Eucaristia, comunione e comunità Ti rendiamo grazie, o Padre nostro, per la vita e la conoscenza che ci hai dato per mezzo di Gesù tuo Figlio. Gloria a te nei secoli! Come questo pane spezzato, prima sparso sui monti, è stato raccolto per farne uno solo, così raccogli la tua Chiesa dalle estremità della terra nel tuo Regno. Poiché a te è la gloria e la potenza per Gesù Cristo nei secoli. ( Didaché, IX, 4 ) Nell'Anno Santo della Redenzione, raccogliamo il messaggio che viene a noi dall'Eucaristia e lo consegniamo alle nostre Chiese. L'Eucaristia sia sempre più centro e vertice delle comunità cristiane e la sua forza plasmatrice si sveli in autenticità di vita e in generosità di opere. Sia segno efficace della comunione che dall'unico pane si diffonde nell'unico corpo ecclesiale perché tutti, compiendo ciò che manca alla passione di Cristo, adorino il Padre in spirito e verità. Sia viatico alla comunità cristiana: dall'Eucaristia essa accolga la rivelazione dell'amore di Dio, la letizia dell'unità fraterna, il coraggio della speranza, per essere con Cristo pane spezzato per la vita del mondo. Li amò sino alla fine 1. - Con l'animo dell'apostolo Paolo, che si rivolgeva alla comunità di Corinto, noi consegniamo ciò che la Chiesa intera ha ricevuto: « Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese il pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: " Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me ". Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: " Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me " » ( 1 Cor 11,23-25 ). 2. - Questa consegna si rinnova ogni volta che celebriamo il mistero eucaristico. L'Eucaristia è dono fatto dal Padre alla Chiesa e, per mezzo della Chiesa, al mondo. La Chiesa lo celebra con fede, e con fede lo offre all'umanità. Così Dio manifesta, oggi come sempre, la sua fedeltà alle promesse, il suo impegno all'alleanza, la sua volontà di comunione con noi. L'Eucaristia è frutto della potenza dello Spirito Santo. Invocato dalla comunità raccolta in preghiera, lo Spirito trasforma il pane e il vino nel corpo e nel sangue di Cristo, rinnova la vita di coloro che partecipano al sacrificio e plasma la Chiesa come comunità. L'Eucaristia è presenza di Cristo redentore. Cristo che è con noi tutti i giorni sino alla fine, è presente nel mistero del pane e del vino in modo vero, reale, sostanziale. Così nell'Eucaristia ci viene offerto il memoriale della nostra salvezza, il segno della nuova alleanza e l'anticipazione del Regno. Essa è il sacramento del sacrificio offerto da Cristo sulla croce, il segno della sua vittoria sulla morte, il cibo e la bevanda dei pellegrini verso il Regno. E il mistero della fede! Noi lo crediamo e lo adoriamo. 3. - L'Eucaristia è comunione di Cristo con il Padre: primogenito tra i risorti, per mezzo dello Spirito, Cristo si offre come sacrificio per la nostra salvezza. Tutta la sua vita è presente in questa offerta. L'Eucaristia è comunione di Cristo con noi: associati al suo gesto di totale oblazione, diventiamo con lui vittima gradita a Dio. La comunione con lui è la via che conduce al Padre. L'Eucaristia è il massimo sacramento ecclesiale: dall'Eucaristia la Chiesa nasce come comunità nuova. Ha per legge il nuovo precetto di amare e trova in Cristo il suo modello di comunione. L'Eucaristia è amore che diventa missione: consumando il sangue sparso per la remissione dei peccati, la Chiesa si offre con Cristo per la vita del mondo, luce e segno di comunione universale. 4. - Nell'Eucaristia sono presenti le « opere mirabili che Dio ha compiuto nella storia. Di tutte, l'Eucaristia è l'opera più mirabile. Mentre contempliamo il mistero, rendiamo grazie a Dio e proclamiamo: Noi ti ringraziamo, o Padre, per i segni grandi del tuo amore che a noi si svela nella creazione, nella storia dell'uomo, e nella piena rivelazione del tuo Figlio Gesù. Per la potenza dello Spirito egli è venuto tra noi, nel seno purissimo di Maria. Fece del mondo la sua casa, elesse i poveri, annunciò pace e riconciliazione a tutti, si diede liberamente alla morte di croce. Per amore egli è venuto, d'amore è vissuto, con amore si è donato a te e in un gesto supremo d'amore si è sacrificato per noi. Nell'ultima cena, riunito con i discepoli, dopo averci dato il comandamento nuovo, segno di eterna alleanza, ci lasciò il suo corpo e il suo sangue per la remissione dei peccati. Noi ti ringraziamo, o Padre, per questo santissimo segno. Lo accogliamo come dono della tua misericordia che ci trasforma e ci da un cuore nuovo, come grazia di riconciliazione e come segno di comunione. Per mezzo del tuo Spirito, che è Signore e dà la vita, donalo sempre sull'altare della Chiesa e del mondo. « Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice, annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell'attesa della tua venuta ». Parte I - Il corpo dato e il sangue versato Con « Eucaristia, comunione e comunità », siamo al cuore del rinnovamento pastorale, avviato nella nostra Chiesa dopo il Concilio. Nell'Eucaristia, infatti, ritroviamo, quasi in mirabile sintesi, le scelte pastorali che hanno guidato la nostra riflessione e il nostro impegno in questi ultimi anni. Si tratta di scelte permanenti che l'Eucaristia ripropone: la priorità della parola di Dio, fonte di vita e di conversione che apre i cuori alla fede; l'inscindibile nesso tra Parola, Sacramenti e Vita cristiana, che ogni celebrazione eucaristica fa rivivere come dono e compito; il dono della comunione per edificare una autentica comunità ecclesiale, che trova nell'Eucaristia la sua fonte e il suo culmine. A motivo della centralità dell'Eucaristia nella vita della Chiesa, abbiamo voluto accostarci al grande mistero con profondo atteggiamento di lode, di adorazione e di rendimento di grazie, perché solo così è dato di accogliere e vivere in pienezza di fede il segno più grande della nostra redenzione. E dinanzi all'Eucaristia, vero corpo del Signore dato per noi e vero sangue sparso per la salvezza del mondo, proponiamo in questa prima parte del documento un itinerario di fede a sostegno della vita e della missione delle comunità cristiane.4 Le parole della Scrittura e la Tradizione viva della Chiesa, con la guida del Magistero, sono le fonti privilegiate a cui ci riferiamo per questo cammino di fede. Siamo così invitati, nel primo capitolo, a lasciarci incontrare da Cristo risorto, sulla strada della vita, a camminare con lui e a riconoscerlo vivente nel segno della sua presenza pasquale ( cfr. Capitolo primo ). Il riconoscimento di lui porta all'adorazione del mistero della fede, che l'Eucaristia perennemente attualizza in pienezza: memoriale della cena del Signore e del suo sacrificio redentivo, vera presenza reale di Cristo, testamento del suo amore supremo, anticipo del banchetto del Regno ( cfr. Capitolo secondo ). Come nella comunità di Gerusalemme, la nostra assiduità nello spezzare il pane fonda la comunione con Cristo e tra noi e ci fa partecipi del dono dello Spirito Santo, che trasforma la nostra vita in culto spirituale gradito al Padre ( cfr. Capitolo terzo ). Nella condivisione all'unico pane, noi, pur essendo molti, diventiamo un corpo solo: la Chiesa imita nella carità e nel servizio ( cfr. Capitolo quarto ). Ora possiamo comprendere la ricchezza di grazia e di impegno per la comunione, che ogni celebrazione eucarìstica comporta. Attraverso il rito liturgico siamo condotti a condividere il mistero di Cristo e a tradurlo in atteggiamento di vita ( cfr. Capitolo quinto ). Così il nostro cammino di fede giunge al suo « Amen ». Sull'esempio di Maria, la Chiesa lo ripete ogni volta che incontra il suo Signore e pregusta la gioia piena della comunione definitiva con lui ( cfr. Capitolo sesto ). Capitolo I - Resta con noi, Signore 5. Sulla strada di Emmaus Nella sua suggestiva vivacità, l'episodio dei due discepoli in cammino verso Emmaus è immagine esemplare dell'incontro che la Chiesa nell'Eucaristia fa con il suo Signore. L'esperienza di quei due diventa la nostra esperienza. ( Cfr. Lc 24,13-35 ) Essi esprimono bene la situazione dell'uomo contemporaneo, sfiduciato per il tramonto di false sicurezze e di facili speranze, a volte deluso perfino di Cristo e della sua Chiesa, alla ricerca di significati da dare alla vita, di ideali per cui lottare, credere, sperare. Gesù per primo si avvicina a loro, si fa compagno di viaggio e li interroga, si interessa della loro vita, si lascia coinvolgere nei loro problemi, li provoca a uscire fuori dall'apatia, e cammina con loro. I loro occhi sono come impediti di riconoscerlo, perché la fede è spenta. Eppure quel viandante li attira, le sue parole scendono nel profondo del cuore e lo fanno ardere. Rinasce la speranza e una luce nuova illumina l'esistenza. Così ha inizio il riconoscimento attraverso un incontro che diviene sempre più forte e intimo, fino a « vedere » nel gesto dello spezzare il pane il Signore risorto. La gioia della scoperta è tale che i due rifanno il cammino, questa volta da Emmaus a Gerusalemme, per comunicare ai fratelli la loro singolare esperienza e per proclamare insieme: « Il Signore è davvero risorto! » ( Lc 24,34 ). È un racconto di intonazione pasquale. In filigrana vi leggiamo i momenti essenziali dell'incontro salvifico con Cristo che si compie nell'Eucaristia: - Cristo cammina sulle strade dell'uomo. - Con la sua parola convoca e manifesta il senso della vita. - Il pane spezzato è nutrimento e rivelazione. - L'incontro con Cristo riempie il cuore di speranza e dà coraggio per annunziarlo vivente nel mondo. 6. Erano in cammino e spiegò loro le Scritture Cristo per primo si mette sulla nostra strada. Invita, convoca e apre al dialogo. È così, soprattutto, nella celebrazione eucaristica. Il primo atto del singolo e della comunità che celebra è l'incontro con Cristo. Se non si avverte nella fede « l'alito della sua presenza », come direbbe Sant'Ambrogio, non si accende la scintilla della preghiera. L'Eucaristia è molto più di un rito da ripetere; è il Risorto da incontrare, per percorrere con lui la stessa strada. Celebrare l'Eucaristia è vivere in pienezza il « giorno del Signore », è far tesoro di un tempo provvidenziale nel quale Cristo risorto ci si dona in un gesto di infinita tenerezza. In tutti i giorni - ricorda Giovanni Paolo II - perdura quell'unico giorno fatto dal Signore, giorno che è opera della potenza di Dio, manifestata nella risurrezione di Cristo. La risurrezione è l'inizio della nuova vita e della nuova epoca; è l'inizio del nuovo uomo e del nuovo mondo ». 7. Il primo passo che Gesu fa compiere è quello di aprire il cuore e la mente alla comprensione della sua vita e di tutta la storia della salvezza. Così Gesu educò i due di Emmaus, si fece loro maestro e, « cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui » ( Lc 24,27 ). Nell'Eucaristia la Chiesa è convocata dalla Parola e diventa comunità in ascolto del suo Dio. È una Parola che risuona viva e attuale, e viene colta sulle labbra del Risorto, presente nell'Eucaristia, come lo era sulla strada di Emmaus. Accogliendola in religioso ascolto, la comunità si ciba di quella Parola « più dolce del miele » ( Sal 19,11 ) e ne vive. Nella risposta, si apre il dialogo: Dio parla e il popolo risponde, come ai piedi del Sinai, quando « Mosè riferì al popolo iutte le parole del Signore e il popolo rispose insieme: " tutti i comandi che ha dato il Signore noi li eseguiremo " » ( Es 24,3 ). 8. Lo riconobbero nello spezzare il pane Giunto a Emmaus, Gesù siede a mensa con i discepoli e spezza il pane. Allora « si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero » ( Lc 24,31 ). Nel segno del pane spezzato, Cristo si dona con tutta la sua umanita e divinità, e noi in quella mensa singolare viviamo la più intensa comunione con lui: « Chi mangia di me vivrà per me » ( Gv 6,57 ). In Cristo, Unigenito del Padre, siamo introdotti nella comunione trinitaria. L'Eucaristia diventa così fonte e vertice di comunione, manifestazione di un divino mistero che ci avvolge e ci trascende. 9. Fecero ritorno a Gerursalemme Dal gesto compiuto da Gesu a Emmaus scaturisce la gioia e il compito dell'annunzio e della testimonianza. I due riconoscono il Signore a mensa, mentre egli recita la preghiera di benedizione. Poi tornano a Gerusalemme, e raccontano agli altri discepoli la loro straordinaria esperienza. Nasce allora dal cuore della comunità riunita una solenne e convinta professione di fede che manifesta l'unità dei credenti: i due discepoli, « gli Undici e gli altri che erano con loro dicevano: davvero il Signore è risorto » ( Lc 24,34-35 ). Per loro l'annunzio di Pasqua passa attraverso il gesto eucaristico, assumendo la carica dirompente di un annunzio che scuote e converte. Così sarà sempre per la comunità cristiana. L'annunzio pasquale è la ragion d'essere della Chiesa e della sua missione. Se per ipotesi assurda non risuonasse più, Chiesa ed Eucaristia, indissolubilmente congiunte, cesserebbero di esistere. Con l'annunzio del Risorto, l'Eucaristia viene riconsegnata al mondo perché si salvi, trasfigurandosi in umanità nuova. Esso però deve scaturire da un cuore in festa, ardente di carità: « Non ci ardeva forse il cuore in petto mentre conversava con noi lungo il cammino e ci spiegava le Scritture? » ( Lc 24,32 ). La testimonianza di chi ha incontrato e riconosciuto il Risorto nell'Eucaristia si concretizza nell'atteggiamento di chi si affianca all'uomo con la discrezione di Gesu verso i discepoli di Emrnaus, percorre con lui la stessa strada, si coinvolge nei suoi problemi, vi proietta la luce del Risorto e infonde nuova speranza per proseguire il cammino. Capitolo II - Fate questo in memoria di Me 10. L'ultima cena Secondo la testimonianza dei Vangeli, lo spezzare il pane è un gesto assai forte di Gesù: esso rivela l'atteggiamento di condivisione di Cristo con le folle affamate e stanche. ( Cfr. Mc 6,41; Mc 8,6 ) Nell'ultima cena però questo stesso gesto esprime la sua volontà di donarsi al Padre e di offrirsi agli uomini come pane di vita. Mentre mangiavano. Gesu, « preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: " questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me ". Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese il calice dicendo: " Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi " » ( Lc 22,19-20 ). È la « nuova alleanza » nel sangue di Cristo, « per la salvezza di chiunque crede » ( Rm 1,16 ). È la nuova legge dell'amore. Ogni volta che la Chiesa obbedisce a questo comando di Gesu e pone il segno dello spezzare il pane, sa di ricevere il dono della morte e risurrezione del Signore, per diventare con la sua vita pane spezzato per il mondo. 11. L'Eucaristia, memoriale del sacrificio della croce La cena di Gesu si inserisce nell'antica tradizione giudaica: quella della cena pasquale, quando il popolo faceva il « memoriale » di tutte le meraviglie compiute da Dio, soprattutto della liberazione dalla schiavitù dell'Egitto. « Ho ardentemente desiderato di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione ( Lc 22,15 ). Gesu immette nel memoriale ebraico la novità della sua Pasqua: al centro non è più l'agnello il cui sangue era stato posto « sui due stipiti » delle porte perché l'angelo sterminatore passasse oltre. ( Cfr. Es 12,7-14 ) È Cristo stesso, Agnello senza macchia, che sarà immolato sulla croce per i nostri peccati. L'ultima cena di Gesu dà inizio all'offerta del suo sacrificio di redenzione, che sulla croce si consumerà nella morte, perché da essa rinasca la vita: la vita nuova per Gesù e per i suoi. Quando la Chiesa celebra l'Eucaristia, si inserisce nel solco biblico del « memoriale ». Rievoca così l'immolazione di Cristo, come il più grande atto d'amore, e insieme come l'atto con cui il Redentore, raccogliendo « i figli di Dio che erano dispersi », ( Gv 11,52 ) crea l'umanità dei salvati, grazie alla nuova alleanza stipulata nel suo sangue, sparso per noi e per la vita del mondo. Questo « memoriale » non è pura rievocazione. Per l'azione potente dello Spirito, in esso il dono della salvezza si fa evento. L'unico sacrificio della croce, posto « una volta per sempre » ( Eb 10,10 ) al vertice della storia umana, si fa presente negli umili segni del pane e del vino. Il « memoriale » è dunque legato alla storia di ieri, ma con la sua efficacia ne fa l'oggi della nostra salvezza, mentre ci protende verso il domani che speriamo ed attendiamo. 12. L'Eucaristia, offerta della vittima pasquale Consapevole di tutto questo, la Chiesa innalza i segni eucaristici in un gesto di offerta, sapendo di stringere nelle sue mani Cristo che si offre « vittima pasquale » per la nostra redenzione. L'Eucaristia è il suo corpo immolato e il suo sangue versato per la salvezza degli uomini. Nello stesso tempo la Chiesa oEre in Cristo se stessa, le cose create e l'intera umanità, perché tutto sia redento. Così l'Eucaristia è sacrificio di Cristo e della Chiesa, di lui che è il capo e di noi che siamo suo popolo resi « offerta viva » e gradita al Padre. Con venerazione ricordiamo a questo proposito Pio XII che, ancor prima del Concilio Vaticano II, dichiarava: « Come il divin Redentore, morendo in croce, offrì all'eterno Padre se stesso quale capo di tutto il genere umano, così " in questa oblazione " ( Mal 1,11 ), non offre quale capo della Chiesa soltanto se stesso, ma in se stesso offre anche le sue mistiche membra, poiché egli nel cuore amantissimo tutte le racchiude, anche se deboli e inferme ». In quel gesto di offerta sta l'espressione rituale del sacrificio eucaristico. Memoriale e offerta si presentano come due atti interdipendenti, che la preghiera eucaristica celebra nella Messa in una stupenda unità: « celebrando il memoriale del tuo Figlio … ti offriamo Padre, in rendimento di grazie, questo sacrificio vivo e santo … Egli ( lo Spirito Santo ) faccia di noi un sacrificio a te gradito ». 13. L'Eucaristia, preghiera di intercessione Nella stessa linea del memoriale e dell'offerta e sotto l'azione dello Spirito, si pone l'intercessione della Chiesa. Nell'Eucaristia essa intercede per tutti, assumendo un respiro universale. Davanti al suo sguardo e nel profondo del suo cuore, passano tutte le necessità del mondo e tutte le categorie di persone, dal Papa fino a quelli « che cercano Dio con cuore sincero ». È una preghiera che si colloca nella logica del memoriale, come se si dicesse: Tu, o Signore, che hai compiuto queste meraviglie nella storia della redenzione, rinnovale nell'oggi della Chiesa, mostra la tua presenza nella storia attuale ed il tuo intervento a favore dei tuoi figli. Memoriale del sacrificio della croce, offerta della vittima pasquale ed intercessione, strettamente concatenati, sono i tre grandi temi che attraversano il canone della Messa, costituendone l'intelaiatura essenziale; sono soprattutto i tre grandi atteggiamenti che caratterizzano tutta la vita e la missione della Chiesa. Per questo Cristo l'ha voluta; per questo essa esiste ed è presente nel mondo. 14. L'Eucaristia è presenza reale di Cristo redentore Il « mistero della fede » è dunque il Cristo presente con tutta la sua opera di salvezza. « Cristo è lui solo che è morto per tutti. È lui il medesimo che si trova nel sacramento del pane e del vino anche se sono molte le assemblee nelle quali si riunisce la Chiesa. È il medesimo che immolato ricrea, creduto vivifica, consacrato santifica i consacranti … ». In realtà questa presenza nella sua Chiesa egli la attua in diversi modi. Cristo, infatti, è presente nell'assemblea riunita nel suo nome, secondo la promessa: « Dove sono due o tre riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro » ( Mt 18,20 ). È presente nella sua Parola, perché è lui che parla quando nella Chiesa si leggono le Scritture. Nel sacrificio eucaristico è presente nella persona del ministro e soprattutto nelle specie eucaristiche. « In questo sacramento infatti, in modo unico, è presente Cristo totale e intero, Dio e uomo, sostanzialmente e ininterrottamente. Tale presenza si dice anche reale, non per esclusione, quasi che le altre non siano reali, ma per antonomasia». Per esprimere il modo singolare di questa presenza, il Concilio di Trento e la Tradizione della Chiesa hanno accolto il termine « transustanziazione », come quello più adatto a indicare la conversione singolare e mirabile di tutta la sostanza del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo. 15. - Nell'Eucaristia contempliamo Cristo con infinito stupore, lo offriamo al Padre per la salvezza del mondo e lo adoriamo. Questa è la fede nel suo nucleo essenziale, l'atto decisivo con cui apriamo le porte al Redentore. A Cafarnao, per chi vuole aderire a lui, Cristo pone questo segno discriminante: accogliere il pane vivo disceso dal cielo. ( Cfr. Gv 6,35.51 ) Chi rifiuta, se ne va lontano da lui. Fede ed Eucaristia sono perciò inseparabili. Ma il pane è desiderato solo da chi ha fame: chi sa di essere peccatore, chi sperimenta di non potersi salvare da solo e volge a Cristo tutto il suo desiderio, accoglie e gusta questo pane « in cui è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa ». Esso è dato appunto « in remissione dei peccati ». Ed è dono che sovrabbonda e apre ad una esperienza di vita che sorpassa ogni nostro desiderio. 16. L'Eucaristia è convito Il sacrificio pasquale si rende presente in un segno conviviale. « Fate questo » ha detto Gesù; e la Chiesa fa quello che egli ha fatto nell'ultima cena. Il banchetto è il segno sacramentale di cui si riveste e in cui si fa presente l'evento pasquale. Ci è imbandita una mensa che sazia la nostra fame di Dio e la nostra sete di salvezza. E ci è comandato di prendere e mangiare. Ma l'Eucaristia esige - dicevano i Padri - « una manducazione spirituale ». Diversamente, il rimprovero dell'Apostolo ai Corinzi toccherebbe anche noi: « Questo non è un mangiare la cena del Signore » ( 1 Cor 11,20 ). Il comando di Cristo: « Fate questo », non invita solo a ripetere il gesto della cena. Invita a farlo come l'ha fatto lui, come espressione dello stesso amore pronto a donarsi. Questa è la « manducazione spirituale » che deve accompagnare e animare quella « sacramentale ». Essa attinge il frutto di grazia proprio dell'Eucaristia: il fedele, unito a Cristo con fede viva e carità Pasquale, è trasformato in membro del suo corpo ed entra nella comunità ecclesiale plasmata dallo Spirito. Ricevere il sacramento dell'Eucaristia senza la carità, non serve a nulla. Chi semplicemente va all'Eucaristia per cercare meriti, chiuso in un egoismo spirituale che isola dagli altri, « non discerne il corpo e il sangue del Signore » ( 1 Cor 11,29 ). E per discernere secondo lo Spirito, bisogna ripristinare il vero concetto di convivialità per sentirsi tutti commensali nel superamento di ogni preconcetto e di ogni esclusione, in una profonda intesa fraterna, come si addice ai discepoli del Signore. 17. Il corpo del Signore nella potenza dello Spirito E lo Spirito Santo che opera questo evento di salvezza e rende presente Cristo nell'atto redentore sui nostri altari. Con la sua potenza egli agisce sui nostri doni e li trasforma nel corpo e nel sangue di Cristo. In questa stessa azione egli plasma la Chiesa in comunità che prolunga la presenza del Signore nel fluire della storia. La preghiera eucaristica presenta due « epiclesi », cioè due invocazioni dello Spirito: una prima, « consacratoria », chiede che egli trasformi le offerte nel corpo e nel sangue del Signore; l'altra, « fruttuosa », chiede che egli produca in noi il frutto di quella presenza, mediante l'amore che ci riunisce in un solo corpo. Grazie allo Spirito, appare l'intima comunione di Cristo e della sua Chiesa che si fanno reciproco dono. C'è nell'Eucaristia un ricorrente rapporto tra corpo sacramentale e corpo ecclesiale. Sono due forme diverse dell'unico corpo di Cristo, nato da Maria Vergine ed ora glorioso alla destra del Padre. Lo Spirito Santo ha adombrato la Vergine Maria perché concepisse nel suo grembo il corpo storico di Cristo. Invocato dall'assemblea, interviene come energia divina sui doni del pane e del vino per trasformarli nel corpo e nel sangue di Cristo. Agisce come fuoco d'amore su tutti noi, per trasformarci in membra di Cristo ed immetterci vitalmente nel suo corpo ecclesiale. L'intera Tradizione, d'altronde, designa sia l'Eucaristia che la Chiesa con un unico termine: « corpo del Signore ». E se oggi il corpo ecclesiale viene chiamato « mistico », il termine non va inteso come attenuazione di « reale » e di « vero », ma indica uno dei modi attraverso i quali Cristo è presente tra noi. 18. Dimensione trinitaria dell'Eucaristia Questa molteplice presenza dello Spirito nell'Eucaristia e nella Chiesa attualizza il nostro rapporto con la comunione trinitaria, alla quale Cristo col suo sacramento ci convoca e ci introduce. Il mistero trinitario è reso presente nella Messa, dove tutte e tre le Persone divine sono efficacemente presenti in un'unico dialogo di amore, per donare alla Chiesa e al mondo la loro comunione. Il Padre, al quale il rendimento di grazie è rivolto; il Figlio incarnato, di cui si compie il memoriale; lo Spirito Santo, che è invocato per la consacrazione e la comunione, affinché trasformi sacramentalmente le offerte e compia l'unità della Chiesa. Per questo la Chiesa invoca nella sua preghiera la Trinità, rivolgendosi con questi accenti al Padre: « a tutti coloro che mangeranno di quest'unico pane e berranno di quest'unico calice, concedi che, riuniti in un solo corpo dallo Spirito Santo, diventino offerta viva in Cristo, a lode della tua gloria ». 19. Dimensione cosmica dell'Eucaristia Poiché sono le nostre offerte - il « pane della creazione » e il « vino della creazione » di cui parla Sant'Ireneo - ad essere trasformate nel Cristo crocifisso e risorto, l'Eucaristia realizza ed esprime l'intimo rapporto che lega l'umano al divino. L'umanità che fin dai primordi offriva a Dio il frutto della terra e del lavoro dell'uomo ricompone nell'Eucaristia i significati, le intenzioni, la totalità di quelle offerte, e presenta al Padre, come vittima sacrificale gradita in Cristo, anche la propria storia intessuta di fatiche, di lacrime e di speranze. In tal modo, l'unica celebrazione ricapitola in Cristo la storia e la vita dell'uomo ed esprime il pieno valore del suo tempo e del suo sudore. La storia umana, con le sue speranze e con i suoi drammi, è il cantiere in cui il Regno si costruisce, ed ogni realtà creata è chiamata a cantare in Cristo la lode al Padre. Cristo è il principio e la fine, l'alfa e l'omega, canta la Chiesa la notte della Veglia Pasquale. Verso di lui la storia si dirige e in lui si rigenera. Tutti gli uomini, le epoche e le vicende ricevono significato dal suo sacrificio: « Per Cristo, con Cristo e in Cristo », come canta stupendamente l'inno di lode finale che imprime al canone un respiro universale. 20. L'Eucaristia preludio del banchetto del Regno Il banchetto eucaristico anticipa quello del Regno, quando lo stesso Figlio dell'uomo si cingerà i fianchi, ci farà sedere a mensa e passerà a servirci. Allora « saremo sempre con il Signore » ( 1 Ts 4,17 ) e sarà gioia senza fine. La celebrazione eucaristica è dunque un'attesa che si tramuta in veglia. Con animo profondamente ammirato, facciamo nostra l'invocazione del Santo Vescovo Agostino, per esprimere così la nostra fede nel mirabile sacramento dell'amore: O sacramento di bontà, o segno di unità o vincolo di carità. Chi vuol vivere, ha qui dove vivere, ha qui donde attingere la vita. Non disdegni la compagine delle altre membra, non sia lui un membro cancrenoso da amputare o un membro deforme di cui ci si debba vergognare. Sia bello, sia valido, sia sano, unito al corpo, viva di Dio e per Dio; sopporti ora la fatica qui in terra per regnare poi in cielo. Capitolo III - Un solo pane, un solo corpo 21. La comunità di Gerusalemme La comunità descritta nei primi capitoli degli Atti degli Apostoli è rivelazioze e modello per la Chiesa di tutti i tempi. Tornare ad essa è un tornare alle fonti per rinnovarsi costantemente. Un celebre sommario così la descrive: « Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli Apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere » ( At 2,42 ). Accoglieilza della Parola, frazione del pane, in un clima di preghiera, con la presenza dell'apostolo, sono il fondamento della comunità: di li sgorga l'unione fraterna dei cuori. La fedeltà a questo cammino di fede, che segna l'esistenza della Chiesa, si manifesta con evidenza e si attua nella celebrazione eucaristica. Essa diviene così fonte e culmine della vita della Chiesa e sorgente perenne da cui si alimenta la comunione. « Questa opera di costruzione spirituale - scrive San Fulgenzio di Ruspe - mai diventa oggetto più appropriato di preghiera come quando il corpo stesso di Cristo, che è la Chiesa, offre il corpo e il sangue di Cristo nel sacramento del pane e del calice … Dio, infatti, mentre custodisce per mezzo dello Spirito Santo il suo amore diffuso nella Chiesa, fa della medesima un sacrificio a lui gradito ». 22. Tutto questo ha la sua origine nell'azione dello Spirito Santo. Gli Atti, chiamati « il Vangelo dello Spirito », ci mostrano la sua azione potente e feconda che guida e anima l'esistenza e la missione della comunità: « La Chiesa cresceva e camminava nel timore del Signore colma del conforto dello Spirito ( At 9,31 ). Lo Spirito, che opera la mirabile trasformazione eucaristica, è lo stesso che fa deila Chiesa « un cuor solo e un'anima sola ». Con verità i Padri della Chiesa affermano che il corpo di Cristo mangiato nell'Eucaristia è ricco del dono dello Spirito e ricevendolo « si beve il fuoco dello Spirito ». Pio XII nella lettera enciclica « Mystici corporis » così si esprime: « Il sacramento dell'Eucaristia, vivida e stupenda immagine dell'unità della Chiesa in quanto il pane da consacrarsi deriva da molti grani che formano una cosa unica ( cfr. Didaché 9,4 ) ci da lo stesso autore della grazia santificarite, affinché da lui attingiamo quello spirito di carità con cui viviamo non già la nostra vita ma la vita di Cristo, e in tutte le membra del suo corpo sociale amiamo lo stesso Redentore ». L'assiduità eucaristica costruisce dunque la comunità di cui parlano i profeti, segnata dall'abbondanza dello Spirito Santo: « Vi prenderò dalle genti, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. Vi aspergerò con acqua pura … vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo… Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei precetti … voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio. ( Ez 36,24 ss.; cfr. Ger 31,31ss ) Se si pensa che l'Eucaristia è presenza della Pasqua, la cosa ci apparirà più chiara. Lo Spirito è l'ultimo dono di Gesù morente e il primo dono del Risorto. 23. Il sacrificio eucaristico fonte del « culto spirituale » Nell'Eucaristia domina l'azione dello Spirito Santo: « Sempre tutto ciò che lo Spirito tocca è trasformato ». Perciò il culto che ne sgorga è « spirituale », cioè di persone « che camminano secondo lo Spirito ( Rm 8,4 ). « Spirituale » è infatti il sacrificio del Salvatore a cui ci associamo. Questo non significa che il sacrificio non abbia straziato le sue carni, ma indica l'obbedienza e l'amore che sono la pienezza del sacrificio e di cui il sangue sparso è la suprema espressione. Ne è pervasa tutta la sua vita, dal « sì » che dice « entrando nel mondo » ( Cfr. Eb 10,5-10 ) fino al momento in cui, chinato il capo, grida: « Tutto è compiuto » ( Gv 19,30 ). Quell'atto di amore lo rende presente nell'assemblea dei fedeli, perché vi si associno. In tal modo la Chiesa, « essendo Cristo il capo del suo corpo, impara ad offrire se stessa con lui ». Includendo nell'offerta « se stessi, le proprie fatiche e tutte le cose create », l'esistenza intera nella sua concretezza diventa un atto di culto, nell'esercizio del sacerdozio battesimale. Di questa offerta spirituale ognuno è il sacerdote insostituibile. Poiché si offre solo chi ama, il culto spirituale è essenzialmente la vita di carità, plasmata dal mistero eucaristico: « Camminate nella carità nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore ( Ef 5,2 ). 24. Nel pane spezzato il fondamento della comunione ecclesiale La comunità di Gerusalemme, guidata dallo Spirito, ha realizzato esemplarmente questo culto. L'assiduità eucaristica è la fonte da cui lo ha attinto. Lo stile di vita ne è stato come il riflesso esteriore: risaltano soprattutto lo stare insieme e il condividere, lo spezzare il pane col cuore in festa, la gioia prorompente, la vita personale e comunitaria segnata dalla semplicità. Tutto ci riconduce a quella comunione che ne è la sintesi, espressa in decisioni radicali come la condivisione dei beni. Per questo la comunità degli Atti degli Apostoli ha esercitato sempre un fascino e una attrazione irresistibile. Ed ha conosciuto non solo una forte coesione al suo interno - « un cuor solo ed un'anima sola » ( At 4,32 ) - ma anche una meravigliosa espansione missionaria. In essa davvero la Parola ha compiuto la sua corsa. ( Cfr. 2 Ts 3,1; cfr. At 1,8; At 13,47 ) Quella fecondità apostolica ha le sue radici nel « pane spezzato » e per mezzo del pane consumato si innesta nella potenza salvifica del mistero di Cristo. E su questi pilastri che si fonda la comunione ecclesiale: « La potenza della santa umanità del Cristo rende concorporali coloro nei quali si trova. Allo stesso modo, credo, l'unico e indivisibile Spirito di Dio che abita in tutti, conduce tutti all'unità spirituale ». 25. Concordi nella preghiera con Maria Lo stesso evangelista che descrive la vita della comunità di Gerusalemme, mentre riferisce la lista degli undici Apostoli che presto sarà completata, si preoccupa di darci questa annotazione: « Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù, e con i fratelli di lui » ( At 1,14 ). All'inizio della vita della Chiesa, come già all'inizio della vita pubblica di Gesù, ( Cfr. Gv 2,1-11 ) accanto al ministero degli Apostoli emerge la presenza di Maria. Apostolicità dei Dodici e maternità di Maria si coordinano nell'unità della Chiesa. E questa la prospettiva alla quale ci ha educato il Concilio Vaticano II e sulla quale vogliamo fermare la nostra riflessione. La madre di Gesù entra così discretamente ma in modo determinante nella vita della Chiesa ed in questo ambito esercita in pienezza la sua divina maternità. Maria è colei che accoglie la parola di Dio e la custodisce nel cuore ( Cfr. Lc 2,19.51 ) e così essa - secondo la felice espressione di Sant'Agostino - « ha concepito con la mente prima che con il ventre » il Verbo di Dio. ( cfr. Lc 1,35 ) Discepola del figlio suo, lo segue fino al Calvario e ai piedi della croce si offre insieme con lui. ( Cfr. Gv 19,25-27 ) Maria è colei che persevera nell'attesa dello Spirito Santo e lo accoglie con piena docilità. ( Cfr. At 1,12-14; At 2,1-4 ) Contemplata nei momenti principali della sua vita, Maria si presenta a noi « quale modello dell'atteggiamento spirituale con cui la Chiesa celebra e vive i divini misteri ». Come Vergine in ascolto e Vergine in preghiera, come Vergine orante e Vergine offerente, « Maria è riconosciuta eccellentissimo modello della Chiesa nell'ordine della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo, cioè di quella disposizione interiore con cui la Chiesa, sposa amatissima, strettamente associata al suo Signore, lo invoca e, per mezzo di lui, rende il culto allo eterno Padre ». Per questo la Chiesa, mettendo in atto la sua arte pedagogica, nel contesto della « preghiera eucaristica » ci sollecita a far memoria anzitutto della Beata Vergine Maria per entrare sempre più intimamente nella comunione con la comunità dei credenti e, ultimamente, con il Signore morto e risorto: « In comunione con tutta la Chiesa, ricordiamo e veneriamo anzitutto la gloriosa e sempre Vergine Maria, madre del nostro Dio e Signore Gesù Cristo … ». Capito IV - Per edificare la Chiesa 26. La comunità di Corinto Tra le fonti bibliche dell'Eucaristia, accanto al racconto di Emmaus e degli Atti, si colloca con rilevanza la prima lettera ai Corinzi. Paolo amava teneramente tutte le comunità da lui fondate, ma circondava di affetto particolare la comunità di Corinto, forse per i pericoli di contaminazione della fede cui la esponeva la sua posizione di città mercantile, e ancor più per le tensioni che la travagliavano all'interno. Strettamente legati alla più antica testimonianza sull'istituzione dell'Eucaristia, ( Cfr. 1 Cor 11,17-34 ) emergono alcuni grandi ideali che provocano costantemente l'esistenza storica della comunità: - lo stile di vita cristiana nell'impatto con la complessa e spesso problematica situazione dell'ambiente sociale; - la scelta di comunione dinanzi alle ricorrenti divisioni, sperequazioni e reciproche indifferenze tra quanti consumano l'unico pane; - l'esercizio dei carismi e dei ministeri che costruiscono l'unica Chiesa nella potenza dello Spirito e nel vincolo della carità. 27. Mangiare degnamente il corpo del Signore L'Apostolo stigmatizza anzitutto uno stile di vita ibrido: sotto il segno del compromesso, c'è chi pretende di vivere la vita cristiana senza ripudiare quella pagana. « Non potete bere il calice del Signore e il calice dei demoni, non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demoni » ( 1 Cor 10,21 ) dichiara severamente l'Apostolo. La scelta cristiana domanda coerenza: l'Eucaristia, fonte di vita nuova, non è compatibile con la vita di prima. Perciò « chi crede di stare in piedi guardi di non cadere » ( 1 Cor 10,12 ). Al monito di Paolo fanno eco queste riflessioni dei Padri della Chiesa. I1 Papa Pelagio I avverte: « Coloro che non vogliono essere nell'unità e non possiedono quindi lo Spirito che abita il corpo di Cristo, non possono avere il sacrificio »; e Sant'Agostino rileva: « Chi assume il sacramento dell'unità e non rispetta il vincolo della pace non si appropria la grazia del sacramento ma si attira una condanna ». Queste voci costituiscono per noi, oggi, un deciso richiamo a vivere limpidamente la fede, demolendo gli idoli di un paganesimo risorgente: edonismo, potere, possesso. E poiché la fragilità e la debolezza minacciano di intaccare la nostra fedeltà, quando questa è incrinata bisogna ricorrere al sacramento della Riconciliazione. La degna ricezione della Eucaristia lo esige, perché « chiunque in modo indegno mangia o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore … mangia e beve la propria condanna » ( 1 Cor 11,27-29 ). 28. Celebrare l'Eucaristia nel segno dell'unità Di grande attualità è anche Ia seconda linea di riflessione legata al simbolismo dell'unico pane: « Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo di un'unico pane » ( 1 Cor 10,17 ). Nell'Eucaristia c'è la radice dell'unità e della fraternità. Ogni divisione è chiusura su di sé, ogni settorialismo la inquina alla radice. L'attenzione al povero e il servizio reciproco per farci carico « gli uni dei pesi degli altri » ( Gal 6,2 ) la rendono autentica. In nome dellrEucaristia, la comunità cristiana non può lacerare la veste senza cuciture del Cristo, non semina discordie e malumori, non emargina nessuno e neppure si emargina, staccandosi dagli altri. L'Eucaristia è forza che plasma la comunità e ne accresce il potenziale di amore: la rende una casa accogliente per tutti, la fontana del villaggio che offre a tutti la sua acqua sorgiva, come amava dire Papa Giovanni. In essa ogni diversità si compone nell'armonia, ogni voce implorante riceve ascolto, ogni bisogno trova qualcuno che si curva su di esso con amore. Incontro, dialogo, apertura e festa ne sono le note caratteristiche. 29. Anche il rito della celebrazione dell'Eucaristia, vissuto con riferimento concreto alla vita di ogni giorno, mette in stretta connessione Eucaristia e carità. Giustino, nella Chiesa primitiva, la descrive così: « Quelli che sono nell'abbondanza donano liberamente, e quanto viene raccolto è messo nelle mani di colui che presiede perché assista gli orfani, le vedove, i malati, gli indigenti, i forestieri, i prigionieri … in una parola perché porti soccorso a tutti quelli che sono nel bisogno ». La « diaconia » ecclesiale, che prolunga quella del Signore Gesù, va verso l'Eucaristia e da essa procede. E un servizio esigente che vuole afferrare tutto l'essere: tempo, energie, salute, cultura. Tutte le realtà della vita sono raggiunte in uno stile di servizio. Il credente uscito dall'Eucaristia, non può dormire sonni tranquilli; è inquieto della inquietudine di Dio, invaso dalla passione per l'uomo. La porta aperta a Cristo, si apre insieme sul mondo e sulla storia. Dice la Didaché: « Se condividiamo il pane celeste, come non condivideremo il pane terreno? ». 30. Chiamati e abilitati a servire La comunità descritta da Paolo si presenta articolata in una serie di ministeri che in modo convergente la costruiscono e la vivacizzano: « A ciascuno è data una manifestazione dello Spirito per l'utilità comune » ( 1 Cor 12,7 ). Essi sono in stretta dipendenza dallo Spirito e hanno nell'Eucaristia la loro fonte. Inoltre, nessun carisma è dato per l'utilità propria, ma è per gli altri, e deve essere messo a disposizione della comunità. La loro convergenza è indispensabile perché essi si inseriscono in una struttura organica, quella del corpo ecclesiale, dove ogni membro esercita la sua funzione per l'utilità di tutti e la crescita del corpo. Spesso i doni dello Spirito, anziché condurre a unità, possono essere spesi in contrapposizioni per nulla ecclesiali, o consumarsi, di fatto in atteggiamenti e lottizzazioni che sono in forte contrasto con l'unica Eucaristia. 31. I carismi e i ministeri trovano nell'Eucaristia la loro fonte ispiratrice e il primo campo di esercizio. Nella celebrazione non tutti devono fare tutto, ma tutti hanno qualcosa da fare. Ognuno deve fare tutto quello che gli spetta. La partecipazione attiva esige una pluralità di interventi che vanno dal ministrante, al lettore, al salmista, al cantore … E in questa coralità arrnonizzata di servizi, la liturgia offre una immagine della Chiesa che, in tutte le sue esperienze, si costruisce con l'apporto di tutti. Fuori della liturgia, si apre ai ministeri il vasto campo del mondo. In tutti gli ambiti in cui si svolge la vicenda umana e si snoda la storia, sono necessarie testimonianze robuste. Il ministero di chi si ciba dell'Eucaristia è quello di farla sentire oggi « corpo dato e sangue versato » per gli uomini, perché il nostro vivere diventi più umano. 32. Eucaristia e sacerdozio ministeriale Tra i vari ministeri eccelle quello che configura in modo particolare a Cristo capo, maestro, pastore, e servo del suo gregge: quello cioè del Vescovo e dei presbiteri a lui associati. Secondo una celebre espressione di San Tommaso, essi, nel fare l'Eucaristia, agiscono « in persona di Cristo ». E se è vero che soggetto dell'Eucaristia è tutto il popolo santo di Dio, è altrettanto vero che senza questo ministero nessuna Eucaristia può essere celebrata. Proprio perché agiscono « in persona di Cristo », la presidenza del Vescovo o del presbitero è essenziale alla comunità cristiana. Ma occorre evidenziare - in linea con la viva tradizione della Chiesa - la stretta unità che amalgama il presbiterio con il suo Vescovo, e fa della loro comunione il segno di Cristo-capo. Ecco come si esprime Sant'Ignazio di Antiochia in una delle sue caratteristiche esortazioni: « Tutti coloro che sono di Dio e di Gesù Cristo costoro sono con il Vescovo, e tutti coloro che si pentiranno e verranno all'unità della Chiesa, costoro saranno di Dio, purché vivano secondo Gesù Cristo … Sentite il bisogno di partecipare a una sola Eucaristia; perché non vi è che una sola carne di nostro Signore Gesù Cristo e un solo calice per unirci al suo sangue, un solo altare, come un solo Vescovo con il presbiterio ed i suoi diaconi, miei compagni di servizio ». 33. Tale unità traspare con particolare efficacia quando il Vescovo celebra l'Eucaristia nella chiesa cattedrale. Ha una significativa espressione nella concelebrazione dei sacerdoti con il Vescovo come nel giorno dell'ordinazione dei presbiteri, o il Giovedì Santo. Anche le concelebrazioni dei soli presbiteri manifestano lo stesso significato di unità. In ogni caso l'Eucaristia non può essere celebrata in verità se non è presieduta dal Vescovo o da un presbitero in comunione con lui. E il Vescovo che assicura il vincolo con la comunità apostolica e, perciò, l'identità delle nostre Eucaristie con quella che Cristo ha celebrato insieme ai Dodici. Per volontà di Cristo la Chiesa locale, a partire dall'Eucaristia, si costruisce intorno alla persona e al ministero dell'apostolo. Il vincolo sacramentale col Vescovo si esprime in una obbedienza matura e in una corresponsabilità fattiva. Per tale via la comunione dell'Eucaristia passa al ministero e alla vita dei battezzati. Capitolo V - Celebrando il Memoriale 34. Entrare nel mistero attraverso il rito eucaristico Fin qui ci siamo accostati, in umiltà e con commosso stupore, al « Mistero della fede », lasciandoci guidare docilmente dai testi biblici. Se la Parola è sempre « lucerna ai nostri passi », ( Sal 119,105 ) lo è soprattutto quando ci avviciniamo al grande rito, in cui non solo « è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa », ma l'evento pasquale che ha fatto scoccare l'ora della salvezza si fa presente con tutto il suo potenziale di grazia. Tornano alla mente le parole che Dio disse a Mosè: « Togliti i calzari perché il terreno che calpesti è sacro » ( Es 3,5 ). Chiesa ed Eucaristia sono apparse così strettamente connesse, da non poter esistere l'una senza l'altra. Ma l'itinerario biblico non è l'unico. Ce n'è un altro con cui i credenti fanno immediatamente l'impatto, ed è la celebrazione. Essa tuttavia non è « altra cosa » rispetto alla divina Parola. La Chiesa, infatti, quando si raduna per celebrare l'Eucaristia, fa quello che ha fatto il suo Signore, obbedendo al suo comando. E la Bibbia non descrive precisamente il gesto del Signore e la sua portata? I due itinerari dunque si corrispondono e si illuminano a vicenda. D'altra parte la celebrazione in cui si incarna il gesto del Signore è « segno efficace »: quindi fa quello che dice e di conseguenza dice quello che fa. Lo dice attraverso il « segno », che rende visibile la grazia e le esigenze del mistero, con un linguaggio in cui parola e gesti si compongono nell'unità del rito, parlando con efficacia pedagogica a tutto l'uomo e non solo alla sua mente. 35. Il criterio fondamentale enunciato dal Concilio è perciò di fare l'esperienza del mistero passando attraverso quella del rito: « I fedeli non assistano come estranei e muti spettatori a questo mistero di fede, ma comprendendolo bene per mezzo dei riti e delle preghiere, partecipino all'azione sacra consapevolmente, piamente ed attivamente ». Era il classico metodo con il quale i Padri della Chiesa introducevano i fedeli alla esperienza del mistero cristiano, ed è quello che seguiamo anche noi in questo capitolo. La celebrazione, direbbe Sant'Agostino, è « parola visibile ». Essa « è azione e non solo lezione, è azione di vita »: azione della Chiesa in cui si incarna l'agire di Dio, cioè tutto il dramma della storia della salvezza che cammina verso la Pasqua di Cristo. Perciò i vari momenti che la compongono e si succedono non sono elementi giustapposti, ma parte di un tutto organico. Vivendola, siamo condotti passo passo dalla pedagogia della Chiesa a far nostri i sentimenti che furono in Cristo Gesù durante la cena pasquale e sulla croce e a tradurli nel nostro stile di vita. Così la Chiesa che, secondo San Girolamo, è il « noi » dei cristiani e il prolungamento di Cristo nella storia, diventa anche segno trasparente della sua presenza. 36. L'assemblea: la Chiesa va incontro al suo Signore Il primo grande segno di cui si fa esperienza nella celebrazione, e all'interno del quale si pongono tutti gli altri, è l'assemblea. Essa ha il suo punto di partenza nella iniziativa libera e gratuita del Signore che convoca i credenti intorno a sé. Come ad Emmaus, il Signore scende così sulla strada dell'uomo per farsi suo compagno di viaggio e animarlo di speranza per il suo cammino. Il tutto inizia già quando, al suono della campana - ed è bene oggi riscoprire questo suono - i fedeli escono di casa e si avviano verso la Chiesa. In quel movimento che fa convergere i fedeli verso lo stesso luogo per diventare il soggetto attivo dell'unica azione, il mistero della Chiesa trova una manifestazione sensibile, e insieme l'attuazione più piena. Lì si vede che la Chiesa - come dice San Cipriano - è « popolo radunato nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo ». E il nuovo popolo sacerdotale che Dio ha convocato in Cristo Gesù in modo permanente, ma che ha il suo tempo forte proprio nell'Eucaristia, in cui la Chiesa si costruisce e si rinnova incessantemente. Ma il segno rituale dell'assemblea ha il suo contenuto nella « comunione » dello Spirito. Occorre distruggere tutti i residui di diffidenza e di incomprensione che ci dividono. Mentre i corpi sono gomito a gomito, i cuori devono fondersi nell'unità: « Molti corpi ma non molti cuori » commenta Sant'Agostino riferendosi all'ideale della comunità di Gerusalemme. I fedeli possono cantare con l'antico inno: « Ci ha raccolti insieme l'amore di Cristo ». Chi entra nell'assemblea deve quasi vedere e toccare con mano la natura della Chiesa. 37. L'Eucaristia educa all'accoglienza Del mistero della Chiesa l'assemblea eucaristica evidenzia alcuni aspetti: In ogni assemblea, per quanto piccola, si realizza tutto il mistero della Chiesa, Una e Santa. Essa si fa evento ovunque c'è comunione di fede intorno al Risorto. Perciò ogni assemblea, segno della Chiesa intera, deve aprirsi sulle altre comunità e sull'intera cattolicità, assumendo un respiro universale. Coesione interna ed apertura agli altri sono i due poli di ogni gruppo ecclesiale. Quando al contrario un gruppo si chiude su se stesso, intristisce. Tutto ciò si fonda sulla universalità della salvezza e sulla esigenza di entrare nel grande disegno di Dio che abbraccia tutto l'arco del tempo e dello spazio. 38. La Chiesa in un determinato luogo non è costituita semplicemente dalle persone che si aggiungono l'una all'altra, non è il frutto dell'umano stare insieme. Questo sfocerebbe in una unità psicologica. La Chiesa trascende tale unità, essendo « comunione dello Spirito Santo » che riunisce i figli di Dio dispersi. C'è una comunione fondante che discende da presso Dio come la Gerusalemme celeste, ( Cfr. Ap 21,2 ) ed ha la forza di abbattere ogni divisione e di ristabilire il circuito dell'amore nell'unico corpo di Cristo. Diventa quasi un riflesso del divino scambio: del ricevere e del donare. Questo appare con somma evidenza nell'Eucaristia, spazio totale di grazia, dono gratuito che discende dall'alto. E questo ogni celebrazione lo deve evidenziare evitando ogni orizzontalismo sociologico. 39. Nell'assemblea Eucaristica convocata da Dio, ogni fedele è da lui accolto sotto il segno della gratuità. E questo deve suscitare lo stesso atteggiamento verso i fratelli, cominciando da quelli che sono riuniti nell'assemblea. Si traduce così in atto l'invito dell'Apostolo: « Accoglietevi gli uni gli altri come Cristo accolse voi per la gloria del Padre » ( Rm 15,7 ). Ognuno si sente effettivamente accolto come fratello, come membro di una famiglia, come un uomo che ha una sua dignità e merita perciò attenzione e rispetto, specie se povero ed emarginato. Ne nasce uno stile evangelico che si inscrive poi nei rapporti quotidiani. 40. Poiché il peccato è sorgente di ogni divisione, i convitati avvertono che la comunione con Cristo e con i fratelli è offuscata e compromessa dai loro tradimenti. Da questa consapevolezza nasce l'esigenza della conversione e della riconciliazione che si esprimono nell'atto penitenziale: il rapporto infranto si ricompone. Se tale atto non ha valore sacramentale in senso stretto, e non sostituisce dunque il sacramento della Penitenza, ha tuttavia una grande valenza spirituale e pedagogica: associa il senso del peccato, che ostacola l'avvento del Regno, a una fiducia sconfinata nella misericordia del Padre che nel « sacrificio di riconciliazione » ci viene incontro in modo inaudito. 41. Liturgia della Parola, dialogo di salvezza Al popolo nuovo che ha convocato in assemblea, Dio rivolge la sua Parola: « Egli, nel suo immenso amore, parla agli uomini come ad amici, e si intrattiene con essi ». Inizia così l'azione concreta di cui l'assemblea, presieduta dal sacerdote, è soggetto. È un unico atto di culto, in due momenti distinti ma strettamente connessi: liturgia della Parola e liturgia eucaristica. Si accoglie la Parola e poi si partecipa al mistero. Come ai piedi del monte Sinai: dal « sì » al Signore che parla nasce la nuova alleanza, matrice del nuovo popolo, che Cristo sigilla poi con il suo sangue. Nella liturgia della Parola trova espressione tutta la vicenda della storia della salvezza, dalla quale emerge sempre il primato di Dio che chiama. E Dio che va incontro all'uomo, è lui che incomincia a parlare. Perciò intorno all'altare c'è un popolo in ascolto del suo Dio che « qui-ora » parla. Nella proclamazione della Parola, « Cristo annunzia ancora il suo Vangelo ». E non è solo una parola che dice, cioè comunica. È « forza di salvezza per chiunque crede » ( Rm 1,16 ) perché è il Risorto presente che parla. « È come se vedessi la sua bocca », direbbe Gregorio Magno. Perciò è insieme « glorificazione di Dio ed evento salvifico per gli uomini ». Partecipa dell'efficacia dell'evento pasquale che ha dato gloria al Padre e riconciliato il mondo. Questo faceva dire ad Ignazio d'Antiochia: « Mi affido al Vangelo come alla carne di Cristo ». 42. In quest'ottica la liturgia della Parola appare un momento di fondamentale importanza sia per l'edificazione della comunità che per la fede che la deve animare. Anzitutto, oggi come ieri, la Chiesa nasce dall'annunzio del Vangelo e ad esso si alimenta per la sua crescita. Quando gli Apostoli predicano, quelli che accolgono la Parola « si aggiungono alla comunità ». ( Cfr. At 2,47 ) E se è vero che è con l'iniziazione cristiana, culminante nell'Eucaristia, che si entra nella Chiesa, è altrettanto vero che si tratta di « sacramenti della fede »; e quindi non solo presuppongono l'annunzio, ma lo esigono di loro natura con la proclamazione della Parola. Il Vangelo accolto è dunque l'atto costitutivo della Chiesa. Di conseguenza « la Chiesa esiste per evangelizzare ». È « la sua grazia e vocazione propria, la sua identità più profonda ». Essa ha l'unico scopo di essere per tutti strumento di salvezza: non con le sue sole forze, ma con i mezzi di grazia che Cristo ha posto nelle sue mani, anzitutto la Parola e i Sacramenti. D'altronde, se l'annunzio riveste forme e modalità molteplici, rimane pur sempre vero che la liturgia è culmine e fonte di tutta l'attività ecclesiale e quindi l'annunzio, che in essa si realizza, è culmine e fonte di tutta la predicazione. Strettamente congiunto alla Scrittura e al Sacramento, e fondendoli nell'unico atto di culto, l'annunzio realizza in pienezza il passaggio del Signore in mezzo al suo popolo. 43. L'omelia assume in quest'ottica un grande rilievo. Da una parte essa attualizza il messaggio biblico tenendo conto « sia del mistero celebrato, sia delle particolari necessità di chi ascolta ». Dall'altra è l'unico mezzo per spezzare il pane della Parola alla massa dei battezzati, non raggiunti dalle altre iniziative di catechesi. Se essa dunque non funziona, il messaggio non arriva e la casa di Dio piomba nel buio. I tre cicli festivi che proclamano i Vangeli, le pagine centrali dell'Antico Testamento e le lettere apostoliche, permettono di presentare tutto l'universo rivelato, tutta la grande storia con cui Dio ci ha salvato. Se si è fedeli alla oggettività del messaggio ne risulta che, nel complesso, da una parte non ci sono ripetizioni, dall'altra tutto il messaggio biblico è presente, secondo un nuovo tipo di organicità che non è quello dei manuali, ma quello della storia della salvezza. Inoltre, i fedeli sono condotti a partecipare vivamente all'Eucaristia, in cui l'annunzio si traduce in evento, e poi ad esprimere nella vita quanto hanno ricevuto nella fede. È esattamente quello che ha fatto il risorto Signore con i discepoli di Emmaus: « E cominciando da Mosè, attraverso tutti i profeti, spiegava loro in tutte le Scritture ciò che lo riguardava » ( Lc 24,27 ). 44. L'Eucaristia educa al dialogo A Dio che ha parlato, i fedeli rispondono anzitutto con il Salmo, preghiera ispirata, nella convinzione espressa da Pascal, che « solo Dio parla bene a Dio ». Rispondono poi con il « Credo », un « « sì » che esprime la totale adesione alla Parola ascoltata, che rinnova e rilancia le promesse battesimali e che fa entrare in comunione di fede con Dio. Così la comunità non solo confessa la sua fede, ma esprime la volontà di conformare la vita a ciò che crede e di impegnare nella missione ogni sua forza, ogni sua disponibilità. Dopo « l'ascolto della fede », « l'obbedienza della fede »: quella che ha spinto i discepoli di Emmaus a correre a Gerusalemme per professare con gioia insieme agli Undici: « Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone » ( Lc 24,34 ). In questa prospettiva di dialogo tra Dio e il suo popolo assume speciale rilievo la preghiera universale, nella quale « il popolo, esercitando la sua funzione sacerdotale, prega per tutti gli uomini ». Pregare gli uni per gli altri, anche nel discorso ecclesiale di Matteo, è un elemento essenziale della vita di comunità: ( Cfr. Mt 18,20 ) è la forma suprema di carità, perché fa appello all'aiuto del Signore che trascende le povere risorse di cui noi disponiamo. Tale preghiera, pur con la dovuta attenzione alle istanze del territorio e con lo sforzo di tradurre nel dialogo orante la Parola ascoltata, deve caratterizzarsi soprattutto per la sua universalità. Il suo orizzonte è la Chiesa universale e il mondo intero. Siamo educati così a superare l'egoismo anche nella preghiera, e a dimenticarci per pensare ai grandi interessi del regno di Dio. La Chiesa primitiva di Gerusalemme, assidua « nelle preghiere » oltreché nell'ascolto, ci è modello per la sua apertura sul vasto mondo in cui, dispersa dalle persecuzioni, ha seminato il Vangelo. 45. Il dialogo che si compie nel rito è poi chiamato a esprimersi e a prolungarsi in tutta la vita. Il cristianesimo è la religione del dialogo, come ebbe a ricordare Paolo VI nella sua enciclica « Ecclesiam suam ». La Chiesa, entrando nel dialogo iniziato da Dio nella stona della salvezza, nelle sue caratteristiche di gratuità, di accoglienza, di apertura universale e di rispetto per ogni uomo, impara a dialogare con il mondo, al cui servizio pone la sua missione di portare il lieto annunzio. « La partecipazione all'ufficio profetico di Cristo stesso - ci ricorda Giovanni Paolo II - plasma la vita di tutta la Chiesa, nella sua dimensione fondamentale. Una speciale partecipazione a questo ufficio compete ai Pastori della Chiesa, i quali insegnano e, di continuo ed in diversi modi, annunciano e trasmettono la dottrina della fede e della morale cristiana. Questo insegnamento, sia sotto l'aspetto missionario che sotto quello ordinario, contribuisce ad adunare il popolo di Dio attorno a Cristo, prepara alla partecipazione all'Eucaristia, indica le vie della vita sacramentale … Inoltre bisogna sempre più procurare che le varie forme della catechesi e i diversi suoi campi - a cominciare da quella forma fondamentale, che è la catechesi familiare, cioè la catechesi dei genitori nei riguardi dei loro figli - attestino la partecipazione universale di tutto il popolo di Dio all'ufficio profetico di Cristo stesso. Bisogna che, in dipendenza da questo fatto, la responsabilità della Chiesa per la verità divina sia sempre più, e in vari modi, condivisa da tutti ». 46. Liturgia eucaristica, convivio pasquale in cui Cristo si dona per amore In ogni rapporto di comunione, soprattutto sponsale, viene il momento in cui le parole non bastano ad esprimere tutta la ricchezza e la fecondità dell'amore. Si fa allora prepotente l'esigenza del dono totale di sé. Così avviene nel progetto di alleanza-comunione di Dio con i « suoi ». Egli « dopo aver parlato a più riprese e in diversi modi per mezzo dei profeti » ( Eb 1,1 ), nella pienezza dei tempi non solo ci parla nel Figlio, ma ce lo dona. E il Figlio « si dona » per amore a noi. È il più grande atto d'amore della storia, e rivela la serietà con la quale Dio è fedele all'alleanza e vuole stare con l'uomo, per essere solidale con il suo destino di miseria e di morte. Perciò il dinamismo della celebrazione, che muove dalla convocazione e raduna l'assemblea, si sviluppa nel dialogo e raggiunge il suo vertice nella liturgia eucaristica. Essa riproduce la cena, la stessa che Gesù ha compiuto nell'ultimo vespro della sua vita, ma contiene la Pasqua: Cristo stesso, cioè, nell'atto di donarsi per amore. E il « corpo dato » e il « sangue versato », dato per noi e versato per noi, che viene consegnato alla Chiesa negli umili segni del pane e del vino. Infatti - secondo il rilievo di Tertulliano - è nello stile di Dio « la sproporzione tra i mezzi umilissimi che usa e le cose grandiose che fa ». 47. L'Eucaristia educa al martirio Quella di Cristo non è solo una « pre-esistenza » ( il Figlio esiste da sempre presso il Padre, prima di incarnarsi ), ma ancor più una « pro-esistenza »: una vita, cioè, completamente donata e spesa per gli altri. Questo mistero tocca il suo vertice nella Pasqua e nel segno eucaristico che la attualizza. Partecipare ad essa non è un gesto rituale da compiere, magari in modo meccanico e ripetitivo. Dicendo: « Fate questo in memoria di me », Cristo non ha chiesto la pura ripetizione di un gesto rituale. Ha chiesto di farlo come l'ha fatto lui, assumendo i sentimenti che furono i suoi, ( Cfr. Fil 2,5 ) modellandosi sulla sua autodonazione. L'Eucaristia è perciò il momento in cui tutta la vita della Chiesa viene raccolta intorno al Cristo pasquale, riceve il dono del suo amore oblativo e poi viene rilanciata per le strade del mondo, per essere un segno della sua presenza di buon Samaritano, quasi per far sperimentare ai fratelli l'intensità e la forza con cui Dio li ama, con la qualità stessa del suo amore. Un amore che pensa più a dare che a ricevere. Questo lo esprime attraverso i suoi martiri di ieri e di oggi. 48. Come non pensare a tutti quelli che, nel lungo corso della storia, sono stati immolati proprio mentre presiedevano o partecipavano allrEucaristia? E un numero considerevole di Vescovi, di presbiteri e di laici che sono passati attraverso una morte violenta per essere stati strenui servitori delle verità evangeliche e del diritto dei più poveri. Ogni Chiesa locale potrebbe far memoria di molti suoi figli testimoni, a volte anonimi, di un amore al santissimo sacramento dell'Eucaristia che ha sfidato ogni minaccia umana fino al coraggio del martirio. C'è poi tutta la schiera dei campioni della carità che contrassegnano costantemente il cammino nella storia: daldiacono Lorenzo, a San Vincenzo de' Paoli, a don Orione. Pensiamo anche a molti testimoni dell'Eucaristia viventi in comunità religiose e monasteri; il mistero eucaristico infatti non sta solo al centro nella loro preghiera ma pure al centro della loro spiritualità e di quel messaggio che tengono incessantemente vivo per il bene delle nostre comunità. Ne sentiamo forte la necessita, soprattutto oggi, e siamo profondamente grati a questi nostri fratelli e sorelle. Anche il « volontariato » serio, che impegna cioè la vita con scelta stabile, come « vocazione al servizio », affonda le sue radici in questo stesso amore evangelico. La comunione ecclesiale, espressione storica della « comunione dei santi », ha qui la sua legge statutaria: l'unica sua legge, come dice San Paolo, che riassume tutte le altre. ( Cfr. 1 Cor 12,31; 1 Cor 13,1-13; cfr. Rm 14,1-23 ) 49. Il memoriale: Dio « si ricorda » e anche noi « ci ricordiamo » Il cuore della liturgia eucaristica è la grande preghiera « di azioile di grazie e di santificazione ». In essa il sacerdote, e con lui l'assemblea, rende grazie: - fa memoria di tutta la storia della salvezza culminante nella Pasqua; - invoca lo Spirito perché il pane e il vino siano trasformati nel Cristo immolato e glorificato, - e perché i partecipanti « diventino in Cristo un solo corpo e un solo spirito »; - offre il sacrificio della nuova ed eterna alleanza per la vita del mondo, - in un clima di « confessione » in cui sale al Padre, nel giubilo della fede, ogni onore e gloria. Tale preghiera non è solo un testo da recitare, ma una grande « azione » da compiere. In questo il sacerdote non è solo ma, agendo a nome di tutti, associa strettamente tutta l'assemblea presente, la quale deve partecipare con una tensione interna di fede e di carità. 50. La ricca tematica del canone, che non può trovare qui sviluppo adeguato, si raccoglie intorno a un suo centro: il « memoriale ». Esso non è solo ricordo, non fa riferimento unicamente al passato. Implica la presenza attiva di ciò che è ricordato: e così le meraviglie di Dio rivivono nell'oggi, perché Dio « si ricorda » di ciò che ha fatto e interviene nel presente. Ma anche la comunità, insieme a lui, « si ricorda »: e lo fa attivamente, partecipando a ciò che Dio ha fatto. I credenti cioè mostrano l'agire di Dio nel loro agire. Poiché Dio fa misericordia, anche noi facciamo misericordia. Poiché Dio perdona, anche noi perdoniamo. Poiché Dio fa alleanza, anche noi stringiamo vincoli di comunione con i fratelli. Così il fedele, lasciandosi plasmare dal dono divino, si modella sull'atteggiamento del « Signore-che-si-dona » e diventa lo strumento per cui quel dono passa ai fratelli. Questo è il memoriale autentico, liturgia vissuta. Allora si supera la barriera del formalismo, e la celebrazione provoca l'impegno, compromette la responsabilità. 51. Comunione con Cristo e tra noi I riti di comunione, che sono parte essenziale del rito conviviale, si aprono con la preghiera del « Padre nostro ». Con essa l'assemblea esprime la coscienza esaltante di appartenere alla famiglia dei figli di Dio. Perciò « osa » rivolgersi a lui chiamandolo « Abbà-Padre », e si accosta con fiducia al banchetto che egli ha preparato per i suoi figli. L'abbraccio di pace, scelto « per significare l'unità », diventa simbolo trasparente dei vincoli fraterni che intercorrono tra i credenti. Anche la « frazione del pane » si colloca nella stessa logica di comunione, quella che Paolo ha richiamato ai Corinzi: un solo pane spezzato fra tutti, quindi un solo corpo. La comunione sacramentale acquista così la pienezza delle sue dimensioni: mentre è il modo pieno di partecipare al banchetto della nuova alleanza, è anche piena inserzione nel corpo mistico del Signore, ove vige la legge della piena comunione di vita tra le membra. È come se ogni comunicante potesse dire al fratello: che cosa ci potrà separare se viviamo tutti del pane spezzato che il Padre ci offre, donandoci il suo Cristo? Per questa strada la comunione eucaristica si riscatta da una visione intimistica e devozionale, che tende a separare il Capo divino dalle membra. 52. Nella liturgia i segni « parlano »: il pane non è fatto solo per essere mangiato. Esige anche di essere condiviso. Quindi il dono ricevuto si inscrive nella vita solo se spinge chi si comunica a farsi commensale di ogni uomo. E questo soprattutto con chi nel mondo, ancora afflitto da disuguaglianze ed ingiustizie, soffre la fame. Sono una schiera senza numero. « Spezza il tuo pane con l'affamato », diceva già Isaia. ( Cfr. Is 58,7 ) L'Eucaristia sostiene così con la divina energia l'impegno quotidiano di condivisione con ogni forma di miseria. Come abbiamo già accennato, facendo eco della prassi comune e interpretando l'istanza operativa del mistero celebrato, San Giustino, fin dai primi tempi della Chiesa, esorta a mettere « nelle mani di colui che presiede … quanto viene raccolto » per essere poi consegnato ai più bisognosi. 53. L'Eucaristia educa al servizio La « diaconia » ecclesiale procede dunque dall'Eucaristia. Forse per questo Luca collega con il racconto della cena l'esortazione di Gesù al servizio. ( Cfr. Lc 22,24-27 ) E il Cristo della cena, nel racconto di Giovanni, è in atteggiamento essenzialmente « diaconale »: mentre è a tavola con i suoi compie un servizio riservato agli schiavi, lavando i piedi ai discepoli. Lui che è il maestro e il Signore. ( Cfr. Gv 13,14 ) E anche questo un memoriale consegnato alla Chiesa, un invito a fare come ha fatto lui nell'atto di spezzare il pane. L'evangelista Giovanni non narra l'istituzione dell'Eucaristia, ma ricorda quel gesto che conduce al cuore dell'Eucaristia: « Gesù si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli » ( Gv 13,4-5 ). In questo gesto è definito plasticamente lo stile messianico di Cristo, e lo stile di vita di quella Chiesa che nel mondo è segno della sua presenza. 54. Andate e portate a tutti il lieto annunzio La celebrazione si conclude con il congedo. Esso non va banalizzato come semplice avvertimento che tutto è finito ed è lecito uscire. È piuttosto l'invito ad iniziare un'altra celebrazione in cui è impegnata tutta la vita. L'assemblea si scioglie solo per disperdere i partecipanti nelle strade del mondo, affinché siano in mezzo ai fratelli testimoni della morte e della risurrezione di Cristo. Quando la bella notizia del Vangelo arde nel cuore, non si riesce a tenerla per sé: si sente l'urgenza di comunicarla. Quando si è accolto il dono di un amore spinto fino all'estremo limite, si sente che è troppo bello per custodirlo in un geloso intimismo. Come avrebbero potuto i due di Emmaus restarsene tranquilli nella loro casa? In questa forte esperienza si radica la missione della Chiesa, e il congedo liturgico, insieme all'orazione conclusiva, ne è il segno espressivo. D'altronde, collegata con l'Eucaristia, la missione è colta nella sua esatta portata: non si va a portare qualcosa di proprio, ma a comunicare il dono ricevuto, con la forza dello Spirito che l'Eucaristia comunica attraverso il corpo del Risorto. 55. L'Eucaristia educa alla missione La missione si trova così legata alla « consacrazione », elemento chiave messo in luce dal Concilio: non appare quindi come pura « funzione » tattica, pragmatica o organizzativa. Più che una cosa da fare, è un modo di essere. Lo stesso modo di essere del Cristo, che è « l'inviato del Padre ». Del resto egli presenta l'invio dei suoi come la continuazione immediata della missione ricevuta dal Padre: « Come il Padre ha mandato me, così io mando voi » ( Gv 20,21 ). La Chiesa è Chiesa proprio perché mandata: e nell'Eucaristia affonda le radici della sua missione, per attingere alla vita del Risorto. Il Regno infatti non si costruisce con le sole energie umane, ma con la forza dello Spirito. Fare l'Eucaristia in memoria di Cristo, servo obbediente, sofferente e glorificato, diventa gesto autentico e pieno solo per quelli che dalla celebrazione escono con la chiara coscienza di essere inseriti attivamente nella grande missione ecclesiale. Capitolo VI - Finche egli venga 56. Maria, « icona » di Cristo Di tutte le immagini bibliche che abbiamo contemplato, quella che esprime il rapporto più intimo e perfetto di comunione nella Chiesa e di ogni cristiano con il Cristo eucaristico è Maria. Ella è icona di Cristo. Maria è già ciò che la Chiesa non è ancora e attende di essere. Essa è primizia e immagine della Chiesa perché in lei il Padre ha rivelato il compimento del mistero della salvezza » e « brilla come un segno di sicura speranza e di consolazione per il popolo di Dio in marcia, fino a quando non verrà il giorno del Signore ». Il suo sperare contro ogni speranza, perché « nulla è impossibile a Dio », ( Lc 1,37 ) la rende modello per la Chiesa e per ogni credente. La sua vita è un pellegrinaggio di sapore eucaristico, fatto di Pasqua, di sapienza interiore, di dono. Questi atteggiamenti la Madonna li esprime nel gioioso canto del « Magnificat », nel quale esalta la fedeltà di Dio alle promesse e la potenza della sua misericordia. È un Dio che tutto può: i poveri che pongono in lui la loro speranza non resteranno delusi. A questo Dio Maria, con piena fiducia e totale generosità, ha detto il suo sì. Per questo ha potuto donare al mondo Cristo Gesù, speranza di vita per ogni uomo. Da lei, che conservava la Parola meditandola nel suo cuore, ( Cfr. Lc 2,19 ) raccogliamo questo atteggiamento di ascolto, di fede e di accoglienza del Cristo pasquale. La Chiesa ce lo dona di continuo nell'Eucaristia, cibo dei pellegrini, fonte di speranza, e ce lo riserva per il nostro « passare al Padre ». 57. Nell'Eucaristia la Chiesa raccoglie la speranza degli uomini La storia è un intreccio continuo di bene e di male, è luogo di scontro fra l'azione del maligna e la potenza dello Spirito; ma non va per questo demonizzata, va vissuta come « lotta » e nella speranza. La visione di Giovanni nell'Apocalisse, che è una descrizione di questo scontro e della vittoria finale del Cristo, avviene in un quadro liturgico nel quale il libro della storia è aperto dall'Agnello pasquale, il solo capace di toglierne i sigilli. ( Cfr. Ap 5,1ss ) Il senso della storia viene gradualmente svelato attraverso questa immagine del libro, che ripropone il tema della vita della Chiesa in mezzo al mondo. L'Eucaristia, vertice della liturgia, svela il senso della storia perché lo contiene: è forza per attraversarla coraggiosamente, per riconciliarla e consacrarla a Dio. Nell'Eucaristia è intrinseco il suo orientamento alla storia, perché è sacramento dato per la vita del mondo. ( Cfr. Gv 6,51 ) Così la Chiesa è una Chiesa della speranza perché è stata lavata nel sangue dell'Agnello ( Cfr. Ap 7,14 ) ed è rivolta al mondo, al quale porta l'appello eucaristico della nuova alleanza: « lasciatevi riconciliare con Dio ». ( 2 Cor 5,20 ) 58. L'Eucaristia non è, dunque, sacramento che isola dal mondo e dalla storia, ma immerge profondamente in essi per ricomporli e salvarli in Cristo. In essa l'uomo non solo è proteso verso il domani, ma accoglie Dio per l'oggi: per questo, ogni volta che celebriamo l'Eucaristia siamo interpellati dalla storia. « Quello che abbiamo visto e contemplato con i nostri occhi, toccato con le nostre mani, mangiato con la nostra bocca, non solo dobbiamo annunziarlo ma viverlo, rendendo " Eucaristia " tutti i nostri rapporti col mondo, fino alla testimonianza del martirio al quale Cristo ci chiama per essergli somiglianti ». Lui, che è l'uomo perfetto, deve venire in ogni uomo per condurlo al compimento definitivo della sua vita. Per questo nella celebrazione eucaristica la Chiesa accoglie e fa propria la speranza di tutti gli uomini, perché nel ritorno di Cristo si attui pienamente la salvezza: « Ogni volta che farete questo, lo farete in memoria di me: predicherete la mia morte, annunzierete la mia risurrezione, attenderete con fiducia il mio ritorno, finché di nuovo verrò a voi dal cielo ». 59. L'Eucaristia anticipo della liturgia celeste Nella cena imbandita dal Signore si prefigura e si pregusta il banchetto escatologico, verso il quale è incamminato il popolo di Dio pellegrinante. Esso si nutre della nuova manna, prima di entrare nel Regno al quale incessantemente aspira. L'Eucaristia è orientata al ritorno glorioso del Cristo, e di quel ritorno è preludio. E siccome quel momento sarà la piena e definitiva manifestazione del Signore che consegnerà gli eletti al Padre per la liturgia celeste, di quell'incontro e di quella gloria l'Eucaristia è pegno e anticipo. L'Eucaristia è, in questo senso, speranza vissuta e inaugurazione dei tempi futuri, e ci educa a « leggere » il tempo vivendolo in funzione dell'eternità. 60. Anzi, nell'Eucaristia, tempo ed eternità si ritrovano e si richiamano, soprattutto in riferimento alla Chiesa, che è la comunità del « già e non ancora », come si dice. In essa, specialmente per l'Eucaristia, il futuro è già presente anche se non ancora goduto. In questa fase del pregustamento e del non appagamento essa, dunque, prega: « Maranà tha »: « Vieni, o Signore! ». ( 1 Cor 16,22; cfr. Ap 22,20 ) Questa preghierà, che nella celebrazione eucaristica innalziamo al Padre, evoca la presenza del Risorto in mezzo a noi, supplica che essa si rinnovi nel momento della celebrazione e affretta il desiderio del suo ritorno definitivo nella gloria. Signore, vieni ora, mentre siamo riuniti per il banchetto. Ritorna per sempre a compiere il tuo Regno! Parte II - Per la revisione di vita e l'impegno della comunità cristiana In questa seconda parte del documento vogliamo avviare una revisione di vita che prenda le mosse non tanto da semplici rilevazioni di indole sociologica - sulle quali peraltro più volte ci siamo soffemati - quanto dalla consapevolezza del dono ricevuto. L'Eucaristia è infatti un dono esigente, che interpella e giudica le nostre comunità perché considerino sempre la reale centralità di questo mistero nella propria vita e nel proprio impegno missionario. L'Eucaristia permane segno di contraddizione per l'uomo di ogni tempo ed è pertanto discriminante della fede in Cristo e della sua sequela. Si tratta di lasciarsi convertire dall'Eucaristia, verificando la propria fedeltà a Cristo e alle esigenze che nascono dalla accoglienza del sacramento del suo corpo e del suo sangue ( cfr. Capitolo primo*** ). Dalla revisiorze di vita nascono alcuni obiettivi pastorali prioritari che fondano il rapporto Chiesa-Eucaristia e avviano a impegni precisi di verifica e di rinnovamento del modo di celebrare e di vivere l'Eucaristia nelle nostre comunità. Si tratta di indicazioni che ogni Chiesa locale è chiamata ad approfondire, a completare e a precisare, partendo dalla sua concreta situazione pastorale ( cfr. Capitolo secondo*** ). Offriamo infine quattro capitoli, a modo di semplici schede, su quattro ambiti della vita ecclesiale particolarmente importanti: il giorno del Signore, il rapporto tra l'Eucaristia e gli altri sacramenti, il culto eucaristico fuori della Messa la dimensione missionaria dell'Eucarìstìa. Con questa scelta non intendiamo esaurire la ricerca delle comunità cristiane in vista di una testimonianza piena e integrale che desuma dalla Eucaristia la sua carica interiore e il suo metodo evangelico. Abbiamo scelto quegli aspetti della vita e della missione della Chiesa che ci sembrano i più bisognosi di attenzione. Il fatto di sottolineare costantemente il loro rapporto con il tema del presente documento « Eucaristia, comunione e comunità » esplicita la nostra intenzione di fondo: quella di portare la Chiesa italiana verso quel rinnovamento di vita che l'Eucaristia esige e il paese attende. Capitolo I - Discepoli di Cristo nell'Eucaristia 61. Nell'Eucaristia l'amore di Cristo ci interpella Non si può essere Chiesa senza l'Eucaristia. Non si può fare Eucaristia senza fare Chiesa. Non si può mangiare il pane eucaristico senza fare comunione nella Chiesa. Queste affermazioni, che raccolgono l'esperienza viva e la tensione costante della comunità cristiana di ogni tempo, riconducono ad interrogarci, nell'oggi, sulla nostra fede, per verificare la reale portata di questo vincolo indissolubile tra Chiesa ed Eucaristia. Molti cristiani vivono senza Eucaristia; altri fanno l'Eucaristia ma non fanno Chiesa; altri ancora celebrano l'Eucaristia nella Chiesa, ma non vivono la coerenza dell'Eucaristia. Una autentica comunità ecclesiale, che voglia vivere la comunione, pone al suo centro l'Eucaristia e dall'Eucaristia assume forma, criterio e stile di vita: l'Eucaristia è la vita, ed è la scuola dei discepoli di Gesù. 62. L'Eucaristia, cammino di fedeltà Nell'Eucaristia siamo ogni giorno convocati per seguire il Signore con donazione totale: per riconoscerlo nella Parola e nel pane spezzato, per accoglierlo nel mistero della fede. Ogni Eucaristia è un rinnovato invito al « discepolato », cioè a stare alla sua scuola, per vivere con lui e testimoniare la sua reale presenza tra noi. Vivere la nostra vita come discepoli, vuol dire accettare lo « scandalo » della croce. Anche l'Eucaristia, che della gloria della croce è massima celebrazione, è scandalo da vivere. Il nostro radicarci nell'Eucaristia ci libera dalla logica dell'efficienza: mettendoci in comunione personale con il corpo e il sangue di Cristo, ci fa vivere la logica della croce e ci fa maturare per la risurrezione. ( Cfr. Gv 6,54 ) 63. È qui la vera « sequela » di Cristo, liberata dai rischi dell'intimismo o del formalismo esteriore, diventata sottomissione al Padre e accoglienza del suo giudizio e del suo progetto sulla nostra vita, sulla storia, sull'ambiente, sugli uomini. Tale sequela è fatta di ascolto, di preghiera, di sacrificio, ed è presenza responsabile, incarnata nelle vicende del tempo ove solo si compie il cammino della santità, e di operosa attesa della venuta gloriosa del Signore. Giorno per giorno rispondiamo all'appello di Cristo con un cammino di fedeltà che trasforma tutta l'esistenza in luogo d'incontro col Signore e con i fratelli, e in offerta a lui gradita. Frutti di questa esistenza eucaristica quotidiana sono la fiducia, la libertà di spirito, l'impegno sereno a capire sempre più la realtà, il dialogo, la competenza nel lavoro, la gratuità, il perdono, la dedizione nei rapporti interpersonali, la verità verso se stessi. E questo modo di interpretare l'esistenza e di viverla che inserisce l'Eucaristia nella vita e trasforma la vita in permanente rendimento di grazie. 64. L'Eucaristia, momento discriminante per la comunione Eppure l'Eucaristia può sempre essere, per i battezzati, una sorta di sacramento incompiuto. Se essa non entra a fondo nella loro vita, rimane un episodio datato. Come è sede di una chiamata e di una risposta d'amore per alcuni, diventa per altri il mistero di una risposta respinta, di un invito non accolto, come rivela la parabola del banchetto nuziale. ( Cfr. Mt 22,1-14 ) Per l'Eucaristia, infatti, passa la discriminante della nostra adesione a Cristo. A Cafarnao, all'indomani della moltiplicazione dei pani, Gesù invitava le genti sfamate a cercare un altro pane, « quello che dura per la vita eterna ». ( Gv 6,27 ) Così egli si proponeva come pane di vita, al quale si aderisce per la fede e il sacramento, e poneva se stesso, presente in quel pane, come segno discriminante della sua sequela. La gente trovava troppo duro quel linguaggio e cercava un alibi alle proprie decisioni. È la gente di sempre alla quale Gesù rivolge la domanda decisiva: « Anche voi volete andarvene? » ( Gv 6,67 ). 65. L'Eucaristia diventa, così, momento determinante della fede. E discorso duro, è segno di contraddizione per ogni uomo, per questo nostro tempo, per le stesse comunità cristiane. E come il crinale della storia, su cui si ripercuotono i problemi del mondo. Nel dilemma « fede-durezza di cuore » che la vede al centro, l'Eucaristia diventa giudizio di riconciliazione dell'umanità. Per questo l'Eucaristia va continuamente riscoperta. Come Pietro, siamo sempre posti di fronte alla scelta di fondo: mettere o non mettere Cristo al centro della vita; decidere se mangiare o bere del suo corpo e del suo sangue, per fare vita di comunione con lui; se edificare la sua comunità sulla comunione con lui; se dominare o servire. Molte altre preoccupazioni, di ordine sociale e di ordine pastorale, stanno giustamente a cuore alla Chiesa italiana, anche per la sua missione nel paese. Sono preoccupazioni che devono essere attentamente studiate, con il contributo delle scienze umane e di più vaste competenze. Ma alla fine, per vivere la comunione che viene da Dio, la comunità cristiana deve tutto misurare sull'Eucaristia, per esprimere nella sua vita l'abbandono adorante della fede: « Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna ( Gv 6,68 ). Capitolo II - Questo discorso è duro 66. Non c'è Eucaristia senza fede L'intimo nesso tra Eucaristia, comunione e comunità, deve essere di continuo sottoposto a revisione di vita personale e comunitaria. È doveroso, innanzi tutto, porre in tutta la sua gravità il problema della disaffezione di tanti cristiani all'Eucaristia. È una costatazione evidente soprattutto se si considera il loro comportamento nel giorno del Signore. Non è solo in questione il precetto della Messa domenicale; in senso più ampio, è in questione l'autenticità e la maturità della vita cristiana. Tanto che l'immagine della domenica può essere l'immagine di tutta la vita della Chiesa e dei cristiani, come della loro presenza nel paese. Dinanzi a questa situazione occorre seriamente interrogarsi: perché tanti battezzati interrompono il loro rapporto con l'Eucaristia o lo vivono ad intermittenza? È perdita o debolezza di fede? È perché il rito non è significativo per i problemi essenziali della vita? È perché si è allentato o smarrito il senso comunitario della preghiera o dell'appartenenza alla comunità ecclesiale? Oppure perché l'esperienza comunitaria dell'Eucaristia è puramente esteriore e non tocca in profondità la coscienza personale? 67. Le ragioni, evidentemente, sono molte e complesse. Anche l'attuale contesto socio-culturale fa sentire la sua incidenza nel fenomeno: proposte facili e alternative di celebrazione della vita sembrano svuotare il senso cristiano della domenica. Non si possono certo contestare le aspirazioni umane del riposo personale e familiare, dell'evasione dai tormenti degli impegni quotidiani, delle aggregazioni culturali, sociali e politiche, che caratterizzano i giorni festivi anche nel nostro paese. Semmai, una sana coscienza sa giudicare il valore morale di tali aspirazioni e sa dire quando i comportamenti nei giorni di festa sono espressione di libertà e di vita, e quando o perché, dietro l'apparenza, sono segno di disperazione o di deludente compensazione di una vita convulsa, costretta a battersi quotidianamente senza un senso. Celebrare con autenticità i giorni festivi, significa salvare i giorni feriali. Anche la quotidiana vita della Chiesa e dei cristiani si può misurare dalla loro capacità di celebrare la festa del Signore. Senza questa festa, non c'è il dono della comunione che viene da Dio, e la Chiesa non può sussistere, come non può proporre la festa di Dio al mondo. 68. Ma la ragione ultima della disaffezione all'Eucaristia va ricondotta, anche a questo proposito, alla crisi che tocca la risposta di fede e il senso di appartenenza alla comunità e alla sua missione. Per questo, compito permanente della evangelizzazione è quello di riproporre la centralità dell'Eucaristia nella vita del cristiano e della comunità, mostrando come in essa confluisce e da essa parte ogni realtà e ogni impegno di autentica comunione nella Chiesa e tra gli uomini. Tutto ciò è possibile attraverso opportuni itinerari di fede che conducono alla riscoperta o alla consapevolezza progressiva e personale della propria adesione a Cristo e seguono gradualmente il cristiano dall'infanzia alla maturità. 69. È la scelta che in questi due ultimi decenni ha orientato il progetto pastorale della nostra Chiesa italiana e sta caratterizzando le varie tappe di un lungo cammino, il quale parte dalla consapevolezza suscitata in noi dal dono della fede, e passa attraverso precisi giudizi evangelici, chiare testimonianze, geniali servizi e necessarie mediazioni storico-culturali, sempre attenti alla situazione del paese e alle realtà sociali in essa operanti. È la scelta della « catechesi permanente », che anche i nuovi catechismi hanno avviato, e che esige l'impegno pastorale di tutta la comunità, in modo da favorire il superamento di uno dei più gravi rischi oggi lamentato: la separazione tra fede e celebrazione, tra celebrazione e vita, tra celebrazione delle opere di Dio da una parte e delle opere dell'uomo dall'altra. Ed è la scelta di un'azione pastorale concorde e unitaria che fa seguito alla celebrazione ed educa all'impegno nella Chiesa e nel mondo: evangelizzazione, sacramenti, promozione umana, ministeri, comunione e comunità per ogni membro responsabile della Chiesa italiana costituiscono ormai i pilastri di un edificio spirituale nel quale si sente chiamato non solo a consumare i doni offertigli, ma anche a giocare di fronte al mondo la sua vita e a rendere ragione della sua speranza. 70. Non c'è Eucaristia senza Chiesa Un'altra serie di tensioni da sottoporre a revisione di vita nasce dalla fatica di lasciarsi plasmare dalle leggi di comunione che l'Eucaristia fonda ed esige. Sono sempre ricorrenti, infatti, artificiose contrapposizioni e dialettiche infruttuose che minacciano la crescita organica e articolata della comunità ecclesiale. In questi casi si rischia di celebrare Eucaristie ambigue, settoriali, espresse in un rito svuotato dai suoi contenuti etici profondi. Si tratta a volte di « Eucaristie parallele », come vengono chiamate, disarticolate dall'intera comunità che crede e confessa il suo Signore, come catturate entro ideologie preconcette, e comunque non celebrate secondo la ininterrotta tradizione della Chiesa. Il che è tanto più grave quando, specie nel giorno del Signore, si perde il senso del popolo di Dio e si fanno liturgie per gratificare i propri progetti, distogliendo la propria esperienza dall'esperienza autentica dell'assemblea domenicale. 71. Ogni celebrazione richiama la totalità della comunità dei credenti Come non è possibile una Chiesa senza l'Eucaristia, così non è possibile l'Eucaristia senza la Chiesa. Non basta mangiare il corpo di Cristo, bisogna diventare il corpo di Cristo che è la Chiesa. La vivacità delle associazioni, dei gruppi, dei movimenti in questa stagione ecclesiale arricchiscono indubbiamente la Chiesa. Non esitiamo però a ricordare a tutti la casa comune: la Chiesa locale con le sue parrocchie, verso cui ogni Eucaristia deve portare e da cui ogni altra celebrazione prende espressiva autenticità. 72. Non c'è Eucaristia senza missione Una terza serie di tensioni da considerare, nasce quando il naturale rapporto esistente fra Eucaristia e missione non è tradotto in adeguata testimonianza: il rito ne è come svuotato e appare come una pratica usuale di nessuna incidenza nella vita quotidiana. Questo avviene quando il respiro universalistico non attraversa l'intera celebrazione, ed essa rimane nei limiti di una convocazione che non sa di essere per il mondo e con il mondo. È investita in questo senso la responsabilità di una comunità a volte ancora troppo passiva nei confronti di una Eucaristia, da cui non vengono fatte scaturire le conseguenze a livello di ministerialità. Il « celebrare », nel senso più ampio del termine, non è così avvertito in tutta la sua ricchezza. Una Eucaristia che non converte e non trasforma o non fa servi gli uni degli altri, rischia di essere solo scadenza di calendario e non attrae a Cristo. Abbiamo così comunità chiuse, che scoprono la loro missionarietà verso i lontani di tanto in tanto; per altre, diseducate nell'arte del saper donare, la missionarietà è pressoché sconosciuta. Eppure le sollecitazioni non mancano, favorite oggi da una accentuata esigenza di cooperazione fra le Chiese e da una forte riflessione culturale che indica di « partire dagli ultimi » per farli con noi tutti privilegiati soggetti di speranza. 73. Dalla consapevolezza che l'Eucaristia plasma il credente come colui che serve, nasce l'impegno verso una umanità che drammaticamente invoca la giustizia, la libertà e la pace. Il « pane spezzato » non può non aprire la vita del cristiano e la intera comunità, che ne celebra il mistero, alla condivisione, alla donazione per la vita del mondo. ( Cfr. Gv 6,51 ) Ed è proprio l'Eucaristia che fa scoprire fino in fondo il rapporto fra comunione e missione. Esse « si richiamano a vicenda », abbiamo ricordato in « Comunione e comunità », ed abbiamo aggiunto: « Tra esse vige un intimo rapporto, perché sono dimensioni essenziali e costitutive dell'unico mistero della Chiesa » La missione porta ad aprirsi, allo scambio del dare e ricevere, al dialogo, nella consapevolezza del deposito della fede che il Signore ci ha consegnato e dei semi del Verbo che sono presenti nel mondo. 74. Le tensioni che abbiamo segnalato non possono far perdere di vista le linee di quel rinnovamento pastorale che sono il frutto di lunghe e sofferte riflessioni e pertanto le raccomandiamo alla vigile attenzione di tutti. Ci riferiamo al rinnovamento liturgico, catechistico e caritativo che, fino ad oggi, ha trovato valida e promettente espressione nei documenti magisteriali, nei libri liturgici, nei catechismi e in generose risposte agli appelli dei più bisognosi. Mentre esortiamo a prendere iniziative anche coraggiose nel vasto e sempre nuovo ambito della carità: « I poveri infatti li avete sempre con voi » ( Gv 12,8 ) ci ha assicurato Gesù; mentre esortiamo a far tesoro dei nuovi catechismi per la vita cristiana che nell'arco di un decennio abbiamo affidato alla solerte cura di tanti operatori pastorali; mentre rimandiamo ai nostri precedenti documenti con la speranza che da essi si possa attingere ispirazione e incoraggiamento all'impegno di comunione intraecclesiale e alla testimonianza nel mondo, vogliamo, nello stesso tempo, ricordare che solo nell'Eucaristia ogni nostra parola, ogni nostro rito, ogni nostro gesto trovano il loro più profondo significato e realizzano la loro più vera intenzionalità. Tutta l'azione pastorale deve essere, in certo modo, azione eucaristica. Pertanto ogni iniziativa pastorale, cosi come ogni partecipazione alla vita ecclesiale, deve essere ricondotta all'Eucaristia come al suo centro nevralgico e al suo alveo naturale. Capitolo III - Nel giorno del Signore 75. Primo, settimo e ottavo giorno « Il primo giorno della settimana, ci eravamo riuniti a spezzare il pane » ( At 20,7 ). Così gli Atti degli Apostoli introducono nel clima fraterno della celebrazione eucaristica svolta a Troade, presieduta dall'apostolo Paolo. ( Cfr. At 20,6-7 ) È una delle « iconi » più antiche che rivelano lo stretto legame tra la celebrazione eucaristica e il « primo giorno della settimana », cioè « il giorno dopo il Sabato », indicato dai Vangeli come quello della risurrezione del Signore e di numerose sue apparizioni. ( Cfr. Lc 24 ) Quel rinnovarsi della presenza del Signore in mezzo ai suoi, in questo giorno, sembra indicare la precisa volontà di Cristo di invitare i discepoli a riunirsi per fare memoria della sua Pasqua e attenderlo nella sua seconda venuta. Il richiamo alle fonti bibliche e a quelle patristiche permette di cogliere in profondità la ricchezza di memoria, presenza e profezia che il giorno del Signore contiene. È la festa primordiale dell'Anno liturgico, memoria viva della Pasqua di Cristo, in cui la comunità rivive tutti i misteri del suo Signore e li celebra in un clima festoso. « Primo » giorno, dunque, in cui si compie in Cristo la nuova creazione e l'autentica liberazione dal peccato e dalla morte. « È il primo giorno - ricorda San Giustino - in cui Dio, volgendo in fuga le tenebre e il caos, creò il mondo il medesimo giorno in cui Gesù Cristo nostro Salvatore risuscitò dai morti ». In questo « primo » giorno, la comunità cristiana raccolse fin dagli inizi il senso religioso del « Sabato » ebraico. La domenica divenne così anche « settimo » giorno, benedetto e consacrato da Dio. Giorno del riposo, in cui l'uomo è chiamato a riscoprire la ricchezza liberante dell'incontro con il suo Signore e a dargli culto. Ma la domenica è anche anticipo della grande festa del Regno nel compimento futuro. Sotto questo aspetto viene giustamente chiamata dai Padri della Chiesa « ottavo » giorno, cioè fuori della settimana: nella mensa eucaristica consumata nel giorno del Signore si anticipa il banchetto escatologico del mondo futuro. 76. Giorno del Signore e della comunità « Questo, è il giorno che ha fatto il Signore, rallegriamoci ed esultiamo », canta la liturgia. La domenica, prima di essere il giorno che i cristiani dedicano al Signore, è il giorno che Dio ha deciso di dedicare al suo popolo, per arricchirlo di doni e di grazia. L'iniziativa è sua; suo è il dono e la convocazione, e la Chiesa ne è coinvolta e partecipe. Per questo, la domenica è anche il giorno della Chiesa, dedicato alla Chiesa e alla sua missione nel mondo. Al centro della domenica è la celebrazione eucaristica, che esprime nell'assemblea riunita e festosa il mistero di comunione della Chiesa convocata e inviata. Nell'Eucaristia appare la Chiesa, luogo di salvezza, comunità che intercede per il mondo, segno visibile dell'invisibile mistero che si rinnova per la salvezza di tutti gli uomini. Nasce da qui il vero significato della festa cristiana: in essa l'uomo può ritrovare se stesso ed è restituito ai suoi valori più profondi di fede e di umanità. In un mondo dove prevale la funzionalità e si è quotidianamente condizionati da mille affanni della vita, la festa cristiana afferma con forza il diritto e il dovere al riposo, lo spazio del gratuito, della creatività, del rapporto con gli altri e con Dio. Da queste considerazioni, appena accennate, nasce la sollecitazione per alcuni impegni pastorali delle comunità cristiane. 77. Obiettivi pastorali prioritari Il carattere pasquale della celebrazione eucaristica domenicale richiama l'esigenza di orientare la domenica, nel rispetto dei tempi liturgici, verso la Pasqua annuale. Analogamente le Messe dei giorni feriali e l'intera vita della comunità, siano orientate verso la domenica, come verso il loro naturale approdo. In questa visione, anche la celebrazione della Messa festiva anticipata la sera del giorno precedente deve essere compresa nel suo vero significato « domenicale » e « festivo », in modo che i fedeli superino il rischio di farne una abitudine dettata da ragioni di comodo e di evasione, vanificando il contenuto stesso del giorno del Signore. 78. La Messa domenicale sia adeguatamente preparata, coinvolgendo sempre meglio gruppi di fedeli durante la settimana per la riflessione sui testi liturgici, particolarmente sulle letture della Scrittura. Nella scelta dei canti, si curi la qualità dei testi e delle melodie, « tenuto conto della diversità culturale delle popolazioni e della capacità di ciascun gruppo »; nello stesso tempo si curi la massima partecipazione dei fedeli, escludendo nella celebrazione l'uso di musica riprodotta. Nella preparazione della « preghiera dei fedeli » si cerchi di entrare in sintonia con i tempi liturgici, con la preghiera universale della Chiesa e con le concrete esigenze della comunità. Anche l'immediata preparazione alla celebrazione nei diversi suoi momenti rituali sia più sicuramente curata con un necessario tempo di raccoglimento. 79. La celebrazione della Messa non deve esaurire l'azione liturgica e la preghiera comunitaria propria del giorno del Signore. Secondo le tradizioni locali, è doveroso offrire ai fedeli altre possibilità di ritrovarsi insieme: per celebrare i Vespri ( almeno nei tempi forti dell'Awento e della Quaresima ) o per specifiche celebrazioni della Parola, collegate con i tempi liturgici, o per la preghiera di adorazione eucaristica. Questi incontri di preghiera sono tanto più importanti per i fedeli che partecipano alla celebrazione eucaristìca nei giorni prefestivi. Occorre inoltre promuovere coraggiosamente l'educazione delle famiglie a pregare insieme, soprattutto nel giorno del Signore. 80. La tonalità festiva e gioiosa che deve caratterizzare il giorno del Signore risorto e presente in mezzo ai suoi discepoli, ( Cfr. Mt 28,20; cfr. Gv 20,20 ) non può ridursi alla celebrazione liturgica, ma deve trovare modi e forme espressive nei rapporti interpersonali, familiari, comunitari. È perciò importante curare iniziative pastorali verso i malati, le persone anziane, gli handicappati e le loro famiglie, in modo che nessuno resti escluso dalla comunione della carità e dalla gioia della festa. In tale contesto assume un significato ancor più profondo portare l'Eucaristia nel giorno del Signore ai fratelli malati, affidandone il compito, qualora le circostanze lo richiedano, agli accoliti e ad altri ministri straordinari dell'Eucaristia seriamente preparati e maturi. 81. Come giorno dedicato alla Chiesa, la domenica deve esprimere con evidenza le sue note caratteristiche: l'unità, la santità, la cattolicità e l'apostolicità. L'unità della Chiesa esige, tra l'altro, molta attenzione per non dividere o disperdere la comunità che celebra l'Eucaristia. Si eviti pertanto la moltiplicazione immotivata o inopportuna delle Messe, che spesso comporta l'uso non giustificato della « binazione » o della « trinazione », e finisce per convocare assemblee frazionate e frettolose in orari troppo ravvicinati. Non si consente così ai fedeli di condividere consapevolmente gli impegni apostolici di tutta la comunità cristiana. Si educhi dunque al senso della comunità e della missione ecclesiale, si abbia grande attenzione per le celebrazioni del Vescovo nella chiesa cattedrale, e si privilegi la celebrazione dell'assemblea parrocchiale, il cui pastore fa le veci del Vescovo. Allo scopo inoltre di far fiorire l'unità della comunità parrocchiale, le Messe per gruppi particolari si celebrino non di domenica, ma, per quanto è possibile, nei giorni feriali. 82. Anche la santità della Chiesa può e deve trovare nel giorno del Signore una sempre più adeguata espressione. È perciò importante che i cristiani siano educati a celebrare il giorno del Signore pienamente riconciliati con Dio e con i fratelli. A tal fine, raccomandiamo ai presbiteri che siano generosamente disponibili per la celebrazione del sacramento della Penitenza nei giorni precedenti le domeniche e le feste di precetto, così da consentire ai fedeli una sincera comunione eucaristica, nella quale trovi fondamento e alimento l'incessante crescita di una vita santa. 83. Infine la nota della cattolicità della Chiesa potrà avere particolare espressione nel giorno del Signore, se si avrà cura di aprire la comunità orante ed offerente sugli orizzonti sconfinati della divina provvidenza e sulle dimensioni cosmiche della redenzione. Tale apertura deve caratterizzare innanzi tutto le preghiere dei fedeli, ma deve arrivare a gesti di accoglienza fraterna, soprattutto verso coloro che sono in condizioni di particolare necessità, verso coloro che più soffrono e, che per vari motivi, non appartengono alla comunità celebrante e non ne condividono la vita e gli impegni pastorali. Quanto alla apostolicità della Chiesa è ovvio che tale nota si manifesta in modo pieno ogni volta che, in comunione di fede e di azione pastorale, tutto il popolo santo di Dio, nella varietà dei carismi e nella complementarietà dei ministeri, si raccoglie per fare la memoria viva del suo Signore morto e risorto, per accogliere i doni della Parola e del pane e per lasciarsi inviare nel mondo quale testimone del suo amore. 84. A questo punto è anche doveroso riflettere sul precetto della Chiesa. L'insistenza con cui la Chiesa ha sempre proposto ai cristiani l'impegno di partecipare all'Eucaristia domenicale non ha infatti perso la sua attualità. Si manifesta qui un tratto della pedagogia materna della Chiesa, che si preoccupa di sostenere i cristiani deboli nella fede, ricordando loro che la partecipazione all'Eucaristia ogni settimana è dovere elementare per la vita cristiana: per la propria identità, per il proprio amore a Cristo e alla Chiesa, per la propria missione. Perché l'animo si liberi da ogni genere di formalismo e non risolva la Messa come una parentesi d'obbligo, è necessario rimotivare il precetto domenicale, affinché esprima da una parte l'amore di Dio che convoca e dall'altra il nostro bisogno vitale dell'Eucaristia. Il precetto può essere meglio compreso, se si mette in evidenza l'esigenza della comunione e della comunità, il senso della domenica e del celebrare insieme per comando del Signore, come segno di fedeltà alla nuova alleanza. Una opportuna catechesi deve pertanto aiutare i fedeli a superare il livello della pura osservanza esteriore della legge ed educarli alla libera e gioiosa convocazione dell'assemblea in Cristo. 85. A Messa per vivere il mistero della Chiesa Il valore inestimabile e la dimensione sacramentale dell'assemblea liturgica è largamente testimoniata dalla tradizione della Chiesa fìn dai primissimi tempi. Facendo nostra l'esortazione della « Didascalia degli Apostoli », desideriamo dare forte risalto al rapporto Eucaristia-Chiesa, in modo che anche le indicazioni pastorali, per altro solo avviate, siano accolte come impulso a « vivere » il mistero della Chiesa: « Insegna al popolo, con precetti ed esortazioni, a frequentare l'assemblea e a non mancarvi mai; che essi siano sempre presenti, che essi non diminuiscano la Chiesa con la loro assenza, e che essi non privino la Chiesa di uno dei suoi membri … Poiché il nostro capo, Cristo, secondo la sua promessa, si rende presente ed entra in comunione con voi, non disprezzate voi stessi e non private il Salvatore dei suoi membri; non lacerate, non disperdete il suo Corpo. Capitolo IV - Eucaristia e sacramenti 86. Cristo, Chiesa e sacramenti Come Cristo è stato segno visibile del Padre attraverso tutti i fatti della sua vita culminati nella Pasqua, così la Chiesa è costituita suo segno visibile attraverso i sette sacramenti, culminanti nell'Eucaristia. L'Eucaristia riassume le distinte tappe sacramentali della vita del cristiano: « Tutti gli altri sacramenti - infatti - come pure tutti i ministeri ecclesiastici e le opere di apostolato, sono strettamente uniti alla sacra Eucaristia e ad essa ordinati ». I sacramenti sono sempre manifestazione della Pasqua di Cristo e insieme della maternità della Chiesa. È questa una immagine cara ai Padri, che pone in evidenza l'unitarietà profonda del cammino sacramentale, in cui la Chiesa prima genera i suoi figli alla fede e alla vita nuova, poi ne sostiene la crescita fino alla piena maturità espressa dall'Eucaristia e dalla conseguente « vita eucaristica » nella comunità e nel mondo. 87. Attraverso i sacramenti la Chiesa, come Maria resa madre dallo Spirito Santo, dona sempre nuovi figli a Dio, e come madre genera alla vita non solo nel momento della nascita, ma durante tutto il corso dell'esistenza cristiana. È a partire da questa realtà che possiamo comprendere perché nella Chiesa primitiva l'ammissione ai sacramenti comportava sempre un cammino progressivo di inserimento nel mistero di Cristo e nella vita della comunità; cammino ricco di esperienza ecclesiale, vissuto nell'ascolto della Parola, nella docilità allo Spirito, nella preghiera filiale, nella partecipazione all'assemblea liturgica e nell'impegno di carità. Tutto ciò appare particolarmente evidente nei sacramenti della iniziazione cristiana, in cui la celebrazione sacramentale costituisce il culmine e la fonte di un più ampio cammino di fede e di vita cristiana, svolto nella comunità e proteso alla missione nel mondo. 88. Itinerari di fede Il nesso inscindibile tra l'Eucaristia e gli altri sacramenti, particolarmente quelli della iniziazione cristiana, chiede di verificare la prassi pastorale in atto, su questi aspetti, nelle nostre comunità. È necessario che la celebrazione dei sacramenti esprima concretamente l'itinerario di fede e di vita cristiana entro cui sono inseriti, e il clima ecclesiale che li deve accompagnare. Emerge qui, ancora una volta, l'insostituibile necessità degli « itinerari di fede » in preparazione ai sacramenti, sostenuti da un'opera paziente di evangelizzazione e di catechesi, ma anche da una corresponsabile azione da parte di tutta la comunità. 89. Non ci si può accontentare della celebrazione avvenuta; l'azione pastorale che deve seguire, si pone su un duplice livello: di catechesi e di impegno nella storia per il servizio del Regno e per la promozione umana; di inserimento nella comunità per lavorare nella vigna del Signore, secondo i doni e i ministeri concessi a ciascuno dallo Spirito. L'anno liturgico costituisce, in questo orizzonte, il grande itinerario di fede del popolo di Dio: l'intera comunità, soprattutto nei tempi forti, è chiamata a riscoprire, a celebrare e a vivere il dono della salvezza. Mediante la pedagogia dei riti e delle preghiere, tutti insieme siamo guidati all'esperienza del mistero pasquale di Cristo, che ha il suo culmine nell'Eucaristia e a noi è comunicato con la Parola e i sacramenti. 90. Esistenza cristiana Mediante i sacramenti, ricevuti nella fede, nasce l'uomo nuovo, e tutta la vita viene trasformata, in una progressiva configurazione a Cristo. Mediante i sacramenti, lo Spirito Santo edifica la Chiesa, ed opera, con gesti efficaci, la salvezza. Mediante i sacramenti, l'umanità rinnovata è resa capace di consacrare e trasformare il mondo. Al centro di tutta questa azione sacramentale della Chiesa è l'Eucaristia. Intorno all'Eucaristia cresce il popolo di Dio. Nell'Eucaristia si svela in pienezza di significato la struttura sacramentale dell'esistenza cristiana. Dall'Eucaristia procede la vita e l'energia della comunità ecclesiale. La celebrazione ecclesiale dell'Eucaristia provoca e sostiene la vita sacerdotale del battezzato; rinnova l'impegno testimoniale della Confermazione; esige la conversione e la comunione piena, che la Penitenza sacramentale di continuo ricostruisce e rafforza; realizza in maniera propria il servizio ministeriale del presbitero; nutre e rinsalda i vincoli dell'unione sponsale e l'unità nell'amore; aiuta i malati a unirsi al mistero della passione e della risurrezione, in vista dell'incontro con il Signore. Il rapporto tra Eucaristia e vita sacramentale si manifesta con particolare evidenza quando i sacramenti vengono celebrati durante la Messa. È però necessario allora che l'Eucaristia non appaia solo una « occasione » entro cui si celebra il Battesimo o la Confermazione o il Matrimonio o l'Ordinazione dei ministri o l'Unzione dei malati, ma sia colta realmente come la fonte e il culmine della vita sacramentale. 91. Eucaristia e Battesimo L'intrinseco rapporto Battesimo-Eucaristia dovrà essere costantemente richiamato. Si devono pertanto valorizzare i segni e i gesti liturgici della celebrazione eucaristica che ricordano ogni domenica il mistero battesimale. Con opportune catechesi per tutte le età, si conduca l'intera comunità a compiere, nei tempi forti dell'anno liturgico - Quaresima in particolare -, un cammino appropriato di riscoperta del dono e della realtà battesimale. Infine, si orienti l'intero cammino catechistico e missionario della comunità a riscoprire la grande veglia pasquale, che segna ogni anno la tappa più espressiva della vita battesimale ed eucaristica e della crescita nella fede del popolo di Dio. La medesima preoccupazione dovrà guidare il periodo di preparazione del Battesimo: le famiglie dovranno essere condotte ad inserirsi nell'assemblea ecclesiale per superare una mentalità privatistica del sacramento. Nello stesso tempo occorre che l'assemblea domenicale sia cosciente e responsabilizzata in ordine al cammino di fede, che le famiglie compiono nella comunità in vista della celebrazione del Battesimo. Anche la celebrazione del sacramento del Battesimo nella Messa, opportunainente preparata e in occasioni determinate dai tempi e dai testi liturgici, si rivela occasione propizia per mettere in risalto l'unitarietà tra Battesimo ed Eucaristia nella vita del credente e della Chiesa. 92. Eucaristia e Confermazione Con il sacramento della Confermazione, i battezzati ricevono il dono ineffabile dello Spirito Santo, che li fa nel mondo testimoni di Cristo risorto, artefici e responsabili della « convocazione » e della « missione » della Chiesa. È dalla Confermazione che dovrà maturare, con sempre maggiore incisività, la presenza, la crescita e l'abilitazione ad esercitare molteplici servizi ecclesiali, sia all'interno della comunità cristiana, sia nella vita della società. Per questo potrà essere utile porre in risalto, nei tempi e modi opportuni, come nella Eucaristia si esprima la ricchezza dei doni e dei ministeri dello Spirito e come in essa trovino il loro fondamento e la loro fonte le grandi vocazioni cristiane, da quella al matrimonio e alla famiglia a quelle di speciale consacrazione, dalle vocazioni al sacerdozio ministeriale alla vocazione missionaria. Dall'Eucaristia il cresimato parte, riconfermato nella forza della testimonianza, per la sua missione di salvezza nella Chiesa e in mezzo agli uomini. Circa l'itinerario di preparazione e l'età per la celebrazione della Cresima, restano tuttora valide le disposizioni della Conferenza Episcopale Italiana. Il fatto che il sacramento della Confermazione sia celebrato dopo la Messa di Prima Comunione, non deve far pensare che esso sia slegato dal ritmo proprio dei sacramenti della iniziazione. È necessario che la catechesi sulla Confermazione ponga invece in evidenza che sacramento della piena maturità cristiana resta sempre l'Eucaristia e la vita nuova che da essa scaturisce. È sempre urgente, pertanto, « impostare una pastorale dell'adolescenza e dell'età giovanile che segua i nuovi cresimati e li aiuti a inserirsi sempre più attivamente come responsabili nella Chiesa assumendo l'impegno cristiano nel loro ambiente di vita ». 93. Eucaristia e Penitenza Particolarmente urgente appare la necessità di una catechesi sul rapporto tra il sacramento della Riconciliazione e l'Eucaristia. Il Battesimo fa dell'intera esistenza cristiana un evento continuo di morte e di risurrezione. L'Eucaristia rende presente e attuale il sacrificio di Cristo per la remissione dei peccati. Ma è nella Riconciliazione che agisce con singolare evidenza la misericordia redentiva di Dio. In questo sacramento lo Spirito Santo, mediante il ministero della Chiesa, provoca e assume la volontà di conversione manifestata dal penitente e la fa incontrare visibilmente, nel segno sacramentale, con la volontà divina di rimettere i peccati. Il sacramento abilita così, con la sua efficacia, il penitente a distaccarsi decisamente dal male, a vivere la volontà di Dio, a desiderare di fare nuovamente comunione con lui e i fratelli. Tutto questo introduce continuamente ed efficacemente in un cammino permanente di conversione che porta all'Eucaristia e da essa riparte per una vita rinnovata di riconciliazione fraterna. 94. Un'adeguata azione pastorale dovrà aiutare i fedeli a recuperare il valore proprio e insostituibile del sacramento della Penitenza, a fronte di una diffusa disaffezione. Il senso vivo del peccato che separa da Dio, che rompe e raffredda la comunione ecclesiale e pesa sul cuore del mondo, dovrà condurre a sempre maggior consapevolezza del senso ecclesiale della Penitenza e della sua connessione con l'Eucaristia. Nello stesso tempo una convinta e insistente presentazione di Dio « ricco in misericordia », di Cristo buon pastore che si commuove dinanzi alle folle quando le vede « stanche e sfinite, come pecore senza pastore » ( Mt 9,36 ) e della Chiesa come la casa del perdono, porterà alla riscoperta del sacramento della Riconciliazione come momento privilegiato nel quale gustare « quanto è buono il Signore » ( Sal 34,9; cfr. Sal 32,1; Sal 73,1;Sal 86,5 ) e « quanto è soave che i fratelli vivano insieme! ( Sal 133,1 ) Condividere con trepidazione la stessa esperienza del perdono per partecipare con coraggio allo stesso pane consacrato: è questa l'unica vera ed efficace medicina operante per la potenza salvifica del sangue di Cristo. 95. Pertanto bisognerà offrire tempi e occasioni stabili e permanenti per la celebrazione della Penitenza sia comunitaria che individuale, sottolineandone la caratteristica di tappa o momento forte di un cammino pasquale, ecclesiale e missionario che ha il suo culmine e la sua fonte nell'Eucaristia. Questo impegno aiuterà anche a far superare la sovrapposizione del sacramento della Riconciliazione con l'Eucaristia durante la Messa. Circa la preparazione e la celebrazione della Penitenza nell'itinerario della iniziazione cristiana dei fanciulli, è necessario riservare al sacramento un suo specifico cammino e un tempo proprio di celebrazione, distanziato dalla Messa di Prima Comunione. Ma per sorreggere l'azione pastorale è oggi necessario rievangelizzare coraggiosamente il sacramento della Penitenza, perché tutti i cristiani - Vescovi, sacerdoti, religiosi e fedeli - ne comprendano la ricchezza e il bisogno spirituale: « Nella Chiesa - dice Giovanni Paolo II - che, soprattutto nei nostri tempi, si raccoglie specialmente intorno all'Eucaristia, e desidera che l'autentica comunità eucaristica diventi segno dell'unità di tutti i cristiani, unità che sta gradualmente maturando, deve essere vivo il bisogno della penitenza, sia nel suo aspetto sacramentale, come anche in quello concernente la penitenza come virtù. 96. Eucaristia e Matrimonio Come il battezzato nella celebrazione eucaristica ritrova la pienezza della comunione ecclesiale ed energie sempre nuove per la costruzione di un mondo più giusto, così gli sposi sono chiamati a rinsaldare i vincoli della propria unione nell'Eucaristia e a celebrarla nella vita come ringraziamento al Padre, sacramento di unità e vincolo di carità tra gli uomini che essi quotidianamente incontrano. La loro partecipazione alla comunità che celebra l'Eucaristia li spinge a uscire dai limiti della casa domestica, ad aprirsi alle altre coppie, ai problemi e alle gioie e sofferenze degli uomini, ai bisogni di giustizia e di solidarietà verso tutti. Nell'Eucaristia la coppia cristiana sperimenta la propria salvezza e se ne fa portatrice: da comunità salvata si trasforma in comunità « che salva ». Compito della evangelizzazione della Chiesa è quello di aiutare le famiglie cristiane a vivere con consapevolezza l'Eucaristia come dono di comunione che incessantemente fonda e rinnova l'unità indissolubile del loro amore e le costituisce « Chiesa domestica », ricca del dono dello Spirito e segno efficace dell'amore del Padre tra gli uomini. Diversi sono i momenti in cui una opportuna catechesi e una adeguata opera pastorale possono favorire questo impegno di vita: nell'itinerario di fede che prepara i fidanzati al matrimonio e la sua celebrazione durante la Messa; in occasione di anniversari di matrimoni, celebrati anche da più coppie di sposi e partecipati dalla comunità; nell'assemblea domenicale promuovendo la partecipazione comunitaria delle famiglie alla Messa e ai diversi momenti del rito liturgico; nelle circostanze in cui, per validi motivi, si celebra la Messa nelle case o si amministra l'Unzione degli infermi con il Viatico; e infine durante l'insostituibile cammino di fede che deve accompagnare le famiglie alla celebrazione dei sacramenti della iniziazione cristiana dei figli. Capitolo V - Il culto eucaristico fuori della Messa 97. Messa, culto eucaristico e vita di carità L'Eucaristia non si esaurisce nella celebrazione della Messa, anche se questa ne è la espressione centrale. Data anzi la centralità della Messa, tutte le altre espressioni del culto, liturgiche o no, ne derivano o vi si riconducono: estendono in vario modo, nel tempo e nelle forme, la ricchezza celebrativa dell'Eucaristia. Tanto più questo vale per le espressioni dirette del culto eucaristico fuori della Messa. La Messa ne rappresenta senza dubbio « l'origine e la fonte », ma esse sono a loro volta « estensione della grazia del sacrificio ». Per antica prassi di fede della Chiesa, l'Eucaristia è stata sempre conservata per essere portata ai malati e a quanti, per impedimenti diversi, non possono partecipare alla celebrazione. Da questo uso sono scaturite lungo i secoli forme diverse di culto eucaristico, che sempre le comunità cristiane sono chiamate a riscoprire e a vivere: l'adorazione pubblica e quella personale e silenziosa; l'esposizione breve e quella prolungata, con letture della parola di Dio, canti, preghiere, sacro silenzio; la solenne esposizione annuale; le processioni eucaristiche; i congressi eucaristici, ecc. È una luce, quella dell'oucaristia, che non solo illumina lo spirito di chi contempla e adora, ma s'irraggia e si diffonde in tutti gli aspetti della vita e nel fluire stesso delle cose e del mondo, precisandone le dimensioni e i contorni. Così l'Eucaristia sprigiona la sua forza trasformatrice non solo sul pane e sul vino, ma pure sui fedeli, e rende la loro vita culto spirituale » gradito a Dio, ( Cfr. Rm 12,1 ) come Cristo è gradito al Padre. 98. Riguardo ad un aspetto del culto eucaristico, ricordiamo le sapienti indicazioni dateci da Giovanni XXIII il giorno del « Corpus Domini » 1960: « Ci piace toccare il significato profondo della nostra adorazione a Gesù eucaristico, come omaggio sociale di tutti i componenti la nazione sua più vera, la Santa Chiesa universale … Certo è grande godimento dello spirito cogliere il carattere pubblico e collettivo del Corpus Domini, segnato nelle significazioni più alte del grande mistero. Il popolo cristiano ci sta intorno e ci avvolge nella sua compagine, che è, ad un tempo, ineffabilmente intima, e insieme trionfalmente esteriore … Dal pubblico omaggio che tutti insieme noi rendiamo, diletti figli, traluce l'intima fusione dei nostri cuori: unum corpus multi sumus: e la tradizionale processione di questa sera rende una celeste intensità di significazione, la cui dolcezza ci inebria e ci esalta ». 99. La pietà che spinge i fedeli a prostrarsi presso la santa Eucaristia - dice assai bene la Eucharisticttm mysteriurn - li attrae a partecipare più profondamente al mistero pasquale e a rispondere con gratitudine al dono di colui che con la sua umanità infonde incessantemente la vita divina nelle membra del suo corpo. Trattenendosi presso Cristo Signore, essi godono della sua intima familiarità e dinanzi a lui aprono il loro cuore per loro stessi e per tutti i loro cari, e pregano per la pace e la salvezza del mondo. Offrendo tutta la loro vita con Cristo al Padre nello Spirito Santo, attingono da quel mirabile scambio un aumento di fede, di speranza e di carità. Alimentano quindi così le giuste disposizioni per celebrare, con la devozione conveniente, il memoriale del Signore, e ricevere frequentemente quel pane che ci è dato dal Padre ». Pertanto se da un lato la presenza permanente di Cristo nel sacramento porta ad onorare con il culto eucaristico il mistero del corpo e del sangue del Signore, dall'altro richiama la esigenza di una partecipazione sempre più vera alla Messa e di una vita che, per la comunione al sacrificio eucaristico, si dona e si consuma per amore dei fratelli. 100. Adorazione e contemplazione Nella silenziosa adorazione del Cristo presente, nella visita al Santissimo Sacramento, nell'esposizione, nella benedizione e nelle processioni eucaristiche, nella celebrazione delle « Quarantore », la Chiesa afferma che Cristo è sempre vivo per intercedere a nostro favore. ( Cfr. Eb 7,25 ) Il suo sacrificio, compiuto una volta per tutte, resta incessantemente attuale nel sacramento; e di continuo Cristo chiama la Chiesa, suo corpo, a offrirsi al Padre insieme a lui in una unica oblazione, con cui « egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati ». ( Eb 10,14 ) Il ritmo incalzante dell'attività di oggi non sembra aiutare la preghiera adorante davanti al tabernacolo. Eppure non possiamo dimenticare come proprio a partire da un contatto vivo e permanente con Cristo attraverso l'adorazione e la contemplazione, troviamo forza e vigore non solo per la nostra crescita spirituale ma per la testimonianza della carità verso la Chiesa e il mondo. 101. A questo proposito, vogliamo cogliere la forza di testimonianza e l'appello che in tal senso ci viene dai monasteri di clausura: segno e profezia dell'eterna adorazione nella gloria. In realtà il culto eucaristico fuori della Messa è anticipo di quei tempi definitivi in cui non vi sarà alcun tempio, né alcuna ritualità simbolica, né mediazioni discorsive, ma un puro immediato immergerci nel « Signore Dio, l'Onnipotente, e nell'Agnello », tempio definitivo della Gerusalemme celeste: Infatti, quando Cristo apparirà e vi sarà la gloriosa risurrezione dei morti, lo splendore di Dio illuminerà la città celeste e la sua lucerna sarà l'Agnello. Allora tutta la Chiesa dei santi, nella suprema felicità dell'amore, adorerà Dio e l'Agnello che fu immolato esclamando a gran voce: " A Colui che siede sul trono e all'Agnello, lode e onore, gloria e potenza nei secoli dei secoli " ». 102. Amore al Santissimo Sacramento Come già abbiamo fatto nel messaggio indirizzato da Assisi alla Chiesa e al paese, ci preme richiamare l'attenzione di tutti i fedeli, ma soprattutto quella dei presbiteri, sull'amore di San Francesco per l'Eucaristia e lo additiamo alla loro imitazione. Un plauso speciale rivolgiamo a tutti quelli che impegnano le loro forze e consacrano il loro tempo nell'adorazione perpetua o notturna; a quelle comunità parrocchiali che nel nostro paese organizzano scuole di spiritualità eucaristica, facendo tesoro di un patrimonio di preghiere e di tradizione popolare che, se sono opportunamente aggiornate e purificate, contribuiranno a tener viva nelle nostre comunità la fede nel mistero eucaristico e l'amore alla divina Eucaristia; a quelle comunità religiose che, fedeli al carisma del loro fondatore o sensibili alle necessità spirituali del mondo contemporaneo, si dedicano a tempo pieno all'apostolato eucaristico in tutte le sue espressioni valide e atte a far maturare la vera devozione; a tutti quei gruppi e associazioni ecclesiali che, soprattutto a livello parrocchiale, dedicano al culto eucaristico il meglio della loro passione apostolica. Capitolo VI - Eucaristia e missione 103. La celebrazione eucaristica come atto missionario L'Eucaristia è l'azione missionaria per eccellenza, perché contiene ed esprime in se stessa la missione totale di Cristo e della Chiesa. La sua radice missionaria è contenuta nel comando del Signore: « Fate questo in memoria di me » ( Lc 22,19 ), e nella destinazione universale del suo sangue sparso « per tutti » in remissione dei peccati. ( Cfr. Mt 26,28 ) Il popolo di Dio, con la celebrazione dell'Eucaristia, entra in comunione col suo Signore ed è coinvolto con lui nell'impegno della salvezza universale. La celebrazione eucaristica deve accogliere e riflettere questa carica missionaria con un rinnovamento autentico non solo dei riti, ma dell'amore che in Cristo viene celebrato. Dovremo dunque curare celebrazioni liturgiche che consentano a tutti di trovarsi a casa propria, nella casa dell'unico Signore. E ciò per il modo con cui ciascuno si sente accolto nel segno di una genuina fraternità; per la certezza di essere accettato nella dignità della sua persona; per il fatto che si sente coinvolto nella preghiera; e per la solidarietà cristiana che la celebrazione deve far trasparire, in forza dell'unico sacrificio di Cristo e della comunione con lui. 104. Missionari sulla via della croce Impegnarsi nella missione secondo il comando del Signore significa percorrere la stessa via della croce con l'atteggiamento di carità del Cristo che offre se stesso al Padre, mostrando che questo sacrificio realizza la vera redenzione degli uomini. Come Cristo, le nostre comunità devono compiere gesti e dire parole forti per liberare gli uomini del nostro tempo dagli idoli che ogni giorno costruiscono al posto di Dio e per convincerli che vera radice di ogni idolatria è il peccato E da qui che si scatena la logica della civiltà della morte, che rischia di svilupparsi nella società moderna, segnandola drammaticamente. Se l'Eucaristia è segno di contraddizione, tale deve essere la Chiesa. Si tratta di andare contro corrente e di porre sui valori morali le premesse di una organica cultura della vita. La presenza dei cristiani, laici soprattutto, là dove si consumano i grandi drammi del mondo di oggi, deve richiamare a tutti il coraggio della speranza che nasce dalla Pasqua di Cristo. Là dove l'uomo soffre violenza, dove l'ingiustizia, la fame o la guerra sfigurano il volto dell'uomo e ne oscurano la piena vocazione nel cammino della storia, il cristiano deve dare ragione della sua speranza e la Chiesa deve mostrarsi segno di salvezza. 105. Missionari nel segno della carità, della giustizia, della pace L'Eucaristia immette nella carità di Cristo che ha dato se stesso per noi fino al sacrificio di sé. Analogamente, forti del suo stesso amore, dobbiamo fare dono di noi stessi ai fratelli. Ed è di questo supplemento di amore generoso che la nostra società ha bisogno, per ricreare un tessuto di comunione nel paese, nel territorio, nelle famiglie, nella scuola, nel mondo del lavoro, in ogni ambito dell'impegno sociale. Non mancano mai gli spazi di carità per prevenire la giustizia, per provocarla e suggerirla, per oltrepassarla e giungere là dove nessuno arriva. Se Paolo VI ci ha sollecitato alla testimonianza osservando puntualmente che la giustizia è la misura minima dell'amore, Giovanni Paolo II, con sapiente sollecitudine, ci ammonisce: « L'esperienza del passato e del nostro tempo dimostra che la giustizia da sola non basta e che, anzi, può condurre alla negazione e all'annientamento di se stessi, se non si consente a quella forza più profonda, che è l'amore, di plasmare la vita umana nelle sue varie dimensioni ». 106. Da qui nasce la scelta di ripartire con gli « ultimi » e con i « nuovi poveri », che la società continua a produrre, e poi ignora ed emargina, e che sono segno drammatico della crisi attuale anche del nostro paese. Dobbiamo assumere l'impegno per la giustizia a favore di quanti sono privi tuttora dell'essenziale per una vita dignitosa, operando in quegli organismi dove si decide il futuro dello Stato, della città, del quartiere, della scuola e del lavoro, in dialogo e in collaborazione con tutti gli uomini che vi operano, ma portando il contributo della piena carità cristiana ed ecclesiale e della visione dell'uomo secondo il Vangelo. In questo senso i cristiani, contro i sempre crescenti strumenti di morte, sanno di dover essere costruttori di pace, perché è la pace il dono che Cristo ha lasciato in eredità. ( Cfr. Gv 14,27 ) 107. Ma la pace non viene da sé. Essa è frutto di una giustizia da realizzare con amore, perché ogni uomo veda riconosciuti i propri diritti inalienabili: alla vita, alla salute, al lavoro, alla famiglia, alla libertà, all'esercizio di essa in campo sociale, politico, religioso. Non è certo un compito facile: esige competenza, costanza e disponibilità, impegno di presenza e partecipazione nei diversi ambiti della vita sociale. L'Eucaristia è un segno povero e umile, ma ricco della potenza di Dio, capace di rinnovare in radice l'uomo e la sua vita. Analogamente la missione della Chiesa e del cristiano, povera nei mezzi, forse, e carica di debolezze e deficienze umane, quando è rivestita del dono di Cristo celebrato nel sacramento, sa tramutarsi in germe fecondo di nuova vita per tutti. « La vera frazione del pane - ci invita a meditare Giovanni Paolo II - quella che è fondamentale per noi cristiani, è solo quella del sacrificio della croce. Da questa tutte le altre scaturiscono e ad essa confluiscono. È perché l'umanità non si arresti nel rifiuto, perché l'ingiustizia non abbia l'ultima parola, perché sia cancellato l'odio e la storia si apra a un avvenire nuovo, Cristo accettò di essere lui stesso sulla croce la vittima offerta per il peccato, per l'incredulità e l'ingiustizia ». 108. La tensione ecumenica e universale dell'Eucaristia L'Eucaristia educa le nostre comunità ad avere un respiro ecumenico e universale nella loro missione. A partire dalle assemblee eucaristiche domenicali, il nostro sguardo interiore e il nostro più vivo desiderio non possono non sintonizzarsi con le parole di Gesù: « Che tutti siano una cosa sola » ( Gv 17,21 ). Nello stesso tempo il pane che spezziamo e il calice cui partecipiamo, mentre ci mettono in comunione con il Signore, morto e risorto, ci fanno sentire una grande tristezza ed un continuo dolore ( Cfr. Rm 9,2 ) per tanti nostri fratelli che hanno perduto o stanno perdendo l'orientamento verso la casa del Padre comune, che non sentono più la fame e la sete della parola di Dio, che non gustano più le dolcezze del dono celeste ( Cfr. Eb 6,4) e non condividono la responsabilità della evangelizzazione. Una più intensa e più metodica pastorale eucaristica potrà risvegliare in tutti non solo il desiderio dell'unità ma soprattutto l'impegno a rinsaldare i vincoli della carità, per affrettare il giorno nel quale tutti coloro che credono in Cristo potranno unirsi intorno all'unica Parola e all'unico pane. 109. Eucaristia e unità della Chiesa sono inseparabili. La rinnovazione del testamento di Gesù richiama la sua preghiera: « Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato ( Gv 17,23 ). La divisione dei cristiani pone un controsegno all'unità voluta da Cristo e impedisce la comunione eucaristica a chi pure professa l'unica fede in Cristo e loda l'unico Padre. Da qui la necessità che penetri sempre più anche nelle nostre comunità italiane una mentalità ecumenica che mantenga vivo nell'animo, nel cuore e nell'impegno dei fedeli il desiderio dell'unità. 110. L'Eucaristia apre a tutta la Chiesa sparsa nel mondo. Così la nostra missionarietà si arricchisce di una visione universale, cattolica, quale scaturisce dal sacrificio offerto per la salvezza di tutti gli uomini. Le Chiese locali infatti non sono una riduzione della Chiesa universale, ma la realizzano pienamente in un determinato luogo. La comunione di carità tra le diverse Chiese che celebrano l'unico sacrificio, manifesta l'unità della Chiesa e le arricchisce in un mutuo scambio di doni spirituali di cui sono portatrici. I problemi, le preoccupazioni e le istanze delle giovani Chiese dell'Africa, dell'Asia, dell'America Latina e di quante soffrono a causa di persecuzioni e difficoltà politiche, non possono lasciare indifferenti. L'Eucaristia unisce a loro in un vincolo di comunione nel sangue di Cristo e impedisce di spezzare l'unico pane senza vivere la comune carità, perché vi sia uguaglianza. ( Cfr. 2 Cor 8,13-14 ) 111. Nella sua profonda carica missionaria, l'Eucaristia ci spinge a desiderare e ad affrettare il giorno nel quale tutti quelli che sono già uniti nel vincolo dell'unica fede in Dio possano godere la gioiosa condivisione di un banchetto nel quale ogni contrasto sarà eliminato, ( Cfr. Lc 13,29 ) ogni scandalo superato e trionferà l'Amore. 112. Il mistero che celebriamo, se compreso nella sua carica interiore, strappa ad ogni genere di settorialismo e sospinge a comunicare, in qualche modo, con tutti. La parola che ci interpella, se accolta con religioso ascolto, educa all'arte del dialogo, esercitato senza esclusioni preconcette e senza accettazione di persona. Il pane che ci viene donato, se considerato in stretto rapporto alla passione-morte di Gesù, rimanda alla situazione esistenziale di tanti fratelli e sorelle che portano nella loro carne i segni della violenza e anelano alla piena libertà dei figli di Dio. ( Cfr. Rm 8,12-18 ) Per questi motivi, finché ci saranno guerre fratricide tra i popoli, finché dovremo lamentare sperequazioni sociali ed economiche tra gli uomini, finché la terra non sarà resa abitabile per tutti, non potremo vivere pienamente il dono della salvezza nelle sue dimensioni universali e, pur mangiando del pane consacrato, ci sentiremo in qualche modo responsabili di ogni minaccia alla pace e alla concordia tra i popoli. 113. La tensione missionaria nell'Eucaristia spinge anche verso i non credenti, gli indifferenti e i lontani per annunciare loro che Dio non è assente dal mondo. Al contrario, egli ama questo mondo e tutti quelli che oggi lo abitano e per essi continua a donare il suo figlio Gesù, come via e verità che illumina la ricerca di ogni giusto progresso umano. È ancora la legge del dialogo e della comunione che ci guida, consapevoli che la fede non è contro l'uomo ma in armonia con le aspirazioni più segrete del cuore umano. Un dialogo che ci trova protagonisti, ma prima ancora attenti alla azione misteriosa di Dio. L'Eucaristia rinnova la certezza che la gioiosa speranza della Pasqua di Cristo si diffonde anche al di là delle barriere che sembrano ostacolarla e sa penetrare nei cuori in maniera imprevedibile. Perché l'Eucaristia è redenzione piena di ogni angoscia e di ogni tristezza. Nell'Eucaristia possiamo dire che l'uomo ha sempre un futuro. Conclusione 114. Testimoni del Regno nel mondo L'Eucaristia ci conduce a investire nella nostra missione cristiana quella tensione spirituale e morale che deve animare ogni impegno temporale del cristiano: l'attesa della seconda venuta di Cristo. Il nostro compito è quello di lavorare nel mondo, per aprirlo al Regno di Dio. L'Eucaristia a questo ci spinge e per questo ci dà forza. Nello stesso tempo però essa ci impedisce di assolutizzare le realtà terrene e ogni conquista umana, e ci rimanda sempre in avanti verso una meta che resta dono da attendere nella speranza. È questa speranza che il mondo oggi chiede ai cristiani. In forza di questa speranza, siamo chiamati, anche in mezzo alle presenti difficoltà, a conservare il senso consistente e sereno della vita, come ricorda l'Apostolo: « Non siate pigri nello zelo; siate invece fervidi nello Spirito, servite il Signore. State lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell'ospitalità ( Rm 12,11-13 ). 115. Non è certo una attesa passiva e tanto meno alienante quella a cui l'Eucaristia ci invita. Gesù, nelle parabole cosiddette della « vigilanza », presenta gente attiva, dinamica, avveduta e intraprendente. In esse vengono raccomandate la perseveranza e la necessità di tenersi pronti per il futuro, mettendo a frutto i talenti ricevuti e rifornendo di olio la lampada. ( Cfr. Mt 25,1-30 ) Questo saper resistere e durare nella sofferenza e nella pazienza è un fondamentale atteggiamento di fortezza e di perseveranza, capace di sviluppare mirabili energie di rinnovamento spirituale e di trasformazione del mondo. Eppure ogni passo avanti, ogni fatica, ogni conquista storica, ogni impegno nel presente non può che avere un valore relativo rispetto al compimento futuro, che rimane dono imprevedibile di Dio. Tutto va giudicato sulla base delle istanze radicali del Vangelo. È nel segno del Regno e della croce dunque che l'Eucaristia ci immette nel mondo, e ci impegna a gettare la vita in memoria di Lui, per essere coscienza critica e fermento continuo di novità e di progresso umano. Allora ogni impegno diverrà concreta partecipazione al mistero della morte e risurrezione di Cristo, in attesa che Egli sia « tutto in tutti ». ( Col 3,11 ) Roma, 22 maggio 1983 - Domenica di Pentecoste