L'impegno missionario della Chiesa Italiana Presentazione del Car. Presidente della C.E.I. Molto opportuno giunge, nel contesto d'una più vasta attenzione della Conferenza Episcopale Italiana ai problemi della Chiesa, questo contributo che affronta il tema dell'impegno missionario. Le circostanze storiche in cui viviamo, esercitando una continua corrosione nei confronti di sicurezze e di situazioni che fino a ieri potevano farci interpretare l'esistenza della Chiesa come stabilità e tradizione, ci pongono - secondo il misterioso disegno della Provvidenza - nella necessità di riacquistare tutto il dinamismo, lo slancio, la libertà generosa della prima evangelizzazione. Ciò significa riprendere gioiosamente coscienza che la Chiesa è cammino, andata al mondo, dono che non si stanca di rinnovarsi nella provvisorietà delle vicende umane. È dunque indispensabile che i credenti siano aiutati a prendere coscienza di questa rinascente fisionomia di Chiesa, per assumere volentieri, nella loro vita, il glorioso carico della evangelizzazione. I Vescovi Italiani si pongono in questa linea profetica, donando col presente documento una visione pastorale che potremmo dire pienamente dinamica e per ciò stesso veramente costitutiva dell'essere della Chiesa. Da un orizzonte missionario posto come ai margini della comunità, all'idea della missionarietà posta nel cuore stesso dell'esperienza di ogni comunità; da una certa qual delega missionaria ai responsabili specifici, quali gli Istituti con finalità unicamente missionaria, all'assunzione di tutta la comunità fino al punto di render la missione sorgente di comunione, e la comunione sorgente di missione; queste sono le prospettive, sotto un certo punto di vista nuove ed ardite, che qui si propongono. Non si tratta soltanto d'un chiamare a raccolta forze preesistenti, o d'un ricordare a tutti verità già ovvie ed accettate; vi è nel documento l'intenzione di rifondare nelle coscienze la missione come respiro stesso dell'esperienza ecclesiale. Questo richiede, senza dubbio, un qualche mutamento di mentalità: una Chiesa in stato di missione è una Chiesa disposta alla povertà e al rischio, al movimento e alla novità, al tentativo e alla creatività. Ciò non significa abbandono d'un radicamento in Gesù Cristo, radicamento che anzi dovrà farsi tanto più essenziale ed appassionato, ma piuttosto coraggio d'un cammino che in buona parte rimane da tracciare. L'animo e la mentalità dei nostri contemporanei è, o appare spesso, così lontano dalla interpretazione religiosa della vita, che sembra occorrano miracoli di Spirito per ottenerne la conversione alla verità e alla grazia. Ma proprio questa situazione è una sfida per la nostra speranza: sia che si tratti di missione universale, fino ai confini della terra, sia che si tratti d'atteggiamento missionario da vivere qui, anche nella nostra Italia, con tutti i mezzi a disposizione, l'imperativo evangelico rimane uno solo: « Andate e predicate » ( Mc 16,15 ). Il documento è pertanto più che uno stimolo: è una chiamata, un programma in ordine al Regno, un appello pressante. Così ci auguriamo sia colto dai suoi destinatari, che in realtà sono tutti i credenti, ciascuno interpellato nella sua particolare situazione e responsabilità ecclesiale. Certamente il compito è grande, come lo stesso Vangelo; ma proprio in questa grandezza tutti siamo invitati a riconoscere la misura propria del nostro battesimo, che non ci appartiene come realtà da vivere a piacimento, ma in forza del quale invece apparteniamo a Gesù Cristo e alla sua ansia di Salvatore. Possa dunque il discorso qui espresso trovare ascolto e risposta, affinché vicino e lontano molti abbiamo a risentire i benefici effetti d'un risveglio missionario nella coscienza della nostra Chiesa. Torino, 25 marzo 1982 Anastasio A. Card. Ballestrero Presidente della Conferenza Episcopale Italiana Introduzione 1. - La crescita missionaria in Italia L'impegno della Chiesa italiana per l'annuncio del Vangelo a tutti i popoli e la cooperazione tra le Chiese ha registrato una vigorosa crescita nel periodo postconciliare. È questa una grande grazia che il Signore le ha concesso. La nostra Chiesa sta sperimentando in modo particolare il dono dello Spirito, principio di unità ed universalità dell'unico popolo di Dio. ( Cf. At 2 ) Al tempo stesso rivive la solidarietà del Corpo Mistico di Cristo sull'esempio delle prime comunità cristiane attente a rallegrarsi per la fede dei fratelli, ( Cf. Rm 1,8; 1 Ts 1,7 ) partecipi delle loro tribolazioni, ( Cf. 2 Ts 1,4 ) disposte a sovvenire alle loro necessità con la preghiera, ( Cf. At 12,5 ) con l'invio di personale ( Cf. At 13,3 ) e di aiuti materiali, ( Cf. Rm 15,25-28 ) sollecite ad accogliere la testimonianza delle meraviglie che il Signore opera nel mondo. ( At 14,27 ) Scorgiamo in tutto ciò un chiaro segno del rinnovamento in atto nelle nostre comunità ecclesiali e vogliamo dedicare tutti i nostri sforzi perché l'impegno missionario sia continuamente illuminato, sostenuto e adeguato alle esigenze dei tempi e all'evoluzione stessa della missione. 2. - L'attenzione alla persona e alla società Questo sviluppo missionario è stato accompagnato da una viva e operante attenzione ai problemi della persona e della società. La Chiesa italiana, interrogandosi sulle sue responsabilità nell'evangelizzazione e nella cooperazione interecclesiale, ha preso maggiore coscienza dell'intima connessione tra l'annunzio del Vangelo e la liberazione umana, della chiamata ad assumere nei riguardi del mondo un atteggiamento di dialogo e di servizio. Parimenti si è fatta un dovere di essere attivamente presente nella tormentata crescita del nostro Paese, di far sentire la propria voce nelle sue drammatiche vicende, di collaborare per l'affermazione della verità, la promozione dei valori umani e spirituali, la difesa dei poveri e degli oppressi, il sostegno di tutti gli uomini di buona volontà. Il perdurare in Italia di una situazione particolarmente critica è una spinta alla Chiesa perché rifletta ulteriormente sulla propria missione in tutte le sue dimensioni e implicazioni, convinta di poter trarne vantaggio per « maturare le scelte pastorali più adatte e la capacità di tutto vedere e orientare alla luce del progetto di Dio sull'umanità » 3. - Il presente documento Di fronte a questa realtà, pensiamo di dover proporre un esame approfondito sull'impegno missionario della nostra Chiesa. Partendo dalla situazione attuale della missione, intendiamo offrire riflessioni ed orientamenti che rendano più consapevole e viva l'opera di animazione e cooperazione missionaria. Ci rivolgiamo a tutta la Chiesa italiana e a tutte le comunità ecclesiali, con particolare attenzione alle persone e agli organismi più direttamente coinvolti in quest'opera. Sappiamo che i Vescovi si sentono chiamati in causa per primi, consci del loro dovere di essere solleciti per tutte le Chiese. Abbiamo presenti come destinatari anche quelle persone e organismi che si prodigano con spirito di sincera fraternità perché dappertutto siano riconosciuti i diritti umani, rispettato e promosso il bene dei popoli. La nostra Chiesa, valorizzando e integrando i diversi carismi, saprà dare un apporto più illuminato, generoso e unitario all'evangelizzazione dei non cristiani ed alla comunione con le Chiese sorelle. 4. - Il contesto pastorale Questo documento vuol essere in sintonia col cammino pastorale che la Chiesa italiana sta percorrendo dal tempo del Concilio e, in particolare, da dieci anni a questa parte. In presenza della crisi religiosa che rendeva urgente una riscoperta della fede, la nostra Chiesa ha fatto la scelta illustrata nel documento pastorale « Evangelizzazione e sacramenti ». Con essa mirava non soltanto a dare un impulso generico alla pastorale, ma anche a focalizzare i contenuti essenziali del cristianesimo e suggerire il modo concreto con cui la Chiesa intende operare efficacemente fra gli uomini ». Su questa linea è poi seguito un pericolo di ripensamento e aggiornamento della pastorale, dal quale è emersa « la necessità che tutti e in vera comunione, con i propri carismi e ministeri, ci impegniamo e ci rinnoviamo nell'unica missione che il Signore ci ha dato per la salvezza del mondo ». Di conseguenza, l'azione pastorale per gli anni '80 è stata ispirata dal tema « Comunione e comunità », in una linea di continuità e coerente sviluppo. Infatti, « missione e comunione si richiamano a vicenda. Tra esse vige un intimo rapporto, perché sono dimensioni essenziali e costitutive dell'unico mistero della Chiesa ». E al contesto di « missione nella comunione » che ci riferiamo per illustrare il nostro impegno missionario di oggi. Alcuni aspetti già erano stati anticipati in due testi della Commissione Episcopale per la Cooperazione tra le Chiese, ma il presente documento vuol essere più ampio e sostanziale, nell'intento di fondare su più solide basi il rilancio missionario al quale tendiamo. Parte 1 - Il nuovo volto della missione 5. - Una realtà complessa La realtà missionaria si presenta oggi molto diversa da quella di ieri; è necessario tenerne conto se vogliamo essere attuali e concreti. Il quadro si rivela complesso per la varietà e la molteplicità degli elementi e dei problemi. Non è nostra intenzione farne un'analisi esauriente; ci proponiamo soltanto di delinare alcuni aspetti principali in relazione sia alla situazione missionaria generale, sia a quella che interessa l'animazione e la cooperazione missionaria in Italia. Non si deve dimenticare che la missione è di per se stessa una realtà non statica ma eminentemente dinamica: è invio, cammino, storia. Se rivolgiamo lo sguardo al mondo d'oggi, dopo quasi 2000 anni dal mandato di Cristo « Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni », ( Mt 28,19 ) non possiamo non ripetere con lo stesso Salvatore: « La messe è molta, ma gli operai sono pochi ». ( Lc 10,2 ) Da una parte, dobbiamo ringraziare il Signore « per il lavoro svolto da tutta la Chiesa con zelo e generosità », e noi cogliamo questa occasione per esprimere la più viva gratitudine a tutti i missionari italiani che si dedicano, fra tante difficoltà e sacrifici, ad annunziare Cristo alle genti. Dall'altra, constatiamo con pena che circa tre quarti dell'umanità sono lontani dalla fede cristiana e che il numero degli operai del Vangelo risulta sempre più impari all'immane compito che li attende. I - L'evoluzione del cammino missionario 6. - Le missioni del passato ai margini della vita ecclesiale Guardando al cammino della missione, possiamo distinguere come tre momenti di un processo che è insieme continuità, sviluppo e maturazione. La loro successione cronologica non pare sempre nettamente definibile, ma ognuno di essi presenta precise caratteristiche. Il richiamarli brevemente permetterà di fondare sulla tradizione viva il passo decisivo che il Signore chiede oggi alla Chiesa italiana. Per un lungo periodo, dopo la stessa rinascita missionaria del secolo scorso, l'opera delle missioni ha privilegiato l'annuncio del Vangelo in vista della salvezza delle anime e della « plantatio Ecclesiae » tra i popoli non ancora cristiani. In quell'epoca anche la Chiesa italiana ha investito nella propagazione della fede un capitale di energie spirituali, di uomini e di mezzi. Ma questa attività si svolgeva piuttosto ai margini della vita ecclesiale, era delegata quasi interamente ad istituzioni specifiche, e come tale era poco inserita nella comunità ecclesiale locale. Questa, pur non mancando di cooperare all'opera missionaria, non se ne sentiva direttamente ed esplicitamente responsabile. A questi limiti, altri se ne aggiungevano incidendo negativamente sull'azione stessa dei missionari. I più evidenti erano il suo indirizzo occidentale, l'aspetto colonizzatore e lo stato di dipendenza dalle nostre Chiese in cui le nascenti cristianità di missione si vennero a trovare. 7. - Si riscopre la dimensione ecclesiale della missione In seguito, alcuni fatti nuovi hanno impresso una svolta alla storia del mondo, in particolare nelle cosiddette terre di missione, e alla storia della Chiesa stessa. Si pensi al processo di decolonizzazione e di indipendenza dei paesi afro-asiatici e al contemporaneo costituirsi delle giovani Chiese, desiderose di assumere la responsabilità di se stesse; al diffondersi nei territori di antica cristianità del fenomeno della secolarizzazione e della scristianizzazione; allo sviluppo del senso missionario tra il popolo cristiano, avviato dalle grandi Encicliche missionarie dei sommi Pontefici e maturato nel Concilio Vaticano II. Questo travaglio ha comportato disorientamenti ed incertezze, ma ha reso possibile uno sforzo fruttuoso di rinnovamento. Si è riscoperta la vera identità della missione come impegno di tutta la Chiesa e non più soltanto di alcune persone ed organismi. È emersa nelle antiche Chiese una presa di coscienza della loro responsabilità nei confronti di tutti i gruppi umani e degli ambienti socio-culturali non evangelizzati, anche di quelli all'interno dei propri confini. Ha incominciato ad instaurarsi un rapporto nuovo tra le vecchie e le giovani Chiese, per cui si vede la missione non più come un movimento a senso unico, ma come un reciproco scambio di dare e ricevere. Anche la Chiesa italiana ha saputo portarsi decisamente su questa strada, potenziando il suo apporto all'evangelizzazione universale e facendo propria la visuale missionaria di comunione interecclesiale. 8. - Il delinearsi della missione universale e globale Questa trasformazione missionaria, confermata dal Vaticano II, si è dispiegata in tutta la sua novità e creatività nel periodo postconciliare. Le giovani Chiese dell'Africa e dell'Asia, pur in mezzo a tante difficoltà, stanno compiendo grandi passi sulla via della maturazione e della legittima autonomia. Le più antiche Chiese dell'America Latina sono impegnate in un intenso e coraggioso sforzo di rievangelizzazione con una mobilitazione generale di tutto il popolo di Dio. Sia le une che le altre si vanno confrontando seriamente con le realtà religiose e culturali, politiche e socio-economiche del mondo in cui vivono, in vista d'una presenza più incarnata nel proprio ambiente e di una più intensa partecipazione ai problemi umani. Eventi come i Sinodi dei Vescovi, e in particolare quello sull'evangelizzazione del mondo contemporaneo, i grandi gesti missionari dei recenti Pontefici, dai viaggi apostolici in tutti i continenti ai documenti quali la « Evangelii nuntiandi » e la « Redemptor hominis », illuminano e sostengono questa nuova fase missionaria. Essa ci pare caratterizzata da una sintesi più ricca dei diversi elementi che costituiscono la missione; da una più viva e diffusa coscienza missionaria nel contesto di « quella comunione e cooperazione delle Chiese che oggi è necessaria per svolgere l'opera di evangelizzazione »; dall'acquisita convinzione che la Chiesa particolare è soggetto primo della missione per cui deve sentirsi coinvolta in un compito missionario globale, dentro e fuori dei suoi confini, assunto da tutti i cristiani e rivolto a tutti gli uomini: due momenti strettamente interdipendenti ed ugualmente vitali. II - Difficoltà e tensioni 9. - La missione « ad gentes » resta necessaria Se un giudizio globale sullo sviluppo missionario è positivo, non ci si può nascondere che la situazione missionaria comporta anche oggi difficoltà e tensioni. Ciò fa parte della natura della Chiesa pellegrina e della sua missione che si svolge in un mondo bisognoso di redenzione. Ma ci sono punti critici particolarmente legati al momento attuale e che, in un certo senso, scaturiscono dall'evoluzione stessa della missione. Ne segnaliamo alcuni che ci sembrano di maggior rilievo. Il diffondersi della secolarizzazione e scristianizzazione nel nostro Paese ha contribuito a rinnovare il significato e i metodi della nostra pastorale. Per questo e per altri aspetti, la nostra situazione religiosa presenta punti di contatto con quella delle aree di prima o insufficiente evangelizzazione; ma occorre stare attenti a non cadere in gratuite e ingiuste equiparazioni. Nessuna comunità deve affievolire il suo impulso missionario temendo che l'invio di personale e mezzi in altre Chiese tolga energie necessarie per affrontare i nostri problemi, per quanto assillanti ed urgenti essi siano. Anzi, l'impegno per l'annuncio del Vangelo a tutte le genti è segno e garanzia di maturazione ecclesiale. Analogamente: la consapevolezza che lo Spirito Santo opera anche « oltre i confini visibili del Corpo Mistico » forse più di quanto noi immaginiamo, che a tutti è offerta la possibilità di venire in contatto col mistero pasquale. che le religioni non cristiane possono costituire un'autentica « preparazione evangelica », non deve far concludere che sia diminuita la necessità o l'urgenza dell'annuncio evangelico. « La Chiesa mantiene vivo il suo slancio missionario e vuole altresì intensificarlo nel nostro momento storico » contro « quelli che pensano e anche dicono che l'ardore e lo slancio apostolico si sono esauriti e che l'epoca delle missioni è tramontata. 10. - Spirito di servizio e comunione Oggi le giovani Chiese chiedono di assumere in pieno le proprie responsabilità e di divenire esse stesse prime protagoniste della missione. È questo un dato positivo e consolante. Ma ciò domanda ai missionari sul campo e alle forze di cooperazione che sappiano attuare, sia nello spirito che nei modi, un vero servizio, in conformità alle condizioni e richieste attuali. Forse talvolta si troverà difficile discernere ed accettare questa nuova realtà e vivere il proprio carisma apostolico in una concreta comunione e corresponsabilità. Problemi e tensioni andranno superati nella docilità allo Spirito, alle autorità ecclesiali ed ai segni dei tempi. Le nostre Chiese sono chiamate ad un cambiamento di atteggiamenti e di rapporti su questa linea. È parimenti positivo lo sforzo delle giovani Chiese per incarnarsi nel loro ambiente, nelle loro tradizioni, per « tradurre » il messaggio evangelico in maniera fedele e rispondente alle culture e situazioni dei rispettivi popoli. Questo lavoro di inculturazione è un'impresa ardua, lunga ma indispensabile. Talora, però, si ha paura che l'azione dei missionari provenienti dalle antiche Chiese rischi di prolungare, in un certo senso, lo stile della colonizzazione, ostacolando il sorgere di comunità cristiane autenticamente locali. È perciò necessario che tale azione si svolga in modo che non dia adito a questi timori, ma rechi veramente un prezioso contributo di cattolicità. Ostacoli e resistenze all'evangelizzazione universale non sono mancati né mancheranno mai. Ma dobbiamo avere fiducia nella missione che Cristo ha affidato alla sua Chiesa, nella luce e nella forza dello Spirito, e raccogliere la sfida che ancor oggi ci incombe: « rendere la Chiesa del XX secolo sempre più idonea ad annunciare il Vangelo all'umanità del XX secolo ». III - Animazione e cooperazione missionaria in Italia 11. - Due aspetti complementari Consideriamo l'animazione e la cooperazione missionaria come due aspetti e momenti strettamente legati fra di loro e al tempo stesso complementari. L'animazione è volta a sensibilizzare e alimentare uno spirito, una disponibilità, una volontà che creino una mentalità e atteggiamenti abituali. La cooperazione mira a tradurre in azione, con gesti concreti e significativi, i valori e le disposizioni acquisiti. L'una e l'altra, poi, attingono luce ed orientamento sia dalle esigenze della missione in sé, sia dalle condizioni attuali in cui si svolge l'attività missionaria nelle varie parti del mondo. Senza voler tracciare un bilancio completo, desideriamo sottolineare alcuni elementi, positivi o meno, che possano servire da riferimento e sprone per un migliore servizio di animazione e cooperazione missionaria. 12. - Situazione dell'animazione Le nostre comunità si rivelano oggi, generalmente, attente e sensibili ai problemi missionari e del Terzo Mondo, aperte a compiere gesti significativi di solidarietà e partecipazione. Questo è frutto di una crescente opera di animazione svolta da tutte le forze missionarie, a cui va la nostra gratitudine. Dal canto loro, i Vescovi, come pastori, seguendo le indicazioni del Concilio, hanno avvertito con sempre maggior consapevolezza la responsabilità di essere stati « consacrati non soltanto per una diocesi ma per la salvezza di tutto il mondo » ed hanno assunto in maniera più diretta e decisa il compito dell'educazione missionaria del popolo di Dio. L'aumentata sensibilità missionaria ha spinto parecchie diocesi a prendere impegni diretti in missione attraverso i propri sacerdoti, religiosi e laici. Questo fatto, a sua volta, ha costituito un provvidenziale incentivo per l'animazione delle comunità ecclesiali e dei fedeli, portandoli a scoprire che ogni battezzato deve farsi carico della « missione » la quale non è riservata esclusivamente a persone e istituzioni particolari. Così, dietro le spinte delle forze sia tradizionali sia nuove, le diocesi italiane sono cresciute nell'attenzione e nella disponibilità alla missione universale. Tuttavia, non ci pare ancora di poter affermare che la nostra Chiesa nel suo insieme consideri « la partecipazione alla missione evangelizzatrice universale … come una fondamentale legge di vita » e ne tragga tutte le conseguenze. L'assunzione della missionarietà nella prassi pastorale non è tuttora un fatto comune nelle singole diocesi e comunità. Gli organismi di animazione missionaria non sono sempre compresi e valorizzati nella comunione e programmazione ecclesiale. Le varie componenti missionarie non sono abbastanza armonizzate tra di loro e con gli altri settori pastorali. Quegli operatori privilegiati dell'animazione che sono i missionari in occasione del loro rientro, non trovano a volte sufficiente accoglienza nelle nostre comunità. Pur avendo compiuto molti progressi, l'animazione missionaria rivela ancora una mancanza di solidi contenuti o di appropriati approfondimenti. Spesso le motivazioni con cui essa viene sostenuta e gli obiettivi ai quali è indirizzata non scaturiscono da una considerazione adeguata del disegno divino di salvezza e della natura propria della Chiesa, o non fanno abbastanza riferimento alla peculiarità del momento missionario attuale. Il che rischia di rendere l'azione missionaria un fatto episodico e disincarnato rispetto alla vita delle nostre Chiese e alle esigenze della missione di oggi. Di qui l'urgenza di attingere più largamente alla visione missionaria postconciliare, per motivare convenientemente l'impegno missionario come dovere di ogni fedele e comunità cristiana, e per calare nella coscienza ecclesiale e negli organismi di pastorale il senso della missionarietà intesa come una chiamata a partecipare all'evangelizzazione universale nella comunione e cooperazione tra le Chiese. 13. - Situazione della cooperazione La Chiesa italiana ha visto, negli ultimi anni, il rinnovarsi delle forze tradizionali di aiuto alle missioni, e insieme il fiorire di altre numerose iniziative ed organizzazioni, spesso di vasta portata, che hanno dato alla cooperazione missionaria un forte impulso e una più chiara fisionomia. Per interessamento dello stesso Episcopato sono sorti vari organismi di servizio e di coordinamento missionario a livello nazionale. Si sono costituite Federazioni ed Unioni tra le Congregazioni religiose con notevoli vantaggi. Sono stati avviati Segretariati allo scopo di favorire l'incremento e il dialogo delle diverse forze. Le Pontificie Opere Missionarie si sono impegnate in uno sforzo di adeguamento alla nuova situazione. Le diocesi italiane si sono aperte alla cooperazione diretta in aree non ancora o insufficientemente evangelizzate, con l'invio di sacerdoti in numero sempre crescente. La partecipazione dei laici che si recano nelle giovani Chiese e tra i popoli in via di sviluppo, per offrire una testimonianza di fede e un servizio professionale qualificato, è una prova particolarmente eloquente della crescita missionaria. Centri particolari curano la preparazione, l'accompagnamento e il rientro in patria di questo personale. Istituti, Ordini e Congregazioni, nonostante le difficoltà del cammino postconciliare e la crisi delle vocazioni, hanno continuato e spesso incrementato la loro presenza in missione. Un rilevante numero di Congregazioni, specialmente femminili, hanno accolto l'appello del Vaticano II, assumendo per la prima volta un'attività missionaria. Si è assistito inoltre ad una vera esplosione di gruppi spontanei desiderosi di consacrare le loro energie, sia pure in modo temporaneo, all'opera di evangelizzazione e promozione umana nel Terzo Mondo. Va pure sottolineato lo sviluppo della cooperazione spirituale, specialmente nelle comunità religiose e in quelle contemplative, nel mondo della sofferenza, negli incontri di preghiera. Questa confortante realtà non può, tuttavia, farci dimenticare le lacune e i limiti ancora esistenti nella nostra cooperazione missionaria. Si nota tuttora un'insufficiente chiarezza circa il significato e gli obiettivi della cooperazione in genere, e in particolare per quanto riguarda l'invio del personale. Sussiste una visione inadeguata dell'attività missionaria e dei suoi modi di attuazione. Alcuni Istituti ed Organismi sembrano più preoccupati di reperire vocazioni od aiuti per sé stessi che d'inserire le loro pur giuste richieste in un quadro generale di programmazione. Talvolta è stato inviato personale in missione senza la debita preparazione. Si osserva pure un certo distacco tra la comunità che invia e gli inviati, specialmente nel caso di religiosi, religiose e laici. La loro partenza non sempre è vista come un evento della Chiesa locale. Ciò porta a una mancanza di condivisione, da parte delle comunità, dell'esperienza di questi missionari, sia quando operano sul campo, sia quando rientrano. Permane una concezione della cooperazione come di un aiuto dato da una Chiesa ricca a Chiese povere, anziché di un mutuo scambio di valori ed esperienze che arricchiscono ambedue le parti. Questa mentaltià si traduce fra l'altro in una prestazione fondata sul criterio - del resto assai relativo - del superfluo, anziché su una disponibilità commisurata ai bisogni reali dell'altro, dimenticando che « il mandato di Cristo non potrà mai essere adempiuto, se una Chiesa particolare volesse offrire alle Chiese più povere soltanto il superfluo delle sue forze ». In alcune comunità ecclesiali, dopo una prima fase di grande generosità e creatività, si manifesta un senso di stanchezza, che può trovare spiegazioni in difficoltà impreviste, ma che non dovrebbe venire giustificato. In conclusione, il quadro dell'animazione e della cooperazione missionaria si presenta ricco di realizzazioni e di iniziative, d'impulsi e di fermenti, ma rivela anche remore ed incertezze, superficialità e frammentarietà. Si richiede quindi un ripensamento più profondo della missionarietà ed un'impostazione più unitaria e coraggiosa dell'azione missionaria. Parte 2 - La missione nella comunione 14. - Il mistero di salvezza e di comunione L'evoluzione missionaria che abbiamo tratteggiato ci rimanda necessariamente alla riflessione che la Chiesa ha condotto dal Concilio in poi sulla sua missione. Sotto la guida dello Spirito Santo e attenta ai segni dei tempi, essa ha cercato di approfondire con intuito e sensibilità nuovi la natura e il dinamismo della missione, e ne ha riscoperto le dimensioni e le implicazioni con grande ampiezza di orizzonti e vivo senso di responsabilità. Sono così emerse quelle linee fondamentali alle quali occorre sempre rifarsi per promuovere un autentico rinnovamento dell'impegno missionario. In sintesi, possiamo parlare di missione nella comunione. Cristo stesso, mediante lo Spirito, « costituì il suo corpo che è la Chiesa, quale sacramento universale della salvezza ». « Coloro che accolgono con sincerità la Buona Novella, proprio in virtù di questo accoglimento e della fede partecipata, si riuniscono nel nome di Gesù per cercare insieme il Regno, costruirlo e viverlo ». Questa Chiesa è in Cristo come un sacramento o segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano ». « Così la Chiesa prega insieme e lavora, affinché l'intera pienezza del cosmo si trasformi in popolo di Dio, corpo del Signore e tempio dello Spirito Santo, e in Cristo, centro di tutte le cose, sia reso ogni onore e gloria al Creatore e Padre dell'universo ». Da tutto questo appare che il mistero di salvezza è un mistero di comunione. La Chiesa è cosciente di aver ricevuto da Dio una missione di salvezza che riguarda tutta l'umanità, e che richiede d'essere attuata nella comunione e partecipazione ecclesiale, in un'attitudine di dialogo e di servizio verso tutti gli uomini. Suo scopo è di essere segno e strumento nella crescita del regno di Dio nel mondo. I - Le sorgenti perenni della missione 15. - Fondamento trinitario La missione della Chiesa trova la sua prima origine, il suo perenne fondamento e la sua suprema finalità nella Trinità, quale mistero di vita e di comunione. La Chiesa procede dal disegno eterno ed universale di salvezza del Padre, dall'amore e dall'opera redentrice del Figlio, dall'invio e dall'azione santificatrice dello Spirito Santo. Così essa si presenta come « un popolo adunato nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo ». Emerge in questo piano divino e nella sua attuazione un chiaro proposito di comunione e di amore. Dio Padre, « per la sua immensa e misericordiosa benevolenza, liberamente ci crea ed inoltre gratuitamente ci chiama a partecipare alla sua vita e alla sua gloria ». Il suo disegno, però, è di raggiungere gli uomini « non tanto ad uno ad uno, ma di riunirli in un popolo, nel quale i suoi figli dispersi si raccogliessero in unità ». Il Figlio rivela e attua in maniera sublime il piano divino di carità e di comunione che riguarda tutti gli uomini. Venuto uomo tra gli uomini, ha preso in sé tutta la realtà umana e si è unito in certo modo ad ogni uomo ». È vissuto in mezzo a loro ed è morto per loro. Ha annunciato ed inaugurato il regno del Padre sulla terra, e, dopo aver operato la redenzione nel mistero pasquale, è stato costituito capo dell'umanità nuova, Cristo e Signore. La restaurata comunione degli uomini con Dio e tra loro in Cristo si compie nello Spirito che Cristo ha inviato da parte del Padre. Per l'effusione dello Spirito, nel giorno di Pentecoste, sulla comunità dei discepoli, questa diventa Chiesa missionaria, capace di rendere testimonianza a Cristo e di annunciare la Buona Novella in tutto il mondo secondo il suo stesso mandato. E lo Spirito che spinge la Chiesa a evangelizzare è lo stesso che la raccoglie, la guida, la santifica, la fa crescere nella ricchezza e varietà dei suoi doni. Cristo, « comunicando infatti il suo Spirito, costituisce misticamente come suo Corpo i suoi fratelli, chiamati da tutte le genti ». 16. - Fondamento antropologico Il disegno divino di salvezza è rivolto all'uomo e all'intera umanità e abbraccia, in relazione a loro, la stessa realtà terrena, la storia e tutto l'universo. Gli uomini vi sono chiamati non solo come destinatari, ma come protagonisti consapevoli, liberi e attivi. Creando l'uomo a sua immagine, Dio l'ha fatto « capace di conoscere ed amare il proprio Creatore », lo ha costituito « sopra tutte le creature terrene quale signore di esse, per governarle e servirsene a gloria di dio », e « ha voluto che gli uomini formassero una sola famiglia e si trattassero tra loro con l'animo di fratelli ». Così, già la creazione esprime nei riguardi dell'uomo tutto un progetto di comunione con Dio, di solidarietà e amore con i suoi simili, di dominio sulla natura. Su tale progetto si fonda la dignità dell'uomo e da esso attinge significato e valore la sua opera nella storia e nel mondo, nella cultura e nella società. Ma « la ragione più alta della dignità dell'uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio ». Compromessa tale comunione con il peccato, « l'uomo si trova diviso in se stesso » e « tutta la vita umana, sia collettiva che individuale » presenta i caratteri di una lotta drammatica tra il bene e il male, la luce e le tenebre. La natura stessa è sottoposta alla schiavitù. ( Cf. Rm 8,20-21 ) L'uomo si sente minacciato dallo stesso « risultato del lavoro delle sue mani e, ancor di più del lavoro del suo intelletto, delle tendenze della sua volontà ». Qui interviene la redenzione di Cristo quale rinnovata creazione, in una dimensione divina e umana perché si compie mediante l'uomo-Dio Gesù. « Cristo, Redentore del mondo, è colui che è penetrato, in modo unico e irrepetibile, nel mistero dell'uomo ». E l'uomo « deve, per così dire, entrare in Lui con tutto se stesso, deve appropriarsi ed assimilare tutte le realtà dell'incarnazione e della redenzione per ritrovare se stesso ». È Cristo l'uomo nuovo, che svela anche pienamente l'uomo all'uomo »; e in lui questi « ritrova la grandezza, la dignità e il valore propri della sua umanità ». Gesù Cristo che « è la via principale della Chiesa … è anche la via a ciascun uomo ». E, a sua volta, « l'uomo nella piena verità della sua esistenza, del suo essere personale ed insieme del suo essere comunitario e sociale …, quest'uomo è la prima strada che la Chiesa deve percorrere nel compimento della sua missione: egli è la prima e fondamentale via della Chiesa ». 17. - Fondamento ecclesiologico E in questo piano di Dio riguardante tutti gli uomini, la storia e il mondo, che si colloca la missione della Chiesa, la quale continua e sviluppa la missione di Cristo, per suo mandato e nella forza del suo Spirito. È un compito che giustifica la sua stessa esistenza e tutta quanta la sua attività. « La Chiesa che vive nel tempo è per sua natura missionaria »; « il mandato di evangelizzare tutti gli uomini costituisce la missione essenziale della Chiesa ». Questa missione appare in tutta la sua verità e pienezza, se contemplata nel mistero della Chiesa. - Una Chiesa costituita « sacramento universale della salvezza »; segno e strumento di comunione con Dio e di unità salvifica tra gli uomini. La salvezza ha il suo principio in Cristo, che è l'unico Salvatore, ma egli ha voluto associare a sé la Chiesa perché ne divenisse segno e mezzo efficace, facendosi « pienamente e attualmente presente a tutti gli uomini e popoli », per condurli « alla fede, alla libertà, alla pace di Cristo » e alla partecipazione piena del suo mistero. - Una Chiesa popolo messianico della Nuova Alleanza, che ha « per condizione la dignità e la libertà dei figli di Dio », « per legge il nuovo precetto di amare come Cristo ci ha amati », « per fine il regno di Dio » « Tutti gli uomini sono chiamati a formare questo popolo di Dio », e già sono in vario modo congiunti od ordinati ad esso. Da parte sua, la Chiesa è « tutta missionaria essendo l'opera evangelizzatrice dovere fondamentale del popolo di Dio ». - Una Chiesa realtà di comunione: comunione di Cristo capo con i fedeli membra del suo corpo, dei fedeli tra di loro in Cristo, delle Chiese particolari tra di loro e nella Chiesa universale. Per questo Dio ha dotato la Chiesa di ministeri, vocazioni e carismi diversi, che sostengono il dinamismo della sua vita e della sua missione, perché si svolga nell'unità della cattolicità. « La Chiesa cattolica, efficacemente e senza soste tende a ricapitolare tutta l'umanità, con tutti i suoi beni, in Cristo capo nell'unità dello Spirito di Lui ». 18. - Maria nella missione Nell'economia della salvezza voluta da Dio, Maria occupa un posto unico per la sua singolare relazione con Cristo, con la Chiesa e, di conseguenza, con tutti gli uomini. Come nessun'altra creatura, ella ha ricevuto e sperimentato in pienezza il dono della Redenzione. In tutta la sua concreta esistenza si è sempre lasciata guidare dallo Spirito, così da divenire « la p rima e la più perfetta seguace di Cristo: il che ha un valore esemplare, universale e permanente ». Dell'attesa di salvezza, che ha sostenuto la storia di Israele, Maria rappresenta il vertice e insieme il compimento, avendo accettato totalmente e responsabilmente di divenire la madre del Salvatore: « Dal momento dell'Annunciazione è stata inserita nella storia della salvezza e nella missione della Chiesa ». Ha camminato sulla via della fede nell'ascolto perseverante e fattivo della Parola fino al Calvario, dove « non senza un disegno divino se ne stette soffrendo profondamente col suo Unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di Lui ». Ha ricevuto da Cristo morente il discepolo prediletto come figlio, e nel Cenacolo ha implorato con gli Apostoli il dono dello Spirito in cui « doveva visibilmente nascere la Chiesa ». Per tutto questo, Maria è intimamente unita a Cristo, non solo come Madre, ma anche in quanto « cooperò in maniera tutta speciale all'opera del Salvatore », ed è pure strettamente congiunta alla Chiesa, di cui è figura e madre, ed ai fedeli « alla rigenerazione e formazione dei quali essa coopera con amore di madre ». Conseguentemente, Maria ha una missione anche nei riguardi di tutti gli uomini, specialmente dei poveri e degli umili. Ella ha vissuto le beatitudini dei poveri, ha compreso ed esaltato Dio come difensore degli umili ed oppressi; è salutata la « Nuova donna » e colei che riassume in sé le situazioni più caratteristiche della vita femminile »; « va verso tutti coloro che Cristo ha abbracciato e abbraccia continua mente nel suo inesauribile amore ». Questa « singolare vicinanza all'uomo e a tutte le sue vicende » caratterizza la funzione di Maria e ne testimonia il profondo significato e il vasto orizzonte in cui si svolge. II - Aspetti caratteristici e critici 19. - Chiesa e Regno La missione della Chiesa, vista nei piano di Dio e nella sua realizzazione pratica, costituisce una realtà complessa e dinamica, ricca di elementi e forze diversi, che possono apparire caratterizzanti e contrastanti nello stesso tempo. Lo sviluppo della riflessione e dell'attività missionaria nel contesto del mondo contemporaneo in profonda trasformazione acuisce questo dato e suggerisce l'opportunità di fare alcune chiarificazioni. È necessario considerare bene il rapporto Chiesa e Regno in ordine alla missione. « Il Signore Gesù diede inizio alla sua Chiesa predicando la Buona Novella, cioè l'avvento del Regno da secoli promesso nelle Scritture », e ne illustrò ampiamente le esigenze e i misteri. « Ma innanzi tutto il Regno si manifesta nella stessa persona di Cristo, figlio di Dio e figlio dell'uomo ». Non si può, dunque, separare la Chiesa dal Regno, ma neppure identificarla semplicemente con esso. La Chiesa è tutta ordinata al Regno, già ne « costituisce in terra il germe e l'inizio », è « segno e strumento di questo Regno che è presente e che viene » e tende verso la sua pienezza. Ma è Dio che costruisce il Regno, per la cui venuta dobbiamo sempre pregare. La Chiesa nella missione è a servizio della crescita del Regno fino alla sua completa e definitiva instaurazione. D'altra parte, anche il mondo è orientato al Regno e ha un rapporto con esso. Deformato dal peccato, con la vittoria in Cristo sul male il mondo è « liberato e destinato, secondo il proposito divino, a trasformarsi e giungere al suo compimento », « Benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno di Dio, tuttavia, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare la società umana, tale progresso è di grande importanza per il regno di Dio ». Così, anche fuori della Chiesa visibile, si sviluppa il regno di Dio. Per esso lavorano quanti operano per il vero progresso dell'uomo e della società, per cambiare ogni situazione che sia lontana dalle esigenze oggettive dell'ordine morale, come dalle esigenze della giustizia e, ancor più, dell'amore sociale ». 20. - Inculturazione e promozione umana Sulla strada del Regno, la Chiesa incontra l'uomo e il mondo e comprende che la sua missione dev'essere inserita pienamente nella vita e nella storia degli uomini, nelle loro condizioni concrete ed attuali. In questa luce la missione si trova ad affrontare oggi, in circostanze e modalità del tutto nuove, due compiti gravi e urgenti. a) Uno è l'evangelizzazione della cultura e delle culture, come si esprime Paolo VI o, in un senso più ampio, quella « economia della incarnazione » della Chiesa locale di cui tratta il Concilio. È questo un grande dramma della nostra epoca, una difficile ma indispensabile condizione per l'accoglienza integrale del Vangelo e l'edificazione autentica del Regno. « La missione non è mai una distruzione, ma una riassunzione di valori, e una nuova costruzione, anche se nella pratica non sempre vi è stata piena corrispondenza ad un ideale così elevato ». Se il Vangelo non si confonde con le culture e le trascende, è chiamato però ad animarle e a impregnarle con un processo che sarà necessariamente, al tempo stesso, di assunzione, purificazione e trasfigurazione delle culture. Si tratta di un cammino di incarnazione e di redenzione, come ha indicato il Vaticano II. « La Chiesa, per essere in grado di offrire a tutti il mistero della salvezza e la vita che Dio ha portato agli uomini, deve inserirsi in tutti questi gruppi ( socio-culturali ) con il medesimo movimento con cui Cristo stesso, attraverso la sua incarnazione, si legò a quel certo ambiente socio-culturale degli uomini in mezzo ai quali visse ». E ancora: « la Chiesa cioè il popolo di Dio, introducendo questo Regno, nulla sottrae al bene temporale di qualsiasi popolo, ma al contrario, favorisce ed accoglie tutta la dovizia di capacità e consuetudini dei popoli, in quanto sono buone, e accogliendole le purifica, le consolida e le eleva ». Questa esigenza della missione, che non è puramente metodologica, ma teologica, contrassegna essenzialmente l'impegno missionario. b) L'altro compito, che appare ancor più incalzante e drammatico, è la promozione dell'uomo e dei popoli, la loro piena e integrale liberazione, per un mondo più giusto e fraterno. Se la Chiesa « rifiuta di sostituire l'annuncio del Regno con la proclamazione delle liberazioni umane » e « non identifica giammai liberazione umana e salvezza in Gesù Cristo », afferma però che il Vangelo è un autentico messaggio di liberazione, e che l'evangelizzazione è legata in maniera profonda e molteplice all'opera di promozione umana. Sono numerosi i documenti ecclesiali che trattano dei diritti dell'uomo, della giustizia, della pace, dell'azione economico-sociale e politica in rapporto all'evangelizzazione e alla missione della Chiesa. Alcune affermazioni appaiono particolarmente esplicite e vigorose. Nel testo sinodale su « La giustizia nel mondo » ( 1971 ), i Vescovi dichiarano: « L'agire per la giustizia e il partecipare alla trasformazione del mondo ci appaiono chiaramente come la dimensione costitutiva della predicazione del Vangelo, cioè della missione della Chiesa per la redenzione del genere umano e la liberazione da ogni stato di cose oppressivo ». E Giovanni Paolo II fa eco dicendo: « La Chiesa … considera questa sollecitudine per l'uomo, per la sua umanità, per il futuro degli uomini sulla terra e, quindi, anche per l'orientamento di tutto lo sviluppo e del progresso, come un elemento essenziale della sua missione, indissolubilmente congiunto con essa ». Come conseguenza occorre superare alcune posizioni sbagliate perché estremiste e unilaterali. Da una parte, uno spiritualismo che riducesse l'attività missionaria alla salvezza delle anime, dimenticando tutto l'uomo, tutta l'umanità, tutta la realtà terrena. Dall'altra, un umanesimo che vedesse solo i bisogni terreni, le liberazioni socio-politiche e trasformasse l'impegno missionario in un puro aiuto materiale, politico e socio-economico. L'evangelizzazione è collegata all'umanizzazione, perché la piena umanità si compie nel Cristo. Essa ritiene il primato sul piano oggettivo, anche se nel cammino concreto della missione spesso dovrà essere preceduta dalla testimonianza della giustizia e dal servizio della carità. 21. - Dialogo ecumenico ed interreligioso La missione che la Chiesa svolge nel mondo per l'edificazione del Regno, per la sua stessa natura e il suo scopo, ha uno speciale rapporto con tutti i cristiani e con i credenti delle varie religioni. Questa realtà, nel postconcilio, ha ricevuto maggior risalto a livello di riflessione e di gesti concreti, e rappresenta un punto saliente e critico della missione. a) Missione e unità nella Chiesa sono inseparabili, perché da « Cristo Signore la Chiesa è stata fondata una e unica ». È così stretto questo rapporto nella Chiesa di Cristo, che missione e unità si presentano come due aspetti intercambiabili, finalizzati l'uno all'altro. L'opera missionaria è la riunione dei « figli di Dio che erano dispersi »; ( Gv 11,52 ) la « cattolica unità del popolo di Dio » costituisce la vocazione di tutti gli uomini. Gesù stesso ha messo in evidenza questa relazione, pregando per l'unità degli apostoli e dei futuri credenti, come condizione perché la missione sua e dei suoi potesse venire accolta: « Come tu, Padre, sei in mese ed io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato ». ( Gv 17,21 ) Ne abbiamo una riprova sul piano pratico. La divisione tra i cristiani e tra le Chiese, « non solo contraddice apertamente alla volontà di Cristo, ma è anche di scandalo al mondo e danneggia la santissima causa della predicazione del Vangelo ad ogni creatura » Solo una testimonianza missionaria unita rende credibile la Chiesa al mondo. Non bisogna tuttavia confondere l'attività missionaria con quella ecumenica: ognuna ha obiettivi propri e vie proprie. I cristiani non cattolici con il battesimo sono incorporati allo stesso Cristo; le loro Chiese o comunità ecclesiali hanno un ricco, pur diverso, patrimonio di beni cristiani, e « lo Spirito di Cristo non ricusa di servirsi di esse come strumenti di salvezza »; gli uni e le altre si trovano già in una reale comunione con la Chiesa cattolica, comunione che però deve essere resa piena e perfetta secondo il volere di Cristo. La via per giungervi è quella di un autentico ed integrale ecumenismo, che è dovere di tutti i credenti in Cristo e di tutte le Chiese. Così l'impegno missionario si salda necessariamente, senza confondersi, con quello ecumenico, perché la missione diventa feconda nell'unità, e l'unità cresce nella missione. b) Diversa è la situazione delle religioni non cristiane e dei loro membri, poiché non hanno ancora accolto il Cristo e il suo Vangelo. Esse « portano in sé l'eco di millenni di ricerca di Dio », « posseggono un patrimonio impressionante di testi profondamente religiosi », « sono tutte cosparse di innumerevoli " germi del Verbo " e possono costituire un'autentica " preparazione evangelica " ». Talvolta sembra addirittura che la ferma credenza dei seguaci delle religioni non cristiane - effetto anch'essa dello Spirito di verità operante oltre i confini visibili del Corpo Mistico - possa quasi confondere i cristiani ». Perciò la Chiesa cattolica, « che nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni », le guarda con rispetto e stima e ci spinge a un dialogo di conoscenza e di esperienza, di crescita religiosa insieme, di promozione comune dei valori etici e delle giuste soluzioni ai grandi problemi umani. Non si possono però ignorare le deficienze e i limiti delle religioni, per cui anch'esse hanno bisogno di evangelizzazione. « Ogni elemento di verità e di grazia già riscontrabile, per una presenza nascosta - di Dio in mezzo alle genti », l'attività missionaria « lo purifica dalle scorie del male e lo restituisce intatto al suo autore ». Così anche ai membri delle altre religioni la Chiesa « annuncia ed è tenuta ad annunciare il Cristo che è via, verità e vita Gv 14,6 ) in cui gli uomini devono trovare la pienezza della vita religiosa ». Su questo punto Paolo VI è ritornato con molta energia. Quindi, la missione non va contrapposta al dialogo e neppure separata da esso. Da una parte, il dialogo caratterizza lo spirito e lo stile della missione e di tutta l'attività missionaria. Dall'altra, preso in senso più specifico, quale via per una reciproca conoscenza, esperienza, testimonianza della propria fede offerta all'altro, nella verità e carità, il dialogo non può che provocare un arricchimento e una crescita spirituali dei loro protagonisti ed insieme una consapevolezza maggiore delle loro lacune ed aspirazioni. Se il dialogo « certo non mira ad ottenere immediatamente la conversione dell'interlocutore », entra chiaramente nel piano della salvezza. Esso contribuisce alla diffusione dei valori del Regno, aiuta a scoprire la presenza nascosta del Cristo nelle altre religioni e nei loro membri, costituisce una forma genuina di testimonianza cristiana. Una grande opportunità di aprirci al dialogo ecumenico e interreligioso è a portata di mano anche in Italia, dove sono presenti numerose Chiese e comunità ecclesiali non cattoliche, ed è in continuo aumento il numero delle persone e dei gruppi di altre religioni. 22. - Chiesa universale e Chiese particolari La missione che stiamo illustrando riguarda sia la Chiesa universale che le Chiese particolari, per l'intima e profonda relazione che esiste tra loro. « La Chiesa universale si incarna di fatto nelle Chiese particolari, costituite a loro volta dall'una e dall'altra concreta porzione di umanità, che parlano una data lingua, che sono tributarie di un loro retaggio culturale, di un determinato sostrato umano ». Non va, dunque, pensata la Chiesa universale « come la somma, o, se così si può dire, la federazione più o meno eteroclita di Chiese particolari essenzialmente diverse », perché le Chiese particolari sono formate ad immagine della Chiesa universale, ed in esse è costituita l'una ed unica Chiesa cattolica ». Tutto il mistero della Chiesa è presente ed attivo in ogni Chiesa particolare, ma essa è veramente cattolica se non si isola ma vive la « communio ecclesiarum ». Appare così evidente il legame essenziale tra la Chiesa universale e le Chiese particolari. Risulta pure chiaro che queste non sono soltanto una realtà giuridica e sociologica, ma teologica e dinamica. Sono Chiese in senso pieno e, come tali, necessariamente missionarie. « La Chiesa particolare, dovendo riprodurre alla perfezione la Chiesa universale, abbia la piena coscienza di essere inviata anche a coloro che non credono in Cristo e convivono nello stesso territorio »; le stesse nuove Chiese cerchino di prendere parte « quanto prima e di fatto alla missione universale della Chiesa ». Questo discorso, ampiamente sviluppato nei recenti documenti del Magistero, suggerisce alcuni richiami pertinenti al nostro argomento. a) Occorre « una permanente attenzione ai due poli della Chiesa », cioè alla Chiesa universale e particolare, per cogliere il senso profondo dell'attività e della cooperazione missionaria, così da renderle veramente fruttuose. b) L'opera di evangelizzazione e di incarnazione di una Chiesa particolare è tanto più efficace, quanto più solidi sono i legami di comunione con la Chiesa universale e la sua sollecitudine dell'unità con tutte le altre Chiese che costituiscono l'universalità. c) Questa multiforme comunione di vita, di beni, di aiuti supera l'apporto a senso unico del passato e si compie in pienezza di reciprocità a comune vantaggio: « Le singole parti sono rafforzate, comunicando ognuna con le altre e concordemente operando per la pienezza dell'unità ». d) La Chiesa particolare come tale è soggetto primo della missionarietà. Questo porta la comunità ecclesiale a vivere l'impegno missionario come connaturale, se non vuole smentire la propria identità; sollecita pure il superamento della mentalità di delega di tale impegno ad alcune istituzioni e persone. Tutta la comunità ecclesiale vi è coinvolta, e gli stessi organismi e individui consacrati in modo speciale alla missione sono e debbono sentirsi realmente espressione di Chiesa. e) Mentre partecipa alla missione universale, la Chiesa particolare si considera missionaria al suo interno. Da una parte, solo « andando » riusciremo ad essere veramente missionari nella nostra terra. Dall'altra, solo dedicandoci con generosità e creatività all'evangelizzazione nel nostro ambiente, specialmente delle persone e dei ceti scristianizzati o degli strati sociali e culturali non ancora evangelizzati, cresceremo nella disponibilità a « partire ». f) Tutta la realtà e l'azione ecclesiale vanno ripensate e vissute alla luce della missione nella comunione, prendendo sul serio l'affermazione spesso ripetuta che noi, Chiese di antica tradizione, siamo aperte non solo a dare ma anche a ricevere dalle giovani Chiese, a lasciarci interrogare da loro sulle nostre sicurezze, a metterci in un certo senso alla loro scuola. Ci educheremo così al dialogo e troveremo preziose occasioni di arricchimento. g) L'opportunità di coltivare questo spirito oggi ci viene offerta direttamente qui in casa nostra. Alludiamo ad una situazione nuovissima per noi: la consistente presenza in Italia di studenti, lavoratori e lavoratrici, esuli e profughi provenienti dal Terzo Mondo. È la missione che viene a noi e ci interpella. Questa gente ripete a noi: « Vogliamo vedere Gesù » ( Gv 12,21 ) III - Protagonisti particolari della missione 23. - « Secondo la grazia ricevuta » ( 1 Pt 4,10 ) I documenti del Magistero sottolineano ripetutamente e con forza che l'impegno missionario riguarda tutta la Chiesa, tutte le comunità ecclesiali, e ciascun fedele. Ciò deriva dalla natura missionaria della Chiesa, per cui tutto il popolo di Dio e tutti i suoi membri sono missionari; non però alla stessa maniera e allo stesso titolo, ma secondo la peculiarità del ministero, vocazione, carisma che ognuno ha ricevuto da Dio, all'interno di quella comunione organica che è propria della Chiesa. Questa comunione procede simultaneamente dal Cristo, che è capo del corpo ecclesiale, e dallo Spirito, che ne è l'anima, ed è insieme spirituale e gerarchica. « Gli stessi doni, immessi dallo Spirito, sono precisamente voluti da Cristo e per loro natura diretti alla compagine del corpo, per vivificarne le funzioni e le attività ». Nessuno li possiede personalmente nella loro totalità e nessuno ne è privo. Tutti poi questi svariati doni « convergono insieme tra loro e si completano a vicenda per l'unica comunione, e missione ». Ma, in forza della stessa comunione vitale, ogni dono va riconosciuto e accolto per quello che veramente è e comporta secondo il volere, di Cristo, la grazia dello Spirito e il giudizio di coloro che sono stati preposti alla Chiesa dal suo fondatore. In questa luce, tenendo sempre presente la missionarietà di tutto il popolo di Dio, parliamo dei protagonisti particolari della missione, in ordine alla grazia propria da essi ricevuta. 24. - Vescovi Cristo, inviato nel mondo dal Padre, ha dato la Chiesa da pascere a Pietro, affidandone a lui e agli altri Apostoli la diffusione e la guida, e ha voluto che la loro missione continuasse nei secoli attraverso i Vescovi in unione con il romano Pontefice, Vicario di Cristo e capo visibile di tutta la Chiesa. Così, al Collegio Apostolico con a capo Pietro succede il Collegio Episcopale con a capo il Papa. I singoli Vescovi poi presiedono alle Chiese particolari loro affidate. Ne consegue che la « cura di annunziare in ogni parte della terra il Vangelo appartiene al corpo dei Pastori, ai quali tutti in comune Cristo diede il mandato, imponendo un comune dovere », e gli stessi « singoli Vescovi, per quanto lo permette l'esercizio del loro particolare dovere, sono tenuti a collaborare tra di loro e col successore di Pietro, al quale in modo speciale fu commesso l'altissimo ufficio di propagare il nome cristiano ». Inoltre, « suscitando, promuovendo e dirigendo l'opera missionaria nella sua diocesi, con la quale forma una cosa sola, il Vescovo rende presente e, per così dire, visibile lo spirito e l'ardore missionario del popolo di Dio, sicché la diocesi si fa tutta missionaria ». Questa visione della responsabilità missionaria dei Vescovi, chiaramente affermata dal Concilio, ha comportato pure conseguenze pratiche. Da una parte, il Vaticano II ha sottolineato che il Sinodo dei Vescovi « tra gli affari d'importanza generale deve seguire con particolare sollecitudine l'attività missionaria »; dall'altra, il dicastero della Sacra Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli è stato riorganizzato in modo che nella sua direzione siano rappresentati Vescovi di tutto il mondo, oltre che Superiori degli Istituti e Direttori delle Pontificie Opere. L'aver dato netto risalto al compito missionario dei Vescovi nei riguardi della Chiesa universale e all'interno della propria Chiesa particolare ha contribuito a rendere anche i Vescovi italiani più corresponsabili dell'evangelizzazione del mondo non cristiano e della cooperazione tra le Chiese. 25. - Presbiteri ed altri ministeri Collaboratori del Vescovo, al quale sono intimamente associati in forza della loro ordinazione e del loro ministero, i presbiteri ne condividono l'ansia e la responsabilità missionaria. Anzitutto perché, per sua natura, il « ministero sacerdotale partecipa della stessa ampiezza universale della missione affidata da Cristo agli Apostoli ». Poi, perché nella stessa porzione del popolo di Dio in cui esercitano direttamente il loro ministero, i presbiteri « rendono visibile nella loro sede la Chiesa universale ». Queste motivazioni appaiono particolarmente valide oggi. « Nel nostro tempo, l'impegno evangelizzatore dei preti, pur conservando una attenzione specifica alla vita delle comunità particolari in cui essi vivono, assume una più consapevole e chiara dimensione missionaria, in quanto esso è partecipazione alla missione universale del Collegio dei Vescovi ». I presbiteri devono essere convinti che il dono ricevuto nell'ordinazione « non li prepara ad una missione limitata e ristretta, bensì ad una vastissima ed universale missione di salvezza fino agli ultimi confini della terra », e che la loro vita « è stata consacrata anche per il servizio delle missioni ». Cosicché, i sacerdoti sono tenuti a vivere in sé stessi e a trasfondere negli altri lo spirito missionario; « e se uno ottiene dallo Spirito del Signore una particolare vocazione, con il consenso del suo Vescovo, non rifiuterà di recarsi in un'altra diocesi per continuare il suo ministero ». In maniera analoga, la preoccupazione per la missione universale è congiunta ai vari tipi di ministeri, essendo anch'essi un servizio squisitamente ecclesiale, in forza della loro stessa natura, destinazione, istituzione. Quelli che li esercitano diventano quindi, in diversa misura e per diverso titolo, a seconda del ministero, collaboratori del Vescovo nella formazione e animazione della comunità. Se ben preparati, « sono preziosi per la " plantatio ", la vita e la crescita della Chiesa e per una capacità di irradiazione intorno a se stessa e verso coloro che sono lontani ». L'esperienza dei ministeri in atto da noi è stata appunto dettata dalla necessità di sviluppare una coscienza diaconale o di servizio, nella certezza che da essa « lo Spirito Santo potrà avere una maggiore prontezza di corrispondenza alle sue indubbie chiamate e ai suoi doni, per il servizio nella Chiesa a vantaggio della salvezza degli uomini ». In vista della missione universale è utile tener presente l'importanza che va assumendo il diaconato e il ruolo particolare dei ministeri connessi con l'attività evangelizzatrice e catechistica. 26. - Religiosi Coloro che professano pubblicamente i consigli evangelici avendo abbracciato lo stato religioso, sono operatori privilegiati della missione della Chiesa per molteplici motivi ed aspetti. Il carisma religioso comporta una consacrazione speciale a Dio ed una sequela incondizionata del Cristo, che sono per se stesse un segno caratteristico della presenza del Regno. Vivendo le beatitudini, i religiosi, « con la stessa intima natura del loro essere si collocano nel dinamismo della Chiesa, assetata dell'Assoluto », e « con la loro vita sono il segno della totale disponibilità verso Dio, verso la Chiesa, verso i fratelli ». I consigli evangelici sono un dono divino alla Chiesa, e « congiungono in modo speciale i loro seguaci alla Chiesa e al suo ministero ». Si aggiunge il fatto che l'autorità della Chiesa non solo regola in generale la pratica della vita religiosa, ma sanziona l'esistenza e le norme della vita di ogni istituzione religiosa, « in modo che sia riconosciuta e conferita agli Istituti una " missione " tipicamente propria e venga in loro promosso l'impegno per la fondazione di nuove Chiese ». Anche l'origine delle istituzioni religiose nei fondatori e nei singoli membri è legata ad una chiamata divina per un compito specifico nella realizzazione del piano di salvezza. Da tutto questo, ai religiosi « deriva il dovere di lavorare, secondo le forze e il genere della propria vocazione, sia con la preghiera, sia anche con l'opera attiva, a radicare e consolidare negli animi il regno di Cristo e dilatarlo in ogni parte della terra ». Ciò vale per qualsiasi forma in cui si esprime concretamente la vita religiosa, sia essa particolarmente contemplativa o attiva. I contemplativi, « con le loro preghiere, penitenze, tribolazioni, hanno la più grande importanza ai fini della conversione delle anime, perché è Dio che, quando è pregato, invia operai alla sua messe, apre lo spirito dei non cristiani perché ascoltino il Vangelo e rende feconda nei loro cuori la parola della salvezza ». La loro funzione apostolica manifesta il mistero « della Chiesa " comunità orante " che col suo sposo Gesù Cristo si immola per amore, per la gloria del Padre e la salvezza del mondo ». I religiosi di vita attiva « sono intraprendenti e il loro apostolato è spesso contrassegnato da una originalità, da una genialità che costringono all'ammirazione ». In quest'epoca in cui bisogna salvaguardare la priorità dell'evangelizzazione nella sua genuina integralità e insieme operare per la promozione dell'uomo e di una società giusta e fraterna, i religiosi sono particolarmente indicati per assumere un ruolo profetico nei punti cruciali della missione, vivendo la fedeltà a Dio e all'uomo. Questa multiforme presenza e azione missionaria domanda oggi di essere più chiaramente attuata in spirito e concretezza di comunione ecclesiale. Ciò non solo in ragione della natura « ecclesiale » degli Istituti Religiosi come tali, ma anche perché i « religiosi, tanto gli uomini quanto le donne, appartengono anch'essi, sotto un particolare aspetto, alla famiglia diocesana » e se sono sacerdoti « che partecipino alla cura delle anime ed alle opere di apostolato sotto l'autorità dei Pastori, sono veramente da considerarsi in certo qual modo appartenenti al clero diocesano. 27. - Laici Un fatto che caratterizza la Chiesa dei nostri tempi è il chiaro riconoscimento del diritto-dovere dei laici di prendere parte all'apostolato, compreso quello tipicamente missionario. Ciò ha suscitato anche nella Chiesa italiana una maggior attenzione all'apporto che i laici possono e devono dare nella cooperazione e nella stessa attività missionaria. Non si tratta di un dato puramente pratico, ma del frutto d'un approfondimento dottrinale. La vocazione apostolica dei laici si fonda sulla stessa vocazione cristiana. Tutti quelli che sono incorporati a Cristo con il Battesimo, entrano a far parte del popolo di Dio, diventando partecipi dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale che Cristo comunica alla Chiesa. Con lo sviluppo della vita cristiana sono poi messi in grado di compiere efficacemente questo apostolato. La Cresima li fortifica con la virtù dello Spirito Santo, e l'Eucaristia « comunica ed alimenta in loro quella carità verso Dio e gli uomini che è l'anima di tutto l'apostolato. Questo è pure il fondamento del dovere missionario di ogni cristiano. Quindi « tutti i fedeli, come membra del Cristo vivente, a cui sono stati incorporati ed assimilati mediante il Battesimo, la Cresima e l'Eucaristia, hanno lo stesso obbligo di cooperare all'espansione e alla dilatazione del suo corpo, sì da portarlo al più presto possibile alla sua pienezza ». Così l'apostolato dei laici scaturisce dal loro stesso essere cristiani e dalla natura missionaria della Chiesa, in cui i laici hanno la piena dignità di membri. In particolare « essi cooperano all'azione evangelizzatrice della Chiesa, partecipando insieme come testimoni e come vivi strumenti alla sua missione salvifica, soprattutto quando, chiamati da Dio, vengono dai Vescovi destinati a quest'opera ». Perché possano esercitare efficacemente l'apostolato, lo Spirito Santo largisce loro doni particolari, perché, mettendoli ognuno a servizio di tutti, insieme cooperino « per il bene degli uomini e ad edificazione della Chiesa ». Svariati sono i modi e i campi in cui i laici sono chiamati a svolgere il loro apostolato: preghiera, testimonianza di vita, annuncio del Vangelo, e soprattutto animazione cristiana delle realtà terrene, ciò che costituisce il loro peculiare e specifico ufficio. « Ai laici tocca assumere l'instaurazione dell'ordine temporale come compito proprio, e, in esso, guidati dalla luce del Vangelo e dal pensiero della Chiesa, e mossi dalla carità cristiana, operare direttamente e in modo concreto; ( … ) cercare dappertutto e in ogni cosa la giustizia del regno di Dio ». La Evangelii nuntiandi ribadisce e sviluppa questo punto. Per i laici, « compito primario e immediato … è la messa in atto di tutte le possibilità cristiane ed evangeliche nascoste, ma già presenti ed operanti nella realtà del mondo. Il campo proprio della loro attività evangelizzatrice è il mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale, dell'economia; così pure della cultura, delle scienze e delle arti, della vita internazionale, degli strumenti di comunicazione sociale; ed anche di altre realtà particolarmente aperte all'evangelizzazione, quali l'amore, la famiglia, l'educazione dei bambini e degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza ». Nell'attuazione di questi compiti, i laici esprimono una presenza e un'azione, non di complemento o di appoggio ai sacerdoti e religiosi, ma operando in proprio e a pieno titolo, in conformità all'originalità e alla specificità della loro vocazione. 28. - Missionari a vita Nella vasta gamma dei protagonisti della missione, occupano uno spazio tutto speciale coloro che si consacrano all'attività missionaria per tutta la vita, e in vista di ciò si riuniscono per lo più in istituzioni sorte con lo scopo esplicito ed unico di annunciare il Vangelo alle genti. Essi non costituiscono un gruppo uniforme, ma si possono ritrovare nei più diversi stati di vita: religiosi e religiose, sacerdoti secolari e fratelli, persone con ministeri di vario tipo e laici. Ne parliamo alla fine di questo panorama perché vediamo in loro l'espressione più piena e significativa della donazione missionaria. È il Concilio stesso che riserva una considerazione particolare a queste persone, come « insignite di una vocazione speciale » nell'ambito di quelle istituzioni che lo Spirito ha suscitato perché « si assumano come dovere specifico il compito dell'evangelizzazione, che riguarda tutta quanta la Chiesa ». Ci pare doveroso sottolineare il particolare significato e la validità attuale di questa vocazione. Essa comporta la donazione totale ed esclusiva al servizio del Vangelo in mezzo alle genti, per lo più fuori del proprio paese, tra popoli e ambienti non cristiani e di altre culture. Chi si consacra in questo modo all'opera missionaria diventa partecipe della vita e della missione di colui che annientò se stesso, prendendo la natura di schiavo ( Fil 2,7 ); deve quindi essere pronto a mantenersi fedele per tutta la vita alla sua vocazione, e rinunciare a se stesso ed a tutto quello che in precedenza possedeva in proprio, ed a farsi tutto a tutti ». Questa vocazione, che è ordinata specialmente al primo annuncio, ha rappresentato e rappresenterà sempre l'esemplare di ogni dedizione alla causa missionaria. Di qui la necessità e l'urgenza che essa ha tuttora. Le mutate condizioni del mondo da evangelizzare, l'aumentata sensibilità missionaria della Chiesa, lo sviluppo delle giovani Chiese, non diminuiscono ma piuttosto accrescono il bisogno di persone e istituzioni, che, per carisma particolare, si consacrino in modo completo ed unico all'attività missionaria. Esse richiamano alle antiche Chiese in maniera tangibile l'impegno dell'evangelizzazione universale; stimolano la crescita missionaria delle giovani Chiese; sono particolarmente atte ad assumere compiti più ardui e specializzati in missione; si rivelano strumenti preziosi, grazie alla loro esperienza, per tener viva in tutto il popolo di Dio la coscienza e la cooperazione missionaria, per ridestare nei giovani l'entusiasmo dei grandi ideali apostolici, per aiutare in vari modi i servizi missionari di singoli e di comunità ecclesiali. In una parola, evidenziano l'essenzialità della dimensione missionaria universale della Chiesa. Ma tutto questo richiede che i missionari a vita si sforzino di vivere la loro vocazione in armonia con i diversi doni gerarchici e carismatici mediante i quali lo Spirito costruisce in Cristo la comunione organica della Chiesa. Parte 3 - Una Chiesa in atto di missione 29. - L'esigenza fondamentale di oggi La Chiesa italiana nello sforzo di rinnovamento postconciliare ha dato notevole impulso alla preoccupazione missionaria. Ha moltiplicato incontri di preghiera e di studio, ha vivificato organismi e strutture esistenti, ha creato nuovi strumenti operativi, ha incrementato l'aiuto in personale e in mezzi alle Chiese giovani o bisognose, ha intrapreso esperienze di lavoro missionario diretto in forme inedite e coraggiose. Forse, però, questo stesso slancio di operosità e di inventiva ha messo maggiormente in evidenza le deficienze e i limiti di cui abbiamo parlato. Ci sembra che oggi non si tratti tanto di moltiplicare i progetti e le iniziative, quanto piuttosto di meglio qualificarle, adeguarle, e armonizzarle. Qui sta il punto nodale della questione: superare la fase delle visioni parziali e superficiali, delle azioni frammentarie o di semplice appoggio, e tendere a realizzare una Chiesa in atto di missione. Più concretamente, è necessario: approfondire la coscienza missionaria in piena consonanza col significato e le esigenze del disegno di Dio sul mondo e sulla missione della Chiesa; inserire lo spirito e l'orizzonte missionario nella vita quotidiana del cristiano e delle comunità ecclesiali e farne il lievito dell'attività pastorale; prendere conoscenza dell'evoluzione missionaria in corso e del suo rapporto con i problemi umani e le trasformazioni del mondo; rinnovare e coordinare le energie e le iniziative perché la nostra presenza e azione missionaria siano adeguate ai tempi e si attuino in una reale partecipazione e comunione interecclesiale. A questo scopo offriamo anzitutto alcuni orientamenti pastorali, per soffermarci poi sulle strutture di coordinamento missionario, e infine sugli organismi ed i servizi ordinati alla missione universale. I - Orientamenti pastorali 30. - Verso un piano unitario ed organico Il cammino missionario e la riflessione teologica che l'ha accompagnato sottolineano la priorità e l'urgenza di mostrare coi fatti che la missione è inerente alla natura stessa della Chiesa, ed ha uno stretto legame con quella comunione che deve esistere nella Chiesa e tra le Chiese. Non si può pensare di essere Chiesa o comunità ecclesiale veramente, se non si crede e non si vive questa realtà. Solo su questa base si può fondare un autentico e serio impegno missionario. Questo sforzo non può essere lasciato ad alcune persone, istituzioni od organismi specializzati, che pure sono indispensabili. Neppure può essere assunto e svolto unicamente nel quadro di movimenti spontanei e volontari, anche se il loro apporto è desiderato e prezioso. Si tratta anzitutto di un'opera di Chiesa, che ne mobiliti tutte le componenti e si inserisca nella pastorale organica in una duplice maniera: sia come fermento per animarla e imprimere maggiore vitalità, coerenza e universalità alle sue espressioni, sia come specifica e prioritaria attività con compiti e iniziative proprie. Le varie forze ecclesiali sono chiamate a realizzare l'impegno missionario secondo le indicazioni che verremo esponendo. A tal scopo vogliamo ribadire alcune condizioni basilari. a) È necessario tener sempre presenti le norme e gli orientamenti della Santa Sede, e in particolare della Sacra Congregazione per l'Evangelizzazione dei popoli, « cui spetta di regolare e coordinare, in tutto quanto il mondo, sia l'opera missionaria in se stessa, sia la cooperazione missionaria ». La fedeltà a queste direttive, mentre garantisce autenticità e vitalità all'azione missionaria, permette di inserirla fruttuosamente nell'orizzonte della cattolicità. Così pure, per quanto riguarda la cooperazione con le Chiese latinoamericane, ci si riferisca al ruolo di promozione e coordinazione generale della Pontificia Commissione per l'America Latina. Inoltre, uno sforzo serio e coordinato dovrà essere compiuto per tradurre in pratica le direttive della S. Congregazione per il Clero riguardanti la collaborazione tra le Chiese e specialmente la distribuzione del clero nel mondo. b) Ogni Vescovo si assuma il compito di: inserire la dimensione missionaria nella pastorale globale; considerare l'impegno missionario quale espressione della comunità diocesana e riferentesi a lui stesso come « capo e centro unitario dell'apostolato diocesano »; riconoscere gli organismi e le realtà missionarie presenti in diocesi come forze vive della Chiesa locale e avvalersi opportunamente della loro collaborazione, come esperti della missione ». Tutti i Vescovi, in quanto membri della Conferenza Episcopale, sostengano, secondo le direttive del Concilio e gli Statuti della Conferenza, quanto serve a rendere più viva ed unitaria l'azione missionaria nell'ambito di loro competenza c) Dal canto loro, le varie organizzazioni ed espressioni missionarie cerchino di agire sempre in comunione e dipendenza dal Vescovo, finalizzando la loro presenza e attività alla maturazione missionaria della Chiesa locale. Evitino quindi di programmare, indipendentemente, una propria esclusiva animazione, partecipino allo studio e alla elaborazione di un piano unitario di azione missionaria, nel quale siano assicurati il dovuto riconoscimento e il giusto spazio ai loro diritti e alle loro legittime esigenze. d) Le diverse forme missionarie operino in maniera da valorizzare i carismi propri in un quadro di complementarietà e di comunione ecclesiale. È questo il modo più idoneo per far emergere, nel superamento di visioni ristrette e interessate, i grandi ideali della missione, e conseguire maggiori frutti concreti. Vale a questo riguardo l'affermazione di Paolo VI, che la sorte dell'evangelizzazione è certamente legata alla testimonianza d'unità » tra gli evangelizzatori. 31. - Responsabili particolari Se nel popolo di Dio tutti sono responsabili della missione, tutti ne sono insieme soggetti e destinatari, ciò avviene non allo stesso titolo e nello stesso modo, ma in conformità all'ufficio, vocazione e carisma. Possiamo quindi parlare di responsabili particolari dell'animazione missionaria e dell'impegno missionario in generale. a) I Vescovi sono i primi responsabili nell'ambito della propria Chiesa particolare. Per l'assolvimento di questo compito i documenti ecclesiali hanno dato molteplici indicazioni. Ne segnaliamo alcune particolarmente significative: fare per primi opera di animazione missionaria tra il clero, i fedeli e nelle varie comunità; suscitare e dare con fiducia e larghezza uomini e mezzi per le Chiese giovani o in necessità; procedere, a tale scopo, ad una revisione delle forze e dei quadri tradizionali della propria Chiesa; valorizzare ministeri, carismi, organismi ecclesiali per intensificare la sensibilità e la dedizione missionaria in diocesi; favorire e coordinare le opportune iniziative; sostenere le Pontificie Opere Missionarie nel ruolo specifico che loro spetta secondo le affermazioni del Concilio e dei Pontefici: garantire un'ispirazione universale alla cooperazione missionaria e assicurare un'equa distribuzione di aiuti alle missioni. Convinti che strumenti privilegiati della missionarietà della Chiesa particolare sono gli stessi missionari, i Vescovi italiani riconoscano come « propri » missionari tutti coloro che sono inviati dalla loro Chiesa ad altre Chiese, si tratti di sacerdoti, religiosi, religiose e laici; mantengano con essi un rapporto di affetto e di sollecitudine; si prendano a cuore le istituzioni che si occupano di formarli e di seguirli nel lavoro; esortino la comunità diocesana a condividere l'esperienza apostolica di questi fratelli. b) Tutti gli operatori pastorali, e in primo luogo i sacerdoti, i diaconi, i catechisti, poi i dirigenti delle associazioni e gruppi, gli animatori di vari movimenti ecclesiali sono pure responsabili dell'animazione e cooperazione missionaria. Ad essi che vivono in intimo contatto con i membri del popolo di Dio nelle loro situazioni concrete, spetta discernere e scegliere le vie e i mezzi più adatti per educare al dinamismo e all'universalismo della fede. Parrocchie, gruppi di vita e spiritualità cristiana, comunità ecclesiali di base attendono di essere illuminati e sollecitati a vivere in orizzonti di cattolicità e in tensione missionaria. Per poter rispondere a tali aspettative, sacerdoti ed operatori pastorali devono trovare momenti per ricaricare il proprio spirito apostolico ed esaminino seriamente se non siano chiamati a " partire " per compiere un servizio missionario diretto. In questa visuale i candidati al sacerdozio siano formati fin dal seminario a considerare le necessità della Chiesa universale e a rendersi « pronti nel loro animo a predicare dovunque il Vangelo ». c) I genitori hanno pure un compito specifico di missionarietà, inteso a trasfondere nei figli sia una mentalità aperta alle grandi realtà della Chiesa e del mondo, sia la disponibilità a donarsi agli altri; creeranno così anche un terreno propizio per la maturazione di eventuali germi di vocazione missionaria che Dio volesse seminare nel cuore dei loro giovani. d) Gli operatori scolastici e quanti sono impegnati nel settore della formazione dei giovani trovano nell'esercizio stesso della loro professione una grande opportunità per un'educazione all'universalismo, da un punto di vista umano e cristiano. L'insegnamento sull'uomo e la vita, sulla storia e il mondo, l'accostamento ai problemi dell'umanità d'oggi, mentre aprono alle grandi dimensioni della realtà umana, offrono validi agganci per presentare il messaggio evangelico. In una prospettiva integralmente cristiana quale dev'essere quella della scuola cattolica, è chiaro che essa, per preciso dovere, « educa i suoi alunni a promuovere efficacemente il bene della città terrena ed insieme li prepara al servizio per la diffusione del Regno di Dio, sicché, attraverso la pratica di una vita esemplare ed apostolica, diventino come il fermento di salvezza della comunità umana ». e) Teologi e studiosi di missiologia si trovano in primo piano nella schiera dei particolari responsabili della missione, dato l'influsso che esiste, in ogni campo, tra riflessione e prassi. Senza dubbio, una certa crisi missionaria attuale è legata anche ad un'insufficiente e talora errata teologia missionaria, le cui conseguenze si riflettono sia sugli annunciatori del Vangelo sia sull'animazione missionaria del popolo di Dio. È auspicabile che in Italia teologi, studiosi di missiologia e scienze connesse collaborino per offrire un apporto più profondo alla ricerca di una rinnovata teologia della missione. f) Ai missionari, infine, vogliamo accennare come agli animatori « naturali », della missione universale nel popolo di Dio. Essi sono in grado di comunicare non solo delle idee, ma anche delle esperienze, che risultano molto efficaci per vivificare lo spirito missionario ed il legame interecclesiale. Li esortiamo a non rifiutare di rendere la loro testimonianza, senza temere di non essere all'altezza di questo compito per una certa loro estraneità al nostro ambiente e linguaggio. Le nostre comunità aspettano che essi riferiscano tutto quello che Dio ha compiuto per mezzo loro. ( Cf. At 14,27 ) Ricordiamo inoltre che la Provvidenza suole suscitare apostoli per mezzo di altri apostoli. 32. - Persone ed ambienti da animare Nessun membro del popolo di Dio e nessun ambiente ecclesiale va escluso dal diritto di essere illuminato e sostenuto nel suo impegno missionario. Richiamiamo l'attenzione su alcuni destinatari dell'animazione missionaria che vanno preferiti in quanto rappresentano punti vitali del tessuto ecclesiale, e rischiano tuttavia di essere trascurati. a) Ci riferiamo anzitutto alle parrocchie, che sono la espressione più comune e concreta della comunità cristiana. L'animazione missionaria non può restare confinata nei gruppi e nei movimenti specializzati, ma deve raggiungere quelle strutture fondamentali del popolo di Dio che sono appunto le parrocchie. È la parrocchia come tale che richiede di essere animata in senso missionario, affinché viva in pienezza la sua realtà di Chiesa. C'è forse chi ritiene impossibile questo obiettivo, giudicando che i comuni fedeli siano incapaci di comprendere il volto nuovo della missione. È una valutazione che non risponde a verità. Dove l'annuncio del Vangelo e la testimonianza missionaria risuonano con freschezza e autenticità, anche la gente dalla fede semplice si mostra straordinariamente ricettiva e responsabile. Certamente, andranno adeguati modi e mezzi di animazione missionaria, perché non facciano leva su fattori emotivi e secondari, ma siano tutti orientati alla crescita della comunità parrocchiale in una vita cristiana più profonda ed irradiante. b) Pensiamo poi alle famiglie, ai movimenti e gruppi impegnati nell'apostolato familiare. La formazione umana e cristiana che costituisce il loro obiettivo trova un elemento portante nella dimensione missionaria. Non bastano però richiami occasionali alle missioni, gesti isolati di aiuto ai missionari e ai poveri del Terzo Mondo, ma occorre che la tensione missionaria sia compresa e integrata nel compito stesso della famiglia. « Anche la fede e la missione evangelizzatrice della famiglia cristiana posseggono questo respiro missionario cattolico ». La pastorale familiare recuperi e intensifichi il senso missionario, sia per aprire le famiglie ai vasti orizzonti del mondo e della Chiesa, sia per ridare slancio e contenuto alla loro peculiare missione. Come hanno richiamato i Vescovi al recente Sinodo, « le attenzioni della famiglia cristiana non devono essere ristrette e limitate al solo orizzonte della parrocchia, ma estendersi all'intera famiglia umana ». A tale scopo risulterà assai stimolante la testimonianza « di coniugi e di famiglie cristiane che, almeno per un certo tempo, vanno nelle terre di missione ad annunciare il Vangelo, servendo l'uomo con l'amore di Gesù Cristo. c) Nei seminari la necessità di sviluppare la dimensione missionaria della formazione, sia spirituale che intellettuale, è ribadita da numerosi documenti della Chiesa, e i Vescovi italiani hanno fatto propria questa istanza. Nell'attuazione pratica di essa, oltre all'azione propria degli educatori che ne sono i primi responsabili, si dia spazio alla testimonianza dei missionari, perché i seminaristi abbiano un contatto vitale con la vocazione e la realtà missionaria. d) Una speciale attenzione va riservata ai giovani. Da sempre, i giovani sono aperti a nobili ideali, pur essendo soggetti a forti crisi. Ciò sembra quanto mai vero oggi, in tempo di radicali cambiamenti, che creano incertezze e smarrimenti, ma provocano pure grandi attese e aspirazioni. La fioritura nella Chiesa stessa di gruppi e di movimenti che vogliono ridare valore e carica evangelica alla vita e ai quali i giovani partecipano largamente e con convinzione, costituisce un terreno fertile per l'animazione missionaria, purché essa si esprima in maniera rispondente alle esigenze giovanili. Occorre raggiungere i giovani nelle loro situazioni concrete, formulare proposte provocatorie per la loro esistenza, far sentire loro che essere missionari è impegnarsi a vivere il radicalismo gioioso del Vangelo nella donazione di sé ai fratelli. e) Esistono poi alcuni ambienti non aperti alla missione, almeno in quella misura che si potrebbe attendere da persone che hanno scelto di servire Dio e il prossimo con generosità. Alludiamo a certe comunità di vita consacrata, a taluni gruppi, associazioni e movimenti di particolare spiritualità, a certe comunità di base, che di fatto restano chiusi agli orizzonti missionari per varie cause: un'esagerata attenzione ai loro scopi immediati; una certa sfiducia nella Chiesa e nella sua missione nel mondo d'oggi, come essi la vedono realizzata; una situazione di isolamento e di emarginazione voluta o reale. È importante chiedersi il perché di questi atteggiamenti e studiare come accendere o ravvivare in tali ambienti una genuina missionarietà. f) Infine, non vanno dimenticati oggi, tra i destinatari dell'animazione missionaria, svariati ambienti e categorie di persone che, pur non avendo responsabilità particolari nella missione, esercitano un influsso notevole sui problemi ad essa inerenti. Pensiamo ai politici, agli studiosi, ai tecnici, agli artisti, ai turisti, ai lavoratori, agli operatori economici, a quanti vengono a contatto con i paesi del Terzo Mondo, le loro culture e religioni, le loro drammatiche questioni sociali e spirituali. Il comportamento di queste persone è molto importante e talora determinante per la realizzazione del dialogo, della giustizia e della fraternità che devono accompagnare la missione della Chiesa e costituiscono spesso una « pre-evangelizzazione » necessaria. Nei loro riguardi, l'animazione missionaria cercherà un approccio in sintonia con la loro professione e farà leva sulle possibilità e responsabilità che hanno di promuovere il rispetto di ogni persona e la solidarietà verso tutti i popoli. 33. - Obiettivi d'impegno missionario Nel contesto di una Chiesa tutta missionaria, in cui ogni membro e ogni comunità è soggetto e destinatario della missione, si rivelano pih chiari anche gli obiettivi di un impegno missionario. Essi mirano a porre veramente la comunità ecclesiale in tensione missionaria attraverso un dinamico processo di consapevolezza e di azione. a) Una prima tappa di questo processo consiste nella formazione di una coscienza missionaria. Essa è una mentalità e un'attitudine convinta, per cui il credente e la comunità cristiana si sentono chiamati ad irradiare la propria fede, a rendere conto agli altri, in qualsiasi situazione, della speranza che è in loro. ( Cf. 1 Pt 3,15 ) Questo, in forza del loro stesso essere cristiani, essere Chiesa. Il discepolo di Cristo è di per sé stesso un apostolo, un inviato; la Chiesa è convocata per essere mandata. Questa convinzione resa presente ed operante in modo abituale diviene coscienza missionaria. b) La coscienza missionaria si traduce poi nella testimonianza della vita e delle opere, cioè nell'assunzione di un modo di essere presenti e attivi nel mondo che edifichi il Regno di Dio. Qui l'animazione ha il compito di rivelare tutto il senso e il valore missionario che ha il vivere da cristiani nell'esistenza di ogni giorno, secondo la vocazione propria di ciascuno, nell'ambiente umano ed ecclesiale in cui si è inseriti. È un punto fondamentale della missionarietà da ricuperare in pienezza. Troppi cristiani, gruppi o comunità, pensano ancora di operare missionariamente solo quando si occupano di precise iniziative missionarie e dimenticano che la testimonianza di una vita autenticamente cristiana è la prima ed indispensabile evangelizzazione. « L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri … e se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni ». c) Dalla testimonianza occorre passare all'annuncio del Vangelo nel nostro ambiente. In un'epoca in cui la missione come primo annuncio tocca in qualche modo tutti i continenti, la nostra Chiesa « abbia la piena coscienza di essere inviata anche a coloro che non credono in Cristo e convivono nello stesso territorio ». Si apre qui un campo vasto per un lavoro di prima evangelizzazione o rievangelizzazione in Italia, forse ancor troppo disatteso da noi. Scristianizzati, non credenti, non praticanti, indifferenti, atei costituiscono oggi in Italia una porzione rilevante. Non si tratta soltanto di individui o moltitudini amorfe, ma di ceti, di strati sociali e culturali, di ambienti e strutture, di modi di pensare e vivere ormai estranei, quando non sono addirittura contrari, al Vangelo. Contiamo tra noi anche un numero consistente di persone e gruppi di altri paesi e di diversa fede. Questa situazione ci impone di superare una semplice pastorale di conservazione o di rinnovamento dei già cristiani, per muoverci verso i « lontani », preparando a tale scopo i fedeli, le comunità e soprattutto gli operatori pastorali. Come potrebbe essere credibile una Chiesa che volesse evangelizzare altrove e non in casa sua? L'animazione missionaria ha l'obbligo di affermare che « la missione è pure qui » e che la nostra Chiesa, non altre, ne è la prima responsabile, con tutte le sue forze vive. d) Con tutto ciò rimane inalterato nella sua necessità ed urgenza primaria il compito dell'annuncio del Vangelo a tutte le genti e della cooperazione con le altre Chiese. Un compito formidabile per la massa delle persone cui si rivolge, per la varietà dei popoli e delle culture che incontra, per le difficoltà e i problemi che pone, per la scarsità di uomini di cui tuttora dispone. Perciò questa missione universale incombe su tutte le Chiese e costituisce il mandato di Cristo per eccellenza. Di fronte ad essa, l'animazione missionaria del popolo di Dio fa appello alla disponibilità più grande e alla carità più generosa: stimola a dare risposte sollecite ed ecclesialmente condivise alla chiamata di Dio e delle Chiese sorelle; sottolinea l'arricchimento di comunione interecclesiale che deriva da un autentico servizio missionario. Senza trascurare nessuna parte del mondo, nessun invito proveniente da qualunque Chiesa, i Vescovi italiani domandano alle loro comunità di rispondere con larghezza e fiducia alle richieste di personale apostolico che giungono oggi dall'Africa e dall'Asia. Per l'Asia in particolare ricordiamo che ivi si trovano i tre quarti della popolazione mondiale, paesi di grandi religioni, masse sterminate di poveri tra i più poveri, vaste regioni sconvolte da profonde e violente trasformazioni politiche e culturali, mentre la Chiesa quasi dovunque, con rarissime eccezioni, è ancora un piccolo gregge ». Urge quindi un immenso e nuovo sforzo missionario circa il quale la Chiesa italiana deve seriamente interrogarsi e assumere le proprie responsabilità. 34. - Forme e mezzi di animazione e cooperazione Vista come dimensione essenziale del cristiano e della comunità ecclesiale, inserita e integrata pienamente nella pastorale, la missione esige molteplici mezzi di animazione e di cooperazione. Alcuni, però, eccellono sugli altri e con ragione hanno sempre avuto grande rilievo nelle indicazioni nel magistero e nella prassi della Chiesa, anche se richiedono di essere adeguati al momento ecclesiale e missionario attuale. a) Un posto privilegiato spetta alla cooperazione missionaria spirituale, che si esplica mediante la preghiera, la sofferenza, la testimonianza di fede e di vita cristiana. La Chiesa dei primi tempi è stata esemplare in questo senso, sostenendo il compito dell'evangelizzazione con l'orazione assidua, il coraggio nelle prove e persecuzioni, l'irradiazione di un'esistenza rinnovata dalla carità, come aveva chiesto il Maestro e Signore. ( Cf. Gv 13,13ss ) Si riscopra il valore missionario dell'orazione personale e comunitaria, attingendo specialmente alle inesauribili ricchezze della parola di Dio e della liturgia, che è insieme culmine e fonte sia della vita che dell'attività della Chiesa. L'eucaristia diventi il centro della comunità missionaria orante, poiché in essa « è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo » e « per questo si presenta come fonte e culmine di tutta l'evangelizzazione ». Si metta in evidenza lo stretto legame che unisce la sofferenza alla missione, in quanto associa intimamente al mistero redentore di Cristo. La moltitudine dei malati, dei poveri, degli oppressi, dei perseguitati a causa della giustizia, mentre è destinataria preferenziale della Buona Novella, va considerata come una forza tra le più efficaci di apostolato. b) La conoscenza della realtà missionaria è un'altra forma indispensabile di animazione e di cooperazione. Essa deve tendere non solo a informare, ma a formare le coscienze dei fedeli e delle comunità. A questo servono la predicazione, la catechesi, le testimonianze dei missionari o di chi ha avuto esperienze e contatti con essi, ma soprattutto, nel mondo attuale, i diversi strumenti di comunicazione sociale. c) L'interesse missionario si rivela autentico quando si trasforma in gesti concreti di servizio e di donazione. Per le missioni, il popolo cristiano ha sempre dato con generosità e creatività. Dall'offerta tradizionale si è giunti all'attuazione di molteplici iniziative che spesso vanno al di là del soccorso materiale, per tradursi in un dono più profondo e personale. È fondamentale mettere l'accento sullo spirito con il quale si dona, perché ciò che si dà risponda a una convinzione interiore e sia in coerenza con tutta un'impostazione cristiana di vita. Va sottolineato anche che al dono fatto corrisponde sempre un dono ricevuto, in forza di quello scambio di beni che scaturisce dalla missione, in quanto comunione e partecipazione. In questo spirito la raccolta di mezzi finanziari sia promossa in modo educativo, come espressione di condivisione, sia opportunamente coordinata e, senza escludere l'aiuto a persone e ad iniziative particolari, resti sempre aperta alle necessità della missione universale. Inoltre, « l'aiuto sia regolato in tal modo che coloro i quali lo ricevono vengano, a poco a poco, liberati dalla dipendenza altrui e diventino sufficienti a se stessi ». Nel campo della promozione umana si sostenga ogni iniziativa pubblica e privata « con cui si porta un aiuto efficace agli individui e ai popoli che si trovano nel bisogno, cooperando in ciò con tutti gli uomini di buona volontà ». d) La promozione delle vocazioni missionarie è il cuore di ogni animazione perché diretta a suscitare l'elemento primo e indispensabile della missione. L'annuncio del Vangelo domanda annunciatori, ( Cf. Rm 10,14-15 ) la messe richiede operai, ( Cf. At 9,37-38 ) la missione vuole missionari. ( Cf. At 13,2 ) L'animazione missionaria vocazionale comporta una preoccupazione e un'attività particolare. Benché faccia parte dell'animazione missionaria generale e sia intimamente legata ad essa, esige cure speciali e un certo numero di animatori appositamente preparati. Si inserisce nel piano della pastorale, sia diocesana che nazionale, ma occupa un proprio posto in relazione alla peculiare fisionomia della vocazione missionaria. Le diverse forze ed istituzioni impegnate nella promozione delle vocazioni missionarie sapranno dar prova di vera collaborazione, se si lasceranno condurre dallo spirito di fede e dall'amore alla Chiesa, più che da motivi o da interessi propri. Abbiano perciò anche una giusta stima di tutte le forme in cui si può attuare oggi la donazione personale alla missione, e aiutino sinceramente ciascuno a scoprire e seguire la chiamata particolare che Dio gli rivolge. Il Centro Nazionale Vocazioni e i rispettivi Centri Diocesani, nello svolgere la loro opera, si sentano responsabili anche delle vocazioni missionarie. 35. - Strumenti di comunicazione sociale « Nel nostro secolo contrassegnato dai " mass media " o strumenti di comunicazione sociale, il primo annuncio, la catechesi o l'approfondimento ulteriore della fede, non possono fare a meno di questi mezzi … Posti al servizio del Vangelo, essi sono capaci di estendere quasi all'infinito il campo di ascolto della parola di Dio ». In questa prospettiva, quanti attendono all'animazione missionaria devono prendere coscienza della potenza e della sfida che offrono i mezzi di comunicazione sociale: stampa, cinema, radio, televisione e simili. Essi sono un indispensabile supporto pedagogico, sostentano il dialogo della Chiesa col mondo, la rendono presente in maniera più larga e incisiva, costituendo « una versione moderna ed efficace del pulpito ». Ma ciò richiede dagli operatori dei mezzi di comunicazione sociale la volontà di rendere un servizio alla Chiesa, alla verità e alla carità, e di acquisire un sufficiente grado di professionalità. a) Tra gli strumenti di comunicazione sociale in vista dell'animazione, la stampa missionaria svolge un ruolo di primaria importanza. Nella misura in cui si farà specchio fedele del mondo, luogo di incontro e di scambio interecclesiale, strumento di dialogo tra le culture, contribuirà efficacemente al rinnovamento della Chiesa italiana. Il suo compito non è solo di dare informazioni: la notizia non sia fine a se stessa, ma tenda a educare e far crescere nella comunione e solidarietà. Per questo, i responsabili della stampa missionaria cerchino sempre e prima di tutto la verità, sia nelle scelte dei fatti, sia nella loro esposizione. Non lavorino isolatamente, ma cooperino per un'attuazione armonica di iniziative e di programmi, in coordinamento tra di loro e con altri organismi della stampa cattolica. b) Sulla stessa linea, l'editoria missionaria si faccia ponte tra le diverse culture ed esperienze ecclesiali, presentando la missione come un reciproco dare e ricevere, uno scambio fecondo tra i vari popoli e le varie Chiese. Porti, quindi, a conoscenza del pubblico italiano i problemi, le istanze, i valori e le esperienze degli altri popoli, e specialmente delle giovani Chiese. Nello stesso tempo, sia attenta alla realtà della Chiesa italiana, per coglierne il cammino e stimolarne l'apertura al mondo intero. c) Merita pure una speciale attenzione la preparazione di sussidi audiovisivi. Si tratta di un impegno non facile, ma destinato a portare grandi frutti. « L'esperienza dimostra, ad esempio, la risonanza di un insegnamento radiofonico o televisivo che sappia congiungere un'espressione estetica qualificata ad una rigorosa fedeltà al magistero ». Nel campo dei mass-media si utilizzi al massimo la collaborazione di laici professionalmente preparati e dotati di sensibilità missionaria. Gli stessi missionari impegnati in questo settore non ritengano di avere un ruolo secondario in relazione alla loro vocazione, ma si sforzino di essere all'altezza del loro compito, convinti di recare un contributo primario alla causa del Vangelo. 36. - Giornata Missionaria Mondiale Le diverse espressioni di animazione e di cooperazione missionaria trovano un momento forte di attualizzazione nella Giornata Missionaria Mondiale affidata alle PP.OO.MM. Definita ufficialmente dal suo inizio come la grande giornata della cattolicità », è stata ripetutamente raccomandata dai Papi allo scopo di incrementare nel popolo di Dio « l'universalismo missionario ». Oggi si insiste affinché la Giornata Missionaria Mondiale rappresenti « una manifestazione spontanea » dello spirito missionario vissuto come dimensione normale del popolo di Dio. Quindi, non è da considerarsi un fatto isolato, un richiamo occasionale, una questua in più, ma una circostanza privilegiata per ravvivare la coscienza missionaria e celebrare nella lode e nel ringraziamento, coi fedeli e le Chiese di tutto il mondo, quella salvezza di Cristo che è il grande dono di Dio agli uomini. Così va intesa e realizzata da ogni nostra comunità. I vari responsabili dell'animazione missionaria ai diversi livelli la preparino e la celebrino con questa preoccupazione e in fraterna collaborazione, nel contesto di un ottobre tutto missionario. II - Strutture di comunione per la missione 37. - Esigenze di organizzazione Poiché la Chiesa è una realtà insieme visibile e spirituale e si presenta « in questo mondo costituita ed organizzata come società », per espletare la sua missione ha bisogno di strutture, organismi, servizi appropriati. La nostra Chiesa, in risposta alla crescente sollecitudine per la missione universale, ha istituito o rinnovato gli strumenti ordinati alla realizzazione del suo impegno missionario. Ricordiamo in primo luogo le strutture di comunione per la missione, il cui scopo è di assicurare il coordinamento dei vari organismi e servizi missionari, perché la missione si compia nella comunione ecclesiale. a) A livello nazionale 38. - Conferenza Episcopale Italiana ( CEI ) Vivamente sensibile alle istanze missionarie emerse dal Concilio e dagli sviluppi della missione nel mondo e in Italia, la CEI ritiene parte essenziale della sua preoccupazione pastorale l'impegno per l'evangelizzazione di tutte le genti e la cooperazione tra le Chiese. Essa esprime questa sollecitudine in vari modi: a) Ricerca iniziative che aiutino la crescita missionaria della Chiesa italiana nella comunione e collaborazione tra le diverse diocesi. b) Stimola l'impulso missionario di tutti gli organismi e uffici pastorali; promuove l'armonia e il raccordo tra quelle forze che, occupandosi dell'evangelizzazione e della promozione umana in base alle finalità e agli statuti propri, operano in settori comuni ( Ufficio Nazionale Cooperazione Missionaria tra le Chiese, Caritas, Giustizia e Pace, UCEI, ecc. ). c) Intrattiene, nello spirito del « Mutuae relationes », contatti regolari con i Superiori Maggiori degli Istituti missionari o aventi missioni, e coltiva rapporti con tutte le forze missionarie, perché formulino programmi unitari di animazione e cooperazione missionaria. d) Cerca occasioni per incontrarsi ed accordarsi con le Conferenze Episcopali dei paesi in cui la nostra Chiesa attua servizi missionari, perché risultino più adeguati alle necessità reali delle Chiese che li richiedono, e si realizzino in una viva ed effettiva comunione interecclesiale. Ciò vale soprattutto per l'invio di personale. Per assolvere a questi e ad altri compiti del genere, la CEI ha fatto scelte precise e ha costituito organismi specifici che operano in collaborazione con le diverse strutture pastorali, in modo che la dimensione missionaria sia tenuta presente in tutta l'attività ecclesiale. 39. - Commissione Episcopale per la Cooperazione tra le Chiese Seguendo le indicazioni della « Ecclesiae Sanctae », la CEI ha istituito la Commissione Episcopale per la Cooperazione tra le Chiese, alla quale compete di studiare i problemi connessi col compito missionario della Conferenza Episcopale, di formulare soluzioni idonee e proporle alla Conferenza stessa. La sua attività si esercita quindi nei settori dell'animazione missionaria in Italia, dell'impegno dell'evangelizzazione ad gentes, della cooperazione con tutte le altre Chiese. Nell'ambito di questi settori emergono alcune questioni particolari che, secondo le indicazioni del Concilio, sono di competenza dei Vescovi in sede di Conferenza, e che perciò sono oggetto di studio da parte della medesima Commissione. Tali sono: la designazione dei sacerdoti diocesani che si dedicano all'evangelizzazione dei popoli; l'organizzazione ordinata degli aiuti per le missioni e il contributo finanziario che ogni diocesi è tenuta a fornire; l'aiuto da dare agli Istituti missionari ed agli organismi che preparano ed assistono il personale destinato alle missioni; la promozione delle vocazioni missionarie; l'assistenza materiale e spirituale da prestare agli immigrati provenienti dal Terzo Mondo; l'opportuna distribuzione del clero. 40. - Ufficio Nazionale per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese È lo strumento operativo della Conferenza Episcopale Italiana per l'animazione e la cooperazione missionaria. Dipende dalla Segreteria Generale della CEI ed opera secondo lo Statuto approvato dal Consiglio Permanente. Sono suoi compiti: a) Studiare e diffondere i documenti della Santa Sede e della CEI sull'animazione e cooperazione missionaria, e adoperarsi perché vengano responsabilmente accolti ed attuati; far conoscere ai fedeli e alle comunità i problemi e le esperienze delle giovani Chiese. b) Suscitare e coordinare la collaborazione tra gli organismi missionari o collegati alle missioni, nel rispetto dell'autonomia e delle caratteristiche proprie di ciascuno. c) Tener vivo lo spirito missionario negli operatori pastorali ai vari livelli e nei diversi settori, così che tutta la pastorale sia caratterizzata da un'apertura universale. d) Sensibilizzare le diocesi affinché assumano e sostengano impegni diretti di cooperazione con le Chiese sparse nel mondo; preoccuparsi della preparazione, assistenza, aggiornamento e reinserimento del personale in servizio apostolico, seguendo le indicazioni delle Conferenze Episcopali dei paesi di destinazione e in stretto contatto con le diocesi di invio e con le istituzioni coinvolte in questi impegni. e) Collaborare con organismi ecclesiali e civili che si occupano dei problemi degli studenti, dei lavoratori e lavoratrici provenienti da altri continenti. f) Seguire l'evoluzione della realtà missionaria italiana, i suoi problemi, le sue istanze, e farsene portavoce presso la CEI. 41. - Consiglio Missionario Nazionale Il Consiglio Missionario Nazionale è l'organo consultivo dell'ufficio Nazionale per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese. Si compone di rappresentanti ufficiali di tutte le forze missionarie o interessate alle missioni operanti in Italia, i quali vengono designati dai rispettivi organismi, tenuto conto della loro esperienza e competenza. Il Consiglio costituisce un luogo di comunione e di scambio molto rappresentativo e qualificato. Il suo compito è di far sentire le voci dei vari protagonisti della missione, di identificare e affrontare con ampia visione i gravi problemi riguardanti l'impegno missionario della Chiesa italiana, di elaborare in una fattiva collaborazione programmi comuni di studio e di azione. b) A livello regionale 42. - Commissione Regionale per la Cooperazione tra le Chiese La necessità che la pastorale sia sufficientemente incarnata nella realtà locale, e nello stesso tempo venga debitamente coordinata nell'ambito del territorio nazionale, spiega l'esistenza in Italia delle Conferenze Episcopali Regionali. Esse « godono di una loro autonomia, ma coordinano tra di loro con la Conferenza Nazionale le attività pastorali ». Ogni Conferenza Episcopale Regionale ha una propria Commissione per la Cooperazione tra le Chiese. Essa è composta dai rappresentanti delle forze missionarie operanti in regione e fa capo a un Vescovo designato dalla rispettiva Conferenza regionale. Egli tiene il collegamento tra la Conferenza Episcopale Regionale, la Commissione Episcopale per la Cooperazione tra le Chiese della CEI e l'ufficio Nazionale relativo; coordina le attività missionarie nella regione; suscita e favorisce nuove iniziative per un'efficace opera di animazione e di cooperazione. Per ciò si avvale della Commissione Regionale. Questa Commissione ha pure un Segretario che, su proposta della stessa, viene nominato dalla Conferenza Episcopale Regionale; egli partecipa al Consiglio Missionario Nazionale in qualità di Incaricato Regionale. Ulteriori dettagli di composizione e di funzionamento della Commissione Regionale sono lasciati alla Conferenza Episcopale della Regione stessa, perché tenga conto della situazione locale. c) A livello diocesano 43. - Centro Missionario Diocesano ( CMD ) La responsabilità missionaria del Vescovo e della Chiesa particolare cui è preposto richiede la creazione di particolari strumenti per assolvere l'impegno missionario della diocesi. A questa esigenza vuole rispondere il Centro Missionario Diocesano. Per scelta esplicita della CEI, esso deve funzionare in ogni diocesi: perciò lo si costituisca quanto prima dove ancora non esistesse. Per le diocesi piccole affidate a un unico Vescovo si può anche pensare a un Centro Missionario Interdiocesano. Il Centro Missionario Diocesano vuole essere insieme « luogo e strumento » privilegiato della coscienza e dell'impegno missionario della Chiesa locale diocesana. Come strumento è ordinato a far sì che la comunità diocesana viva intensamente il suo essere Chiesa-missione, e lo traduca in atto nell'impegno specifico dell'annuncio del Vangelo a tutte le genti e della cooperazione con le Chiese sparse nel mondo. Come luogo è chiamato a sperimentare anzitutto in se stesso questa realtà e poi a testimoniarla. Luogo e strumento privilegiato della missione nella comunione, il CMD coordina tutte le forze missionarie operanti in diocesi e mantiene un opportuno collegamento con gli altri uffici pastorali. È costituito dai rappresentanti degli organismi missionari o interessati alle missioni, il cui carisma è riconosciuto dal Vescovo, ed è diretto da un sacerdote nominato dal Vescovo quale « Delegato per l'attività missionaria della diocesi ». Questi, normalmente, assume pure la direzione diocesana delle Pontificie Opere Missionarie. In rispondenza alla sua natura e finalità, il CMD svolge molteplici compiti. a) Nell'ambito della comunità diocesana: coordina le diverse attività a carattere missionario già esistenti; fa conoscere le iniziative missionarie già in atto nella diocesi; stimola l'invio di personale e mezzi nelle altre Chiese; ricerca vie nuove di presenza missionaria, sempre in conformità con le esigenze delle Chiese di destinazione. b) Nei riguardi dei vari organismi pastorali: promuove contatti permanenti di informazione e di aiuto vicendevole; informa su situazioni, problemi, esperienze delle altre Chiese; assicura le relazioni tra la comunità locale e i suoi missionari; sensibilizza i responsabili della pastorale al problema degli immigrati per ragioni di studio o di lavoro, dei profughi e degli esuli. c) Quanto agli organismi in esso rappresentati: accoglie e valorizza in clima di fraternità e di stima il carisma proprio di ognuno; armonizza le iniziative missionarie diocesane con quelle regionali e nazionali; favorisce la collaborazione di tutte le forze missionarie o che hanno rapporti con l'attività missionaria e l'esercizio di ciascuna di esse nel proprio specifico ambito. III - Organismi e servizi missionari 44. - Pontificie Opere Missionarie ( PP.OO.M.M. ) Le Pontificie Opere Missionarie, per origine, costituzione e finalità si caratterizzano come strumenti specifici dell'universalismo missionario attraverso un'azione capillare di animazione Opere del Papa e dell'intero Collegio Episcopale, dipendono dalla Sacra Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, e perciò sono state ufficialmente assunte dalla Chiesa per l'animazione e la cooperazione missionaria di tutto il popolo di Dio. Anche nell'ambito delle Chiese particolari, esse tengono « il primo posto, perché costituiscono altrettanti mezzi sia per infondere nei cattolici, fin dalla più tenera età, uno spirito veramente universale, sia per favorire un'adeguata raccolta di sussidi a vantaggio di tutte le missioni e secondo le necessità di ciascuna ». Nell'esercizio della loro attività a livello nazionale e diocesano, le PP.OO.MM. dipendono rispettivamente dalla Conferenza Episcopale e dai Vescovi, e si mantengono in relazione e collaborazione con gli altri organismi di cooperazione missionaria. All'interno del Centro Missionario Diocesano e per suo tramite, in comunione attiva coi vari organi pastorali della diocesi, operano per la formulazione e la realizzazione dei piani pastorali, attente soprattutto alla crescita missionaria dei fedeli e delle comunità ecclesiali e alle esigenze delle singole istituzioni. Nel contesto di questi rapporti e nella fedeltà alla loro finalità specifica e alla loro struttura organizzativa a livello nazionale, regionale, diocesano e parrocchiale sottolineiamo alcuni obiettivi e compiti prioritari delle PP.OO.MM.: a) Proseguire nel cammino di rinnovamento in conformità alle attuali esigenze della missione e alle indicazioni dei loro Statuti, e del Regolamento approvato dalla CEI, evitando ogni pericolo sia di emarginazione che di parallelismo, e seguendo gli orientamenti generali della CEI circa l'impegno missionario della Chiesa italiana. b) Promuovere la conoscenza e la diffusione delle singole opere: quella della Propagazione della Fede, per suscitare un coinvolgimento di tutti i fedeli sia sul piano spirituale che materiale a favore di tutte le missioni; di San Pietro Apostolo, per formare e sostenere il Clero indigeno; dell'Infanzia Missionaria, per l'educazione dei fanciulli allo spirito missionario; dell'unione Missionaria dei sacerdoti, religiosi, religiose, per alimentare in loro lo zelo per l'annuncio del Vangelo in tutto il mondo. C) Svolgere la propria attività durante tutto l'anno, e in particolare nel mese di ottobre per una celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale che diventi momento forte di missionarietà. I Vescovi favoriscano le PP.OO.MM. nell'adempimento di questi compiti. In particolare aiuteranno lo sviluppo delle singole Opere e specialmente dell'unione Missionaria, anima delle Pontificie Opere Missionarie, stimolando gli interessati ad aderirvi per approfondire la dimensione missionaria della propria vocazione. 45. - Istituti con fine unicamente missionario Gli Istituti di diritto pontificio che hanno per fine unico l'attività missionaria - siano maschili o femminili, religiosi o di vita associata senza voti - in forza del loro carisma sono espressione e strumento della missionarietà tanto della Chiesa universale quanto delle Chiese particolari, dalle quali sono sorte, nelle quali vivono e per le quali operano. Inoltre, per spirito ed esperienza, sono idonei e pronti a collaborare sotto la guida dei Pastori con quanti lavorano nell'animazione e cooperazione missionaria. I Vescovi italiani sono vicini a questi Istituti e offrono tutta la loro sollecitudine perché, fedeli al proprio specifico carisma « abbiano a crescere e fiorire secondo lo spirito dei Fondatori ». Intendono valorizzarli nell'animazione missionaria, in coordinamento con tutte le forze pastorali e con « la dovuta considerazione del particolare stile d'azione proprio della loro indole ». Perciò: riconoscendo che i membri di tali istituti sono parte della famiglia diocesana, ne celebrino l'invio in missione come un atto di tutta la comunità ecclesiale, e si tengano in contatto con loro, sia in missione che al rientro in patria; consapevoli della necessità di persone che si consacrino all'attività missionaria per tutta la vita, favoriscano le vocazioni per questi Istituti e li aiutino, per quanto possibile, a trovare risorse per le loro missioni e le loro opere di promozione e formazione vocazionale. Da parte loro, questi Istituti si sentano realmente impegnati nella animazione missionaria e offrano ai Vescovi una generosa collaborazione per iniziative su scala diocesana e nazionale, operando secondo le direttive dei Pastori e nella fedeltà al proprio spirito e modo di vita. Nella pastorale d'insieme, alla quale hanno diritto e dovere di partecipare, sono chiamati a dare un duplice apporto: esprimere in maniera radicale la vocazione missionaria di tutta la Chiesa, sollecitare costantemente la comunità ecclesiale a vivere l'impegno missionario. Mettano a disposizione con animo aperto e generoso alcuni loro membri particolarmente preparati per lavorare negli organismi pastorali ai vari livelli e nelle iniziative di formazione preparatoria e di aggiornamento del personale missionario di vario tipo. A livello nazionale sono sorti vari organismi di collaborazione e di coordinamento delle attività degli Istituti Missionari, come: la Conferenza dei Superiori degli Istituti Missionari con provincia italiana ( CIMI ), il Segretariato Unitario di Animazione Missionaria ( SUAM ), l'Editrice Missionaria Italiana ( EMI ). Si tratta di organismi, ufficiali o meno, che possono offrire preziosi contributi per l'animazione e la cooperazione missionaria e vanno riconosciuti e valorizzati. 46. - Ordini e Congregazioni aventi missioni Ci sono Ordini e Congregazioni aventi, tra le altre finalità, anche quella missionaria. Il loro apporto all'evangelizzazione dei popoli è stato ed è ancora di grande valore. Dopo il Concilio parecchie Congregazioni religiose hanno deciso di avviare una presenza in missione. Tutto ciò è una riprova dello stretto rapporto che unisce la vocazione religiosa a quella missionaria. Ai membri missionari di queste istituzioni si deve applicare quanto si è detto sui religiosi come protagonisti della missione. Restano alcuni aspetti utili da richiamare. Non pochi di questi Ordini e Congregazioni, accogliendo come membri persone provenienti da diversi paesi ed anche da giovani Chiese, presentano un carattere internazionale che favorisce una mentalità più aperta e una maggiore capacità di scambi interecclesiali. Sono fattori da considerare, perché possono contribuire a maturare il senso di cattolicità e di missionarietà della Chiesa. D'altra parte, le comunità di questi Ordini e Congregazioni hanno bisogno di venir animate missionariamente per mantenere viva la finalità missionaria. Questo compito riguarda lo spirito, la vita, la formazione, la stessa attività che i loro membri svolgono sia all'interno che fuori della comunità. Incoraggiamo tale opera di animazione per l'incidenza missionaria che è destinata ad avere sulla vita delle Chiese locali. La Conferenza Italiana dei Superiori Maggiori ( CISM ) e l'Unione delle Superiori Maggiori Italiane ( USMI ) dalla loro fondazione si sono interessate dell'aspetto missionario della vita religiosa ed hanno organizzato tra i religiosi un lavoro di animazione interna, di accompagnamento dei missionari e di animazione missionaria della Chiesa locale, mediante opportuni organismi. 47. - Istituti Secolari Gli Istituti Secolari possiedono un carisma che ne mette pienamente in luce il significato e la potenzialità missionaria, perché, « pur non essendo religiosi, tuttavia comportano una vera e completa professione dei consigli evangelici nel secolo, riconosciuta dalla Chiesa ». Si aggiunga il fatto del loro rigoglioso sviluppo un po' dovunque. Così « la loro opera, guidata dall'autorità del Vescovo, può riuscire sotto diversi aspetti utilissima nelle missioni, come segno di dedizione totale all'evangelizzazione del mondo. I Vescovi italiani vogliono sottolineare la particolare attitudine di tali Istituti, in forza del loro speciale dono, a incarnare negli ambienti umani e nella realtà del mondo la testimonianza evangelica. 48. - Centro Ecclesiale Italiano per l'America Latina ( CEIAL ) - per l'Africa e l'Asia ( CEIAS ) Gli stretti raporti di collaborazione con le Chiese latino-americane e il Servizio Missionario in Africa e in Asia hanno condotto all'istituzione rispettivamente del CEIAL e del CEIAS. Si tratta di organismi a livello nazionale, che dipendono dalla CEI e sono in relazione con la Commissione Episcopale e con l"Ufficio Nazionale per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese, secondo le rispettive competenze e gli Statuti approvati dalla CEI. Essi svolgono opera di mediazione e comunione per l'invio di personale missionario e la condivisione interecclesiale di beni, iniziative ed esperienze. Sulla base della propria esperienza i due organismi hanno precisato i loro principali compiti: a) Sensibilizzare le diocesi ai problemi di evangelizzazione e di promozione umana nei continenti di cui si interessano. b) Offrire una consulenza qualificata per la scelta del personale da inviare sul campo di lavoro, assicurarne la preparazione prossima e specifica e assisterlo nella sua attività. c) Promuovere iniziative opportune a sostegno degli inviati ed una vasta azione perché le diocesi italiane crescano nella conoscenza e nel dialogo con le Chiese che accolgono i loro servizi, si responsabilizzino nei riguardi dei missionari inviati e curino di valorizzarne l'esperienza quando rientrano in patria. Per un'azione più puntuale ed appropriata, i due organismi si articolano in settori diversi. 49. - Servizi missionari diocesani I servizi missionari diocesani realizzano in vario modo l'impegno di comunione e cooperazione tra le diocesi italiane e le Chiese in paesi di altri continenti, sotto la guida dei Vescovi locali, in spirito di solidarietà e condivisione reciproca. Le forme in cui si concretizzano sono molteplici. Alcune volte vengono inviati in missione soltanto sacerdoti; altre volte sacerdoti, suore e laici. Talora l'iniziativa è condotta in collaborazione con gli Istituti missionari e si dà pure il caso di servizi assunti da una diocesi e sostenuti da altre diocesi della stessa regione. Appare superata, per la sua inadeguatezza, la fase dei gemellaggi: infatti oggi la diocesi italiana stabilisce un rapporto con la diocesi sorella mettendosi al servizio del Vescovo locale nella massima disponibilità, e spesso intrattiene relazioni con più diocesi di missione in varie parti del mondo. Questo sviluppo testimonia la volontà di dare un'adeguata risposta alle richieste, in una fattiva comunione interecclesiale. In vista di questa comunione, vanno tenuti presenti alcuni criteri fondamentali: a) Il rapporto di collaborazione venga instaurato tra diocesi e diocesi e non sia lasciato all'iniziativa privata. Ciò richiederà un'opportuna sensibilizzazione di tutta la Chiesa locale perché il servizio sia intrapreso e vissuto come un « fatto ecclesiale ». b) Si definiscano chiaramente, con adeguate convenzioni, diritti e doveri di ambedue le parti; si valuti con realismo quale garanzia esista di portare avanti l'impegno assunto, quali siano le condizioni e le esigenze del contesto ambientale ed umano in cui si inserirà il personale inviato. c) Il personale sia debitamente scelto, preparato, seguito ed accolto al ritorno, nella disponibilità a valorizzarne l'esperienza. d) La diocesi italiana si apra con la Chiesa sorella a un autentico dialogo ed interscambio, cercando modi idonei con cui concretizzarli. e) Le diocesi italiane collaborino per ricercare e precisare i criteri da seguire nel programmare e attuare i servizi missionari, in modo da raggiungere una certa omogeneità di impostazione e di azione. Così realizzati, i servizi missionari diocesani porteranno i reciproci vantaggi che Giovanni Paolo II notava a proposito dei sacerdoti Fidei Donum: … il beneficio di tale impegno ministeriale ad tempus è duplice: i sacerdoti che vi si dedicano, come offrono un evidente servizio alle Chiese missionarie, così - tornando nelle diocesi di origine - vi riportano il tesoro delle loro esperienze, contribuendo in tal modo a quell'opera di animazione che tanto giova a suscitare tra i fedeli stessi la coscienza missionaria e la volontà di sostenere la causa dell'evangelizzazione ». 50. - Laicato missionario L'azione missionaria dei laici conosce vari tipi di intervento: a) Un inserimento nella Chiesa particolare per partecipare, come laici, all'attività pastorale secondo il carisma o il ministero proprio e riconosciuto. b) Una cooperazione, con l'apporto della loro specifica professionalità in campo sociale, a opere di evangelizzazione e promozione umana dipendenti dalla diocesi o da congregazioni religiose e da istituti missionari. c) Una collaborazione con interventi di promozione umana in diverse aree: socio-culturale, sanitaria, agricola, ecc., attraverso progetti gestiti direttamente e sotto la responsabilità di organismi laici di ispirazione cristiana. Per tutti i laici missionari è opportuno seguire le direttive date dalla Sacra Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, di cui richiamiamo in sintesi alcuni punti: - Criteri di selezione: intenzione sincera di servire la missione redentrice di Cristo e della Chiesa; salute sufficiente e maturità di carattere; preparazione professionale non solo teorica, ma collaudata in pratica; disponibilità per un periodo di impegno sufficientemente lungo in rapporto alla natura e alle esigenze del servizio da prestare. - Obiettivi di formazione: approfondimento della vita cristiana e in particolare della spiritualità della missione; sufficiente capacità di analisi del nuovo ambiente culturale e di conoscenza della lingua. - Inserimento nell'ambiente: ricerca della maggiore integrazione culturale possibile; astensione da ingerenze politiche e cooperazione nella promozione della giustizia e del progresso sociale; volontà di offrire una genuina testimonianza cristiana e di vivere da vero membro della Chiesa locale in comunione coi pastori e i fedeli. Il laicato missionario comprende coloro che si inseriscono in opere promosse e dipendenti dalle diocesi di invio o di accoglienza, o da istituti missionari, mediante un legame individuale con loro, o addirittura in forza di uno speciale mandato della gerarchia. Essi partecipano, quindi, in un certo senso alle istituzioni cui sono legati, ne vivono la spiritualità ed operano secondo le linee da esse proposte. L'attività dei laici missionari sia regolata da una convenzione sottoscritta dalle parti interessate che ne precisi i rispettivi doveri e diritti. 51. - Volontariato cristiano internazionale Il Volontariato cristiano internazionale è sorto dalla presa di coscienza che la missione della Chiesa è strettamente unita alla liberazione e promozione umana e si propone di collaborare alla formazione di una società più giusta e fraterna. Le sue scelte si fondano su motivazioni etiche e di fede, e si traducono in una testimonianza di vita comunitaria basata sui valori delle singole persone e del bene comune ed universale. Così il volontariato anima i gruppi umani nel cammino di liberazione e di crescita ecclesiale, in modo che essi ne siano i vari protagonisti, li porta a superare la divisione tra i popoli e a essere strumento di incontro e dialogo sul piano umano e cristiano. Per un'azione più significativa ed efficace, il volontariato ha dato vita a molteplici organismi che curano la preparazione spirituale, professionale e culturale dei volontari, li seguono nel loro lavoro sul campo e al rientro. Essi si riuniscono nella Federazione Organismi Cristiani di Servizio Internazionale Volontario ( FOCSIV ), quale luogo di studio, verifica e aggiornamento della propria attività. I Vescovi italiani, riconoscendo nel volontariato una forma originale di missionarietà dei laici, raccomandano che la fedeltà ai valori evangelici qualifichi sempre lo stile di vita e di attività dei volontari. Perciò li esortano a fare del loro servizio « il segno e l'espressione della carità evangelica, che è dono gratuito e disinteressato di se stessi al prossimo, particolarmente ai più poveri e bisognosi ». 52. - Gruppi e movimenti vari Il nostro tempo ha visto il sorgere e il diffondersi anche nella Chiesa italiana di nuovi gruppi, movimenti e associazioni, con caratteristiche e finalità proprie, stimoli e sottolineature diverse. « È una grande fioritura di aggregazioni … ricche di fermenti, di attività, di programmi, di intenti e desideri. Tutti questi fermenti portatori di grazia e di doni sono da armonizzare e da far convergere al bene della vita e della missione della Chiesa ». L'esistenza di gruppi e movimenti non è senza incidenza sull'attività missionaria, sia per l'influsso reciproco delle varie forze nella Chiesa, sia perché spesso questi gruppi e movimenti prevedono la presenza di loro aderenti in altri paesi e Chiese, o svolgono inziative a carattere missionario. La pluralità stessa delle loro esperienze può trovare proprio sul terreno della missione, in conformità ai piani pastorali diocesani, nuovi motivi di unità e dinamismo. Nell'attuale prospettiva, in cui tutta la Chiesa locale con le sue diverse componenti ed energie ha un ruolo missionario, tali gruppi e movimenti sono chiamati a vivere questa dimensione. Perciò sono esortati a realizzare i propri carismi e compiti non estraniandosi ma inserendosi sempre più nella comunità ecclesiale ai vari livelli; a sentire e agire in unità coi responsabili di essa, specialmente col Vescovo; a recepire e accrescere in sé l'apertura alla missione universale, tenendosi in contatto coi diversi organismi missionari. 53. - Gruppi e movimenti d'interesse missionario Tra le nuove espressioni di impegno cristiano, molte si caratterizzano per l'esplicito proposito di aiutare l'opera di evangelizzazione e di promozione umana a vantaggio delle Chiese e dei popoli del Terzo Mondo. Sono gruppi e movimenti che esercitano un'attività permanente od occasionale e sostengono iniziative di vario tipo: studio, sensibilizzazione, soccorso concreto. Anche le loro finalità specifiche, l'organizzazione e i modi d'azione sono differenti. Alcuni operano in chiaro legame con la comunità ecclesiale, altri agiscono in maniera più o meno autonoma. Tali gruppi e movimenti hanno un ruolo particolare per la spontaneità di dedizione che generalmente esprimono, e per la capacità che spesso rivelano di far presa su ambienti e persone difficilmente accessibili agli organismi missionari ufficiali. Senza dubbio, essi contribuiscono a mettere l'animazione e la cooperazione missionaria alla portata di molti, per la varietà, vivacità e immediatezza delle loro iniziative. Crediamo che si debba apprezzare e sostenere l'azione che svolgono, sia che riguardi più direttamente l'evangelizzazione, sia che interessi la difesa dei diritti dell'uomo, aiuto per lo sviluppo, l'assistenza in particolare bisogni. Anche coloro che operano in modo autonomo meritano sincera considerazione ed appoggio quando il loro è un autentico servizio per l'uomo, specialmente per i poveri e gli oppressi, perché questo è sempre un servizio reso a Cristo e che giova al progresso della giustizia e della fraternità. I gruppi e movimenti che si qualificano come cristiani cerchino di agire in armonia con le direttive e gli organismi che la Chiesa italiana ha stabilito per meglio assolvere al suo impegno missionario. Conclusione 54. - Rinnovamento ed unità Pensiamo di avervi offerto considerazioni e direttive valide a imprimere maggior slancio ed unità all'impegno missionario della nostra Chiesa italiana. Le affidiamo alla vostra attenzione perché portino copiosi frutti. Prima di terminare, vi invitiamo a ringraziare con noi il Signore della messe, che mantiene vivo nella nostra Chiesa l'ardore apostolico. Lo provano le migliaia di missionari - sacerdoti, religiosi, religiose e laici - che in diversi paesi, tra popoli di altre culture e religioni, testimoniano il Cristo Redentore dell'uomo, promuovono i valori del Regno, esprimono visibilmente la solidarietà con le Chiese sorelle. Alcuni di essi hanno suggellato con il sangue un servizio di fraternità e di fede. Ne prendiamo motivo per chiedere a Dio, con la fiducia che ci viene dall'esortazione stessa di Cristo, che scelga tra le nostre comunità altri numerosi operai per la sua messe. Ma questa preghiera non può andare disgiunta da una rinnovata disponibilità missionaria da parte nostra. Insistiamo su due punti che costituiscono la sorgente e la forza di un genuino spirito apostolico. Anzitutto, il rinnovamento spirituale, nel senso più ampio della parola. Secondo il Concilio, il dovere missionario di tutti i battezzati ha la sua prima e principale espressione in una vita profondamente cristiana. « Sarà appunto il loro fervore nel servizio di Dio, sarà il loro amore verso il prossimo ad immettere un nuovo soffio di spiritualità in tutta la Chiesa, che apparirà allora un segno per i popoli, luce del mondo e sale della terra ». Paolo VI ha messo in evidenza la necessità imprescindibile della testimonianza della vita in ordine all'evangelizzazione, particolarmente oggi. « Lo diciamo a tutti: bisogna che il nostro zelo per l'evangelizzazione scaturisca da una vera santità di vita … Il mondo esige e si aspetta da noi semplicità di vita, spirito di preghiera, carità verso tutti, specialmente verso i piccoli e i poveri, ubbidienza ed umiltà, distacco da noi stessi e rinuncia ». Qui devono puntare i nostri sforzi comuni. La seconda esigenza, connessa ed orientata alla prima, è che l'unione di spirito e d'azione contrassegni e vivifichi tutta la nostra attività di animazione e cooperazione missionaria. Si sono moltiplicati tra di noi i protagonisti della missione, universale. Strutture, servizi e iniziative di ogni tipo, forze ben organizzate, gruppi e movimenti assicurano maggiore creatività e fecondità alla nostra azione missionaria di oggi. Non è difficile riconoscere in tutto ciò la presenza dello Spirito. Ma proprio questo domanda un proposito più serio e generale di operare secondo le linee che abbiamo indicate, se non si vogliono disperdere i doni del Signore. L'unità è condizione indispensabile di credibilità ed efficacia della missione. Nella misura in cui la nostra Chiesa vivrà la missione nella comunione, rinnoverà se stessa e sarà fermento d'unione e di fraternità anche nel nostro paese. È questo l'appello ed insieme l'auspicio su cui invochiamo la grazia di Dio per l'intercessione di Maria Santissima. Ella, che ha generato il Cristo, luce e salvezza di tutte le genti, che « ha presieduto con la sua preghiera all'inizio dell'evangelizzazione sotto l'azione dello Spirito Santo », , ottenga alla Chiesa italiana di essere fedele e generosa testimone della Buona Novella all'umanità del nostro tempo. Roma, 21 aprile 1982, nel 25" Anniversario dell'Enciclica « Fidei donum » La Commissione Episcopale per la Cooperazione tra le Chiese