacramenti della Penitenza e della Unzione degli infermi. 5. Tali sacramenti, che operano l'incontro con Cristo, « medico del corpo e dello spirito » ( Sacrosanctum Concilium, 5 ), rientrano in maniera qualificante nello sviluppo della vita cristiana: sono infatti i sacramenti destinati a guarire « le infermità » del cristiano ponendolo in un permanente stato di liberazione dal male e di conversione progressiva a Cristo nella vita nuova dello Spirito. Essi perciò si inseriscono come necessario complemento nella stessa iniziazione cristiana e nell'itinerario catecumenale che la caratterizza, essendo sacramenti tipicamente penitenziali. 6. Del resto la introduzione dei nuovi riti, dell'uno e dell'altro, invitano ad una maggiore comprensione di fede e ad un inserimento più concreto nella vita dei singoli credenti e delle comunità ecclesiali alle quali appartengono. È perciò coerenza logica e necessità pastorale quella che ci spinge a presentare come secondo momento del nostro programma operativo l'impegno per l'evangelizzazione e i sacramenti della Penitenza e dell'Unzione degli infermi. 7. Tale scelta mette chiaramente in evidenza come la Chiesa è innanzitutto chiamata dal suo Signore a ripetere l'annunzio evangelico della penitenza: « Convertitevi e credete al Vangelo » ( Mc 1,15 ). Essa stessa è una comunità di penitenti: « pur essendo, infatti per vocazione divina, santa e irreprensibile, essa è nelle sue membra, defettibile e continuamente bisognosa di conversione e di rinnovamento, rinnovamento che deve essere effettuato non solo interiormente e individualmente, ma anche esteriormente e socialmente » ( Paolo VI, Costo Apost. Poenitemini, 17 febbraio 1966 ). Ma la Chiesa non è solo annunziatrice di conversione; in quanto sacramento universale di salvezza, essa è anche segno e strumento di riconciliazione degli uomini con Dio e tra di loro ( cfr. Lumen gentium 1 ). Di continuo animata dallo Spirito Santo, realizza tutto questo nell'intero arco della sua azione salvifica e in modo particolarmente significativo mediante i sacramenti della Penitenza e dell'Unzione degli infermi. Congiungere, pertanto, nella evangelizzazione e nella azione pastorale, questi due sacramenti, rispecchia in maniera tipica la vita della Chiesa e del cristiano. Nel suo pellegrinaggio terreno il discepolo di Cristo è chiamato ad una progressiva riconciliazione con Dio e con i fratelli e ad una ricomposizione fra corpo e anima nell'unità della persona redenta. Si apre così alla finale e integrale riconciliazione di tutto l'essere umano, che diventerà nell'incontro col suo Signore pienamente partecipe della gloria dei figli di Dio. 8. Si raccoglie, pertanto, in un unico documento programmatico, diviso in due parti, l'evangelizzazione e il sacramento della Penitenza, l'evangelizzazione e il sacramento dell'Unzione degli infermi. La necessità emergente della priorità dell'evangelizzazione e la intrinseca analogia dei due « sacramenti medicinali» vogliono essere l'elemento unificante di questo documento pastorale e del programma che con esso si propone. Parte I - Evangelizzazione e sacramento della Penitenza I - Rilievo di situazione 9. Più volte, nella storia della Chiesa, si è verificata una crisi della Confessione; il fenomeno è strettamente collegato al ruolo che tale sacramento ha nel contesto storico e culturale, nel quale la Chiesa è chiamata a comunicare agli uomini la salvezza, annunziata e compiuta da Cristo. Come tutti i sacramenti anche la Penitenza deve incarnarsi ed esprimersi in contesti sempre nuovi e in evoluzione, pur mantenendo inalterata la sua sostanza. 10. - Un esame dell'attuale situazione di « Evangelizzazione e Penitenza » sarebbe incompleto se esso non tenesse conto del più vasto quadro culturale in cui tale specifico problema viene a collocarsi. Prima che denunciare una crisi della Confessione, come molte volte si fa, occorre pertanto vederne le cause più profonde, esaminare i valori che l'ambiente in cui viviamo esalta e quelli che invece mortifica e dimentica. 11. - Ricollegandosi, pertanto, con l'analisi compiuta nel documento « Evangelizzazione e sacramenti » si impone innanzitutto di tenere in particolare evidenza il fenomeno della secolarizzazione in tutte le sue conseguenze; cosi pure va tenuta presente la dissociazione che in molti casi si è andata creando fra evangelizzazione e sacramenti. Da questi due fenomeni deriva in modo diverso quella crisi di fede, che raggiunge ormai con maggiore o minore violenza, anche i cristiani delle nostre comunità ecclesiali. 12. L'attuale contesto culturale e religioso Il contesto culturale nel quale Viviamo registra un sovvertimento della gerarchia dei valori e ne segna la nascita di un'altra, nuova e diversa, la quale mette al primo posto valori un tempo dimenticati o messi agli ultimi posti e ignora invece valori un tempo preminenti. È nata una nuova immagine dell'uomo e della sua presenza nella storia e nel mondo. L'uomo ha riscoperto il suo ruolo di dominatore e di re dell'universo, cosi come lo stesso Creatore lo aveva costituito; ma il rischio in cui spesso cade è quello di « assolutizzare » tale funzione, quasi che il suo compito e il suo destino si risolvessero solo su questa terra. 13. Perdita del « senso di Dio » Ma è proprio quando questa Visione secolarizzata dell'uomo e della storia sfocia nel « secolarismo » che, negati i valori della trascendenza in genere e della rivelazione cristiana in particolare, si perde completamente il « senso di Dio » come Persona vivente e come realtà operante nella storia. Soprattutto non si avverte più, nella luce di quanto la rivelazione ci ha manifestato, che fra Dio e l'uomo esiste un rapporto profondo e vitale e che la vocazione cui Cristo è venuto ad invitare gli uomini è quella della comunione col Padre, fondamento della comunione con i fratelli. 14. La crisi della Penitenza ha a monte questo affievolimento del senso di Dio, e quindi la mancanza di coscienza della rottura dell'alleanza, per il rifiuto dell'uomo a collaborare al disegno divino. Per questo il peccato perde spesso nella mentalità moderna la sua fondamentale dimensione religiosa e verticale di offesa a Dio e di rifiuto del suo progetto di amore. Il peccato originale, come inizio di questo rifiuto e la sua perdurante conseguenza nella storia dell'umanità, sembra estraniato dalla cultura di oggi. 15. Il peccato nella mentalità moderna Al tempo stesso si è fatto strada un nuovo umanesimo, che facendo a meno di Dio, pone l'uomo al centro di tutto. Si direbbe che al senso di Dio va progressivamente sostituendosi il senso dell'uomo. 16. Di qui la tendenza a vedere il peccato come offesa dell'uomo e a rilevarne la sola dimensione umana e sociale. Non a caso si parla molto oggi del « peccato del mondo » e si è portati a scaricare ogni realtà di male esclusivamente sulle strutture ingiuste ed oppressive che esistono e che coinvolgono indubbiamente la responsabilità di tutti e di ognuno. Pur nell'innegabile progresso di questa apertura della coscienza alle innumerevoli forme del male sociale, non si può negare il rischio di un attenuarsi del senso del peccato come atto personale e libero. L'uomo moderno sembra dimenticare che la prima radice di ogni male risiede nella persona libera e cosciente. 17. In seguito poi allo sviluppo e al successo delle scienze antropologiche e in particolare della psicologia e della psicanalisi, volte a liberare l'uomo da ogni forma di complesso, di frustrazione e di inibizioni, ci si è spinti ad una visione del peccato che non toccherebbe più la responsabilità dell'uomo, ma farebbe parte di processi psicologici inconsci e quindi incontrollabili. 18. D'altra parte la stessa riaffermazione, peraltro molto importante, della dignità della persona umana, della sua libertà e dei suoi diritti ha esaltato il valore della coscienza individuale, finendo in taluni casi per negare ogni criterio oggettivo di moralità. Si direbbe che l'uomo moderno cerchi la piena realizzazione di se stesso, affrancandosi da ogni vincolo legale. Di qui le forme più esasperate di soggettivismo, con gli arbitri e gli sconfinamenti attuali sia sul piano della fede che della morale. Le stesse nozioni di bene e di male vengono sottoposte alle più corrosive fluttuazioni. 19. Crisi della Penitenza e sue cause Questo dunque l'atteggiamento dell'uomo di oggi di fronte al peccato. Quale il suo atteggiamento dinanzi alla Penitenza, intesa come itinerario di conversione e come sacramento che la esprime e la realizza? Anche se la cosa può apparire paradossale, l'uomo moderno è al tempo stesso il più lontano e il più vicino al concetto vero della penitenza cristiana. È il più lontano perché, privo molte volte del senso di Dio e conseguentemente del vero senso del peccato, percepisce con difficoltà il significato e la necessità della penitenza. Ma al tempo stesso l'uomo contemporaneo è anche il più vicino al significato evangelico della penitenza. Lo vediamo nella disponibilità di molti a compiere per l'uomo e in nome dell'uomo generose rinunzie e solidali servizi. Lo vediamo specialmente nei giovani, i quali rifuggono da tutto ciò che è esteriore, formalistico e farisaico e avvertono con particolare intensità l'esigenza dell'essenziale e dell'autentico. Sono queste, peraltro, esigenze e valori della conversione, cosi come è presentata nella Scrittura, da Cristo stesso e dalla testimonianza che all'interno della Chiesa è stata costantemente offerta. 20. Tutto questo si deve tener presente per un miglior aggancio alla mentalità di coloro ai quali la Chiesa deve proclamare il messaggio cristiano come annunzio di salvezza; cosi pure per contribuire ad un sano rinnovamento, come lo stesso nuovo rito della Penitenza richiede ed esige. 21. Carenza di evangelizzazione La mancanza in molti cristiani del senso profondo della penitenza, sia come evento sacramentale che come costante atteggiamento di vita, rileva una fondamentale esigenza di evangelizzazione, con tutte le chiarificazioni e il cambiamento di mentalità che essa comporta. Non sembra che questa fondamentale tematica sia sufficientemente presente nella ordinaria predicazione al popolo. Nella stessa celebrazione del sacramento della Penitenza, fino all'entrata in vigore del nuovo rito, era carente la proclamazione della parola di Dio. La fretta, anzi, che non di rado contraddistingue tale celebrazione, non permetteva né permette nella maggior parte dei casi che brevi e generiche ammonizioni da parte del sacerdote ministro. 22. Ecco perché il sacramento della Penitenza è considerato da molti come un rito formalistico e abitudinario, o quasi uno scarico psicologico di un senso di colpa. Il perdono è ritenuto automaticamente concesso, mediante una esatta accusa delle colpe, senza che sia preceduto e accompagnato dalle indispensabili disposizioni di pentimento e di proposito di vita nuova. 23. Dalla carenza generalizzata di evangelizzazione deriva anche la mancata percezione che l'esistenza cristiana è un cammino di permanente conversione, un itinerario penitenziale, che si inizia radicalmente nel Battesimo e viene ripreso nel momento forte del sacramento della Penitenza, che ci manifesta e ci offre l'amore di Dio che perdona, ma esige sempre la nostra risposta e il nostro impegno di far ritorno alla casa del Padre. 24. Nonostante l'introduzione di alcune forme di celebrazioni comunitarie del sacramento della Penitenza e di alcune liturgie penitenziali, troppe volte questo sacramento rimane ancora un fatto privatistico e ben difficilmente se ne colgono le incidenze comunitarie. Non sempre nella persona del sacerdote ministro si avverte e si accetta la presenza della Chiesa, né si percepisce l'esercizio concomitante del sacerdozio battesimale, proprio di tutto il popolo di Dio. 25. I problemi pastorali da risolvere Oltre gli aspetti sopra accennati, a far cadere la Penitenza in una « crisi di identità » hanno contribuito anche altri fattori, derivanti dalla prassi pastorale corrente. Dall'inchiesta socio-religiosa promossa dalla C.E.I. risulta piuttosto frequente la difficoltà di trovare sacerdoti, che pur essendo liberi da altri impegni pastorali, si prestino per le confessioni. È stata inoltre segnalata la grande difficoltà di un dialogo tranquillo e sereno fra sacerdote e penitente. Per questo e per altri motivi derivanti da discutibili impostazioni teologiche si nota in alcuni sacerdoti stanchezza e sfiducia nell'esercizio di questo ministero loro proprio della riconciliazione. 26. A questo si aggiunga il fatto che per la Confessione non sono previsti orari prefissati e comodi. Spesso anzi viene ancora celebrata durante la Messa, dando luogo ad una soprapposizione che finisce per danneggiare questi due eventi di salvezza, autentici capisaldi della vita cristiana e pertanto bisognosi ciascuno di un tempo specifico di celebrazione. 27. Il sacramento della Penitenza in molte occasioni viene considerato solo come passaggio obbligato per un sacramento successivo: ci si confessa per fare la comunione, per ricevere la Confermazione, per celebrare il Matrimonio. Si impone quindi una chiarificazione che ponga in risalto non solo il legame e la complementarietà, ma anche la natura e le finalità proprie della Penitenza nei confronti degli altri sacramenti e in particolare dell'Eucaristia. 28. Altro problema bisognoso di chiarificazione è la frequenza del sacramento. Specialmente fra i giovani si va diffondendo l'uso di stare per lungo tempo lontani dalla Confessione, accostandosi ugualmente all'Eucaristia; altre persone invece non fanno la comunione senza essersi ogni volta prima confessate. Le disuguaglianze in merito, nel pensiero e nella prassi dei fedeli, anche impegnati, trovano quasi sempre la loro origine nella diversità di opinioni su un punto di tanta importanza. 29. Si richiede infine una parola di illuminazione e di orientamento circa il rapporto tra Confessione e direzione spirituale, ora nuovamente richiesta anche se in forme più semplici e confidenziali. Stanno inoltre diffondendosi esperienze di revisione di vita comunliaria, che sembrano sostituire la celebrazione del sacramento o sminuirne l'importanza e il valore. 30. Le frequenti obiezioni contro il sacramento della Penitenza, volgarizzate da una certa pubblicistica talvolta anche in modo offensivo e sacrilego, non debbono soltanto essere respinte da una giusta deplorazione, ma saranno soprattutto superate e vanificate da una più chiara testimonianza di fede e di prassi pastorale dei ministri del sacramento e di tutto il popolo di Dio. 31. Il rinnovamento di questa prassi pastorale è ora sollecitato dall'introduzione del nuovo rito della Penitenza che potrebbe eliminare gran parte degli inconvenienti sopra rilevati e portare a soluzione positiva in mezzo al popolo cristiano la cosiddetta crisi della Confessione. È pertanto necessario un fiducioso impegno di attuazione pratica del rito e di concordi orientamenti pastorali, perché possa realizzarsi una crescente efficacia del ministero della riconciliazione ( cfr. 2 Cor 5,18ss ). II. Indicazioni dottrinali 32. La conversione è dimensione permanente della vita cristiana. Essa implica infatti l'appello e il dono dell'amore di Dio in Cristo Gesù morto e risorto e la umile risposta dell'uomo per una progressiva liberazione dal peccato. 33. Per questo alle soglie del Nuovo Testamento il Battista, riferendo il tema dei profeti, lo compendia cosi: « Convertitevi perché il regno dei cieli è vicino » ( Mt 3,2 ). Gesù poi inaugura la sua missione pubblica col lieto annunzio: « Il regno di Dio è vicino », cui subito aggiunge: « Convertitevi e credete al Vangelo » ( Mc 1,15 ). « Queste parole costituiscono in un certo senso il compendio di tutta la vita cristiana ». ( Paolo VI, Cost. Apost.Poenitemini, I 17 febbraio 1966 ). 34. Iniziazione cristiana e penitenza La prima e fondamentale conversione, come liberazione dal peccato e adesione a Cristo nella fede, costituisce il momento essenziale e irrepetibile della vita cristiana, sigillato dal Battesimo. Da quel momento abbiamo cominciato a vivere la « vita nuova », che va conservata ad ogni costo e sviluppata sempre più, individualmente e collettivamente, cosi da fare di tutta la Chiesa una vera « comunione dei santi ». 35. Purtroppo però, anziché andare avanti di progresso in progresso nella comunione con Dio e con i fratelli, possiamo anche abusare della nostra libertà imperfetta e rispondere di « no » al Signore che di continuo ci chiama. 36. Per questo la conversione battesimale deve prolungarsi in una conversione permanente, che pur ritrovando i suoi momenti salienti nei sacramenti dell'iniziazione, dovrà estendersi all'intera esistenza cristiana. 37. Il sacramento della Penitenza o Riconciliazione è il segno efficace specifico di questa conversione. Esso consente infatti di recuperare, per chi non è rimasto fedele alla grazia del Battesimo, la partecipazione alla vita divina o di rinvigorirla laddove si fosse affievolita. 38. Il rilievo di situazione ha messo in evidenza che la crisi del sacramento della Penitenza ha per sua causa principale lo smarrimento della giusta dimensione della stessa penitenza e l'affievolimento o perdita del senso del peccato. Non per nulla affermava già Pio XII: « Forse il più grande peccato del mondo d'oggi è proprio quello di aver perso il senso del peccato ». 39. Rivelazione biblica del peccato Il peccato nella sua più profonda realtà è un « mistero » che non può esser pienamente compreso senza la fede. Per la Bibbia, che della fede è la regola suprema, il peccato è non solo un male, ma il più grande male, la causa di tutti i nostri mali. 40. Secondo la rivelazione, infatti, il peccato, rispetto a Dio, più che trasgressione di una legge morale, è il non volerlo riconoscere come Padre e come unica fonte della vita: è chiusura a lui, rifiuto della sua amicizia. È soprattutto rottura dell'Alleanza e perciò viene qualificato, già nell'Antico Testamento, come infedeltà, adulterio, prostituzione, idolatria e scisma; mentre per il Nuovo Testamento è addirittura il tentativo di crocifiggere nuovamente il Cristo ( Eb 6,6 ), rifiutando il suo dono di amore e opponendosi al suo disegno di salvezza. 41. Il peccato, rispetto all'uomo, è lacerazione personale interiore, alienazione da se stessi e dagli altri. Chiudendo nella prigione dell'egoismo, il peccato, come insegna il Concilio, è « una diminuzione dell'uomo » (Gaudium et spes 13 ), di cui rende labile la volontà e ne deforma il libero arbitrio ( cfr. Rm 7,14 ), impedendogli così di realizzare se stesso e di conseguire la pienezza della vita, alla quale Dio lo chiama. 42. Il peccato ha sempre una dimensione ecclesiale e sociale. Ogni peccato, infatti, anche quando non offende direttamente i fratelli, è sempre « una ferita inflitta alla Chiesa » ( Lumen gentium 11 ) ed è contro la vera e autentica solidarietà del genere umano. « Per un arcano e misericordioso mistero della divina Provvidenza, gli uomini sono uniti fra di loro da uno stretto rapporto soprannaturale, in forza del quale il peccato di uno solo reca danno a tutti, e a tutti porta beneficio la santità del singolo » ( Paolo VI, Costo Apost. Indulgentiarum doctrina, 4, 1 gennaio 1967 ). Giustamente perciò si è detto: ogni anima che si eleva, eleva il mondo; ogni anima che si abbassa, abbassa il livello di santità della Chiesa. Secondo le immagini della Bibbia ogni peccatore, che sia formalmente e gravemente tale, è cisterna vuota, ramo secco, mano paralizzata, lucignolo fumigante. 43. Rapporto fra peccato personale e peccato collettivo Il peccato ha essenzialmente una dimensione personale. Oggi tuttavia si denunzia con frequenza il peccato « collettivo » o il « peccato del mondo », intendendo con tale appellativo, certamente analogico, qualificare i fenomeni più terrificanti di un perdurante stato di ingiustizia nell'odierna società: come ad esempio la guerra, la tortura, le discriminazioni razziali, la manipolazione delle persone e dell'opinione pubblica, ecc. La denuncia del peccato collettivo, quando non sia un alibi, quando cioè non intenda escludere la complicità personale, segna un vero progresso nella coscienza religiosa e morale dell'umanità. 44. Il peccato grave La considerazione dei condizionamenti psicologici e sociali, ai quali è sottoposto particolarmente l'uomo moderno, fa porre a molti la questione se e quando possa esservi il peccato grave. Ovviamente la misura della consapevolezza e della libertà interiore e quindi della gravità del peccato potrà variare a secondo dell'età, delle circostanze e delle persone. I fatti stessi non hanno tutti, d'altronde, la medesima gravità. Se quindi non è sempre facile delimitare la frontiera fra peccati gravi e peccati veniali, vi sono comunque azioni o negazioni che, per il loro oggetto e per le circostanze che li accompagnano, rivestono il carattere di peccati gravi. Pur lasciando a Dio il giudizio definitivo della responsabilità personale di ognuno, bisogna riconoscere all'uomo questo tremendo potere di distaccarsi dal suo Creatore e Redentore, trasgredendo consapevolmente e deliberatamente in materia grave le esigenze del suo amore. 45. Fino dai primi secoli del crIstianesimo, senza che si fosse ancora arrivati alla chiara distinzione tra peccati mortali e peccati veniali, si ammise che vi fossero peccati più gravi e peccati meno gravi e si giudicarono con particolare severità le negazioni più radicali di Dio e dell'uomo. Già nei testi neo-testamentari si denunzia con estremo rigore l'apostasia, l'idolatria, l'omicidio e l'adulterio come colpe che escludono dalla comunione con Dio e con i fratelli, e perciò impediscono la partecipazione all'Eucaristia ( cfr. At 15,20 ). 46. Rimanendo inalterata la gravità di tali colpe, se si esamina la situazione attuale della società e il comportamento degli uomini alla luce della parola di Dio e dell'insegnamento della Chiesa, si scoprono oggi altre forme storiche di peccato che meritano non minore severità di giudizio. La corruzione amministrativa, la speculazione edilizia, l'abuso di potere, il commercio pornografico e altre forme di oppressione dell'uomo nascondono subdolamente, sotto l'involucro di strutture sociali, gravissime responsabilità di persone e di gruppi. Un richiamo alla coscienza pubblica e privata della gravità di tali colpe si rende oggi teologicamente e pastoralmente necessario. 47. Tuttavia non va dimenticato che la causa ultima dei peccati dell'epoca moderna è il diffuso atteggiamento di rifiuto consapevole di Dio, di Cristo e della sua presenza nella Chiesa. Giovanni nel quarto Vangelo considera peccato per eccellenza il rifiuto della luce che viene da Cristo Signore: « La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce » ( Gv 3,19-20 ). 48. La coscienza Nel giudizio della gravità del peccato non si può dimenticare il ruolo determinante della coscienza, che « è il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell'intimità propria » ( Gaudium et spes 16 ). È nel cuore, secondo Gesù, che si cela la vera sorgente di ogni male: « Ciò che esce dall'uomo, questo sì contamina l'uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: prostituzioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l'uomo » ( Mc 7,20-23 ). 49. È la coscienza, quindi, che giudica in concreto ciò che è bene fare e ciò che invece è male. « Nell'intimo della coscienza - dice infatti il Concilio - l'uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire e la cui voce che lo chiama sempre, ad amare e a fare il bene e a fuggire il male, quando occorre, chiaramente dice alle orecchie del cuore: fai questo, fuggi quest'altro » ( Gaudium et spes 16). La coscienza, tuttavia, non è pienamente autonoma, ma deve di continuo riferirsi alla espressa volontà di Dio. Non dovrà dimenticarsi, perciò, che essa deve essere illuminata dalla parola di Dio, trasmessa e autenticamente interpretata nella Chiesa e in tal modo rettamente formarsi ed educarsi. 50. Itinerario penitenziale Secondo l'affermazione del Concilio « la Chiesa che comprende nel suo seno i peccatori, santa insieme e bisognosa di purificazione, mai tralascia la penitenza e il suo rinnovamento » ( Lumen gentium 8 ). In questo dinamismo penitenziale ci è dato di scoprire ad un tempo, senza pessimismi deprimenti, la miseria dell'uomo peccatore e la grandezza cui lo chiama l'amore di Dio. 51. L'annunzio della penitenza nel disegno misericordioso di Dio Dio in verità ci ama senza misura. Anche quando, peccando, ci allontaniamo da lui, egli non ci abbandona ( cfr. Lumen gentium 2 ). « In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati » ( 1 Gv 4,10 ). La storia della salvezza non è altro, in fondo, che la storia dei continui interventi del Signore per strappare l'uomo al suo peccato. Se svela il mistero del male, rivela anche il mistero della infinita misericordia di Dio. 52. Gesù, rivelatore supremo dell'amore del Padre, è venuto a cercare non già dei giusti, ma dei peccatori ( cfr. Lc 5,32 ), poiché « non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati » ( Lc 5,31 ). Egli che odia il peccato, ma ama i peccatori e la cui gioia sta nel perdonare ( cfr. Lc 15 ) non si limita ad attendere, ma cerca costantemente coloro che si sono allontanati da lui. 53. La penitenza non è un semplice invito, ma è una grazia del Signore che per primo si muove alla ricerca della pecora smarrita e offre all'uomo peccatore la luce e l'aiuto per uscire dalla prigione del proprio egoismo. « Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato » ( Gv 6,44 ). La penitenza, che è dunque essenzialmente dono del Padre, per la mediazione del Figlio, tramite lo Spirito, è anche opera dell'uomo, in quanto collaborazione volenterosa alla grazia di Dio e accettazione della sua iniziativa di amore. Per questo il Signore ammonisce: « Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo » ( Lc 13,5 ). 54. Penitenza e gesti penitenziali La penitenza cristiana deve essere necessariamente « conversione », « deve cioè coinvolgere l'uomo nel suo intimo » ( Rito della Penitenza, n. 6 ). Sotto la luce e la mozione della grazia di Dio, il penitente compie il cammino inverso a quello del peccato. Il suo è cambiamento di rotta, è distacco dal male, è l'esodo da una situazione di schiavitù per tornare sulla via di Dio. Convertirsi è diventare evangelicamente fanciulli ( Mt 18,3 ), significa cioè donarsi a Dio con semplicità di cuore e mettersi alla sequela del Signore, persuasi che lui solo è « la via, la verità e la vita » ( Gv 14,6 ). La vera penitenza è insomma la metànoia evangelica, ossia « un cambiamento intimo e radicale di tutto l'uomo, in forza del quale egli comincia a pensare, a giudicare e a riordinare la sua vita, mosso dalla santità e dall'amore di Dio » ( Paolo VI, Costo Apost. Poenitemini, I, 17 febbraio 1966 ). Nella misura in cui è autentica riconciliazione col Padre, la penitenza è anche riconciliazione coi fratelli e con la Chiesa. 55. Molti sono i modi e i gesti con i quali il cristiano nella Chiesa esprime e pratica la penitenza: con la preghiera personale e comunitaria, con la sopportazione delle prove in unione alle sofferenze di Cristo, con le opere di misericordia e di carità, con l'intera esistenza offerta in sacrificio spirituale ( cfr. Rito della Penitenza, n. 4 ). 56. La contrizione espressione vera della conversione La contrizione però è l'anima della conversione cristiana e quindi di ogni gesto penitenziale. Essa non si identifica con un rimorso, depressivo e avvilente, che divora e paralizza; né col senso di colpa di cui parla la psicanalisi, e nemmeno col pentimento motivato soltanto dal timore dei castighi meritati. È invece il rincrescimento sincero per aver offeso Dio infinitamente buono e per aver recato danno ai fratelli. Esso si accompagna al proposito di voler restare fedeli al Signore per la vita e per la morte. 57. La contrizione perfetta, in virtù dell'amore che la produce, dà la « giustificazione », ottiene cioè il perdono dei peccati prima ancora dell'assoluzione sacramentale. È necessario tuttavia, qualora si tratti di colpe gravi, che si abbia il proposito almeno implicito di sottoporle, non appena sarà possibile, al confessore nel sacramento della Penitenza. 58. Eucaristia e Penitenza Non è conciliabile con l'insegnamento della Chiesa la teoria secondo la quale l'Eucaristia, che pure è efficacissimo « antidoto che ci libera dalle nostre colpe quotidiane e ci preserva dai peccati mortali » ( Paolo VI, Istruz. Eucharisticum Mysterium, 35, 25 maggio 1967 ), perdonerebbe il peccato mortale anche senza che il peccatore ricorra al sacramento della Penitenza. L'affermazione del Concilio di Trento che l'Eucaristia rimette i peccati gravi ( « peccata etiam ingentia » ) va vista nella luce di tutto il documento conciliare. Essa significa che il sacrificio della Messa, da cui proviene alla Chiesa ogni grazia, ottiene al peccatore il dono della conversione senza cui il perdono non è possibile; al tempo stesso corrobora il penitente già riconciliato con Dio nella lotta contro le tentazioni, suscitando in lui il fervore della carità. Ciò non significa affatto che quelli, che hanno commesso un peccato veramente mortale, possano accostarsi alla comunione eucaristica, senza essersi prima riconciliati con Dio nella Chiesa: la necessità di confessare i peccati mortali infatti deriva non solo dal precetto della Chiesa, ma dalla volontà stessa di Cristo. 59. Il sacramento della Penitenza o Riconciliazione La Chiesa, sacramento universale di salvezza, ha dal Signore il dono di uno specifico sacramento, che suggella e porta a compimento l'itinerario penitenziale del cristiano. Cristo infatti ha istituito il sacramento della Penitenza o Riconciliazione come mezzo ordinario per rimettere i peccati commessi dopo il Battesimo. Egli stesso, dopo la sua resurrezione, effondendo sugli Apostoli lo Spirito Santo, ha conferito ad essi e ai loro legittimi successori tale missione e facoltà ( cfr. Gv 20,19-23 ), ossia il dono di far rivivere nello Spirito quanti a causa del peccato sono stati privati della vera vita. 60. Il sacramento della Penitenza è la via ordinaria e necessaria alla salvezza per tutti coloro che dopo il Battesimo sono caduti in peccato grave. I Padri consideravano questo sacramento come un « secondo Battesimo laborioso ». Nell'antica prassi veniva designato con i termini significativi di « riconciliazione », « pace », « comunione ». 61. Con questo sacramento « la Chiesa proclama la sua fede, rende grazie a Dio per la libertà con cui il Cristo ci ha liberati, offre la sua vita come sacrificio spirituale a lode della gloria di Dio» ( Rito della Penitenza n. 7 ). Non va, perciò, dimenticato che la celebrazione della Penitenza è sempre un atto di culto nel quale la Chiesa loda la santità di Dio e « confessa » le meraviglie del suo amore. Tale infatti era in origine il significato della parola « confessione ». 62. La riconciliazione dono del Signore risorto mediante lo Spirito Santo Il sacramento della Penitenza ci inserisce nel mistero pasquale ed è specificamente un incontro con Cristo che sana, risuscita e santifica. Il sacramento trae infatti tutta la sua efficacia dalla morte e resurrezione di Cristo. Il Risorto si fa dinamicamente presente e rinnova, tramite la Chiesa impersonata nel ministro, l'efficace annunzio pasquale di liberazione e di salvezza. 63. Frutto del mistero pasquale è l'effusione dello Spirito che nel sacramento della Penitenza muove il credente alla coscienza del peccato e alla compunzione del cuore; gli dà nuova vita di comunione con Dio e con i fratelli; gli infonde nell'animo serenità e pace. 64. I protagonisti della Penitenza Ma attore di questo evento sacramentale non è solo Dio che ci riconcilia mediante Cristo nello Spirito; è anche la Chiesa, operante nel ministro e nell'intera comunità ed è il peccatore che si converte e vive. 65. La Chiesa, in quanto popolo sacerdotale, animato dallo Spirito Santo, partecipa pienamente alla conversione del peccatore. Infatti essa non solo è il luogo della riconciliazione, ma anche lo strumento efficace, « con la carità, con l'esempio, con la preghiera », con la predicazione della Parola che giudica e che chiama, ed infine « mediante il ministero affidato agli Apostoli e ai loro successori » ( Rito della Penitenza, n. 8 ). Inoltre la riconciliazione con Dio, per i vincoli che ci legano a Cristo e ai fratelli, è simultaneamente riconciliazione con tutta la Chiesa. « Quelli che si accostano al sacramento della Penitenza, ricevono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese fatte a lui, e insieme si riconciliano con la Chiesa, alla quale hanno inflitto una ferita col peccato » (Lumen gentium, 11 ). 66. Riconciliazione con Dio e con la Chiesa La riconciliazione con la Chiesa è la condizione, anzi la espressione e in qualche modo il segno efficace della riconciliazione con Dio. Proprio unitamente alla riconciliazione con la Chiesa si opera la riconciliazione con Dio. « La confessione è stata istituita propriamente - dice S. Bonaventura - perché l'uomo si riconcili con la Chiesa e, cosi, rende visibile la sua riconciliazione con Dio ». 67. Compito del ministro e del penitente È indispensabile nel sacramento della Penitenza la funzione del ministro. La Chiesa infatti esercita il ministero della riconciliazione per mezzo dei Vescovi e dei presbiteri; essi attestano e impartiscono la remissione dei peccati nel nome di Cristo e nella forza dello Spirito Santo. Per svolgere fedelmente il suo ministero il confessore deve esercitare con saggezza il suo compito di giudice, e saper « diagnosticare come medico i mali dell'anima e porvi rimedio »; ma soprattutto deve essere padre e fratello che, attraverso il proprio comportamento virtuoso e umano, rivela agli uomini il cuore del Padre celeste e diventa « immagine viva del buon Pastore Gesù » ( cfr. Rito della Penitenza, n. 10 ). 68. Importantissima è la parte del penitente nella celebrazione del sacramento: « Quando, debitamente preparato, si accosta a questo salutare rimedio istituito da Cristo, egli si inserisce con i suoi atti nella celebrazione del sacramento. In tal modo il fedele, mentre fa nella sua vita l'esperienza della misericordia di Dio e la proclama, celebra con il sacerdote la liturgia della Chiesa, che continuamente si converte e si rinnova » ( Rito della Penitenza, n. 11 ). 69. Il sacramento della Penitenza e le sue parti Le parti essenziali del sacramento della Penitenza sono la contrizione, la confessione, la soddisfazione e l'assoluzione. Esse non vanno considerate come degli atti isolati, bensi come altrettante tappe di un processo penitenziale unitario, il cui culmine è l'assoluzione. Tanto la conoscenza dei peccati, come tutti gli atti del sacramento non sono esclusivamente opera dell'uomo, ma sono soprattutto frutto della grazia giudicante e liberante di Dio. Soltanto nella luce della fede l'uomo può conoscere pienamente chi è e chi deve essere, e soltanto mosso dalla grazia può giungere al pentimento e alla conversione. 70. Contrizione e attrizione « Tra gli atti del penitente, la contrizione occupa il primo posto. Essa è il dolore e la detestazione del peccato commesso col proposito di non più peccare » ( Rito della Penitenza n. 6 ). Per averla in dono da Dio, si dovrà ricorrere all'umile preghiera e mettersi davanti a lui, Amore crocifisso per i nostri peccati. La contrizione, infatti, nasce dall'amore di carità, che lo Spirito Santo effonde nei nostri cuori ( cfr. Rm 5,5 ). L'attrizione invece o dolore imperfetto, è generata soltanto dal timore dei castighi o dalla nausea delle proprie colpe e non è sufficiente da sola a rimettere il peccato. Tuttavia anche essa - come insegna il Concilio di Trento - è dono del Signore e impulso del suo Spirito che, pur non abitando ancora nell'animo del peccatore, lo muove e lo aiuta a prepararsi una via per la piena riconciliazione con Dio e coi fratelli. L'attrizione, pertanto, è una disposizione sufficiente per accedere alla Confessione, dove la grazia del sacramento può elevarla a vera contrizione. 71. Confessione Con questo atteggiamento di sincero pentimento personale, il penitente, allo scopo di render perfetta e definitiva la sua conversione, passa al secondo atto del sacramento e cioè alla confessione delle proprie colpe al ministro di Cristo e della Chiesa. La confessione peraltro, in quanto comunicazione interpersonale, oltreché al comando esplicito di Cristo, risponde ad un profondo bisogno della psicologia umana. Senza inquietudine e scrupolosità e con la persuasione che il dolore sincero è più importante della integralità materiale della confessione, si debbono « confessare al sacerdote, secondo la disposizione di Dio misericordioso, tutti e singoli i peccati gravi che con l'esame di coscienza ognuno ha presenti alla memoria » (Rito della Penitenza n. 7 ). Nella confessione dei singoli peccati andrà soprattutto rilevato l'abituale orientamento colpevole della volontà e della vita. 72. Soddisfazione La vera conversione non si limita alle parole, ma si traduce in « soddisfazione », ossia in opere concrete e soprattutto nella penitenza quotidiana per l'emendamento della vita e per la riparazione dei danni arrecati dal peccato. La soddisfazione, perciò, rientra nella dinamica del sacramento della Penitenza come prolungamento e conseguenza pratica della contrizione. Le opere penitenziali, imposte dal confessore e accetate dal penitente, non potranno perciò ridursi semplicemente a un proforma: per essere segno concreto della soddisfazione e diventare « medicina efficace » e vero « rimedio del peccato », « dovranno esser commisurate a ogni singolo penitente, in modo che ognuno ripari nel settore in cui ha mancato » ( Rito della Penitenza n. 6 ). 73. Assoluzione L'assoluzione è parte culminante del sacramento; in essa appare il ruolo decisivo proprio del sacerdote che assolve ed è la ratifica ecclesiale e il sigillo sacramentale del processo penitenziale compiuto dal peccatore per ritornare a Dio. Mediante il segno dell'assoluzione, quando sia veramente l'ultimo atto di tutto un processo penitenziale ascendente, « Dio accoglie il figlio pentito che ritorna a lui, Cristo si pone sulle spalle la pecora smarrita per riportarla all'ovile, e lo Spirito Santo santifica nuovamente il suo tempio o intensifica in esso la propria presenza » ( Rito della Penitenza n. 6 ). 74. Esistenza cristiana e Penitenza Ciascun sacramento ha una sua grazia particolare. La grazia sacramentale della Penitenza ci assimila a Cristo redentore che lotta contro il peccato e lo vince e ci comunica lo spirito di penitenza, non solo per i nostri peccati, ma anche per quelli dei nostri fratelli. In tal modo la penitenza penetra e si esprime in tutta la vita del cristiano. Per questo anche la confessione frequente, sempre raccomandata dal Magistero della Chiesa, è per tutti momento importante di grazia e di crescita spirituale, tirocinio alla lotta contro il male, celebrazione festosa della Pasqua del Signore, rinnovamento di giorno in giorno dell'uomo interiore ( cfr. 2 Cor 4,16 ). 75. La grazia dell'assimilazione a Cristo « penitente » per i nostri peccati inserisce più vivamente e attivamente nella Chiesa, comunità di penitenti, facendoci meglio partecipare alla sua natura e collaborare alla sua missione. La Chiesa, infatti, è la comunità nella quale si riceve, in virtù della passione e resurrezione del Signore, il perdono di Dio e la forza di convertirsi a lui; ed è il luogo dove si denunzia il mistero della iniquità e si annunzia e si rivela al mondo il mistero della misericordia. Il penitente, per la grazia del sacramento che diventa in lui testimonianza di vita, si fa cosi nella Chiesa e con la Chiesa, messaggero della Buona Novella dell'amore di Dio, che libera e salva. III. Orientamenti pastorali 76. Evangelizzazione e penitenza L'evangelizzazione, che si concreta nell'annuncio del regno di Dio, dell'amore misericordioso del Padre, della redenzione in Cristo Signore e della vita nuova nello Spirito, sollecita nell'uomo una risposta fattiva di fede, che si esprima in un impegno di vita orientata sinceramente al Vangelo. Questa disponibilità ad accogliere l'annuncio e la conseguente decisione a seguire Cristo Signore si può quindi considerare come il primo momento in cui il cristiano prende coscienza del suo itinerario penitenziale: quel lungo cammino, che partendo dal Battesimo, si apre via via e si allarga ai successivi apporti vitali della grazia del Signo!e, e specialmente a quelli privilegiati dei sacramenti. 77. La presa di coscienza, nei singoli e nelle comunità, di un atteggiamento cosi fondamentale per il cristiano, deve non solo essere alla base di ogni iniziativa pastorale ordinata alla celebrazione della Penitenza, ma caratterizzare anche ogni forma o esperienza catecumenale volta a preparare i nuovi incontri con Dio. Apparirà cosi in prospettiva nuova e salutarmente arricchita la preparazione dei fanciulli alla Messa di prima Comunione, dei ragazzi alla Confermazione, dei fidanzati al Matrimonio, dei chiamati ai ministeri, alla vita consacrata, al sacerdozio ministeriale. 78. I segni che esprimono la penitenza L'atteggiamento di conversione, connaturale con la stessa professione cristiana, si manifesta e si esprime in vari segni e modi, sia inerenti alla vita stessa dei singoli, delle famiglie, della comunità, sia più specificamente propri della liturgia e delle sue celebrazioni. Sono segni di conversione inerenti alla vita: l'assiduità della preghiera, l'esercizio della carità, il servizio dei fratelli, la sofferenza offerta a Dio, il perdono delle offese, l'impegno a essere personalmente giusti a collaborare per togliere dal mondo l'ingiustizia e promuovere la concordia e la pace. Segni di conversione, propri dell'espressione liturgica, sono, oltre al Battesimo: i tempi e i giorni penitenziali, gli elementi penitenziali della Messa, le varie celebrazioni penitenziali, e soprattutto il sacramento della Penitenza, che costituisce in forma privilegiata la ricorrente ripresa dell'incessante itinerario di conversione. 79. Proprio per questo, il sacramento della Penitenza deve essere oggetto di una concreta e specifica azione pastorale, che ne metta in luce l'importanza unica nella vita di chi si è posto alla sequela di Cristo. La stessa predicazione tradizionale, che fu in passato cosi feconda di frutti spirituali e della quale si sono resi benemeriti tanti sacerdoti e religiosi, potrebbe riprendere vitalità ed efficacia, adeguandosi opportunamente a questa tematica di fondo. 80. Necessità della catechesi La pastorale concreta e specifica della penitenza dovrà partire dalla catechesi. Una catechesi, però, non concettuale e astratta, ma immediata e vissuta. D'ordinario essa prenderà l'avvio dalla stessa celebrazione liturgica, per sottolinearne, nei riti e nei testi, i principi di fondo e l'espressione concreta nel linguaggio orante e simbolico della liturgia. Ma poiché non si può intendere a dovere la penitenza, se non si coglie nella parola di Dio, e nell'incessante richiamo della Chiesa il senso vero della conversione, primo compito della catechesi deve essere l'accostamento alla Bibbia come fonte e contenuto di evangelizzazione. Il riferimento poi alla vita della Chiesa, che annunzia e adempie la parola di Dio e alla vita del cristiano che deve incarnarla e testimoniarla, renderà la catechesi stessa educazione alla mentalità di fede e avvio ad una reale conversione. 81. Il Battesimo La conversione si effettua radicalmente nel Battesimo. La celebrazione quindi di questo sacramento, se preparata con cura e svolta con sensibilità pastorale, può essere un'occasione preziosa per rammentare che l'itinerario penitenziale comincia proprio di lì, dalla matànoia fondamentale del Battesimo, tanto bene espressa tra l'altro, nello stesso accostamento rituale tra rinunzia a Satana e professione di fede. 82. Non sarà però sufficiente l'accurata celebrazione comunitaria del sacramento. Trattandosi per lo più del Battesimo dei bambini, si renderà necessaria una preparazione catechetica dei genitori e dei familiari del battezzando, in modo da risvegliare e purificare in essi il dono della fede, e renderli coscienti e attivi nell'itinerario penitenziale già per essi incominciato e in buona parte percorso. E nemmeno basterà la catechesi battesimale rivolta ai singoli; l'intera comunità come tale dovrà essere sensibilizzata, almeno in alcuni periodi dell'anno, all'importanza primaria del Battesimo e degli impegni che ne derivano. Ne può essere ottima occasione la stessa celebrazione della Confermazione che, perfezionando le realtà battesimali, riprende anche e sottolinea il tema della conversione e lo arricchisce di un aspetto nuovo, quello della testimonianza. 83. La penitenza quaresimale Fondamentale, agli effetti della catechesi liturgica della penitenza con riferimento al Battesimo, è la celebrazione della Quaresima, il tempo « forte » per eccellenza della conversione e del ritorno a Dio. Dal rito delle ceneri con cui la Quaresima si apre, alle letture e alle formule sacerdotali, che con variata insistenza ne svolgono la tematica costante, è tutta una ricchezza da riscoprire e da valorizzare, soprattutto nelle due ferie settimanali - il mercoledì e il venerdì - tradizionalmente più ricche di elementi penitenziali; tanto più, poi, che questa tematica stessa si risolve nella miglior preparazione alla celebrazione della Pasqua. Emergono infatti nella liturgia quaresimale continui richiami al senso cristiano del peccato, all'umile preghiera con cui se ne domanda il perdono, alla carità operosa con cui si esprime la volontà di conversione. E tutto questo, in un contesto comunitario-ecclesiale, che accentua la portata di tutta l'ascesi quaresimale, e ne accresce non poco l'efficacia. 84. - Valorizzando in tal modo la liturgia quaresimale, la comunità cristiana sarà progressivamente condotta a portare a termine un completo e tipico itinerario penitenziale, che passando attraverso varie celebrazioni, sia della penitenza in genere che del sacramento in specie, sfocerà nella memoria celebrativa del Battesimo, e nella celebrazione piena del mistero pasquale. 85. L'Avvento Anche l'Avvento, sebbene non abbia, almeno nella nostra tradizione liturgica, uno spiccato carattere penitenziale, esige però, nel suo clima di fervida attesa della venuta del Signore, quello spirito di vigilanza e di preghiera, che sempre è sotteso alla genuina penitenza cristiana. Vivere liturgicamente l'Avvento equivale a sforzarsi di vincere le tenebre del peccato, per andare con le lampade accese incontro al Cristo che viene. 86. - La sensibilità ancora viva, nel popolo cristiano, per il mistero del Natale, e, d'altra parte, il pericolo che la civiltà secolarizzata riduca tale solennità a una festa consumistica, impone una attenta pastorale educativa, che faccia dell' Avvento un periodo di più generosa risposta al dono di Dio in una disinteressata dedizione ai propri fratelli. 87. La penitenza del venerdì Altra realtà preziosa da rivalutare nella catechesi e nella pratica cristiana è quella del venerdì, settimanale ricorso del giorno in cui Cristo sparse tutto il suo sangue per la remissione dei peccati. La Cost. Apost. « Poenitemini » ( Paolo VI, 17 febbraio 1966, III ), se ha alleggerito gli obblighi legali del venerdì, non ha inteso però indebolirne lo spirito: l'ha anzi avvalorato, inculcando forme di penitenza individuali e comunitarie, che meglio si adattino alle esigenze dei tempi. Ha inoltre affermato che « là dove è maggiore il benessere economico, si dovrà piuttosto dare una testimonianza di ascesi, affinché i figli della Chiesa non siano coinvolti dallo spirito del mondo » e diano « nello stesso tempo una testimonianza di carità verso i fratelli che soffrono nella povertà e nella fame, oltre ogni barriera di nazioni e di continenti ». 88. Non si lascino quindi cadere, dove la tradizione li ha felicemente conservati, i provvidenziali richiami a questa grande realtà salvifica; né si dimentichi infine la mortificazione cristiana: essa potrebbe esprimersi oggi anche in forme spontanee e familiari di penitenza, a tutto vantaggio di un cristianesimo davvero compreso e vissuto. Si cerchi di imprimere vitalità nuova a pii esercizi, come quello della « Via crucis », tanto efficaci per la compunzione del cuore; si insista sulla pratica della carità in tutte le sue forme, come espressione fattiva della vera penitenza, quale si ha, per esempio, non solo nel perdono vicendevole e nel superamento del proprio egoismo, ma anche nella fiduciosa accettazione dell'obbedienza e del servizio agli altri. Tra tutti i venerdì rilievo particolare dovrà avere il Venerdì Santo, che è il giorno per eccellenza del sacrificio: il sacrificio redentore di Cristo e il nostro unito al suo. 89. Gli elementi penitenziali della Messa Con questo lavoro catechetico-pastorale a largo raggio, sarà più facile puntualizzare il senso e la portata degli elementi penitenziali molto frequenti nella liturgia della Messa. Tra questi elementi, particolarmente significativo è l'atto penitenziale all'inizio della celebrazione, perché rammenta e rinnova l'atteggiamento di conversione con cui i singoli e la comunità devono disporsi alla celebrazione dei santi misteri. Una pastorale illuminata cercherà di dar vita all'atto penitenziale, sia variandone opportunamente il formulario, come il Messale stesso suggerisce e consiglia, sia sostituendolo almeno qualche volta, in domenica, con il rito dell'aspersione dell'acqua benedetta, a ricordo della penitenza iniziata nel Battesimo. 90. Le celebrazioni penitenziali Importanza di prim'ordine, non solo sul piano celebrativo, ma anche su quello catechetico-pastorale, rivestono le celebrazioni penitenziali, che il nuovo rito presenta ripetutamente come « utilissime per la conversione e la purificazione del cuore » ( n. 37 ), pur precisando di evitare che « vengano confuse, nell'opinione dei fedeli, con la celebrazione stessa del sacramento della Penitenza ». 91. Le celebrazioni penitenziali sono da favorirsi in modo particolare nei tempi « forti », perché ravvivano nella comunità cristiana lo spirito di penitenza, e hanno un'efficacia pedagogica non lieve. Specialmente nei fanciulli formano una coscienza cristiana del peccato e li rendono consapevoli della vera liberazione, quella appunto dal peccato, operata da Cristo Signore; nei giovani poi sviluppano il senso della conversione, ne richiamano l'impegno e fanno vedere in essa il cammino verso la: perfetta libertà dei figli di Dio. 92. La catechesi del rito sacramentale La catechesi più efficace è però quella che, partendo dai riti e dalle preghiere del sacramento, ne illustra metodicamente il senso, l'efficacia e le esigenze nella vita cristiana. Solo questa catechesi più direttamente sacramentale, prepari essa il rito o lo accompagni con opportune didascalie o vi si riporti a celebrazione ormai conclusa, può unire la forza dei principi dottrinali all'incisività della celebrazione in atto. Nell'ambito stesso di questa catechesi più intimamente legata al sacramento, importanza particolare ha la proclamazione della parola di Dio, che nella celebrazione comunitaria sarà opportunamente integrata dall'omelia sacerdotale. È il momento più indicato per rinnovare quell'adesione di fede e quella risposta d'amore, che è necessariamente richiesta per l'efficacia del sacramento. 93. Il tempo, il luogo e il modo della celebrazione del sacramento Rientra infine nella pedagogia catechetico-pastorale del sacramento la normativa stessa sul tempo, il luogo e il modo della sua celebrazione. Un orario opportunamente prefissato, in base alle possibilità concrete dei fedeli; un orario nel quale i fedeli troveranno certamente il sacerdote disponibile per il ministero della riconciliazione, non solo faciliterà l'accesso al sacramento, ma concorrerà a farne apprezzare l'importanza insostituibile nella vita spirituale; sarà, tra l'altro, un modo indiretto, ma efficace, di inculcare nei fedeli l'abitudine di accostarsi alla Penitenza fuori della celebrazione della Messa, come anche il rito torna espressamente a raccomandare. Sempre riguardo al tempo, il periodo liturgico più adatto per la celebrazione del sacramento è la Quaresima, soprattutto se il sacramento stesso viene inserito in opportune celebrazioni penitenziali, che richiamino l'impegno di conversione e orientino al rinnovamento pasquale. 94. Il luogo della celebrazione, in qualunque modo essa si svolga, deve di norma venir predisposto in maniera da affermare e favorire il collegamento con l'ambiente in cui si riunisce l'assemblea liturgica, e apparire come sede di una vera celebrazione sacramentale: sia quindi dignitoso, funzionale e anche adatto, per quanto possibile, allo svolgimento dei riti, così come sono previsti dal nuovo Ordo. Quanto al modo della celebrazione, s'impone la verità e la dignità dei segni: tutto, dall'abito liturgico del confessore all'atteggiamento in genere di sacerdoti e fedeli, deve essere rispettoso della azione sacramentale. 95. Le tre forme in cui si esprime il rito Le forme rinnovate in cui si esprime il rito, hanno importanza grande per la catechesi e la pastorale della Penitenza: tanto che solo il loro armonico dosaggio, sempre però nel quadro delle norme rituali, potrà far cogliere tutta la ricchezza di questo sacramento, che viene cosi a soddisfare sia la giusta esigenza dell'incontro personale tra sacerdote e penitente, sia l'istanza sempre più avvertita della dimensione comunitaria. Va subito avvertito che specialmente le prime due forme non sono alternative, ma complementari e sarebbe grave errore pedagogico e spirituale preferirne una con esclusione dell'altra. 96. La prima forma, quella della confessione individuale e completa, rimane - come dice il rito - « l'unico modo ordinario, grazie al quale i fedeli si riconciliano con Dio e con la Chiesa ». Tutto però vi deve essere curato: l'uso intelligente e variato dei testi, la preparazione orante che predispone al rito, il rendimento di grazie che lo conclude. In particolare, vi dovrà aver risalto la lettura della parola di Dio, anche se fatta, eventualmente, nella preparazione personale al sacramento. « È infatti la parola di Dio - dice il rito - che illumina il fedele a conoscere i suoi peccati, lo chiama alla conversione, e gl'infonde fiducia nella divina misericordia » ( n. 17 ). Sarebbe deleterio, se ricorrendo a facili pretesti di ordine pratico, si sorvolasse con leggerezza su questo particolare del rito provvidenzialmente innovativo. 97. La seconda forma risulta particolarmente adatta per la affermazione del senso comunitario-ecclesiale, non disgiunto dall'insostituibile efficacia dell'incontro personale con il ministro della riconciliazione. Sarà bene ricorrere a questa forma con accentuata frequenza, specialmente quando si riuniscono più penitenti insieme. Si esige però che sia disponibile un certo numero di confessori; bisognerà quindi che se ne sappia predisporre in tempo la presenza, meglio ancora se d'intesa con gli altri operatori di una medesima zona pastorale. La proclamazione della parola di Dio, l'omelia sacerdotale che la commenta, il silenzio meditativo che la segue, gli eventuali suggerimenti per l'esame di coscienza fatto insieme, il canto e la preghiera litanica, la recita comunitaria del Padre nostro, sono tutti elementi che suggeriscono motivazioni penitenziali di fondo, muovono il cuore a una vera contrizione dei peccati e contribuiscono efficacemente a formare e a ravvivare di continuo nei fedeli il vero spirito di penitenza. 98. Nella terza forma, prevista per casi esplicitamente determinati, la bontà materna della Chiesa offre la grazia del sacramento a tutti i suoi figli sinceramente pentiti, anche se impossibilitati a compiere in quel momento, con devozione e con calma, la loro confessione individuale. Si tratta però di una forma di eccezione limitata alle precise condizioni previste dall'Ordo e globalmente intese. Tali condizioni sono: 1) un gran numero di penitenti; 2) l'insufficienza di confessori per ascoltare come si conviene le confessioni dei singoli; 3) il conseguente disagio morale dei penitenti, costretti, senza loro colpa, a rimanere a lungo privi della grazia sacramentale o della santa comunione. 99. Il ricorso a questa forma di eccezione richiede sempre che i fedeli siano ben disposti: che, cioè, ognuno si penta dei suoi peccati, proponga di evitarli, intenda riparare eventuali scandali o danni, e s'impegni a confessare a tempo debito, in ogni caso entro l'anno, i singoli peccati gravi di cui al momento non può fare l'accusa. Solo infatti in questo incontro personale con il sacerdote - incontro che rientra, anche se posposto, nella dinamica unitaria dell'atto sacramentale - il penitente potrà rendersi pienamente conto della via che deve seguire per tornare definitivamente a Dio. 100. L'eventuale ricorso alla terza forma, suppone comunque tutto uno sforzo a monte, per entrare davvero nello spirito con cui l'Ordo vorrebbe che si celebrassero le due forme precedenti. Sarà proprio questa mentalità nuova e questo saggio adeguamento pastorale che aiuterà a cogliere la dimensione vera della terza forma e predisporrà eventualmente ad attuarla in quei casi e in quei modi che spetta alla Conferenza Episcopale Italiana discernere e stabilire. 101. I celebranti del sacramento Come tutti i sacramenti, anche quello della Penitenza, oltre a comunicare la grazia, è un atto di culto. Lo celebra tutta la comunità che vi partecipa, ma lo celebrano specialmente, sebbene con ruolo diverso, il sacerdote e il penitente. Il sacerdote, conscio di essere, nel sacramento, strumento e segno della misericordiosa paternità di Dio e della comprensione materna della Chiesa, deve esprimere questa consapevolezza mostrandosi facilmente disponibile all'esercizio di un così santo ministero. Vi si disponga perciò con la preghiera, accolga con fraterna bontà il penitente, e sappia umilmente collegare e riferire alla parola del Signore il suo giudizio e i suoi consigli. Il penitente, aprendo il suo cuore all'azione dello Spirito Santo, confronti la sua vita con l'esempio e le parole di Cristo, si penta sinceramente dei suoi peccati, e ne faccia un'accusa umile e fiduciosa al ministro di Dio. 102. I fanciulli Particolare attenzione si deve porre alle confessioni di alcune categorie di persone. E anzitutto alle confessioni dei fanciulli. È molto opportuno cominciare per essi con delle celebrazioni penitenziali particolarmente adatte, che presentino loro, con viva immediatezza, da una parte la bontà misericordiosa di Dio Padre, l'amore di Gesù crocifisso, l'intimità dello Spirito Santo, e dall' altra anche l'indelicatezza delle mancanze e dei piccoli peccati quotidiani, che sono quasi il rifiuto di un « sì » generoso alla voce del Signore. Molto curata poi deve essere la prima Confessione, anche per il riflesso psicologico che può avere su tutta la vita religiosa del fanciullo. Tale Confessione, che deve sempre precedere la prima Comunione, anche se debitamente da essa distanziata, verrà opportunamente inserita in una celebrazione penitenziale, nella quale tutto deve essere preparato con cura, perché i fanciulli la sentano propria e possano parteciparvi con gioioso impegno, senza ansietà e indebiti timori. 103. Gli adolescenti Nell'età critica dell'adolescenza, in cui si profilano le prime e ancora acerbe manifestazioni della personalità e incominciano a definirsi orientamenti e scelte di vita, è di massima importanza che l'adolescente sperimenti, nel sacramento della Penitenza, l'incontro con la bontà del Padre e il sostegno della persona e della grazia di Cristo. Efficacissimo in quella età è il richiamo a una forma di serena introspezione, che pur mettendo a nudo manchevolezze e colpe, non provochi scoraggiamenti o depressioni, ma ravvivi piuttosto la fiducia in Colui che dalla debolezza stessa sa trarre la spinta per un rinnovato impegno di ripresa. Ed è d'ordinario proprio la Confessione frequente, che ponendo l'adolescente in stato di ascolto della parola di Dio e rinvigorendolo nell'intimo col dono della grazia, lo aiuta a scoprire e a seguire la sua vocazione. 104. I giovani Il rilievo di situazione ha mostrato una crisi della Confessione assai diffusa e preoccupante tra i giovani, anche fra quellì che rimangono vicini alla vita e ai problemi della Chiesa, e aderiscono ai suoi movimenti e alle sue associazioni. Si rende perciò necessaria un' attenta pastorale giovanile, che ridesti nei giovani il senso Crlstiano del peccato e la gioiosa certezza del perdono di Dio. 105. La pastorale giovanile della penitenza dovrà sapientemente porre in risalto quei valori ai quali le nuove generazioni sono particolarmente sensibili: l'aspetto ecclesiale e comunitario, l'autenticità e la concretezza, l'apertura ai problemi della giustizia e della solidarietà. Al tempo stesso dovrà però essere affermato il primato di Dio e del rapporto personale con lui, in modo che la dimensione teologica o verticale della colpa abbia sempre il debito risalto. A tal fine dovranno essere promosse, nei gruppi giovanili, celebrazioni penitenziali, sempre però come invito alla conversione, che trova il suo compimento nel sacramento della Riconciliazione. Inoltre sarà bene inculcare una regolata frequenza nell'accedere al sacramento, aiuto impareggiabile di grazia per la formazione della coscienza, per il superamento delle tentazioni e per la crescita della vita spirituale. 106. I fidanzati e gli sposi La Confessione dei fidanzati richiede da parte loro un ribadito, fiducioso impegno di purificazione e di affinamento spirituale, ed esige da parte del sacerdote confessore delicata attenzione e comprensione premurosa. Il fidanzamento, infatti, è tempo di crescita affettiva, di attesa gioiosa della piena comunione di vita; ma è sottoposto alle insidie di una natura ferita e di un ambiente largamente permissivo. Il sacramento della Penitenza è, perciò, in quell'inquieto periodo della vita, aiuto prezioso contro ogni possibile debolezza e fragilità, mezzo precipuo di formazione della coscienza e di preparazione al Matrimonio cristiano. 107. Né di minore importanza appare il sacramento della Penitenza, frequentemente e umilmente celebrato nella vita degli sposi. Non si possono infatti « nascondere le difficoltà talvolta gravi, inerenti alla vita dei coniugi cristiani: per essi come per ognuno è stretta la porta e angusta la via che conduce alla vita ». Non va, perciò, dimenticata l'esortazione della Lettera Enciclica Humanae vitae ( Paolo VI, 25 luglio 1968 ), rivolta agli sposi chiamati a seguire e a osservare la castità coniugale: « implorino con perseverante preghiera l'aiuto divino; attingano soprattutto nella Eucaristia alla sorgente della grazia e della carità. E se il peccato facesse ancora presa su di loro, non si scoraggino, ma ricorrano con umile perseveranza alla misericordia di Dio, che viene elargita con abbondanza nel sacramento della Penitenza » ( n. 25 ). 108. I malati e gli anziani Anche per i malati e gli anziani, che non possono recarsi alla chiesa e partecipare con gli altri alle celebrazioni della Penitenza, sarà di sostegno e di conforto grande la possibilità di ricevere con una certa frequenza e con relativa tranquillità la grazia del sacramento: sentiranno meno il peso del male e della solitudine, e con più generosità sapranno unire le loro sofferenze e le loro pene alla passione redentrice di Cristo. 109. I ministri di Dio e le anime consacrate Vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e anime comunque consacrate al servizio di Dio e dei fratelli, data la loro professione di più intima adesione a Cristo Signore, e di particolare impegno a seguirlo mediante i consigli evangelici, sono non solo tenuti a una vita di più accentuata rinunzia e penitenza, ma anche esortati a ravvivarne di continuo lo spirito nella pratica frequente del sacramento. Corrisponderanno poi pienamente ai desideri della Chiesa se collaboreranno in tutti i modi, secondo i compiti e gl'indirizzi della loro missione e del loro apostolato, alla catechesi della Penitenza, anche con una testimonianza personale della incisività del sacramento nella vita cristiana. 110. La confessione « pasquale » Poiché rimane per tutti obbligatorio il ricorso almeno annuale al sacramento della Penitenza, che viene a coincidere abitualmente con la comunione pasquale, ne deve essere particolarmente curata la celebrazione; se preparata con impegno, scaglionata nel tempo ed eventualmente distinta per categorie o gruppi di fedeli, la Confessione annuale potrà svolgersi con dignità e con calma, e produrre frutti di vero rinnovamento spirituale. Le celebrazioni comunitarie della Penitenza, fissate in qualche feria quaresimale o in prossimità del Triduo pasquale, sembrano la forma pastoralmente più valida per meglio distribuire nel tempo e più adeguatamente celebrare con frutto le Confessioni annuali. 111. In occasione delle grandi feste Molto opportuna anche la celebrazione della Penitenza in occasione delle grandi feste sia della Chiesa universale che di quella locale; si predispone così una partecipazione più intensa e più viva alle varie celebrazioni e si educano i fedeli a convertirsi al vero senso della festa cristiana, vivendo il dono della grazia di Dio nel culto, nell'incontro fraterno, nella carità operosa e nella serena distensione. 112. Questo richiamo sarà più efficace ancora se le celebrazioni penitenziali in occasione delle grandi feste verranno presiedute, specie nella chiesa Cattedrale, dal Vescovo, che si presenterà ai fedeli non solo come ministro del sacramento, ma come penitente lui pure, col suo gregge penitente. 113. Nei santuari e in alcune chiese Il periodico afflusso dei fedeli a santuari piccoli e grandi, e la maggior disponibilità che i fedeli stessi vi dimostrano ai richiami della grazia, offre alla pastorale della Penitenza un'occasione preziosa per favorire il ricorso al sacramento, meglio ancora se inserito in una opportuna celebrazione penitenziale. È auspicabile che almeno nelle città più ricche di luoghi sacri e più dotate di clero, venga designata una chiesa in cui i fedeli trovino abitualmente comodità di celebrazioni e di sacerdoti, per accostarsi con devozione e con calma al sacramento della Riconciliazione. 114. Confessione frequente e direzione spirituale Utilissimo sarà poi il ricorso frequente al sacramento della Penitenza, perché si risolverà in un costante e rinnovato impegno a vivere e crescere nella grazia del Battesimo, e in uno stimolo a rendersi sempre più docili alla voce dello Spirito. La grazia sacramentale della Penitenza « allargherà così - come dice il rito - la sua azione a tutta la vita dei fedeli, e li spingerà ad essere sempre più generosi nel servizio di Dio e dei fratelli » ( n. 7 ), e a praticare con spirito di penitenza la correzione fraterna e la revisione di vita. 115. Tutto questo sarà tanto più facile e vero, quanto più si comprenderà l'importanza di avere un confessore stabile e fisso, a cui ricorrere abitualmente nella pratica del sacramento. Solo la continuità dell'incontro fra sacerdote e penitente potrà assicurare una diagnosi globale e accurata e suggerire la terapia spirituale adatta ai singoli casi, nella visione d'insieme dell'orientamento personale del fedele. Il confessore, divenendo in tal modo maestro di spirito, saprà indicare ai singoli la via da seguire per rispondere generosamente all'appello del Signore. 116. Preparazione al ministero della Riconciliazione Insieme con i Vescovi, i sacerdoti e i religiosi, ministri della Riconciliazione, sono vivamente invitati a rivedere con autentico spirito di fede la grandezza e l'importanza di questo loro specifico e irrinunciabile ministero. Pertanto, mentre essi stessi si faranno frequentemente e gioiosamente penitenti, accedendo al sacramento della Riconciliazione, cercheranno ogni mezzo per rendersi idonei strumenti dell'azione sacramentale. Lo studio attento della dottrina morale e spirituale della Chiesa non disgiunto da un'adeguata attenzione ai risultati delle scienze antropologiche moderne e del contesto culturale odierno costituirà un'impegno personale e comunitario di primaria urgenza. Sarà cura perciò delle Chiese particolari e dei presbiteri diocesani promuovere frequenti incontri sacerdotali non solo per l'aggiornamento liturgico-pastorale, ma anche per una permanente formazione all'esercizio di un cosi grande ministero. 117. Tutta la comunità cristiana è però chiamata a ritornare con gioia e con impegnata frequenza a questa fonte sacramentale della crescita dell'uomo nuovo in Cristo Risorto. Il sacramento della Riconciliazione è infatti il dono pasquale dello Spirito Santo, alitato dal Signore sugli Apostoli per la remissione dei peccati. Lui stesso, anzi, lo Spirito Santo, è - come lo chiama la liturgia - « remissione di tutti i peccati ». Non c'è che da lasciarsi guidare da lui, perché purifichi e illumini i nostri cuori, e ci renda degni di annunziare le grandi opere del Signore, che dalle tenebre ci ha chiamati alla sua ammirabile luce ( cfr. 1 Pt 2,9 ). Parte II - Evangelizzazione e sacramento dell'Unzione degli infermi I. Rilievo di situazione 118. La speranza cristiana nel contesto della secolarizzazione Il fenomeno della secolarizzazione, nel quale vive il cristiano di oggi, non mette soltanto in crisi la sua fede, ma forse in modo ancora più profondo, scalfisce la sua speranza teologale, per la vita presente e futura. Non sfuggono infatti alla crisi provocata dal secolarismo le realtà più grandi e drammatiche della vita dell'uomo, quali la sofferenza, la malattia e la morte. Anzi, proprio a riguardo di queste realtà si sta operando un cambiamento di mentalità e di sensibilità, che finisce per intaccare il significato cristiano della esistenza umana. 119. Un primo sintomo rivelatore di questo cambiamento è lo sforzo che si compie per nascondere sia all'ammalato come alle persone che gli sono vicine qualsiasi segno della gravità del male e soprattutto della morte. Anche nei paesi piccoli e a maggiore dimensione umana, scomparendo i segni della società sacrale, viene attenuata - almeno esternamente - la drammaticità di tali eventi. Né questi diventano, se non raramente, occasione di seria e profonda riflessione sui motivi di fondo dell'esistenza umana e del suo ultimo destino. 120. Nella stessa crisi di valori sono implicate le convinzioni dei familiari, del personale sanitario e ospedaliero che, non comprendendo l'aspetto religioso e quindi l'arricchimento spirituale della malattia e della morte, tengono lontano il più possibile quei segni e aiuti della fede, ai quali il credente ammalato avrebbe diritto. Per questa mancanza l'infermo non ha sovente una diretta evangelizzazione ed è privato del diritto di conoscere, in modo a lui proporzionato, la verità che lo riguarda. 121. Il sacramento dell'Unzione degli infermi viene a trovarsi in questo nuovo contesto socio-culturale. In una società a regime rurale era richiesto quasi da tutti e veniva celebrato con devozione e rispetto. Certe forme esteriori che lo caratterizzavano erano un invito ad una solidarietà cristiana con chi stava affrontando il momento più decisivo della propria vita. Al tempo stesso il clima religioso e drammatico che si creava, imponeva una salutare riflessione sulla vita futura e sulla necessità di prepararvisi seriamente. 122. Oggi, in una società industrializzata e secolarizzata, molte cose sono cambiate sia sul piano del costume che della mentalità. Nelle città il sacramento degli infermi viene ancora quasi sempre richiesto, ma è normalmente amministrato, negli ospedali, nelle cliniche o nelle case private, solo negli ultimi istanti di vita. Il tutto è ristretto ai pochi familiari presenti: favorendo così una concezione privatistica dell'evento sacramentale e accentuando nei confronti della comunità la solitudine e l'anonimato della morte. In questa prospettiva è significativo notare come il sacramento degli infermi abbia finito per diventare quel sacramento dei « moribondi », che si dà quando non c'è più niente da fare. 123. D'altra parte il sollievo corporale o addirittura la guarigione, che si domanda al Signore nell'Unzione degli infermi, è considerata dai più come effetto possibile della scienza medica. L'invocare Dio come « terapeuta », come Colui che può compiere cose che non sono in potere dell'ingegno umano, sembra sconveniente e superstizioso ad un uomo che tende ormai a considerarsi unico arbitro del proprio destino. 124. Tuttavia la continua quotidiana esperienza dei limiti del potere umano, per l'individuo come per la società, rivela a molti il carattere effimero delle speranze terrestri e li induce a nuovi ripensamenti e aperture di fronte al messaggio cristiano. 125. Urgenza dell'evangelizzazione C'è pertanto tutta un'evangelizzazione sul significato della vita, della malattia, della sofferenza e della morte, che va ripensata ed espressa in fedeltà ai dati della rivelazione e alla viva tradizione della Chiesa. Si impone soprattutto che l'annunzio cristiano venga proclamato in tutta la sua pienezza e globalità e non sia mutilato in ciò che esso afferma a riguardo della destinazione ultima della vita umana, che dal Battesimo fino alla Unzione degli infermi, è tutta inserita e dinamicamente ritmata nel mistero pasquale di Cristo sofferente, morto e risuscitato. 126. Il nuovo rito del sacramento degli infermi si presenta innanzi tutto come un forte impegno di evangelizzazione per la comunità cristiana e gli ammalati. La forma di evangelizzazione, però, che comunemente si riesce ancor oggi a svolgere per gli ammalati, è compiuta dal sacerdote nelle visite che egli fa ad essi e ai familiari. Laddove tuttavia il senso di fede è carente e a volte anche assente, il sacerdote è impossibilitato dall'andare al di là di un rapporto puramente umano. Più che di un'evangelizzazione vera e propria sul senso della malattia e della morte, si tratta pertanto, in quei casi, di un'opera di pre-evangelizzazione, che non trova poi seguito e sostegno nell'impegno pastorale delle nostre comunità. 127. Ancora bisognoso di approfondimento, nella mentalità e nella prassi, appare il significato specifico del sacramento degli infermi e il simbolismo proprio del gesto dell'unzione; né si riesce a vedere e a trasmettere la ricchezza di messaggio e di senso nuovo che da esso si sprigiona. 128. Solo una costante evangelizzazione sul destino ultimo dell'uomo, quanto mai urgente nella situazione culturale e religiosa moderna, può rendere comprensibile il sacramento dell'Unzione degli infermi nel suo valore di segno e negli effetti che esso produce. Per dare senso alla vita dell'uomo di oggi nelle sue immutate vicende di malattia, di dolore e di morte è necessario il pieno annunzio di Cristo morto e risorto per la nostra salvezza. La priorità dell'evangelizzazione riemerge perciò come punto di partenza e di sostegno per un rinnovamento della pastorale degli infermi. II. Indicazioni dottrinali 129. Nel mondo attuale « diventano sempre più numerosi quelli che si pongono o sentono con nuova acutezza gli interrogativi capitali: cos'è l'uomo? Qual è il significato del dolore, del male, della morte che malgrado ogni progresso continuano a sussistere? … Cosa ci sarà dopo questa vita? » ( Gaudium et spes, 10 ). Il problema è aggravato dalle avversità che, nonostante le conquiste dell'uomo, di continuo funestano la vita del mondo: guerre, fame, disgrazie sul lavoro, incidenti di viaggio, calamità naturali. Di qui l'insicurezza e l'angoscia che permane anche fra gli uomini di oggi. 130. Significato cristiano della malattia Anche la malattia, modalità dell'esistenza, che purtroppo ogni uomo presto o tardi è chiamato a vivere, è una prova drammatica che determina una lacerazione, una divisione di sé con se stesso e una separazione dagli altri. Sembra che il nostro corpo si rifiuti di ubbidirci; si ha l'impressione di essere come tagliati fuori dal mondo e si fa l'esperienza della nostra precarietà e finitezza. 131. Di questo problema « anche i cristiani conoscono la portata e avvertono la complessità, ma illuminati e sorretti dalla fede, hanno modo di penetrare più a fondo il mistero del dolore e sopportarlo con più virile fortezza » ( Sacramento dell'Unzione e cura pastorale degli infermi, n. 1 ). 132. Secondo la fede cristiana la malattia ha la sua origine, oltre che nella finitezza della creatura umana, nella corruzione introdotta nel mondo dal peccato. 133. Gesù, che è venuto a togliere il peccato del mondo, ha perdò avuto un'attenzione tutta particolare per i malati e ha manifestato verso di loro la sua infinita misericordia, liberando dalle infermità quanti ricorrevano a lui con fede e gli venivano portati con fiducia. La guarigione miracolosa dai mali fisici è nel Vangelo segno e preludio della liberazione dal peccato ( cfr. Mt 9,2). Soltanto « per Cristo e in Cristo riceve luce quell'enigma del dolore e della morte, che al di fuori del suo Vangelo ci opprime. Cristo è risorto distruggendo la morte con la sua morte, e ci ha donato la vita » ( Gaudium et spes, 22 ). Prendendo sopra di sé le nostre inferniità, e scegliendo un'esistenza che fu croce e martirio, egli ci ha svelato il valore del dolore e della morte « facendo diventare la sofferenza fonte positiva di bene » ( Paolo VI ). 134. Anche vista nella luce cristiana, la sofferenza resta, per se stessa, un male da evitare, da curare con diligenza e da alleviare. « La Chiesa, pertanto, incoraggia e benedice ogni ricerca e ogni iniziativa intrapresa per vincere le infermità, perché vede in questo una collaborazione degli uomini all'azione divina di lotta e di vittoria sul male » (Sacramento dell'Unzione e cura pastorale degli infermi, n. 3 ). 135. La sofferenza, tuttavia, se vissuta con fede in unione con Cristo, conforma a lui e trasforma in sacrifici spirituali graditi a Dio per Gesù Cristo tutti i disagi che essa porta con sé ( cfr. Lumen gentium 34 ). Mettendo il malato in condizione di dar compimento nella sua carne a ciò che manca, sulla linea dell'applicazione, alle sofferenze di Cristo per il suo corpo che è la Chiesa ( cfr. Col 1,24 ), lo arricchisce di meriti che contribuiscono alla glorificazione di Dio e alla salvezza degli uomini, addirittura alla salvezza del mondo intero ( cfr. Apostolicam actuositatem 16 ). Appare in tal modo il valore cristologico e soteriologico della sofferenza che si inserisce come elemento fondamentale nella missione apostolica della Chiesa. 136. Il sacramento degli infermi « Come Cristo percorreva tutte le città e i villaggi, sanando ogni malattia ed infermità a dimostrazione dell'avvento del Regno di Dio, cosi anche la Chiesa attraverso i suoi figli si unisce agli uomini di qualsiasi condizione, ma soprattutto ai poveri e ai sofferenti e si prodiga volentieri per loro. Essa infatti condivide le loro gioie e i loro dolori, conosce le aspirazioni e i misteri della vita, soffre con essi nell'angoscia della morte » ( Ad Gentes 12 ). Per questo « la Chiesa circonda di affettuosa cura quanti sono afflitti dalla umana debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l'immagine del suo fondatore povero e sofferente e si premura di sollevare l'indigenza » ( Lumen gentium, 8 ). Inoltre li invita a unirsi spontaneamente, per la gloria del Padre e per il bene del popolo di Dio, alla passione e alla morte di Cristo; li esorta a stimare che « le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi » ( Rm 8,18 ); e mentre stimola i fedeli ad opere di misericordia nei loro confronti, essa stessa li sostiene nella prova con la cura pastorale, con la preghiera liturgica e con la celebrazione dei sacramenti. 137. La Chiesa, sacramento universale di salvezza, in virtù del mistero della morte e resurrezione del suo fondatore, offre ai credenti, quando il loro stato di salute risulta seriamente compromesso per malattia o vecchiaia, un segno particolare del suo amore misericordioso, un dono speciale di grazia: è il sacramento dell'Unzione degli infermi. Esso si riallaccia, completandolo, al sacramento della Penitenza. L'infermità del corpo e l'infermità dell'anima sono infatti nell'unità dell'uomo in vario modo congiunte. 138. Istituito da Cristo, « medico del corpo e dello spirito » ( Sacrosanctum Concilium, 5 ), è stato annunciato da S. Giacomo con le seguenti espressioni: « Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con l'olio, nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e se ha commesso peccati, gli saranno perdonati » ( Gc 5,14-15 ). 139. Fino dai tempi antichi si hanno testimonianze di questo sacramento nella Tradizione della Chiesa, specialmente in quella liturgica, tanto in Oriente come in Occidente. Nella Chiesa di rito latino il sacramento si amministra con l'unzione dell'infermo sulla fronte e sulle mani, con olio di oliva o anche di altre piante, appositamente benedetto. L'unzione è accompagnata dalla formula seguente: « Per questa santa Unzione e la sua piissima misericordia ti aiuti il Signore con la grazia dello Spirito Santo e liberandoti dai peccati ti salvi e nella sua bontà ti sollevi ». Soltanto il sacerdote può amministrare validamente questo sacramento. 140. Il sacramento vuol essere rimedio del corpo e dello spirito per ogni cristiano, il cui stato di salute risulta seriamente compromesso per malattia o vecchiaia. I due elementi - corporale e spirituale - sempre per loro natura connessi, vanno tenuti presenti se si vuole comprendere il segno e la grazia sacramentale dell'Unzione degli infermi. La malattia fisica, infatti, aggrava la fragilità spirituale, propria di ogni cristiano, e potrebbe portarlo, senza una speciale grazia del Signore, alla chiusura egoistica in se stesso, alla ribellione contro la Provvidenza e alla disperazione. 141. Destinatari del sacramento Una migliore conoscenza della tradizione della Chiesa, congiunta a considerazioni di ordine pastorale, ha fatto meglio precisare quali siano i destinatari del sacramento. Il Concilio Ecumenico Vaticano II, nella Costituzione sulla sacra Liturgia ( n. 73 ), ha sancito un definitivo orientamento; ha infatti dichiarato: « L'Estrema Unzione, che può essere chiamata anche, e meglio, Unzione degli infermi, non è il sacramento di coloro soltanto che sono in fin di vita. Perciò il tempo opportuno per ricevedo ha certamente già inizio quando il fedele, per malattia o vecchiaia, comincia ad essere in pericolo di morte ». Il sacramento dell'Unzione è perciò destinato a tutti i malati gravi il cui stato di salute risulti seriamente compromesso; soggetti di esso sono anche i moribondi, quando non sia stato possibile conferir loro il sacramento in tempo più opportuno. 142. La grazia sacramentale Il sacramento dell'Unzione è il segno che gli infermi non sono soli nella prova, ma che ad essi è vicino Gesù, che conosce il soffrire, per dar loro forza ed aiutarli a conservare la fiducia in Dio Padre e ad aver pazienza verso il loro fragile corpo, destinato alla risurrezione. 143. Insieme a Cristo è presente e solidale con l'infermo la Chiesa. « Con la sacra Unzione e la preghiera dei sacerdoti tutta la Chiesa raccomanda gli ammalati al Signore sofferente e glorificato, perché alleggerisca le loro pene e li salvi » ( Lumen gentium, 11 ). 144. Come tutti i sacramenti, anche l'Unzione comunica una grazia dello Spirito Santo, il cui effetto proprio è il sollievo e il rinvigorimento del malato, la riunificazione del suo essere lacerato dalla malattia, scoprendone il significato e aiutandolo a vivere. Ed è aiuto a tutto l'uomo, vivente indiviso, per la sua salvezza integrale. L'infermo è perciò « rinfrancato dalla fiducia in Dio e ottiene forza nuova contro le tentazioni del maligno e l'ansietà della morte; egli può cosi non solo sopportare validamente il male, ma combatterlo, e conseguire anche la salute, qualora ne derivasse un vantaggio per la salvezza spirituale » ( Sacramento dell'Unzione e cura pastorale degli infermi, n. 6). 145. Allorché il sacramento sarà di aiuto alla guarigione del corpo aiuterà pure a scoprire il vero senso della vita e quindi a utilizzare il ritorno in salute per crescere nella fede e nell'amore, dalla esperienza della malattia reso più forte e generoso. 146. Quando poi l'infermità fosse destinata nel disegno di Dio a maturare nella morte, allora il sacramento farà crescere nell'infermo la fede e la speranza cosi da dargli la forza di affrontare l'ultima prova. Per la presenza dinamica del Signore risorto e del suo Spirito vivificante l'Unzione sarà il segno operativo dell'ultimo e definitivo inserimento nella Pasqua del Signore. In tal modo il sacramento sarà la preparazione a quella vittoria definitiva sul male e sulla morte, che completerà l'assimilazione a Cristo iniziata col Battesimo. 147. Qualora non fosse possibile al malato gravissimo ricevere prima il sacramento della Riconciliazione, l'Unzione può anche ottenere il perdono dei peccati e portare a termine il cammino penitenziale del cristiano. 148. Sacramento della fede Gli effetti del sacramento, almeno per quanto riguarda la necessaria cooperazione dell'uomo, sono legati alla fede del soggetto e alla preghiera fatta con fede dal ministro e dalla comunità. Di qui l'invito, particolarmente per coloro che partecipano alla celebrazione del sacramento, ad una fede umile e profonda che sia fiducia, confidenza, pieno abbandono nell'amore misericordioso del Padre. 149. In un tempo come il nostro in cui più angoscioso si fa il senso del limite e tragica la solitudine della morte, il sacramento degli infermi è destinato, nel piano salvifico del Cristo risorto, ad aprire l'orizzonte della vita futura e a ridare attualità, nell'esistenza cristiana, all'ardente desiderio dell'apostolo Paolo di uscire da questo mondo terrestre per essere sempre col Cristo ( cfr. Fil 1,23 ). 150. Celebrando il sacramento dell'Unzione, la Chiesa dà ragione della speranza che è in noi ( cfr. 1 Pt 3,14 ) e dei beni che non tramontano. Particolarmente a coloro che soffrono e piangono, essa intende ripetere, come Paolo, il messaggio della resurrezione, affinché non abbiano « ad affliggersi come gli altri che non hanno speranza » ( 1 Ts 4,13 ). III. Orientamenti pastorali 151. Urgenza di una catechesi La notevole differenza, che balza subito evidente, tra pratica e dottrina, tra liturgia e vita per quanto concerne il sacramento dell'Unzione degli infermi, è la dimostrazione concreta della urgente necessità di una evangelizzazione e di una catechesi assidua e impegnativa, che porti i fedeli a riscoprire il significato e l'importanza di questo sacramento, e a celebrarlo con fede cosciente e con sereno abbandono nella divina misericordia. 152. È una catechesi diversa da quella degli altri sacramenti, perché resa più difficile non solo dalla mentalità ormai da secoli radicata che l'Unzione sia soltanto il sacramento del passaggio fatale, ma anche dallo stato di malattie e, quindi, di più debole recettività del fedele a cui la Unzione viene conferita. È anche vero, però, che la malattia stessa, col senso di insicurezza che porta con sé, può essere un richiamo ad affidarsi con più fiduciosa speranza a Colui che solo può sostenere e confortare. 153. Catechesi comunitaria, settoriale e individuale Per essere davvero efficace, la catechesi dovrà svolgersi secondo due direttrici: con tutta la comunità locale, e con il malato stesso; più a largo raggio la prima, più immediata la seconda; l'una e l'altra però portate avanti con metodica assiduità, in vista soprattutto del conferimento dell'Unzione in forma esemplare o convenientemente solennizzata. 154. Occasione propizia per la catechesi comunitaria può essere offerta dalle letture evangeliche domenicali, che riportano guarigioni operate da Gesù sui malati che ricorrevano a lui con fede. Nell'omelia, il sacerdote può sottolineare questo richiamo alla fede, per far comprendere ai fedeli che i segni operati da Gesù nel Vangelo egli li compie ancora, rinfrancando con la sua grazia i sofferenti in tutto il loro essere, fino a istituire per essi e affidare alla Chiesa uno speciale sacramento che reca l'aiuto della grazia, libera dal peccato e dona la salvezza. 155. Questa catechesi comunitaria può essere opportunamente integrata da celebrazioni della parola di Dio, in cui si proclamino letture bibliche scelte fra quelle proposte nel rito dell'Unzione; o da riunioni di preghiera, in cui la comunità venga cristianamente sensibilizzata al problema dei fratelli sofferenti, e aiutata a comprendere e a far sue le preghiere della Chiesa per coloro che portano a compimento nella loro carne quello che manca ai patimenti di Cristo ( cfr. Col 1,24 ). 156. Queste riunioni di meditazione e di preghiera non saranno soltanto una remota preparazione a comprendere e celebrare il sacramento dell'Unzione, ma costituiranno innanzitutto per parte della Chiesa, presente nelle diverse comunità, un prendere in carico davanti al Signore gli innumerevoli fratelli, vicini e lontani, che in ogni ora soffrono e muoiono nell'abbandono e nella solitudine. 157. Particolarmente efficace, perché esistenzialmente più recepita, sarà un'eventuale catechesi fatta a coloro che hanno cura sia diretta che indiretta degli ammalati: dai medici e dagli infermieri fino ai responsabili dei vari settori ospedalieri. Sarà fra l'altro necessario far loro vedere come l'Unzione degli infermi s'inserisce perfettamente, sia pure su di un piano sacramentale, nell'azione di lotta che essi doverosamente svolgono contro il male, a sollievo del corpo e dello spirito di chi soffre. 158. Catechesi efficacissima è soprattutto quella fatta all'infermo, sia direttamente nei brevi colloqui delle visite a domicilio e in ospedale, sia indirettamente per mezzo di opportuni sussidi ( letture bibliche, preghiere, pensieri spirituali ), che suscitando la fede del malato, lo aiutino a comprendere il significato e il valore della sofferenza per la salvezza propria e del mondo, fino a scorgere in essa una missione particolare da compiere e una testimonianza da offrire: quella di rammentare a chi è in salute che ci sono beni essenziali e duraturi da tener presenti, e che solo il mistero della morte e resurrezione di Cristo può redimere e salvare questa nostra vita mortale. 159. Celebrazione ben preparata e vera del sacramento La catechesi, comunitaria o individuale che sia, raggiunge naturalmente il suo culmine nella celebrazione del sacramento. Una celebrazione accuratamente predisposta, che si presenti semplice e dignitosa insieme, alla quale partecipi, se fatta a domicilio, la famiglia dell'infermo, e in cui l'infermo stesso svolga attivamente il suo compito, secondo le indicazioni del nuovo rito. Una celebrazione così preparata e così condotta è espressione concreta di quella fede, che si manifesta sia nella preghiera, a cui il sacramento è esplicitamente legato ( cfr. Gc 5,15 ), sia nell'atteggiamento del ministro che lo conferisce e specialmente del malato che lo riceve. Sarà proprio la fede sua e la fede della Chiesa che salverà l'infermo: quella fede che, mentre si riporta alla morte e resurrezione di Cristo, da cui il sacramento deriva la sua efficacia, si protende anche verso il regno futuro, di cui il sacramento è promessa e pegno. 160. La celebrazione del sacramento tanto più sarà espressiva e, quindi, essa stessa evangelizzatrice, quanto più saranno veri e significativi i riti in cui si realizza. Dall'aspersione iniziale dell'acqua benedetta in riferimento al Battesimo, all'imposizione silenziosa delle mani sul capo dell'infermo, all'unzione sacramentale sulla fronte e sulle mani, accompagnata dalla formula sacerdotale: tutto dovrà svolgersi con dignitosa calma e con appropriate, possibili spiegazioni. La scelta dei testi fra quelli proposti come alternativa dal rito stesso, dovrà essere compiuta, se le circostanze lo permettono, con attenta valutazione e fiducioso rispetto delle persone e dei luoghi. 161. Unzione, Eucaristia e contesto di carità Il rito prevede, dopo la recita comune del Padre nostro, l'eventuale inserimento della comunione eucaristica, sia all'infermo che ai familiari. È una possibilità da non sottovalutare, anche perché concorre a collocare l'Unzione nella luce dell'Eucaristia, origine, centro e fine di tutto l'organismo sacramentale. Potrà essere opportuno talvolta distribuire in quest'occasione le particole consacrate nel corso di una eventuale Messa per gli infermi, alla quale abbia partecipato la comunità parrocchiale o una sua nutrita rappresentanza. Meglio ancora, se sarà consentito, a giudizio del Vescovo, l'Eucaristia può essere celebrata nella casa dell'infermo. Si renderà in tal modo palese lo stretto collegamento, proprio di tutti i sacramenti, all'Eucaristia, culmine e fonte di tutta la vita cristiana. 162. Questo collegamento, però, suppone ed esige più che mai tutto un contesto di carità, che si esprima nel porsi con generosa e serena dedizione accanto al malato, nell'intensificare con lui i rapporti umani, nel fargli sentire quanto sia utile e prezioso per la comunità ecclesiale, un apporto di sofferenza che configura intimamente a Cristo, e concorre al compimento della sua opera redentrice. 163. Celebrazione comunitaria dell'Unzione Accanto alla celebrazione singola e individuale dell'Unzione, sia che si faccia a domicilio, o che si svolga, con gli adattamenti suggeriti o richiesti, all'ospedale o in casa di cura, è prevista dal nuovo rito anche la celebrazione fatta in chiesa o in altro luogo adatto, con la partecipazione di parenti e amici: celebrazione che può essere inserita nella Messa, secondo le modalità indicate. È bene predisporre con cura, almeno ogni tanto, una tale celebrazione. Essa non soltanto servirà a correggere a poco a poco l'idea che si ha del sacramento, come se fosse destinato ai soli moribondi, ma favorirà una partecipazione serena e raccolta in chiara testimonianza di fede. 164. Più provvidenziale e più efficace ancora la celebrazione comunitaria dell'Unzione, prevista, a giudizio dell'Ordinario del luogo, con o senza Messa, specialmente in occasione di pellegrinaggi a qualche santuario, o di convegni organizzati soprattutto per gl'infermi. È una forma da favorire e da incrementare, proprio perché porterebbe un notevole contributo al superamento della prassi corrente, e gioverebbe assai a far comprendere, per mezzo dei riti e delle preghiere, come la parola di Dio parli della malattia, e come la liturgia la inserisca vitalmente nel dinamismo sacramentale della nostra salvezza. 165. La cura pastorale degli infermi Così i malati e i vecchi non solo non si sentiranno né soli, né separati, né inutili, ma - come si esprimeva il messaggio loro rivolto dal Concilio - avranno sempre più coscienza di essere chiamati da Cristo, ad essere la sua immagine viva e trasparente e a collaborare con lui alla salvezza del mondo. 166. L'accurata celebrazione dell'Unzione degli infermi non esaurisce, ma presuppone ed esige una più vasta cura pastorale degli ammalati e dei sofferenti. « Si ricordino i sacerdoti - afferma il nuovo rito - che è loro dovere visitare personalmente e con premurosa frequenza i malati e aiutarli con senso profondo di carità » ( n. 35 ). Questo compito, potrà essere grandemente facilitato se parroci e cappellani di ospedale si terranno in frequente contatto. E lo stesso invito è rivolto a tutti i battezzati, particolarmente ai religiosi e alle religiose, ai familiari dei malati stessi e a coloro che in qualsiasi modo sono addetti alla loro cura. 167. Sarebbe vano nascondersi le difficoltà pratiche che oggi si frappongono alla cura pastorale dei malati. Gli ambienti secolarizzati o della famiglia o degli ospedali o delle case di cura non sempre sono adeguatamente aperti all'annunzio evangelico e recettivi della presenza sacerdotale. Sarà perciò necessario che sacerdoti e religiosi curino con ogni impegno la pastorale ospedaliera; sostengano e promuovano le associazioni professionali e i movimenti di laici generosamente pronti al contatto e al sollievo degli ammalati; aiutino con la formazione spirituale le religiose che al servizio degli infermi e dei vecchi consacrano la loro vita. 168. La Chiesa ha in proposito una tradizione meravigliosa, dagli Istituti sorti appositamente per la cura e il sollievo degli infermi, ai religiosi e alle religiose di varie Congregazioni, che si dedicano in gran numero, e con ammirabile dedizione, al loro servizio. Se oggi si sono moltiplicate e maggiormente tecnicizzate le istituzioni civili per l'assistenza degli ammalati, non è però venuta meno, anzi è accresciuta, la necessità di una animazione cristiana che porti in tutti i luoghi di sofferenza e di cura la testimonianza della carità e il conforto della speranza. È' soprattutto in questa linea che l'intera comunità cristiana è chiamata a proseguire nella sua secolare azione. 169. Con una attenta e costante cura pastorale degli infermi la Chiesa tutta non solo recherà sollievo ai credenti, ma ridesterà negli uomini il senso delle realtà ultraterrene e compirà opera di autentica evangelizzazione. Conclusione 170. Il programma pastorale di « Evangelizzazione e sacramenti della Penitenza e dell'Unzione degli infermi », che viene così presentato per la concreta realizzazione nelle comunità locali, impegna ad ogni livello la Chiesa in Italia. Non si tratta, infatti, di un programma di sola applicazione dei nuovi riti liturgici, ma proprio per dare ad essi la loro efficacia significativa e trasformatrice, il programma stesso intende operare e promuovere un cambiamento di mentalità. 171. È necessario, cioè, che ogni comunità Cristiana diventi consapevolmente comunità che annunzia e vive la penitenza, la riconciliazione e la carità verso i fratelli sofferenti. Soltanto mediante questo cambiamento profondo e interiore la comunità ecclesiale si renderà capace di offrire in modo intelligibile i sacramenti che il Signore le ha dato, per la riconciliazione dei peccatori e la salute integrale degli infermi. 172. Attingendo poi da questi sacramenti la grazia di conversione chè le viene dallo Spirito, la Chiesa in Italia apparirà veramente in ogni sua comunità locale come la Chiesa pellegrina verso la casa del Padre. Infatti - come afferma il Concilio - « fino a che non vi saranno nuovi cieli e la terra nuova, nei quali la giustizia ha la sua dimora, la Chiesa pellegrinante, nei suoi sacramenti e nelle sue istituzioni, che appartengono all'età presente, porta la figura fugace di questo mondo, e vive tra le creature, le quali sono in gemito e nel travaglio del parto sino ad ora e sospirano la manifestazione dei figli di Dio » ( Lumen gentium, 48 ). 173. Per una provvidenziale coincidenza, che è certo un appello dello Spirito, il piano pastorale qui proposto si collega e si inserisce organicamente nel « tempo favorevole » ( cfr. 2 Cor 6,2 ) dell'Anno Santo. In quest'anno, infatti, la Chiesa tutta è chiamata a farsi spiritualmente pellegrina verso la tomba degli Apostoli e la sede di Pietro per un movimento di conversione e di riconciliazione con Dio e i fratelli, nell'unità della fede e nella comunione di carità. Il sacramento della Riconciliazione rappresenta in questo movimento spirituale il momento decisivo del cammino di conversione degli individui e della comunità. 174. Il dono poi della indulgenza, riflesso e partecipazione, nella comunione dei santi, alla pienezza del Cristo, nostra « Indulgenza », è dato nell'Anno Santo non solo come mezzo di espiazione delle pene meritate, ma anche come stimolo ad opere di pietà e di carità ( cfr. Paolo VI, Bolla d'indizione dell'Anno Santo 1975Apostolorum limina, II, 23 maggio 1974 ). 175. La cura pastorale degli ammalati, che ha per centro il sacramento dell'Unzione, si inserisce anch'essa nell'afflato di spiritualità e di rinnovamento pasquale, che deve operarsi e manifestarsi in quest' anno di grazia. 176. Ogni comunità cristiana, rinnovando durante l'Anno Santo, nella fede e nei riti, questi due sacramenti e manifestandone, con gesti e parole, il significato e l'incidenza operativa, si farà dinanzi al mondo efficace evangelizzatrice del messaggio apostolico: « Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio » ( 2 Cor 5,20 ). Roma, 12 luglio 1974. Antonio Card. Poma Presidente