Comunione e comunità I. - Introduzione al piano pastorale 1. - « Comunione e comunità » è il tema a cui, in continuità e sviluppo con « Evangelizzazione e sacramenti », la nostra Chiesa vuole ispirarsi nella sua azione pastorale per gli anni '80. Consapevoli come Vescovi dei nostri compiti verso questa Chiesa, ( Cfr. At 20,28 ) lo proponiamo alla riflessione delle nostre comunità, persuasi che il mistero della comunione sta al centro del pensiero ecclesiologico del Concilio Vaticano II e convinti che l'impegno a viverlo nella fede è premessa indispensabile ad ogni rinnovamento. Riteniamo pure che l'esperienza della comunione e l'impegno a viverla rappresenti una risposta valida e concreta alle attuali situazioni della Chiesa e della società italiana. Alla luce del discemimento cristiano, tali situazioni sembrano richiedere già oggi, e ancor più lo richiederanno domani, la presenza di comunità cristiane che vivano la comunione e la esprimano nei gesti della corresponsabilità e della partecipazione e nello stile del servizio. Una più profonda comprensione del dono della comunione accrescerà, senza dubbio, in tutta la nostra Chiesa la grazia dell'unità vissuta nella carità e renderà credibile l'annuncio evangelico che essa è chiamata a portare. Il presente documento illustra soltanto le linee di fondo della scelta pastorale per il prossimo decennio: ne spiega i termini essenziali, illustra la bellezza delle realtà che essi significano, l'urgenza delle mete che additano e la gravità degli impegni che coinvalgono tutti i cristiani. In seguito, con scadenze che terranno conto delle esigenze e delle possibilità delle comunità cristiane, affronteremo temi e problemi particolari, per impegnarci insieme nel servizio al Vangelo. Parte I - Le motivazioni di una scelta pastorale Capitolo I - Comunione ed evangelizzazione Comunione e missione nel mistero della Chiesa 2. - Il piano pastorale « Evangelizzazione e sacramenti », annunziato e svolto negli anni '70, ha portato la nostra Chiesa a una rinnovata presa di coscienza del suo primario dovere di evangelizzare. Nei diversi momenti di attuazione, esso ha fissato l'attenzione sull'annuncio della Parola che chiama alla fede, sui sacramenti che la celebrano, sulla testimonianza e sulla promozione umana che la incarnano. E infine, con la riflessione sui ministeri, ha aperto la via a un'ampia meditazione sul mistero di comunione che la Chiesa vive nel suo servizio a Dio e all'uomo. Il piano « Comunione e comunità » si pone in continuità con quella scelta teologica e pastorale e ne è coerente sviluppo. La missione presuppone una comunità unita, che si apra agli altri uomini nell'annuncio del Vangelo e chiami tutti a far comunione con coloro che hanno accolto la parola di Dio nella fede e vivono un'esperienza di fraterna carità. Missione e comunione si richiamano a vicenda. Tra esse vige un intimo rapporto, perché sono dimensioni essenziali e costitutive dell'unico mistero della Chiesa: il Verbo incarnato, mediante il suo Spirito, mentre accoglie nella comunità divina la Chiesa, la rende partecipe della missione di salvezza ricevuta dal Padre e in essa e per essa la realizza continuamente nella storia. 3. - Infatti a tutto il popolo di Dio, pastori e fedeli, incombe il dovere dell'evangelizzazione. Ma solo una Chiesa che vive e celebra in se stessa il mistero della comunione, traducendolo in una realtà vitale sempre più organica e articolata, ( Cfr. Ef 4,11-16 ) può essere soggetto di una efficace evangelizzazione. L'unità dei cristiani, testimoniata nella partecipazione dei beni della salvezza e nella fraterna vita comunitaria, è segno che rende credibile il messaggio evangelico, come appare dalle parole stesse del Signore: Siano anch'essi in noi una sola cosa, … perché il mondo creda. ( Gv 17,21 ) Si avverte perciò oggi una particolare necessità di riflettere sulla comunione ecclesiale, per poter meglio rispondere insieme al comune dovere della evangelizzazione, autorevolmente richiamato anche da Paolo VI e Giovanni Paolo II. L'attualità della riflessione sulla comunione 4. - La necessità di riflettere sulla comunione è inoltre suggerita dalle seguenti considerazioni: a) La comunione è il tema perenne del mistero della Chiesa e il più pregnante della riflessione conciliare. Dall'approfondimento dottrinale che esso richiede vengono messi in luce, tra l'altro: la fonte di ogni comunione che è la Trinità, la centralità di Cristo, la potenza dello Spirito, il valore dei sacramento dell'Eucaristia, il legame fraterno tra i discepoli del Signore, il ruolo ecclesiale dei ministeri, la complementarietà dei membri della Chliesa, l'anelito alla compiutezza della comunione nel giorno del ritorno del Cristo glorioso. La comunione opera ed esige l'unità nella carità, segno distintivo dei seguaci di Cristo e, pertanto, sconfessa ogni divisione, sul piano della fede, e coerentemente su quello della vita cristiana. b) La comunione, che sola rende possibile l'unità ecclesiale nel rispetto della diversità di doni e di ministeri, è una esigenza largamente sentita in Italia nella nostra Chiesa. Essa ha compiuto le sue scelte nella linea dell'evangelizzazione e ora sta vivendo una stagione ricca di fermenti e di attese. Diciamo questo non sottovalutando, certo, anche la presenza di alcune esperienze, preoccupanti e talora contraddittorie, che provocano qualche sofferenza e qualche disagio. Ma guardiamo con speranza alla vitalità della nostra Chiesa, ne siamo riconoscenti a Dio, e ci rallegriamo « per l'ondata di grazia che il Signore vi riversa mediante il suo Spirito ». Sappiamo che ai Vescovi è confidato il ministero di discernere i carismi, ( Cfr. 1 Ts 5,12 ) e che a essi spetta il carisma dell'unità per cui i singoli ministeri, promossi e valorizzati nella loro specificità e coordinati in un solo sforzo, servono all'edificazione del « corpo di Cristo, che è la Chiesa ». ( Col 1,24 ) E pertanto, mentre vediamo tutti impegnati a ricercare l'autentica esperienza della comunione, siamo certi che tutti sapranno accogliere, in atteggiamento di fede, il servizio che i Vescovi sono chiamati a dare per la realizzazione di autentiche comunità. c) La comunione rimanda, come suprema istanza e come metodo di crescita, alla carità. Donata da Dio con l'effusione dello Spirito Santo, ( Cfr. Rm 5,5 ) la carità anima e sublima ogni dono e ogni servizio nella partecipazione alla vita trinitaria. Essa, che è il carisma « più grande di tutti », ( 1 Cor 13,13 ) spinge il singolo credente e tutto il popolo di Dio a cercare ciò che è bello, giusto, vero e buono. Capitolo II - Considerazioni sulla situazione della Chiesa in Italia La crescita di interesse per il fatto religioso e la vita cristiana 5. - In questi ultimi anni è parso crescere l'interesse per il problema religioso e per le persone e gli avvenimenti che a esso si riferiscono. Nel nostro Paese ciò si è manifestato, ad esempio, in una più diffusa attenzione alla vita della Chiesa cattolica e ha avuto riscontro in una più ampia informazione data dai mezzi di comunicazione sociale, anche se talvolta alcuni fatti ecclesiali sono stati letti in un'ottica non serena, quando non addirittura distorta, e altri fatti, spiritualmente importanti, sono stati addirittura, con tattica emarginativa, ignorati. Si deve però rilevare come troppo spesso l'interesse per la Chiesa sia richiamato non già dalla presa di coscienza della sua presenza e del significato della sua missione, quanto piuttosto dal timore delle implicazioni che i suoi interventi possono avere sulla vita pubblica. Sul piano della vita pubblica, purtroppo, continua a gravare l'ipoteca laicista, che vorrebbe recuperare o garantire un modo superato di intendere la distinzione tra sfera spirituale e temporale, allo scopo di confinare la Chiesa al di fuori del reale, là dove, invece, per mandato divino, essa deve operare per la salvezza dell'uomo. 6. - Se l'acresciuto interesse per il fatto religioso rivela in certa misura l'attenzione dell'opinione pubblica per la Chiesa, esso non è indice di per sé di un rifiorire della pratica religiosa. Non poche considerazioni portano a pensare che in Italia l'area dell'indifferenza e del distacco dalla Chiesa si vada notevolmente allargando con il passare degli anni, e che il risveglio religioso in atto non sia privo di ambiguità. Speranze e preoccupazioni nella nostra realtà ecclesiale 7. - Un buon cammino è stato indubbiamente percorso dalla nostra Chiesa dopo il Concilio e, pur tra le difficoltà che possono talora aver impedito la crescita della comunione oppure oscurato la sua testimonianza, prevalenti appaiono i segni di speranza. L'impegno del rinnovamento conciliare è stato presente dappertutto, anche se non con le stesse modalità e in uguale misura. Ciò non deve meravigliare, quando si pensi all'eterogeneità delle situazioni storiche, culturali e sociali delle nostre popolazioni e alla molteplicità delle circoscrizioni pastorali, ciascuna delle quali ha una sua storia e una sua tradizione. Questi ed altri fattori possono spiegare perché nell'attuazione del Concilio non tutte le diocesi abbiano camminato allo stesso passo e perché, anche tra i Vescovi, sia stato talvolta difficile concordare uno sforzo comune, programmato nel tempo. Da ciò sono venute tensioni per impazienze e fughe in avanti o per resistenze, lentezze, ritardi; ma uno spirito nuovo e uno slancio nuovo percorrono oggi le nostre Chiese. Sta ad esempio maturando nelle diocesi, e dovrà ancor più maturare, la coscienza dell'unità del presbiterio che deve esprimersi nella fraternità e nell'amicizia tra Vescovo e presbiteri; l'esigenza di partecipazione pastorale va affermandosi e deve essere incoraggiata, anche ridando vigore agli organismi chiamati a promuoverla e a favorirla, i consigli presbiteriali e pastorali in particolare; si fa sempre più avvertita, inoltre, la necessità di una piena collaborazione tra presbiteri e laici, nella linea della corresponsabilità di un'unica missione. Il fermento conciliare è passato tallora per i piccoli gruppi. Queste esperienze, nate da legittimo desiderio di una più partecipata animazione delle comunità, hanno effettivamente contribuito a ridare vitalità ed entusiasmo. Altre volte invece, si sono manifestate di impedimento alla comunione, ponendosi in alternativa alla parrocchia. Tale situazione, occorre dirlo, si è venuta a creare anche per il limite delle nostre comunità e delle nostre strutture diocesane e parrocchiali, che non sempre rispondono a certe esigenze di itinerari di fede, di esperienza o di preghiera, di annuncio catechetico, sempre più pressanti specialmente nei giovani. 8. - Si devono nondimeno sottolineare ancor più i tanti segni positivi, dai quali appare la ricchezza dei doni fatti dallo Spirito Santo alle nostre comunità. Ne ricordiamo alcuni tra i più significativi il moltiplicarsi di iniziative per la spiritualità e l'aggiornamento teologico-pastorale dei sacerdoti; il diffondersi di esperienze di vita comunitaria esemplare all'intemo dei presbitèri; la ricerca di una sempre più fraterna comprensione e di una cordiale collaborazione tra sacerdoti diolcesani, religiosi e religiose; la progressiva introduzione nel servizio pastorale del diaconato permanente e degli altri ministeri; il crescente impegno di catechesi che coinvolge sacerdoti e laici; le incoraggianti sperimentazioni di un'azione pastorale coordinata a livello intervicariale nell'ambito della medesima diocesi o anche interdiocesano nella regione; la consapevolezza della necessaria cooperazione fra le Chiese, sia nel campo missionario che in quello del reciproco sostegno all'interno della realtà ecclesiale italiana; la fioritura di movimenti di spiritualità laicale, e per la famiglia; il rilievo assunto dal volontariato che, nelle sue diverse forme, esprime una dimensione del servizio della carità. Tra le espressioni di questa comunione che cresce nella nostra Chiesa vogliamo ricordare anche la generosità dimostrata dai fedeli nelle collette della « Caritas » che, sull'esempio delle collette di cui parla l'apostolo Paolo, hanno provato come l'amore si traduce in solidale fraternità verso i più bisognosi o i più colpiti, specie in occasione di calamità naturali, non ultima quella del recente terremoto che ha devastato il meridione d'Italia. Questa crescita della Chiesa italiana domanda di consolidarsi come frutto prezioso di uno sforzo che impegni tutto il popolo di Dio. E poiché da più parti si chiede che sia assicurata unità a questo cammino, noi sentiamo di dover rispondere alle attese dei nostri fratelli impegnandoci a esercitare, nella collegialità episcopale, l'opera di discemimento e di coordinamento, richiesta dal dono dello Spirito, per il bene della Chiesa. 9. - Il dovere di esprimere fedelmente la comunione in comunità vive e operanti, riguarda l'intera Chiesa italiana, le singole Chiese locali, le diverse componenti ed esperienze che in essa vivono. A tutti perciò richiamiamo la necessità di verificare il proprio cammino sui criteri della vera ecclesialità. A tutti ancora sentiamo il dovere di ricordare che l'ampiezza e la profondità della comunione non possono esaurirsi nella realizzazione delle nostre comunità, le quali, anche se imperfette, ne sono tuttavia vera espressione. Né possiamo tacere il fatto che spesso, all'origine di tensioni e contraddizioni, sta l'inesatta comprensione del concetto di « comunione » che a volte si identifica con il concetto di « comunità », mentre altre volte si tende ad affermare la reciproca estraneità dei due termini. Da ultimo, intendiamo richiamare l'attenzione preferenziale, in conformità con l'insegnamento conciliare, sulla Chiesa particolare « nella quale è veramente presente ed agisce la Chiesa di Cristo » e, di conseguenza, sulle parrocchie che, in un certo senso rappresentano la Chiesa visibile stabilita su tutta la terra », nella convinzione che « il rinnovamento ecclesiale in atto non può e non deve prescindere dalla realtà della parrocchia … ». La comunione ecclesiale, segno di speranza per il mondo 10. - La Chiesa incarna il suo mistero di comunione nella concretezza della storia, immersa nel vivo dei problemi e delle angosce della società. E la sua esperienza di comunione deve rivelarsi anche per la società civile come segno di speranza e invito a intraprendere con fiducia le vie della concordia e dell'unità. 11. - Non vogliamo nasconderci la gravità e la complessità del momento che il nostro Paese sta attraversando. Da ogni parte emerge urgente l'esigenza di ritrovare stabilità e pace sociale, di ridare fiducia a uomini e istituzioni, di attuare una effettiva programmazione dello sviluppo che porti a una equilibrata distribuzione del reddito, di garantire anche per il domani il reale riconoscimento dei diritti della persona umana alla verità, alla giustizia, alla libertà, alla vita. Rigide contrapposizioni ideologiche e di partito rivelano il loro effetto disgregante nella comunità; una esasperata tendenza all'autonomia locale rischia di compromettere l'unità del tessuto nazionale; squilibri economici e notevoli divari di progresso culturale e sociale dividono ancora il Nord e il Sud; la conflittualità permanente rende inquieto il mondo del lavoro e della produzione; la ripresa economica appare sempre più difficile in presenza di un'inflazione crescente; un clima diffuso di edonismo e di consumismo genera sacche di emarginazione e aumenta le tensioni sociali; uno sviluppo urbanistico non misurato sulle reali esigenze della persona rende drammatico il problema della casa; una mentalità efficientista relega nell'anonimato e condanna all'isolamento chi non produce: i più deboli, gli anziani, i disoccupati, i poveri. In tale contesto culturale e sociale, profondamente mutato, gli alti valori dello spirito sembrano oscurati, se non travolti da una visione materialistica della vita. I dolorosi frutti di questa perdita dei valori appaiono nel generale decadimento della moralità pubblica e privata, nella disaffezione al vincolo coniugale e alla famiglia, nell'egoismo che rifiuta la vita nascente e la sopprime, nella violenza e nel terrorismo che umiliano la civile convivenza e provocano lutti e rovine. 12. - La Chiesa « in un paese cattolico come l'Italia, ma immerso, talvolta, e minacciato da un'atmosfera ostile, rischia di trovarsi in un complesso di inferiorità e di subire anche, in certo modo, condizioni di ingiustizia e di discriminazione ». Da una situazione di « cristianità » che aveva caratterizzato per secoli la nostra presenza e la nostra azione pastorale, occorre passare senza complessi ma anche senza illusioni, a una pastorale rinnovata nella prospettiva della comunione, che rigeneri le comunità ecclesiali e le renda capaci rispondere alla nuova situazione culturale e sociale della Nazione, perché la Chiesa non può cessare di essere e di sentirsi realmente ed intimamente solidale » con questa società e deve impegnarsi a realizzare le sue speranze insieme con ogni uomo retto e giusto. In atteggiamento di servizio, perciò, essa ci propone di promuovere fiducia, di mantenere aperto il dialogo con tutti, con la sola predilezione a cui la obbliga il Vangelo, quella per i più poveri e i più deboli. Parte II - Comunione e comunità Premesse La linea della nostra riflessione 13. - Per approfondire il mistero della comunione ecclesiale, invitiamo le nostre comunità a considerarlo nella luce della missione dello Spirito Santo. Ad una riflessione sull'azione dello Spirito Santo nella Chiesa ci invita anche la lettera apostolica che il Santo Padre ha indirizzato ai Vescovi del mondo in occasione della celebrazione commemorativa del primo Concilio di Costantinopoli e del Concilio di Efeso. Il primo ci ha dato una chiara e definitiva formulazione della dottrina cattolica sullo Spirito Santo, tramandata fino a noi nel Credo; il secondo è un inno alla sua opera, realizzata nell'incarnazione di Cnisto e nella nascita della Chiesa, « due momenti nei quali la maternità di Maria è strettamente legata all'opera ldello Spirito Santo ». Siamo convinti che « tutta l'opera di rinnovamento della Chiesa, che il Concilio Vaticano II ha così provvidenzialmente proposto ed iniziato … non può realizzarsi se non nello Spirito Santo », e con l'assistenza materna di Maria Santissima. Comprensione dei termini 14. - Quando diciamo « comunione », pensiamo a quel dono dello Spirito per il quale l'uomo non è più solo né lontano da Dio, ma è chiamato a essere parte della stessa comunione che lega fra loro il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, e gode di trovare dovunque, soprattutto nei credenti in Cristo, dei fratelli con i quali condividere il mistero profondo del suo rapporto con Dio. Come ogni dono dello Spirito, la comunione genera nella Chiesa doveri e impegni e diventa programma di vita cristiana. Per il dono della comunione dobbiamo vivere nella carità e costruire fra noi quell'unità in cui Gesù ha individuato la condizione perché il mondo possa credere nel suo messaggio. ( Cfr. Gv 17,21 ) Però una cosa è il dono di Dio e un'altra cosa è il nostro impegno: solo il dono rende passibile l'impegno e sempre lo sovrasta. 15. - Quando parliamo di « comunità ecclesiale », pensiamo a una forma concreta di aggregazione che nasce dalla comunione: in essa i credenti ricevono, vivono e trasmettono il dono della comunione. La comunità si costituisce sulla base di rapporti visibili e stabili che legano fra loro i credenti nella comune professione della fede. Gode di strutture e di strumenti altrettanto visibili, attraverso i quali si trasmettono agli uomini il messaggio e la grazia di Gesu, Figlio di Dio incarnato. Con le sue determinazioni concrete e i suoi limiti la comunità non mortifica l'ampiezza e la profondità della comunione, ma neppure la esaurisce; ne è come il sacramento, cioè la manifestazione e lo strumento che la svela presente nella storia degli uomini. Capitolo I - Il dono della comunione La Chiesa comunione dello Spirito 16. - Il dono della comunione ci è svelato e comunicato nella parola di Dio. Ci risuona sempre nel cuore l'affermazione dell'apostolo Giovanni: « Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo ». ( 1 Gv 1,3 ) Queste parole meravigliose rivelano il mistero della comunione, la cui partecipazione è offerta all'uomo; esse riassumono il progetto di Dio, che si attua nella storia con l'annuncio della fede e la comunione fra i credenti fondata sulla coamunione trinitaria, perché null'altro è la Chiesa se non un « popolo adunato nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo ». 17. - La Chiesa delle origini aveva profonda coscienza di essere una comunione fraterna in Cristo e nello Spirito. E anche noi all'inizio della Messa ci salutiamo con gioia con le parole dell'apostolo Paolo: « La grazia del Signore Gesu Cristo, l'amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi ». ( 2 Cor 13,13 ) Al mistero di comunione è finalizzata la missione del Figlio e dello Spirito. Effuso su tutti i credenti, lo Spirito Santo li rende conformi al Figlio di Dio, che per loro è morto ed è risuscitato. La comunità ecclesiale nasce e vive per la cumunione dello Spirito. Questa è la sua vera origine e la ragione del suo esistere. È lo Spirito, dono della Pasqua, che comunica se stesso ai rinati nel Battesimo, per farli creature nuove in Cristo. ( Cfr. Gal 6,15 ) La Chiesa è davvero un grande mistero di comunione. Lo Spirito anima della Chiesa 18. - Cristo, parola incarnata del Padre, convoca e crea la Chiesa, dandole vita per mezzo dello Spirito, e inaugurando così in terra il regno di Dio. Già ora lo Spirito Santo, la cui azione nella Chiesa « i santi Padri poterono paragonare … con quella che esercita il principio vitale, cioè l'anima, nel corpo umano », fa vivere perennemente la Chiesa stessa in quell'amore divino che è la legge suprema del Regno e che è stato riversato nei nostri cuori ». ( Rm 5,5 ) Non si può comprendere la comunione, né la comunità con tutti i suoi ministeri, se non si percepisce in profondità questa azione di Dio. Lo Spirito Santo, trasmesso una volta per sempre da Cristo alla sua Chiesa, ha preso in essa stabile dimora. La Chiesa è, così, tempio santo dello Spirito, di cui Cristo è pietra angolare; e noi siamo pietre elette e vive, che su di lui si fondano « per la costruzione di un edificio spirituale ». ( 1 Pt 2,5 ) La varietà dei doni dello Spirito 19. - Questo medesimo Spirito « abita nella Chiesa e nel cuore dei fedeli ». ( Cfr. Rm 8,9 ) Egli li rende partecipi della vita divina, ( Cfr. 2 Pt 1,4 ) così da farli figli del Padre al quale potranno rivolgersi col nome familiare di « Abbà ». ( Rm 8,15 ) La Chiesa è, così, famiglia dei figli di Dio, nella quale siamo tutti fratelli. La comuninone con il Cristo e con il Padre mediante l'unico Spirito genera, infatti, la comunione fraterna fra tutti coloro che sono rinati dall'acqua e dallo Spirito Santo; ( Cfr. Gv 3,5 ) essa si accresce nel mistico scambio di tutto ciò che ciascuno è e compie nella Chiesa. Infatti ogni credente ha i suoi propri doni; e la comunione è, nella Chiesa, un insieme di esperienze diverse, che fanno pensare alle membra differenti di un unico corpo. ( Cfr. 1 Cor 12 ) 20. - Lo Spirito inoltre sostiene la missione della Chiesa nelle sue diverse azioni: nel suo compito di annunciare il Vangelo, nella celebrazione del culto e dei sacramenti, nella cura pastorale dei credenti e nell'impegno della promozione umana. È lui che la guida alla verità tutta intera, ( Cfr. Gv 16,13 ) « la unifica nella comunione e nel servizio, la provvede di doni gerarchici e carismatici coi quali la dirige, l'abbellisce dei suoi frutti ». È lui che la santifica, « la rinnova e la conduce alla perfetta unione con il suo Sposo » e, continuando a spingerla sulle vie della santità e dell'amore, ne sostiene la tensione verso la piena unione con il Padre, che si manifesterà nel giorno in cui Cristo gli consegnerà gli eletti ( Cfr. 1 Cor 15,24 ) e « Dio sarà tutto in tutti ». (1 Cor 15,28 ) La comunione dei santi 21. - In quel giorno « tutti i giusti, a partire da Adamo, "dal giusto Abele fino all'ultimo eletto", saranno riuniti presso il Padre ndla Chiesa universale ». Aspettando che alla fine Dio sveli le cose segrete degli uomini ( Cfr. 1 Cor 4,5 ) e renda « gloria, onore e pace a chiunque fa il bene », ( Rm 2,10 ) fin d'ora sappiamo che « chi teme Dio e fa la giustizia è a lui accetto ». ( At 10,35 ) La comunione, infatti, che a noi è donata, è più grande di noi, poiché viene dallo Spirito che « dà la vita », « dirige il corso dei tempi e rinnova la faccia della terra ». Egli è come il vento che « soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene e dove va ». ( Gv 3,8 ) Per questo è sempre possibile scorgere qua e là segni dello Spirito e germi di comunione: infatti, « tutto ciò che di buono e di vero si trova negli uomini » è un dono di colui che illumina ogni uomo, affinché abbia la vita. Perciò la comunione del popolo di Dio è un segno che annuncia la pace universale; e quanto si trova di verità e di bontà nell'uomo è come una preparazione al Vangelo. Quando nel « Credo » professiamo la fede nella comunione dei santi, andiamo al di là di ogni confine, anche di quello della morte, grati a Dio di essere stati chiamati a partecipare al suo disegno di salvezza, la cui dimensione nessun uomo può misurare. Capitolo II - La comunione dalla parola di Dio Lo Spirito e la Parola 22. - Lo Spirito muove interiormente il cuore dell'uomo. Sempre e da per tutto opera e operava nel mondo, prima ancora che Cristo fosse glorificato ». Il « piano universale di Dio per la salvezza del genere umano non si attua soltanto in una maniera, per così dire, segreta, nella mente degli uomini ». Al contrario, Dio, « il quale per mezzo del Verbo crea e conserva tutte le cose ( cfr. Gv 1,3 ), nelle cose create offre agli uomini una perenne testimonianza di sé ( cfr. Rm 1,19-20 ) e inoltre … fin dal principio manifestò se stesso ai progenitori ». È così che sono sparsi i semi della sua Parola. Natura e storia, fatti e parole umane, tradizioni religiose e culturali « riflettono un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini ». Condotti dallo Spirito di Dio, scrutiamo « i segni dei tempi » per scoprire negli avvenimenti, alla luce della fede, il suo disegno e le sue intenzioni. 23. - Se da sempre Dio si era svelato, con molti segni, ad un certo punto della storia parlò ad Abramo e ne fece il padre di un popolo, Israele, a cui si rivelò per mezzo di Mosé e dei Profeti. E, giunta la pienezza dei tempi, lo stesso Dio che « molte volte e in molti modi aveva parlato ai padri per mezzo dei Profeti … ha parlato a noi nel Figlio ». ( Eb 1,1s ) Lo Spirito Santo, poi, che scese su Maria perché nel suo seno la Parola, ossia il Figlio di Dio, si facesse uomo, scese ancora sugli Apostoli perché lo annunciassero risorto e Signore. E lo stesso Spirito scende sui credenti perché credano alla loro testimonianza. In tal modo, in un mondo che sant'Agostino diceva « pregnante di Cristo », la Chiesa si riconosce come la comunione di coloro che hanno ricevuto la Parola - così come, fatta carne, gli Apostoli l'hanno potuta ascoltare, vedere e toccare con mano ( Cfr. 1 Gv 1,1-4 ) - e che, per la forza dello Spirito, la accolgono con fede confessando che Gesu è il Signore che ci salva. ( Cfr. 1 Cor 12,3 ) Cristo parola di Dio 24. - La nascita della Chiesa dalla Parola e dallo Spirito rivela un'intima relazione tra queste due realtà. La parola di Dio, che è Cristo stesso, porta a tutti l'annuncio del Regno e convoca il popolo di Dio. Lo Spirito effuso dal Cristo, il Signore risorto, dà a questo popolo la vita divina mediante la grazia di riconoscere in Gesu il suo Signore ( Ibid. ) e mediante il dono dei sacramenti che, garantiti nella loro continuità e validità dalla successione del ministero apostolico, alimentano la fede. Consacrato Messia per l'unzione dello Spirito Santo, ( Cfr. At 10,38 ) e costituito capo del suo corpo che è la Chiesa, Gesù Cristo è il Sacerdote che ha fatto dono per noi al Padre del sacrificio di tutta la sua vita. Egli sacramentalmente continua la sua offerta, perché la Chiesa tutta sia capace di immolarsi con Lui nella carità e, partecipando all'unico corpo e all'unico calice, possa celebrare nella forma più alta la sua unità. 25. - Da Cristo, suo Signore e maestro, la Chiesa impara a vivere in maniera coerente al dono della comunione con Dio e, inviata al mondo per servire, sul suo esempio e per la grazia dello Spirito, è chiamata a entrare in comunione con lui e a farsi serva di tutti. ( Cfr. Lc 22,27 ) Gesù, infatti, insegna alla Chiesa a vivere in comunione con il Padre e assicura la sua presenza a coloro che saranno riuniti nella preghiera comune: « Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro ». ( Mt 18,20 ) Allo stesso tempo, nel suo amore per tutti gli uomini, le ha lasciato il modello della vera comunione. Egli si è messo in comunione con tutti, senza distinzione, superando le rigide classificazioni correnti, sia religiose che sociali. Ha avuto rapporti di cordiale accoglienza con i lontani e gli emarginati ( malati, lebbrosi, donne, bambini, ecc. ); è stato in dialogo di salvezza con coloro che erano ritenuti irrecuperabili ( peccatori pubblici, samaritani, non ebrei, ecc. ); ha incontrato gli scribi e i farisei, divenuti spesso suoi avversari; ha condiviso la vita del suo ambiente, senza privilegi, senza singolarità, fatto in tutto simile a noi. ( Cfr. Eb 4,15 ) Egli ha riassunto la legge e i Profeti nel comandamento dell'amore di Dio e del prossimo ( Cfr. Mt 22,34-46 ) e ha tradotto questo amore in partecipazione alle vicende umane, liete o tristi, ( Cfr. Gv 2,1-11; Lc 7,11-17 ) in espressioni di fraternità, di misericordia, ( Cfr. Mc 2,13-17 ) di profonda umiltà nel servizio. ( Cfr. ad es. Gv 13,12-14 ) Egli ha poi vissuto un rapporto di particolare amicizia con i Dodici che scelse « perché stessero con lui », ( Mc 3,14 ) confidandosi con loro come con amici, ( Cfr. Gv 15,15 ) chiamandoli a partecipare alla sua missione di evangelizzazione ( Cfr. Mc 6,7 ) e a condividere i suoi momenti di preghiera e le sue prove.( Cfr. Lc 22,39 e par ) E prima di morire, ha lasciato, segno massimo e misterioso di comunione, l'Eucaristia, testimonianza della sua vita data per loro e per tutti. ( Cfr. Lc 22,14-20 e par ) La comunione ecclesiale nell'Eucaristia 26. - La comunione ecclesiale vive dell'ascolto della Parola. Cristo, Parola incarnata, è presente, anzi « è lui che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura ». Ma egli è anche presente con la sua virtù nei sacramenti, di modo che quando uno battezza è Cristo stesso che battezza ». È presente soprattutto nell'Eucaristia con la quale, « partecipando noi realmente al corpo del Signore, siamo elevati alla comunione con lui e tra di noi: "Poiché c'è un solo pane, un solo corpo siamo noi" … ( 1 Cor 10,17 ) ». L'Eucaristia è il sacramento del sacrificio di Cristo, cioè del suo corpo immolato per noi, che manifesta e realizza, per il dono dello Spirito, la comunione della vita divina e l'unità del popolo di Dio su cui si fonda la Chiesa ». Nella celebrazione eucaristica la Chiesa vive il momento più elevato di conformazione a Cristo e al suo sacrificio, rafforza l'impegno per una coraggiosa missione apostolica, offre in un unico gesto al Padre tutte le cose, nella prospettiva della ricapitolazione finale dell'universo in Cristo. ( Cfr. Ef 1,10 ) 27. - Perché possa davvero dare alla Chiesa pienezza di comunione, l'Eucaristia esige il superamento di ogni divisione che ha la sua radice nel peccato. Perciò è appello sacramentale a divenire un solo corpo in Cristo e domanda continua conversione alla verità e alla giustizia, senza le quali non possono esserci né la pace né la fraternità che producono la gioia del vivere insieme. La Parola destinata a tutti gli uomini 28. - La Chiesa che si raduna intorno all'Eucaristia non può mai dimenticare che la comunione di cui gode è destinata a tutti gli uomini della terra, non solo mediante la misteriosa azione dello Spirito nel cuore degli uomini, ma anche attraverso la comunicazione della Parola e la testimonianza apostolica dei discepoli. Il Vangelo deve essere proclamato « fino agli estremi confini della terra », ( At 1,8 ) perché ogni uomo è chiamato alla fede in Cristo e alla comunione con lui nella Chiesa. Consapevole che questo annuncio deve diffondersi in ogni tempo, la comunità cristiana si sente oggi investita di questa grave responsabilità e perciò si fa sempre più missionaria. Essa invoca lo Spirito affinché conduca a Cristo anche coloro che, pur non appartenendo ancora al popolo di Dio, sono stati redenti dal suo sangue e a lui sono orientati come al Signore. In questi, pur con la preghiera di tutti i credenti, lo Spirito Santo può preparare e suscitare la fede che li porterà un giorno alla piena esperienza della comunione ecclesiale. Capitolo III - Il dinamismo della comunione Comunione con Dio e con gli uomini 29. - San Giovanni all'inizio della sua prima lettera spiega il senso dell'annuncio evangelico e della comunione che ne è il frutto. Egli rivela a tutti gli uomini quello che era stato in profondità il suo contatto con Dio attraverso Gesù, « il Verbo della vita ». In ciò che aveva visto con i suoi occhi e toccato con le sue mani, egli aveva sperimentato la comunione con il Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo. Lo « annuncia » agli altri perché essi pure, accogliendo la sua testimonianza, possano ritrovarsi insieme, a godere del medesimo dono. Uniti a Cristo, pertanto, diveniamo partecipi della vita del Padre e dello Spirito Santo. Vivendo per lui in Dio, contemporaneamente viviamo in quell'amore di Dio che dà origine alla comunione fraterna, per cui ci accogliamo gli uni gli altri nella carità e diventiamo « membra gli uni degli altri ». ( Rm 12,5 ) E proprio questa comunione fraterna attesta la verità della nostra comunione con Dio. ( Cfr. 1 Gv 4,12 ) Comunione nell'eternità e nella storia 30. - La comunione è una realtà viva. È la comunione divina che si partecipa agli uomini realizzandosi esemplarmente nella storia del popolo di Israele, e poi nel nuovo popolo di Dio che è la Chiesa pellegrina sulla terra, in vista del suo compimento nel Regno alla fine dei tempi. Essa non è solamente una realtà nascosta, un puro dato mistico, che si rivelerà esclusivamente quando il Signore ritornerà nella gloria e stabilirà i cieli nuovi e la terra nuova. Essa è una realtà della nostra storia umana e, come tale, visibile negli avvenimenti della vicenda umana. Per questo carattere della comunione, la Chiesa vive nell'eternità e nella storia, nella profondità del mistero di Dio e nella concretezza della vicenda degli uomini. Comunione che si espande 31. - La realtà di comunione che la Chiesa vive non è solo esperienza di carità che interiormente la riempie di gioia e la fa crescere, ma è anche presa di coscienza dell'urgente dovere di allargare gli spazi di attuazione del mistero salvifico. Se in questo mistero la Chiesa si radica e trova la sua origine, in sé tuttavia non ne esaurisce tutta la grazia, e soltanto allora può dire di tendere alla sua piena realizzazione quando si fa strumento perché esso raggiunga l'umanità intera e la porti a salvezza. Ad ogni uomo, infatti, essa è debitrice dell'annuncio liberante del Vangelo; a tutti deve aprirsi per accoglierli affinché in essa facciano esperienza dell'amore che in Cristo unisce gli uomini come fratelli. Essa, pur restando « un popolo uno e unico, deve estendersi a tutto il mondo e a tutti i secoli ». E, infine, con fede la Chiesa attende l'avverarsi dei tempi di Dio, nel rispetto della graduale maturazione di persone e di comunità, lieta di constatare quanto già unisce gli uomini tra loro e quali prospettive di unità apra lo Spirito alla famiglia umana. Comunione che esige una perenne conversione 32. - La Chiesa è spinta dalla carità a farsi luogo e comunità di salvezza per ogni uomo. Ma per entrare in dialogo e attrarre alla comunione chi, in diversa misura, ne fosse ancora lontano, essa ha bisogno di creare in se stessa le condizioni di una vera accoglienza e fraternità. Perciò avverte una continua esigenza di conversione, che la porti alla santità, mentre umilmente riconosce di essere sempre in cammino verso questa meta. Consapevole che questa tensione è sostenuta dalla grazia, e condizionata dalle resistenze della debolezza umana, essa prega perché anche al suo interno tutti compiano ogni sforzo alla ricerca di una sempre più sincera comunione fraterna, affinché la Chiesa risplenda dinanzi a tutti come esperienza di amore e unica speranza di salvezza. Maria e la comunione ecclesiale 33. - Maria, che giustamente è invocata quale « madre della Chiesa », non solo è parte eletta della Chiesa, ma ne è anche modello, per la fede, per la carità, per la profonda unione a Cristo e, quindi, per la singolare ricchezza di grazia con cui ha vissuto il dono della comunione. La Vergine santa si presenta « modello di virtù davanti a tutta la comunità degli eletti », alla rigenerazione e formazione dei quali essa coopera con amore di madre ». E la Chiesa « giustamente guarda a colei che generò Cristo, concepito appunto dallo Spirito Santo e nato dalla Vergine per nascere e crescere anche nel cuore dei fedeli per mezzo dlla Chiesa ». Il popolo di Dio, mentre la invoca e « con affetto di pietà filiale la venera come madre amantissima », scorge in lei il modello della più intensa comunione con Dio e con i fratelli e pertanto si affida alla sua intercessione nell'impegno di vivere la comunione ecclesiale. Visione d'insieme 34. - La comunione nasce dalla parola di Dio e dallo Spirito che introduce gli uomini, i discepoli di Cristo, nella realtà della salvezza, ossia nella comunione con le tre persone dell'unico Dio. Ha origine dall'alto, si fonda sulla fede e sui sacramenti della fede, che culminano nell'Eucaristia; esprime la comunione trinitaria, consacra l'unità del popolo di Dio; gode dell'assistenza, della promozione e del vincolo dello Spirito Santo; è strutturata in una comunità gerarchicamente ordinata ed è arricchita della varietà dei carismi. Nella riflessione su se stessa, operata durante il Concilio Vaticano II, la Chiesa ha preso meglio coscienza di essere il popolo di Dio portatore nella storia di un mistero di comunione. Questo mistero di comunione: è una realtà invisibile e visibile, partecipazione dell'evento dell'incarnazione, la sua efficacia si prolunga nella storia attraverso la struttura sacramentale della Chiesa; è una realtà divina ed umana che vive nel tempo ma in tensione verso la pienezza della Gerusalemme celeste; ci unisce vitalmente a Cristo e costituisce i singoli in figli di Dio e la comunità dei battezzati in popolo di Dio; è vissuto nella fede, nella speranza e nella carità, che Dio infonde nell'intimo e che noi viviamo nella testimonianza alla Parola, in un cammino fiducioso nel futuro e con l'amore dei fratelli; ha nei sacramenti, e soprattutto nell'Eucaristia, il culmine verso cui tende … e insieme la fonte da cui promana »; dà vita a un popolo ben compaginato, ricco della varietà dei carismi e articolato nella distribuzione dei ministeri al servizio della crescita comune; assicura la grazia necessaria per confessare la fede e spinge ad annunciare il Vangelo per la salvezza di tutta l'umanità; unisce i fedeli pellegrini sulla terra a coloro che morti in Cristo, hanno già raggiunto la patria, vedono il volto di Dio e sono intercessori per i loro fratelli, prima fra tutti la Beata Vergine Maria. Capitolo IV - La comunità ecclesiale Dalla comunione alla comunità 35. - Lo Spirito Santo dona ai credenti la fede in Gesù, riunendoli in un solo corpo, rendendoli figli nel Figlio, capaci di invocare Dio con il nome di Padre. ( Cfr. Rm 8,15 ) Così la comunione trinitaria, con la missione del Figlio e dello Spirito, entra nella storia degli uomini e si fa presente nel mondo. Questa presenza è realizzata dallo Spirito, mediante la fede, nel cuore e nella vita di uomini concreti, viventi quotidianamente nella storia. Essi, con le parole e con le opere, sono chiamati a farsi segno e strumento di fronte a tutti del mistero che portano dentro. Il mistero nascosto, allora, si rivela nei loro rapporti interpersonali, segnati dalla fede, dalla speranza e dalla carità. La ricchezza e i beni di ciascuno sono messi a disposizione di tutti, nel dono reciproco che esalta la fraternità, per cui l'uno è necessario all'altro, ciò che uno possiede completa quello che all'altro manca e ciascuno partecipa alla crescita comunitaria che tutti coinvolge e di tutti valorizza l'apporto. 36. - La comunione del Padre che ha « mandato » nel mondo il Figlio e anima con il suo Spirito la storia umana, si mostra così nella comunione degli uomini tra loro. Essi formano la comunità cristiana, dando ai loro rapporti interpersonali basati sulla fede, sulla speranza e sulla carità, e tendenti all'edificazione dell'unico corpo del Signore, la foma di una aggregazione stabile di persone per la manifestazione storica, cioè visibile e rilevante nella sua continuità, della comunione. La comunità, dunque, voluta dal Signore Gesù, ( Cfr. Mt 16,18; Mt 18,15-20 ) è nata dall'annuncio che egli è risorto ed è il Signore che ci libera, è comunione con Cristo e con i credenti e testimonia l'unità del popolo di Dio, in cui ogni battezzato vive la sua dimensione profetica, sacerdotale e regale. Se per tale specifica connotazione sarebbe errato ridurre la Chiesa a semplice aggregazione umana o ad una realtà sociale qualsiasi, ciò non significa che nella comunità ecclesiale debbano venire negate le caratteristiche umane delle persone o dei gruppi umani che vi apportano il contributo specifico della loro cultura, della loro esperienza storica, delle attitudini loro proprie. Anzi, se fa parte della missione della Chiesa riconoscere e promuovere dovunque la dignità dell'uomo, con tutta la ricchezza dei valori che ogni uomo porta con sé, la comunità cristiana deve saper offrire a chiunque desidera diventarne membro un posto che non cancelli, ma elevi, nella partecipazione alla comunione divina, tutto l'umano che ne compone la personalità. L'esempio della prima comunità cristiana 37. - Nella ricerca di vivere con impegno il dono della comunione che lo Spirito ci comunilca, è per noi fondamentale il modello delle prime comunità cristiane ( Cfr. At 2,42-46; At 11,19-30; At 13,14; At 14,26-28 ) e l'esperienza vissuta di una comunione intensa, anche se non priva di tensioni e di difficoltà. In particolare, nella prima comunità di Gerusalemme i fedeli, consapevoli della profondità della loro comunione, erano perseveranti « nell'ascoltare l'insegnamento degli Apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere ». ( At 2,42 ) Frutto di questa unione fraterna era anche la libera condivisione dei beni materiali: nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune ». ( At 4,32; cfr. anche At 2,44 ) La comunione non restava un dono interiore, ma era vissuta in tutta l'ampiezza delle sue dimensioni, compresa quella visibile e storica dell'aiuto e sostegno vicendevole. Una comunità così dedita e fedele alla comunione era convincente conferma alla predicazione apostolica, perché l'unione fraterna e la letizia rendevano credibile l'annuncio e ogni giorno il Signore aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati ». ( At 2,48 ) Esemplarmente, il libro degli Atti degli Apostoli ci « dà l'immagine di una Chiesa che, grazie all'insegnamento degli Apostoli, nasce e si nutre continuamente della parola del Signore, la celebra nel sacrificio eucaristico e ne dà testimonianza al mondo nel segno della carità » L'unica Chiesa in molte comunità 38. - Possono essere tante le forme in cui si presentano le comunità cristiane che l'annuncio del Vangelo fa germogliare sulla terra, avendo ciascuna caratteristiche proprie, dimensione e importanza diverse. Ma ogni comunità cristiana è, a suo modo, un'attuazione del mistero di salvezza in un luogo e in un contesto umano determinato e vi rende presente, in una certa misura, la realtà della Chiesa universale. Costituite ultimamente sul fondamento degli Apostoli, le comunità cristiane ascoltano, annunciano e celebrano la parola di Dio da cui sono illuminate e giudicate; vivono ciò che annunciano nel memoriale dell'Eucaristia e nelle opere della fede, della speranza e della carità; si muovono confortate dalla presenza attiva dello Spirito che suscita in esse carismi e ministeri, e così compiono la missione loro affidata da Cristo. La comunità diocesana 39. - Proprio perché costituite sul fondamento degli Apostoli, le comunità cristiane si esprimono e si raccolgono intorno alla persona e al ministero del Vescovo. Il Concilio chiama tali comunità col nome di « Chiese locali » o « particolari », e afferma che in esse « è veramente presente e agisce la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica e apostolica ». È importante sottolineare, al riguardo, il rapporto tra Chiesa particolare e Chiesa universale. La Chiesa particolare non nasce da una sorta di frammentazione della Chiesa universale, né questa si presenta come il risultato della somma delle Chiese particolari. Tra le due realtà c'è invece una relazione costante, perché la Chiesa universale esiste e si manifesta nelle Chiese particolari. Per questo il Concilio dice che le Chiese particolari « sono formate a immagine della Chiesa universale; è in esse e a partire da esse, che esiste la sola e unica Chiesa cattolica ». « Questa visione conciliare è di grande importanza perché mostra che è all'interno delle diocesi che il fedele è chiamato a vivere pienamente la sua appartenenza alla Chiesa unica e universale ». 40. - Alcune suggestioni conciliari portano a collegare implicitamente la Chiesa locale alla chiesa apostolica di Gerusalemme, e alle altre varie comunità che si incontrano negli Atti degli Apostoli. ( Cfr. At 2,41-45 ) La Chiesa locale si caratterizza per il legame a un luogo definito: ( Cfr. At 11,26 ) è « adunanza », « assemblea », « comunità raccolta », ( At 15,30; At 13,1 ) « comunità di fratelli », ( Cfr. At 15,36 ) espressioni che evidenziano l'unità della comunità cristiana convocata in un determinato luogo. ( Cfr. 1 Ts, 2 Ts 1; 2 Cor 1; Rm 16,15 ) Essa gode della pienezza del ministero del Vescovo, e, poiché il Vescovo è principio visibile dell'unità della Chiesa particolare, « come il Romano Pontefice, quale successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento sia dei Vescovi che della moltitudine dei fedeli », la ,comunità cristiana formata attorno al Vescovo, deve raccogliersi a sua volta attorno al Papa. Solo in questa connessione la Chiesa particolare è autentica comunità ecclesiale e porzione di tutto il popolo di Dio. Il Vescovo, pertanto, come membro del collegio episcopale, che succede a quello degli Apostoli, condivide con gli altri Vescovi la responsabilità della missione di tutta la Chiesa sparsa nel mondo, e in questa responsabilità la Chiesa locale gli è congiunta. « I Vescovi reggono le Chiese particolari loro affidate come vicari e rappresentanti di Cristo ». Intorno ad essi, come a servitori dell'unità nella carità, si stringono i membri del popolo di Dio, con vincoli di fede, di amore, di obbedienza attiva e responsabile, affinché l'unità della, fede e della carità diventi evidente ed esemplare anche nella concorde azione pastorale. 41. - I singoli cristiani e tutte le diverse comunità alle quali essi danno vita, devono essere aperti a questa dimensione più grande della comunione. Aprirsi con spirito di partecipazione alla vita della diocesi significa acquistare il respiro cattolico e apostolico che è proprio della pienezza della Chiesa. Questo vale per tutti i membri della Chiesa, persone e comunità: nessuno è un'isola nella Chiesa, ma tutti sono parte dell'unico popolo di Dio che ha nella Chiesa locale la sua piena manifestazione. Il compito del Vescovo, col suo presbitèrio e coi suoi diaconi, naturalmente, non è facile. Egli deve vivere dal di dentro, accanto a tutte le componenti della sua Chiesa, la molteplice ricchezza di grazia che lo Spirito le dona, e favorire il dialogo, sì da far crescere la comunione nella sua Chiesa particolare. E allo stesso tempo deve sentire all'unisono con gli altri Vescovi e con il Papa, sì da comunicare alla sua Chiesa la coscienza di appartenere a tutto il popolo di Dio e mantenerla nel circuito di vita e di attività !della Chiesa universale. La comunità parrocchiale 42. - La Chiesa locale, ossia la diocesi, nella quale si realizza in pienezza la realtà della « Chiesa », normalmente si articola in parrocchie. « Poiché nella sua Chiesa il Vescovo non può presiedere personalmente sempre e ovunque l'intero suo gregge, deve costituire gruppi di fedeli, tra cui hanno un posto preminente le parrocchie organizzate localmente e poste sotto la guida di un pastore che fa le veci del Vescovo: esse infatti rappresentano in certo modo la Chiesa visibile stabilita su tutta la terra ». Ancora secondo il Concilio, la parrocchia è la « cellula » della diocesi, la famiglia di Dio, come fraternità animata nell'unità, o « come insieme di fratelli animati da un solo spirito », capace di « fondere insieme tutte le differenze umane che vi si trovano e inserirle nell'universalità della Chiesa ». In essa, il credente può vivere di fatto la sua vita cristiana quotidiana. In essa quotidianamente pervengono « i problemi di ciascuno e del mondo e le questioni spettanti la salvezza degli uomini, perché siano esaminati e risolti con il concorso di tutti ». Il sacerdote vi rende presente il Vescovo, e così la parrocchia rende presente in se stessa la Chiesa universale. A motivo della sua relazione alla Chiesa particolare, la parrocchia costituisce, di fatto ancora oggi, la prima e insostituibile forma di comunità ecclesiale, strutturata e integrata anche con esperienze articolate e aggregazioni intermedie, che ad essa devono naturalmente convergere o da essa non possono normalmente prescindere. 43. - « La parrocchia, organizzata localmente sotto la guida di un pastore che fa le veci del Vescovo », è pertanto una comunità di fede, illuminata e sorretta dalla parola di Dio, investita del dovere dell'annuncio e di una catechesi che riveli « l'intero mistero di Cristo con tutta la pienezza delle sue implicazioni e dei suoi sviluppi »; è una comunità di preghiera, soprattutto nel giorno del Signore, per l'azione dei sacramenti che vi si celebrano e per l'Eucaristia, vertice dell'azione liturgica; ed è comunità d'amore, dove la realtà della comunione è vissuta nell'insieme dei gesti che, partendo dall'Eucaristia, traducono la fraternità dei discepoli del signore nel servizio, nell'aiuto reciproco, nella testimonianza. La comunità parrocchiale riunisce i credenti senza chiedere nessun'altra condivisione che quella della fede e dell'unità cattolica. La sua ambizione pastorale è quella di raccogliere nell'unità persone le più diverse tra loro per età, estrazione sociale, mentalità ed esperienza spirituale. 44. - Inserita di regola nella popolazione di un territorio, la parrocchia è la comunità cristiana che ne assume la responsabilità. Ha il dovere di portare l'annuncio della fede a coloro che vi risiedono e sono lontani da essa, e deve farsi carico di tutti i problemi umani che accompagnano la vita di un popolo, per assicurare il contributo che la Chiesa può e deve portare. Cosi essa è dentro la società non solo luogo della comunione dei credenti, ma anche segno e strumento di comunione per tutti coloro che credono nei veri valori dell'uomo: simile alla fontana del villaggio, come amava dire papa Giovanni, a cui tutti ricorrono per la loro sete. 45. - Oggi il bisogno di una esperienza di vita comunitaria è da molti assai sentito, e accade che la parrocchia si articoli in vari gruppi o piccole comunità. La condivisione della fede e di un serio impegno cristiano riunisce spesso alcune persone in gruppi omogenei, sia per affinità personali che per particolari carismi o specifici compiti di evangelizzazione o di promozione umana. Cosi un pò dappertutto fioriscono nella Chiesa tante piccole comunità, a volte singole o collegate tra loro in associazioni o movimenti. Paolo VI vi scorgeva « una speranza per la Chiesa universale », quando esse si nutrono della parola di Dio senza restare schiave delle ideologie, quando evitino la tentazione della contestazione sistematica e, bene inserite nella grande Chiesa, conservino una sincera comunione con i Pastori, senza considerarsi mai l'unica forma autentica di vita ecclesiale. 46. - È necessario che le comunità diocesane e quelle parrocchiali si aprano all'accoglienza di queste nuove forme di vita ecclesiale, dando loro la possibilità di integrarsi nell'insieme. Nello stesso tempo coloro che le formano devono sentire di appartenere al popolo di Dio ed essere consapevoli di doverlo servire con i propri particolari carismi. Per far questo devono anche pensare che essi non incarnano in sé tutta la dimensione sacramentale né il carattere popolare e universale della Chiesa. Neppure lontanamente queste nuove forme di aggregazione ecclesiale possono concepirsi e volersi in alternativa alla comunità parrocchiale o diocesana, ma piuttosto devono in ogni situazione e occasione avere a cuore di collaborare con esse, sempre disponibili ad adeguare i loro modi di vedere e i loro piani di azione alle visioni e ai piani pastorali delle comunità più grandi, nelle quali Dio le ha chiamate a vivere e a operare. A questo proposito è bene che tutti - e principalmente gruppi, movimenti e associazioni - prendano in attenta considerazione la Nota pastorale sui criteri di ecclesialità » che riguarda una situazione tanto importante e attuale della nostra Chiesa. La « Nota » è stata desiderata e intesa come un vero servizio alla comunione delle nostre comunità, sia diocesane che nazionale, per comporre in armonia e far convergere al bene comune ecclesiale energie e carismi largamente diffusi e promettenti. Studiarla, e verificarvi sui criteri enunciati la propria libertà cristiana di aggregarsi, di muoversi e di operare nella Chiesa, in un rapporto articolato coi Pastori secondo la varietà delle occorrenze, è segno concreto d'amore e di volontà di comunione; accoglierla è garanzia di maggiore e migliore fecondità spirituale, apostolica e pastorale per sé e per tutti. Per costruire il corpo del Signore 47. - La comunità ecclesiale, nelle diverse forme in cui si realizza, è la manifestazione storica della comunione che è dono dello Spirito Santo. Il Concilio Vaticano II ricorda che lo Spirito santifica il popolo di Dio, distribuendo doni e grazie speciali « con le quali rende ( i fedeli ) adatti e pronti ad assumersi varie opere ed uffici ». Richiama anche al fatto che questi doni, straordinari o semplici e largamente diffusi, devono essere accolti con gratitudine e consolazione. 48. - Nella costruzione del corpo del Signore, che è la Chiesa, e nella sottomissione al discernimento dell'Apostolo, i carismi evidenziano una doppia caratteristica: sono dati per un impulso alla solidale fraternità e rivelano l'esigenza di una chiara distinzione di compiti nel servizio alla comunità. Così i carismi laicali si distribuiscono in una infinita varietà di grazie e di compiti al servizio dell'uomo nella famiglia, nel lavoro, nella società, con l'annuncio della fede e con l'assunzione di responsabilità ecclesiali e civili. I carismi dei religiosi impegnano nella testimonianza dei valori della contemplazione, nel ministero pastorale, in varie opere di apostolato, in svariati servizi sociali, ma sempre con un particolare carattere di segno del Regno che verrà. I carismi dei Vescovi, dei preti e dei diaconi consacrano in particolare maniera al ministero apostolico, nell'annuncio del Vangelo al mondo e nella sua predicazione alla Chiesa, nella cura pastorale della comunità e nel peculiare servizio sacerdotale del culto. Così la Chiesa particolare, vivendo la carità dello scambievole dono e promuovendo in tutti la coscienza del servizio, cresce nella bellezza, e nella fecondità della sua unità. In essa i fratelli si aprono al dono di sé e alla trasparenza della loro testimonianza. Con la convergenza armonica di tutti i carismi, con la loro diversità e continua novità, la Chiesa può rispondere alle esigenze della sua missione di salvezza dell'uomo. Capitolo V - La dimensione universale della comunione Il sacramento di unità del genere umano 49. - La nostra riflessione si fonda sulla convinzione di fede che la comunione è un dono dello Spirito Santo. Di questo dono la Chiesa vivente nelle comunità cristiane è segno e strumento. Il dono dello Spirito, tuttavia, è più grande di noi ed è una grazia che sempre ci trascende. Essa opera ovunque per la salvezza e l'unità del genere umano e lo stesso suo svelarsi nella Chiesa è sacramento di un mistero di unità che interessa tutta la creazione. ( Col 1,15-20 ) Per questo si deve guardare all'umanità « con un sentimento di profonda stima di fronte a ciò che c'è in ogni uomo, per ciò che egli stesso, nell'intimo del suo spirito, ha elaborato riguardo ai problemi più profondi e più importanti; si tratta di rispetto per tutto ciò che in lui ha operato lo Spirito che ' soffia dove vuole ' ». Vorremmo perciò che le comunità cristiane d'Italia comprendessero che la comunione non le porta a rinchiudersi in se stesse, ma al contrario le invita e provoca a scoprire ovunque gli innumerevoli germi di comunione che lo Spirito di Dio sparge nel cuore degli uomini, anche di quelli che sono lontani dalla fede, dalla Chiesa o, addirittura, ad essa ostili. Il Concilio, ci ricorda che « Cristo è morto per tutti e la vocazione ultima dell'uomo è effettivamente una sola, quella divina » e ci obbliga a ritenere che « lo Spirito Santo dà a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale ». Problemi di comunione in un popolo di « battezzati » 50. - Se guardiamo al di là del « piccolo gregge » ( Lc 12,32 ) dei cattolici assidui e impegnati nella vita di Chiesa, non possiamo non vedere, con amore e con apprensione insieme, i tanti battezzati che non hanno, per grazia di Dio, rifiutato la fede in Cristo, ma che vivono di fatto ai margini della comunità ecclesiale, non partecipano mai o raramente all'Eucaristia, non contribuiscono alle attività comunitarie, non manifestano desiderio di crescere insieme con i fratelli nella fede, nel comune ascolto della parola di Dio e la partecipazione alla catechesi offerta nella Chiesa. L'espressione di fede di molti battezzati appare spesso incompleta, quando non deformata, tale comunque da mancare dell'adesione cordiale a tutta la dottrina cattolica. Altre volte, più che la dottrina, è il comportamento e la condivisione di essenziali principi morali a venir meno. E tuttavia, oltre alla grande tradizione religiosa e culturale, con queste persone abbiamo in comune il Battesimo, che ci fa condividere il dono di grazia del Dio sempre fedele alle sue promesse. ( Cfr. 1 Cor 1,9; 1 Cor 10,13 ) 51. - Le comunità cristiane devono guardare con amore a questi fratelli e cercare ogni forma di comunione possibile con loro. Non possiamo non rammaricarci che la loro comunione con noi non sia piena e dobbiamo dedicarci con tutte le forze a ripetere insistentemente l'invito alla vita ecclesiale, alla piena partecipazione e adoperarci a spianare loro la via all'incontro. Non mancano piccole comunità che vivono intensamente l'esperienza della fede, ma coltivano una posizione di dissenso da quella che essi chiamano la « Chiesa istituzionale », e la spingono a tal punto da rendere molto difficile la pratica di una vera comunione. Desideriamo che in tutte le maniere resti aperto il dialogo fra noi e loro. Le scongiuriamo a non fare alcun passo che conduca a divisione e rottura: non potrebbe più essere vera la parola di Paolo: « Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane ». ( 1 Cor 10,17 ) La comunione e l'unità fra le Chiese 52. - Il fatto che in Italia la grande maggioranza dei cristiani sia battezzata nella Chiesa cattolica non dispensa dal sentire intensamente il problema dell'unità della Chiesa e la necessità di costruire un rapporto sempre più stretto fra le nostre comunità e quelle degli ortodossi e dei protestanti. L'ecumenismo ha bisogno di generoso rilancio nelle nostre Chiese. Questo nostro progetto pastorale di valorizzazione del dono della comunione e di una più profonda compaginazione delle nostre comunità mancherebbe di una sua componente essenziale se non spingesse la Chiesa italiana, nel prossimo decennio, a valorizzare ogni possibilità di comunione con le altre comunità cristiane. Ci sono da coltivare relazioni abituali con le comunità cristiane non cattoliche, stabilmente residenti nei diversi territori, e c'è da pensare ai doveri di fraternità e di ospitalità verso quei folti gruppi, soprattutto di studenti, in genere ortodossi, che trascorrono alcuni anni in Italia. È anche necessario stabilire dei rapporti con i responsabili delle comunità ortodosse e protestanti per affrontare problemi pastorali che devono essere studiati insieme, come, ad esempio, la cura pastorale delle famiglie miste, e per fare fraternamente ogni tratto di strada che è possibile percorrere insieme. La comunione con le comunità israelitiche 53. - Se la comunione fra cristiani ci raccoglie intorno alla Persona di Gesù di Nazareth, creduto e proclamato Signore e salvatore, mai possiamo dimenticare la nostra « radice santa », ( Rm 11,16 ) il popolo di Israele, a cui appartennero Gesù e Maria sua madre, gli Apostoli e la prima comunità cristiana di Gerusalemme. La nostra comunione intorno alla Parola fatta uomo in Cristo è dono del medesimo Spirito che, come diciamo nel Credo, « ha parlato per mezzo dei Profeti ». Per questo le nostre comunità si nutrono nella fede con l'ascolto della parola di Dio attraverso la lettura di tutta la Bibbia e non solo del Nuovo Testamento, mettendosi così in singolare comunione con la fede e la storia del popolo di Israele. Ci sentiamo, quindi, legati non solo all'Israele vissuto prima di Cristo, ma anche agl'Israeliti di oggi, che vivono nella meditazione della loro Legge e dei loro Profeti e ancora pregano con i loro Salmi. Tanto più agli Ebrei oggi viventi in mezzo a noi siamo debitori di atteggiamenti di fraternità e di sincera ricerca di comunione, quanto più ripensiamo alla storia delle loro sofferenze, alle quali spesso i cristiani non sono stati estranei. Desideriamo quindi che non vada perduta alcuna occasione di dialogo fra le nostre comunità e quelle israelitiche, per il comune godimento e sviluppo del grande patrimonio spirituale che è insieme e loro e nostro. La comunione con tutti gli uomini religiosi 54. - Le situazioni nuove della vita odierna, inoltre, ci mettono a contatto più che nel passato con tanti fedeli dell'Islam, che si trovano a vivere in mezzo a noi, soprattutto nelle grandi città e nel meridione. Nei loro confronti, nonostante le ostilità del passato e senza lasciarci sopraffare dalle difficoltà del presente, siamo impegnati dall'esortazione del Concilio « a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà ». 55. - Nella appassionata ricerca di comunione con gli uomini, al di là di ogni confine, ci scopriamo profondamente uniti anche a tutti coloro che credono in Dio, perché ogni sincera ricerca di lui è dono dello Spirito Santo. Lo desideriamo e lo dobbiamo dire a quanti, a volte anche già battezzati, si dicono credenti ma non appartenenti a nessuna religione determinata. Accade spesso alle nostre comunità di venire a contatto con gruppi e movimenti religiosi, talora assai dinamici, i quali cercano a modo loro di rispondere al bisogno dell'Assoluto che non abbandona l'uomo contemporaneo. Sono credenti che si ispirano alla fede biblica o seguaci di varie religioni orientali. Lo spirito cristiano della fraternità universale non può rimanere indifferente, ma anzi deve crescere in sollecitudine di fronte a coloro che parlano di Dio in un mondo che tende ad escluderlo dalla conversazione umana, anche se avviene che forme di proselitismo tendono deplorevolmente a staccare i cattolici dalla Chiesa piuttosto che a testimoniare Dio presso quanti non credono. La comunione con gli uomini di buona volontà 56. - Infine, pur al di là dei profondi rapporti che ci legano a tutti gli uomini religiosi, dobbiamo cercare la comunione con « tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia ». Nonostante la corruzione troppo spesso snervi la vita sociale e la indolenza dell'egoismo la impoverisca di tante energie, invitiamo i fedeli e le comunità cristiane a non rinchiudersi nel pessimismo o nell'orgoglioso isolamento, ma a scoprire i segni diffusi dallo Spirito di Dio che anima il cammino verso un futuro migliore per l'uomo. Infatti, se crediamo alla carità divina, siamo « da Dio resi certi che è aperta a tutti gli uomini la strada della carità e che gli sforzi intesi a realizzare la fraternità universale non sono vani ». Dovunque, infatti, si opera con animo sincero per costruire un mondo più giusto, più rispettoso della persona umana, proteso alla realizzazione della libertà e della pace, « si prepara la materia per il Regno dei cieli ». Tutti coloro che, indipendentemente dalle convinzioni religiose o dalle ideologie, operano con sacrificio e dedizione per il bene dell'uomo, devono poter contare sulla comprensione e la solidarietà delle comunità cristiane. Pensiamo in particolare a tutti coloro che si associano al servizio del bene comune nelle diverse forme del volontariato, oggi fiorenti, ai quali la Chiesa deve una cordiale attenzione e cooperazione, ma pensiamo anche a tutti gli uomini di buona volontà che faticano per la pace e la concordia dei popoli. Una parola del Concilio 57. - Alla fine di queste riflessioni sentiamo il bisogno di riproporre a noi e alle nostre comunità, perché di nuovo sia meditato il celebre testo con cui il Concilio apre la sua costituzione sui rapporti fra la Chiesa e il mondo: « Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore ». Parte III - Per una vita di comunione nella comunità ecclesiale Capitolo I - Lo spirito di comunione per costruire la comunità 58. - Per vivere un'autentica comunione è necessario acquisire una mentalità rinnovata e inaugurare uno stile di vita che la esprima nella dimensione concreta della fede e della carità. A questa conversione, da perseguire con impegno, desideriamo esortare le nostre Chiese particolari, così che la luce di Cristo splenda pienamente sul loro volto. Un modo nuovo di vivere nella Chiesa è, infatti, non solo manifestazione dell'opera compiuta dallo Spirito, ma anche proposta nuova al mondo per l'unità e la pace. È la novità di vita, donataci da Cristo risorto, che diventa seme di una umanità nuova. Essa viene proclamata mediante la testimonianza della fede dei discepoli e l'esercizio della carità che li unisce e li distingue nel loro vivere quotidiano. Visione e vita di fede 59. - La fede, anzitutto, fa comprendere la comunione nella sua realtà di disegno eterno, ossia di mistero, e di dono dall'alto, cioè di grazia, per la partecipazione e la compartecipazione di tutti alla vita divina. L'accendersi della fede nel cuore dell'uomo porta all'accoglienza della comunione con Dio e coi fratelli; il mantenere e professare l'identica fede caratterizza sostanzialmente e necessariamente la comunione; ( Cfr. Ef 4,5 ) il vivere di fede l'alimenta incessantemente, e spinge a comunicarla a chi ancora non la possiede. La fede, in altre parole, apre al circuito della comunione, immette nella sua grazia, nella sua vita, e chiama a espanderla e a donarla. La fede contribuisce in tal modo quale guida e forza all'esperienza dell'amore di Dio, che in Cristo unisce e salva, alla santificazione personale e comunitaria dei credenti, e sviluppa la santità della Chiesa. Così si esprime il Concilio: « Questa santità della Chiesa si manifesta costantemente e si deve manifestare nei frutti della grazia che lo Spirito produce nei fedeli ». 60. - Tuttavia la fede, che attesta l'origine divina della nostra salvezza, ci mette pure in condizione di prendere coscienza della nostra debolezza. Solo in Cristo, e non nelle nostre forze, possiamo riporre ogni speranza per la salvezza. Mentre, pertanto, confessiamo Cristo, santo innocente che non conobbe peccato, ( Cfr. 2 Cor 5,21 ) riconosciamo di vivere in una Chiesa che comprende nel suo seno peccatori e santi, « santa insieme e sempre bisognosa di purificazione, che mai tralascia la penitenza e il proprio rinnovamento ». Per questo non possiamo sperare di costruire a nostra volta comunione se non uniti a Cristo vita nostra, ( Cfr.Col 3,4 ) nutriti di un profondo spirito di fede nella Chiesa che è in lui « sacramento universale di salvezza » e in un atteggiamento di continua richiesta di perdono a Dio, accettando la nostra povertà e perseverando pazientemente. Così insegna l'apostolo Paolo: « Sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri ». ( Col 3,13 ) Un atteggiamento, questo, che non va vissuto solo all'interno della nostra esperienza ecclesiale, ma che deve aprirsi con spirito veramente cattolico a tutti gli uomini: lieti se il volto di una Chiesa riconciliata, che vive la pace del Risorto, sarà motivo di riconciliazione anche nella società umana. Solo così potrà prendere consistenza in noi, come frutto della fede, la certezza che Dio ci renderà capaci di allargare l'esperienza della gioiosa comunione con lui nella sua Chiesa in una più ampia festa di comunione con tutti gli uomini. La forza dell'amore 61. - Questo nostro impegno è alimentato, oltre che dalla fede, dalla carità, diffusa « nei nostri cuori dallo Spirito Santo che ci è stato dato ». ( Rm 5,5 ) È per mezzo di essa che tutta la Chiesa, corpo mistico di cui Cristo è il capo, vive e cresce. Dall'intima unione con Dio, dallo stato di amicizia con lui, il credente, pur nell'irripetibile ricchezza della sua individualità, si scopre vitalmente inserito nell'organicità di questo corpo, diventa insieme con gli altri il « noi » della Chiesa. La carità, che è vincolo di perfezione », ( Col 3,14 ) esercita il primato su tutte le virtù e su tutti i doni, come la via eccellente per edificare la Chiesa e perseguirne l'unità, e crea nel credente gli atteggiamenti interiori indispensabili per vivere in profondità il mistero della comunione e contribuire a costruire la comunità. 62. - La carità trova la sua prima espressione nel dono scambievole della preghiera che è il vero nutrimento della comunione. La preghiera non solo ci soccorre nelle necessità ma, facendo crescere l'amore e la stima degli uni verso gli altri, stabilisce quel rappoprto di comunione che vige tra i santi ed è contributo di tutti alla dinamica circolazione della grazia e della carità: « Ricordatevi a vicenda; preghiamo sempre e dappertutto per noi con un cuor solo e un'anima sola e alleggeriamo le difficoltà e i pesi con una scambievole carità. La carità si esalta, in modo specifico, nella reciproca accettazione di tutte le persone e della pluralità di esperienze, quando queste sono espressione autentica e tra loro complementare dell'azione dello Spirito Santo. Così ogni vero fermento di bene viene opportunamente valorizzato a utilità della comunità intera e diventa permanente scuola di comunione, dove non c'è alcun spazio per l'egoismo, e la fraternità delle persone si fa legge d'incontro e di comportamento. L'attitudine missionaria della Chiesa, in questo senso, dispone altresì ad ascoltare tutti e a confrontarsi anche con coloro che non appartengono pienamente a essa. Ascolto e confronto per conoscere e per dare, ma anche per ricevere, in modo da aprirsi sempre meglio al dono della comunione e offrire quella risposta di salvezza che il mondo attende. Costruire insieme la comunità 63. - Affinché la comunione possa realmente dar vita a una comunità dei discepoli del Signore, occorre favorire un insieme di convinzioni, di atteggiamenti, di rapporti interpersonali che promuovano una vera cultura di comunione. Essa postula alcuni valori umani, quali la attitudine al pensare insieme, alla condivisione dell'impegno, all'elaborazione comunitaria dei progetti pastorali, alla formulazione corretta di giudizi comuni sulla realtà dell'ambiente, all'adozione di forme d'intervento in cui si esprima l'anima cristiana di tutta la comunità interessata. La cultura di comunione, fondata sullo spirito di comunione, produce una mentalità nuova del vivere ecclesiale e valorizza le risorse di tutti. La comunione comporta pure l'educazione alla lettura dei segni dei tempi e all'esercizio di quella funzione critica e promozionale che corrisponde a una presenza intelligente, attiva e responsabile della Chiesa nel nostro tempo. Queste qualità umane, in cui sono chiamati a esercitarsi continuamente il cristiano e la sua comunità, costituiscono una vera pedagogia di comunione e abituano al superamento di visioni autonome e settoriali senza scadere, peraltro, in un genericismo inconcludente o in un facile populismo. La carica evangelica, infatti, e una spiritualità intensamente vissuta concorrono a far evitare tali rischi, e aggiungono all'impegno umano la visione tipica dell'uomo di fede. Vita di comunità 64. - Preliminare ad ogni realizzazione di comunità è anzitutto la capacità dell'ascolto. Esso è attenzione e apertura all'altro, alla rispettosa accoglienza della sua persona con tutti i valori che porta in sé, all'umile riconoscimento della nostra necessità di vivere insieme con gli altri e di ricevere l'altro come dono. Nell'ascolto il rapporto interpersonale si fa quandi accettazione e donazione nella reciproca carità che si esprime nella correzione fraterna, nello spirito di servizio, nel perdono. Nasce in questo clima l'amicizia, che è la gioia del vivere insieme. Un'amicizia così motivata da ragioni soprannaturali maturerà sempre più alla luce della grazia di Dio e non consentirà l'evasione dalla comunità, alla quale anzi resterà orientata come al solo luogo in cui la comunione si fa evento e la persona più compiutamente si realizza. È chiaro che all'interno di questa comunità, nata dall'incontro, dall'accettazione e dall'amicizia intorno alla parola di Dio che convoca, il dialogo è metodo e strumento normale della crescita comunitaria; un dialogo caratterizzato dall'apertura franca e leale, dall'esperienza della fraternità, dall'assunzione della corresponsabilità. Si vive così l'esperienza della comunità cristiana, la quale non è esclusivamente fondata su valori umani, peraltro elevati ed apprezzabili. Essa, mentre persegue la comunione, non ne può esaurire l'infinita ricchezza. D'altra parte, ascolto, accoglienza, comprensione, dialogo, corresponsabilità acquistano nella partecipazione all'eterna carità un superiore significato. Da questo intreccio di divino con l'umano, la comunità si delinea nella sua vocazione a tradurre in concretezza di rapporti fra battezzati la ricchezza della comunione che ci è stata donata e diviene sempre più visibilmente « segno ». Compresenza, complementarietà, corresponsabilità 65. - Nel popolo di Dio vivono insieme, come membri della medesima famiglia, uomini e donne, giovani e vecchi, malati e sani, persone consacrate a Dio per il servizio dei fratelli e altre che in vario modo, soprattutto nel vincolo coniugale e nella grazia della famiglia, realizzano la loro vocazione. Tra loro non possono esserci divisioni in ragione della diversa chiamata o ministero. Rinati da un solo Battesimo, tutti esercitano il medesimo e unico Sacerdozio di Cristo e sono chiamati alla ministerialità generale della Chiesa, alla quale non è di ostacolo, bensì di aiuto il ministero specifico dei ministri ordinati. Questa affermazione della comune responsabilità, pur nella varietà delle vocazioni e dei compiti, appare di fondamentale importanza per una vera pastorale di comunione. D'altra parte, nessuno può ignorare che la varietà dei doni indica implicitamente la loro complementarietà. Ciascuno, prendendo atto del suo limite, ma cosciente altresì del dono ricevuto, si deve aprire a quell'integrazione che rende completo nelle sue varie manifestazioni il corpo del Signore, cioè la Chiesa. Il che trova la sua valida applicazione non solo quando si tratta di persone, ma anche quando si tratta di gruppi, movimenti, associazioni. Ciascuno deve riconoscersi debitore all'altro, come realtà di una sola e medesima Chiesa. 66. - Da qui emerge la corresponsabilità di tutti nella Chiesa. Corresponsabilità, innanzi tutto, all'interno della comunità, per cui ognuno si fa sostegno dell'altro e porta i pesi del fratello: Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme, e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. ( 1 Cor 12,26 ) Così facendo, adempiamo al precetto del Signore che vede nella corresponsabilità una singolare espressione della carità. ( Cfr. Gal 6,2 ) Corresponsabilità, poi, che si allarga al mondo intero, al quale tutta la Chiesa è inviata per l'annuncio liberatore del Cristo risorto. È una corresponsabilità che obbliga i cristiani all'impegno verso le realtà pubbliche e sociali, nel compito precipuo affidato ai laici presenti nelle realtà terrene. Vescovi, presbiteri, diaconi, religiosi e religiose, e laici, tutti insieme, dunque, ma ciascuno nella specificità della propria testimonianza e del proprio servizio, sono responsabili della crescita della comunione e della missione della Chiesa. 67. - Una comunità che così vive all'interno la grazia della comuiiione adempie la missione entrando in dialogo con l'umanità. Il dialogo, appunto, appare come « la via della Chiesa », quella che essa deve percorrere per andare incontro al mondo. Ed è l'uomo, a sua volta « la via che corre, in certo modo, alla base di tutte le vie, per le quali deve camminare la Chiesa, perché l'uomo - ogni uomo, senza eccezione alcuna - è stato redento da Cristo; perché con l'uomo - con ciascun uomo, senza eccezione alcuna - Cristo è in qualche modo unito, anche quando quell'uomo non è di ciò consapevole ». La coscienza che la Chiesa ha della sua missione si esprime perciò nel dialogo che essa vuole intrattenere con il mondo: esso si rivela come nuova attitudine della Chiesa cattolica nei confronti delle altre Chiese cristiane, delle altre religioni, e anche di chi non ha il dono della fede. Questa attitudine non va considerata mai come la ricerca del compromesso né temuta come rinuncia alla propria identità o minaccia all'integrità della propria fede, che deve essere invece gelosamente e fermamente custodita. Essa è piuttosto il segno e la testimonianza convincente di una disponibilità piena che offre a tutti gli uomini la ricchezza dei doni di Dio. Momenti qualificanti di comunione 68. - Una comunità si costruisce e cresce essenzialmente vivendo i tre momenti che corrispondono, secondo il modello descritto nel libro degli Atti, alle tre dimensioni costitutive della comunità cristiana: la catechesi, la liturgia e la preghiera, la carità. ( Cfr. At 2,42 ) La catechesi sviluppa l'annuncio evangelico che, accolto nella fede, ha generato la comunità cristiana. Essa introduce alla verità tutta intera, e nello stesso tempo alimenta il cammino che la comunità sta compiendo. Per questo la famiglia dei figli di Dio è investita comunitariamente del primario compito dell'evangelizzazione e della continua educazione alla fede con una catechesi che, iniziata all'interno della stessa comunità familiare, accompagni il cristiano lungo tutto l'arco della vita. La liturgia, che ha il momento fondante e centrale nell'Eucaristia, celebra nella comunità dei credenti il mistero pasquale, la cui azione rinnovatrice si dischiude e sviluppa nella totalità dei sacramenti che Cristo ha donato alla Chiesa. Assieme alla vita liturgica, che segna soprattutto i tempi forti del cammino di una comunità, anche la preghiera personale, in particolare nella dimensione contemplativa, rinvigorisce la vita spirituale della comunità, il cui cuore è sempre Cristo. La diaconia della carità è servizio d'amore intimamente vissuto e dispone l'animo all'aiuto e sostegno reciproco. Questo amore è la migliore testimonianza da offrire al mondo e diventa elemento basilare per l'efficacia dell'evangelizzazione, oltre che per la vita interna della comunità. Niente lo deve ostacolare, in diversi modi anzi lo si deve promuovere, per ricordare costantemente l'esempio del Signore, il quale non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti ». (Mt 20,28 ) Capitolo II - L'orizzonte degli impegni Prima di tutto, la vita interiore 69. - Il discorso svolto in quest'ultima parte, è ancora previo all'azione pastorale vera e propria, che deve coinvolgere tutti nella corresponsabilità di affrontare i problemi relativi al vivere la comunione e al costruire la comunità con tutti i suoi risvolti e in tutte le sue conseguenze. Eppure, quanto è stato detto è premessa indispensabile al lavoro che ci attende, perché l'impegno di una Chiesa che sia « in Cristo quasi un sacramento di intima unione con Dio e di unità di tutto il genere umano », richiede anzitutto conversione sincera e dedizione appassionata all'ideale di comunione per il quale Cristo ha vissuto, ha predicato e pregato, è morto ed è risorto. In attesa dei programmi che, secondo la logica intrinseca al tema e secondo l'ordine delle esigenze pastorali, saranno scelti per i prossimi anni, ogni fedele e ogni realtà comunitaria, qualunque sia la sua collocazione ecclesiale, può occuparsi di quel che più importa per la mentalità e gli atteggiamenti da assumere: la verifica e la riforma interiore. Nel contempo, tuttavia, è opportuno, a misurare l'ampiezza delle implicazioni e degli appuntamenti, un qualche sguardo complessivo sugli impegni che la comunione potrà comportare nei prossimi anni. Impegni per la vita interiore della Chiesa 70. - La distinzione tra impegni per la vita della Chiesa e impegni per la sua missione, quando si tratta di comunione, ha solo una ragione pratica, che consente di intendersi con maggiore chiarezza. a) Per sviluppare organicamente il programma « comunione e comunità », sembra innanzi tutto necessario approfondire il tema generale della comunione secondo le tre articolazioni: come « comunione di fede », « comunione di sacramenti » e « comunione di disciplina ». Una occasione propizia, per avviare questo approfondimento, è offerta dal Congresso Eucaristico nazionale, che si celebrerà a Milano nel 1983, col tema: L'Eucaristia al centro della comunità cristiana ». L'Eucaristia è « mistero di fede », sacrificio di alleanza, « sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità », il sacramento della comunione per eccellenza. b) Oltre che sviluppare lo studio del tema nelle sue articolazioni fondamentali, basate sulla fede e sulla grazia sacramentale, non potranno non essere prese in considerazione quelle realtà ecclesiali, che formano il corpo mistico e sono formate dal corpo eucaristico di Cristo: le Chiese particolari e, nell'ottica conseguente, le comunità parrocchiali. A tutti è nota l'importanza che le Chiese particolari hanno in sé, e il rilievo ad esse dato dal recente Concilio. Esse sono l'autentica epifania della Chiesa universale. La vitalità loro è condizione di fecondità per tutta l'opera dell'evangelizzazione. A tutti è pure nota, e già è stata sottolineata in riferimento alla Chiesa particolare, l'importanza delle comunità parrocchiali. c) Si dovrà, poi, dare attenzione, stante la missione speciale cui sono chiamati e il peso da loro esercitato nell'attività pastorale, alla presenza e all'attività dei religiosi e delle religiose, e delle loro comunità nella vita della Chiesa, per intensificare rapporti di cordiale comprensione, di complementare collaborazione e di organica comunione. d) Di « comunione e comunità » nella famiglia cristiana, quale « Chiesa domestica », tratta già quest'anno il documento pastorale allegato al presente, elaborato a conclusione della XVIII Assemblea Generale della C.E.I. in seguito al Sinodo dei Vescovi del 1980 sui Compiti della famiglia cristiana nel mondo contemporaneo ». e) Per i « gruppi, movimenti, associazioni », la « Nota pastorale della C.E.I., già ricordata, costituisce l'avvio di un altro importante impegno pastorale. Organismi e strumenti di comunione ecclesiale 71. - Senza tornare a soffermarci sui campi nei quali l'azione ecclesiale ha da svolgersi, specialmente a motivo dei gravi problemi ecumenico e missionario, è bene richiamare che interessati al tema degli anni '80 sono in maniera particolare gli organismi e gli strumenti di comunione ecclesiale. a) Dalle Conferenze Episcopali, tanto nazionale quanto regionali, ai Consigli presbiteriali e ai Consigli pastorali diocesani e parrocchiali, e alle altre strutture di partecipazione ecclesiale, quali le Consulte dell'apostolato dei laici, è tutto un insieme di mezzi che, se valorizzati come si conviene, divengono sempre più decisivi, al fine di favorire e di raggiungere la comunione ecclesiale. Sono scuole e palestre che educano al senso e al servizio della comunione e contribuiscono - nella misura della loro natura e delle loro finalità - non solo a creare una mentalità nuova, ma a costruire la realtà e a rivelare la fisionomia nuova della Chiesa conciliare. Ed è dovere di tutti, perciò, dedicarvi un momento di riflessione, perché abbiano a svolgere la loro funzione con profitto e soddisfazione comune. b) Non proprio nella medesima linea, ma sempre nel genere degli strumenti, non possono non formare oggetto della nostra considerazione gli strumenti della comunicazione sociale. La loro funzione è notevolissima e può esercitare un influsso decisivo a favore della comunione. Impegni per la missione della Chiesa 72. - La Chiesa è nel mondo e per il mondo, e la comunione, in cui lo Spirito Santo la costituisce, è per la missione, nell'unità e nella pace, nella solidarietà e nella fratellanza, cui aspira il mondo intero. A buon diritto il Concilio fa risaltare il suo ruolo di « segno e strumento di unità di tutto il genere umano ». Non è certo possibile passare in rassegna, pur rapida, i principali di tali impegni. Basti qualche accenno, per prendere coscienza che bisogna assolutamente confrontarsi con le nuove situazioni, misurarsi con le nuove difficoltà, dare la nuova testimonianza cui il Signore chiama oggi la sua Chiesa. 73. - Ecco, ad esempio, alcune annotazioni: a) La Chiesa è oggi chiamata ad essere segno e strumento di comunione nel pluralismo culturale, ideologico, sociale e politico della società attuale. Occorre pertanto pensare soprattutto agli impegni che nascono per favorire l'adesione all'unica fede e per assicurare le mediazioni necessarie a presentarla; occorre riflettere sulle modalità diverse che possono esprimerla autenticamente e che consentono di viverla nella molteplicità e complessità delle situazioni, delle tentazioni, e delle circostanze le più svariate in cui si articola e scorre l'esistenza degli uomini ai nostri giorni. b) Chiamata ad essere Chiesa di comunione, con l'offerta franca e coraggiosa di quanto le è specifico prestare, nella consapevolezza e nel rispetto delle competenze proprie e altrui, in tutti i settori della vita pubblica, la Chiesa deve più che mai battersi oggi per l'uomo, per la sua dignità, per i suoi diritti, la sua libertà. Oltre alla responsabilità di ordine strettamente politico, l'impegno dei credenti dovrà dirigersi alle nuove forme di presenza nei consigli di quartiere, per una politica del territorio, nelle strutture sanitaria e scolastica, nel mondo del lavoro, nelle organizzazioni di volontariato, ecc. c) Per essere Chiesa di comunione, anche la Chiesa italiana deve oggi partecipare con nuova consapevolezza alla strategia dell'evangelizzazione della Chiesa universale, con particolare riguardo al contesto europeo - c'è da favorire il processo di unificazione di tutta l'Europa occidentale e orientale - e nel più vasto contesto dei rapporti intercontinentali. 74. - Sono esemplificazioni sobrie ed essenziali, da appprofondire e sviluppare insieme, in vista di una organica azione che la Chiesa italiana è chiamata a intensificare sul piano del servizio e della promozione umana. L'impresa è grandiosa, le diflicoltà non mancano. Ma la forza divina viene in soccorso alla nostra debolezza, e il cuore conosce la speranza. Conclusione 75. - Desideriamo concludere questo documento pastorale con un invito a ripensare alla storia della Chiesa e a trarre da essa luce e forza per vivere, oggi, il dono della comunione. Tra le tante testimonianze che essa ci offre, amiamo riportare la pagina bella con la quale sant'Ignazio di Antiochia celebra la comunione ecclesiale: « Voi non dovete avere col vostro Vescovo che un solo e stesso pensiero: d'altronde è ciò che già voi fate. Il vostro venerabile presbiterio, veramente degno di Dio, è unito al Vescovo come le corde alla lira, ed è così che, dal perfetto accordo dei vostri sentimenti e della vostra carità, s'innalza a Gesù Cristo un concerto di lodi. Ciascuno di voi entri dunque in questo coro; allora nell'armonia della concordia, attraverso l'unione stabilita, voi prenderete il tono di Dio, e canterete tutti a una sola voce, con la bocca di Gesù Cristo, le lodi del Padre che vi ascolterà e, dalle vostre buone opere, vi riconoscerà per le membra di suo Figlio. È dunque vostro vantaggio di mantenervi in una unità irreprensibile; è con questo che voi godrete di una costante unione con Dio stesso ». Roma, 1 ottobre 1981