La Chiesa in Italia dopo Loreto La XXV Assemblea Generale ha preso in attenta considerazione il Convegno ecclesiale « Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini », celebrato a Loreto dal 9 al 13 aprile 1985. Ha in particolare discusso la bozza di una « Nota pastorale », con la quale la Conferenza intendeva raccogliere l'esperienza e il messaggio del Convegno ed individuare alcune linee di comune impegno. Con i contributi dell'Assemblea e secondo le sue indicazioni è stata curata l'edizione definitiva della « Nota », che si riporta in questo numero del Notiziario. 1. - All'indomani del Convegno di Loreto, con questa Nota pastorale intendiamo: - richiamare brevemente l'esperienza vissuta; - riassumere il messaggio che il Convegno ci affida; - indicare alcuni traguardi di un impegno che si inserisce ora nel più ampio cammino della Chiesa italiana in questi anni. I. Una esperienza che impegna 2. - A Loreto siamo convenuti, nella settimana di Pasqua, come pellegrini di Chiesa, da sempre chiamati a seguire Cristo Gesù e a vivere di Lui, crocifisso, risorto e vivo per riconciliare pienamente gli uomini con se stessi, tra di loro e con Dio. In questa verità è la nostra vocazione e la nostra identità; qui è la vera sorgente dello Spirito Santo che ci raduna e ci anima; qui è la missione e l'alimento della nostra presenza di Chiesa e di cristiani nel mondo: null'altro noi riteniamo di sapere, e di null'altro noi potremo gloriarci ( cfr. 1 Cor 2,2 ). 3. - Non dunque per pura pretesa di umane progettazioni, né per cercare alibi o scampo alle dure realtà del momento presente noi ci siamo riuniti, ma innanzi tutto per celebrare la verità cristiana della riconciliazione di Dio con i peccatori, cosi come si è compiuta nell'unico, singolare, definitivo gesto della Pasqua di Gesù: gesto che raggiunge al cuore tutti gli uomini, ogni uomo, ogni umana situazione. 4. - Con la sua singolare autorevolezza, assai bene il Santo Padre ha interpretato e ha confermato le nostre intenzioni: « Sono venuto a Loreto innanzi tutto per celebrare con voi il Cristo risorto, il Redentore dell'uomo, il Riconciliatore dell'umanità ( cfr. 2 Cor 5,18s ). Sono venuto per mettermi con voi ai piedi della Croce, segno sempre paradossale, ma insostituibile della nostra riconciliazione … La riconciliazione è dono che attira tutto a Cristo Signore 'elevato da terra' ( cfr. Gv 12,32 ), suscitando quel movimento sacramentale e storico, che convoca la Chiesa e in essa ricolma l'intera umanità della pacificazione con Dio e tra gli uomini ». 5. - Ci siamo cosi ritrovati insieme a Loreto in « memoria » di Cristo, e abbiamo vissuto una esperienza ricca e spontanea, semplice e vigorosa, consapevole e festosa, che non è facile raccontare a parole. A Loreto era presente una comunità orante, che innanzi tutto aveva scelto la preghiera, l'incontro con la Parola di Dio e con l'Eucaristia, il respiro ecumenico e missionario. Non una volontà di pura aggregazione sociale ci univa, ma una chiara coscienza di Chiesa, che si esprimeva nella varietà ricca e significativa - sacramentale, dobbiamo dire - delle vocazioni, dei carismi e dei ministeri, con il vigore di una autentica e ordinata comunione missionaria. Molti i laici convenuti, e sorprendentemente lieta e matura la loro presenza; numerosi i sacerdoti, i religiosi e le religiose; significativa per tutti la partecipazione dei diaconi; desiderata e voluta la nostra presenza di Vescovi dentro questi rappresentanti qualificati dell'unico popolo di Dio, per il quale siamo chiamati a svolgere il nostro ministero episcopale. 6. - L'esperienza della comunione ecclesiale non ci ha impedito di esaminare tensioni, divisioni o anche lacerazioni e dissensi. Ci ha piuttosto insegnato a superare resistenze, pigrizie e presunzioni e a dare efficacia alla nostra comune missione nel mondo con l'unico criterio che la rende credibile: l'unità dei cristiani in Cristo, « così da essere Chiesa riconciliata ed, anzi, primizia del mondo riconciliato ». Questo è stato a Loreto, e deve essere ancora, il significato del nostro studio, della discussione nelle Commissioni, delle prime sintesi sui cinque ambiti di riflessione attorno ai quali abbiamo approfondito il tema « Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini ». Il dono della riconciliazione non può essere vissuto e speso se non per « annunciare, celebrare e realizzare » riconciliazione e fraternità. 7. - Tanto più impegnativa e decisa diventa questa nostra volontà di comunione ecclesiale, quanto più avvertiamo oggi il nostro compito di servizio cristiano nel Paese. Siamo noi pure comunità degli uomini, e non c'è problema o legittima aspirazione di questo nostro tempo che non ci interpelli a dare un deciso « contributo di valori, di idee e di forze, che la Chiesa italiana attinge al messaggio evangelico ed alla significativa e ricca tradizione religiosa, che ha segnato pagine luminose della storia di questa Nazione. Prima che dalle articolazioni dei nostri lavori, abbiamo compreso a Loreto dall'esperienza vissuta quanto sia importante la nostra identità di cristiani e di Chiesa e il nostro stile di presenza nel Paese, nella più netta convinzione che « se non abbiamo fatto abbastanza nel mondo, non è perché siamo cristiani, ma perché non lo siamo abbastanza ». 8. - Tra di noi, a Loreto, è venuto il Santo Padre a portare « un sigillo particolarissimo di unità, di comunione, di grazia ». L'intera Chiesa italiana così legata, così fedele e da sempre a Lui così vicina, ne ha gioito in maniera aperta, piena e riconoscente. Al Papa avevamo guardato nel decidere e preparare il Convegno, e alle sue indicazioni avevamo conformato i grandi ambiti di studio dei nostri lavori. Egli è venuto « non ospite ma padre, non ospite ma uno di noi … ha portato il Suo contributo e lo ha portato con la qualificazione che nel popolo di Dio gli appartiene, come successore di Pietro, come vicario di Cristo ». Quanto Egli ci ha detto, e la Sua stessa presenza, non solo qualifica il Convegno di Loreto, ma segna il cammino che ci attende: alla Sua parola riserveremo ora la fedele accoglienza e la dovuta riflessione. 9. - Pubblicheremo presto gli « Atti » del Convegno, che offriranno documentazione adeguata e non comuni sollecitazioni operative. Nelle Chiese particolari, intanto, già è arrivata la testimonianza viva e l'esperienza di Loreto, e ciò è quanto mai promettente. Noi stessi, anche come Conferenza Episcopale, non intendiamo esaurire il nostro compito con questa « nota ». Svilupperemo anzi insieme i contributi di questa intensa esperienza, e li faremo confluire nel progetto pastorale « Comunione e comunità », dal quale del resto il Convegno è nato, per proporre di questo progetto nuove articolazioni: a partire dal prossimo anno, siamo infatti impegnati sul tema « Comunione e comunità missionaria ». Ci preme affermare che Loreto continuerà. È stata per noi tutti una sosta riposante, ma attiva e viva. Ora riprendiamo il cammino. II. Il messaggio del convegno 10. - Domande fondamentali La riconciliazione cristiana - dono di Dio al mondo e impegno della sua Chiesa - è la mèta permanente del nostro cammino: in questo senso il Convegno ha aperto l'orizzonte meraviglioso ed esaltante di una mai consumata speranza. Lo sguardo alla Patria futura, in cui la riconciliazione sarà piena ed eterna, non ci porta fuori del mondo, ma ci stimola ad un profondo rinnovamento e ci interroga più fortemente sul già fatto e sul non ancora compiuto. Non a caso il Santo Padre ha sigillato il suo magistero fra noi con otto domande poste al vertice della sua visita, nel cuore della liturgia. Le riproponiamo per il comune impegno: - « Che cosa significa riconciliazione? - Quale è la relazione fra il fatto che essa è dono di Dio, dono del mistero pasquale di Cristo e il fatto che essa costituisce il compito della Chiesa? - Quali leggi divine e umane reggono la rivelazione di questo dono e la sua trasmissione? - In quale relazione essa rimane con una concreta comunità degli uomini, con gli ambienti, con tutta la società? - In che modo questa rivelazione, l'annunzio della riconciliazione, congiunge in sé le esigenze della verità e dell'amore? - Quale trasformazione domanda nella vita personale di ciascuno e nella vita delle comunità ecclesiali? - A quali condizioni la riconciliazione annunciata e vissuta nella Chiesa può contribuire alla crescita della comunità civile nella giustizia e nell'amore fraterno? - Quali sono oggi i doveri dei cattolici nella vita del Paese? ». Intorno a queste domande si è concentrata la forza della preghiera, la serietà e maturità della riflessione, il dialogo intessuto in quei giorni. Quanto è scaturito in risposta a queste domande ci consente di parlare di « messaggio del Convegno ». 11. - La chiave interpretativa Questo messaggio ha una sua precisa chiave interpretativa: la « memoria » liturgica del Cristo risorto che annuncia la riconciliazione, come ricorda anche il Papa: « Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: " Pace a voi! " ( Lc 24,36 ) ». La Chiesa in Italia è tornata in un certo senso al Cenacolo per udire quel pasquale " Pace a voi! ", e ritrovare se stessa, la sua missione contemporanea nel profondo significato delle parole circa la riconciliazione che allora, all'inizio del tempo della Chiesa, Cristo Risorto ha pronunciato in persona ». Lo ha sottolineato a conclusione dei giorni di Loreto anche il Cardinale Presidente della nostra Conferenza Episcopale: « In questi giorni la liturgia ci ha sempre ricordato qualche visita del Risorto ai suoi amici: un po' di qua e un po' di là, è andato a trovare tutti. Ed è venuto a trovare anche noi! ». Il Convegno è stato così un evento di Chiesa, caratterizzato da un « convenire » e dalla visita del Risorto Signore che vi ha portato i suoi doni pasquali: « Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi » ( Gv 20,21 ). Il Convegno è stato evento della Parola del Vivente, evento di carità e di pace, evento di missione ecclesiale. A. Evento della parola: La riconciliazione nella verità 12. - Uditori della Parola La Parola del Risorto è scesa sull'Assemblea raccolta sotto la Croce in tutta la sua forza di Parola di Verità, risuonata nei vari momenti liturgici, nelle riflessioni, nei dibattiti, nelle conclusioni, e nell'insegnamento del Papa. Come la Vergine Maria, la Chiesa si lascia plasmare da questa Parola, accolta in religioso ascolto, fondamento e alimento insostituibile del discernimento spirituale, che anche il Convegno ci insegna ad operare. 13. - Unità e Verità Sorgente della riconciliazione è la Parola di Verità; dall'ascolto viene alla Chiesa la prima sua nota fondamentale: l'unità. La Verità di Cristo ci fa liberi e ci unisce nello stesso tempo. Di essa la Chiesa è serva e testimone fedele: « Esiste un legamento costitutivo tra unità e verità: la riconciliazione autentica non può avvenire che nella verità di Cristo, non fuori o contro di essa ( cfr.Reconciliatio et Paenitentia, n. 9 ). La verità rivelata, peraltro, è proprietà di Dio; di essa la Chiesa non è padrona arbitraria, ma piuttosto serva e testimone fedele: lo Spirito di verità le è dato per assisterla in questa sua missione decisiva, garantendo il carisma dell'infallibilità dei Pastori, ma dotando anche l'intero Popolo di Dio di un particolare senso della fede. È pertanto necessario che il senso di responsabilità per la verità sia condiviso da tutti i fedeli ... ». Depositaria della Parola di Verità profondamente radicata nel popolo fedele, la Chiesa è chiamata, dunque, a testimoniarla con slancio missionario, soprattutto con l'eloquenza della vita, e a farla penetrare nei cuori affinché siano educati dalla Verità che salva. 14. - Coscienza di Verità Dalla Parola di Verità è anzitutto plasmata la coscienza personale. Essa è punto di riferimento unitario dei comportamenti umani, luogo di sintesi, non statica, ma dinamica, soggettività che non si oppone all'oggettività: quando essa si apre all'accoglienza della Parola, si caratterizza come coscienza di verità. Affinché la coscienza personale sia coscienza di verità, bisogna dunque operare per la formazione di personalità cristiane adulte, capaci di lasciarsi giudicare e possedere dalla Verità, per diventarne testimoni con la trasparenza della vita. La formazione sicura della coscienza implica anche l'educazione al discernimento degli aspetti positivi e negativi della società e della cultura contemporanea. 15. - Educare alla Verità In ordine a tale compito appare di fondamentale importanza l'impegno educativo, inteso come capacità di promuovere la formazione integrale della persona umana secondo verità. Nel Convegno è stato giustamente sottolineato il primario e inesauribile compito della famiglia, originaria cellula educativa secondo il progetto di Dio e la struttura naturale della comunità umana, e sono state rilevate le responsabilità e le potenzialità del mondo della scuola in questo campo. Ma è stato anche affermato che famiglia e scuola, da sole, non bastano. È necessario dare vita a un movimento propositivo di tutta la comunità ecclesiale, teso a trasmettere nell'oggi il messaggio umano e cristiano della verità sull'uomo, senza sottrarsi per questo a un corretto e sicuro dialogo con le altre componenti culturali e sociali, chiamate anch'esse a servire l'uomo e ad aprirlo alla pienezza della sua vocazione. A tal fine è indispensabile il servizio della teologia, un coerente impegno pedagogico per l'educazione ai valori, una solida iniziazione cristiana, la dovuta attenzione al progetto catechistico della Chiesa italiana e una profonda formazione degli educatori: genitori, docenti, operatori della comunicazione sociale, animatori di gruppi e, con peculiare attenzione, i catechisti, vera speranza della comunità ecclesiale. Inoltre ciò impegna a valorizzare tutte le aree aggregative dove sia possibile crescere insieme nella coscienza della verità, e comporta un rapporto di simpatia, di fiducia, di sicuro discernimento verso tutti i canali e gli strumenti - mass media, strutture educative, centri culturali, ecc. -, capaci di favorire la maturazione di nuovo consenso su autentici valori morali. 16. - Vangelo e cultura Questa rinnovata coscienza di verità fa emergere, come nodale, il rapporto fra Vangelo e cultura. « La cultura è un modo specifico dell' " esistere " e dell' " essere dell'uomo ». La fede è in grado essa stessa di produrre cultura, cioè un'esistenza e una storia ispirate e impregnate della Parola che si è fatta carne. Ne deriva, nel nostro contesto italiano, la necessità di una chiara proposta della fede cristiana e un coerente impegno a sanare la frattura oggi esistente tra Vangelo e cultura, proprio sul terreno dei fondamentali valori morali, senza mai appiattire la verità cristiana: « occorre por mano a un'opera di inculturazione della fede che raggiunga e trasformi, mediante la forza del Vangelo, i criteri di giudizio, i valori determinanti, le linee di pensiero e i modelli di vita ( cfr. Evangelii Nuntiandi, 19-20 ), in modo che il cristianesimo continui ad offrire, anche all'uomo della società industriale avanzata, il senso e l'orientamento dell'esistenza ». 17. - La fede, peraltro, attraversa e supera ogni cultura: « Il Vangelo, e quindi l'evangelizzazione, non si identificano certo con la cultura, e sono indipendenti rispetto a tutte le culture. Tuttavia il Regno, che il Vangelo annunzia, è vissuto da uomini profondamente legati a una cultura, e la costruzione del Regno non può non avvalersi degli elementi della cultura e delle culture umane. Indipendenti di fronte alle culture, il Vangelo e l'evangelizzazione non sono necessariamente incompatibili con esse, ma capaci di impregnarle tutte, senza asservirsi ad alcuna » In questa luce, realtà quali la società complessa, il pluralismo culturale, la società del benessere, la secolarizzazione, vanno comprese attraverso l'esercizio del « discernimento che, avvalendosi doverosamente anche di appropriati strumenti culturali, consente al cristiano la presenza al proprio tempo, intesa come presenza che deriva da una "caritas discreta", cioè da una carità capace di vagliare criticamente il senso degli eventi civili e dei fatti di Chiesa alla luce della contemplazione del disegno di Dio per questo nostro tempo ». Dovremmo pertanto sviluppare oramai una organica pastorale della cultura, « che sappia sì giudicare e discernere ciò che c'è di valido nei sistemi culturali e nelle ideologie, ma più ancora sappia puntare su tutto ciò che affina l'uomo ed esplica le molteplici sue capacità di far uso dei beni, di lavorare, di far progetti, di formare costumi, di praticare la religione, di esprimersi, di sviluppare scienze e arte: in una parola, di dare valore alla propria esistenza ». B. Evento della pace: La riconciliazione nella carità 18. - Verità e carità Il Convegno è stato poi evento della pace del Risorto: nella forza del dono ricevuto col Battesimo, abbiamo sperimentato la ricchezza di quanto ci unisce e ci fa Chiesa, la gioia di essere popolo di Dio, « radunato nell'unità del Padre, del Figlio e dello spirito Santo. Questa esperienza di unità non ha certo annullato le differenze che abbiamo portato con noi, ma le ha collocate nella giusta dimensione. L'inedita capacità comunicativa con la quale si è espressa nel Convegno questa fondamentale comunione ecclesiale, ci ha tenuti lontani sia dall'irenismo sia dall'intolleranza. Abbiamo compreso che nessuno ha diritto di lamentarsi o di sentirsi vittima delle sue solitudini, se prima non si è riconosciuto colpevole delle sue solitudini, e non ha saputo farsi carico della mancanza di riconciliazione che tutti ci attraversa. Abbiamo sperimentato uno stile di Chiesa nutrito di dialogo e di ricerca comune: anche in questo ci ha confortato, e ora ci impegna, la parola del Papa: « Per la solidale edificazione della casa comune è necessario che sia deposto ogni spirito di antagonismo e di contesa, e che si gareggi piuttosto nello stimarsi a vicenda ( cfr. Rm 12,10 ) nel prevenirsi reciprocamente nell'affetto e nella volontà di collaborazione, con la pazienza, la lungimiranza, la disponibilità al sacrificio che ciò potrà talvolta comportare ». Emerge così un altro fondamentale criterio di vita ecclesiale, sul quale dovremo sempre misurarci tutti: « La verità di Cristo domanda di essere realizzata nell'amore, per condurre in tal modo alla fraternità. Nella sua essenza profonda essa è, infatti, manifestazione dell'amore, e solo nella concreta testimonianza dell'amore può trovare la sua piena credibilità. Perciò le comunità cristiane sono chiamate ad essere luoghi in cui l'amore di Dio per gli uomini può essere in qualche modo sperimentato e quasi toccato con mano ». 19. - Chiesa riconciliatrice Vivere il dono della riconciliazione in un impegno di permanente conversione al Signore, e pertanto « pacificare gli animi, moderare le tensioni, superare le divisioni, sanare le ferite eventualmente inferte tra fratelli, quando si acuisce il contrasto delle opzioni nel campo dell'opinabile, e cercare invece di essere uniti in ciò che è essenziale per la fede e la vita cristiana », è un aspetto fondamentale anche del messaggio di Loreto. Per portare riconciliazione, dobbiamo essere Chiesa riconciliata, perciò stesso capace di apertura ecumenica con gli altri fratelli cristiani ed esperta nel promuovere il dialogo della salvezza nei più vasti e anche più difficili ambiti della comunità degli umini. Con verità e con amore siamo infatti inviati a ripetere in questo nostro mondo: « Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio » ( 2 Cor 5,20 ). 20. - Questo impegno di proclamare la grande speranza del perdono e della riconciliazione non ci esime dal fronteggiare oggi con nuova decisione il dramma del peccato e del « mistero di iniquità », cioè « di quel mistero di divisione che ha avuto inizio nella rivolta contro Dio e nel rifiuto di servirlo, e che nella realtà presente si configura come peccato dell'uomo, che si oppone a Dio ( cfr. Gen 3,1ss ), e come peccato del mondo, che rifiuta Cristo ( cfr. 1 Gv 4,3 ). Secondo il messaggio biblico, richiamato da Giovanni Paolo II, il peccato ha la sua sede originaria nel cuore della persona e si ripercuote nelle strutture sociali ». L'iniziativa di Dio che vuole salvi tutti gli uomini e li conduce alla conoscenza della Verità, si esprime in una rinnovata proposta di pace ed ha il suo punto centrale negli eventi sacramentali della nostra riconciliazione, che culminano nell'Eucaristia e trovano singolare efficacia nel Sacramento del perdono. 21. - Chiesa sempre da riconciliare Questi eventi sacramentali ci convincono a stare sempre sotto la Croce e a vivere nella gioia la rinascita alla vita nuova che la misericordia divina ci dona con inesauribile generosità. Bisogna ricordare, però, che se la prassi di riconciliazione dei cristiani nelle diverse fasi della vita deve ritrovare nell'Eucaristia e nel Sacramento della riconciliazione la fonte sua propria, il Sacramento va tuttavia annunciato e celebrato assumendo i concreti impegni di riconciliazione nella vita. Secondo la grande tradizione della Chiesa, e in consonanza con una vera pedagogia della fede, le nostre comunità ecclesiali anche dall'esperienza di Loreto sono sospinte a vivere precisi itinerari di riconciliazione, diversificati ed integrati nella pastorale globale della comunità. Parimenti, bisogna superare ogni frattura fra la vita personale e comunitaria e l'Eucaristia, sacramento centrale della nostra riconciliazione: di qui nasce l'urgenza di una catechesi e di un rinnovamento liturgico che esprimano chiaramente quanto il mistero pasquale sia rilevante per la vita. Così si dica del giorno del Signore, momento in cui la comunità accoglie e testimonia la riconciliazione nella sua espressione di gioia e di festa, e si impegna nella solidarietà verso i sofferenti e di missione verso i lontani. 22. - Ministero della riconciliazione Se la vita che Dio trasmette mediante il ministero della Chiesa si esprime in pienezza nell'amore, è necessario che questo ministero ecclesiale, oltre ad essere pace ridonata a chi ha peccato, sia servizio riconciliato con la gente: ministero che si dirige a tutti, non solo a gruppi ristretti; ministero che ama la gente povera, ministero che è partecipazione alla storia delle persone, capacità di ascoltare ed insieme di aiutare tutti ad ascoltare, per far crescere nella verità e nella responsabilità; ministero che sa parlare il linguaggio che parla la gente, secondo una destinazione popolare della misericordia e della pedagogia di Dio. A questo proposito, è necessario prendere piena coscienza del rapporto indissolubile tra catechesi, sacramenti e azione caritativa. Dobbiamo inoltre acquisire una adeguata competenza nella lettura dei bisogni, delle povertà, dell'emarginazione: un osservatorio permanente, capace di seguire le dinamiche dei problemi della gente e di coinvolgere direttamente la comunità ecclesiale in modo sistematico, non dovrebbe mancare in nessuna Chiesa locale. 23. - La Chiesa comunità riconciliata Grazie all'opera dello Spirito, la comunione della Chiesa in Cristo è la via per accogliere il dono di Dio e protendersi verso la costruzione del Regno, di cui la Chiesa stessa è sulla terra germe ed inizio. Accogliamo qui un interrogativo dominante nel nostro Convegno, che il Papa ha voluto riprendere: « Come potrebbe la comunità cristiana essere " segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano " ( Lumen gentium, n. 1 ), se non vivesse in Cristo questa indissolubile unità anzitutto al proprio interno, così da essere Chiesa riconciliata ed, anzi, primizia del " mondo riconciliato ( cfr. S. Agostino, Sermo 96, 8 )? ». In questa luce, il Santo Padre ha voluto rendere « omaggio alla profonda unità che lega i Vescovi italiani tra loro e col successore di Pietro » ed ha ribadito « l'essenziale ruolo che, nel piano di salvezza sono chiamate a svolgere le Chiese particolari. In religioso ascolto della parola di Dio ( cfr. Dei Verbum, n. 1 ), radicate nel mistero di Cristo mediante la partecipazione alla divina Liturgia ( cfr. Sacrosancturn Concilium, n. 2 ), impegnate nella testimonianza della carità ( cfr. Gaudium et spes, n. 26 ), raccolte intorno ai Vescovi, successori degli Apostoli ( cfr. Christus Dominus, n. 16 ), le Chiese particolari sono, nel mondo e per il mondo, segno visibile dell'amore misericordioso del Padre, per il conforto e la piena liberazione dell'uomo ». 24. - Vocazioni e ministeri Appare chiaro il rilievo della figura del Vescovo, segno e strumento primo e costituzionale dell'unità e del riconoscimento ecclesiale, chiamato - nella comunione universale con il collegio episcopale e con il Papa - ad essere Maestro e Pastore, a praticare l'accoglienza e l'apertura, a operare il discernimento e, se necessario, la correzione, a promuovere l'incontro e il dialogo. È necessario pertanto che intorno al Vescovo e grazie al suo ministero si realizzi l'unità di tutte le componenti della Chiesa locale: e questo nella promozione e nel discernimento di tutti i carismi e di tutti i compiti ministeriali. Ognuno di essi ha caratteristiche proprie e in vario modo tutti sono riferiti al Vescovo. Le vocazioni al ministero ordinato - presbiterato e diaconato permanente - e quelle di speciale consacrazione devono essere oggetto di singolare attenzione e di accorto accompagnamento. La vocazione e la missione dei laici, in tutta la ricchezza di possibili forme ministeriali, esige qui di essere riconosciuta in maniera sempre più piena, nello spirito dell'ecclesiologia del Vaticano II. La maturità dei cristiani deve esprimersi con chiara volontà di partecipazione nella Chiesa, nella complementarietà dei servizi e per il bene comune. Viene in tal modo confermata la validità degli organismi collegiali per i quali si auspica una effettiva rappresentatività e la competenza a capire i problemi reali della comunità cristiana e della gente. In tal modo potrà essere superato il rischio di una pastorale di emergenza, che si limiti a seguire i bisogni, cercando di coprire in qualche modo spazi di annuncio e di servizio rimasti scoperti; e si collaborerà invece per favorire una programmazione pastorale, che veda responsabilmente coinvolte tutte le componenti del popolo di Dio, valorizzati tutti i carismi e coordinato il cammino della Chiesa locale. 25. - In comunione per edificare la Chiesa La comunione nella Chiesa locale va promossa ed accolta pure nel rapporto con le associazioni e i movimenti: essi « costituiscono, in effetti, un canale privilegiato per la formazione e promozione di un laicato attivo e consapevole del proprio ruolo nella Chiesa e nel mondo ». Tuttavia « perché la ricchezza dei carismi che il Signore ci dona porti il suo pieno contributo all'edificazione della casa comune, è necessario innanzi tutto il riferimento costante al proprio Vescovo, principio visibile e fondamento dell'unità della Chiesa particolare ( Lumen gentium, n. 23 ). Ogni " ambiente " ecclesiale, come anche ogni problema che in esso può sorgere, trova nella Chiesa particolare e nella concretezza delle sue strutture il " luogo " provvidenzialmente predisposto, a cui fare riferimento nella ricerca della soluzione adeguata ». È dunque primaria la necessità di una forte comunione e comunicazione nella Chiesa locale, anche attraverso organismi rappresentativi dell'apostolato dei laici, espressione dell'impegno comune del popolo di Dio. Analogo discorso va fatto per la presenza dei religiosi e delle religiose nella Chiesa particolare: il dono che essi esprimono va vissuto in costante rapporto tra le stesse famiglie religiose e nella comunione della Chiesa intorno al Vescovo, anche mediante un'attiva partecipazione allo studio e all'attuazione del progetto pastorale. 26. - Il dialogo e l'accoglienza Perché la comunione ecclesiale sia esperienza di riconciliazione, essa deve nutrirsi di uno stile di dialogo, che sappia congiungere la verità e l'amore. Emerge così, innanzi tutto, l'importanza del dialogo ecumenico, che porta a vivere la tensione carità-verità come espressione dell'amore e della ricerca che si dirige all'unità in Cristo. L'ecumenismo si presenta così non come una attività fra altre, ma come una dimensione fondamentale di tutte le attività della Chiesa. 27. - Sempre con un corretto stile di dialogo, vanno poi considerate alcune situazioni particolari, quali sono quelle dei divorziati risposati o, per altro verso, quelle dei sacerdoti che hanno abbandonato l'esercizio del ministero. Per queste situazioni è necessario tenere simultaneamente presenti il principio della comprensione e della misericordia, e il principio della verità e della coerenza. Sul piano pastorale, inoltre, il dialogo va tenuto aperto senza irenismi e senza paure, nella consapevolezza che la comunione ecclesiale. è per tutti un cammino mai esaurito, un traguardo da perseguire sempre nella storia personale e comunitaria. Una comunità ecclesiale che voglia essere veramente riconciliata non può, infine, non farsi carico dei problemi della migrazione, promuovendo uno scambio fecondo tra le comunità degli emigrati e la Chiesa locale in cui essi vivono. Occorre oggi anche creare, dove non ci sono, strutture di accoglienza per gli immigrati, specie dal terzo mondo, stimolando al contempo un'adeguata legislazione a tutela dei loro diritti umani. In questo contesto trova la sua collocazione anche una pastorale di riconciliazione con le comunità composte da minoranze etniche e linguistiche: la Chiesa locale deve diventare spazio di incontro e di fecondo scambio delle ricchezze legate alle diverse tradizioni culturali. C. Evento di missione: Riconciliazione e missionarietà 28. - Comunità missionaria Evento di verità e di carità, il Convegno è stato infine evento della missione che il Risorto affida ai suoi. Più abbiamo riflettuto sul nostro essere Chiesa e più ci siamo scoperti chiesa missionaria ». La pace che il Vivente ci dona non è privilegio, è compito: la Chiesa non esiste in questo mondo per se stessa; esiste per gli altri, per la gloria di Dio e la salvezza del mondo. Il dono della riconciliazione diventa perciò evento missionario nella complessità di impegni e di compiti che l'attuale situazione comporta. Questo dono chiede che i credenti, nella loro libertà riconciliata, si facciano carico delle diverse situazioni concrete in cui si dibatte la libertà ferita di ogni uomo, come singolo e come membro delle diverse comunità umane. Anche qui la parola del Papa, pellegrino e testimone della riconciliazione, ci è stata di conforto e di stimolo a proiettarci « con slancio missionario, verso la riconciliazione del mondo ». Il dono accolto e condiviso nello « spezzare del pane » provoca la Chiesa ad essere « profezia nella speranza ». 29. - Coscienza di verità e missione Anche lo slancio missionario si radica nella « coscienza di verità » di chi ascolta la Parola, tanto più oggi, sotto l'urgenza della scristianizzazione che caratterizza il nostro tempo: « La " coscienza di verità ", la consapevolezza cioè di essere portatori della verità che salva, è fattore essenziale del dinamismo missionario dell'intera comunità ecclesiale, come testimonia l'esperienza fatta dalla Chiesa fin dalle sue origini. Oggi, in una situazione nella quale è urgente por mano quasi ad una nuova " implantatio evangelica " anche in un Paese come l'Italia, una forte e diffusa coscienza di verità appare particolarmente necessaria. Di qui l'urgenza di una sistematica, approfondita e capillare catechesi degli adulti, che renda i cristiani consapevoli del ricchissimo patrimonio di verità di cui sono portatori e della necessità di dare sempre fedele testimonianza alla propria identità cristiana. 30. - Il soggetto ecclesiale della missione L'impegno missionario scaturisce e si dilata dalla Chiesa particolare, soggetto dell'evangelizzazione e della diaconia della riconciliazione. Nel suo essere realizzazione in un luogo concreto della « Catholica », si fonda per la Chiesa particolare l'apertura universale e il compito missionario; apertura e compito che non sono qualcosa di aggiunto e di secondario, ma di originario e costitutivo. La Chiesa particolare è missionaria innanzitutto nel luogo e tra la gente in cui vive. E il suo compito si allarga subito alla « missio ad gentes », cioè verso coloro che ancora non conoscono Cristo e che hanno diritto al servizio di amore della Chiesa. L'apertura della Chiesa locale alle dimensioni del mondo esige che gli operatori pastorali - presbiteri, religiosi e laici - vengano formati in questa prospettiva. Questo vale in modo particolare per i seminari e per gli istituti di formazione dei religiosi, anche delle famiglie religiose non propriamente missionarie. La Chiesa e i cristiani devono vivere di continuo questa dimensione missionaria, che li spinge a non essere lontani da nessuno, e ad essere particolarmente debitori di verità, e di solidarietà ai giovani, ai vecchi, agli ammalati, ai portatori di handicaps, ai reclusi e agli ex carcerati, ai drogati, a chiunque subisce ingiustizia, a chiunque ha bisogno di verità e di amore. 31. - All'interno della esperienza di questa solida e matura ecclesialità, va anche compreso il pluralismo possibile nella comunità ecclesiale e il suo rapporto con i problemi della comunità degli uomini: « Esiste, deve esistere una unità fondamentale, che è prima di ogni pluralismo e sola consente al pluralismo di essere non solo legittimo, ma auspicabile e fruttuoso … La coerenza con i propri principi e la conseguente concordia nell'azione ad essi ispirata sono condizioni indispensabili per l'incidenza dell'impegno dei cristiani nella costruzione di una società a misura d'uomo e secondo il piano di Dio ». 32. - Il discernimento La missione della Chiesa ha una sola origine, un solo contenuto, un unico fine: la proclamazione del Vangelo. E ha una sola anima: la carità. Essa si dispiega tuttavia in una molteplicità di espressioni che, se hanno il loro culmine nella Parola e nell'Eucaristia, per una sana e necessaria collaborazione sociale hanno « nell'uomo, nella centralità dell'uomo, il principio di convergenza tra credenti e non credenti ». Ma che cos'è l'uomo? Il Papa a Loreto ci riproponeva l'interrogativo del Concilio ( cfr. Gaudium et spes, n. 12 ) e ci confermava in una delle nostre riflessioni centrali: « Ovviamente la complessità del contesto socio-culturale rende particolarmente necessario quell'esercizio del discernimento spirituale e pastorale che è al centro dell'attenzione del Convegno ». Questo discernimento, che non potrà mai chiamare bene il male e male il bene, ci chiede dunque da una parte di giudicare severamente gli errori di questo nostro secolo; dall'altra, ci chiede di accogliere con grand,e amore ogni germe di possibile conversione, come ogni sete di autenticità, nostalgia di riconciliazione, ogni seme di verità e ogni sforzo di seria edificazione sociale. Ci chiede sempre rispetto e fraternità. 33. - La promozione della vita Questo criterio di discernimento non è conformismo o appiattimento della verità, ma è forte e lucido tirocinio di fede e di vita ecclesiale. Ed ha per oggetto l'uomo, la sua dignità, i suoi impegni, la sua esistenza; in una parola, il senso pieno della sua vita. Per questo, riproponiamo fermamente, dopo Loreto, il valore intangibile della vita umana, dal suo concepimento e lungo tutto l'arco della sua esistenza. È sul valore della vita che credenti e non credenti potranno fondare veri patti di pace e di speranza per la comunità degli uomini. L'aborto non è una strada, l'eutanasia non è una strada: è cultura di lacerazione e di morte. Questa convinzione deve essere testimoniata soprattutto dai credenti, anche con una più intensa accoglienza di chi è tentato da simili errori. In questa nostra società, e in questo momento, è necessario riaffermare il valore della prova, della sofferenza, della fatica, dell'impegno che accompagna il valore sacro della vita. Il servizio competente dei consultori di ispirazione cristiana e l'attiva partecipazione ai consultori pubblici, nel rispetto dovuto ai propri obblighi di coscienza, vanno estesi, e saranno segno che è possibile rovesciare la tendenza della cultura di morte. 34. - Un'economia per l'uomo Nella promozione della vita rientra anche l'azione in vista di una moralità nuova nelle grandi scelte economiche e nella loro traduzione nel tessuto sociale. La misura umanistica dell'economia non equivale a un puntare al ribasso, ma comporta al contrario uno sforzo unitario perché le risorse del Paese siano in funzione di una crescita equilibrata per tutti. L'economia è anzitutto economia « politica », cioè fatta per l'uomo e per il suo ordinato vivere civile, ed implica il coinvolgimento e la partecipazione di tutti i soggetti, vecchi e nuovi, in un progetto di convergenza sociale verso le grandi mète del Paese. Vediamo in queste affermazioni una delle principali linee di azione da svolgere insieme. L'economia del nostro Paese, aperta alle esigenze della collaborazione europea e mondiale, deve essere sana e porre le condizioni perché la gente e soprattutto i giovani possano fare la loro famiglia, avere un lavoro, una casa, un rapporto sociale fiducioso, una nuova confidenza con le istituzioni. A queste condizioni ciascuno potrà più facilmente riconciliarsi con i propri doveri ed essere capace di sacrificio e di solidale collaborazione. E i più poveri troveranno la giustizia che ad essi è dovuta, e si apriranno a speranza. 35. - Il volontariato Strada significativa da percorrere per contribuire alla promozione della vita in tutte le sue forme è il volontariato: esso deve essere sostenuto e caratterizzato dalla disponibilità a dare di più con gratuità e disinteresse personale, nell'attento discernimento delle cose che conta fare oggi, allo scopo di colmare le insufficienze di umanità dovunque presenti. Trova qui il suo significato anche la scelta del servizio civile e una doverosa maggiore attenzione ai problemi del mondo giovanile, delle emarginazioni sociali - anziani, minori, immigrati, ammalati -, come pure l'attenzione alla questione femminile e alla reciprocità uomo-donna. 36. - La missione come promozione della comunità degli uomini Il servizio della riconciliazione coinvolge la comunità degli uomini. L'uomo infatti è la via della Chiesa. Essa è pellegrina con la gente e nella storia del nostro Paese. In questo contesto i cristiani ripropongono una partecipazione che è servizio, e che nasce dall'amore e dall'interesse per la società civile, senza alcuna pretesa di dominio e con la volontà di condividere la storia degli uomini, offrendo con gratuità il proprio specifico contributo. Per questo la comunità ecclesiale e i cristiani si rendono disponibili ad ogni incontro che contribuisca fattivamente a superare smarrimenti ed ambiguità e a stabilire un'area di consenso intorno alle fondamentali evidenze etiche, dalle quali deve trasparire la piena verità dell'uomo. 37. - Chiesa e cristiani sono consapevoli che « il contributo proprio ed originale della Chiesa al bene della società civile - tramite i suoi membri che sono anche cittadini dello Stato - è di ordine propriamente morale. Tale contributo non manca, per intrinseca dinamica, di ripercuotersi negli altri settori dell'umana esperienza, stimolandone il coerente sviluppo verso mète sempre più alte. Per questo la Chiesa è convinta che " la promozione dei valori morali è un fondamentale contributo al vero progresso della società " ». Né possiamo « temere il ruolo anche pubblico che il cristianesimo può svolgere per la promozione dell'uomo e il bene dell'Italia, nel pieno rispetto anzi della convinta promozione della libertà religiosa, e senza confondere in alcun modo la Chiesa con la comunità politica ( cfr. Gaudium et spes, n. 76 ) ». 38. - Cultura della solidarietà Si avverte altresì il bisogno di una rinnovata formazione civica, che sviluppi una cultura della solidarietà, dove il senso della Stato venga a far parte del senso della comunità, e si guardi alle istituzioni in maniera leale e fiduciosa. A questo proposito va considerata la varietà delle strutture della convivenza civile, sottolineando la funzione feconda ed esemplare che la presenza cristiana è chiamata a svolgere in questo campo, come strumento di crescita della maturità democratica del Paese e di formazione integrale della persona. In tale contesto vanno viste anche le opere cattoliche: « esse non sono mera supplenza di provvisorie carenze dello Stato né tanto meno concorrenza nei suoi confronti, ma espressione originale e creativa della fecondità dell'amore cristiano. L'impegno nelle opere cattoliche non rappresenta d'altronde un'alternativa alla presenza dei credenti nelle strutture civiche ». La Chiesa viene così a sentirsi partecipe di tutti i frammenti di umanità, in questa società italiana che porta ancora le ferite di tanta violenza, non solo di quella terroristica e delinquenziale, ma anche della violenza dei poteri occulti, della sempre possibile violenza culturale sui poveri, della violenza emarginante. 39. - La comunità ecclesiale è chiamata ad operare nell'unità, nella verità e nell'amore, perché l'esercizio della giustizia sia sempre rispettoso dell'uomo e sia fondato sullo spirito del diritto. Il perdono cristiano sollecita anche una nuova riflessione sulla giustizia, che porti alla revisione delle pene, al rinnovamento dei codici, all'esercizio di un diritto alleato dell'amore, oltre che all'impegno per carceri che siano a misura d'uomo, nel rispetto di una giustizia aperta a speranza. I cristiani sentono di dover lavorare per uno Stato dei diritti e dei doveri, dove ci sia chiarezza di tutela per ogni cittadino. D'altra parte, « la comunità cristiana è ben conscia di non poter essere la sola promotrice di valori nella società civile. Essa dà, ma al tempo stesso riceve, in una sorta di dialogo esistenziale ». 40. - Nella prospettiva di una nuova cultura della solidarietà, basata su valori e principi che appartengono alle radici e alle tradizioni delle nostre popolazioni, vanno considerate anche le fratture Nord-Sud. La Chiesa si sente impegnata a promuovere la coscienza dei più deboli a divenire soggetto della propria storia, e a contribuire - nell'ordine delle sue competenze - all'elaborazione e di un modello di sviluppo del Paese attento ai bisogni del Mezzogiorno. 41. - Pace e cooperazione internazionale Sul piano della cooperazione internazionale e della pace, la cultura della riconciliazione sollecita a promuovere una nuova e più alta forma di cultura riconciliatrice, radicata nel popolo, misurata eticamente a partire dagli ultimi. Tale cultura condanna fermamente il commercio delle armi e della droga, in cui nessuno sviluppo autenticamente umano può essere fondato. La comunità cristiana - con la dovuta attenzione anche agli organismi internazionali - trova qui un suo compito pedagogico grave ed urgente, per creare una nuova mentalità di pace, alla quale educare soprattutto i giovani, siano essi obiettori di coscienza o prestino servizio militare. 42. - Un auspicio Abbiamo qui riproposto i punti salienti del messaggio di Loreto. Essi appartengono da tempo, e profondamente, alla nostra coscienza di Chiesa e al magistero pastorale che nella nostra Conferenza Episcopale come Vescovi abbiamo esercitato dopo il Concilio, in fedele comunione con il Successore di Pietro. Prima di presentare alcuni traguardi dell'impegno comune, vogliamo accogliere qui l'auspicio che Giovanni Paolo II ha espresso a Loreto: « Auspico di cuore che lo scambio di esperienze e di riflessioni, che caratterizza la natura a voi ben nota di questa qualificata assemblea, possa suggerire valide proposte, dalle quali i Vescovi trarranno le opportune linee di azione pastorale per la Chiesa nell'Italia del nostro tempo. Auspico inoltre che voi sappiate essere per l'intera Comunità ecclesiale italiana un grande segno di comunione, facendo convergere rispettivi punti di vista nella mirabile sinfonia dell'unità cattolica. Così il Convegno potrà anche assumere un alto significato e costituire un forte motivo di pace e di riconciliazione per la diletta Comunità degli uomini che è in Italia in questa fine del secondo millennio ». III. Traguardi del nostro cammino 43. - Di fronte alla vastità dei compiti emersi per la comunità ecclesiale dal convegno « Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini », si percepisce ancor più come la riconciliazione sia dono che stimola a sempre nuovi traguardi, patria « intravista, ma non posseduta ». È quanto ricordava il Cardinale Presidente a conclusione dei « giorni della speranza » di Loreto: « Dobbiamo avere l'umiltà di renderci conto che a questo mondo riconciliazioni compiute non ce ne sono. Anzi, pur senza sgravare la coscienza di nessuno dalle proprie responsabilità, non ce ne possono essere. La consumazione del mistero della riconciliazione appartiene ad un'altra patria, appartiene ad un'altra epoca della nostra storia, quella che va oltre il tempo. Sarebbe bene che ce lo ricordassimo: perché solo con questo convincimento noi mettiamo dentro la società dell'uomo e la città dell'uomo quei fermenti di cui hanno bisogno per non essere esilio, di cui hanno bisogno per non essere fugaci e puramente provvisorie. L'impegno dell'eternità è dentro: è, non sarà. E questo riconciliare il tempo con l'eternità è il frutto dell'incarnazione e della fedeltà all'incarnazione che deve caratterizzare la vita di tutti noi ». 44. - Capacità di discernimento Come allora continueremo il nostro cammino? Primario e permanente rimane il nostro compito di evangelizzazione, inteso nella pienezza del suo significato, che comporta la proclamazione della Parola, la sua celebrazione nella Liturgia, la coerenza della Carità. Il Convegno non deve essere, e non è, un impegno di più; esso si inserisce nell'attività quotidiana della comunità cristiana, e richiama piuttosto l'attenzione sul nostro modo di annunciare il Vangelo oggi nella comunità degli uomini. L'evangelizzazione, in altre parole, deve « entrare nel vivo della storia e nel tessuto concreto dell'esistenza: conoscere la vita dell'uomo, le sue contraddizioni, i problemi nuovi che lo toccano da vicino, svelarne il senso e fare esercizio di sapienza cristiana, traducendo in progetti e in concretezza le analisi, secondo la legge dell'incarnazione ». 45. - Questo primario compito di proclamazione e di incarnazione del Vangelo in una società complessa come la nostra, comporta per noi tutti anche una sicura e corretta capacità di discernimento. Una capacità che si sviluppa nella tensione: - tra la forza della libertà donata dal Vangelo e le sane aspirazioni alla libertà variamente provenienti dalle risorse delle comunità degli uomini; - tra la luce che sulle radici peccaminose del male getta il Vangelo e la luce che le analisi e i progetti sociali aprono sulla convivenza umana; - tra il patrimonio di esperienza, di istituzioni, di azione politica ispirate da una fede coerente e il patrimonio di valori autenticamente umani presenti nell'esperienza di persone e gruppi non dichiaratamente cristiani. Da queste considerazioni, che toccano oggi a fondo il modo di essere cristiani e di essere Chiesa, emergono, prima ancora che le cose da fare, alcuni tratti di spiritualità ecclesiale. 46. - Il primato della vita spirituale La Chiesa è generata nello Spirito, che è Spirito di santità. Per questo, nel ripensare a un cammino di Chiesa e di riconciliazione nella comunità degli uomini, è necessario richiamare innanzitutto la vocazione universale alla santità. Una elevata qualità della vita cristiana è la risposta di amore da dare a Dio, che per amore ci ha riconciliati a sé. Ed è il segno più efficace da dare alla comunità degli uomini. Metteremo dunque in atto nuove disponibilità di conversione, itinerari personali e comunitari di fede più viva, coerenze morali più chiare e più credibili, virtù cristiane e atteggiamenti spirituali che questa nostra società sembra avere perso, ma per le quali conserva una sofferta nostalgia: la carità, la speranza, la fortezza, la sapienza; e ancora: la serenità, la pace, il gaudio di chi vive nel Signore. 47. - Due segnali noi potremo particolarmente dare di questa volontà di rinnovamento spirituale: - il primo è la riscoperta del Sacramento della riconciliazione, che non potremo oltre trascurare: superando le complesse ragioni che hanno determinato a questo proposito la crisi di tanti cristiani, con decisione riprenderemo l'insieme dei compiti che incombono alla Chiesa, a tutti i livelli, per una seria promozione della pastorale della penitenza e della riconciliazione; - il secondo è la santificazione del giorno di festa, per noi e per un mondo che spesso non sa fare festa. Torniamo in questo modo all'Eucarestia, massimo sacramento della Riconciliazione e cuore della nostra santificazione, come è cuore delle scelte pastorali che abbiamo fatto per questi anni 80. 48. - Lo stile del con-venire È necessario che il Convegno di Loreto sia ripreso e rivissuto nelle diocesi. Il passaggio alle Chiese locali costituisce il punto determinante dell'efficacia di un lungo cammino compiuto. Esso è confortato da una rinnovata riflessione sulla teologia della Chiesa particolare, nella quale « è veramente presente e agisce la Chiesa di Cristo una, santa, cattolica e apostolica ». Tale passaggio domanda di saper « con-venire », con senso di maturità ecclesiale. Comporta, inoltre, una promozione della « cultura di comunione », che si esprima nella accoglienza, nel perdono, nell'ascolto, nella complementarietà dei servizi, nella ordinata collaborazione pastorale. Faremo in seguito anche, altri Convegni di Chiesa a livello nazionale. Ma lo stile del « con-venire » potrà trovare non poche espressioni nelle nostre comunità: « una comunità che non si incontra non è « comunità », ha affermato il Presidente della nostra Conferenza nel suo Commiato a Loreto ( cfr. n. 3 ). Nell'incontro tra fratelli si rende presente Cristo, e il suo Spirito riconcilia, unisce, accende la preghiera, fa di tutti un cuor solo, suscita la missione e l'accompagna. Riunirci, fa parte della nostra vita ecclesiale come, fin dall'inizio, ha fatto parte della vita dei primi cristiani. 49. - La partecipazione nella Chiesa Dovremo anche ridare slancio e consistenza alle strutture di partecipazione: consigli pastorali diocesani e parrocchiali, consigli per l'economia, organi di coordinamento dell'apostolato dei laici, della pastorale di settore, chiamandovi a far parte attiva tutte le componenti del popolo di Dio. Anche nelle realtà pastoralmente più povere va introdotto questo criterio innovativo, che dà senso alla corresponsabilità e rispetta il ministero e i doni di ciascuno. È lo stile comunionale che impegna ad esaminare e ad affrontare insieme i vari problemi. Gli organismi di partecipazione collegiale evocano in particolare la necessità di coltivare con grande impegno spirituale e pastorale i rapporti fra Vescovo e presbiteri, fra presbiteri e religiosi, fra Vescovi e teologi, fra i singoli, le famiglie e le varie comunità, perché attraverso questo incontrarsi ed amarsi reciproco si stabiliscano più profondi legami di unità e fecondità spirituale. Lo stesso vale per i rapporti fra le Chiese che sono in Italia, tra le quali molte collaborazioni sono da mettere in atto. 50. - La comunione tra le Chiese È proprio a riguardo di questa estensione della comunione che va stabilita in termini di cooperazione l'apertura delle Chiese fra loro, ai vari livelli: regionale, nazionale, internazionale. A questo respiro più vasto vanno formate le sensibilità del popolo di Dio. La stessa formazione del clero si deve muovere in questa direzione. Noi dovremo riprendere coraggiosamente gli orientamenti dati a suo tempo dalla Santa Sede, e quanto mai attuali e urgenti, con la « Fidei donum » ( 21.4.1957 ) e con la « Postquam Apostoli » ( 25.3.1980 ). Ma è tutta la frontiera della carità e del servizio che impegna ad una comunione tra le Chiese, fino a incrociare i problemi del mondo ai quali si deve guardare con spirito di servizio. La Caritas, al riguardo, esprime e deve esprimere sempre più questo amore verso i più poveri e abbandonati, e non solo a livello nazionale, ma soprattutto nelle diocesi e nelle parrocchie. La carità, prima di essere una struttura, è infatti una dimensione della Chiesa e della vita cristiana. Noi stessi, poi, nel rispetto delle norme canoniche, rafforzeremo lo spirito delle Conferenze Episcopali - nazionali e regionali - già tanto cresciuto in questi anni, per un esercizio della comunione ecclesiale. 51. - Una nuova missionarietà La Chiesa italiana vuole aprirsi sempre più alla missione, come vocazione connaturale alla Chiesa, che « per natura sua è missionaria ». Anche a Loreto è avvenuto che quanto più la Chiesa riflette su se stessa tanto più si scopre missionaria, ricca di una missionarietà che supera riduzioni ed efficientismi e si fonda sulla potenza della Parola e il dinamismo dello Spirito. Dire missionarietà significa indicare alle nostre Chiese il dovere fondamentale dell'evangelizzazione, dell'annuncio, della proposta, dell'andare là dove è l'uomo per salvarlo con i mezzi della Grazia e dell'amore. Missione è avere coraggio di amare senza riserve. I « luoghi » di questa missionarietà rinnovata sono in particolare i luoghi dove la gente vive. Sono la famiglia, la scuola, l'università, il mondo del lavoro, della sofferenza e della emarginazione, le strutture pubbliche … Bisogna aprirsi a questi mondi e servirli in nome di Cristo, immergendosi particolarmente nelle calamità e nelle urgenze del Paese: mafia, droga, disoccupazione, disaggregazione, litigiosità ricorrente, gli ultimi … 52. - L'apostolato, tutta l'attività pastorale, la stessa teologia sono così provocate ad essere missionarie, aperte cioè alle strade del mondo. Questo soprassalto di missionarietà apre prima di tutto all'incontro ecumenico e si estende là dove va portato il primo annuncio e la prima testimonianza di Cristo: dobbiamo oggi assicurare nuove competenze e nuove collaborazioni sia sul terreno dell'ecumenismo sia per la cooperazione missionaria. Da questo orizzonte più vasto, le nostre Chiese impareranno a non ripiegarsi su se stesse o, peggio, sulle loro piccole contese. Impareranno piuttosto ad essere missionarie là dove vivono, e dove vive la gente. 53. - La promozione dei ministeri Da Loreto, dobbiamo imparare che una Chiesa tutta ministeriale richiama la sua fondamentale struttura diaconale, fondata sul Cristo povero e servo, e il suo dovere di riconoscere la pluralità dei doni, dei servizi, dei ministeri con i quali si costruisce in armonia l'unica Chiesa di Cristo. Questo impegna i Pastori all'esercizio del discernimento, e i credenti ad andare alle radici del proprio Battesimo con il quale sono tutti inseriti nell'unica Chiesa. La convergenza di tante energie che lo Spirito suscita sarà resa manifesta dalla volontà di servire le Chiese locali attraverso i piani pastorali, per coordinare attorno al Vescovo l'annuncio salvifico e il progetto pastorale, e per aprire al cammino di tutta la Chiesa che è in Italia. Tra i segni che possono oggi risvegliare il senso di ministerialità di tutta la Chiesa, vogliamo indicare il diaconato permanente, come tutti quei ministeri di fatto che determinano una stabile e oblativa disponibilità a servire oggi la Chiesa e il paese con spirito evangelico. Dobbiamo però avvertire che è necessaria in particolare una intensa pastorale di tutte le vocazioni, soprattutto di quelle al sacerdozio ministeriale, che è sostegno anche degli altri ministeri. 54. - La catechesi Liturgia, catechesi, carità fanno parte dell'unica missione della Chiesa e sono tra loro strettamente connesse. Ma alla catechesi, che è strettamente legata all'evangelizzazione e ai problemi che essa suscita in questo nostro tempo, bisogna dare particolare attenzione. Se è vero che in tanti modi oggi si fa catechesi, è altrettanto vero che esistono vuoti preoccupanti, soprattutto nella catechesi dei giovani dopo la cresima e nella catechesi degli adulti. Per questi due settori dovremo impegnarci più decisamente insieme per i prossimi anni. È oramai giunto il tempo di prendere atto delle nostre gravi lacune, di raccogliere esperienze ed energie, di rinnovare i nostri progetti catechistici e di metterli in mano alle nostre comunità cristiane e a catechisti qualificati. 55. - Il Laicato La formazione dei laici per impegni sempre più responsabili nella Chiesa e nel Paese è un preciso dovere della Chiesa nel nostro tempo. Il Convegno di Loreto ci ha presentato il volto maturo e responsabile del laicato che opera nelle nostre Chiese. Esso merita fiducia e ci fa intravvedere a quali obiettivi di comunione possiamo guardare. Di qui viene il primario impegno della formazione dei laici ad una autentica ministerialità laicale nella Chiesa e ad uno specifico e competente servizio nel Paese. Sono illuminanti e puntuali le parole del Papa a questo proposito: « Questa autentica laicità cristiana, che sarà oggetto della prossima sessione ordinaria del Sinodo dei Vescovi, non può intendersi in alcun modo in alternativa all'ecclesialità, ma solo all'interno di essa, come un modo specifico, caratterizzato dall'inserimento nelle realtà terrene, di vivere la comune appartenenza e missione cristiana ed ecclesiale ( cfr. Lumen gentium, n. 31 ) ». L'apostolato dei laici sarà sempre più valido in proporzione dell'impegno con cui essi sapranno guardare al popolo di Dio, alle comunità cristiane e ai Pastori. Con questo tirocinio essi apprenderanno a svolgere con competenza il loro specifico ruolo nelle realtà temporali. Associazioni, movimenti e gruppi, sono chiamati ad esprimere le note più autentiche della Chiesa di Cristo e l'impegno in quella ferialità del vivere dove si realizza e si testimonia la fede. Nello spirito della comunione più vera, non nella rivalità, essi rispecchiano l'amore di Cristo. Il loro servizio alla Chiesa, secondo il proprio carisma, va vissuto nello stile della riconciliazione e dell'arnore gratuito. Per questo dovremo più che mai favorire nelle diocesi momenti d'incontro, di preghiera, di studio e di progettazione pastorale, in modo che ciascuno ritrovi il senso della cristiana fraternità e del servizio responsabile e ordinato. Particolare rilevanza ecclesiale e sociale riveste a questo proposito la pastorale giovanile sia come riflessione attenta sul mondo dei giovani sia come concreto impegno educativo teso ad offrire le ragioni dell'esistenza e la fiducia per il futuro. 56. - Il rapporto con la storia e la cultura La riflessione compiuta dalla Chiesa in Italia sul dono della riconciliazione pone in termini rinnovati il rapporto che essa intende stabilire con il Paese in uno spirito di servizio e di piena consapevolezza del suo ruolo originario. La Chiesa riconosce i valori presenti nella nostra Patria e il faticoso cammino di una democrazia che deve saldare la dignità della persona e le comunità umane a una ricuperata autorevolezza delle istituzioni. Su questa strada non mancano oggi motivi di fiducia e di speranza, legati all'impegno di non poche persone che agiscono per la pace e la concordia, anche religiosa, nel nostro Paese. Peraltro, i gravi problemi che percorrono le nostre scelte non sono motivo di atteggiamento deluso e rinunciatario, ma stimolano a rinnovata speranza e a decisa volontà di collaborare e di servire a partire dagli ultimi, ricordando il ruolo dei cristiani in quanto cittadini delle due città. 57. - Per questo la Chiesa in Italia, che con la forza dello Spirito si muove tra la profezia e la storia, spinge i credenti a farsi carico dei problemi che più caratterizzano questo momento, e a dare senso alla loro testimonianza secondo la legge dell'incarnazione, che richiama insieme corresponsabilità ad ogni livello e volontà di camminare da cristiani nelle vicende del Paese. Nessuna spinta di potere, ma l'anelito ad una solidarietà più vasta e la consapevolezza di non doversi sottrarre agli interrogativi della storia, devono spingere in particolare il laicato a farsi carico dei problemi del Paese nel campo sociale, civile e politico. I cattolici del nostro Paese vanno aiutati a capire sempre meglio il loro ruolo, anche nell'assunzione delle responsabilità pubbliche. Per questo riteniamo di riprendere al più presto, sia pure in termini nuovi, l'esperienza delle « Settimane sociali » che, arricchite dalle riflessioni maturatesi con il Concilio, con il magistero pontificio e con le indicazioni dell'episcopato, potranno essere di grande aiuto al maturarsi di coscienze tese al servizio della nostra Patria con spiccata sensibilità cristiana. 58. - Il futuro del mondo è profondamente legato alla sua umanizzazione e alla ricerca di un tessuto comunicativo che consenta il superamento dell'attuale frammentarietà e ritrovi una base comune in cui si riconoscano e si considerino i veri valori dell'uomo e della sua esistenza. Una simile riflessione culturale spinge a ritrovare il senso della persona nella sua interezza, nella sua capacità di relazione con gli altri, nel suo vivace protagonismo e nella sua radicale apertura a Dio. In questo senso si riscopre l'uomo riconciliato, vera immagine di Dio che attraversa ogni cultura, ogni situazione, ogni progetto, anche se di questo spesso gli uomini sono inconsapevoli. La Chiesa sente il dovere di annunciare a tutti la Parola che salva e favorisce per questo il dialogo fra le varie culture presenti nel mondo, nella convinzione che una onesta ricerca della verità, con l'aiuto della grazia di Dio che già fermenta il mondo, farà approdare l'uomo a nuove sintesi e a nuove condizioni di vita che hanno in Cristo il loro principio, la loro misura e il loro fine. * * * 59. - Fra le tante icone a cui ci si è richiamati nel cammino verso Loreto ci sembra dover ricordare quella del buon Samaritano ( cfr. Lc 10,25-37 ). Il buon samaritano è Cristo: per mezzo di Lui continuamente il Padre si china sull'umanità sofferente e con amore gratuito e sovrabbondante la serve fino a liberarla dal male. La Chiesa, sul modello di Cristo, vuole chinarsi sulle piaghe di questa umanità e vuol fare dono dell'eterna riconciliazione del Padre a tutti gli uomini, soprattutto ai più poveri, agli abbandonati, agli oppressi. Con questo stesso atteggiamento di servizio e di amore la Chiesa intende impegnarsi per le realtà dolorose e precarie che preoccupano il mondo e la nazione. Essa intende altresì favorire un rinnovato senso della comunità civile e del ruolo dello Stato, un senso che determini una sola logica, quella del servizio e della generosità. 60. - Ogni cristiano, e tutti insieme, siamo chiamati ad essere buon Samaritano, a farci prossimi per amore di Dio ai più bisognosi, a confermare la volontà del popolo di Dio di testimoniare la bontà del Signore in ogni direzione. Questa è la misura adulta di una Chiesa modellata sul suo Signore. Su questa via la Chiesa continuerà il suo pellegrinaggio in Italia, tra la gente tanto amata, nel nome del Signore, affidando a Maria, « icona dell'umanità riconciliata », i suoi compiti, le sue speranze e la speranza delle nostre popolazioni. Roma, 9 giugno 1985.