Evangelizzazione e cultura della vita umana Introduzione 1. - Ogni vita umana è sempre uno splendido dono di Dio e un diritto sacro e inviolabile di tutti gli uomini. La Chiesa lo crede fermamente. « Contro il pessimismo e l'egoismo, che oscurano il mondo, sta dalla parte della vita: e in ciascuna vita umana sa scoprire lo splendore di quel si, di quell'amen che è Cristo stesso ». In virtù di questa fede essa si fa serva degli uomini, perché riconoscano nella vita di tutti e di ciascuno il riflesso del volto di Dio. Nascono da qui l'amore, la sollecitudine e il servizio della Chiesa per ogni vita umana, soprattutto se debole e sofferente. Così facendo essa è solidale con tutti coloro che guardano alla vita umana come ad uno dei beni fondamentali, per la cui tutela e promozione esiste la stessa società civile. 2. - Molteplici sono le espressioni dell'attenzione e della cura della Chiesa per la vita dell'uomo. Non possono essere dimenticati, in questa prospettiva, i diversi servizi di assistenza e di carità che le comunità cristiane hanno saputo realizzare e rinnovare di fronte ai bisogni più urgenti degli uomini e in presenza di autentici attentati alla loro vita. Come pure è da ricordarsi la multiforme opera di animazione e di interventi sociali e politici che i laici cristiani hanno cercato di attuare nella loro responsabilità e ispirandosi al Vangelo. Espressione specifica di tale cura sono, inoltre, i numerosi interventi del Magistero: come già prima e durante il Concilio Vaticano II, così nel periodo successivo, il Magistero non si è mai stancato di proclamare « il Vangelo della vita », con tutte le sue implicazioni di ordine morale? Soprattutto quando la vita dell'uomo conosceva nuove e inaccettabili minacce, la voce del Papa e dei Vescovi si è alzata in difesa di ogni uomo e della sua esistenza. In particolare vogliamo qui ricordare la parola che poco più di vent'anni fa, il 25 luglio 1968, Paolo VI pronunciava con l'enciclica Humanae vitae, di fronte alle nuove minacce rivolte alla vita dell'uomo intaccando e falsificando il significato più profondo dello stesso atto procreativo. Questa parola, spesso criticata e derisa, ci si presenta oggi con sempre maggiore evidenza come autentico servizio per ogni uomo e per l'intera società. Come pure, a dieci anni di distanza, intendiamo richiamare quanto dicevamo nell'Istruzione Comunità cristiana e accoglienza della vita umana nascente, dell'8 dicembre 1978. Di fronte al grave problema dell'aborto, che ancora oggi torna a riproporsi con tutta la sua drammaticità, e di fronte alla legge che lo ha legalizzato in Italia, la Chiesa non poteva rimanere indifferente e, oggi come allora, non può non proclamare il carattere sacro e inviolabile della vita dell'uomo fin dall'istante del concepimento. 3. - Negli anni che ci separano dai documenti appena ricordati, si sono venute creando nuove situazioni. Esse presentano aspetti inediti, che aprono a grandi speranze, ma che insieme pongono seri e talvolta drammatici interrogativi circa il senso della vita dell'uomo, il suo rispetto, la sua difesa, la sua promozione. Avvertiamo, perciò, la necessità e l'urgenza di una rinnovata strategia pastorale destinata alla costruzione di una più vera cultura della vita, nel quadro di una "nuova evangelizzazione" che riservi ampio spazio alla proclamazione del diritto alla vita e all'impegno di assumere tutti, nella società e nella Chiesa, le proprie responsabilità. In questa linea si è sviluppata nei mesi scorsi la "Conferenza nazionale per la cultura della vita", che ha avuto il suo momento più significativo nel Convegno nazionale "A servizio della vita umana" ( 13-16 aprile 1989 ). Da quei lavori e dall'incontro conclusivo con il Santo Padre abbiamo ricevuto incoraggiamento e indicazioni per continuare con fiducia il lavoro pastorale e sociale a favore della vita. Facendo tesoro di tali indicazioni e anche dei numerosi e qualificati apporti emersi lungo il cammino di questi mesi, a conclusione della citata "Conferenza", ci rivolgiamo innanzitutto ai credenti, nella speranza che la nostra voce giunga anche a coloro che, pur non condividendo la nostra fede, sono sensibili e interessati al valore della vita. Attraverso un attento discernimento della situazione sociale e delle linee culturali e antropologiche ivi implicate ( parte prima ), ci proponiamo di indicare i valori fondamentali e le esigenze più attuali intorno alla vita umana ( parte seconda ) e di offrire indicazioni di impegno e di servizio, affidandole alla comunità ecclesiale e a quella civile ( parte terza ). I - La situazione: alcuni elementi di tensione 4. - Non è sempre facile capire e interpretare l'atteggiamento che comunemente viene oggi assunto nei confronti della vita. Anche nel nostro Paese, nel quale il rispetto e l'amore verso la vita sono stati alla base di una cultura millenaria, la mentalità e il costume dominanti sono complessi, notevolmente diversificati e talvolta persino contraddittori. Sembrano contrapporsi una cultura della vita e una cultura della morte o, più in profondità, una vera cultura della vita ed una presunta cultura della qualità della vita. In larga parte dell'opinione pubblica viene oscurandosi o dissolvendosi quella "verità" sulla vita umana che Dio ha impresso fin "dal principio" nel cuore dell'uomo e della donna. Tra gli stessi credenti e praticanti si sviluppa la tendenza a dissociare la fede cristiana dalla sue esigenze etiche nell'ambito della vita umana. Ne derivano non solo sottolineature unilaterali e riduttive di alcuni aspetti della vita umana, che prescindono da una concezione integrale dell'uomo e della sua dignità personale, ma anche visioni distorte e comportamenti inaccettabili. Vorremmo cogliere alcune tra le tensioni più rilevanti presenti nella nostra società e cultura, dalle quali sorgono alcuni fondamentali interrogativi che sollecitano una risposta chiara e convincente, come premessa necessaria per un'adeguata azione culturale e pastorale. I. La vita umana tra violenza e ricerca della sua qualità 5. - Sono senza dubbio in crescita la stima per il valore della vita umana e la consapevolezza che la sua difesa e promozione esigono maggior impegno e solidarietà da parte di tutti e ad ogni livello. Anche gli atteggiamenti culturali e pratici di segno contrario vengono sottoposti, non poche volte, ad un ripensamento più responsabile. In molte persone è sempre vivo l'impegno a garantire tutela e aiuto alla vita umana, come attestano la preoccupazione per le diagnosi prenatali, la ricerca di cure adeguate a fronteggiare malattie gravi e non ancora vinte, la sollecitudine nei confronti degli anziani, dei malati inguaribili, delle persone non autosufficienti o portatrici di handicap. In un orizzonte più ampio, è da registrarsi un diffuso e convinto impegno per la pace, per lo sviluppo solidale dei popoli, per l'ecologia. 6. - D'altra parte si ripresentano atteggiamenti ideologici e politici che denotano un clima in cui perdurano, o addirittura si acuiscono, molteplici forme di minaccia, di violenza, di rifiuto della vita, tanto più insidiose quanto più si nascondono dietro false apparenze di civiltà, a cominciare dal ripetuto appello alla "qualità della vita". Continuano oggi a svilupparsi, tra le forme di violenza e di disprezzo della vita umana, fenomeni quali la droga, l'alcolismo, la pornografia, la violenza sessuale e la prostituzione, il maltrattamento minorile e in particolare dei bambini. I suicidi, anche di adolescenti, sono indice drammatico di una stanchezza di vivere. Lo stesso diffondersi dell'AIDS è un altro segnale preoccupante di irresponsabilità verso se stessi e verso gli altri. La cultura dominante considera la "qualità della vita" come valore primo e assoluto e la interpreta prevalentemente o esclusivamente in termini di efficienza economica, di godibilità consumistica, di bellezza e vivibilità della vita fisica, separata dalle dimensioni relazionali, spirituali e religiose dell'esistenza. Una simile cultura conduce, come a suo esito ultimo, alla eliminazione di tutte le vite umane che appaiono insopportabili, perché prive di quella pretesa qualità della vita. Così, di fronte al rischio di dare alla luce una creatura malformata o malata, le diagnosi prenatali diventano una facile premessa per l'aborto. Di qui anche i tentativi di emarginazione degli anziani, delle persone non autosufficienti, di malati gravi e di quelli terminali, sino alle forme più o meno larvate di eutanasia, per la quale non manca chi invoca una legittimazione giuridica, facendo leva sui cosidetti "casi pietosi" come già è accaduto per l'aborto. Così si sopprime la vita perché la si pretende perfetta! Anche la questione ambientale è spesso affrontata in una prospettiva distorta: ciò avviene quando la tutela della natura non trova il suo primo e più essenziale riferimento nel valore inviolabile della persona umana. 7. - Gli atteggiamenti e i fenomeni ora ricordati ripropongono in modo acuto e non eludibile profondi interrogativi circa il valore della vita umana, il fondamento della sua sacralità, il significato della sofferenza, della malattia e della morte, il vero contenuto della qualità della vita. È necessario domandarsi se la vita umana è degna di essere vissuta per una sua presunta qualità, che consisterebbe nell'assenza di disagi, di povertà e di sofferenze, o non piuttosto per se stessa, in quanto vita della persona. La riflessione deve obbligatoriamente spingersi sull'essere stesso della persona, colto alle sue radici: solo così trova risposta la questione della sua dignità, dei suoi diritti e doveri, del suo destino. II. La generazione della vita tra paura e desiderio 8. - Se consideriamo ora la vita umana alle sue sorgenti, dobbiamo registrare come di fronte al compito generativo molte coppie di sposi si trovano o succubi della paura o prigioniere della cosiddetta "cultura del desiderio": le prime hanno quasi terrore di avere un figlio, le seconde lo vogliono e lo pretendono ad ogni costo. 9. - Come per tanti uomini e donne del nostro tempo, « anche nella Chiesa - rilevava il Papa parlando alle Equipes Notre Dame - molte famiglie non sanno più che i 'bambini sono il dono più grande del matrimonio' ». Si può comprendere una certa paura del figlio a causa di non poche difficoltà che le coppie di sposi incontrano: difficoltà di ordine non solo economico-sociale, ma anche psicologico. Quando però la paura diventa disistima, anzi rifiuto programmatico del figlio, sono altre le cause da ricercare e individuare: sono le cause culturali derivanti da una visione superficiale, egoistica e sbagliata della vita umana. In realtà sono diversi i fenomeni e gli atteggiamenti che attestano la presenza nel nostro Paese e nella stessa comunità cristiana di una simile cultura. Ci sono giovani coppie che tendono a procrastinare di molto la nascita del primo figlio, dopo aver provveduto a sistemare altre cose ritenute essenziali secondo i modelli oggi dominanti. Tutto questo si congiunge con vissuti psicologici e scelte di vita nettamente contrari alla procreazione, sistematicamente evitata con la contraccezione. L'uso dei diversi mezzi anticoncezionali manifesta e fa crescere una sempre più diffusa e radicata mentalità anti-vita. Tale mentalità trova la sua massima espressione nell'aborto, spesso utilizzato come strumento di controllo delle nascite e largamente facilitato da una legge civile che contraddice ai fini da essa stessa dichiarati e che viene applicata non di rado arbitrariamente. Si vanno, inoltre, sviluppando nuovi tentativi di rendere ancora più facile l'aborto, eliminandone - si dice - il trauma chirurgico con il semplice ricorso ad un farmaco, come ad esempio la Ru 486: ma di aborto si tratta, ossia di deliberata eliminazione della vita umana, per altro a scapito di ogni reclamata socializzazione e del superamento della clandestinità. La stessa legittima regolazione della fertilità, alla quale sono responsabilmente tenuti gli sposi, riceve talvolta una interpretazione riduttiva e distorta, perché viene vissuta come forma di impedimento della fecondità. In questo contesto è da collocare il fortissimo calo demografico, nel quale l'Italia è arrivata a conseguire un triste primato, carico di implicazioni negative per il futuro della nostra società. 10. - Un nuovo fenomeno caratterizza la mentalità e la cultura di oggi, in contrapposizione alla paura del figlio: è il desiderio del figlio voluto ad ogni costo, quasi se ne avesse il diritto. Nuove prospettive, infatti, sono state aperte dalla scienza e dalla tecnica e diverse forme di fecondazione artificiale rendono possibile il concepimento al di fuori dell'unione sessuale dell'uomo e della donna. Il dare la vita in questo modo si trasforma in un fatto solo tecnico, in un problema di mezzi, totalmente in balia dell'uomo, secondo la logica della fabbricazione di un prodotto. 11. La procreazione della vita umana, oggetto insieme di paura e di esasperato desiderio, pone alcuni importanti interrogativi. Riguardano la famiglia, il senso della vita di coppia e dell'amore coniugale. È necessario chiedersi se e a quali condizioni l'amore tra un uomo e una donna può essere sorgente e frutto di comunione, di amore e di vita, all'insegna di una reciproca e incondizionata donazione di sé. Riguardano il senso umano della procreazione, non solo come fatto biologico soggetto alle leggi della natura e, quindi, della scienza e della tecnica, ma anche più profondamente come "mistero" nel quale Dio stesso è presente e operante e come "missione" da Lui affidata agli sposi. Riguardano il modo di pensare i figli: se come dono e benedizione del Signore, o come "peso" e "minaccia" per il futuro, o come "oggetto" in proprietà dei genitori. III. La sessualità e la famiglia tra riconoscimento e crisi 12. - Alle radici delle tensioni e della contraddizione che abbiamo descritto sta una nuova interpretazione della sessualità, del matrimonio e della famiglia. Si registra una visione più ottimistica della sessualità, sempre più riconosciuta come « una componente fondamentale della personalità, un suo modo di essere, di manifestarsi, di comunicare con gli altri, di sentire, di esprimere e di vivere l'amore umano ». Essa viene colta come una tipica forma di linguaggio con cui l'uomo e la donna, diversi e complementari, vivono la loro reciproca comunione e donazione o nel matrimonio o nella verginità, quali modi specifici di realizzare la vocazione all'amore, propria della persona umana. Più diffuso è il riconoscimento della dignità della donna e dei suoi ruoli nella vita privata e familiare e in quella pubblica, anche se spesso tale riconoscimento viene ostacolato dagli stili concreti di vita e contraddetto dalla sua riduzione a oggetto di piacere e di possesso. Più vive sono la coscienza della libertà e l'esigenza di rispettare la dignità di ogni persona, sia nei rapporti di coppia come in quelli familiari. Di qui l'instaurarsi di nuove e più equilibrate forme di vita, attraverso anche una più chiara definizione dei ruoli di ogni membro della famiglia. Sono cresciute l'attenzione e la consapevolezza delle responsabilità proprie del compito procreativo ed educativo dei genitori, come anche si è più chiaramente riscoperta la missione della famiglia in ordine alla edificazione della comunità ecclesiale e alla costruzione di una società più giusta e più umana. 13. - Nonostante questo permangono, quando non si aggravano, elementi e fenomeni di segno opposto, che sconvolgono l'ordinata convivenza tra uomo e donna, marito e moglie, genitori e figli. Assistiamo alla privatizzazione ed enfatizzazione della sessualità, spesso ridotta solo alla sua dimensione genitale. Si va dalla diffusione di rapporti sessuali prima e fuori del matrimonio, con una precocità sempre più frequente a partire dall'adolescenza, all'industria della pornografia che conosce anche episodi di sfruttamento dei minori e persino dei bambini, alla rivendicazione di una legittimità per qualsiasi tipo di attività sessuale, anche se vissuta in forme deviate. Cresce il numero dei fallimenti coniugali nelle stesse giovani coppie, dovuti spesso a immaturità affettiva, a una non sempre sufficiente conoscenza reciproca e ad un'errata concezione dell'indipendenza dei coniugi tra loro. L'idea stessa di comunità familiare viene spesso messa in discussione e svisata da parte di una cultura che, anche attraverso le proposte dei mass-media, non riconosce che il fondamento della famiglia sta nel matrimonio quale unione stabile di un uomo e di una donna, fondata sull'amore e pubblicamente manifestata e riconosciuta. Di qui il diffondersi delle convivenze di fatto, per le quali talvolta si chiede una forma di riconoscimento legale. Di qui anche il sorgere, in seguito alla fecondazione artificiale, di tentativi di legittimazione di modelli di coppia di genitori dove la differenza sessuale non risulta essenziale e necessaria. Nell'ambito educativo, infine, si registra in alcuni genitori una precoce abdicazione alle proprie responsabilità o, viceversa, una possessività esasperata e soffocante nei confronti della libertà dei figli. 14. - In una simile situazione diventa sempre più urgente un'approfondita riflessione sul significato della sessualità umana, per chiedersi in che rapporto essa stia con l'amore coniugale e con l'accoglienza e la solidarietà verso la vita. Essenziale è pure la riflessione sui fondamenti antropologici e teologici della condizione maschile e femminile, per cogliere il senso della differenza e reciprocità sessuale e per precisare l'identità e la dignità personale dell'uomo e della donna. Si potrà così comprendere più adeguatamente il valore della coppia e della famiglia, nella loro fondamentale missione di « custodire, rivelare e comunicare l'amore ». IV. Quale immagine di uomo? 15. - I diversi fenomeni e le contrapposte tensioni che abbiamo sinteticamente indicati sono il segno e il frutto di concezioni antropologiche diverse e talvolta contraddittorie. Diffuse e sostenute dai mass-media, esse si trovano presenti a livello non sempre riflesso nella mentalità comune, sulla quale esercitano il loro potere di persuasione. L'immagine di un uomo, di cui si affermano la dignità, la libertà e responsabilità, la capacità di dominio e di trasformazione della realtà e anche di se stesso, è ormai comunemente diffusa. Ma in questa stessa immagine si ritrovano elementi che, ad una lettura critica, risultano problematici, equivoci e talvolta inaccettabili. Viene affermata in modo esasperato e quasi assoluto la soggettività dell'individuo, quale criterio unico ed esclusivo per le scelte da operare in vista della realizzazione di sé e della propria felicità. L'individuo non è considerato nel contesto unitario di tutta la sua storia, ma nell'attimo presente che sta vivendo. Quanto viene percepito e sperimentato in un frammento isolato dell'esistenza diventa criterio di valutazione, di decisione e di azione. Ne derivano, oltre al facile smarrimento del senso della storia e del futuro, la riduzione della libertà a forza autonoma di affermazione, e l'identificazione del bene con la gratificazione immediata. Si possono così comprendere tutte le conseguenze pratiche nell'ambito della fedeltà coniugale, della procreazione, dell'aborto, dell'eutanasia, degli atteggiamenti in genere di fronte alla sofferenza. Dominante si è fatta la mentalità naturalistica, in connessione con l'ampio sviluppo della tecnica e con una certa assolutizzazione del sapere scientifico-sperimentale, che induce a considerare moralmente lecito tutto ciò che è tecnicamente fattibile. La persona, così, rischia di perdere il senso del mistero e della sua diversità originaria e irriducibile e l'uomo diventa una delle tante realtà esistenti, totalmente immerso nel mondo delle cose. Di qui la rivendicazione del diritto assoluto alla ricerca e alla sperimentazione, anche manipolando la persona, come pure la tendenza a rifiutare la vita umana quando è inguaribile o troppo gravosa per la famiglia o per la società. Con questa mentalità naturalistica diventa molto più difficile riconoscere dei valori morali superiori e antecedenti al singolo episodio o alla singola situazione della persona. Si tende pertanto a fondare la bontà di un comportamento sul semplice calcolo delle sue conseguenze: un gesto è giudicato buono semplicemente perché produce conseguenze vantaggiose per sé o per gli altri. Di qui la relativizzazione del comandamento del "non uccidere" e la giustificazione di alcuni casi di aborto e di eutanasia. È l'esito in definitiva di una forma di assolutizzazione dell'uomo, che lo rende prigioniero della sua immanenza e lo priva di qualsiasi riferimento all'assoluto e a Dio. 16. - Alcuni elementi della concezione antropologica oggi dominante - e i comportamenti che ne derivano - si rivelano dunque incompatibili con la visione cristiana dell'uomo e della vita e con la morale che ne scaturisce. È pertanto sempre più necessario che i cristiani si lascino interpellare dalla cultura del nostro tempo, dalle contraddizioni, dagli interrogativi e dalle attese che porta con sé, e sappiano rileggere le attuali antropologie alla luce del disegno di Dio. Si potrà così valorizzare ogni aspetto positivo, smascherare e denunciare ciò che è negativo, portare a compimento ogni germe di verità e di bene, offrire a tutti la sorprendente novità della rivelazione e della vita divina. È questa la via per edificare quell'autentica cultura della vita che siamo chiamati a promuovere e a servire. II - Quale uomo e quale vita secondo il disegno di Dio? 17. - Con l'amore e la passione della Chiesa che, fedele al suo Signore, « si dimostra amica sincera e disinteressata degli uomini che vuole aiutare, fin dal loro itinerario terrestre, a partecipare come figli alla vita del Dio vivente, Padre di tutti gli uomini », riproponiamo alcune verità fondamentali circa la vita umana. Assumendo gli interrogativi che gli uomini del nostro tempo si pongono, prenderemo le mosse dai dati dell'esperienza umana, li illumineremo e interpreteremo con la luce della fede e puntualizzeremo le esigenze etiche che ne derivano. I. La verità sull'uomo e il messaggio cristiano 18. - La prima cosa che sorprende e meraviglia ogni uomo nella sua esperienza immediata è la vita. Essa viene prima di lui, precedendone il pensiero e il volere, e ne provoca la responsabilità perché chiede di essere apprezzata, amata e vissuta secondo il suo interiore significato. In tutti noi è presente l'anelito profondo ad una pienezza di vita. Ciascuno lo sperimenta fin dall'infanzia nell'affetto della madre e del padre, lo scopre nell'amore fecondo dell'uomo e della donna, lo esprime nell'amicizia sincera, lo ritrova nel desiderio ardente di vivere, soprattutto quando l'esistenza si fa fragile e breve. All'interno di questa esperienza e mediante essa, l'uomo percepisce di essere persona, ossia un soggetto cosciente e responsabile, titolare di diritti connessi con le radici della vita. Espressione e garanzia del desiderio mai interamente compiuto di vivere, questi diritti vengono sempre più sentiti e riconosciuti nel nostro tempo. Si esprime anche così la consapevolezza che ciascuno ha una dignità originaria e indistruttibile, che costituisce il suo bene più prezioso e insieme il fondamento dell'uguaglianza e della solidarietà di tutti gli uomini. 19. - Il messaggio cristiano fa piena luce sull'uomo e sul significato del suo essere ed esistere. La rivelazione biblica, infatti, proclama con grande forza la dignità della persona e il valore inviolabile della sua vita. È Dio che ha dato la vita all'uomo, infondendogli il suo spirito ( cfr Gen 2,7 ), e lo ha posto al centro del creato come signore di tutte le cose, affinché con la sua opera sapiente umanizzi il mondo e renda gloria al suo Creatore. Fatto a immagine e somiglianza di Dio, l'uomo è creatura razionale e libera, capace di conoscere e di amare, che non può ritrovarsi pienamente se non nel dono sincero di sé. L'essere immagine di Dio, mentre testimonia il dono del Creatore, esprime anche un compito: l'uomo e la donna sono reciprocamente chiamati a vivere l'uno "accanto" all'altro e, ancor più, l'uno "per" l'altro. Si può, quindi, affermare che già dal principio, in forza della creazione, Dio affida l'uomo all'uomo. Ciascuno, perciò, è responsabile dell'altro, nel rispetto religioso e fedele del progetto di Dio. 20. - In Gesu Cristo poi diventa perfetta la rivelazione dell'uomo. Solamente nel mistero di Gesu, nato, morto e risorto per noi, trova vera luce il mistero dell'uomo, perché « Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione ». Egli è la vera immagine di Dio e su di lui ogni uomo è chiamato a misurarsi e a modellarsi. In Gesù, che ha condiviso in tutto la vita e la condizione umana, tranne che nel peccato, l'uomo trova la fonte e l'esempio di ogni solidarietà e di ogni attenzione alla persona umana, alla sua vita, alla sua sofferenza e alla sua morte. Cristo non solo ci rivela ciò che siamo. Con la sua Pasqua ci trasforma e ci rende capaci di diventare ciò che siamo. Comunicandoci lo Spirito Santo, ci rende partecipi della sua stessa dignità di Figlio, ci dona il cuore nuovo che ci fa capaci di donarci sino alla fine e, destinandoci all'eterna vita di comunione e di amore con il Padre, porta a compimento la nostra aspirazione alla pienezza della vita. Così, nella storia umana, da sempre segnata dalla predestinazione in Cristo, ogni persona non è chiamata soltanto a "nascere" alla dignità di uomo, ma anche a "rinascere" a quella di figlio di Dio nel Figlio unigenito. Perciò « la prospettiva dell'adozione divina sottolinea in modo singolarmente eloquente l'altissima dignità della persona » e della sua vita. II. La vita umana ricevuta in dono è inviolabile 21. - Ogni uomo, nella sua esistenza, fa l'esperienza che la vita è un dono. Tale percezione è più immediata e facile in chi, pur tra le inevitabili difficoltà, si trova in una situazione serena. Rischia invece di offuscarsi in chi si sente oppresso dal bisogno e dal peso delle delusioni e delle sofferenze e, talvolta, come Giobbe, vorrebbe maledire il giorno in cui è nato ( cfr Gb 3,1-26 ). Ma c'è di più: la vita appare come un dono ricevuto da altri. Ogni uomo sa che non è stato lui a darsi la vita, che essa è limitata e fragile e che il suo inizio, la sua custodia e il suo sviluppo dipendono dalla responsabilità e dall'amore di tanti altri. Questa consapevolezza si fa più chiara di fronte al concepito non ancora nato, al bambino, al malato, all'anziano, al morente, al più debole e indifeso. La vita è colta dall'uomo come un valore primario, inscindibilmente connesso con la sua stessa dignità di persona. Così essa si presenta come il punto di appoggio della nostra identità personale, su cui si radicano e si sviluppano tutti gli altri valori e diritti. 22. - La fede cristiana ci dà la certezza che la vita è dono di Dio e del Suo amore. Egli è « amante della vita » ( Sap 11,26 ) e in Lui è la « sorgente della vita » ( Sal 36,10 ), dall'eternità pensa, vuole, desidera ogni donna e uomo che, secondo il suo disegno di Padre, vengono al mondo. Nessun uomo viene all'esistenza per caso, egli è sempre termine dell'amore creativo di Dio. Di ogni vita umana Dio stesso si fa garante: « domanderò conto della vita dell'uomo all'uomo, a ognuno di suo fratello. ( Gen 9,5 ). Ed è categorico il suo comandamento "Non uccidere", perché vuole la vita e ne protegge con premura il pieno sviluppo sino al compimento eterno. Per questo la vita umana è inviolabile: appartiene a Dio come un bene che Egli affida alla libertà dell'uomo, affinché sia fatto fruttificare secondo il Suo disegno di amore. Tale inviolabilità, partecipe dell'inviolabilità stessa di Dio, è strettamente connessa con la dignità dell'uomo che, solo fra tutte le creature terrene, è stato voluto per se stesso ed è, pertanto, "persona". Egli è sempre un valore in sé e per sé, e come tale esige d'essere considerato e trattato; mai, invece, può essere considerato e trattato come un oggetto utilizzabile, uno strumento, una cosa. 23. - Anche quando la nostra vita si fa pesante e quella degli altri esigente, essa merita sempre il coraggio e la sapienza di essere vissuta con riconoscenza e di venire accolta, difesa, aiutata in ogni creatura umana, dal concepimento sino al naturale tramonto, favorendone lo sviluppo completo, secondo una visione integrale della persona. Tutti e ciascuno abbiamo, quindi, la responsabilità di respingere qualsiasi attentato che sopprima o minacci la vita umana. Innanzitutto ogni aborto procurato, anche se realizzato con l'assunzione di farmaci, va rifiutato e condannato perché è un grave crimine contro la vita e contro l'amore. Con immutata convinzione ribadiamo anche il giudizio già formulato sulla legge italiana che lo legalizza, di legge immorale gravemente ingiusta, contraria ai diritti più elementari della persona e ai doveri fondamentali della società. Nella stessa linea va pure rifiutata e condannata l'eutanasia, che uccide con il pretesto di una falso amore mascherato di pietà. Con altrettanta fermezza sono da rifiutare gli abusi della genetica e delle tecniche di fecondazione artificiale. Quello che chiamiamo embrione deve essere trattato come persona. E « dovrà anche essere difeso nella sua integrità, curato e guarito, nella misura del possibile, come ogni altro essere umano, nell'ambito dell'assistenza medica ». Nello stesso tempo, il rispetto e la tutela della vita umana esigono di respingere anche altre forme di violazione quali sono, ad esempio, la violenza sui bambini, il maltrattamento dei minori, la violenza sessuale, la pornografia, la prostituzione, i comportamenti che facilitano la diffusione dell'AIDS, l'uso e lo spaccio della droga, la carenza di adeguati sistemi di sicurezza nei posti di lavoro e di ritrovo, l'inquinamento dell'ambiente, la guerra e ogni altra ingiusta aggressione. III. La vita umana trova il suo senso nell'amore 24. - La vita umana viene percepita come valore e come realtà ricca di senso quando ci si sente amati e quando sappiamo amare. Ogni persona, infatti, è assetata e bisognosa di amore: « l'uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l'amore, se non s'incontra con l'amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente ». Tutto questo risulta ancora più vero per la persona debole e indifesa o in situazione di marginalità e di sofferenza. D'altra parte solo il dono di sé eleva davvero la qualità della vita. L'uomo si sente maturo e veramente realizzato quando, superando ogni ripiegamento su se stesso, è capace di aprirsi agli altri, di donare e di donarsi. È così che amandoci l'un l'altro ci aiutiamo a vivere, diventiamo liberi e veri, ci realizziamo. La famiglia è il primo e originario luogo in cui tutto questo viene sperimentato. Il bambino incomincia ad accorgersi di essere vivo dall'affetto materno e paterno che lo circonda. Fisicamente e affettivamente, vive della madre e del padre. La stabilità della famiglia e l'armonia dei genitori sono - una sua esigenza vitale. Al tempo stesso, il figlio aiuta i genitori a sviluppare l'intesa e la maturità coniugale. L'affetto paterno e materno li fa crescere, attraverso quel dono di sé che è proprio della vocazione dei genitori e, in modo tutto speciale, della madre. Attraverso la reciprocità e la gratuità dei rapporti, la vita familiare suscita in tutti i componenti il senso dell'essere insieme gli uni per gli altri, costruisce con l'esistenza di ogni giorno un tessuto di rispetto e di dialogo, di accoglienza e di solidarietà, che fa della famiglia la prima scuola di umanità. 25. - La rivelazione ci permette di scoprire la radice più profonda di questa realtà. L'uomo è chiamato ad amare perché è creato a immagine e somiglianza di Dio, che è l'Amore ( cfr 1 Gv 4,8 ). « Dire che l'uomo è creato a immagine e somiglianza di questo Dio vuol dire che l'uomo è chiamato ad esistere 'per' gli altri, a diventare un dono ». È quindi nel mistero di comunione della Trinità, di cui l'essere umano è costituito come un riflesso nel mondo, che si comprende la vocazione di ciascuno all'amore. Nella medesima ottica, le parole di Gesù « chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà » ( Lc 9,24 ) e « c'è più gioia nel dare che nel ricevere » ( At 20,35 ) ci dicono con estrema persuasività che soltanto nel dono incondizionato di sé l'uomo trova il gusto di vivere, conquista il senso della sua esistenza e la riscatta da una ineluttabile caducità. Ma è soprattutto nella Croce di Cristo, gesto supremo di amore e di donazione senza riserve, che incontriamo il luogo privilegiato e insuperabile della manifestazione di questa verità. La fede, inoltre, ci offre l'assoluta certezza, che infonde gioia e speranza alla nostra esistenza: a nessuna vita umana viene mai a mancare l'amore di Dio. Quand'anche un uomo fosse abbandonato e rifiutato da tutti, continuerebbe comunque ad essere amato da parte di Dio, che non lo può dimenticare né abbandonare perché per ciascuno di noi ha sacrificato suo Figlio: « Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? … Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori, per virtù di Colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né amore né vita … né alcuna altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù nostro Signore » ( Rm 8,35-39 ). 26. - Ne deriva che è necessario educare tutti e ciascuno, fin dalla più tenera età, alla donazione gratuita di sé, smascherare l'inganno di una mentalità che vede solo nel tornaconto personale un motivo per vivere e per impegnarsi, ricuperare la certezza che anche nella malattia e nella sofferenza è possibile sperimentare un "senso" per la vita. Nell'opera educativa non può mancare una corretta sottolineatura del valore del sacrificio. Anche il nuovo e giusto riconoscimento della dignità della donna e dei suoi ruoli nella vita sociale non può prescindere dall'attenta considerazione della sua singolare vocazione al dono di sé, che trova una particolare manifestazione nella maternità. In quest'opera complessa e articolata, che chiama in causa varie responsabilità educative e culturali, è necessario innanzitutto riconoscere e assicurare alla famiglia il suo ruolo originario e insostituibile. IV. L'amore e la sessualità sono per il dono 27. - L'amore, quale fondamentale e nativa vocazione di ogni uomo, coinvolge la persona nella sua interezza, secondo la sua struttura di spirito incarnato. Parte integrante di questa struttura è la sessualità che, oltre a determinare l'identità personale di ciascuno, rivela come ogni donna e ogni uomo, nella loro diversità e complementarietà, siano fatti per la comunione e la donazione. La sessualità, infatti, dice come la persona umana sia intrinsecamente caratterizzata dall'apertura all'altro e solo nel rapporto e nella comunione con l'altro trovi la verità di se stessa. Così, la sessualità - che pure è minacciata dall'egoismo e può essere falsificata e ridotta attraverso il ripiegamento di ciascuno su di sé - richiede, per sua stessa natura, di essere orientata, elevata, integrata e vissuta nel dinamismo di donazione disinteressata, tipico dell'amore. La sessualità, in quanto modalità espressiva della persona, in ordine al dono di sé, può realizzarsi o nella forma della verginità, come segno di dedizione alla causa del Regno, o nella forma coniugale in cui l'uomo e la donna divengono, nell'appartenenza reciproca, segno sacramentale dell'amore di Cristo per la Chiesa. La sessualità e l'amore trovano nel matrimonio il contesto in cui possono esprimersi nella loro totalità, comprendente anche la dimensione genitale. La logica del dono, nell'esercizio della sessualità, rimanda quindi alla famiglia come all'ambito in cui il dono di sé si trasforma in comunione interpersonale profonda, unica ed esclusiva, e in generazione ed educazione della vita. 28. - Alla luce della rivelazione, l'immagine e la somiglianza di Dio riguardano la persona umana nella sua stessa diversità sessuale e nella reciproca originaria complementarietà e donazione tra l'uomo e la doma. Infatti, « Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò » ( Gen 1,27 ), infondendo così in ciascuno l'originaria vocazione ad esistere reciprocamente l'uno per l'altro nell'amore. La fede ci dice pure che il patto matrimoniale, in virtu del quale l'uomo e la donna formano una carne sola ( cfr Gen 2,24 ), è simbolo reale dell'amore di Dio e ripresenta, nel mistero, l'amore di Cristo per la Chiesa ( cfr Ef 5,25-32 ). In questo amore vengono assunte e portate a compimento le esigenze di piena umanità, totalità, fedeltà e fecondità proprie di ogni vero amore coniugale. 29. - Di fronte alla verità dell'amore e della sessualità « la donazione fisica totale sarebbe menzogna, se non fosse segno e frutto della donazione personale e totale, nella quale tutta la persona, anche nella sua dimensione temporale, è presente ». Non sono quindi leciti i rapporti sessuali prima e al di fuori del matrimonio e il ricorso alla contraccezione è sempre, oggettivamente, un male morale, perché falsifica la natura e le finalità proprie dell'atto coniugale. È necessario riscattare la sessualità da ogni sua banalizzazione e assolutizzazione, per riaffermare e vivere il suo nativo orientamento all'amore e al dono interpersonale. Per questo è indispensabile una vasta opera educativa, che riguardi soprattutto gli adolescenti e i giovani. In particolare è urgente l'educazione alla castità come virtu che promuove in pienezza la sessualità della persona e la difende da ogni impoverimento e falsificazione. Nella vita coniugale, inoltre, è necessario coltivare tra i coniugi un rapporto di reciproca accoglienza e donazione, favorito anche dal ricorso ai metodi naturali di regolazione della fertilità. Essi si presentano come tecniche legittime e affidabili, ma prima ancora essi sono in grado di suscitare e sviluppare uno stile di relazione serena e armoniosa, in un contesto di amore e di servizio alla vita. V. La generazione è donazione di vita ad una persona umana 30. - La generazione è l'evento privilegiato nel quale si manifesta chiaramente come la vita umana è un dono che si riceve per essere donato. Ognuno di noi sa che non si è dato la vita da se stesso, altri gliel'hanno donata. Gli stessi genitori sentono che il figlio è una realtà più grande del loro dono di amore: « se è frutto della loro reciproca donazione d'amore, è, a sua volta, un dono per ambedue, un dono che scaturisce dal dono ». Persona "in proprio", il figlio non è in loro potere, né è oggetto di un diritto che gli sposi possano pretendere, strumentalizzandolo ai loro desideri soggettivi. 31. - Sempre in riferimento alla verità dell'uomo come immagine di Dio, la fede ci dice che Dio chiama i genitori ad una « speciale partecipazione del suo amore e insieme del suo potere di Creatore e di Padre, mediante la loro libera e responsabile cooperazione a trasmettere il dono della vita umana ». Dio stesso è il protagonista nel mistero della generazione: dalla sua parola creatrice e dal suo amore deriva la vita. Di qui la sublime dignità della procreazione umana: i genitori sono « cooperatori dell'amore di Dio e quasi suoi interpreti ». Generare è rispondere a Dio ed alla consegna che egli diede fin da principio: « Dio li benedisse e disse loro: Siate fecondi e moltiplicatevi » ( Gen 1,28 ). A questa benedizione sono direttamente connessi il bene e lo sviluppo della società: la responsabilità di generare ha i suoi risvolti anche nei confronti della comunità. I figli non sono destinati alla famiglia. Nati da genitori cristiani e iniziati alla vita cristiana, fanno vivere e crescere la comunità ecclesiale. E in quanto cittadini contribuiscono alla continuità e alla crescita della comunità sociale. 32. - Alla luce di queste considerazioni è innanzitutto necessario che i genitori decidano e agiscano secondo una vera paternità responsabile. La nascita di nuove persone umane, infatti, è un evento affidato alla loro coscienza, ma non al loro arbitrio o ai loro calcoli soggettivi. Per essere degni del nome di genitori, devono prendere le loro decisioni cercando sinceramente ciò che l'amore di Dio attende da loro nella situazione concreta in cui si trovano, « tenendo conto sia del proprio bene personale che di quello dei figli tanto di quelli nati che di quelli che si prevede nasceranno, valutando le condizioni del proprio stato di vita e quelle del proprio tempo, tanto nel loro aspetto materiale che spirituale ». In questa ottica, ed anche in considerazione della nostra situazione demografica, i genitori sono oggi invitati ad essere particolarmente generosi nel trasmettere la vita. Se la dignità e la responsabilità di generare chiedono sempre generosità, talvolta domandano eroismo, quando la maternità si presenta difficile e rischiosa. È proprio in questi momenti che la madre e il padre hanno bisogno e hanno diritto di essere aiutati dagli altri. È inoltre urgente riscoprire nei figli il preziosissimo dono del matrimonio e, di conseguenza, occorre rifiutare la logica che vede nel figlio un "diritto", come pure le varie forme di fecondazione artificiale, che di quella logica sono oggettiva espressione. Infatti, « il matrimonio non conferisce agli sposi il diritto di avere un figlio, ma soltanto il diritto a porre quegli atti naturali che di per sé sono ordinati alla procreazione. Un vero e proprio diritto al figlio sarebbe contrario alla sua dignità e alla sua natura ». Piuttosto sono i figli, fin dal concepimento, ad avere dei diritti che vanno riconosciuti e rispettati. VI. Anche la sofferenza e la morte hanno un senso 33. - La sofferenza e la morte fanno parte di ogni vita umana, anche se ne esprimono gli aspetti più misteriosi. Sembrano contraddirne il valore e provocano dubbi e interrogativi che inquietano la ragione e feriscono il cuore. Alla morte si cerca di non pensare. E, quando ci colpisce nelle persone care o sopraggiunge improvvisa a stroncare esistenze giovani e creature innocenti, pare inutile o inaccettabile ogni risposta che cerchi di darle un senso. Anche la sofferenza fisica è sempre più oggetto di paura e di rifiuto: la si considera come il male per eccellenza o l'unico, che si cerca solo di eliminare, a qualunque costo. C'è tuttavia un crescente impegno di solidarietà generosa per prevenire e alleviare la sofferenza. È doveroso dare atto alla dedizione di tanti medici e operatori sanitari e allo sforzo di quanti si adoperano per valorizzare e utilizzare le risorse del progresso scientifico e tecnico allo scopo di salvare vite umane, curare le malattie e vincere il dolore. Non meno di quello fisico è lacerante il dolore morale, che può spingere ai livelli estremi della disperazione, quando non si sa offrirlo o non si trova nessuno capace di condividere e aiutare. 34. - Nuova luce sul senso della sofferenza e della morte umana ci è venuta da Gesu. Solidale con l'uomo che soffre, di villaggio in villaggio, si è fatto fratello e amico, per sanare e fare del bene. Il dolore umano gli ha strappato, insieme alle lacrime, l'intervento della sua onnipotenza. Ha consolato gli afflitti, nutrito gli affamati, guarito gli ammalati. Ha scacciato i demoni e ha restituito ai morti la vita, per darci la certezza che il regno di Dio è già presente nel mondo. Ha sperimentato personalmente la sofferenza e la morte, e ha donato agli uomini la vita eterna, attraverso il cammino della croce sfociato nella risurrezione. Soffrendo e morendo ha preso su di sé tutti i dolori e tutte le morti. Grazie a lui ogni sofferenza è un passo verso la pienezza della gioia e ogni morte porta con sé la fecondità del passaggio alla vita senza fine. Esse trovano un senso se vengono assunte e offerte come ha fatto lui, affidandosi all'amore del Padre e testimoniando l'amore per i fratelli: perché solo l'amore ha dato valore salvifico alle sofferenze e alla morte di Gesu. Il problema del soffrire e del morire riguarda da vicino tutti noi. La risposta al perché del dolore sta nel nostro saper rispondere alle sue richieste, come insegna Giovanni Paolo II nella lettera Salvifici doloris: « Nel programma messianico di Cristo, che è insieme il programma del regno di Dio, la sofferenza è presente nel mondo per sprigionare amore, per far nascere opere di amore verso il prossimo, per trasformare tutta la civiltà umana nella 'civiltà dell'amore'. In questo amore il significato salvifico della sofferenza si realizza sino in fondo e raggiunge la sua dimensione definitiva ». E ancora: « Cristo allo stesso tempo ha insegnato all'uomo a fare del bene con la sofferenza ed a far del bene a chi soffre. In questo duplice aspetto Egli ha svelato sino in fondo il senso della sofferenza » 35. - La riscoperta del senso della sofferenza e della morte è condizione indispensabile per avviare e sviluppare la vera cultura della vita. In questa luce diventa più facile respingere ogni forma di emarginazione, disattenzione, rifiuto e uccisione di chi vive o si prevede venga alla luce in una situazione di sofferenza o di malattia. Perciò avremo sempre più bisogno di imparare a non sottrarci alla fatica di vivere, preoccupati soltanto di costruirci una vita facile che considera diritto ogni desiderio e fa delle comodità e del benessere l'unico scopo dell'esistenza. Ed avremo sempre più bisogno di partecipare alla sofferenza degli altri, perché ciascuno di noi è debitore verso ogni umano dolore e può ricevere molto da chi sta soffrendo. VII. La scienza e la tecnica sono per l'uomo 36. - Lo sviluppo della scienza e della tecnica fa sì che non pochi problemi riguardanti la vita dell'uomo diventino più complessi e gravidi di conseguenze imprevedibili. Scienza e tecnica, senza dubbio, hanno dato e continuano a dare contributi preziosi alla vita. Basta pensare anche solo ai vantaggi derivanti dalle scienze biomediche: l'eliminazione di molte malattie infettive, la scoperta di farmaci e di tecniche chirurgiche risolutive nei confronti di malattie fino a ieri mortali, la medicina "sostitutiva" inaugurata dai trapianti di organi. Nel settore della genetica si aprono nuove strade per la cura radicale di malattie ereditarie e per la stessa cura della vita nascente. Ma quando si considera il progresso della scienza e della tecnica come valore assoluto, si tradisce la causa della vita. Riconoscendo moralmente lecito tutto ciò che è tecnicamente possibile, si finisce col subordinare o sacrificare l'uomo alla ricerca scientifica ed all'applicazione tecnologica, soprattutto quando l'essere umano è incapace di difendersi, come nel caso degli embrioni. E si dimentica che non c'è vero progresso, se l'uomo diventa sempre più una cosa. 37. - La fede cristiana riconosce il grande valore della scienza e della tecnica. Le considera come una significativa espressione della signoria dell'uomo sul creato e della sua responsabilità verso la vita ricevuta in dono. La fede autentica, che ispira la sapienza cristiana, è amica della scienza e della tecnica. Esse, per loro natura, sono ordinate all'uomo, al suo servizio e al suo sviluppo integrale. Per questo attingono dalla persona e dai suoi valori morali l'indicazione della loro finalità e la consapevolezza dei loro limiti. 38. - Dobbiamo perciò favorire ogni ricerca scientifica che, nel tentativo di affrontare e risolvere i problemi della vita umana con le risorse ed i metodi che le sono propri, si lascia guidare da criteri etici, nel pieno rispetto e nella piena valorizzazione della persona. Al tempo stesso, per amore dell'uomo, occorre rifiutare ogni sperimentazione, ricerca e applicazione che, misconoscendo questi criteri fondamentali, si ergano a criterio ultimo di giudizio e di valore, cessando di essere mezzi altamente qualificati a servizio degli uomini e trasformandosi in realtà che schiacciano gli uomini stessi. VIII. Il bene comune esige il rispetto e la promozione del bene di ogni persona 39. - La vita umana chiama in causa anche la comunità politica. Non poche scelte riguardanti la tutela della vita sono condizionate da interessi e fattori di ordine economico. Alcuni ambiti della vita sociale subiscono pressioni e speculazioni di mercato, come avviene con la contraccezione, le manipolazioni degli embrioni, la diffusione della droga e la pornografia. Altri ambiti dello sviluppo rischiano di essere determinati da fattori d'interesse economico che ne alterano le finalità, come ad esempio, lo studio delle cure contro talune malattie, la pratica dei trapianti d'organo, la prevenzione in campo sociale e produttivo, la salvaguardia dell'ambiente. La legislazione civile si limita spesso ad assumere, nel bene e nel male, gli atteggiamenti di fondo della cultura dominante e contribuisce a consolidarli. Da più parti si sottolinea che la politica non può più restare indifferente o neutrale di fronte al diritto alla vita di ogni persona e al rispetto della sua dignità, come pure non può più essere sorda di fronte alle reali e impellenti esigenze della famiglia di oggi. I principi della Costituzione italiana offrono un prezioso punto di riferimento per una corretta impostazione e soluzione di tali problemi, a partire dal riconoscimento dei diritti inalienabili della persona e di quelli della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. E la nostra società non manca di registrare diversi esempi di attenzione alla vita umana in tutti i suoi momenti. Vogliamo ricordare le molteplici esperienze di accoglienza, di aiuto e di volontariato verso le madri e le famiglie in difficoltà, i minori abbandonati o bisognosi, gli handicappati, i tossicodipendenti, gli emarginati, i malati, gli anziani. Il Convegno "A servizio della vita umana" dell'aprile 1989 è stato una splendida testimonianza del fiorire di questa attenzione. 40. - La comunità cristiana ha sempre sviluppato sollecitudine e solidarietà verso l'uomo e la sua vita. Spesso quanto ha saputo individuare e costruire è diventato, in seguito, patrimonio comune dell'intera società civile. Tale atteggiamento si basa sulla consapevolezza che ogni essere umano è partecipe della stessa umanità e che nessuno può dirsi estraneo all'altro. Non è, quindi, lecito ripetere le parole insensate di Caino: « Sono forse io il custode di mio fratello? » ( Gen 4,9 ). Il cristiano sa che ogni uomo è « un fratello per il quale Cristo è morto ». ( 1 Cor 8,11 ) e si sente chiamato, in una continua gara di carità, a portare i pesi di ogni altra persona ( cfr Rm 12,10 ). 41. - La coscienza della fraternità suscita l'impegno reciproco di vivere gli uni per gli altri. Abbiamo tutti la stessa dignità di persone e siamo di fatto interdipendenti. Non possiamo, quindi, fare a meno di scegliere la solidarietà tra gli uomini e le nazioni, come « determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo veramente responsabili di tutti ». Si iscrive qui l'azione sociale e politica, che ha come scopo e ragion d'essere la realizzazione del bene comune. Ma tale bene « non potrà essere realizzato se non viene energicamente difeso e promosso il bene della singola persona umana: ogni persona va rispettata in tutti i suoi diritti, a partire dal diritto fondamentale che è quello alla vita. È compito dell'intera società assicurare le condizioni economiche, lavorative, igieniche e sanitarie, ecologiche, assistenziali, giuridiche e culturali per lo sviluppo sempre più umano della vita di tutti e di ciascuno ». III - Per costruire una cultura della vita umana I. Vita umana e nuova evangelizzazione 42. - Per costruire una cultura della vita è del tutto necessario realizzare una svolta culturale, capace di far uscire la nostra società dal materialismo e dal soggettivismo, e condurla a riscoprire e a vivere l'intera verità sull'uomo e sulla sua vita. Si tratta di una sfida da affrontare con lucidità e con grande senso di responsabilità, fidando nella forza della verità e nello Spirito operante nella storia. A questa sfida radicale la Chiesa deve rispondere sviluppando una rinnovata opera di evangelizzazione e realizzando una nuova sintesi tra il Vangelo e la vita. La svolta culturale di cui la nostra società, sempre più scristianizzata, ha urgente e indilazionabile bisogno passa, dunque, attraverso una nuova evangelizzazione. Come l'annuncio e la testimonianza del Vangelo nei primi tempi della Chiesa hanno posto fine ad ogni legittimazione dell'infanticidio, dell'aborto e di altre gravissime offese alla vita e alla dignità dell'uomo, così questo rinnovato annuncio di Cristo risorto e vivo potrà condurre gli uomini del nostro tempo a riconoscere il carattere disumano di ogni rifiuto e di ogni minaccia verso la dignità dell'uomo, la sua integrità e la sua vita. In particolare, tale annuncio, mentre permetterà di vincere sempre di più la piaga dell'aborto e di non cadere nell'inganno dell'eutanasia, porrà le basi per una reale accoglienza e per un vero rispetto di ogni vita umana, soprattutto se sofferente, malata, debole ed emarginata. Nel difendere con la massima risolutezza il diritto di ciascuno alla vita e nell'accoglienza amorosa e generosa di ogni vita umana, « la Chiesa vive oggi un momento fondamentale della sua missione, tanto più necessaria quanto più dominante si è fatta una 'cultura della morte' ». II. Formare la coscienza morale 43. - Il primo e fondamentale passo per operare questa volta consiste nel formare una matura coscienza morale circa il valore incommensurabile e inevitabile di ogni vita umana. Per il cristiano una simile coscienza trova i suoi criteri di giudizio e di comportamento nel Vangelo di Gesù continuamente riletto e rivissuto nella sua Chiesa sotto la guida del Magistero. Alle radici dell'educazione morale stanno l'evangelizzazione e la catechesi, nelle loro diverse forme e in rapporto alle varie categorie di persone. Sia il primo annuncio sia l'approfondimento della fede cristiana non possono mai prescindere dal mettere in luce le esigenze etiche che nascono dal Vangelo. Tra di esse si pongono quelle riguardanti la dignità di ogni persona, il valore intangibile della sua vita e l'imperativo di rispettarle e promuoverle in modo profondo e integrale. Queste verità, esposte nella seconda parte del presente documento, costituiscono un insieme organico che non può mai essere tralasciato o sottaciuto. Sui problemi della vita umana, nell'odierno contesto sociale e culturale fortemente pluralistico e spesso dominato da impostazioni inaccettabili, la coscienza morale dovrà maturare e sviluppare un forte senso critico, capace di discernere i veri valori tra le tante facili riduzioni e falsificazioni oggi diffuse anche ad opera dei mass-media. Questo spirito critico si dovrà manifestare, in particolare, nella capacità di distinguere chiaramente tra quanto la legge civile consente e autorizza circa la vita umana e quanto la legge morale esige in modo inequivocabile e irrinunciabile. La formazione della coscienza morale circa la vita umana è un grave e imprescindibile dovere per tutti. In modo particolare lo è per quanti hanno una specifica missione di custodi e servitori della vita dell'uomo, come sono i genitori, gli insegnanti, i sacerdoti, i medici, gli operatori sociali e sanitari, i volontari. Oggi più che mai, di fronte alle nuove sfide poste dallo sviluppo della scienza e della tecnica, la maturazione della coscienza morale esige una adeguata formazione permanente, che riguarda non solo gli aspetti scientifici e professionali, ma anche quelli antropologici ed etici. In questo contesto si rendono sempre più necessari, soprattutto per quanti hanno responsabilità più dirette e immediate, l'insegnamento e lo studio della bioetica, ossia di quella disciplina che tratta, da un punto di vista morale, i problemi sollevati dagli interventi oggi possibili o in atto sulla vita umana. Nell'educazione della coscienza morale, la liturgia della Chiesa occupa un posto del tutto particolare che non può essere dimenticato. Infatti, dall'ascolto della parola di Dio e dalla celebrazione dei sacramenti i cristiani possono attingere non solo la luce indispensabile per l'elaborazione dei giudizi morali, ma anche l'energia soprannaturale necessaria per fare proprio il significato più profondo della vita, della sofferenza e della morte dell'uomo. È quindi importante far emergere e valorizzare tutta la forza che è misteriosamente presente nelle celebrazioni liturgiche della Chiesa. Un'adeguata educazione morale al valore della vita non può fermarsi, infine, alla pur necessaria riaffermazione del principio della sua inviolabilità, ma deve condurre le persone, sia singole che associate, ad assumere le proprie responsabilità e a realizzare scelte operative fatte di servizi concreti di accoglienza, solidarietà e promozione di ogni vita umana. Questo è lo sbocco naturale ed insieme la verifica più vera della avvenuta formazione della coscienza morale. III. Andare alle radici della vita umana e dell'amore 44. - La situazione storica, sociale e culturale richiede il coraggio di discernere e di realizzare le scelte operative e i servizi concreti che si impongono come prioritari e indilazionabili. D'altra parte, però, la vita dell'uomo chiede sempre di essere servita nella sua interezza e in ogni momento del suo sviluppo, qualunque sia la sua condizione. La messa in atto di alcune scelte e di alcuni servizi chiama quindi in causa una responsabilità fortemente unitaria, che non tollera unilateralismi e discriminazioni, perché la vita umana è sacra e inviolabile in ogni sua fase e situazione. A partire da tale consapevolezza, è necessario operare delle scelte e attuare dei servizi che riguardano sia la vita che inizia, sia quella che si trova nella marginalità e nella sofferenza, sia la vita che è al suo naturale compiersi nel tempo. Anzi, ancora più profondamente, è necessario che le scelte e i servizi siano vitalmente inseriti in un quadro più ampio, che tocca le stesse radici della vita e dell'amore. 45. - Non bisogna illudersi di poter costituire una vera cultura della vita umana se non si compiono tutti gli sforzi e non si mettono in atto tutte le iniziative capaci di far cogliere e di aiutare a vivere la sessualità, l'amore e la vita secondo il loro profondo e interiore significato e nella loro intrinseca correlazione. Ciascuno, fin dalla fanciullezza, ma soprattutto nell'adolescenza e nella giovinezza, deve essere aiutato e sostenuto nel riconoscere il valore e la bellezza, e insieme la fragilità e l'ambivalenza della sessualità propria e altrui, mediante un'educazione che non si riduca alla sola informazione, ma che configuri come paziente ed autentica formazione al senso della vita e dell'amore. In questa linea non è ammissibile esimersi da una proposta organica, sistematica e capillare di educazione alla sessualità e all'amore all'interno delle comunità cristiane, delle associazioni, dei gruppi, dei movimenti, degli operatori e dei vari ambiti educativi ecclesiali, a cominciare dalle scuole cattoliche. Come pure non si può rinunciare ad un'opera di vigilanza e di intelligente promozione perché l'educazione sessuale nelle scuole sia impostata e svolta in modo serio e corretto. Perché la sessualità possa essere vissuta secondo i suoi originari dinamismi di amore e di donazione in ogni età della vita e secondo le caratteristiche proprie della vocazione matrimoniale o verginale, è assolutamente indispensabile che l'educazione sessuale sia accompagnata e animata da una puntuale educazione alla castità. Solo a questa condizione, infatti, la sessualità può essere accolta e promossa nella pienezza dei suoi significati e insieme difesa da ogni forma di banalizzazione, riduzione o falsificazione. È dunque profondamente errato l'atteggiamento di chi crede che in questo campo siano possibili una maturazione spontanea e un superamento automatico delle difficoltà, degli errori, delle tendenze egoistiche e deresponsabilizzanti. Senza remore inammissibili, è necessario che, sia nella direzione spirituale come nella predicazione e nella catechesi, la virtù della castità venga proposta con chiarezza e serenità; che si creino ambienti educativi ricchi di proposte e di contenuti umanamente significativi; che si pongano le condizioni sociali, affettive e spirituali perché la proposta della castità possa essere accettata e che, infine, si offra una gioiosa testimonianza di castità da parte delle persone consacrate, dei genitori, degli educatori anche se giovani. 46. - L'educazione alla castità è particolarmente necessaria per attuare una autentica procreazione responsabile. Di fronte ad interpretazioni parziali o addirittura errate, occorre anzitutto riscoprire e riproporre con chiarezza il vero significato della procreazione responsabile. Attraverso di essa gli sposi si rendono docili alla chiamata del Signore e agiscono come fedeli interpreti del suo disegno, riconoscendo e rispettando le leggi biologiche inscritte nella loro persona, dominando le tendenze dell'istinto e delle passioni, accogliendo pienamente tutti i loro doveri, rimanendo in un contesto di reale apertura alla vita e decidendo, pertanto, di far crescere una famiglia numerosa o, per gravi motivi e nel rispetto della legge morale, scegliendo di evitare temporaneamente o a tempo indeterminato una nuova nascita. Va riaffermato che la procreazione responsabile è un grave dovere di tutti gli sposi e che può essere attuata concretamente. Essa però richiede l'impegno comune dei due sposi alla continenza periodica, al cui servizio si pone il ricorso ai metodi naturali di regolazione della fertilità. Vincendo ogni resistenza e superando finalmente gravi ritardi, le nostre comunità cristiane devono assumere più coraggiosamente il compito di suscitare convinzioni e di offrire aiuti concreti perché ogni coppia di sposi possa percorrere questa strada. Si tratta, quindi, di mostrare che questi metodi, se ben conosciuti e correttamente applicati, sono tecnicamente affidabili e meritano fiducia. Soprattutto è necessario richiamare come essi presuppongano e favoriscano uno stile di vita coniugale all'insegna dell'armonia e della comunione, siano segno e alimento di un vero rispetto della corporeità umana e dei suoi valori e significati profondi, mettano nelle condizioni più adeguate per vivere in un clima costante di apertura alla vita. Non può più essere rimandato, perciò, un impegno più vasto, deciso e sistematico da parte di tutti - medici, esperti, sacerdoti, consulenti coniugali e familiari, educatori, coppie di sposi - per far conoscere, stimare e applicare questi metodi. In particolare, chiediamo che questa vasta e articolata opera educativa non sia rimandata solo a qualche accenno durante i corsi di preparazione al matrimonio, ma anche anticipata e sviluppata già prima del fidanzamento, nell'età giovanile, con criteri e modalità opportune, sia per le giovani che per i giovani. IV. Servire la vita in ogni suo momento 47. - L'annuncio e la rinnovata consapevolezza della dignità di ogni persona umana e dell'inviolabilità della sua vita devono tradursi in scelte e in servizi che riguardano, in primo luogo, la vita umana al suo inizio. Solo mediante il recupero del significato profondamente umano, personalistico e religioso del sorgere della vita dell'uomo è possibile affrontare correttamente i diversi problemi che, oggi soprattutto, riguardano da vicino la nascita. Infatti, solo in questa luce è possibile riconoscere, riaffermare, rispettare e tutelare, fin dal concepimento, il diritto di ogni persona all'esistenza e alla sua integrità. In questa prospettiva si devono affrontare le problematiche connesse con le possibilità oggi aperte dalla genetica. Anche se, almeno nel nostro Paese, i casi non sono ancora molto numerosi e riguardano più direttamente il mondo scientifico e medico, occorre essere attenti alla mentalità di un minor rispetto della vita che ne deriva. È comunque da rifiutarsi come eticamente inaccettabile ogni azione che - attraverso le varie forme di fecondazione artificiale, le manipolazioni genetiche e le diverse sperimentazioni sugli embrioni - viola il diritto all'esistenza e all'integrità, che appartiene anche a quegli esseri umani che comunemente chiamiamo "embrioni". 48. - Tra le tante problematiche che riguardano la vita umana nascente, quella dell'aborto si presenta ancora oggi con tutta la sua gravità e drammaticità. Nonostante la dichiarata diminuzione degli aborti legali, essa deve continuare a provocare la nostra attenzione e a richiedere la nostra azione. Un'attenzione e un'azione che non possono essere delegate ad alcune realtà, come i Movimenti per la vita e i Centri di aiuto alla vita, il cui prezioso apporto, per altro, domanda di essere ulteriormente valorizzato. Esse riguardano la responsabilità di tutta la comunità cristiana, delle sue varie articolazioni e di ogni singola persona. Anche quanti sono più direttamente impegnati a favore della pace, dell'ambiente o di altre realtà sociali connesse con il valore della vita umana non possono disinteressarsi dell'aborto: quelle stesse forme di impegno, infatti, sono vana illusione se non sono accompagnate da almeno altrettanta responsabilità per la difesa della vita fin dalla sua origine. Di fronte ai rischi di una sottile assuefazione al fenomeno, e alle tentazioni di stanchezza o addirittura di una qualche irritazione davanti al perdurare a al riproporsi di alcune discussioni al riguardo, occorre riaffermare con totale chiarezza la gravità morale di ogni aborto procurato e ricreare una mentalità in proposito. Per questo va anzitutto proclamata la tragica verità dell'aborto: esso è l'uccisione di un essere umano innocente, voluta da parte di quegli stessi genitori che per primi dovrebbero difenderlo, amarlo ed accoglierlo. Tale proclamazione è ancora più urgente oggi, quando l'attenzione viene attirata spesso e volutamente solo su elementi secondari o comunque non decisivi, quali sono, ad esempio, il rispetto per l'autodeterminazione della donna, il superamento dei traumi connessi con l'intervento abortivo, la salvaguardia di alcune condizioni sanitarie, la preoccupazione per una presunta "qualità della vita". 49. - Non basta però la pur necessaria riaffermazione dei principi. Anche in questo campo è indispensabile un'azione di concreta solidarietà verso le coppie e le madri in difficoltà, ivi compresa la promozione di servizi sociali adeguati. Come pure è assolutamente doveroso che ciascuno compia scelte coerenti con i principi appena ricordati. In particolare ribadiamo che il rifiuto di praticare l'aborto, o anche solo di collaborare ad esso, costituisce una grave obbligazione morale, radicata nella legge scritta nel cuore di ogni uomo, e riproposta dalla Chiesa nella sua legislazione che colpisce con la scomunica i cristiani che procurano l'aborto o che vi collaborano. La dottrina e le direttive sull'obiezione di coscienza, contenute nell'Istruzione pastorale "Comunità cristiana e accoglienza della vita umana nascente", nulla hanno perso del loro valore. Riaffermiamo il dovere di sollevare obiezione di coscienza, anche legalmente riconosciuta, da parte di tutti coloro che possono essere coinvolti in attività professionali configurabili come collaborazioni all'aborto. Nello stesso tempo li sollecitiamo ad usufruire di tutte le possibilità che la stessa legge civile offre per aiutare le madri nel superamento delle difficoltà che le inducono a chiedere l'aborto. 50. - Molte e diversificate sono anche le situazioni in cui la vita dell'uomo è caratterizzata da disagio, sofferenza, malattia, marginalità. Se si vuole costruire una vera cultura della vita, il compito primario che nasce da queste situazioni è certamente quello di adoperarsi con tutte le forze e con tutti i mezzi a disposizione perché, nel rispetto della dignità di ciascuno e della integralità della sua vita, la malattia possa essere guarita, la sofferenza alleviata, il disagio e l'emarginazione superati. Nello stesso tempo, però, si tratta di promuovere un'altra azione culturale che oggi si impone come del tutto necessaria. Occorre, cioè, far riscoprire e ridare dignità e significato al soffrire umano, come allo stesso morire dell'uomo. Il dolore e la sofferenza sono parte ineliminabile dell'esperienza di ogni uomo. È indispensabile, perciò, che essi non vengano censurati e rimossi dall'esperienza quotidiana. Ciascuno deve poterne cogliere la concreta realtà, e soprattutto il mistero profondo: anche il dolore e la sofferenza hanno un senso e un valore, strettamente connessi con l'amore ricevuto e donato. 51. - Chiediamo alle nostre comunità ecclesiali e alla stessa società civile di farsi attendere ad alcune urgenze più gravi. In particolare, riteniamo che un'attenzione prioritaria debba essere riservata ai bambini che sono abbandonati dai genitori, o non possono ricevere un'educazione dalla famiglia d'origine, o che sono addirittura maltrattati dai genitori stessi. Di fronte a queste situazioni è necessario, innanzitutto, ribadire il valore e la dignità di ogni bambino come persona umana, e richiamare come egli sia soggetto di diritti autentici e nativi che esigono di essere riconosciuti e rispettati. Nello stesso tempo, rinnoviamo l'appello perché le famiglie cristiane, sostenute anche dall'intera comunità, si aprano a forme di adozione e di affidamento, soprattutto nei confronti dei bambini meno desiderati perché più bisognosi di cure e di affetto, malati, handicappati, emarginati. L'adozione e l'affido, però, non devono essere considerati come mezzi per dare un figlio a una coppia che non l'ha, ma come atto d'amore per dare dei genitori a un bambino che ne è privo definitivamente o temporaneamente. Anche i malati cronici e inguaribili sollecitano un'attenzione particolarmente viva da parte di ciascuno di noi, delle nostre comunità e di tutta la società. Si tratta, anzitutto, di convincersi che nessuno, anche se inguaribile, è per ciò stesso incurabile. E si tratta di agire di conseguenza: sono necessari maggiore vicinanza, sollecitudine, amore; come pure è indispensabile che le famiglie siano messe in condizione di poter assistere adeguatamente questi malati, sia nella propria casa, sia mediante luoghi di cura dove la presenza familiare non sia tollerata, bensì sollecitata e accolta. È pure necessario aiutare questi malati e scoprire e valorizzare le potenzialità che sono dentro di loro, e a farle emergere a beneficio di tutti, iniziando da quanti sono loro più vicini e familiari. In particolare, una rinnovata attenzione va rivolta ai malati mentali da tempo lasciati in balia di se stessi o a carico delle famiglie, spesso incapaci, di affrontare da sole la gravità della situazione. In questo senso è indispensabile un maggiore investimento, soprattutto di energie umane, nei luoghi di socializzazione, nelle cooperative di lavoro o in altre forme comunitarie di assistenza e d'intervento. Anche nei riguardi dei drogati e dei malati di AIDS è necessario ricordare, pur con delicatezza e amore, il dovere del rispetto della vita sia propria che altrui. Non sono quindi leciti né l'uso e lo spaccio della droga, né tutti quei comportamenti che causano il contagio dell'AIDS. Di fronte ai difficili e complessi problemi di queste forme di marginalità l'impegno primario è quello della prevenzione: si proponga pertanto coraggiosamente agli adolescenti e ai giovani uno stile di vita impegnato, umanamente ricco e arricchente e, soprattutto, si dicano le vere ragioni della vita, le uniche capaci di distoglierli dalla tentazione di fare proprie queste forme di marginità. I molteplici luoghi formativi delle nostre comunità ecclesiali sono chiamati a dare qui un contributo determinante. È insieme urgente offrire una serie di servizi di assistenza e di recupero, che sollecitino le stesse persone interessate a divenire protagoniste di un'esistenza ancora capace di senso e di valore. Anche quando ci si trovasse di fronte a situazioni limite in cui non fosse possibile un reale recupero, la vita continua ad avere valore e, pertanto, a meritare rispetto, solidarietà e amore. Le varie comunità terapeutiche e tutti i possibili servizi che le persone singole e associate sanno e sapranno realizzare per sostenere e accompagnare gli adolescenti, i giovani e le famiglie colpiti da questi flagelli vanno, perciò, sostenute e valorizzate da parte dell'intera comunità. 52. - In una società in cui la continua crescita numerica degli anziani si accompagna con una sottile e sistematica rimozione della morte dall'esperienza quotidiana, e nella quale aumenta la domanda di eutanasia, sentiamo di dover elevare il più forte appello perché ogni vita sia pienamente rispettata in tutta la sua estensione. Anche in questo ambito il primo servizio alla vita consiste nel riaffermare la verità delle cose: la vita umana è sacra e inviolabile fino al suo termine naturale. Di conseguenza, ogni coscienza umana e cristiana non può rimanere indifferente di fronte ai diversi episodi di eutanasia e ai ricorrenti tentativi di ottenere un suo riconoscimento legale. Va decisamente smascherata la terribile gravità di un gesto che, in nome della compassione e dell'amore, uccide ed elimina colui del quale non si sa sopportare il dolore. Con una simile scelta si nega che il soffrire e il morire abbiano un senso e non si risponde al profondo bisogno di amore, di vicinanza e di solidarietà espresso da chi sta per morire. I morenti, infatti, e i cosiddetti malati terminali chiedono soprattutto attenzione, amore, condivisione. Se è lecito, anzi doveroso, alleviare le loro sofferenze fisiche, non si dimentichino quelle morali e si tenga presente che la morte è uno dei momenti fondamentali dell'esistenza, che richiede di essere vissuto in libertà e responsabilità. 53. - Anche la presenza sempre più numerosa di anziani nella società interpella la nostra coscienza. Come ogni persona, l'anziano, soprattutto non auto-sufficiente, è un appello vivente alla nostra libertà, perché lo accogliamo e ce ne prendiamo cura. Anzitutto, riscopriamo e valorizziamo il potenziale di saggezza, di esperienza e di sensibilità umane e spirituali che l'anziano porta con sé. Quanto meraviglioso sarebbe che l'anziano stesso per primo riconoscesse e comunicasse agli altri i doni che sono maturati dentro di lui nella sua lunga vita, e che la società e la Chiesa stessa sapessero meglio giovarsi dei molteplici contributi anche operativi, che tanti anziani possono dare. Contemporaneamente vanno attuati tutti quei servizi e attenzioni, quelle provvidenze e politiche sociali che sono indispensabili perché gli anziani non si sentano inutili e di peso, vivano le loro sofferenze come possibilità preziosa di incontro con il mistero di Dio e dell'uomo e si preparino con autentica speranza cristiana alla morte come passaggio verso la gioia della definitiva comunione con Dio. In particolare, si impone il compito di assicurare concretamente all'anziano il diritto a non essere sradicato dal suo ambiente familiare e sociale. I figli hanno il dovere di essere vicini ai genitori quando sono al termine del loro cammino, e le famiglie stesse devono essere educate e aiutate a svolgere questo loro compito nativo. Quando situazioni drammatiche e senza via d'uscita imponessero scelte diverse dalla dimora in famiglia, occorrerebbe trovare soluzioni che consentano qualche forma di vicinanza familiare e in ogni caso modalità di accoglienza umana e dignitosa. V. Tutti responsabili di fronte alla vita 54. - La responsabilità di fronte alla vita umana e ai molti problemi che essa pone grava su tutti e su ciascuno. Soggetto primo di tale responsabilità è la comunità ecclesiale in quanto tale. Gesù Cristo infatti, medico dell'anima e del corpo e Buon Samaritano dell'umanità ferita e bisognosa, vuole che la sua Chiesa sia nella storia il "sacramento", ossia il segno e il luogo dell'amore paterno e provvidente di Dio verso ogni vita umana. D'altra parte la comunità ecclesiale vive ed esprime la sua responsabilità nei confronti della vita umana attraverso l'impegno concreto di tutti i suoi membri, sia singoli che variamente associati, secondo la diversità e la complementarietà dei doni, dei ministeri, delle vocazioni e degli stati di vita presenti e operanti nel popolo di Dio. È di grande importanza che i cristiani siano coscienti che la responsabilità di fronte ai problemi della vita è una responsabilità propriamente "ecclesiale". Solo una simile coscienza permette di vivere il proprio servizio alla vita nel suo più profondo valore di gesto ecclesiale, fa maturare il senso della "corresponsabilità", facilita il collegamento e il coordinamento delle molteplici e diverse iniziative e servizi, rende possibile un'opera più feconda ed incisiva nella difesa e promozione della vicenda umana. Forse in nessun altro campo come in quello della vita la solidarietà, segno e frutto della coscienza e della corresponsabilità ecclesiale, può aprire la porta alla speranza per le situazioni più difficili che la vicenda umana presenta. Nello stesso tempo, però, la corresponsabilità ecclesiale non diminuisce né elimina la responsabilità che la singola persona ha nei riguardi dei problemi della vita umana. Il comando di Gesù « Va' e anche tu fa' lo stesso » ( Lc 10,37 ) è rivolto personalmente a ciascuno: nessuno può delegare ad altri la sua responsabilità, nessuno può farsi sostituire da altri. 55. - Una responsabilità del tutto particolare di fronte alla vita e ai suoi problemi grava sulla famiglia. È una responsabilità che scaturisce dalla natura stessa e dalla missione propria della famiglia voluta da Dio come comunità di vita e di amore. Del resto proprio all'interno della famiglia la vita umana si presenta in tutto l'arco del suo sviluppo, dall'infanzia alla vecchiaia, dalla nascita alla morte. Rientra nella missione educativa dei genitori insegnare e testimoniare ai figli il vero senso del vivere, del soffrire e del morire, come pure il dovere di rispettare, amare e servire ogni vita umana, a cominciare dalla vita più indifesa e pih provata. Certamente le condizioni sociali, economiche e culturali di oggi rendono più difficile e faticoso l'assolvimento delle responsabilità della famiglia nel servire la vita umana. Ma la coscienza del ruolo essenziale, primario e insostituibile che le appartiene deve condurre la società e lo Stato ad assicurarle tutto quel sostegno, anche economico, che rende possibile una risposta più umana e umanizzante ai molti problemi della vita e della salute: in particolare, si impone uno sforzo ben più consistente per facilitare alle giovani coppie la disponibilità della casa e del lavoro. Contemporaneamente, è necessario un salto di qualità della pastorale familiare, perché tutte le famiglie cristiane siano attivamente partecipi della missione della Chiesa e dello sviluppo della società e i giovani si preparino a formare a loro volta famiglie autenticamente cristiane. 56. - Anche gli insegnanti, gli educatori e gli animatori sono chiamati a sviluppare un'opera formativa capace di promuovere la persona umana nell'integralità e nell'unità dei suoi valori e delle sue esigenze. Non si stanchino di illustrare il senso di ogni vita umana e le vere ragioni per le quali essa è da interpretarsi nei termini di una vocazione e di una missione al dono di sé. Solo così si potrà dare risposta a quel vuoto o a quella ambiguità di ideali, di cui sono vittime tanti adolescenti e giovani, come pure solo così si potrà far crescere un profondo rispetto e un generoso servizio verso la vita di ogni persona. È facile comprendere come grandissima sia al riguardo la responsabilità di quanti propongono e di quanti usano i diversi strumenti della comunicazione sociale. La denuncia, anche se doverosa in determinati casi, evidentemente non basta. Occorre soprattutto suscitare un impegno più decisamente comunitario, organico e propositivo dei valori della vita umana. Occorre cioè che questi strumenti si facciano portatori di una cultura di vita, anche per la presenza in essi, decisa e per nulla paurosa, dei discepoli di Cristo, « autore della vita. ( At 3,15 ). 57. - Alcune categorie di persone sono chiamate in causa dai problemi della vita a motivo della loro professione, in quanto il loro stesso lavoro quotidiano li qualifica come custodi e servitori dellhvita umana: sono i medici e i più diversi operatori sanitari. La loro responsabilità è oggi enormemente accresciuta, in quanto il pluralismo culturale in atto, la pressione dell'opinione pubblica, la tolleranza della legislazione civile e le possibilità offerte dallo sviluppo scientifico e tecnico fanno correre il rischio di alterare radicalmente la scienza e l'arte medica, configurandole a strumenti non di vita, ma di manipolazione della vita e anche di morte. Per contrastare con la più grande determinazione questo pericolo e positivamente per garantire alla medicina la sua nativa missione di accoglienza e di servizio alla vita umana, non basta la formazione scientifica e professionale, ma occorre anche una robusta educazione morale che, facendo vivere la professione nei termini di una vera e propria vocazione, sviluppi continuamente sensibilità e dedizione umana. Tocca alla comunità ecclesiale rilanciare con coraggio la dimensione propriamente vocazionale dell'impegno sanitario, suscitando, nei giovani soprattutto, interesse e coinvolgimento per un servizio ai malati, ai sofferenti e agli emarginati attuato con coscienza di servire Cristo stesso presente nei suoi fratelli più piccoli ( cfr. Mt 25,40 ). Con la medesima sensibilità deve muoversi il volontariato, soprattutto dei cristiani. Se suo impegno caratteristico è di intervenire con prontezza e lungimiranza specialmente là dove le diverse istituzioni, sia pubbliche sia private, si presentano lacunose e in ritardo di fronte ai problemi posti dalla difesa e dalla promozione della vita umana, sue condizioni di efficacia sono la continua riscoperta delle ragioni ideali del servizio alla vita, specie se debole e bisognosa, l'accurata preparazione psicologica e culturale, la capacità di collaborare con le varie forze sociali. Solo così il volontariato può svolgere la sua fondamentale funzione di sviluppare quel processo di umanizzazione di cui tante strutture socio-assistenziali e sanitarie oggi abbisognano. 58. - Nel compimento della missione della Chiesa di fronte ai problemi della vita un posto speciale spetta ai presbiteri, ai religiosi e alle religiose. Il compito di "evangelizzare la vita umana", ossia di proporne una visione e una prassi secondo la luce e la forza del Vangelo di Cristo, riguarda certo tutti i membri della comunità cristiana, ma tocca in modo particolare la responsabilità dei presbiteri, chiamati dal sacramento dell'ordine ad una missione di insegnamento e di guida nei riguardi dei fedeli. La complessità e le difficoltà delle attuali questioni circa la vita umana esigono urgentemente dai presbiteri una più accurata formazione teologico-morale, una serena e coraggiosa presentazione dell'insegnamento del Magistero della Chiesa, un impegno più deciso nell'educare ad una retta coscienza morale. I religiosi e le religiose, peraltro già così sensibili e presenti nel mondo della sanità e delle povertà umane, hanno la responsabilità di riproporre alla Chiesa e alla società, immutato nello spirito e sempre da rinnovarsi nelle forme, quel "carisma delle origini" che in molti Ordini e Congregazioni riserva uno spazio privilegiato alla carità evangelica verso gli ultimi. 59. - La responsabilità di tutti dovrà esprimersi nel portare i malati e i sofferenti a sviluppare una coscienza sempre più viva del loro essere non semplici destinatari di un servizio, bensì soggetti attivi di una missione. In questo senso, anche se nella prospettiva più ampia dell'evangelizzazione, Giovanni Paolo II ha scritto: « Uno dei fondamentali obiettivi di questa rinnovata e intensificata azione pastorale … è di considerare il malato, il portatore di handicap, il sofferente non semplicemente come termine dell'amore e del servizio della Chiesa, bensì come soggetto attivo e responsabile dell'opera di evangelizzazione e di salvezza ». La prima responsabilità, dunque, circa la custodia e la promozione della vita e della salute e circa il modo di gestire la malattia e la sofferenza e di "vivere" la stessa morte, grava sulla persona direttamente coinvolta. È una responsabilità che non si può assolutamente delegare ad altri, e che tutti gli altri hanno il dovere di rispettare, sostenere e valorizzare. 60. - Le responsabilità sinora ricordate sono da attuarsi non solo attraverso le iniziative della comunità ecclesiale ma anche nelle diverse istituzioni, strutture e servizi della società civile. Ciò è richiesto al cristiano dall'essere insieme membro della Chiesa e cittadino del mondo, dall'esigenza della fede di farsi cultura storica, e più radicalmente dall'essenziale dimensione sociale dei problemi riguardanti il vivere, il soffrire e il morire umano. Proprio questa dimensione abilita e impegna l'autorità civile a farsi responsabilmente presente nel vastissimo campo della tutela e promozione della vita umana, secondo le più diverse forme, da quella culturale-educativa a quella sociale-sanitaria, da quella economica a quella politica, e secondo il criterio morale del rispetto dell'inviolabile diritto alla vita proprio di ciascun essere umano. È del tutto urgente che l'autorità civile, superando impostazioni culturali riduttive e distorte e leggi inadeguate o persino ingiuste, faccia della difesa e della promozione del diritto alla vita di ogni essere umano, nel contesto della famiglia, il pilastro centrale della costruzione di una civiltà veramente umana. Di fronte a questo compito della società civile è grave responsabilità dei cristiani essere presenti e operanti nell'ambito pubblico, con la capacità intelligente e generosa di sostenere ogni legittima collaborazione e di offrire testimonianze concrete di servizio alle persone più emarginate, ed anche con il coraggio di opporre resistenza ogniqualvolta il diritto alla vita umana sia violato o compromesso. VI. Valorizzare alcuni strumenti 61. - Ogni Chiesa diocesana deve fare dell'attenzione e del servizio alla vita umana un punto imprescindibile e qualificante del suo piano pastorale, promuovendo iniziative e forme di intervento anche stabili che dicano in concreto come ogni famiglia, associazione, gruppo, movimento, parrocchia sono il luogo in cui viene creduto e annunciato il valore della vita umana. Quando lo si ritenga opportuno, o necessario, in ogni diocesi venga individuata una istanza ecclesiale precisa di promozione, studio, collegamento e servizio per la difesa e promozione della vita e di una cultura per la vita. In particolare è indispensabile che in ciascuna diocesi siano costituiti e operanti Centri per i metodi naturali di regolazione della fertilità, nei quali - senza indebite scelte di un metodo a scapito di altri - ogni donna e ogni coppia possano essere aiutate a individuare e a seguire quella metodica che nel concreto meglio si addice alla loro situazione e meglio favorisce il loro compito di procreazione responsabile. È parimenti necessario promuovere, valorizzare e sostenere Consultori familiari di ispirazione cristiana professionalmente qualificati e in grado di servire tutte le comunità locali nelle loro articolazioni. D'intesa con gli organismi della pastorale familiare e in collaborazione con i Centri per i metodi naturali, i Centri di aiuto alla vita, le Case di accoglienza e le varie strutture educative e socio-assistenziali, oltre a svolgere una preziosa opera di discernimento per i singoli casi difficili, i Consultori possono sviluppare un'intelligente azione di prevenzione e di educazione, affinché sia riscoperto il senso dell'amore e della vita e vengano messi a disposizione gli aiuti necessari al bene autentico di ogni famiglia. Anche i Centri di aiuto alla vita e le Case o Centri di accoglienza della vita domandano di essere programmati e resi operanti nelle nostre Chiese locali. Essi, con il contributo anche economico dei membri della comunità, devono poter aiutare le ragazze, le madri e le coppie in difficoltà, offrendo non solo ragioni e convinzioni, ma anche assistenza e sostegno concreto per affrontare e superare le difficoltà nell'accoglienza di una vita nascente o appena venuta alla luce. Altri strumenti che si rivelano molto importanti, soprattutto di fronte alla vita che si trova in situazioni di disagio, di devianza, di malattia, di marginalità sono, ad esempio, le Comunità di recupero per tossicodipendenti, le Comunità alloggio per minori, le varie forme di Cooperative di solidarietà, i Centri di cura e di accoglienza per i malati di AIDS. Sono forme anche nuove di intervento e di servizio che la tenacia e la fantasia della carità non possono non creare e per le quali le nostre Chiese locali devono sentirsi chiamate a spendere energie, forze e persone. Questi diversi strumenti operativi, pur nell'originalità e specificità di ciascuno, devono sempre meglio coordinarsi tra di loro e con i vari servizi socio-assistenziali presenti sul territorio. Ancor più è necessario che i loro interventi siano realizzati in stretto rapporto con le famiglie e attraverso una continua attenzione ad esse, quali luogo primario in cui la vita dell'uomo è chiamata a sbocciare e a svilupparsi secondo il progetto-di Dio. 62. - Un posto tutto particolare va riservato ai servizi per gli anziani. Nelle parrocchie devono crescere nuove forme capillari di solidarietà verso le persone anziane sole e verso le famiglie che hanno anziani non autosufficienti. Occorre sollecitare forme di assistenza medico-sociale di tipo "aperto", di assistenza domiciliare, di ospedalizzazione diurna, come pure vanno suscitate e sostenute comunità di accoglienza a dimensione umana dove l'anziano, soprattutto se non autosufficiente, possa superare la solitudine e condurre una vita umanamente dignitosa. Gli ospedali, le cliniche e le case di cura sono luoghi privilegiati per produrre una nuova cultura della vita. Anche attraverso l'impegno generoso e qualificato di tante persone, essi possono essere non soltanto strutture dove ci si prende cura del malato, ma anche ambienti nei quali la sofferenza e il dolore sono alleviati e non vengono derubati del loro significato, e dove si cerca di rendre più umana la morte. In particolare questo compito spetta agli ospedali e agli istituti legati alla Chiesa: a loro per primi è chiesto di interrogarsi sul tipo di messaggio che trasmettono con la loro stessa presenza e sul tipo di mentalità che diffondono circa la vita, la sofferenza e la morte dell'uomo. 63. - Infine, a undici anni di distanza dall'inizio di questa iniziativa, chiediamo che l'annuale Giornata per la vita sia maggiormente curata e valorizzata. Nata per suscitare nelle coscienze, nelle famiglie, nella Chiesa e nella società civile il riconoscimento del senso e del valore della vita dell'uomo in ogni suo momento e in ogni sua condizione, e per sviluppare solidarietà e accoglienza specialmente verso la vita umana nascente, tale Giornata deve mantenere questo scopo originario, poiché il problema dell'aborto e del rifiuto della vita al suo inizio permane in tutta la sua gravità. Nel contempo è importante che anche gli altri momenti e gli altri aspetti della vita dell'uomo siano presi in attenta considerazione, secondo quegli accenti e quelle sottolineature che sono più rispondenti all'evolversi della situazione storica. Soprattutto è necessario che alla preparazione e alla celebrazione della Giornata per la vita concorra tutta la Chiesa locale. Non solo il Movimento che in essa si è specificamente impegnato fin dall'inizio, ma ogni associazione o gruppo, ogni componente e ogni membro della comunità deve avvertire tutta la responsabilità di questa Giornata e delle sue nuove modalità di attuazione, perché sia sempre meglio annunciata la dignità della vita umana e si consolidi una cultura sempre più rispettosa del dono e della grandezza della vita di ogni uomo. Conclusione 64. - Specialmente nei momenti più significativi del nascere, del soffrire e del morire, gli uomini e le donne di oggi, malgrado tutto, silenziosamente o ad alta voce, si attendono dalla Chiesa un orientamento, un conforto, una risposta capaci di ridare senso e speranza alla loro esistenza. Per questo, alla vigilia del terzo millennio, l'impegno della Chiesa in ordine alla "Evangelizzazione e cultura della vita umana" si fa più urgente, e la responsabilità di tutti i cristiani viene seriamente sollecitata e chiamata in causa. A tutti e a ciascuno quindi, è chiesto di non abbandonare il campo e di non sottrarsi ai propri compiti. In queste pagine li abbiamo ricordati e ci siamo soffermati su alcuni contenuti e su alcune urgenze. Altre interessanti indicazioni possono venire dalla lettura degli Atti del Convegno nazionale "A servizio della vita umana" dello scorso aprile. Li affidiamo alle nostre Chiese locali e ad ogni cristiano perché ne possano derivare ulteriori sollecitazioni e suggerimenti che permettano di affrontare con maggior decisione le sfide oggi proposte alla nostra evangelizzazione e alla nostra testimonianza. Il cammino che, come Chiesa italiana, intendiamo percorrere negli anni '90, improntato all"'Evangelizzazione e testimonianza della carità" sarà un ulteriore appello alla nostra responsabilità e costituirà il contesto più appropriato in cui collocare il nostro servizio alla vita umana, come espressione privilegiata di testimonianza della carità e di annuncio dell'amore di Dio per ogni uomo. 65. - Maria, che professiamo e veneriamo Immacolata fin dal primo momento del suo concepimento, ci è vicina e ci infonde fiducia nel nostro cammino. Ella, con il suo si, ha accolto il Signore della vita, ha offerto al mondo Colui che dà senso e pienezza alla vita di ogni uomo, ed è stata accanto al suo Figlio Gesù anche nei momenti della sofferenza, della passione, della croce. A Lei noi guardiamo con sicura speranza, certi che non ci può abbandonare nel nostro cammino, perché sotto la Croce ci ha accolti come figli e continua ogni giorno a prendersi cura materna di noi. Da Lei invochiamo luce e protezione perché la Chiesa italiana sia sempre più Chiesa che si fa serva degli uomini, così che ad ognuno sia assicurata una vita conforme alla sua dignità umana. Da Lei vogliamo imparare come anche oggi si possa accogliere il Signore della vita e come alla sua sequela si possa riscoprire e sperimentare il vero senso del vivere, del soffrire e del morire. Roma, 8 dicembre 1989 Solennità dell'Immacolata Concezione della B. V. Maria