Evangelizzazione e ministeri Introduzione Analisi della situazione 1. La presente riflessione su "Evangelizzazione e ministeri" conclude opportunamente il programma pastorale su "Evangelizzazione e sacramenti", proposto dai vescovi alle Chiese d'Italia. L'annuncio del Vangelo è il servizio essenziale di tutta la Chiesa, ed è perciò affidato ai ministri ordinati - vescovi, presbiteri, diaconi -, e a tutti i fedeli, in forza del loro battesimo. Tutti i battezzati partecipano, a titolo diverso, a tale ministerialità prima e fondamentale della Chiesa, che è l'evangelizzazione, e ogni membro della Chiesa svolge in essa il suo doveroso ufficio a servizio della salvezza del mondo, secondo la grazia dello Spirito Santo, che a ciascuno distribuisce i suoi doni come a lui piace ( cf.LG 12; 1 Cor 12,11 ). 2. L'importanza e l'urgenza di questo impegno genuinamente cristiano, che derivano dalla missione affidata da Cristo alla Chiesa, si colgono in tutta evidenza anche sullo sfondo di alcuni aspetti della situazione della società e della Chiesa in cui viviamo. Contesto sociale 3. Pur limitandoci a uno sguardo fugace sulla nostra società, e sulla civiltà che la caratterizza, riconosciamo volentieri la carica positiva di alcuni suoi fermenti, per quanto frammisti a elementi negativi. Le conquiste della scienza, i risultati cui sono pervenute in specie le scienze umane, le esigenze di rispetto, attenzione e cura della persona nella sua libertà e di dignità, la riscoperta e la rivendicazione di certi valori morali e sociali soprattutto nel campo della giustizia, il desiderio e il bisogno della presenza e della partecipazione, sono conquiste, fisiche e spirituali, di somma importanza, che non possono essere sottovalutate. 4. E tuttavia, guardando sotto altro profilo il nostro tempo, vien fatto di ripensare a certe accorate annotazioni del concilio sulla "civiltà moderna, in quanto troppo irretita nelle realtà terrene" ( GS 19 ). Situazione non certamente consolante, quella che abbiamo sotto i nostri occhi, gravida anzi di prospettive che destano preoccupazione. 5. Risulta anzitutto attenuato e anche oscurato il senso religioso in genere e il senso di Dio in specie; triste effetto della prevalenza data alle cose temporali e contingenti, che "rendono difficile l'accesso a Dio" ( GS 19 ). Come nelle parabole evangeliche del seminatore e degli invitati alla cena ( cf. Mt 13,22ss; Lc 14,14-24 ), l'ansia del benessere, le preoccupazioni di questa vita, un senso aperto di autosufficienza che giunge sovente alla persuasione che l'uomo è creatore assoluto dei valori, distolgono dall'ascolto della parola di Dio e distraggono dalla ricerca del Regno e dall'invito a rispondervi. 6. È logico allora che, accantonato in qualche modo il divino, tutto si incentri nell'uomo. Anche in questo, certamente, può esserci un aspetto positivo, che si radica nel mistero stesso della creazione e dell'incarnazione; ma se l'uomo resta privo della luce di Dio, come potrà uscire dal buio che l'avvolge, e in cui è costretto suo malgrado a brancolare? Egli diventa un mistero a se stesso ( cf. GS 10 ). Di più: l'uomo, esaltato e collocato al centro dell'universo, perde facilmente il senso del suo simile e non è più capace della solidarietà che dovrebbe portarlo a fraternizzare con gli altri uomini. I rapporti umani diventano allora sempre più fittizi, difficili e complicati e degenerano facilmente in forme deteriori di freddo egoismo, di antagonismo sleale, seppur non esplodono in odio violento e spietato. 7. Ha purtroppo il suo peso, in tutto questo, certo modo di intendere la civiltà tecnologica, che porta a considerare non tanto l'uomo, quanto ciò che l'uomo produce. Ci si sposta così più lontano ancora, fuori dell'uomo, e si concentra l'attenzione sulle cose e sulla materia. Ma nell'opacità di un orizzonte senza Dio, la materia impedisce di guardare in alto e così invece di dominarla e utilizzarla, secondo il comando del Creatore ( cf. Gen 1,26-28 ), l'uomo ne diventa in effetti sempre più schiavo perché lontano da Dio, luce e Signore della vita. 8. Si aggiunga il fenomeno dell'urbanesimo, "il gusto e la ricerca della società urbana" ( GS 6 ), con le sue contraddizioni e i suoi risvolti negativi. Sembrerebbe un progresso, l'urbanesimo, e lo è anche, sotto certi aspetti. Troppo spesso, però, accosta tra di loro gli uomini ma non li riunisce, e nell'illusione di favorire una umana e fraterna convivenza, crea una folla di gente isolata e sola, con le dolorosamente note conseguenze di devianza sociale e anzi antropologica. Dinanzi a un tale urbanesimo, che mostra ormai con frequenza il suo volto disumano, viene naturale pensare alla primordiale "città" costruita da Caino ( cf. Gen 4,17 ) e alle tracce che perdurano ancora oggi, fino a quando lo Spirito del Signore, attraverso l'attuale attività evangelizzatrice e santificatrice della Chiesa, non faccia delle nostre dimore terrene un'immagine più veracemente umana della città futura. C'è poi, di riscontro, la disgregazione religioso-morale di quel mondo rurale, che formava in passato l'ossatura stessa del nostro contesto sociale; ora lo spopolamento e il conseguente senso di abbandono e di isolamento va fatalmente inquinando di indifferentismo religioso e morale anche le nostre campagne. A questo si può aggiungere, ancora, l'estrema mobilità delle popolazioni, coi flussi pendolari di chi lavora e di chi fa turismo, e i movimenti migratori interni ed esteri. Il quadro che se ne determina e i problemi che ne derivano sono a tutti noti. 9. Rilevazione realistica, la nostra; la quale, però, non può far dimenticare, nel nostro tempo, la presenza sempre operante dello Spirito di Dio. Egli è all'opera prima e più di noi, e ci chiama a cogliere i segni del suo passaggio e della sua attività nelle aspirazioni profonde che egli suscita o tiene deste nei cuori. La situazione attuale richiede attenzione premurosa alle persone e alle loro implorazioni di solidarietà, di fraternità, ed esprime un insopprimibile anelito di giustizia nel settore del lavoro e nella partecipazione e collaborazione su ogni piano. Attraverso tale situazione lo Spirito pone senza dubbio alla Chiesa, con chiarezza e urgenza, la domanda di un rinnovato e forte impegno di evangelizzazione e di missionarietà, mediante articolate forme di presenza e di azioni capillari e costanti, adeguate alla realtà e rispondenti alle concrete necessità. Un'evangelizzazione, si direbbe, sostenuta e svolta dalla varietà dei ministeri di cui la Chiesa dispone nella sua tradizione e nella sua creatività pastorale. Contesto ecclesiale 10. Non si può negare che anche il contesto più specificamente ecclesiale risenta non poco di quello sociale. Non mancano davvero segni di preoccupazioni e di contraddizioni, per la complessità del momento che attraversiamo. La contestazione ha influito notevolmente sul mondo laicale, associativo o meno, e sulla vita religiosa e sacerdotale e la loro struttura formativa, e ha colpito, nel suo istinto di innovazione, non solo i modi d'esercizio di alcune istituzioni, ma i princìpi che le sorreggevano, insieme con le realtà stesse costitutive della Chiesa. 11. Eppure, uno sguardo attento ai segni dei tempi sa cogliere, anche nell'intricato groviglio di tante forze in contrasto, non pochi filoni di motivata speranza. È lo Spirito di Dio che compie il suo lavoro suscitando quel desiderio intenso di partecipazione e quel bisogno di crescita, che contraddistingue la nostra epoca, e apre alla Chiesa vasti campi di attuazione e di impegno. 12. La riforma liturgica ha impresso alle nostre comunità una vitalità nuova, nonostante certe posizioni di chiusura al rinnovamento conciliare o certe deplorevoli deviazioni. La catechesi ha un suo promettente sviluppo, sia per l'accurata elaborazione dei nuovi testi e sussidi, sia anche per la disponibilità generosa, specialmente dei giovani, alla collaborazione catechetica a livello parrocchiale e diocesano. 13. Anche nel campo associativo pare di notare una netta ripresa, dopo la crisi e certi sbandamenti degli anni passati; e, cessata o notevolmente ridotta la proliferazione a volte improvvisata di alcuni gruppi che si autodefinivano ecclesiali, si vanno ora rinnovando quei gruppi che, o nell'associazionismo tradizionale o in nuove forme particolarmente vivaci e incisive, cominciano ad attuare nel loro ambiente il compito che hanno in programma, quello di fermentare la massa. 14. Nè va dimenticato, accanto a questi focolari di promettente risveglio, il movimento di spiritualità e di apostolato familiare, che si sta costituendo e affermando concretamente e operosamente, con frutti consolanti per la formazione personale e per il costume pubblico. 15. Un altro settore intorno al quale si polarizza attualmente un interesse tutto particolare è quello della carità e dell'assistenza: segno indubbio di un cristianesimo genuino, che fermenta nel profondo e affiora poi in mille forme di amore, verso le infinite miserie di una società pur tanto progredita. E la carità, come attestano tante istituzioni fiorite lungo i secoli nella Chiesa, è una via di evangelizzazione tanto più efficace quanto meno rumorosa. 16. Da sottolineare anche l'interesse largamente diffuso per il problema missionario, per il terzo mondo, e in genere per tutti i paesi bisognosi di evangelizzazione e di liberazione; è davvero commovente la dedizione con cui prestano a questo scopo la loro opera sacerdoti e religiosi, giovani professionisti, e famiglie cristiane. Tutti indici di correnti di bene che attraversano sotterraneamente il nostro mondo inquieto e ne ridestano un potenziale insospettato di sopite energie di vita. 17. Lo stesso risveglio dell'ecumenismo, se ben inteso, con la passione per il dialogo con i fratelli delle altre comunità cristiane, al fine di ricostruire l'unità per la quale Cristo è venuto, ha sofferto ed è morto, offre proprio sul tema dei ministeri un punto importante di confronto e di incontro. Completamento del programma "Evangelizzazione e sacramenti" 18. Tutto questo è emerso con forza e chiarezza nel recente convegno ecclesiale di "Evangelizzazione e promozione umana", tema integrante del piano pastorale "Evangelizzazione e sacramenti". L'analisi della situazione socio-culturale ed ecclesiale era appunto ordinata ad individuare le vie dell'evangelizzazione oggi in Italia, nel suo senso più ampio ( cf. EN 30-39; cf. anche gli Atti del convegno ecclesiale "Evangelizzazione e promozione umana", AVE, Roma 1977 ). La risposta è stata una fortissima provocazione all'urgenza di partecipare alla missione evangelizzatrice e di mostrarsi Chiesa in dialogo col mondo e al suo servizio, nella comunione articolata delle sue membra (cf. Ef 4,16; Col 2,19 ) e nella concorde varietà dei suoi ministeri ( cf. AA 2; 2 Cor 12,5 ), antichi e nuovi. L'esigenza vivissima, sentita in maniera differente e convergente nel campo sociale e nel campo ecclesiale, è quella di una Chiesa tutta ministeriale, tutta dotata e preparata, tutta compaginata e mobilitata con la molteplicità delle sue membra al servizio della propria missione nel mondo. Solo una Chiesa tutta ministeriale è capace di un serio e fruttuoso impegno di evangelizzazione e promozione umana e di attualizzazione "di tutte le possibilità evangeliche nascoste, ma già presenti e operanti nelle realtà del mondo" ( EN 70 ). Col tema dei ministeri, infatti, viene data occasione di affrontare i gravi problemi che oggi la Chiesa vive: problemi di edificazione della comunità cristiana e della sua missione nel mondo, di nutrimento e di crescita del popolo cristiano, di esistenze consacrate al suo nascere e al suo sviluppo, come pure alle necessità di tutta la sua missione. E perciò il piano pastorale, avviato fin dal 1973 col programma di "Evangelizzazione e sacramenti", viene ora doverosamente completato, alla luce del ministero di Cristo e della Chiesa, con le prospettive del nostro fedele e organico servizio a Dio nel mondo contemporaneo. La comune riflessione sui ministeri accoglierà, così, per via di interna consonanza, le novità emerse anche di recente nel tessuto vivo ecclesiale e più in generale quelle verificatesi nella società italiana: le prime sembrano registrare accresciute disponibilità di servizio e di partecipazione come realtà mature nel corpo ecclesiale: le seconde reclamano la presenza e la formazione di persone che si consacrano alla causa dell'Evangelo. Parte I - Il ministero di Cristo e della Chiesa 19. Non si può parlare della ministerialità della Chiesa, senza riferirsi a Cristo e alla sua "diaconia", perché la Chiesa è "Cristo continuato e diffuso". Il concilio stesso, pur non mirando a presentare una dottrina organica e compiuta sui ministeri nella Chiesa, ne prospetta però le linee fondamentali risalendo appunto dalla Chiesa a Cristo, il quale, come si esprime s. Policarpo, "si è fatto servo - diacono - di tutti" ( LG 29 ). Paolo VI poteva, perciò, concludere il Concilio con queste parole: "L'idea di ministero ( vi ) ha occupato un posto centrale" ( Paolo VI, Omelia nella IX sessione del concilio, 7.12.1965 ). I. Il ministero di Cristo 20. Più volte Cristo ha parlato di sè e della missione affidatagli dal Padre; e ne ha parlato facendo ricorso a immagini belle e significative, che mettono in luce l'impegnativa complessità della missione stessa. Cristo pastore 21. Cristo è il pastore, il pastore dell'antica tradizione biblica che va da Abele ai patriarchi, e dai patriarchi a David; una tradizione cantata come gioiosa esperienza dai salmisti ( cf. Sal 23 ), e proclamata come speranza struggente dai profeti, soprattutto da Ezechiele ( cf. Ez 34 ). Anche se nell'Antico Testamento il titolo di pastore è più riservato a Colui che deve venire, tutte le relazioni di Dio con il suo popolo si possono descrivere come una vera parabola del buon pastore, che sospinge, guida, nutre e ristora il suo gregge. 22. Gesù realizza pienamente questa tradizione, tanto che chiama se stesso il buon pastore ( cf. Gv 10,11-14 ). La realizza come fu predetta, non per Israele soltanto ( cf. Ez 34 e Lc 15,12-14 ), ma per tutti gli uomini ( cf.Gv 10,16 ). "Gesù va attorno … insegnando … predicando il Vangelo del Regno, e curando ogni malattia. Vedendo le folle, ne sente compassione, perché sono stanche e sfinite, come pecore senza pastore …" ( Mt 9,35-36 ). Cerca le smarrite e le disperse ( cf. Mt 18,12-14 ), e fa festa per il loro ritrovamento e la loro salvezza. Le raccoglie e le difende, le conosce e le chiama una per una ( cf. Gv 10,3 ), le conduce ai pascoli erbosi e alle acque tranquille ( cf. Sal 23 ). Per loro imbandisce una mensa, le nutre con la sua parola, ed esse l'ascoltano: "conoscono la sua voce", ed egli le nutre con la sua vita: egli è "venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza. Il buon pastore offre la vita per le pecore" ( Gv 10,10-11 ). La offre nella morte e nella risurrezione: "È risorto il pastore buono, che ha dato la vita per le sue pecore, si è offerto alla morte per amore dei suoi, alleluia" ( dalla liturgia della quarta domenica di Pasqua ). 23. Crediamo che la figura di Gesù buon pastore e "principe dei pastori" ( 1 Pt 5,4 ) sia fondamentale per ritrovare la precisa fisionomia della missione e dell'attività della Chiesa. Soprattutto crediamo che sia la prospettiva essenziale per illuminare la realtà dei ministeri e la spiritualità che li anima. Perciò, tale figura non può non dominare e coordinare tutta la nostra trattazione, dichiaratamente pastorale. Cristo servo 24. Altra immagine con cui Cristo ha voluto descrivere se stesso nell'atteggiamento fondamentale della sua missione, è quella del "servo", che precisa il senso del suo essere pastore. A seconda dei casi, "servo", per noi, può significare colui che è ministro, che svolge cioè il suo compito a servizio di qualcuno, oppure colui che è schiavo, a totale dipendenza, nell'essere e nell'agire, dal suo padrone. Nel riferire a sè questa immagine, Cristo passa dall'uno all'altro significato. 25. Egli afferma categoricamente la propria volontà di essere servo, e prescrive questo atteggiamento come modello della missione assegnata ai suoi collaboratori: "Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Tra voi però non è così; ma chi vuole essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo fra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" ( Mc 10,42-45 ). Queste intenzionali parole di Gesù interpretano la sua vita e il mistero del servizio che presta agli uomini. Nell'ultima cena si veste da servitore e da schiavo, lava i piedi ai suoi discepoli, e poi li interroga: "Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, Signore e Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l'esempio …" ( Gv 13,12-15 ). Nè sulla terra soltanto Gesù compie questo suo servizio. Predice infatti che farà altrettanto in cielo, al banchetto eterno nella casa del Padre. "Beati quei servi - egli dice, riferendosi alla provata fedeltà del servizio - che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli. In verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli" ( Lc 12,37 ). 26. È un'immagine, questa del "servo", che sottolinea la dedizione e l'umiltà con le quali Cristo compie la sua missione. Applicando a sè questa immagine, Gesù allude ai testi del profeta Isaia, che hanno celebrato il "servo del Signore", personaggio misterioso, amato e prescelto da Dio, che lo vuole a sua disposizione per compiere la liberazione di Israele e del mondo, e lo costituisce profeta per espiare e redimere. E così, il servo di Dio diventa nell'obbedienza, nell'umiliazione e nel dolore, il servo dell'uomo e della sua redenzione ( cf. Is 42,1-4; Is 49,1-7; Is 50,4-11; Is 52,13-15; Is 53,12 ). 27. La Chiesa primitiva s'ispirò volentieri a questi testi biblici per tratteggiare e quasi scolpire, con l'eloquente incisività dei suoi inni, il volto del Signore nei tratti più espressivi del suo amore e della sua dolorosa immolazione; " … Spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce …" ( Fil 2,7-8; cf.1 Pt 2,21-25 ). Cristo sacerdote 28. Oltre che pastore e servo, Cristo è anche sacerdote. Un titolo e una qualifica, di cui Gesù non fa mai parola, almeno esplicitamente, anche se sono ben presenti al suo spirito tutto l'ordinamento prefigurativo del sacerdozio antico e il salmo che proclama il sacerdozio del Messia ( Sal 110,4 e Mc 12,35-37 ). E infatti il sacerdozio di Cristo è al centro della lettera agli Ebrei: l'"argomento - come si esprime il testo - su cui abbiamo molte cose da dire" ( Eb 5,11 ). 29. Cristo è il Sacerdote nuovo che supera e trascende tutte le forme del sacerdozio antico. "A somiglianza di Melchisedek sorge un altro sacerdote, che non è diventato tale per ragioni di una prescrizione carnale, ma per la potenza di una vita indefettibile … Egli possiede un sacerdozio che non tramonta" ( Eb 7,15-16.24 ). 30. È il sacerdote della nuova ed eterna alleanza, che congiunge veramente in comunione di vita Dio e gli uomini, e gli uomini tra loro. "Cristo, venuto come sommo sacerdote di beni futuri, attraverso una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano di uomo … non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci così una redenzione eterna … Per questo egli è mediatore di una nuova alleanza …" ( Eb 9,11-15 ). 31. È il sacerdote che offre in sacrificio se stesso, per salvare coloro che per mezzo di lui si accostano a Dio: " … Santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli; egli non ha bisogno ogni giorno, come gli altri sommi sacerdoti, di offrire sacrifici prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo, poiché egli ha fatto questo una volta per tutte, offrendo se stesso" ( Eb 7,26-27 ). 32. È il sacerdote unico. Negli scritti del Nuovo Testamento, il titolo di sacerdote è riservato esclusivamente a Cristo e, di riflesso e per partecipazione, al suo popolo, che è popolo sacerdotale. Quelli che noi chiamiamo sacerdoti - i vescovi e i presbiteri - nel Nuovo Testamento sono sempre chiamati semplicemente col nome della loro mansione o del loro ministero: "sovraintendenti" e "anziani". 33. Ora, il senso ultimo del sacerdozio in genere, e del sacerdozio di Cristo in specie, è quello di essere: - una forma di servizio per gli uomini: "Ogni sommo sacerdote, preso fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati" ( Eb 5,1 ); - la forma più efficace e insieme necessaria di servizio, perché assumendo la natura umana e facendosi in tutto simile ai fratelli, Cristo ha dato la sua vita per la loro salvezza. E infatti il servizio che Gesù offre agli uomini è la fiduciosa consegna in se medesimo al Padre in un eterno atto di culto che riassume tutta la vita: "Proprio per questo nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà; pur essendo Figlio, imparò tuttavia l'obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono" ( Eb 5,7-9 ). 34. Nella morte sacerdotale, che svela e compie l'intenzione salvatrice dell'intera sua vita, Gesù si presenta come l'uomo-per-gli-altri perché e in quanto è l'uomo-di-Dio-e-per-Dio. Il ministero o servizio che egli ha reso e rende, per amore del Padre, all'umanità è dunque un ministero di pastore e di sacerdote: pastore che guida, nutre e custodisce il suo gregge; sacerdote che offre la vita per riconciliare i suoi amici con il Padre e perciò tra di loro. E tutto e sempre con quello spirito di generosa donazione che è proprio del "servo del Signore". II. Il ministero della Chiesa 35. "In quest'opera così grande con la quale viene resa a Dio una gloria perfetta e gli uomini vengono santificati, Cristo associa sempre a sè la Chiesa sua sposa amatissima" ( SC 7 ), nata sul Calvario dal fianco squarciato di Cristo ( cf. SC 5 ) e manifestata al mondo nella pentecoste ( cf. SC 6 ) come visibile ed efficace segno di salvezza dell'intera umanità. L'intelligenza del ministero di Cristo agevola quindi la comprensione del ministero della Chiesa. La Chiesa di Cristo 36. Corpo di Cristo e sua sposa ( cf. Ef 5,25-27 ), la Chiesa riflette sul proprio volto i lineamenti inconfondibili e la gloria luminosa del volto di lui, e, se Cristo è pastore, servo e sacerdote, la Chiesa, intimamente associata alla vita e all'attività dello Sposo, necessariamente si manifesta con le stesse caratteristiche del servizio pastorale e sacerdotale. 37. Ogni atteggiamento della Chiesa è inteso a interpretare e tradurre l'ansia e la sollecitudine del Cristo pastore. Tutti i gesti della Chiesa, dai più piccoli e consueti, ricorrenti ad esempio nel ritmo quotidiano di una comunità parrocchiale, ai più solenni ed eccezionali, come l'avvenimento di un concilio, ogni decisione e scelta, ogni iniziativa, innovazione o riforma, hanno unicamente questa finalità di amore: attuare il disegno di salvezza del Signore per gli uomini, essere sacramento, ossia segno e strumento, per stringere in comunione gli uomini con Dio e tra loro ( cf. LG 1 ). Questa finalità pastorale è purtroppo incompresa e misconosciuta, talvolta, dagli stessi fedeli. Essi condividono il pregiudizio di certa mentalità laicista corrente che intenzionalmente stravolge insegnamenti e comportamenti della Chiesa, presentandoli come giochi e interessi di deteriore politica. La "politica" dettata da Cristo, il suo stile e metodo, cui sempre la Chiesa si ispira in un continuo impegno e sforzo di fedeltà, è invece quella che vede e colloca l'autorità nell'ottica del servizio, e del servizio pastorale ( cf. Mc 10,42ss ), e tutto opera a questo preciso scopo: "la Chiesa nel dare aiuto al mondo, come nel ricevere molto da esso, a questo soltanto mira: che venga il regno di Dio e si realizzi la salvezza dell'umanità. Tutto ciò che di bene il popolo di Dio può offrire all'umana famiglia … scaturisce dal fatto che la Chiesa è sacramento universale di salvezza, che svela e insieme realizza il mistero dell'amore di Dio verso l'uomo" ( GS 45 ). 38. La missione pastorale della Chiesa, poi, si compone e si integra con la sua natura e la sua funzione sacerdotale, essa pure partecipata da Cristo sacerdote. Intendiamo la funzione sacerdotale in senso ampio, l'attuazione, cioè, del sacerdozio comune ( cf. LG 10-12 ), per cui il popolo di Dio è tutto un popolo sacerdotale, profetico e regale, inviato a compiere l'opera intrapresa da Cristo, a collaborare alla salvezza del mondo, offrendosi in sacrificio a Dio e annunciando le meraviglie di Dio agli uomini. Il Signore, "che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati col suo sangue … ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre …" ( Ap 1,6 ). "Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo" ( 1 Pt 2,4-5 ). 39. Ritorna l'idea centrale di questa riflessione proposta alle nostre comunità: la Chiesa prosegue e imita Cristo pastore, donandosi all'attuazione del piano di Dio. Lo rende presente e imita quale sacerdote, sacrificando se stessa per il raggiungimento della salvezza. Accoglie in sè e imita Cristo come servo, nella dedizione piena alla sua missione, per cui diventa essa pure serva e ministra nell'opera della glorificazione di Dio e della santificazione degli uomini. 40. Non è lecito alla Chiesa, vantarsi di quanto essa ha fatto per il bene dell'umanità. Tutto ciò che è e fa, la Chiesa lo deve all'amore gratuito, fedele e misericordioso del suo Signore. Tuttavia in un tempo di larga diffusione di critiche corrosive, di programmate denigrazioni e distorsioni della verità, non è vanto ma affermazione di giustizia, oltre che umile riconoscimento della perdurante presenza dello Spirito, se invitiamo a ricordare che la Chiesa è sempre stata a servizio dell'umanità. Lo attesta la storia: la storia sua, che è poi la storia delle nostre popolazioni, e delle varie nazioni sparse nel mondo intero. Basta passare in rassegna le innumerevoli opere a servizio della verità e della cultura, della carità e della civiltà, della giustizia, del progresso e della pace. E basta pensare alla tenace costanza, con cui la Chiesa ha svolto questo suo servizio, sempre pronta a difendere, se accusata, il suo diritto a servire; a riprendere, se ostacolata, il suo dovere di donazione; a riattivare, se impedita, le sue istituzioni di carità disponibile e generosa. 41. Anche la Chiesa, dunque, è serva, come servo fu il Cristo e come serva fu e si professò - lo accenniamo con gioia filiale - Maria, la Vergine Madre. Tra i rapporti reali e i motivi di somiglianza della Chiesa con Maria, è da rilevare la nota della ministerialità, comune a entrambe. All'annuncio dell'Angelo ( cf. Lc 1,38 ) e nel cantico del Magnificat ( cf. Lc 1,48 ), Maria chiamò se stessa "ancella del Signore", e tale fu davvero, nel silenzio e nel nascondimento, nel servizio ai misteri di Nazareth e di Betlemme, del Calvario e del Cenacolo. Giustamente la Vergine Madre è chiamata ministra dell'incarnazione redentrice ( cf., tra gli altri, s. Beda il Venerabile, Hom. 4, 49; in Lc 11: Verbi incarnandi ministra facta est temporalis ). La Chiesa apostolica 42. Associando e configurando a sè la Chiesa nella sua missione, Cristo non poteva non imprimere per sempre sul volto di lei il raggio splendente del suo stesso volto. La carità pastorale e la prontezza a servire, con la capacità e la generosità di immolarsi per la vita del mondo ( cf. Gv 6,51 ), segnano indelebilmente l'essere e l'agire della Chiesa. 43. A noi qui preme conoscere - ed è conoscenza illuminante - come la comunità primitiva, che ha valore esemplare per ogni periodo di rinnovamento e di crescita nella vita ecclesiale, abbia manifestato in concreto questa ministerialità pastorale e sacerdotale. 44. Che gli apostoli ne avessero coscienza, lo sappiamo dai loro scritti: "Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio" ( 1 Cor 4,1 ); "Quanto a noi, siamo i vostri servitori per amore di Gesù" ( 2 Cor 4,5 ). E che gli apostoli volessero e formassero delle comunità tutte ministeriali, rette da ministri e pervase di spirito diaconale o di servizio, ci è rivelato dal Nuovo Testamento. Nella sua prima lettera ai Tessalonicesi, Paolo raccomandava: "Vi preghiamo, fratelli, di avere riguardo per quelli che faticano fra di voi, che vi sono preposti nel Signore e vi ammoniscono; trattateli con molto rispetto e carità, a motivo del loro lavoro" ( 1 Ts 5,12-13 ). Esortazioni dello stesso genere, che lasciano intravedere la costituzione ministeriale delle comunità apostoliche, non sono scarse. Basti citare la lettera ai Romani: "Come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri. Abbiamo pertanto doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi. Chi ha il dono della profezia, la eserciti secondo la misura della fede; chi ha un ministero, attenda al ministero; chi l'insegnamento, all'insegnamento; chi l'esortazione, all'esortazione. Chi dà, lo faccia con semplicità; chi presiede, lo faccia con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia" ( Rm 12,4-8 ). Nei suoi viaggi apostolici, san Paolo aveva cura di costituire, dove ancora non c'era, un gruppo di anziani a sostegno della comunità ( cf. At 14,23; At 20,17 ). Accanto però a questo gruppo si trovano sempre altre persone, con mansioni varie di servizio. Così nella lettera agli Efesini: "Un solo corpo …" ( Ef 4,4 ), nel quale "a ciascuno di noi è stata data la grazia secondo la misura di Cristo" ( Ef 4,7 ). "È lui ( Cristo ) che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo …" (Ef 4,11-12; cf. 1 Cor 12,28-29 ). 45. In comunità di questo tipo, con molteplicità talvolta esuberante e incomposta ( cf. 1 Cor 12-14 ) di carismi e ministeri, l'autorità degli apostoli rimane sempre però superiore, coordinatrice dei ministeri e giudice dei carismi ( cf. 1 Cor 12-14; 2 Cor; Gal ). L'autorità degli apostoli appare sempre come il primo ministero e il primo carisma. 46. Questa strutturazione della comunità esigeva, naturalmente, una grande disponibilità o meglio un grande spirito di servizio, quale appunto poteva darlo quello Spirito di Dio, che ai singoli distribuisce i compiti e aiuta a svolgerli per il bene di tutti. Una delle esortazioni variamente ricorrenti in contesti di carità - quella carità che san Paolo considera, come è in realtà, la via più eccellente per l'edificazione della comunità e la condizione indispensabile per l'esercizio dei ministeri ( cf. 1 Cor 12,31-13,1ss ) - è, ad esempio, la seguente: "Mediante la carità, siate a servizio gli uni degli altri" ( Gal 5,13 ). 47. Col passare degli anni e l'approssimarsi della fine della loro esistenza terrena, gli apostoli dovettero preoccuparsi di assicurare stabilità maggiore e più serena continuità alle Chiese da loro fondate. Nella varietà dei ministeri, tornano allora con più insistenza il ministero dei diaconi, e quello degli anziani uniti in presbiterio. E si distingue meglio, in questa progressiva chiarificazione, anche il ministero dei vescovi, quali successori e continuatori degli apostoli stessi. Tanto si ricava dagli scritti del Nuovo Testamento in particolare dalle lettere pastorali di san Paolo, e dagli scritti dei padri apostolici, specie dalle lettere di sant'Ignazio di Antiochia. 48. Il recente concilio Vaticano II, nella costituzione sulla Chiesa, riassume la storia della successione apostolica, con questa pagina: "La missione divina, affidata da Cristo agli apostoli, durerà sino alla fine dei secoli, poiché il Vangelo che essi devono predicare è per la Chiesa il principio di tutta la sua vita in ogni tempo". Per questo gli apostoli, in questa società gerarchicamente ordinata, ebbero cura di costituirsi dei successori. "Infatti, non solo ebbero vari collaboratori nel ministero, ma perché la missione loro affidata venisse continuata dopo la morte, lasciarono quasi in testamento ai loro immediati cooperatori l'ufficio di completare e consolidare l'opera da essi incominciata, raccomandando loro di attendere a tutto il gregge, nel quale lo Spirito Santo li aveva posti a pascere la Chiesa di Dio. Perciò si scelsero di questi uomini e in seguito diedero disposizione che, quando essi fossero morti, altri uomini esimi subentrassero al loro posto. Fra i vari ministeri che fin dai primi tempi si esercitarono nella comunità, secondo la testimonianza della tradizione tiene il primo posto l'ufficio di quelli che, costituiti nell'episcopato, per successione che decorre ininterrotta dall'origine, possiedono il tralcio del seme apostolico … I vescovi dunque assunsero il servizio della comunità con i loro collaboratori, presbiteri e diaconi, presiedendo in luogo di Dio al gregge di cui sono pastori, quali maestri di dottrina, sacerdoti del sacro culto, ministri del governo della Chiesa …" ( LG 20 ). Parte II - I ministeri nella Chiesa di Cristo oggi 49. Il ministero della Chiesa ripropone sacramentalmente il ministero di Cristo ( "Quod Redemptoris nostri perspicuum fuit in sacramenta transivit": S. Leone M., Serm. 74,2 ). Di tale ministero ecclesiale, quale lo ritroviamo nella Chiesa primitiva, espresso e distribuito in tante forme, essenziali le une e accessorie le altre, vediamo ora l'attuazione varia, sacramentale e non sacramentale, che ne fa oggi la Chiesa, nella concorde varietà dei suoi servizi, uffici e prestazioni. I. I ministeri ordinati 50. Nella Chiesa incontriamo anzitutto i ministeri ordinati, ossia i ministeri che derivano dal sacramento dell'Ordine. Sono stati tramandati dagli apostoli e dai loro successori, e costituiscono la gerarchia ecclesiastica. Per questo vengono detti anche ministeri gerarchici. Essi, prima ancora che per coloro che li ricevono, sono, come sacramenti "voluti da Dio" ( cf. Conc. Trid., De Sacr. Ordinis, cap. 2 e can. 6; cf. anche LG 28 ), una grazia immensa per la vita e la missione di tutta la Chiesa. Il ministero del vescovo 51. Principale fra essi e loro sorgente è il ministero del vescovo. Il recente concilio ne ha vigorosamente sottolineato e sviluppato alcuni aspetti, che qui brevemente richiamiamo. 52. Anzitutto, la pastoralità. Il vescovo è pastore. "Mandato dal Padre di famiglia a governare la sua famiglia, tenga innanzi agli occhi l'immagine del buon pastore che è venuto non per essere servito, ma per servire, e dare la sua vita per le pecore … Dovendo render conto a Dio delle anime ( cf. Eb 13,17 ), con la preghiera, la predicazione, e ogni opera di carità abbia cura di loro, e anche di quelli che non sono ancora nell'unico gregge …" ( LG 27 ). "Con ogni forma di cura e servizio episcopale, esercitino un perfetto ufficio di carità pastorale, non temano di dare la propria vita per le pecorelle e, fattisi modello del gregge ( cf. 1 Pt 5,3 ), promuovano anche con l'esempio la Chiesa a una santità ogni giorno più grande" ( LG 41; cf. CD 11, n.16 ). 53. Poi, la sacramentalità. L'ordinazione episcopale è un sacramento che comunica la grazia e imprime il carattere. Questo dato può sembrare oggi evidente e pacifico, ma è stato il Vaticano II a confermarlo, ponendo fine a incertezze teologiche: "Per compiere così grandi uffici, gli apostoli sono stati rivestiti da Cristo con una speciale effusione dello Spirito Santo disceso su di loro, ed essi stessi con l'imposizione delle mani diedero questo dono ai loro collaboratori, dono che è stato trasmesso fino a noi nella consacrazione episcopale. Insegna quindi il santo concilio che con la consacrazione episcopale viene conferita la pienezza del sacramento dell'ordine … Dalla tradizione infatti … consta chiaramente che dall'imposizione delle mani e dalle parole della consacrazione la grazia dello Spirito Santo è così conferita, e così è impresso il carattere …" ( LG 21 ). 54. Quale sia la grazia propria del vescovo emerge dalla formula dell'ordinazione, che prega così: "Effondi sopra questo eletto quella potenza che viene da te, lo Spirito Santo ( Spiritum principalem ), che hai dato al tuo amato figlio Gesù Cristo; egli lo ha donato ai santi apostoli, che hanno fondato la Chiesa in ogni luogo come tuo santuario, a gloria e lode del tuo santo nome" ( Pontificale romanum, De ordinatione episcopi ). La grazia del servizio episcopale, attraverso l'effusione dello Spirito invocata nell'ordinazione e sacramentalmente operata, ripropone dunque la centralità del servizio umile e potente del Cristo capo. In questa luce, di imitazione dell'umile servizio di Cristo, il vescovo viene costituito "in potenza e autorità" perché serva la Chiesa, edificandola e presiedendola. La grazia propria del vescovo non è perciò d'essere la sintesi dei ministeri, come si poteva pensare in passato, ma è il ministero della sintesi, dell'armonizzazione e della generazione di tutti i ministeri volti all'edificazione della comunità. Per questa grazia il vescovo, in forza del dono ricevuto, diventa efficace segno, e "principio visibile e fondamentale di unità per la Chiesa particolare a lui affidata" ( LG 23 ). La Chiesa infatti non si raduna "per virtù di carne e sangue" ma perché suscitata dall'umile servizio dell'Agnello, visibilizzato dal vescovo. Egli presiede alla comunità "in luogo di Dio" ( ed è questa la caratteristica episcopale del sacerdozio ordinato ) perché ripropone la presenza di Cristo ( LG 20; cf. LG 21; SC 7 ), fondamento su cui riposa tutto il corpo ecclesiale e a cui converge il dono dello Spirito. La rappresentanza piena di Cristo nella comunione ecclesiale lo fa agire "in sua persona" ( LG 21 ) e lo fa essere, in conformità a Cristo del quale "è vicario e legato" ( LG 27 ), capo perché servo della Chiesa. 55. Infine, la collegialità. È ancora il concilio a ripresentarla e a volerne una riattivazione più fortemente e concretamente affermata: "Come san Pietro e gli altri apostoli costituiscono, per volontà del Signore, un unico collegio apostolico, in pari modo il romano pontefice, successore di Pietro, e i vescovi, successori degli apostoli, sono uniti fra loro …" ( LG 22 ). Tutte le conseguenze dell'applicazione di questa "istituzione e precetto di Cristo" ( LG 23 ), tanto nelle sue strutture costitutive e canoniche, quanto nel suo spirito o nell'"affetto collegiale" ( LG 23 ), che ne deriva, sono per ora imprevedibili, ma già si intravedono ricche e incalcolabili fecondità per l'avvenire della Chiesa. 56. Il collegio dei vescovi è responsabile di tutta la Chiesa e della sua missione. "Tutti i vescovi devono promuovere e difendere l'unità della Chiesa e la disciplina comune a tutta la Chiesa, istruire i fedeli all'amore di tutto il corpo mistico di Cristo, specialmente delle membra povere, sofferenti e di quelle che sono perseguitate a causa della giustizia, e, infine, promuovere ogni attività comune alla Chiesa … La cura di annunciare in ogni parte della terra il Vangelo appartiene al corpo dei pastori, ai quali tutti in comune Cristo diede il mandato, imponendo un comune dovere …" ( LG 23 ). I vescovi devono essere "uniti fra di loro" ( LG 22 ); ma uniti col Papa, il quale è stato "investito, per volontà di Cristo, del ministero preminente di insegnare la verità rivelata" ( EN 67 ), e dell'ancora più esteso ministero di essere, "quale successore di Pietro, il perpetuo e visibile principio dell'unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli" ( LG 23 ). 57. È necessario che il popolo di Dio sia adeguatamente evangelizzato circa il ministero del romano pontefice, del collegio episcopale e del vescovo nella Chiesa locale perché siano ritenuti, quali sono, grazia e fonte per la vita della Chiesa e sia accolto come si conviene il loro esercizio magisteriale e pastorale ( cf. LG 25; CD 12-13 ); perché la comunione ecclesiale sia ricercata sempre nella reale e coerente convergenza verso questi ministeri affinché "tutte le cose siano d'accordo nella verità" ( s. Ignazio, Ad Eph. 5,1 ); e perché la preghiera e la collaborazione delle Chiese sostengano quei fratelli investiti dallo Spirito Santo di un ministero tanto arduo. L'affetto e il generoso sostegno verso questi ministeri e verso quanti li esercitano, per grazia e mandato ricevuti, sono atteggiamenti spirituali che fanno entrare i fedeli nel mistero diaconale della Chiesa e nel suo svelarsi più pienamente conforme al suo Signore. Il ministero del presbitero 58. Strettamente congiunto al ministero del vescovo, in virtù del sacramento dell'ordine, è il ministero del presbitero: anche il presbitero infatti rende presente il Cristo, nel cui nome e con la cui autorità agisce, in comunione con il vescovo ( cf. LG 21 ). Questo ministero è il più conosciuto dai fedeli, in mezzo ai quali, quotidianamente, il presbitero vive: "Vivono … in mezzo agli altri uomini, come fratelli tra fratelli" ( PO 3 ), portano tutto il peso del giorno e del calore ( cf.Mt 20,12; AG 27 ), molti "in un servizio spesso umile e nascosto". Sono meritevoli di tanta riconoscenza: "La loro lode risuona nella Chiesa di Dio" ( LG 41 ). Il ministero dei presbiteri è comunione e collaborazione "saggia" ( LG 28 ) e "necessaria" ( PO 7 ) al ministero del vescovo, che essi rappresentano e rendono presente nella comunità da loro riunita come fraternità e famiglia di Dio attorno alla parola e all'eucaristia. Lavano le miserie dei peccati col ministero della riconciliazione ( cf. 2 Cor 5,18-21; LG 28 ), recano sollievo ai malati con l'olio benedetto ( cf. Gc 5,15; LG 28 ), preparano i morenti all'incontro con Dio. Anch'essi, a somiglianza dei vescovi e insieme con i propri vescovi, costituiscono un corpo, il presbiterio. Vivono in comunione e collaborazione tra loro, e formano, con dei loro delegati, il "consiglio presbiterale" ( PO 7 ), che affianca il vescovo "nel governo della diocesi" e "nell'esame dei problemi riguardanti le necessità del lavoro pastorale …" ( PO 7 ). I frutti di questa comunione, come quelli della collegialità episcopale, non potranno non essere grandi su ogni piano, sia spirituale che pastorale. I presbiteri, infine, sono ancora, come il vescovo e con il vescovo, pastori. L'educazione nei seminari tende appunto, secondo le direttive della Chiesa, a "formare veri pastori di anime", preparando "all'ufficio di pastore, per essere in grado di rappresentare in mezzo agli uomini Cristo, il quale non venne per essere servito, ma per servire e dare la sua vita a redenzione di molti ( Mc 10,45; cf. Gv 13,12-17 ); così essi potranno guadagnare molti, facendosi servi di tutti ( 1 Cor 9,19 )" ( OT 4 ). I vincoli che legano i presbiteri al vescovo e tra loro esigono rapporti vicendevoli improntati alla soavità delle confidenze di Gesù nell'ultima cena. Esse vengono ancora cantate durante il rito dell'ordinazione presbiterale ( cf. Pontificale romanum, De ordinatione presbyteri ): "Voi siete miei amici .. non vi chiamo più servi … ma vi ho chiamati amici" ( Gv 15,14-15 ). 59. Anche questo grande ministero del presbitero ha bisogno di nuova evangelizzazione e di forte impulso all'interno del popolo di Dio. Dinanzi a un disegno tutto ministeriale della Chiesa, comune e condivisa dev'essere la preoccupazione che non manchino i ministri nella Chiesa e, tra questi, in primo luogo quelli che sono stati voluti dal Signore come nodi sacramentali della sua presenza tra noi. E anzi, tanto più crescono nella Chiesa le sensibilità ministeriali e le corrispondenti concrete disponibilità di servizio, quanto più si diffondono e si fortificano la stima e la promozione del sacerdozio ministeriale, come sacramento generatore di quelle sensibilità. Il ministero del diacono 60. Questo ministero, importantissimo nella Chiesa antica, è stato ripristinato dal concilio Vaticano II, nella sua forma permanente, e in questa forma può essere conferito, secondo direttive precise della Santa Sede e della nostra Conferenza ( cf. SDO; AP; ReDP; Norme e direttive per la scelta e la formazione dei Candidati al ministero diaconale, 1972 ), tanto a celibi quanto a coniugati. Più che una novità, il diaconato permanente si presenta come la risposta felicemente concreta alle esigenze di restituire, a chi ne ha la vocazione, compiti che con l'andar dei tempi erano stati assorbiti dai presbiteri o dai laici. Ma, prima ancora, col ripristino del diaconato permanente, la Chiesa ha la consapevolezza di accogliere un dono dello Spirito e di immettere così nel vivo tessuto del corpo ecclesiale energie cariche di una grazia peculiare e sacramentale, capaci perciò di maggiore fecondità pastorale. Il diaconato concorre così a costituire la Chiesa e a darne un'immagine più completa e più rispondente al disegno di Cristo, e più in grado, per interna e spirituale potenza, di adeguarsi a una società che ha bisogno di fermentazione evangelica e caritativa, nei piccoli gruppi, nei quartieri e nei caseggiati. Le esperienze finora attuate in alcune diocesi sono esemplarmente promettenti e in via di felice sviluppo. 61. Le esortazioni del vescovo, previe all'ordinazione, puntualizzano il ruolo di questo ministero. Dice il vescovo ai fedeli:" Fortificato dal dono dello Spirito Santo, egli sarà di aiuto al vescovo e al suo presbiterio; nel ministero della parola, dell'altare e della carità, dimostrandosi servo di tutti. Diventato ministro dell'altare, annuncerà il Vangelo, preparerà ciò che è necessario per il sacrificio, distribuirà ai fedeli il corpo e il sangue del Signore, inoltre, secondo il mandato del vescovo, avrà il compito di esortare e istruire nella dottrina di Cristo i fedeli e quelli che tali non sono ancora, guidare la preghiera, amministrare solennemente il battesimo, assistere e benedire il matrimonio, portare il viatico ai moribondi, presiedere al rito dei funerali. Il diacono … unito più strettamente all'altare, eserciterà il ministero della carità, in nome del vescovo e del parroco". Soggiunge poi il vescovo al candidato: "Sarai diacono, cioè ministro di Gesù Cristo, che in mezzo ai suoi discepoli si è comportato come colui che serve. Fà con impegno la volontà di Dio, e servi con letizia, nella carità, il Signore e gli uomini" ( Pontificale romanum, De ordinatione diaconi ). II. I ministeri istituiti 62. Attorno ai ministeri ordinati, la vita e l'insegnamento della Chiesa ( cf. DS 1772-1776; LG 41 ) hanno sempre visto e ammesso l'esistenza di altri ministeri, appunto i ministeri non ordinati, che, varianti secondo le epoche e le necessità, abbracciano quelli istituiti e quelli di fatto. Pertanto bisognerà tenere presenti, con maggiore proprietà e attenzione, questi diversi riferimenti e significati del medesimo termine di "ministero". Soffermandoci ora sui ministeri "istituiti", si deve anzitutto dire che essi non nascono dal sacramento dell'ordine, ma sono appunto istituiti dalla Chiesa sulla base dell'attitudine che i fedeli hanno, in forza del battesimo, a farsi carico di speciali compiti e mansioni nella comunità. Costituiscono anch'essi una grazia, ossia un dono che lo Spirito Santo concede per il bene della Chiesa; e comportano pure, per quanti li assumono, una grazia, non sacramentale, ma invocata e meritata dall'intercessione e dalla benedizione della Chiesa. 63. I ministeri attualmente istituiti dopo il concilio, sono finora due: il lettorato e l'accolitato ( MQ; MnC ). Hanno riferimento al libro e all'altare, ossia all'amministrazione della parola di Dio e del sacramento del corpo e del sangue di Cristo e di conseguenza della carità: i divini tesori custoditi dalla Chiesa e di cui la Chiesa è debitrice all'umanità. Questi ministeri istituiti esistevano prima come tappe spirituali dell'itinerario verso i ministeri ordinati; ora godono di una loro autonomia e stabilità, anche se riceverli ed esercitarli è obbligatorio per i candidati ai ministeri dell'ordine sacro. Il ministero del lettore 64. Sua funzione è quella di "proclamare la parola di Dio nell'assemblea liturgica, studiarsi di educare nella fede i fanciulli e gli adulti, prepararli a ricevere degnamente i sacramenti, annunciare il messaggio della salvezza agli uomini che lo ignorano ancora" ( Rito per il conferimento del ministero del lettorato ). Il vescovo, nella celebrazione in cui conferisce questo ministero, consegna al lettore il libro della sacra Scrittura: "Ricevi il libro della sacra Scrittura, e trasmetti fedelmente la parola di Dio, perché prenda forza e vigore nel cuore degli uomini" ( ivi ). È un ministero, come si vede, da attribuirsi soprattutto a quanti vogliono impegnarsi, oltre che nelle celebrazioni liturgiche, nell'organizzazione dell'attività evangelizzatrice e catechistica, rendendo così autentico e coerente il loro servizio liturgico. E non è chi non veda quanto possa essere utile e fecondo per la vita delle nostre comunità. Il ministero dell'accolito 65. Suo compito è di seguire e "aiutare i presbiteri e i diaconi nello svolgimento del loro ufficio; come ministro straordinario, distribuire ai fedeli, anche malati, la santa comunione; e amare il popolo di Dio che è il corpo mistico di Cristo, specialmente i deboli e gli infermi" ( Rito per il conferimento del ministero dell'accolitato ). All'accolito, nel rito del conferimento del ministero, il vescovo consegna il pane e il vino da consacrare, il calice e la patena, a indicare il suo ruolo e il suo ministero nella celebrazione dell'eucaristia. Anche questo è un ministero che può essere proficuamente affidato a quanti amano occuparsi della promozione della vita liturgica in una comunità, pur se l'ambito della sua azione abbraccia, con l'esercizio della carità, un'area molto più vasta. Egualmente in questo caso è facile prevedere il bene che ne può venire per le necessità pastorali delle nostre Chiese. Il servizio straordinario della distribuzione dell'eucaristia 66. Affine al ministero dell'accolitato, questo servizio se ne differenzia per il campo più ristretto e per le circostanze eccezionali in cui può essere svolto. È un incarico straordinario, non permanente, concesso in relazione a particolari e vere necessità di situazioni, di tempi e di persone. Ministro straordinario della comunione eucaristica può essere tanto l'uomo quanto la donna. Riceve la facoltà di "comunicarsi direttamente, distribuire la comunione ai fedeli, portarla ai malati e agli anziani, recarla come viatico ai moribondi" ( Sacra Congregazione per la disciplina dei sacramenti, istruzioneImmensae caritatis circa la comunione sacramentale, 29.1.1973 ). La possibilità di questo servizio è un gesto di squisita bontà nella Chiesa, "perché non restino privi della luce e del conforto di questo sacramento i fedeli che desiderano partecipare al banchetto eucaristico" ( Immensae caritatis ) e ai frutti del sacrificio di Cristo. Il profitto spirituale e pastorale, che proviene da questa comprensiva dispensazione della Chiesa, è anch'esso considerevole, sia per i singoli fedeli e sia per i gruppi delle case religiose, degli ospedali, degli istituti e simili: un profitto che si riflette naturalmente e si riversa su tutta la comunità. III. Questioni circa i ministeri 67. I ministeri istituiti, quelli già istituiti dalla Santa Sede e quelli che in seguito saranno dalla stessa istituiti su proposta delle conferenze episcopali per le esigenze delle comunità ecclesiali, non esauriscono la ricchezza ministriale che può fiorire attorno ai ministeri ordinati a sostegno e sviluppo della ministerialità della Chiesa. I ministeri istituiti di cui parliamo si caratterizzano per il rito liturgico del loro conferimento, che tuttavia non ne limita l'esercizio alla sfera strettamente liturgica. Il rito liturgico, d'altra parte, non è l'unico modo di approvazione e di investitura dei ministeri. Accanto al rito, ed equivalente nella sostanza, può esservi il riconoscimento canonico, oppure il tacito ed effettivo consenso dell'autorità ecclesiastica. In quest'ultimo caso si hanno i cosiddetti ministeri di fatto, quei ministeri cioè che senza titoli ufficiali compiono, nella prassi pastorale, consistenti e costanti servizi pubblici alla Chiesa. Il pensiero corre spontaneamente ad alcune categorie di fedeli, che si trovano nelle condizioni indicate per l'esplicazione di ministeri di fatto. Uno degli esempi più evidenti è quello dei catechisti, che è tra i più fiorenti in non poche Chiese locali. Le difficoltà e la problematicità sorgono invece per altre categorie di fedeli, per altre condizioni di situazioni e di lavoro, e per il genere stesso di alcuni servizi che si rendono alla comunità. Prima di passare in rassegna queste categorie, e di prenderne in considerazione almeno le principali, pare opportuno chiarire cosa sia un ministero non ordinato e di quali elementi risulti. Le osservazioni seguenti si atterranno ai dati più comuni e sicuri dei documenti ecclesiali e dei risultati teologici. Nozione di ministero non ordinato 68. La nozione di ministero non ordinato è desumibile dagli elementi che concorrono alla sua composizione. Essi possono così configurarsi: a) Soprannaturalità di origine. Anzitutto, il ministero è originariamente determinato da un dono di Dio. Il ministero non ordinato nasce cioè da una vocazione che è dono e grazia dello Spirito Santo, il quale chiama qualcuno ad offrire la propria fatica ( cf. Fil 4,3; Rm 16,6.12 ) per la Chiesa. Lo ricorda il concilio, quando, trattando di tutti i ministeri, ordinati e non ordinati, dice che sono "suscitati nell'ambito stesso della Chiesa da una vocazione divina" ( AG 15). b) Ecclesialità di fine e di contenuto. Il ministero è un servizio prettamente ecclesiale nella sua essenza e nella sua destinazione. Aiuta il ministero ordinato nelle sue funzioni ( MQ ) e contribuisce così, per la sua parte, alla formazione della comunità cristiana nel lavoro della sua incessante fondazione, crescita e missione ( cf. AG 15; EN 73 ). c) Stabilità di prestazione. Il ministero non è un servizio temporaneo e transeunte, che chiunque, per richiesta o per generosità, potrebbe in una data circostanza offrire. Il ministero esige una certa stabilità, almeno l'impegno di qualche anno, se non la donazione di tutta la vita. d) Pubblicità di riconoscimento. Il ministero, che sorge dal seno della comunità e vive per il bene della comunità, deve avere l'approvazione della comunità e, nella comunità, da chi deve esercitare il servizio dell'autorità. I modi di questo pubblico riconoscimento sono molteplici, come è già stato notato; e tuttavia il riconoscimento che manifesti all'intera comunità la qualità del servizio è indispensabile. 69. È certo, infine, che ogni tipo di ministero, oltre i requisiti suddetti, vuole attitudine e competenza specifica, da verificarsi caso per caso. Ma a noi importa, in questo momento, aver delineato la fisionomia del ministero non ordinato, perché riteniamo che anche questa consapevolezza di essere strumenti della ministerialità della Chiesa sia evangelizzata ed educata più compiutamente. Per questa via si farà rifiorire in tutti un senso di appartenenza gioioso e responsabile alla Chiesa, che riporti a lei, e perciò a Cristo, ogni dono e ogni servizio dato alla crescita del regno di Dio. Questa medesima consapevolezza deve illuminare la comprensione delle questioni che ora presentiamo e deve favorirne la soluzione, che resta affidata alla comune responsabilità, alla concreta sperimentazione e al finale discernimento dei pastori. Ministeri e religiosi 70. La questione che riguarda il rapporto tra ministeri e religiosi esige alcune preliminari puntualizzazioni. C'è da osservare, anzitutto, che la vita religiosa, caratterizzata dalla professione dei consigli evangelici, è primariamente uno stato di vita, e non un'attività o un servizio o uno specifico ministero. Come stato di vita, ha una funzione necessaria e insostituibile nella Chiesa: quella di essere, perché dono dello Spirito, segno e richiamo alla "vita nuova ed eterna" e alla "risurrezione futura"; e alla "forma di vita, che il Figlio di Dio abbracciò, quando venne nel mondo per fare la volontà del Padre …", alla "trascendenza del regno di Dio sopra tutte le cose terrestri e alle sue esigenze supreme" ( LG 44 ). E tuttavia, "siccome i consigli evangelici, per mezzo della carità alla quale conducono, congiungono in modo speciale i loro seguaci alla Chiesa e al suo mistero, la vita spirituale dei religiosi deve pur essere consacrata al bene di tutta la Chiesa. Di qui deriva il dovere di lavorare, secondo la forza e il genere della propria vocazione, sia con la preghiera, sia anche con l'opera attiva, a radicare e consolidare negli animi il regno di Cristo …" ( LG 44 ). L'esortazione apostolica sull'evangelizzazione sintetizza mirabilmente tutto questo. I religiosi "con la stessa natura del loro essere si collocano nel dinamismo della Chiesa, assetata dell'assoluto di Dio, chiamata alla santità. Di questa santità essi sono testimoni. Incarnano la Chiesa in quanto desiderosa di abbandonarsi al radicalismo delle beatitudini. Con la loro vita sono il segno della totale disponibilità verso Dio, verso la Chiesa, verso i fratelli" ( EN 69 ). 71. Sullo sfondo di queste premesse, si comprende come siano sorti e sorgano ordini, congregazioni e istituti, non solo per la professione dei consigli evangelici ma anche per l'esplicazione di autentici ministeri quali la predicazione, l'assistenza ai pellegrini, agli infermi e agli orfani, la liberazione degli schiavi, l'educazione della gioventù, l'apostolato dei mass-media ecc.; e si comprende ancora come singoli religiosi possano essere investiti, per il bene comune, dell'esercizio di ministeri istituiti, e possano svolgere ministeri di fatto. Ministeri e laici 72. Anche a proposito della questione del rapporto dei laici coi ministeri sono necessarie delle precisazioni. Bisogna, anzitutto, ridimensionare la diffusa mentalità che inclina ad attribuire ai laici soltanto compiti nel mondo e, perciò, bisogna considerare il "ruolo" specifico del laicato più organicamente innestato nella realtà di una Chiesa che è tutta al servizio del Signore. Secondo la dottrina del concilio, sia nella costituzione sulla Chiesa e sia nel decreto sull'apostolato dei laici, tutti i fedeli sono chiamati, in forza del battesimo, a partecipare all'unica e globale missione della Chiesa ( cf. LG 33-38; AA 3 ). E tuttavia, uno dei modi tipicamente laicali di parteciparvi è collegato "alla vocazione specifica dei laici posti in mezzo al mondo e alla guida dei più svariati compiti temporali". "Il loro compito primario e immediato non è l'istituzione e lo sviluppo della comunità ecclesiale - specifico dei pastori - ma è la messa in atto di tutte le possibilità cristiane ed evangeliche nascoste, ma già presenti e operanti nelle realtà del mondo. Il campo proprio della loro attività evangelizzatrice è il mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale, dell'economia; così pure della cultura, delle scienze e delle arti, della vita internazionale, degli strumenti della comunicazione sociale; e anche in altre realtà particolarmente aperte all'evangelizzazione, quali l'amore, la famiglia, l'educazione dei bambini e degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza" ( EN 70 ). 73. Qui si apre senza dubbio un orizzonte assai vasto per i ministeri dell'animazione cristiana dell'ordine temporale, e della promozione umana, le quali, come tali, fanno parte della missione della Chiesa. Tutto ciò che entra infatti nell'ordine dell'evangelizzazione, potrebbe essere oggetto di ministero ecclesiale. Se pertanto "ci saranno laici penetrati di spirito evangelico, responsabili di queste realtà ed esplicitamente impegnati in esse, competenti nel promuoverle e consapevoli di dover sviluppare tutta la loro capacità cristiana spesso tenuta nascosta e soffocata" ( EN 70 ), a noi pare che alla presenza cristiana nel mondo, e alle sue concrete future progettazioni, venga offerta una svariata e provvidenziale gamma di autentici ministeri laicali ( cf. GE 8 ). Ministeri e famiglie 74. C'è la questione della famiglia nel suo rapporto con i ministeri. Della famiglia trattò abbondantemente l'assemblea generale della CEI nel 1975. Nel documento che ne è scaturito, si accenna, forse per la prima volta, al "ministero dei coniugi". "In forza del sacramento, gli sposi sono consacrati per essere ministri di santificazione nelle famiglie e di edificazione della Chiesa … I coniugi compiono il loro ministero e impegnano il loro carisma, nella preparazione specifica dei fidanzati al sacramento del matrimonio … nella catechesi familiare e parrocchiale, nella promozione delle vocazioni specialmente di quelle di speciale consacrazione …" ( EvSM 104-106 ). Il Papa si è così recentemente espresso: si "deve far spazio … alle coppie e … aiutare le comunità parrocchiali e diocesane a riconoscerne il ruolo di protagoniste della pastorale che a loro viene dalla grazia del sacramento. In una società che emargina sempre più la famiglia e, praticamente, tende a vanificarne la consistenza e i compiti nelle realtà civili e nell'educazione dei figli … ci si deve impegnare a promuovere il ministero dei coniugi anzitutto nei confronti della crescita della fede dei figli; nei confronti poi della evangelizzazione delle coppie e delle famiglie deboli nella fede, con le quali essi hanno quotidianamente contatti di vicinato, di lavoro, di situazioni spesso totalmente chiuse ad altre presenze ecclesiali; nei confronti infine dei fidanzati, che si preparano al matrimonio" ( Paolo VI, Discorso all'assemblea generale dell'ACI, 25.4.1977 ). Ministeri e donne 75. C'è poi il problema, oggi molto avvertito e tuttavia irto di difficoltà non lievi, della configurazione ministeriale delle donne. Circa i ministeri ordinati e i ministeri finora istituiti, vanno tenuti presenti gli orientamenti dottrinali ( II ) e le norme disciplinari ( MQ ), emanati dalla Chiesa in questi ultimi anni. Anche in questo campo, la ricerca è aperta e i ministeri di fatto aprono vaste aree di esercizio all'impegno ministeriale delle donne. In questa linea ci sembra importante che giunga a maturazione, nella preghiera e nella meditazione come pure nella concreta sperimentazione, una più vasta e corretta consapevolezza ministeriale, rispettosa della misteriosa saggezza evangelica ed ecclesiale. 76. Non dunque per eludere il problema ma per favorire tale maturazione, preferiamo invitare a scoprire nella sacra Scrittura, soprattutto nel Nuovo Testamento, quante e quali possibilità siano riservate alle donne nell'edificazione del corpo di Cristo: possibilità corrispondenti alla grandezza delle loro aspirazioni, e all'effettiva capacità del loro generoso donarsi. Sarebbe bello riandare ai tempi apostolici e rievocare tanti nomi di donne, affioranti dalle Lettere e dagli Atti degli apostoli; e sarebbe interessante ricordare pure gli specifici ministeri che si intravedono da esse sostenuti ( cf. Lc 2,36; Rm 16,1ss; 1 Tm 5,3ss; At 9,36-41; At 21,9 ). Più significativo sarebbe risalire ai giorni di Gesù e della sua predicazione. Lo troviamo accompagnato, lui e i discepoli, da un gruppo di donne ( cf. Lc 8,1-3; Lc 23,55-56 ). Vi è Maria di Magdala, che lo unge e profuma, vivo e morto; lo ricerca sepolto; lo incontra risorto, e da lui è mandata a recare il messaggio pasquale: "Gesù le dice: Maria! Essa allora voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: Rabbunì, che significa: Maestro! Gesù le disse: Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma và dai miei fratelli e dì loro: io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro. Maria di Magdala andò subito ad annunciare ai discepoli: Ho visto il Signore e anche ciò che le aveva detto" (Gv 20,16-18 ). Ma bellissimo e fecondo è sostare sull'"ora" di Gesù, e fissare lo sguardo su Maria santissima, e contemplarne il ministero di Vergine Madre, di collaboratrice e corredentrice, nell'amore e nel dolore, per la gioia di tutti ( cf.Gv 2,1-11 ). Ministero unico, e tuttavia partecipabile, nella misura con la quale si aderisce alla volontà di Dio: "Giunsero sua madre e i suoi fratelli … e gli dissero … Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano. Ma egli rispose loro: Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre" ( Mc 3,31-35 ). Al di là e al di sopra di ogni ministero, c'è dunque un realissimo modo di sublimare, mediante la carità, tutta la vita. 77. Alla presenza della donna nella Chiesa, ai vari servizi che essa di fatto già rende sia per l'annuncio della Parola e per la catechesi e sia per la cristiana formazione e per le molteplici attività caritative e sociali, dovremo in futuro riservare un'attenzione maggiore. Non tanto per "consentire" alle nuove situazioni, nella misura in cui la "promozione della donna" è ritenuta un "segno dei tempi", ma piuttosto per recuperare esperienze di vita ecclesiale che, già utili alla Chiesa in altre stagioni, si riveleranno preziose per la Chiesa di oggi. A tal fine occorre una revisione di mentalità, per accogliere tutti i suggerimenti che emergono, oltre che dall'esperienza, dalla vita di una Chiesa che è mistero e comunione. Ministeri e movimenti apostolici 78. Nel contesto di singolari forme di ministerialità torna a porsi, sotto un profilo diverso da quello già accennato, la questione dei ministeri laicali, secondo autorevoli e significative indicazioni pontificie e conciliari, che configurano uno specifico ministero esercitato da laici. Se infatti la vocazione specifica dei laici è la loro presenza attiva nelle realtà temporali, "non bisogna tuttavia trascurare o dimenticare l'altra dimensione: i laici possono anche sentirsi chiamati o essere chiamati a collaborare con i loro pastori nel servizio della comunità ecclesiale, per la crescita e la vitalità della medesima, esercitando ministeri diversissimi, secondo la grazia e i carismi che il Signore vorrà loro dispensare" ( EN 73 ). "Tali ministeri, nuovi in apparenza, ma molto legati ad esperienze vissute dalla Chiesa nel corso della sua esistenza, - per esempio quelli di catechista, di animatori della preghiera e del canto, di cristiani dedicati al servizio della parola di Dio o all'assistenza dei fratelli bisognosi, quelli infine dei capi di piccole comunità, dei responsabili di movimenti apostolici, o di altri movimenti - sono preziosi per la plantatio, la vita, la crescita della Chiesa e per una capacità di irradiazione intorno a se stessa e verso coloro che sono lontani" ( EN 73 ). 79. Tra questi ministeri, e in aggiunta all'esemplificazione citata, crediamo di dover segnalare l'Azione cattolica, già dal concilio vista come una forma ministeriale ( cf. AG 15 ). Il nostro Papa, poi, in più di un'occasione ( cf. Discorsi all'ACI del 22.9.1973 e del 25.4.1977 ), ha voluto ribadirne l'idea, rilevando che l'Azione cattolica, "in quanto collaborazione dei laici all'apostolato gerarchico della Chiesa, ha un posto non storicamente contingente, ma teologicamente motivato nella struttura ecclesiale …", perché "chiamata a realizzare una singolare forma di ministerialità laicale, volta alla plantatio Ecclesiae e allo sviluppo della comunità cristiana in stretta unione con i ministeri ordinati" ( Discorso all'assemblea generale dell'ACI del 25.4.1977 ). 80. Noi sentiamo e vediamo l'Azione cattolica - con il concilio ( LG 33 ) - nella scia "di quegli uomini e donne che aiutavano l'apostolo Paolo nell'evangelizzazione, faticando molto per il Signore". Così nelle lettere di san Paolo: "Esorto Evodia ed esorto anche Sintiche ad andare d'accordo nel Signore. E prego te pure, mio fedele collaboratore, di aiutarle, perché hanno combattuto per il Vangelo insieme con me, con Clemente e con gli altri miei collaboratori, i cui nomi sono nel libro della vita" ( Fil 4,3 ). "Salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù … salutare anche la comunità che si riunisce nella loro casa. Salutate Maria, che ha faticato molto per voi … Salutate Andronico e Giunia … sono degli apostoli insigni …" (Rm 16,3ss ). 81. Questa qualifica di "singolare forma di ministerialità laicale" giunge a definire l'Azione cattolica dopo decenni di studi e di benefica presenza apostolica, che hanno non poco contribuito a sviluppare la teologia del laicato e le forme molteplici della sua partecipazione alla missione della Chiesa. È tempo, perciò, che sacerdoti e laici armonizzino le loro vedute circa l'Azione cattolica a queste prospettive, del resto già decisamente presenti nella dottrina del concilio ( cf. AG 15; LG 33; AA 20 ). Notevole impulso verrà all'impegno apostolico nella misura in cui saranno superati pregiudizi e disattenzioni e saranno accolte queste indicazioni che il servizio ecclesiale e la voce dello Spirito suggeriscono. Come, d'altra parte, una più efficace adesione a queste prospettive gioverà alla stessa Azione cattolica per realizzare il ministero che la qualifica al servizio della Chiesa, secondo le condizioni indicate dalla Evangelii nuntiandi ( cf. EN 73 ). 82. Ma non pensiamo, in questo momento, soltanto all'Azione cattolica. La prospettiva ministeriale può e deve egualmente valere anche per altre associazioni e movimenti, che con grande merito si dedicano ad altre e diverse necessità pastorali e, suscitando feconde disponibilità apostoliche, le pongono con fattivo amore a servizio della Chiesa. Conclusione Indicazioni e orientamenti 83. Le considerazioni che si sono esposte fin qui intorno al ministero di Cristo e della Chiesa, e ai ministeri nella Chiesa oggi, potranno essere utilizzate come traccia e stimolo per la presentazione del tema nelle comunità locali e per le applicazioni pastorali che ne potranno discendere. Le completiamo con semplici e rapide annotazioni e raccomandazioni. Speranze di frutti pastorali 84. Per l'intelligenza profonda dell'argomento e per la persuasione della sua immediatezza e validità pastorale, conviene portare in cuore due visioni. La prima visione, che vorremmo amorosamente contemplare, è quella tratta dalla sacra Scrittura e dal magistero specialmente conciliare: la visione di una Chiesa che nell'armonia operosa delle sue membra e nello scambio fattivo dei suoi doni ripete come sposa il mistero del suo sposo, Cristo, ancella accanto al Servo, fatta tutta ministeriale. È la visione che si è andati via via ricercando e ricostruendo lungo questa nostra trattazione, anche sotto la spinta degli impulsi che provengono dalla situazione sia socio-culturale e sia ecclesiale e che provocano a nuovi mezzi e metodi di evangelizzazione. 85. L'altra visione, non meno bella e non meno cara, e che conforta la prima con la testimonianza della sua attualità e fecondità, è quella dell'esperienza. Non abbiamo lo spazio per riportare le voci, udite durante la nostra assemblea generale di maggio, circa le sperimentazioni in corso in parecchie diocesi. Possiamo riferire di aver intravisto con gioia, grazie alla buona e tenace volontà di chi crede al concilio e si dona con amore a tradurlo in atto raccogliendone già i frutti, comunità ecclesiali nuove quali i tempi e le circostanze reclamano. Tutti i nuovi ministeri - intendendo per nuovi il diaconato permanente, l'accolitato e il lettorato - si rivelano fecondi sul piano pastorale, capaci di animare e vitalizzare settori bisognosi che non devono sfuggire allo zelo della Chiesa. 86. Il diacono permanente - e la sua azione avrà anche maggiore influenza quando questo ministro sarà a tempo pieno - può fermentare la comunità, richiamandola al dovere pressante della carità, dell'assistenza, e della promozione umana, e spingendola e guidandola poi, con un'organizzazione adeguata, nei quartieri, nei caseggiati, negli abitati vicini e lontani, a suscitarvi gruppi sensibili alla Chiesa, o desiderosi di volerlo diventare. 87. L'accolito potrà avere la responsabilità di tutta l'attività liturgica della comunità: curare i vari gruppi, dai ministranti all'altare, piccoli e grandi, ai lettori, ai salmisti, ai commentatori, ai cantori, agli altri che si prestano per la buona accoglienza ai partecipanti; attendere alla preparazione e alla celebrazione delle varie solennità e feste, sia quelle dell'anno liturgico culminante nella pasqua come pure quelle sacramentali del battesimo, confermazione, eucaristia, celebrazione della penitenza, del matrimonio ecc. Sarà il vero promotore laico della vita e dello spirito liturgico di cui dev'essere penetrata una comunità. 88. Altrettanto si dica del lettore, o del gruppo di lettori, responsabile ed organizzatore, al di fuori della liturgia, dell'attività catechistica e dell'attività apostolico-evangelizzatrice. Il lavoro è impegnativo al massimo e i suoi orizzonti sono vastissimi. È inutile enumerare tutto quello che di cura, di intelligenza, di cuore, di fatica e di tempo richiede un compito del genere, tanto per la catechesi dei fanciulli e dei giovani, quanto per la catechesi degli adulti, dei fidanzati, degli sposi; per la formazione delle èquipes di maestri e di animatori; per la creazione di strutture adeguate; e così via. Il discorso può ripetersi per il lavoro di evangelizzazione proprio delle associazioni e dei movimenti apostolici, che devono accostare ragazzi, giovani ed adulti negli agglomerati in cui vivono, le scuole in cui studiano, le fabbriche dove lavorano, i luoghi dei loro ritrovi e divertimenti. 89. Siamo convinti che tali istanze spirituali e disponibilità pastorali, esigite dalle predette visioni di Chiesa, hanno bisogno di vera maturazione. Le improvvisazioni moltiplicherebbero le istituzioni e le iniziative ma non farebbero crescere il corpo ecclesiale. Allo stesso modo, anche l'immobilità, che ripetesse staticamente impostazioni ministeriali e pastorali rispondenti a tempi storici diversi dal nostro, rischierebbe di impoverire le nostre comunità. Riteniamo perciò che si debba andare tutti insieme verso una Chiesa più condivisa nelle sue responsabilità e più partecipata nella sua missione salvatrice. Questa mèta pastorale va prefigurata con graduali programmazioni e con armonica e convinta dedizione. E, d'altra parte, chi dei presbiteri, parroci o coadiutori, non amerebbe - per la densità di popolazione o per la vastità di territorio della sua comunità, oltre che per interiore adesione alla visione ecclesiale riproposta dal Concilio - essere affiancato da laici competenti e consacrati agli impegni suddetti, pastoralmente tanto belli ma insieme tanto gravosi? Coscienza diaconale 90. Certo, il raggiungimento dell'ideale descritto e la realizzazione di una Chiesa tutta ministeriale sono condizionati all'acquisizione, in ognuno, di una coscienza diaconale o di servizio. Il cristiano non può vivere nè per sè nè a sè. È un membro: appartiene al corpo, e deve avere, nella docilità allo Spirito Santo che lo anima, la disponibilità a servire questo corpo, che è il corpo di Cristo. "Voi non appartenete a voi stessi" ( 1 Cor 6,19 ); "Siamo un solo corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri" ( Rm 12,5 ). Da questa coscienza veramente ecclesiale, che dovremo in tutti i modi formare e promuovere, lo Spirito Santo potrà avere una maggior prontezza di corrispondenza alle sue indubbie chiamate e ai suoi doni, per il servizio nella Chiesa a vantaggio della salvezza degli uomini. Pastorale vocazionale 91. La coscienza diaconale, una volta formata, non dispensa dal collaborare con lo Spirito Santo, presso le anime, per l'individuazione della propria vocazione. Questa dovrà essere coltivata, nel suo sbocciare e nel suo maturare, con ogni cura e premura. Sarà necessaria una intensificazione e una specializzazione della pastorale vocazionale, con l'impegno di tutti - comunità, famiglie, educatori, e soprattutto sacerdoti, nella missione dei quali rientra anche questa funzione ( cf. PO 11 ) - per prodigarsi nella cura delle chiamate che Dio rivolge alle anime in vista dei vari ministeri. 92. In particolare, sentiamo il bisogno di insistere per la pastorale delle vocazioni di speciale consacrazione, le sacerdotali anzitutto. Occorre avere chiaro il quadro della ministerialità della Chiesa, con la gerarchia dei ministeri, le priorità e le necessità assolute di alcuni, la complementarità di altri, e la convergenza di tutti nell'unica missione. "C'è nella Chiesa unità di missione e diversità di ministeri" ( AA 2 ). L'aspirazione e l'entusiasmo di tanti fedeli verso i ministeri non ordinati non deve andare a scapito dei ministeri ordinati. Questi, secondo la volontà di Cristo, sono per l'essere della Chiesa, quelli invece per il suo benessere. Accresciamo la nostra fede e la nostra stima per i ministeri stabiliti da Cristo - vescovi, presbiteri, diaconi - ed impegniamoci con tutte le forze ad assicurarli, con rinnovato spirito e stile, alle nostre Chiese in proporzione delle accresciute necessità. Sarà così più logico e più facilitato il sorgere e l'operare degli altri ministeri, per far maturare ai nostri giorni l'immagine conciliare di una Chiesa tutta ministeriale. Discernimento dei candidati 93. Diremo di più. Diremo che dovremo darci molto da fare ancora per suscitare vocazioni ai nuovi ministeri. Quanto sopra abbiamo detto a proposito delle speranze che, in campo pastorale, l'introduzione dei nuovi ministeri suscita in tanti cuori, esime dal soffermarsi su questo dovere. Preme piuttosto indicare alcuni criteri per il discernimento dei candidati ai suddetti ministeri. È il vescovo che deve compierlo, di fronte all'azione invisibile dello Spirito Santo nelle anime. Ma è opportuno che anche i fedeli non ignorino i segni che, oltre le attitudini e le competenze, permettono di riconoscere queste chiamate divine. Il vescovo farà attenzione alle seguenti garanzie: - la presenza della carità, che è il carisma eccellente e il più edificante atteggiamento interiore di servizio (1 Cor 12,31-13,13 ); - la professione della vera fede ( cf. 1 Cor 12,3 ); - la finalità e intenzione, limpida e sincera, di collaborare all'edificazione della comunità cristiana ( cf. 1 Cor 14,12 ); - la volontà della comunione, della convergenza, e della compartecipazione nell'esercizio del proprio ministero in armonia con tutti gli altri ( cf. Rm 12 e 1 Cor 12 ). Solo così i ministeri lavorano per la pace, la forza e la fecondità della vita e della missione ecclesiale. Apertura e fiducia nel futuro 94. Tutte queste considerazioni non avrebbero nondimeno alcun senso se non inducessero i cristiani a un atteggiamento spirituale, adeguato all'oggi che Dio dona e al domani che prepara, pieno di meraviglia alla sua Chiesa. Se tanti fedeli, per una rinata coscienza di Chiesa, sentono acuto il desiderio di partecipare a servire e da soli si impegnano quasi inconsapevolmente in mansioni e prestazioni verso la comunità ecclesiale e civile, e se i ministeri corrispondenti a queste mansioni e prestazioni non sono altro che frutti e semi di grazia largamente gettati nei solchi del nostro tempo, il primo atteggiamento richiesto a tutti è quello dell'ammirazione e della gratitudine. Dio è al lavoro anche ai nostri giorni, e riserva gioiose sorprese per i nostri occhi. 95. Non è men vero che si impone, specialmente ai vescovi, un atteggiamento di silenziosa considerazione ( cf. Gen 37,11 ), per saper vagliare, fra tante esperienze, quelle che sono buone e giovevoli ( cf. 1 Ts 5,19-21 ), e cogliere, fra tante voci, quelle che lo Spirito indirizza alle Chiese ( cf. Ap 2,7ss ), senza estinguerle. 96. Assicurando però queste premesse, in modo che "tutto avvenga decorosamente e con ordine" ( 1 Cor 14,40 ), si deve avere un atteggiamento di favore e di incoraggiamento per le nuove forme di responsabilità che sorgono nella Chiesa; di rispetto e di accoglienza nella responsabile libertà e della sana creatività con le quali si esprimono concretamente le odierne maniere della partecipazione e del servizio; di accettazione e di conferma, quando ne vien fatta richiesta per ministeri già praticamente esercitati. 97. È l'atteggiamento che possiamo imparare da Barnaba, inviato ad Antiochia per verificarvi la situazione: "Quando questi giunse e vide la grazia del Signore, si rallegrò, e, da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito Santo e di fede, esortava tutti a perseverare con cuore risoluto nel Signore" ( At 11,23-24 ). È a questo atteggiamento che si deve una tappa della svolta decisiva nella vita della Chiesa apostolica. Quello che anche a noi si impone, è un atteggiamento di fiduciosa e collaborante apertura verso il futuro in Dio, pur senza presumere di precederne i tempi e le forme: "Vedere la grazia, rallegrarsi, esortare a perseverare …". Il resto, poi, e cioè l'istituzione o meno di altri ministeri, verrà o andrà da sè, secondo i piani imperscrutabili e talvolta sconcertanti dello Spirito ( cf. OA 37 ). 98. "Il disegno di salvezza di Dio, che è il mistero di Cristo, ossia il sacramento nascosto da secoli in Dio … non viene condotto a termine se non a poco a poco, mediante la collaborazione organica di diversi ministeri, che tendono tutti all'edificazione del corpo di Cristo, fintanto che non venga raggiunta la misura della sua età" (PO 22 ). Questo è uno dei quadri più belli della Chiesa, tracciato dal concilio. La Chiesa sembra innalzarsi nel mondo grazie al contributo armonico dei diversi ministeri, quelli stabiliti da Cristo con le strutture sacramentali e quelli suscitati dalla libertà dello Spirito. Impegno comune è di concorrere, anche noi, in umiltà e carità, all'edificazione di questa Chiesa.