Il rinnovamento Liturgico Nota pastorale della Commissione Episcopale per la Liturgia 1. A vent'anni dal Concilio Venti anni sono passati dalla promulgazione della Costituzione Sacrosanctum Concilium ( 4 dicembre 1963 ), con la quale il Concilio Vaticano II, consapevole della necessità di promuovere un profondo rinnovamento della vita liturgica del popolo cristiano, poneva le basi di una profonda e generale riforma della Liturgia. Scopo della riforma era di ricondurre « i testi e i riti a esprimere più chiaramente le sacre realtà di cui essi sono i segni, in una forma tale che, per quanto possibile, il popolo cristiano possa facilmente intenderli e a essi partecipare con una piena, attiva e comunitaria celebrazione ». I. Luci e ombre di un bilancio 2. Uno sforzo storico Negli anni successivi al Concilio, la Chiesa ha prodotto uno sforzo davvero storico, sottoponendo a completa revisione tutto il patrimonio di riti e di testi ereditato dalla tradizione. Le diverse celebrazioni sono state riportate, per quanto possibile, alla loro genuina struttura: molti elementi ormai lontani dalla sensibilità contemporanea sono stati lasciati cadere; altri, invece, che avevano conservato tutto il loro valore, ma che avevano finito nel corso dei secoli con il rimanere sommersi in un complicato ritualismo, hanno ritrovato il dovuto risalto; altri, infine, sono venuti ad arricchire il patrimonio tradizionale apportandovi il contributo della cultura e della sensibilità degli uomini del nostro tempo, Frutto di questo imponente lavoro è innanzi tutto la serie completa dei nuovi libri liturgici che offrono al popolo di Dio uno strumento idoneo, ancorché perfettibile, per un rinnovamento profondo e autentico del culto della Chiesa e della vita liturgica delle comunità e dei singoli fedeli. 3. Un bilancio provvisorio Sebbene sia prematuro azzardare una valutazione definitiva dell'opera intrapresa, i cui frutti maturi si potranno cogliere solo tra qualche generazione, è tuttavia possibile offrire riflessioni per un bilancio del lavoro fatto e dei risultati già conseguiti, alla luce dell'esperienza di questi primi anni di rinnovamento. Tra i punti all'attivo si possono indicare i seguenti: - l'impegno, mantenuto fedelmente, di completare entro un numero di anni ragionevolmente breve la promulgazione di quasi tutti i nuovi libri liturgici, dotati, ciascuno, di importanti « introduzioni » teologico-pastorali; - l'adozione praticamente universale delle nuove forme liturgiche da parte dei presbiteri e delle comunità; - il favore assai vasto che la Liturgia, così rinnovata, semplificata nella forma e resa più intelligente con l'adozione della lingua volgare, ha incontrato presso comunità e singoli fedeli. Esistono tuttavia dei nodi ancora irrisolti, tra i quali ricordiamo: - l'adozione dei nuovi libri e dei nuovi riti non è sempre stata accompagnata da un proporzionato rinnovamento interiore nel vivere il Mistero liturgico e da quell'aggiornamento culturale teologico e pastorale che la riforma avrebbe invece richiesto: - talvolta si ha l'impressione che un nuovo formalismo, forse meno appariscente ma ugualmente infecondo e illusorio, stia sostituendosi all'antico. In altri casi invece si è dovuta lamentare una smania poco motivata per cambiamenti ingiustificati; - non sembra che l'assemblea abbia preso ovunque coscienza della propria funzione nell'azione liturgica. I fedeli spesso appaiono ancora o relegati o attestati nella posizione puramente passiva di ascoltatori-spettatori-fruitori di un atto che altri ( presidente o ministro ) svolge per loro e davanti a loro. 4. Il cammino non è finito Proprio per rendere più stabili i risultati conseguiti e per ridare impulso e slancio all'opera di rinnovamento voluta dal Concilio, i vescovi rivolgono a tutti, pastori e fedeli, a ciascuno secondo le rispettive responsabilità, questa Nota pastorale. Lo fanno dopo attenta valutazione dell'esperienza di questi venti anni di riforma e dopo aver preso visione dei risultati dell'inchiesta promossa dalla Commissione Episcopale per la Liturgia sulla situazione della riforma liturgica in Italia, presentati alla XX assemblea della CEI nell'aprile del 1982. Al di là delle diverse valutazioni degli esperti, tali risultati consentono di avere una conoscenza meno approssimativa della situazione e di individuare i punti sui quali gli interventi pastorali si rivelano più urgenti. Con questa Nota pastorale i vescovi intendono indicare alcuni aspetti della riforma liturgica che ancora richiedono un'attenta riflessione e un particolare impegno, senza tuttavia pretendere di trattare tutti gli argomenti che pur meriterebbero approfondita considerazione. Lo fanno nella consapevolezza dell'importanza che la pastorale liturgia riveste per quel programma di rinnovamento di tutta la vita cristiana che il Concilio Vaticano II ha promosso e intrapreso. II. Una riforma da completare 5. Un vuoto da colmare Se la riforma liturgica non ha prodotto tutti quei frutti che era lecito attendersi, ciò è dovuto sia alla esiguità del tempo trascorso sia alla mancata comprensione dello spirito e dei fini della riforma liturgica da parte dei fedeli e di molti operatori pastorali. La causa di questa incomprensione è da ricercare nella scarsa familiarità dei fedeli al linguaggio ( parole e segni ) e alla spiritualità della Liturgia e nella carente formazione liturgica degli stessi ministri del culto. Si deve riconoscere infatti che in passato lo studio della Liturgia è stato generalmente carente, e limitato alla conoscenza dei riti e delle rubriche; né sempre si è dato spazio alla nuova sensibilità che il movimento liturgico andava promuovendo e diffondendo anche in Italia. 6. Uno studio da approfondire D'altra parte, il continuo progresso delle conoscenze critiche nei rapporti tra la Liturgia e le altre discipline della scienza teologica ( Bibbia, dogma, storia, pastorale, spiritualità, ecc. ) rende sempre più evidente che gli sforzi pur generosi degli studiosi sono ancora ben lontani dall'illuminare adeguatamente tutti gli aspetti della complessa realtà del culto cristiano. Più che mal urgente resta dunque l'indicazione conciliare per una ricerca e un insegnamento interdisciplinare che « metta in rilievo, secondo le intrinseche esigenze di ogni disciplina, il mistero di Cristo e la storia della salvezza, in modo che risulti chiara la loro connessione con la Liturgia ». Ma stesso modo bisognerà saper mettere a profitto tutti i contributi provenienti dalle scienze umane per una sempre più precisa e corretta comprensione del linguaggio cultuale: linguaggio essenziale simbolico e dunque umano, come del resto ben si conviene alla natura stessa del « mistero » da quando « il Verbo s'è fatto carne », ( Gv 1,14 ) da quando cioè la Parola divina s'è fatta parola umana e l'Inesprimibile ha cercato espressione nei simboli dell'uomo. 7. Una presidenza da esercitare I primi ad avere coscienza della necessità di un continuo approfondimento della formazione liturgica dovranno essere gli stessi ministri ordinati - vescovi, presbiteri e diaconi - ciascuno secondo le esigenze del proprio ruolo. Per loro, che in virtù dell'Ordine sacro sono chiamati a esercitare il ministero della presidenza, risuona tuttora l'ammonimento dell'Apostolo: « chi presiede, lo faccia con diligenza ». ( Rm 12,8 ) Da ciò deriva loro il dovere di apprendere e di affinare l'arte di presiedere le assemblee liturgiche al fine di renderle vere assemblee celebranti, attivamente partecipi e consapevoli del mistero che si compie. Con opportune monizioni, con il gestire sobrio e appropriato, con la capacita di adattamento alle diverse situazioni, con la saggia utilizzazione delle possibilità di scelta offerte dai libri liturgici, con tutto il proprio atteggiamento pervaso di intima preghiera, spetta in primo luogo a che presiede rendere ogni celebrazione un'esperienza di fede che si comunica, di speranza che si conferma, di carità che si diffonde. La disattenzione per queste esigenze della funzione presidenziale da parte di molti ministri ordinati, anche tra i più giovani, dovrà spingere gli organismi competenti a intensificare gli sforzi, a moltiplicare le iniziative per ridestare in tutti la consapevolezza delle responsabilità e della grazia del proprio ministero in rapporto alla Liturgia. 8. Un ruolo cui prepararsi Ciò che è stato per quanti sono già nel ministero ordinato, vale anche per coloro che a tali ministeri si preparano. Bisognerà però riconoscere che, malgrado la precisa indicazione del Concilio - « Nei seminari e negli studentati religiosi la sacra Liturgia va computata tra le materie necessarie e più importanti e, nelle facoltà teologiche, tra le materie principali » - di fatto non sempre la realtà corrisponde al dettato conciliare. Infatti i progressi della scienza liturgica e lo spirito della riforma non riescono a trovare spazio ed eco adeguati nell'insegnamento della Liturgia, spesso ancora relegato tra quello delle discipline secondarie e tuttora ancorato a schemi didattici ormai superati. È invece indispensabile che gli aspiranti agli Ordini sacri imparino a cogliere, mediante lo studio e la esperienza vissuta, il senso profondo dei riti che dovranno celebrare in modo da sapervi trovare, per sé e per i fedeli che saranno loro affidati, l'indispensabile nutrimento di ogni vita spirituale. Perché questo avvenga, è necessario che i candidati al ministero sacerdotale siano formati alla comprensione dei testi eucologici che diranno, delle pagine bibliche che proclameranno e dei simboli che tratteranno; che siano educati a un uso rispettoso e creativo dei libri liturgici, secondo le disposizioni contenute nei libri stessi, cosi da saper unire al linguaggio della tradizione l'indispensabile adattamento alle situazioni storiche della comunità celebrante. 9. Un servizio da prestare Attenzione particolare dovrà essere dedicata a quei fedeli che collaborano all'animazione e al servizio delle assemblee. Consapevoli di svolgere « un vero ministero liturgico », è necessario che essi prestino la loro opera con competenza e con interiore adesione a ciò che fanno. Nell'esercizio del loro ministero essi sono « segni » della presenza del Signore in mezzo al suo popolo. Con la molteplicità e nell'armonia dei loro servizi - dalla guida del canto alla lettura, dalla raccolta delle offerte alla preparazione della mensa, dalla presentazione dei doni alla distribuzione dell'Eucaristia - essi esprimono efficacemente l'unità di fede e di carità che deve caratterizzare la comunità ecclesiale, a sua volta segno e sacramento del mistico corpo di Cristo. Per queste ragioni è vivamente raccomandabile che tali ministeri siano esercitati da fedeli adulti, stabiliti nel sacramento della Confermazione, adeguatamente preparati e consapevoli che il servizio liturgico è una testimonianza che va continuata e confermata nella vita di ogni giorno. Perché appaia con evidenza che Liturgia e vita cristiana sono tra loro intimamente connesse, al ministero liturgico dovrebbe corrispondere un adeguato impegno nelle diverse attività in favore della comunità ecclesiale e umana. A questi servizi liturgici è opportuno avviare progressivamente e con adeguata preparazione fanciulli e ragazzi, in vista di una loro crescita anche ministeriale nella comunità. Particolare significato acquisterà, all'interno delle parrocchie, la presenza di ministri istruiti nel lettorato e nell'accolitato, come segni di una disponibilità costante al servizio ecclesiale. Allo stesso modo ogni comunità avrà cura di promuovere al suo interno la formazione di gruppi liturgici per la preparazione e l'animazione delle celebrazioni, soprattutto di quelle domenicali e delle feste più importanti. 10. Una partecipazione da animare Ma tutta la ricchezza di ministeri e i diversi compiti dei ministri non dovranno far dimenticare che il vero soggetto della celebrazione è sempre l'assemblea dei fedeli, verità recuperata e ribadita con forza dai nuovi libri liturgici, perché il Dio salvatore vuol stabilire un rapporto diretto, ancorché mediato con il suo popolo, come appare chiaramente nell'assemblea del Sinai ( Es 24 ) tipica per ogni convocazione del popolo eletto. Questa centralità dell'assemblea - « stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo acquistato » ( 1 Pt 2,9 ) - costituisce al tempo stesso un diritto e un dovere. Nell'atto liturgico, infatti, la comunità, destinataria e protagonista di ogni celebrazione, esprime ed edifica se stessa, e mentre professa la propria fede nel mistero della redenzione sempre più progredisce sulla via della salvezza. Riconoscendosi in ognuno dei suoi ministri - che della stessa assemblea sono parte integrante - la comunità dei fedeli partecipa direttamente alla celebrazione, aderendo alle funzioni del ministro che presiede in virtù dell'Ordine sacro, con il consenso espresso dall'« amen », le risposte, le acclamazioni, i gesti e tutte le forme indicate nei libri liturgici. Così, nella partecipazione gerarchica, l'assemblea caratterizza ogni celebrazione, adattata alle sue particolari situazioni e circostanze soprattutto con l'esecuzione dei canti e con la formulazione della preghiera dei fedeli. 11. Una Parola da proclamare L'esperienza di questi venti anni ha dimostrato che non potevano bastare la traduzione dei testi e la semplificazione dei riti a rendere comunicative le celebrazioni e a garantire l'intelligenza del mistero celebrato. È ormai chiaro che nessuna traduzione avrebbe potuto da sola ovviare al grave problema culturale derivante dal fatto che l'universo linguistico e simbolico della Liturgia proviene, o direttamente o per ispirazione, dal mondo della Bibbia: un mondo storicamente e culturalmente lontano dal nostro, e dunque in parte estraneo al panorama culturale dell'uomo di oggi. Di questo dato di fatto bisognerà tenere il debito conto, se si vorrà restituire tutto il suo spessore celebrativo e simbolico alla proclamazione liturgica della Parola. Tale proclamazione non può essere vista solo come narrazione informativa degli eventi della storia della salvezza, né come semplice riaffermazione degli articoli di un codice morale: essa è essenzialmente parola che Dio « oggi » rivolge all'uomo perché l'oggi dell'uomo ne sia illuminato e salvato. Perciò le « Scritture » lette nella Liturgia sono sempre accompagnate dalla parola viva, che non solo le spiega esegeticamente, ma soprattutto ne evidenzia l'attualità e ne mostra la realizzazione nel segno sacramentale. Ha quindi importanza l'omelia del ministro ordinato, come ogni intervento di parola ( es. monizioni e didascalie ) che aiuti i fedeli a meglio comprendere quanto viene proclamato e a intendervi la parola che il Signore oggi rivolge a loro. Poiché il dialogo liturgico di Dio con il suo popolo non sfugge alle condizioni dell'umana comunicazione, sono utili tutti gli accorgimenti che favoriscono l'ascolto e la comprensione dei testi letti ( es. dignità dell'ambone e del libro, una sufficiente amplificazione della voce, una lettura chiara e intelligibile, ecc. ). Particolarmente feconda per la formazione all'ascolto della parola di Dio sarà la pratica assidua della « lectio divina », o « lettura della Bibbia secondo lo Spirito che abita nella Chiesa, sia con la sua presenza nel ministero apostolico sia con la sua azione nei fedeli ». Nel confronto con la realtà vissuta, che accompagna la lettura dei testi, i fedeli impareranno a entrare in modo sempre più vitale nel linguaggio della sacra Scrittura e gli stessi presbiteri ne potranno ricevere stimoli preziosi per le loro omelie, specialmente là dove insieme si riflette e si prega sulle letture della domenica successiva. Anche l'uso dei salmi, nella preghiera sia privata sia di gruppo e specialmente nella Liturgia delle Ore, aiuterà i fedeli a « comprendere le Scritture ». ( Cfr. Lc 24,44 ) 12. Un rito per significare Abituati a considerare la celebrazione come un susseguirsi di cerimonie prescritte, il vero senso dell'agire rituale nella Liturgia cristiana sfugge a molti ministri e fedeli, che spesso soffrono il disagio di una certa estraneità a tutto ciò che si svolge intorno all'altare. La riforma invece suppone una indispensabile « conversione » al progetto e allo stile di Dio che ha voluto attuare e comunicare la sua salvezza attraverso il « sacramento » delle cose più comuni e delle azioni più quotidiane. Conforme a questo stile dell'agire divino, la Chiesa, guidata dallo Spirito, per costruire la sua Liturgia ha assunto alcune azioni proprie delle culture umane - come riunirsi e agire comunitariamente, salutare e dialogare, cantare e acclamare, leggere un testo e interpretarlo, formulare desideri e ringraziare, chiedere perdono e darsi la pace, preparare la mensa e partecipare al convito, … - rendendole significative dell'iniziativa divina che salva e della risposta umana che accetta e corrisponde. Ma per risultare significativi, i riti da una parte debbono conservare la loro autenticità senza essere banalizzati con un cerimonialismo che ne estenua l'originale senso umano, dall'altra debbono risultare evocativi di ciò che Dio ha fatto per la salvezza del suo popolo e ancor oggi opera nella celebrazione. E necessario che i ministri conoscano il valore dei gesti che compiono e dei segni che pongono; che sappiano valorizzarli pienamente secondo le esigenze dell'assemblea e le peculiarità delle culture locali; che facciano risaltare la ricchezza di significato che tali riti rivestono per la vita e per la fede dell'assemblea, rifuggendo allo stesso tempo dalla prolissità verbosa e dalla frettolosa approssimazione, favorendo invece una totale disponibilità a ricevere la ricchezza del dono di Dio. 13. Un'arte per esprimere Da quando la parola di Dio si è fatta carne e Dio ha scelto di parlare e di essere lodato nella lingua degli uomini, ogni « parola » autentica umana è stata assunta nel mistero dell'incarnazione e nessuna « lingua » umana potrà mai più esserne esclusa. Tutto ciò di cui l'uomo si serve per esprimere fede e disperazione, gioia e pianto, vita e morte, speranza e paura, tutto è diventato « carne » dell'eterna Parola di Dio e tutto è stato abilitato a dare espressione all'inesprimibile. Proprio quest'intenzione di fede, che obbliga la Chiesa a conservare e a tramandare con cura il patrimonio artistico e le testimonianze di fede del passato, la impegna altresì a non respingere nessuna delle nuove forme nelle quali l'uomo contemporaneo ama esprimere la comprensione che egli ha di se stesso, del mondo in cui vive e della fede che professa. Allo stesso modo, il rispetto che la Chiesa ha per la propria tradizione le impedisce sia di dissipare i tesori sia di acconsentire a relegarli al rango di oggetti da museo: una Chiesa è un luogo vivo per uomini vivi; essa vive della loro stessa vita. Creatività e conservazione, adattamento nella salvaguardia; sono questi i criteri che dovranno guidare i tentativi di quanti s'impegnano nella risistemazione di antichi spazi e ambienti per il culto, allo stesso modo che nella creazione di nuove strutture e suppellettili per la Liturgia. Nel fare tutto questo, mentre si terranno presentì le disposizioni contenute nei libri liturgici, bisognerà garantire agli artisti la libertà necessaria per poter recare, con il loro linguaggio di bellezza e di poesia, il loro contributo alla comprensione del messaggio: la mediazione dell'immagine ha infatti una voce spesso sconosciuta alla parola e al concetto. 14. Una fede da cantare Ciò che è stato detto per le arti figurative, plastiche e decorative vale con pieno diritto anche per la musica. In questi venti anni si è assistito a uno straordinario fervore di produzione musicale per la Liturgia: il repertorio dei canti ne è risultato notevolmente arricchito e migliorato; quasi ogni momento di ciascuna celebrazione ha ora un suo repertorio; nuove aspirazioni e nuove consapevolezze hanno trovato espressione nei nuovi testi. Inutile nascondersi che non tutto è all'altezza della dignità del culto, ma non giova neanche sottolinearlo troppo: nessuna nuova espressione artistica nasce mai adulta. Sarà invece compito di tutti coloro che si impegnano in questo settore favorire una migliore selezione tra i canti esistenti mediante segnalazione del materiale più valido, e indirizzare la nuova produzione verso la creazione di brani che meglio rispondano alle attese delle assemblee in preghiera. Ma neanche una produzione musicale più adeguata alle necessità delle diverse assemblee riuscirà a farle cantare se esse non saranno sostenute da una continua azione educativa e se in ogni celebrazione non saranno opportunamente guidate. Per questo si favorisca in tutti i modi una corretta formazione liturgica degli animatori musicali dell'assemblea e si curi che il coro, pur svolgendo la sua necessaria funzione di guida, coinvolga l'intera assemblea in una più attiva partecipazione. 15. Principi da conoscere In questa Nota pastorale i vescovi, pur non volendo trattare tutte le singole questioni riguardanti le diverse celebrazioni, sentono tuttavia l'urgenza di richiamare l'attenzione degli operatori pastorali sui singoli libri liturgici che sono i primi e più essenziali strumenti di ogni celebrazione e il fondamento più solido di un'efficace catechesi liturgica. Si ha infatti l'impressione che non siano state sufficientemente prese in considerazione le Introduzioni o Premesse ai singoli libri; eppure esse contengono i principi teologi e pastorali che hanno guidato la composizione di quei testi e offrono i criteri interpretativi e normativi per una corretta comprensione e applicazione degli stessi. In tutte le iniziative di studio e di formazione liturgica si tengano nel debito conto questi documenti dottrinali e normativi, come pure i documenti che i vescovi italiani hanno dedicato nel corso degli anni '70 a «Evangelizzazione e sacramenti » e quelli che stanno proponendo negli anni '80 su « Comunione e comunità ». Là dove essi risultassero scarsamente conosciuti, se ne promuova con sollecitudine un maggiore approfondimento. 16. Una possibilità da valorizzare Intelligenza dei principi teologici, fedeltà alle norme, adattamento creativo alle esigenze delle diverse comunità: sono questi i criteri che assicurano e testimoniano una vera attenzione allo spirito della riforma. Questa, infatti, non chiede solo ai singoli ministri del culto, specialmente a quelli costituiti negli Ordini sacri, di tradurre in atto le norme della Chiesa valide per tutti, ma domanda loro di saper essere veri mediatori tra il libro e l'assemblea, tra la norma universalmente valida e le esigenze proprie della singola comunità. È evidente che tale capacità non si improvvisa. Essa è frutto di una duplice attenzione: anzitutto al testo sacro, al libro liturgico, alla tradizione orante della Chiesa mediante una lunga consuetudine. Si eviterà così di cadere in quella « creatività selvaggia » che contraddice non solo alle « norme », ma alla natura profonda della Liturgia: ad es. manomettendo il Canone che è « norma » della preghiera ecclesiale, attribuendone parti ai fedeli, con evidente confusione di ruoli, eliminando le vesti liturgiche con il rischio di banalizzare il rito e di distruggere il senso del sacro … Sono solo esempi che si potrebbero moltiplicare. Le Commissioni liturgiche devono vigilare e usare la necessaria fermezza, perché la « preghiera della Chiesa » non sia abbandonata all'arbitrio dei singoli. Ma c'è pure un altro polo di attenzione che deve coniugarsi con il precedente ed è l'assemblea concreta che celebra: i sentimenti, la fede, la gioia, i dolori, i peccati, in una parola il cuore dei fratelli che ho davanti. Chi sa leggere tra le righe del libro liturgico e tra le pieghe del cuore umano sa che non ha bisogno di stravolgere i riti per risultare creativo: una monizione efficace, una preghiera adatta alla circostanza, un canto appropriato, la capacità d'infondere vita e significato sempre nuovi alla stessa ripetizione rituale delle azioni liturgiche, sono tutti strumenti leciti, normalmente sufficienti, ma anche assolutamente necessari per rendere « incarnata » e attuale una celebrazione. Come infatti non bisogna confondere la vera creatività con la ricerca della novità a tutti i costi, così non sempre l'osservanza letterale e scrupolosa della norme, che eludesse la possibilità di scelta e di adattamento che essa offre, è segno di fedeltà meritoria, ma piuttosto frutto di pigrizia. Nel difficile equilibrio tra fedeltà alla norma scritta e attenzione all'uomo storico e concreto delle nostre assemblee è tracciato il sottile confine di una legittima e anzi doverosa creatività. 17. Una riedizione da approntare Allo scopo di rendere i libri liturgici strumenti idonei a garantire una forma di celebrazione sempre più adeguata alle diverse situazioni locali, la Sede Apostolica ha affidato agli episcopati nazionali il compito di stabilire gli adattamenti ritenuti opportuni sia per ciò che riguarda la parte rituale sia per ciò che si riferisce all'aspetto pastorale. L'episcopato italiano, in occasione della prima edizione di tali libri, si era limitato a offrire una semplice traduzione dell'edizione tipica latina. Dovendo ormai procedere a una ristampa, la Commissione Episcopale per la Liturgia considererà gli eventuali adattamenti possibili da proporre ai competenti organismi. In quest'opera si avvarrà del lavoro degli studiosi e delle proposte degli operatori pastorali e già da ora invita i diversi istituti e le riviste di Liturgia e di pastorale a iniziare ricerche e a offrire contributi in questa direzione. Questo indirizzo si è già realizzato nella seconda edizione del Messale romano in italiano. 18. Una pietà da orientare Nel patrimonio di fede e di pietà che il passato ci ha tramandato, un'attenzione particolare va rivolta alla cosiddetta « pietà popolare », le cui espressioni, « per lungo tempo considerate meno pure, talvolta disprezzate », « sono praticate in certe regioni dal popolo fedele con un fervore e una purezza d'intenzione commoventi ». Tali espressioni di devozione e di fede « formano oggi un po' dappertutto l'oggetto di una riscoperta » e questo è certamente un fatto provvidenziale. In realtà, se bisognerà vegliare perché certe forme di devozione non sconfinino nella magia e nella superstizione, sarebbe colpevole non riconoscere, in quelle pratiche, elementi che, « se ben utilizzati, potrebbero servire benissimo a far progredire nella conoscenza del mistero di Cristo e del suo messaggio »: in esse infatti si manifesta un ardore di fede, una passione d'amore, un'accettazione di dipendenza, un attaccamento alle tradizioni religiose che da soli costituiscono autentici valori e feconde possibilità di evangelizzazione. Bisognerà anche riconoscere il ruolo storico che la pietà popolare ha svolto per secoli, quando è stata l'unica forma di pietà accessibile al popolo cristiano, escluso come era dalle ricchezze della Liturgia. Ora tutto un grande campo di lavoro ci si offre davanti: comporre in armonia Liturgia e pietà popolare, ispirando la seconda alla prima e vivificando quella con questa, senza esclusivismi e senza preclusioni, ma anche senza fondere o confondere le due forme di pietà; il popolo cristiano avrà sempre bisogno dell'una e dell'altra, e a Dio bisognerà lasciare aperte tutte le strade che conducono al cuore dell'uomo. 19. Una attività da promuovere Affinché l'azione pastorale liturgica sia svolta ovunque con competenza e zelo, è indispensabile il lavoro di quegli organismi che possono più direttamente influire sulle parrocchie e sulle comunità: intendiamo parlare delle Commissioni diocesane per la Liturgia e degli Uffici liturgici diocesani. Voluti dal Concilio per « promuovere, sotto la guida del vescovo, l'apostolato liturgico », negli ultimi tempi essi sembrano aver perso l'entusiasmo iniziale, anzi, in alcune parti del paese, non pare abbiano mai avuto una consistenza reale e una vera efficacia. È invece urgente che essi vengano potenziati all'interno delle singole diocesi, favorendone anzi la cooperazione con le Commissioni liturgiche regionali. Ma nemmeno questo potrebbe bastare: vi sono questioni che non interessano solo la Liturgia ma anche la catechesi; tali ad esempio, l'iniziazione cristiana, la pratica penitenziale, l'assemblea eucaristica domenicale, l'anno liturgico … Sembra ormai indispensabile che le iniziative e le disposizioni in proposito vengano studiate ed emanate insieme dalle rispettive Commissioni per la catechesi e la Liturgia. A maggior ragione ciò è auspicabile a livello nazionale. III. Per una migliore manifestazione del mistero 20. Culmine e fonte Qualcuno, leggendo questa Nota, si domanderà come sia possibile ancora, con tutti i gravi problemi che affliggono la società contemporanea, preoccuparsi di cerimonie e di riti, di formule e di ruoli liturgici. Altri potranno pensare che il futuro della Chiesa si gioca assai più nell'evangelizzazione che nella pratica sacramentale. Senza negare la parte di verità contenuta in questi modi di vedere e di giudicare le cose, e pur sapendo che « la Liturgia non esaurisce tutta la vita della Chiesa », i vescovi ritengono che nessuna necessità contingente e nessun altro impegno, pur profondamente e primario quale l'evangelizzazione, potrà mai togliere alla vita liturgica la sua prerogativa di « culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, insieme, di fonte da cui promana tutta la sua forza ». Infatti « ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun'altra azione della Chiesa, allo stesso titolo e allo stesso grado, le è pari per efficacia ». 21. Presenza che unisce Questo primato di dignità e di efficacia deriva alla Liturgia dalla specialissima presenza di Cristo nell'atto liturgico. Se è vero infatti che in ogni attività pastorale della Chiesa opera Cristo e agisce con la sua potenza lo Spirito Santo, è anche vero che Cristo « è presente in modo speciale ( praesertim ) nelle azioni liturgiche ». Una presenza che non sarà da intendere come sostitutiva, ma come associativa: Cristo cioè non si sostituisce all'uomo ( Chiesa ), ma lo associa a sé nel culto di adorazione reso al Padre e nell'opera di salvezza che il Padre gli ha affidato; non volendo salvare il mondo da solo, Cristo « in quest'opera così grande associa sempre a sé la Chiesa … giustamente perciò la Liturgia è ritenuta come l'esercizio del sacerdozio di Gesù Cristo ». Il Concilio Vaticano Il ha il merito di aver divulgato questa grande visione del culto cristiano come momento della storia della salvezza portata e attuata da Cristo con il suo mistero pasquale: « Come il Cristo fu inviato dal Padre, così anche lui ha inviato gli apostoli, ripieni di Spirito Santo, non solo perché predicassero il Vangelo a tutti gli uomini … ma anche perché attuassero per mezzo del sacrificio e dei Sacramenti, sui quali s'impernia tutta la vita liturgica, l'opera della salvezza che annunziavano ». E infatti, se non c'è fede senza annunzio, non c'è nemmeno salvezza - in via ordinaria senza Sacramenti della fede; e la stessa Chiesa che ha ricevuto dal Signore il mandato di « andare in tutto il mondo a predicare il Vangelo a ogni creatura » ( Mc 16,15 ) ha anche ricevuto la missione di « battezzare nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo » ( Mt 28,19 ) tutti coloro che avrebbero creduto, perché la salvezza è promessa a colui « che crederà e sarà battezzato ». ( Mc 16,16 ) 22. Celebrare e vivere In questo senso la Liturgia è veramente « culmine e fonte » di tutta la vita della Chiesa. Questa, infatti, sa bene che la sua Liturgia al tempo stesso vive di fede e nutre la fede, canta la speranza e suscita la speranza, celebra la carità e fa crescere la carità. Sempre bisognosa di purificazione e sempre santa, la Chiesa è conscia che la sua santità non è così grande da risparmiare l'amarezza del peccato, né il peccato è tanto grave da precludere definitivamente la via della salvezza. Così, mentre confessa la sua colpa, celebra il perdono; mentre investe i suoi figli di un ministero troppo grande per le loro forze, conferisce loro la grazia necessaria per il compimento della missione ricevuta; mentre consacra l'amore umano e terreno di due creature, lo rende immagine dell'amore eterno con il quale Dio ha amato l'uomo e dell'amore definitivo con il quale Cristo ha riscattato la sua sposa, la Chiesa, a prezzo del proprio sangue; mentre soffre nella propria carne la malattia, primizia della morte, può già seminare in essa i germi della risurrezione finale e il pegno della vita eterna. In questo modo la Liturgia genera, nutre e accresce la Chiesa che la celebra. 23. Liturgia per l'uomo La Liturgia, infatti, in quanto opera di Cristo e della Chiesa, è il luogo dove il divino e l'umano vengono a contatto fra di loro, affinché il divino salvi ciò che è umano e l'umano acquisti dimensione divina. Per questo, se la comunità cristiana è composta di uomini, per cui la gioia e l'angoscia dell'uomo d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono anche la gioia e la speranza, la tristezza e l'angoscia dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di autenticamente umano che non trovi eco nel loro cuore, sarà allora evidente che « la gioia e la speranza, la tristezza e l'angoscia degli uomini d'oggi » non solo riceveranno accoglienza nella Liturgia, ma di questa costituiranno il corpo e l'anima, poiché non esiste salvezza che non sia storica, concreta, totale. In una Liturgia disincarnata, nessun uomo concreto, storico, potrebbe mal ritrovarsi, né Dio potrebbe mai apparirgli veramente « salvatore », perché una salvezza deve essere proporzionata al pericolo che si corre, o che ci minaccia. 24. Culto di fede ed impegno Una Liturgia così intesa e celebrata offre allo stesso tempo molte risposte alle domande della fede ( catechesi ) e alle esigenze dell'impegno cristiano ( morale ). Essa sarà al tempo stesso annuncio e conferma, esortazione e verifica, ammonimento e sprone per ogni singolo fedele e per l'intera comunità. Celebrando la fede che la alimenta e riflettendo sulla qualità del proprio impegno in favore della città degli uomini, la Liturgia nutre e accresce la fede, stimola e purifica l'impegno morale e la testimonianza. 25. Epifania del mistero E mentre celebra la propria fede e accresce se stessa nella carità, la Chiesa, raccolta in preghiera nell'atto liturgico, contempla se stessa nella dimensione più profonda e più vera del suo mistero. Come le realtà che tratta, la Chiesa scopre e conosce se stessa come sacramento-segno di quell'amore che annuncia e di quella salvezza che offre, e comprende che, come ogni segno e ogni sacramento, anche essa può rivelare o nascondere, può donare o sottrarre, a seconda della qualità del suo ministero. Poiché la testimonianza è più potente delle parole, e l'esempio ha una voce che nessuna lingua potrà mai uguagliare, la Chiesa, ponendosi a modello dell'umanità nuova, è chiamata a continua conversione, affinché la sua parola sia credibile e il suo messaggio sia accettabile anche da chi non ha la speranza. La Chiesa sa che se tutta la sua vita ( come è del suo culto ) non sarà un'epifania dell'amore, essa potrà essere solo uno scandalo per gli uomini di buona volontà. Perciò, mentre costruisce e celebra il Culto divino in modo da esprimervi tutto il proprio mistero, la Chiesa si lascia modellare dalle realtà celebrate per essere degna essa stessa di celebrarle e di annunciarle agli uomini.