Rivoluzione tecnologica e società umana solidale

Nota pastorale della Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro

1. - Il recente Convegno "Uomini, nuove tecnologie, solidarietà: il servizio della Chiesa italiana" ci ha offerto l'occasione di una riflessione vasta e approfondita e la possibilità di esprimere comprensione e responsabilità etica sull'importanza tematica delle conseguenze umane e sociali delle nuove tecnologie.

L'analisi dei problemi espressa dagli studiosi, dai protagonisti sociali e dai partecipanti, unita al discernimento che proviene dall'intelligenza della fede, hanno consentito di affrontare con fiducia e con speranza le difficili questioni che si presentano in questo momento alla nostra società.

La vita di molte persone, di masse ingenti di lavoratori, di tante città e di intere regioni è coinvolta dalla rivoluzione tecnologica in atto.

Anche i cattolici sono chiamati ad un nuovo e più maturo impegno che, fondato sulla fede, sappia esprimere un'adeguata coscienza personale e una capacità di assumersi le necessarie responsabilità sociali.

Come tutti gli eventi umani ed a causa della sua imponenza la rivoluzione tecnico-scientifica assume di frequente un carattere mitico, sia nella sua forma prometeica quale fattore determinante del progresso umano, sia nell'aspetto minaccioso che presenta per i più colpiti ed indifesi.

È dunque essenziale che, condividendo i problemi e le speranze di tanti uomini e donne del nostro tempo, sappiamo sviluppare una giusta valutazione del ruolo delle tecnologie e nel contempo sappiamo dimostrare di padroneggiarle socialmente affinchè tornino al servizio del bene delle persone e della società intera.

2. - La Chiesa non è del mondo, ma è nel mondo per testimoniare una speranza ed un senso per il destino dell'uomo.

Non c'è problema umano, personale e sociale, che non possa essere illuminato dalla speranza di cui l'esperienza cristiana è portatrice.

Per questo i cristiani e la comunità intendono partecipare con fiducia alla costruzione comune di un mondo degno dell'uomo.

Con questo modo di vivere coerentemente la testimonianza cristiana la comunità dei fedeli adempie il compito che le è stato assegnato da Cristo.

L'intera comunità umana è oggi sfidata dai rivolgimenti apportati dalla rivoluzione tecnologica.

La Chiesa accetta questa sfida con amore, cosciente delle potenzialità e delle ambiguità in essa contenute e rivolte all'uomo; la scienza e la tecnologia sono infatti portate di frequente ad esaltare l'uomo, ma solo per un aspetto, quello del dominio sulle cose, trascurando altri aspetti etici e relazionali e soprattutto il suo destino spirituale.

La comunità cristiana, per la dimensione assunta dal problema, è chiamata oggi ad esprimere un'eccezionale prova di carità politica, fondamento di ogni concreta proposta storica di solidarietà.

3. - La solidarietà ci è apparsa il centro unificatore e l'asse di riferimento di una problematica tanto complessa.

Essa va considerata nei suoi diversi aspetti e gradi come ben ricordano la Populorurn progressio di Paolo VI e la Sollicitudo rei socialis di Giovanni Paolo II.

Essa è infatti aiuto a chi si trova in stato di bisogno, è realizzazione di rapporti di giustizia in tutti gli ambiti della vita umana, è espressione di fratellanza che anima la vita sociale rendendola meno violenta e anonima e più degna del rapporto tra persone.

Così intesa la solidarietà non è residuo assistenziale o visione pauperistica, ritenuta non all'altezza della complessità dei problemi odierni, al contrario essa è principio ispiratore in grado di tener conto sia degli ultimi e dei meno favoriti sia dell'orientamento generale che va assumendo la società umana.

Ciò che appare invece sempre più inadeguato, oltre che inaccettabile, è l'ingenuo principio utilitaristico secondo cui ognuno facendo i propri interessi farebbe contemporaneamente, senza volerlo, gli interessi generali.

L'interesse individuale e il bene comune non coincidono in modo aprioristico ed immediato; occorre pertanto che il primo sia mitigato, corretto e sostenuto da altri criteri che sono appunto criteri di giustizia e di solidarietà e ciò sia a livello del singolo, che delle imprese e delle istituzioni.

L'economia si è costruita come separata dall'etica e non sono sufficienti i richiami a principi generali e deduttivi per farle cambiare orientamento; occorre invece incoraggiare un confronto tra etica ed economia su diversi casi e problemi per realizzare uno scambio continuo di arricchimento reciproco e ridare al fatto economico il suo spessore umano e sociale.

Si deve così sviluppare tra etica ed economia un circolo virtuoso, nel rispetto delle differenze di metodo, il quale consenta la reciproca integrazione e l'elaborazione di un discernimento sempre più congruo e capace di proposta.

Per questa impresa di grande spessore storico è richiesto un nuovo e diffuso impegno culturale e politico, in forme molteplici ed anche inedite, secondo le diverse competenze e responsabilità, tutte volte alla costruzione di una visione solidale su cui fondare una vera società umana.

4. - Un primo e prioritario problema posto dalle innovazioni tecnologiche è senza dubbio quello della disoccupazione.

Anche senza vedere un rapporto di causa ed effetto tra l'introduzione delle nuove tecnologie e l'aumento della disoccupazione, rimane il fatto che alla nuova ondata tecnologica non ha corrisposto uno sviluppo occupazionale.

Siamo di fronte ad un fenomeno variamente definito: crescita senza sviluppo, sviluppo senza occupazione, sviluppo economico senza sviluppo sociale.

In altre parole l'occupazione non è più un fatto garantito automaticamente dallo sviluppo economico.

Ciò significa che l'occupazione va assunta anche come obiettivo a sè stante da parte della società civile, dello Stato, degli organi governativi attraverso politiche specifiche (

di riduzione e di ripartizione del lavoro,

del sostegno a nuove forme di lavoro cooperativo ed autogestito,

di flessibilità della domanda e dell'offerta,

di riconoscimento di forme di azione sociale da intendere come lavoro socialmente utile,

di riforme sostanziali dello Stato sociale )

e attraverso la promozione di nuove attività produttive.

Inoltre la mondializzazione dell'economia, favorita ed unita alle nuove possibilità tecnologiche, rischia di creare grandi potentati economici mondiali che sfuggono ad ogni controllo e che aumentano l'instabilità dell'economia stessa, inducendo fra l'altro ad una concorrenza spietata e senza regole ( cf. Sollicitudo rei socialis, n. 16 ).

Le tecnologie, nonostante le loro potenzialità, non sono di per sè risolutrici dei problemi produttivi ed economici, se non inserite in un contesto di norme e di rapporti sociali che ne garantiscano il miglior uso collettivo, ispirato a criteri etico-morali.

Esauritosi il modello economico-sociale che aveva accompagnato le vecchie tecnologie meccaniche e tayloristiche, appare evidente la distanza abissale che si è determinata tra la sconvolgente potenza delle nuove tecnologie e la pressochè totale mancanza di forme economiche, sociali e politiche capaci di regolarle nell'interesse generale.

Così queste stesse tecnologie che, per il loro carattere flessibile e pervasivo, potrebbero più facilmente adattarsi alle esigenze specifiche di ogni singola realtà locale, rischiano invece di accumularsi in alcune realtà maggiormente attrezzate e di determinare e mantenere così aree di abbandono, di sottosviluppo e di sottoutilizzazione, come accade per l'aggravata situazione del nostro Meridione.

5. - La diffusione delle nuove tecnologie comporta inoltre pericolosi fenomeni di esclusione, di dequalificazione, di disadattamento.

Non sono pochi gli operai ed i lavoratori che vedono sparire il loro mestiere, e vedono radicalmente trasformato il modo di produrre, a cui è richiesta una riconversione a logiche per lo più astratte ed immateriali di non facile apprendimento e comunque vissute con grande timore.

In molti ambiti per chi non si familiarizza con la tecnologia informatica è sempre più difficile affrontare agevolmente il proprio lavoro e ciò rischia di essere sempre più vero anche nella vita sociale.

Centrale appare in proposito il ruolo della scuola non solo e non tanto per una pur necessaria formazione professionale e tecnica, ma per un'elevazione dei livelli culturali generali che consenta a tutti di vivere in una società complessa con un'adeguata preparazione personale.

Particolarmente drammatica, e bisognosa di un intervento sociale adeguato, è al riguardo nel nostro Paese la realtà dei giovani espulsi dalla scuola dell'obbligo o dai primi anni delle superiori che viene ad appesantire la disoccupazione giovanile.

Con gli stessi caratteri si presenta la situazione di migliaia e migliaia di lavoratori adulti che, costretti a lasciare il loro lavoro, non vengono aiutati a riqualificarsi per poter reinserirsi dignitosamente.

Accanto alla scuola, significativo è il compito che attende l'intera sfera dell'amministrazione pubblica, per il suo ruolo di servizio nei confronti degli strati sociali più bisognosi e più disagiati, ma anche per il suo ruolo propulsivo, integrativo, programmatico che dovrebbe costantemente interventire sulle conseguenze dell'impatto tecnologico, dimostrando la capacità di inserire le trasformazioni in un più vasto contesto di solidarietà e di orientamento politico.

6. - Spesso la nostra società assume di fronte alle trasformazioni in atto un atteggiamento rassegnato, a causa del benessere di molti, del senso di paura e di impotenza di altri, di una residuale fiducia che il progresso sia di per sè risolutore dei problemi, di una difficoltà oggettiva a cogliere l'insieme dei cambiamenti.

Spesso i problemi appaiono troppo complessi e ciò rende difficile l'intervento e l'impegno, se non occasionali e frammentari.

La politica sembra rivolta soprattutto a gestire funzionalmente i problemi, con molti ritardi, a fatica, ed in genere senza un'adeguata visione prospettica.

Occorre invece affermare con forza che le tecnologie e le conseguenze che determinano devono e possono essere controllate e messe al servizio dell'uomo e del bene comune.

Già al momento dell'invenzione e della progettazione, gli scienziati e i tecnici sono corresponsabili delle finalità e dell'uso delle nuove macchine.

A livello sociale poi, nel lavoro come nei vari settori di applicazione, l'introduzione di nuove tecnologie andrebbe preceduta da una discussione preventiva, attenta e competente, al fine di comprenderne gli effetti sociali.

Nuove forme di democrazia e di partecipazione, più snelle e meno burocratiche e farraginose, potrebbero essere introdotte grazie anche ai nuovi strumenti disponibili, che consentono l'acquisizione delle informazioni in tempo reale ed un intervento più diretto.

Fondamentale appare poi il quadro politico-sociale che deve essere strutturato in modo da poter affrontare a livello generale, in modo programmatico e con il massimo consenso, le politiche e le decisioni di più vasta portata.

L'incontro e l'intesa fra le parti sociali, imprenditoriali e del lavoro, costituiscono metodo irrinunciabile di risoluzione delle contraddizioni sociali, tanto più in un momento di profonde trasformazioni.

L'assunzione di responsabilità diretta delle parti sociali e dei soggetti della società civile può maggiormente arricchire l'intervento programmativo dello Stato e rendere meno invasiva e più regolativa l'azione politica, oggi troppo sovraccaricata e pertanto troppo spesso inefficace.

Il volontariato come espressione autentica di solidarietà può costituire una risorsa importante non solo per l'azione diretta, ma anche per quanto può rappresentare di innovativo come istanza di partecipazione e come stimolo per una rinnovata gestione della cosa pubblica.

7. - Le nuove tecnologie informatiche presentano un forte impatto non solo sul mondo del lavoro, ma sull'intera società e su delicati settori di essa come le comunicazioni di massa, la sanità, l'istruzione, nonchè sul singolo cittadino.

In particolare sono resi sempre più potenti e meno controllabili i mezzi di comunicazione che determinano una vera e propria alluvione informativa, che è praticamente impossibile valutare coscientemente a causa della quantità e della velocità dei messaggi.

Il rapporto che si tende a stabilire è sempre più tra il singolo e i mezzi che gli offrono informazioni e servizi innumerevoli, prescindendo da un rapporto tra uomo e uomo, mediato dalle comunità sociali.

Si pongono pertanto complessi problemi sia all'origine, nel momento della emittenza di tante e disparate informazioni, sia all'ascolto, affinchè il ricevente sia messo in grado di selezionare criticamente i messaggi in arrivo.

Non si può non rilevare come uno degli strumenti fondamentali di dominio sull'uomo, logorate le ideologie di un tempo, sia costituito oggi proprio dai mass media che inducono consumi e comportamenti, che condizionano identità e caratteri, che distruggono o conculcano culture e valori, a favore dell'ultima scoperta, dell'ultimo slogan, o moda, destinati tutti ad esaurirsi in un breve volgere di tempo.

- Enorme è in questo campo il lavoro da sviluppare a partire da una visione etica e culturale.

Fra i problemi emergenti meritano di essere citati le questioni delle banche dati e del diritto di accesso alle informazioni che, se non tempestivamente affrontate, si prestano a violazioni dei diritti del cittadino e della riservatezza della sua vita personale.

Anche sul piano internazionale la creazione di reti di comunicazioni, oggi facilmente accessibili per via satellite, mentre favorisce la conoscenza reciproca tra i popoli, rischia di non rispettare l'identità nazionale, i costumi e i valori civili, morali e religiosi di ciascuno di essi.

Il fatto poi che le nuove tecnologie informatiche non si arrestino al campo produttivo, ma invadano sfere così personali e primarie come quelle della famiglia, della sanità e della scuola, dimostra come sia insufficiente l'offerta di puri strumenti tecnologici, separata da una cultura adeguata della vita umana e sociale.

Le nuove tecnologie, in conclusione, offrono indubbiamente delle grandi opportunità, ma si prestano sia ad essere usate da pochi ed in una visione riduttiva, materialistica e di potere, sia ad essere messe a disposizione di molti e di tutti con un'adeguata cultura e in una visione solidale della crescita dell'umanità.

I mezzi sono importanti e sono tanto più importanti quanto più sono potenti, ma il loro possesso non deve far sì che l'uomo privilegi il rapporto con le cose e con gli strumenti ( difetto della visione consumistica e del fascino tecnologico oggi così diffusi ).

Il rapporto fondamentale rimane quello fra persona e persona, quale si esprime nelle diverse comunità primarie e sociali, ed il rapporto con i mezzi deve poter esaltare e non impoverire quel rapporto considerato nella sua dimensione personale, sociale e spirituale.

8. - I compiti della comunità ristiana

Se la società muta così rapidamente, e ingenti sono i problemi che si trova ad affrontare, non è possibile che le nostre comunità cristiane si adagino in un quieto vivere, come se questi problemi non le riguardassero e non facciano ogni sforzo per dare un loro significativo ed insostituibile contributo ad affrontare la situazione.

Si compie spesso a riguardo un errore fondamentale e cioè di pensare che la risposta a questi problemi dovrebbe pervenire solo dagli specialisti e dai responsabili politici, mentre la comunità cristiana avrebbe più propriamente compiti sacramentali ed educativi.

Molte volte i Sommi Pontefici e da ultimo Giovanni Paolo II nella Sollicitudo rei socialis, hanno ricordato che l'etica sociale è parte integrante della vita del cristiano.

Non si tratta innanzitutto di formare specialisti professionali o militanti sociali, ma di creare una coscienza appropriata dei problemi che ogni persona incontra nei suoi ambiti di vita ed a cui essa sola e non altri deve dare una risposta eticamente e culturalmente adeguata.

Non vi può essere separatezza tra la vita nella comunità cristiana e quella che si esprime nella famiglia, nei rapporti, nel lavoro, nel quartiere e nella società.

Una realtà umana complessa e problematica come quella attuale non si affronta richiudendosi timorosi nella propria realtà come in un rifugio protetto dalle avversità della vita, ma al contrario con una sempre rinnovata incarnazione della fede nel vissuto sociale e con una più matura capacità di risposta etica.

Per questo è urgente e necessario operare per la formazione dei credenti, specialmente dei fedeli laici, alle virtù civili, alla partecipazione, al servizio, ma soprattutto alla capacità critica e alla coerenza etica.

Si tratta, in definitiva, di legare l'esperienza della fede all'impegno sociale e politico, seguendo una logica di solidarietà.

Nell'esercitare questa responsabilità educativa ci sarà di aiuto la dottrina sociale della Chiesa che il Santo Padre nel discorso ai convegnisti ci ha ricordato essere: "espressione concreta e continuamente aggiornata delle esigenze e delle implicazioni che scaturiscono nelle diverse situazioni storiche, della verità sull'uomo.

Il riferimento alla dottrina sociale cristiana aiuterà in modo particolare nell'elaborazione di una nuova cultura del sociale, così che libertà e corresponsabilità, autonomia ed efficienza, efficacia e solidarietà siano sapientemente coniugate".

Roma, 15 maggio 1988

La Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro