La pastorale dei divorziati risposati Parte I - Il Vangelo dell'indissolubilità e la pastorale della Chiesa 1. - Il mistero dell'amore di Gesù Cristo e il suo comandamento 1. - La Chiesa, fedele al mandato del Signore, custodisce gelosamente e proclama ogni giorno al mondo il Vangelo del Matrimonio cristiano, con il quale gli sposi « significano e partecipano il mistero di unità e di fecondo amore che intercorre fra Cristo e la Chiesa ( cfr. Ef 5,32 ) » ( Lumen gentium, n. 11 ). L'uomo e la donna che si sposano « nel Signore » ( cfr. 1 Cor 7,39 ) sono chiamati a vivere ad un titolo nuovo e speciale il loro amore con quelle caratteristiche di unità e indissolubilità di cui è segnato ogni patto coniugale: il matrimonio, infatti, unisce gli sposi per tutta la vita con un vincolo che il sacramento rende sacro ( cfr. Gaudium et spes, n. 48 ). 2. - Il sacramento del Matrimonio inserisce i battezzati nell'alleanza d'amore di Gesù Cristo, sposo unico e fedele della Chiesa, e li rende partecipi dell'indivisibile unità che è propria del mistero cristiano: « Il vincolo che unisce l'uomo e la donna e li fa "una sola carne" ( cfr. Gen 2,24 ) diventa in virtù del sacramento del Matrimonio segno e riproduzione di quel legame che unisce il Verbo di Dio alla carne umana da lui assunta e il Cristo capo alla Chiesa suo corpo nella forza dello Spirito », e trova « la sua ultima matrice nel mistero della comunione trinitaria » ( CEI, Evangelizzazione e sacramento del Matrimonio, n. 34 ). L'indissolubilità, radicata in ogni Matrimonio, viene arricchita dal sacramento che rafforza e santifica il vincolo degli sposi cristiani, dando loro la vocazione alla fedeltà totale: in tal modo, !'indissolubilità diventa la testimonianza viva e permanente di una condivisione dell'amore pasquale di Cristo per sempre legato alla Chiesa sua sposa. 3. - Ogni dono di Dio, mentre rivela il suo amore per l'uomo, si pone come appello e comandamento alla libertà dell'uomo stesso. Così è anche dell'indissolubilità. In contrasto con una società e una cultura che ammetteva il divorzio, Gesù Cristo rivendica con forza l'autentica natura della donazione personale totale e definitiva dei coniugi e, superando ogni decadenza morale, la riconduce all'originario progetto di Dio Creatore: « Non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi » ( Mt 19,6 ). 4. - In intima connessione con !'indissolubilità si pone l'esigenza umana ed evangelica della fedeltà. Gesù dichiara: « Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio » ( Mc 10,11-12; cfr. Lc 16,18; Mt 19,9 ). Egli arriva ad affermare: « Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore » ( Mt 5,28 ). L'infedeltà coniugale, segno e frutto della « durezza del cuore » ( cfr. Mt 19,8 ), provoca una spirituale divisione tra gli sposi e rompe gravemente il loro rapporto con Dio. Come scrive l'Apostolo, essa è tra i peccati che escludono dal regno di Dio ( cfr. 1 Cor 6,9 ). Questa fedeltà coniugale, mentre esige !'impegno umano, è resa possibile dal dono di Dio. Gli sposi cristiani poi ricevono in forza del sacramento del Matrimonio la grazia di un amore fedele dal Signore Gesù, che è « il testimone fedele » ( Ap 3,14 ) e il « sì » vivente delle promesse di Dio ( cfr. 2 Cor 1,20 ). 2. - L'incredulità e il rifiuto da parte del mondo 5. - Al mistero dell'amore di Gesù Cristo e al suo comandamento sull'indissolubilità e fedeltà, un'ampia parte della società attuale oppone una logica diversa: quella di una cultura immanentistica e consumistica che tende a disistimare e a deridere la fedeltà coniugale, e di fatto la viola in molti modi, giungendo, spesso con facilità, al divorzio, al « nuovo matrimonio », alla convivenza senza alcun vincolo né religioso né civile. 6. - Sulla disgregazione del nucleo coniugale e familiare si deve registrare l'influsso, spesso ampio e profondo, esercitato dal mutamento culturale in atto nella nostra società. Come avviene di ogni situazione storica, l'attuale contesto culturale è ambivalente anche per quanto riguarda il Matrimonio indissolubile. Vi troviamo elementi capaci di favorire il valore dell'indissolubilità, come la crescente consapevolezza del significato personalistico e comunitario dell'amore coniugale. Non mancano però elementi pericolosi e negativi. Così nella nostra società la concezione cristiana della vita - e in essa del Matrimonio - non è più né l'unica né forse la prevalente visione che ispira la mentalità e il costume di tante persone. Il fenomeno poi del secolarismo, interpretando la vita entro una prospettiva esclusivamente umana e terrena, rifiuta il riferimento a Dio come norma dell'esistenza e conduce a giudicare come del tutto legittimi, anzi positivi, il divorzio e il matrimonio successivo. Crollato poi il riferimento a Dio, le situazioni matrimoniali irregolari vengono più facilmente giustificate. Si contesta così il Matrimonio non solo nelle sue proprietà di amore unico e indissolubile, ma anche come istituzione: esso è considerato come un'istituzione « borghese », storicamente superata o in declino, soffocatrice della libertà delle persone e della spontaneità del loro amore. 7. - L'analisi oggettiva delle situazioni concrete, mentre conduce a riconoscere l'influsso del contesto sociale e culturale sulle crisi e sui fallimenti del Matrimonio attuale, come pure il peso di certe situazioni difficili e penose, non consente di negare o di attenuare troppo facilmente la responsabilità di uno o di entrambi i coniugi nella disgregazione della famiglia. La « durezza del cuore », di cui parla il Vangelo ( cfr. Mt 19,8 ), si può esprimere in atteggiamenti di egoismo, nella ricerca di una libertà inaccettabile, nel disimpegno dai doveri coniugali e familiari, nel rifiuto di comprendere e di perdonare, o comunque nella debolezza di fronte all'impegno di fedeltà solennemente assunto il giorno delle nozze. Né si possono dimenticare le responsabilità in causa legate, tra l'altro, ad una mancata o insufficiente preparazione al Matrimonio. 8. - Tra i fenomeni, che oggi incidono sul Matrimonio indissolubile, si pone anche la legislazione divorzista, che contribuisce non poco a rendere più precario e più difficile l'ordinato sviluppo della vita coniugale: non solo perché essa toglie un aiuto a persone che potrebbero essere, almeno in alcuni momenti di crisi, sostenuti dalla legge, ma soprattutto perché attribuisce pubblico valore allo « scioglimento » del Matrimonio e alle conseguenti nuove nozze. Anche qui come altrove diventa facile, per una mentalità acritica, l'indebito e deprecabile passaggio dalla legalità alla moralità, cioè il ritenere anche moralmente accettabile ciò che una legge dello Stato consente o autorizza. 9. - In questo contesto sociale e culturale, gli stessi cristiani possono incontrare nuove e più gravi difficoltà circa il Vangelo e il comandamento dell'indissolubilità. Pur riconoscendo su questo punto la contraddizione che esiste tra il Vangelo e il mondo, alcuni credenti ritengono di trovare per le diverse situazioni matrimoniali irregolari una « soluzione » rasserenatrice: pensano di essere in qualche modo scusati dalle loro situazioni concrete e, ancor più, dal loro impegno sincero e generoso nell'adempiere tutti i doveri della nuova vita « coniugale ». 10. - Nella comunità cristiana si agitano oggi problemi e discussioni che rischiano di rendere meno chiara e pacifica la posizione tradizionale della Chiesa verso i divorziati risposati. Un simile stato di incertezza e di confusione facilita, per le persone più direttamente interessate, convinzioni e scelte pratiche di vita che vanno contro il pensiero e la disciplina della Chiesa sul Matrimonio cristiano indissolubile. 3. - La missione evangelizzatrice della Chiesa 11. - La situazione descritta sollecita con più viva urgenza l'opera evangelizzatrice della Chiesa. Se l'annuncio del Vangelo di Gesù sul significato di salvezza e sulle esigenze morali del Matrimonio cristiano è compito che la Chiesa non può mai tralasciare, esso si fa più necessario e impegnativo nei momenti nei quali l'ideale normativo dell'amore unico e indissolubile viene oscurato e indebolito da errori e da inaccettabili impostazioni di vita. 12. - La Chiesa, partecipe e continuatrice nella storia della missione di salvezza di Cristo, riprende e rivive lo stesso atteggiamento pastorale del suo Signore: questo è la suprema norma della vita e dell'opera della Chiesa. Secondo la chiara e continua testimonianza del Vangelo, Gesù ha sempre difeso e proposto, senza alcun compromesso, la verità e la perfezione morale, mostrandosi nello stesso tempo accogliente e misericordioso verso i peccatori: « Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significa "Misericordia voglio e non sacrificio". Infatti non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori » ( Mt 9,12-13 ). La Chiesa non può discostarsi dall'atteggiamento di Cristo: per questo la chiarezza e l'intransigenza nei princìpi e insieme la comprensione e la misericordia verso la debolezza umana, in vista del pentimento, sono le due note inscindibili che contraddistinguono l'opera pastorale della Chiesa. 13. - L'esempio di Cristo e la grazia che egli dona alla Chiesa aiutano i pastori e i fedeli a vivere e a testimoniare, di fronte agli insuccessi e alle situazioni matrimoniali disordinate, l'indivisibile amore alla verità e perfezione morale e all'uomo nel suo cammino storico: « Un'importanza pastorale riveste l'indissolubilità del Matrimonio cristiano; anche se questa parte del nostro messaggio è difficile, dobbiamo proclamarla con convinzione, perché è parola di Dio e mistero della fede. Ma, allo stesso tempo, siamo vicini al nostro popolo, ai suoi problemi e alle sue difficoltà. Deve sempre sapere che noi lo amiamo » ( Giovanni Paolo, Ad un gruppo di vescovi statunitensi, 21 settembre 1978 ). 4. - La presente « Nota » 14. - La Conferenza Episcopale Italiana è già intervenuta in altre occasioni sul problema pastorale dei divorziati e degli irregolari ( cfr. I documenti Matrimonio e famiglia oggi in Italia, 15 novembre 1969, n. 16; Evangelizzazione e sacramento del Matrimonio, 20 giugno 1975, n. 106 ). Ma il rapido evolversi e spesso il deteriorarsi della situazione matrimoniale, come pure l'emergere sempre più frequente di questo problema pastorale sollecitano i Vescovi, in forza della loro missione di maestri e guide, ad offrire criteri e indicazioni per una prassi pastorale nei riguardi delle unioni matrimoniali irregolari o difficili che sia unitaria in tutte le comunità ecclesiali. La presente « Nota » pastorale considera, in primo luogo, il caso dei divorziati risposati in quanto esso pone problemi pastorali più complessi e comunque oggi più discussi; passa poi a considerare altre situazioni matrimoniali irregolari o difficili, come quelle dei conviventi, dei cattolici sposati solo civilmente, dei separati e dei divorziati non risposati; offre alcune linee di pastorale verso i figli, per concludere con un appello a rinnovare la pastorale matrimoniale. Parte II - I divorziati risposati 15. - Non è raro il caso che l'uomo e la donna divorziati e passati a nuove nozze civili si distacchino totalmente dalla Chiesa e praticamente vivano nella piena indifferenza religiosa. Altre volte i coniugi divorziati e passati a nuove nozze, pur conservando la fede, per ignoranza più o meno colpevole circa la dignità e i doveri del Matrimonio, non hanno la piena coscienza che la loro unione sia contro la volontà di Cristo e della Chiesa. Non mancano, infine, divorziati risposati che, pur consapevoli che il loro stato di vita sia in contrasto con il Vangelo, continuano a loro modo la vita cristiana, a volte manifestano il desiderio di una maggior partecipazione alla vita della Chiesa e ai suoi mezzi di grazia. È soprattutto quest'ultima situazione che ora prendiamo in considerazione. 1. - I divorziati risposati e la comunione ecclesiale 16. - Se ci chiediamo quale sia, nella Chiesa, la posizione dei divorziati risposati, dobbiamo anzitutto riconoscere che la loro condizione di vita è in contrasto con il Vangelo, che proclama ed esige il Matrimonio unico e indissolubile: la loro nuova « unione » non può rompere il vincolo coniugale precedente, e si pone in aperta contraddizione con il comandamento di Cristo. Tuttavia, in forza del Battesimo, che imprime il carattere indelebile di membri del corpo di Cristo che è la Chiesa e in forza di una fede non totalmente rinnegata, i divorziati risposati sono e rimangono cristiani e membri del popolo di Dio: non sono quindi del tutto esclusi dalla comunione con la Chiesa, anche se per il loro stato di vita contrario al Vangelo non si trovano nella necessaria « pienezza » della comunione ecclesiale. 17. - Se la comunità cristiana vive in profondità le esigenze della fede, non può non sentire il divorzio e il nuovo matrimonio civile come gravemente contrastanti con le indicazioni del Vangelo e quindi come una profanazione della Chiesa, sposa fedele di Cristo. Risultano così pienamente comprensibili il disagio e l'amarezza spirituale dei cristiani di fronte a questi fatti. Non per questo, però, è giustificabile un atteggiamento di allontanamento e di rifiuto dei fratelli di fede che vivono in quelle situazioni. 18. - I discepoli del Signore, nel qualificare la situazione dei divorziati risposati come disordinata, non giudicano l'intimo delle coscienze, dove solo Dio vede e giudica: i credenti, sentendo viva la loro responsabilità per i tanti doni ricevuti da Dio, lascino volentieri alla sapienza e all'amore del Signore il giudizio sulla responsabilità personale di quanti sono travolti da non facili o disordinate situazioni matrimoniali, pur non potendo riconoscere come legittima la loro posizione. 19. - Il sacerdote, ma anche parenti o vicini di casa, come pure coppie particolarmente sensibili e preparate, dovrebbero avvicinare i divorziati risposati e iniziare - nella più grande delicatezza - quel dialogo che potrebbe illuminarli circa la posizione della Chiesa verso di loro, senza ingannarli sulla verità della loro situazione ma insieme testimoniando una sincera carità fraterna. Le occasioni non mancano: la nascita di un bambino, la richiesta del suo Battesimo, una dolorosa prova o un lutto familiare, la visita delle case, la domanda che il figlio frequenti scuole o ambienti gestiti da personale religioso, ecc. 20. - Nell'ambito della sollecitudine pastorale verso i divorziati risposati si pone il problema - specialmente da parte del sacerdote - di esaminare con cura se il primo Matrimonio sia invalido. Nel caso di fondato motivo per l'invalidità occorrerà aiutare concretamente le persone interessate a rivolgersi al Tribunale ecclesiastico. 2. - La partecipazione alla vita della Chiesa 21. - I divorziati risposati devono essere aiutati a partecipare, nella loro situazione, alla vita di fede e di carità della comunità cristiana. Essi, infatti, hanno particolare bisogno di porsi in ascolto della parola di Dio proclamata dalla Chiesa, non solo perché conservino la fede ricevuta col Battesimo, ma anche perché ne seguano la dinamica di conversione e ritornino a vivere il Matrimonio cristiano indissolubile. In tal senso, i divorziati risposati possono prendere parte agli incontri di catechesi e alle celebrazioni penitenziali comunitarie non sacramentali. 22. - La Chiesa inoltre, mentre prega per loro, domanda ai divorziati risposati di tener vivo il dialogo con Dio: nell'umile e fiduciosa preghiera potranno trovare gli aiuti spirituali per la loro situazione di vita. In particolare, la Chiesa li invita a partecipare, in forza del Battesimo ricevuto, alla Messa, quale momento fondamentale della vita e della preghiera del popolo di Dio anche se non possono ricevere il corpo e il sangue del Signore. È evidente che i divorziati risposati non possono svolgere nella comunità ecclesiale quei servizi che esigono una pienezza di testimonianza cristiana, come sono i servizi liturgici e in particolare quello di lettore, il ministero di catechista, l'ufficio di padrino per i sacramenti. 23. - E come la Chiesa non si stanca di illuminarli con la parola di Cristo e di spingerli ad un'esistenza morale ispirata alla carità, così i divorziati risposati devono volentieri lasciarsi coinvolgere in tutte quelle opere materiali e spirituali di carità che edificano la comunità ecclesiale e che promuovono una convivenza umana più ordinata e feconda. Un particolare impegno dovrà essere posto nel compito educativo dei figli, forma primaria di servizio alla Chiesa e alla società. 3. - Il sacramento della Riconciliazione e la Comunione eucaristica 24. - Il problema pastorale più frequentemente sollevato riguarda l'ammissibilità dei divorziati risposati ai sacramenti della Riconciliazione e della Comunione eucaristica, qualora ne facciano domanda. È da rilevarsi come, soprattutto nella celebrazione sacramentale, la Chiesa sia chiamata a vivere la sua obbedienza nei riguardi di Cristo sposo, unico e universale mediatore di salvezza: la Chiesa, infatti, sa di essere custode e amministratrice fedele dei segni e mezzi di grazia che Gesù Cristo le ha affidato. Così il problema pastorale di un'eventuale vita sacramentale dei divorziati risposati può essere affrontato e risolto con rettitudine solo entro la prospettiva della fedeltà della Chiesa al suo Signore. 25. - La celebrazione sacramentale è il momento vertice nel quale la Chiesa attua la sua missione di annunciare il Vangelo edificando la comunità dei credenti. Per questo i sacramenti sono i segni della fede della Chiesa. Nella celebrazione dei sacramenti la Chiesa si rivolge ai fedeli con le stesse parole dell'apostolo Paolo: « Agli sposati poi ordino, non io, ma il Signore: la moglie non si separi dal marito - e qualora si separi, rimanga senza sposarsi o si riconcili con il marito - e il marito non ripudi la moglie » ( 1 Cor 7,10-11 ). In tal modo insegna che il nuovo matrimonio civile, permanendo il vincolo coniugale, costituisce un grave disordine morale che contraddice alla volontà del Signore. Come può, allora, la Chiesa offrire i sacramenti di Cristo ai divorziati risposati, senza cadere nella contraddizione di celebrare i misteri dell'unità della fede cristiana, tollerando uno stato di vita in contrasto con il Vangelo del Signore e quindi con la fede stessa della Chiesa? 26. - In particolare, la Chiesa con il sacramento della Riconciliazione proclama la conversione e la penitenza come imprescindibile condizione per rinnovare la piena comunione con Dio e con i fratelli. Ma come può essere celebrato il sacramento della Riconciliazione se nei divorziati risposati manca, per il perdurare di un'unione che non è nel Signore, la volontà di conversione e di penitenza? Non manca chi afferma: c'è stata, sì, una decisione colpevole all'inizio del nuovo Matrimonio civile, ma di questa colpa come di tutte le altre è possibile pentirsi, ed anche più volte. Perché, allora, non poter essere riconciliati? In realtà, la conversione necessaria per la Riconciliazione esige che il peccatore penitente dica, non solo « mi pento del mio peccato », ma anche « propongo di non commetterlo più », secondo l'esplicito appello di Cristo: « Và e non peccare più » ( Gv 8,11 ). Ma un simile proposito è di fatto assente quando i divorziati risposati continuano a rimanere in una condizione di vita che è contraria alla volontà del Signore. Come è possibile, nello stesso tempo, scegliere l'amore per Dio e la non obbedienza al suo comandamento? 27. - Per la Comunione eucaristica rileviamo, anzitutto, che senza Riconciliazione sacramentale non è possibile mangiare il corpo e bere il sangue del Signore. La Chiesa non può abbandonare, senza divenire infedele a Cristo, la regola apostolica: « … chiunque in modo indegno mangia il pane e beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna » ( 1 Cor 11,27-29 ). Ricordiamo, inoltre, che secondo la fede della Chiesa l'Eucaristia è il sacramento che significa e realizza la pienezza dell'unione a Gesù Cristo e al suo corpo. Secondo la stessa fede il Matrimonio cristiano è il simbolo privilegiato e l'attuazione di quell'indissolubile patto d'amore tra Gesù Cristo e la sua Chiesa, che nell'Eucaristia ha il suo segno efficace più alto. Per questo, fare la Comunione eucaristica equivale a partecipare in pienezza all'amore che lega indissolubilmente Cristo sposo alla Chiesa. Non si può allora ricevere degnamente il segno dell'unità perfetta con Cristo e con la Chiesa, quando la propria condizione di vita crea e mantiene una frattura con Cristo e con la Chiesa. 28. - Non mancano casi nei quali i divorziati risposati, si lasciano illuminare dalle esigenze del Vangelo e guidare dall'intervento pastorale della Chiesa, fino a decidersi di reimpostare la propria vita secondo la volontà del Signore. Qualora la loro situazione non presenti una concreta reversibilità per l'età avanzata o la malattia di uno o di ambedue, la presenza di figli bisognosi di aiuto e di educazione o altri motivi analoghi, la Chiesa li ammette all'assoluzione sacramentale e alla Comunione eucaristica se, sinceramente pentiti, si impegnano ad interrompere la loro reciproca vita sessuale e a trasformare il loro vincolo in amicizia, stima e aiuto vicendevoli. In questo caso possono ricevere la assoluzione sacramentale ed accostarsi alla Comunione eucaristica, in una chiesa dove non siano conosciuti, per evitare lo scandalo. 29. - La celebrazione dei funerali religiosi non è vietata « per questi fedeli che, pur trovandosi prima della loro morte in una situazione di pubblico peccato, hanno conservato il loro attaccamento alla Chiesa e hanno espresso qualche segno di pentimento, a condizione però che sia evitato il pubblico scandalo per gli altri fedeli. Tuttavia, lo scandalo dei fedeli e della comunità ecclesiale potrà essere attenuato o evitato nella misura in cui i pastori spiegheranno, nella maniera più opportuna, il senso del funerale cristiano, in cui molti vedono un'implorazione della misericordia di Dio e una testimonianza di fede della comunità nella risurrezione dei morti e nella vita eterna » ( Lettera della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, 29 maggio 1973 ). 4. - È ancora madre la Chiesa? 30. - La posizione della Chiesa che non ammette i divorziati risposati ai sacramenti della Riconciliazione e della Comunione eucaristica solleva alcune difficoltà presso gli stessi credenti. Non manca chi tende ad accusare la Chiesa di non essere, nella storia, il segno credibile dell'amore misericordioso che Dio ha per tutti, nessuno escluso, e di non vivere la sua maternità di grazia verso quei figli che sono più sofferenti e bisognosi per la loro stessa situazione morale. 31. - In realtà, la Chiesa è madre dei cristiani solo se e nella misura in cui rimane sposa vergine di Cristo, ossia fedele alla sua parola e al suo comandamento: l'amore della Chiesa verso le anime non può concepirsi se non come frutto e segno del suo stesso amore verso Cristo, suo sposo e Signore. La non ammissione dei divorziati risposati ai sacramenti non significa affatto una punizione, ma solo un amore che vuole restare autentico perché inscindibilmente legato con la verità. La Chiesa non può ingannare i divorziati risposati, trattandoli come se non si trovassero in una reale situazione di disordine morale. Inoltre l'atteggiamento misericordioso della Chiesa, proprio in forza della sua fedeltà a Cristo, deve rimanere entro i limiti dei poteri da lui conferiti. 32. - Così pure la Chiesa non può ingannare i fedeli e tradire la propria missione di evangelizzazione e di salvezza: con una prassi pastorale che accomunasse nella celebrazione sacramentale coniugi legittimi e divorziati risposati, tanti non comprenderebbero più il motivo per cui il divorzio è un male, e così la situazione del battezzato, che ha ottenuto il divorzio ed è passato a nuove nozze civili, finirebbe per essere ritenuta ammissibile e lecita. Se la Chiesa, nella celebrazione dei sacramenti, trattasse i divorziati come tutti gli altri, si potrebbe ancora dire che essa prende sul serio il comandamento del Signore sul Matrimonio indissolubile? 33. - La Chiesa soffre come e più dei propri figli che sono in situazione irregolare: confida che questa sofferenza di tutti, mentre conserva limpido il cammino indicato dal Vangelo, diventi forza spirituale capace di sostenere altri fratelli di fede nei momenti di crisi, perché non cedano alla tentazione di ricorrere al divorzio e di passare al matrimonio civile. Così un'azione pastorale fedele al Vangelo, assunta responsabilmente da tutti i cristiani e in particolare condivisa unanimemente dai sacerdoti, non può non aiutare quanti cercano con cuore libero la verità a riconoscere nella posizione della Chiesa la luminosa e coraggiosa testimonianza del suo amore indivisibile per Cristo e per i cristiani. Parte III - Altre situazioni matrimoniali irregolari o difficili 34. - La pastorale della Chiesa è oggi interpellata non solo dal fenomeno dei divorziati risposati, ma anche da tante altre situazioni matrimoniali che non si configurano come regolari e legittime, o che, comunque, suscitano particolari problemi morali e religiosi. Anche di fronte a queste situazioni di vita, tra loro notevolmente varie, la Chiesa vive ed esprime inscindibilmente la sua fedeltà a Cristo e il suo servizio agli uomini con una pastorale coraggiosa nel denunciare e rifiutare il disordine morale in esse implicato, pronta a riconoscere eventuali aspetti parzialmente positivi che in esse si trovano, generosa nell'incoraggiare gli sforzi operati in sincerità anche se spesso solo incompleti, costante nel rivolgere il suo appello alla conversione alle esigenze del Vangelo. 1. - I conviventi 35. - Il fenomeno di persone che convivono coniugalmente, senza che il loro vincolo abbia un pubblico riconoscimento né religioso né civile, tende oggi ad estendersi ovunque, ma soprattutto nelle grandi città. All'origine di simili convivenze stanno situazioni e motivazioni diverse: da quelle sociali a quelle giuridiche per l'impossibilità concreta di regolarizzare la loro convivenza, a quelle più radicali legate alla cosi detta nuova cultura che tende a rifiutare, per motivi vari tra cui l'individualismo esasperato, il Matrimonio come istituzione pubblica. 36. - La comunità cristiana non può rimanere indifferente ed inattiva davanti ad un così grave fenomeno, spesso caratterizzato da povertà spirituale, da superficialità o da spirito contestativo e ribelle. Ancora una volta, senza giudicare l'intimo delle coscienze, i cristiani sono chiamati ad avvicinare i conviventi, a compiere verso di loro, con senso di discrezione e di rispetto, un'opera di illuminazione e di evangelizzazione, ad offrire sempre la testimonianza della verità e della carità. Il dialogo discreto e prudente può condurre alla conoscenza più precisa delle vere ragioni che hanno condotto alla semplice convivenza: in tal modo i cristiani potranno - in alcuni casi, almeno - portare un contributo più efficace per avviare queste persone verso il superamento delle difficoltà incontrate, spianando così la strada verso la regolarizzazione del loro stato. È evidente che sino a quando i conviventi permangono in questa situazione di vita non possono ricevere i sacramenti: mancano, infatti, di quella fondamentale « conversione » che è condizione necessaria per ottenere la grazia del Signore. 2. - I cattolici sposati solo civilmente 37. - Un'altra situazione matrimoniale che si va diffondendo è quella di cattolici che si uniscono solo col matrimonio civile. È una situazione inaccettabile per la Chiesa, la quale insegna che per i cattolici l'unico Matrimonio valido, che li costituisce marito e moglie davanti al Signore, è quello sacramentale, per la cui valida celebrazione è richiesta la « forma canonica ». Il Battesimo, infatti, poiché li costituisce membra vive di Cristo e del suo corpo che è la Chiesa, abilita e impegna i cristiani a celebrare e a vivere l'amore coniugale « nel Signore ». 38. - Anche di questi suoi figli la Chiesa deve prendersi cura. Il sacerdote, o direttamente o attraverso parenti e amici, deve trovare un modo rispettoso e fraterno per avvicinarli ed avviare un dialogo che faccia emergere i motivi concreti che hanno portato questi battezzati a scegliere il matrimonio civile e a rifiutare il Matrimonio religioso. I motivi possono essere assai diversi, come, ad esempio, la perdita della fede, la non comprensione del significato religioso del Matrimonio, la critica del Matrimonio concordatario, l'influsso dell'ambiente laico o irreligioso entro cui si vive. Nell'iniziare il dialogo con i cattolici sposati solo civilmente si potrà riconoscere la diversa situazione dai semplici conviventi, per la loro volontà di impegnarsi in un preciso stato di vita e di chiederne il pubblico riconoscimento da parte dello Stato. L'opera evangelizzatrice della Chiesa mirerà a far loro recuperare il significato e la necessità che le scelte della vita siano coerenti con la grazia e la responsabilità del Battesimo ricevuto. Potranno così scoprire, desiderare e ottenere il dono dell'amore nuovo di Cristo per la Chiesa, attraverso la celebrazione sacramentale del Matrimonio. 39. - Di fronte alla richiesta di cattolici, sposati solo civilmente, di « regolarizzare » la loro posizione, è necessaria una particolare prudenza pastorale. Questa, mentre si rifiuterà di procedere in forma sbrigativa e quasi burocratica come se si trattasse di una mera « sistemazione » di una situazione anormale, dovrà farsi attenta ad individuare i motivi della richiesta del Matrimonio religioso alla luce della scelta precedentemente fatta in contrasto con la legge della Chiesa. Per la celebrazione del Matrimonio religioso si dovrà accertare che i nubendi siano sinceramente pentiti e disposti a rimettersi in cordiale comunione con la Chiesa, ed esigere una particolare preparazione anche dal punto di vista della catechesi cristiana del Matrimonio. 40. - Più delicato è il caso in cui una persona cattolica sposata solo civilmente, separata dal « coniuge » e in attesa di ottenere il divorzio, chiede di celebrare il Matrimonio solo religioso con una terza persona canonicamente libera. Anche se il richiedente risulta « libero » di fronte alla Chiesa ( perché la celebrazione civile non l'ha vincolato ad un valido matrimonio, per la mancanza della « forma canonica » ) e quindi conserva integro il suo fondamentale diritto al Matrimonio valido, non si può disattendere il fatto ch'egli aveva pur espresso, celebrando il matrimonio civile, una precisa volontà matrimoniale verso una diversa persona, con la quale poi, forse, è vissuta per anni e magari anche con la presenza di figli. L'azione pastorale della Chiesa deve procedere con grande equilibrio sia per ragioni di equità verso tutte le persone implicate nella situazione, sia perché la crisi di quella situazione « coniugale » induce a doverosa prudenza circa le attitudini matrimoniali del richiedente, sia e ancor più perché la Chiesa - che ha sempre difeso la stabilità dell'istituto matrimoniale - non può rischiare di favorire, di là dalla sua intenzione, la « moltiplicazione » delle esperienze coniugali, con il pericolo di ingenerare la prassi di una sorta di « matrimonio di prova ». Per questi motivi, non si dovrà normalmente concedere la celebrazione del Matrimonio semplicemente religioso con una terza persona, finché la vicenda del precedente matrimonio civile non si sia conclusa con una regolare sentenza di divorzio, che abbia composto le eventuali pendenze tra tutte le parti interessate. In ogni modo il pastore d'anime faccia riferimento all'Ordinario del luogo. 41. - Non è possibile ammettere ai sacramenti della Penitenza e alla Comunione eucaristica i cattolici sposati solo civilmente sino a quando permangono in questa situazione di vita. I sacramenti presuppongono una vita che voglia essere e sia di fatto fedele alle esigenze del Battesimo, tanto più che ne sono un memoriale e un prolungamento. 3. - I separati 42. - Il Matrimonio è stato istituito dal Creatore quale comunione d'amore e di vita dell'uomo e della donna, che duri per l'intera esistenza: così viene sentito e scelto dagli sposi nella loro reciproca donazione totale ( cfr. Paolo VI, Enciclica Humanae vitae, n. 9 ). Per i battezzati poi il Matrimonio è segno e presenza efficace della comunione singolare ed ininterrotta di Gesù con la Chiesa sua sposa. Ma la vita concreta della coppia può registrare situazioni tali di incomprensioni reciproche, di incapacità o insufficienza ad un rapporto interpersonale, con ripercussioni negative sia sull'equilibrio coniugale sia sull'educazione dei figli, che possono rendere legittima la « separazione ». La Sacra Scrittura la riconosce come possibile, anche se afferma chiaramente che essa non dissolve affatto il vincolo matrimoniale e non dà, pertanto, alcun diritto a risposarsi ( cfr. 1 Cor 7,10 ). In questa linea si è posta la Chiesa nella sua disciplina ( cfr. CIC, Cann. 1128-1132 ). La separazione dovrebbe rappresentare l'estremo rimedio, e i coniugi, prima di porre in atto la loro decisione, devono pregare, riflettere a lungo, e, nel caso, chiedere consiglio non solo al sacerdote ma anche a persone sensibili ed esperte di problemi della coppia e della famiglia. 43. - Quando nella comunità cristiana locale vi fosse qualche coniuge separato, i fedeli, a cominciare dal sacerdote e dalle coppie di sposi sensibili, non aggravino la sofferenza della sua solitudine: anche se giustificata, la separazione costituisce sempre, in una qualche misura almeno, un fallimento del Matrimonio. I fedeli sostengano piuttosto il coniuge separato, soprattutto se innocente, nella sua pena e solitudine e lo invitino con carità e prudenza a partecipare alla vita della comunità: gli sarà così più facile superare la non infrequente tentazione di ritirarsi da tutto e da tutti per ripiegarsi su se stesso. 44. - Un momento delicato e prezioso dell'azione pastorale verso i separati si ha quando più forte si fa per essi la tentazione di passare dalla solitudine al divorzio e al matrimonio civile: spesso solo una cordiale solidarietà, intessuta di comprensione, di aiuto concreto, di sincera stima per la fedeltà mantenuta in mezzo alle difficoltà, può sostenere efficacemente le persone separate. 45. - Per poter ricevere i sacramenti, i separati sono chiamati, oltre ad adempiere i doveri generali della vita cristiana, a mantenere viva l'esigenza del perdono propria dell'amore e ad essere sinceramente disponibili ad interrogarsi - per agire di conseguenza - sulla opportunità o meno di riprendere la vita coniugale. 4. - I divorziati non risposati 46. - Potremmo distinguere, nella misura in cui è possibile, un duplice caso: quello del coniuge che ha subìto il divorzio e quello del coniuge che ha chiesto e ottenuto il divorzio, senza però passare a nuove nozze civili. Il coniuge che vuol rimanere fedele a Cristo e al suo Vangelo deve opporsi alla richiesta di divorzio: solo per gravissimi motivi può adattarsi a subirlo, purché risulti chiaro che per lui il divorzio equivale soltanto ad una separazione, che non rompe il vincolo coniugale. 47. - Il divorziato che ha subìto il divorzio, se mantiene la fedeltà coniugale, se è impegnato nell'educazione dei figli, se adempie alle diverse responsabilità della vita cristiana, merita piena stima e deve poter contare sulla sincera solidarietà dei fratelli di fede. Il fatto che, rimasto forzatamente solo, non si lascia coinvolgere in un nuovo matrimonio civile, può diventare una preziosa testimonianza dell'amore assolutamente fedele di Dio donato dalla grazia del sacramento del Matrimonio: la sua vita serena e forte può sostenere ed aiutare i fratelli di fede tentati di venir meno all'inviolabilità del legame matrimoniale. Non ci sono problemi particolari per la ammissione ai sacramenti: l'aver semplicemente subìto il divorzio non costituisce colpa, significa piuttosto aver ricevuto una violenza e un'umiliazione, che rendono più necessaria, da parte della Chiesa, la testimonianza del suo amore e aiuto verso questi figli. 48. - Il coniuge che ha chiesto e ottenuto il divorzio senza poi risposarsi potrebbe ricevere dai cristiani l'aiuto - sempre discreto ma attento - sia per un'eventuale ripresa della convivenza coniugale, sia per il superamento della possibile tentazione di passare a nuove nozze: comunque, sempre per un sostegno alla sua vita cristiana. La situazione di chi ha chiesto il divorzio, anche se non si è risposato, rende di per sé impossibile la recezione dei sacramenti, a meno che questi si penta sinceramente e concretamente ripari il male compiuto. In particolare, perché possa ricevere il sacramento della Riconciliazione, il semplice divorziato deve far consapevole il sacerdote che egli, pur avendo ottenuto il divorzio civile, si considera veramente legato davanti a Dio dal vincolo matrimoniale e che ormai vive da separato per motivi moralmente validi, in specie per l'inopportunità od anche l'impossibilità di una ripresa della convivenza coniugale. Parte IV - Il problema pastorale dei figli 49. - Nell'ambito della pastorale verso le famiglie disgregate, irregolari o difficili si pone spesso anche il problema dei figli. Non vi è dubbio che i figli sono del tutto innocenti rispetto all'eventuale colpa dei genitori. I figli, quindi, hanno il diritto a crescere in un contesto affettivo che non solo eviti loro motivi di disagio o di turbamento per la situazione matrimoniale irregolare o difficile dei genitori, ma anche li prepari e li aiuti, a tempo e nei modi dovuti, a conoscere e a sostenere in forma cristiana quella situazione. 50. - I figli hanno diritto a quell'educazione umana e cristiana per la quale i genitori, di là dalla loro situazione matrimoniale regolare o meno, sono i primi responsabili: non solo per il legame della carne e del sangue, ma anche - se cristiani - per il legame della fede. Non è raro il caso che questi genitori, anche a motivo della loro esperienza, avvertano in forma più acuta e sofferta la responsabilità educativa verso i figli. 51. - Nel contesto dell'opera educativa si pone, per i credenti, il problema dei sacramenti per i figli. A volte sono gli stessi genitori a chiedere per loro il Battesimo o la Comunione o la Cresima. Una simile richiesta può rivelarsi e divenire un momento di grazia, non solo per i figli, ma per gli stessi genitori, che vengono indotti a riflettere sulla loro vita alla luce del Vangelo. Per questo il sacerdote e la comunità cristiana devono riservare una specifica attenzione pastorale a simili momenti della vita familiare. 52. - In particolare, il Battesimo, come primo e fondamentale sacramento della fede, potrà essere celebrato, quando i figli sono ancora incapaci di un giudizio e di una scelta personali, nella fede della Chiesa che può vivere anche nei loro genitori: per questo, al di là della situazione di divorzio e di nuovo matrimonio, i genitori - ambedue e, in taluni casi, almeno uno dei due - possono e devono garantire che sarà data una vera educazione cristiana ai loro figli. In caso di dubbio o incertezza sulla possibilità o volontà che questa educazione venga data dai genitori, la pastorale battesimale è chiamata a rinnovare il ruolo dei « padrini », come un vero e proprio « ministero di catechesi », sempre più importante e in qualche modo necessario in una società secolarizzata ed esposta a numerose situazioni matrimoniali irregolari. Qualora pertanto vi sia il consenso dei genitori, l'impegno di educare cristianamente il bambino può essere assunto, in casi particolari, anche dal padrino o dalla madrina o da un parente prossimo, come pure da una persona qualificata della comunità cristiana. 53. - Se la richiesta del Battesimo per il figlio è presentata da genitori conviventi o sposati solo civilmente, ai quali nulla proibisce di « regolarizzare » la loro posizione o di sposarsi anche religiosamente, il sacerdote non deve tralasciare una così importante occasione per evangelizzarli. Mostrerà loro la contraddizione tra la domanda del Battesimo per il figlio e il loro stato che rifiuta di vivere l'amore coniugale da battezzati, e quindi rifiuta il Battesimo stesso che fonda ed esige il sacramento del Matrimonio, e li inviterà a sistemare, per quanto possibile, la loro posizione prima di procedere, con le necessarie garanzie di educazione cristiana, al Battesimo del figlio. 54. - Nella richiesta della Cresima e della Comunione eucaristica, il giudizio e la decisione pastorale faranno riferimento non solo alla situazione e alla disponibilità religiosa e di fede dei genitori, ma anche alla crescente personalità dei figli, alla loro progressiva maturazione nella conoscenza e nell'adesione alla fede cristiana, soprattutto se questi figli sono inseriti in comunità cristiane vive e portanti. 55. - Non possiamo dimenticare, infine, che anche i figli possono contribuire al bene spirituale dei genitori ( cfr. Gaudium et spes, n. 48 ). In tal senso i figli stessi possono diventare gli strumenti dei quali la Provvidenza di Dio si serve per aiutare i genitori nel loro cammino di conversione a Cristo. I figli, se sempre devono rispettare la situazione di vita dei loro genitori, alcune volte possono offrire loro - magari con la silenziosa testimonianza della loro condotta cristiana - un aiuto concreto perché si regolarizzi la loro situazione coniugale. Conclusione - Rinnovare la Pastorale Matrimoniale 56. - La pastorale verso i divorziati risposati e verso quanti vivono in situazioni matrimoniali irregolari o difficili s'inserisce come un momento particolare della più ampia sollecitudine che la Chiesa è chiamata a vivere nei riguardi di coloro che si preparano al Matrimonio o in esso già vivono, ed ha come suo primario obiettivo di attuare un più deciso intervento per prevenire, nei limiti del possibile, i fallimenti matrimoniali e le altre situazioni irregolari e per sostenere le coppie nei momenti di crisi. 57. - La comunità ecclesiale è chiamata a rinnovare la coscienza dell'assoluta necessità di un'adeguata pastorale prematrimoniale, soprattutto nell'attuale contesto sociale e culturale. Di qui, in docilità alla parola di Dio e in fedeltà alle più profonde esigenze dell'uomo, la responsabilità della Chiesa, e in essa soprattutto delle coppie e delle famiglie cristiane, di rivolgersi agli adolescenti e ai giovani perché si educhino all'amore secondo l'autentica visione cristiana, scoprano e vivano gioiosamente e responsabilmente il periodo prezioso e spesso determinante del fidanzamento, evitino i matrimoni precoci, siano illuminati e maturi sulla scelta del coniuge, celebrino il sacramento del Matrimonio dopo un periodo di preparazione che consenta loro una ripresa e uno sviluppo della fede, coscienti della grazia e della responsabilità dello sposarsi « nel Signore » ( cfr. 1 Cor 7,39 ). 58. - Nell'opera di preparazione e di sostegno del Matrimonio, i cristiani sono anche chiamati, in comunione con quanti credono sinceramente nei fondamentali valori della persona e della società, ad un vero e proprio impegno politico, diretto a sollecitare i responsabili civili ad ogni livello, come pure a collaborare con essi, per un'estesa e approfondita azione educativa, morale, sociale e politica in favore della famiglia, prima e dopo il Matrimonio, così da ridurre, per quanto possibile, i molteplici motivi di difficoltà, di disagio e di dissenso fra i coniugi. 59. - Un momento particolarmente delicato e prezioso è quello di essere vicini alle coppie in difficoltà e in crisi: la comprensione piena di umanità e di carità, non mai però disgiunta dall'amore alla verità, come pure l'aiuto concreto, nelle forme richieste dalla situazione, possono giovare non poco al superamento della crisi e al recupero di una comunione d'amore coniugale più matura. In questo contesto, è da sottolineare l'azione dei Consultori familiari d'ispirazione cristiana: l'impegno per difendere e promuovere una vita di coppia più armoniosa e integrata è, nell'attuale situazione, uno degli obiettivi privilegiati di un Consultorio autentico che voglia avere una finalità tipicamente psicologica e sociale. 60. - Di fronte al crescente numero delle difficoltà e crisi matrimoniali e delle famiglie disgregate, la Chiesa è chiamata a proclamare instancabilmente il Vangelo dell'amore coniugale indissolubile e fedele, ad offrire la grazia dello Spirito che rinnova i cuori induriti, a sollecitare da tutti i suoi figli una più convinta e generosa testimonianza del valore beatificante della fedeltà propria dell'autentico amore: di quello degli sposi e di quello di coloro che sono stati chiamati alla verginità per il Regno ( cfr. Giovanni Paolo II, Lettera a tutti i sacerdoti della Chiesa, 8.4.1979, nn. 8-9 ), gli uni e gli altri, secondo il proprio dono, testimoni viventi della fedeltà del Signore Gesù verso la sua Chiesa e il mondo. Commissione Episcopale per la Famiglia Commissione Episcopale per la Dottrina della Fede, la Catechesi e la Cultura