Uomini di culture diverse: dal conflitto alla solidarietà Introduzione 1. - Tensioni e con flittualità nel tessuto sociale Il recente Convegno ecumenico di Basilea, nel suo documento finale, ci ha ricordato che più di cento guerre sono state combattute dal 1945 ai nostri giorni. Ma questi eventi bellici, pur tanto gravi e numerosi, non costituiscono l'unica manifestazione delle tensioni e dei conflitti che lacerano l'umanità. Osserva il Concilio Vaticano II che il mondo "anche senza guerra resta tuttavia continuamente in balia di lotte tra gli uomini e di violenze". E noi lo andiamo constatando ogni giorno. Anche l'Italia, che è rimasta in pace in tutti questi anni, dall'ultimo conflitto mondiale ad oggi, ha vissuto tuttavia e vive tuttora contrasti, incomprensioni, indifferenze, ingiustizie, violenze, nel suo territorio, nella sua vita quotidiana. Di queste difficoltà e di queste ingiustizie sono testimoni anche la denuncia dell'Episcopato italiano nel suo documento sulla questione meridionale, il recente Convegno tenuto sul problema dell'immigrazione in Italia, e a livello internazionale il testo del Pontificio Consiglio "Justitia et Pax" sul razzismo. Si tratta di tensioni e conflitti che investono a volte la stessa comunità ecclesiale. 2. - La concordia tra gli uomini, la solidarietà, sono condizione e segno di un'autentica vita umana non solo nel rapporto tra i popoli, ma anche all'interno di ogni nazione, e costituiscono un grande valore umano e cristiano, un bene per tutti. Non possiamo accogliere e coltivare la vita se non ne curiamo le condizioni. Ora la pace nella giustizia è condizione di vita per ciascuno e va continuamente ricostruita, poiché, come sottolinea il Concilio Vaticano II, "il bene comune del genere umano è regolato sì, nella sua sostanza, dalla legge eterna, ma è soggetto, con il progresso del tempo, per quanto concerne le sue concrete esigenze, a continue variazioni" e di conseguenza "la pace non è acquisita una volta per sempre, ma è da costruirsi continuamente". 3. - In una società che si unifica e si frammenta Viviamo in un mondo che sempre più si fa piccolo, e sotto certi aspetti omogeneo. Lo sviluppo e la diffusione di una comune tecnica, l'estensione e la rapidità dei vari mezzi di comunicazione, l'interdipendenza dei sistemi, obbligano gli uomini a rapportarsi con "forme" e "linguaggi" comuni, ad associarsi in strutture sempre più estese, internazionali. D'altra parte, la velocità e lo sviluppo delle conoscenze e delle tecnologie portano i singoli e i gruppi a specializzarsi e quindi a restringere il proprio settore d'indagine ed operativo, fino a rendere difficile la comunicazione e la comprensione reciproca. Anche i mezzi di comunicazione, che hanno reso il mondo più piccolo e perciò gli uomini più vicini gli uni agli altri, nello stesso tempo hanno accentuato la coesistenza di numerose differenze. In questo contesto i problemi di una singola comunità di uomini diventano i problemi dell'umanità intera; diverse razze e culture spesso non solo convivono in uno stesso territorio, ma vanno anche mescolandosi. 4. - Questo fenomeno di unificazione, di frammentazione, di rapida evoluzione, di mobilità della gente, ha investito anche la nostra comunità nazionale, pur con un certo ritardo rispetto ad altre nazioni europee. Si tratta di una trasformazione avvenuta in un breve lasso di tempo, che perciò impegna ancora gli Italiani in un notevole sforzo culturale, sociale e morale di comprensione e di accoglienza. 5. - Di fronte a questo complesso travaglio storico il cristiano non può restare indifferente. La sua fede, che si modella sul Verbo di Dio che si è fatto uomo per la salvezza del mondo intero, ci obbliga a renderci conto del problema, per non subire passivamente la storia, o semplicemente rifiutarla, e ad operare in coerenza con la concezione cristiana dell'uomo. Di fatto nel nostro Paese, ricco di risorse umanitarie e soprattutto di risposte religiosamente ispirate, sono numerose, anche se talvolta ignorate e non convenientemente aiutate, le iniziative di solidarietà, spesso a carattere associativo, di volontariato, verso le nuove situazioni di povertà che si vanno determinando. La loro esperienza è preziosa e segno di speranza contro l'indifferenza egoistica di molti. Capitolo I - Alcuni fatti emergenti 6. - Importanza di una diagnosi Come realizzare un'effettiva integrazione fra persone "diverse", come disinnescare i pericoli che minacciano la pacifica convivenza nelle nostre città fino a mettere in rischio il riconoscimento dei diritti fondamentali di ogni uomo? È necessario anzitutto individuare e comprendere le situazioni sociali che stanno all'origine di varie tensioni proprie della nostra società, per trarne delle indicazioni operative che permettano una convivenza più pacifica. Difficoltà e conflitti tra persone e gruppi nei nostri paesi, nelle nostre città, sono legati spesso alla migrazione interna e alla immigrazione dall'estero in sempre più rapido aumento, al flusso dei rifugiati politici, al rapporto nuovo con gli zingari, alla presenza di minoranze etniche. Si tratta di fenomeni con proporzioni e incidenze diverse, ma che insieme concorrono a determinare difficoltà di convivenza nello stesso territorio. 7. - Il fenomeno immigratorio L'Italia, tradizionale terra di emigrazione, è divenuta negli ultimi decenni un paese prima di grande migrazione interna, e poi di forte immigrazione da terre e nazioni in via di sviluppo. Il fenomeno appare singolare in un paese come il nostro che ha ancora un forte tasso di emigrazione e che presenta un tasso di disoccupazione di circa il 10%. La causa di un simile flusso immigratorio non è costituita solo da fattori di attrazione verso una terra che attualmente di fatto consente soltanto lavori dequalificati. Evidentemente essa è dovuta anche a fattori di espulsione dai paesi d'origine. Questa spinta all'esodo è conseguente a complesse situazioni demografiche, economiche, sociali, politiche e culturali che è difficile analizzare compiutamente. Basta qui accennare all'alto incremento naturale della popolazione di molti paesi del così detto "terzo mondo", di fronte al progressivo decremento demografico dell'Europa, e da qualche decennio anche dell'Italia; al progressivo aumento del divario esistente tra i paesi ricchi, che dispongono attualmente di quasi l'80% del prodotto mondiale, pur avendo il 22% della popolazione, e i paesi poveri, che dispongono solo del 20% del prodotto mondiale, pur rappresentando il 78% della popolazione. Basta ancora pensare alla diffusione dei modelli di vita occidentali conseguente al moltiplicarsi dei rapporti e alla modalità consentita dai moderni mezzi di trasporto, nonché ai nuovi strumenti di comunicazione sociale che fanno del globo un unico grande paese; alle difficili situazioni politiche di molte nazioni che eufemisticamente vengono definite in via di sviluppo e ai conflitti sociali e alle guerre civili in esse esistenti, con il tragico bagaglio di persecuzioni e repressioni che ne consegue. Lo stesso bisogno di procurarsi valuta pregiata, sotto la pressione del debito pubblico, può favorire l'emigrazione da paesi del terzo mondo. Assistiamo così in forma sempre più accentuata a movimenti di popolazioni con dimensioni imponenti: milioni di esseri umani lasciano la loro terra di origine e condizioni di vita spesso inumane, alla ricerca non solo del pane, ma principalmente della libertà, della pace, di un minimo di dignità umana. Spesso però trovano presso di noi molta diffidenza e un pane scarso, per ragioni d'incomprensione, d'intolleranza, di paura per la sicurezza. Le loro energie lavorative sono tante volte sfruttate nel lavoro nero, per cui parecchi di essi corrono il rischio di diventare vittime di organizzazioni criminose. 8. - I rifugiati politici La presenza dei rifugiati politici rappresenta un fatto particolare di liberazione che porta con sé dei problemi specifici. Mentre per gli altri immigrati la motivazione principale è la ricerca del lavoro, per questi invece è il desiderio di libertà. Il loro problema si pone oggi in forma nuova e interessa anzitutto i rapporti tra il sud e il nord del mondo, dopo aver interessato particolarmente quelli dall'est all'ovest, ed è dovuto a movimenti sociali e alle guerre civili che pesantemente coinvolgono i paesi non europei. Espressamente la nostra Carta costituzionale promette protezione ed asilo allo straniero "al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana". 9. - Gli zingari L'evoluzione della nostra società ha coinvolto anche il mondo degli zingari, nelle sue varie componenti, e i loro rapporti con le popolazioni stanziali. Un fenomeno non rilevante da un punto di vista numerico, ma che pone il problema sintomatico della convivenza nella giustizia e nella pace con gente di cultura diversa. Il venir meno della civiltà contadina ha gettato in profonda crisi tutto il mondo zingaro: l'urbanizzazione ha portato a gravitare attorno alla città un gran numero di zingari che non riescono a convertire le loro tradizionali attività economiche e vedono, al tempo stesso, profondamente inquinata la loro cultura originaria legata al nomadismo e ai rapporti umani primari. Non fa quindi meraviglia se gli zingari, accerchiati dal pregiudizio, scacciati dalle popolazioni, in crisi economica e di identità, legati spesso allo stereotipo che li considera ladri e malfattori, finiscono talvolta col cedere alle lusinghe di un certo tipo di delinquenza organizzata che recluta sul campo la sua manovalanza. È innanzitutto urgente che i politici e gli amministratori locali, fatti più attenti ai problemi della giustizia verso ogni uomo, affrontino decisamente i problemi del lavoro, della scuola, dell'igiene, della sanità di questa gente, non trascurando l'importante compito di una qualificata informazione dell'opinione pubblica al fine di superare pregiudizi per una reciproca conoscenza e responsabilizzazione. Ma anche le nostre comunità devono saper superare ataviche discriminazioni, pregiudizi, intolleranze che non solo violano la dignità umana, ma impediscono la possibilità di una autentica crescita. 10. - Le minoranze All'interno stesso della nazione italiana si danno delle differenze che fanno problema, fino a provocare alle volte tensioni e violenze: si tratta della presenza delle minoranze. Con la costituzione dello Stato unitario post-risorgimentale e dopo la caduta del regime fascista, che aveva imposto una forte omologazione alle popolazioni esistenti nel territorio dello Stato, pur aventi autonome caratteristiche etnico-culturali, è sorto il problema delle minoranze etniche e linguistiche. Gruppi di cittadini all'interno dello Stato si distinguono dalla maggioranza per la razza o per la lingua o per la religione; talvolta anche con manifestazioni di diversa "coscienza nazionale". Lo Stato italiano ha cercato di risolvere il problema attraverso l'affermazione costituzionale: "La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche", cui sono seguite le leggi ordinarie, nonché accordi e convenzioni bilaterali con gli Stati confinanti. In questa sede va sottolineata la necessità di una visione meno nazionalistica e più europea dei diversi gruppi etnici, e di smussare gli spigoli di più aperto contrasto per approfondire i punti di unione. Occorre un reciproco impegno di buona volontà alla ricerca di un processo d'integrazione bilingue, che rispetti tradizioni culturali profondamente radicate, ma al tempo stesso consenta la caduta dell'intolleranza reciproca. Un compito impegnativo cui sono congiuntamente chiamate le forze politiche, amministrative, economiche ed ecclesiali. 11. - Evoluzione della società e sviluppo culturale della persona I cambiamenti ricordati, le tensioni e i contrasti da essi indotti hanno determinato non solo una novità nei rapporti tra gli uomini, ma anche una evoluzione nella mentalità, nella cultura e nell'organizzazione di vita delle persone che pure non hanno lasciato la loro terra, che non hanno cambiato lavoro. In questi ultimi decenni, a motivo del cambiamento delle condizioni di vita e dei rapporti della gente, vi è stata come una grande emigrazione dal proprio mondo antico verso l'attuale mondo nuovo, con soste diverse lungo questo cammino. Un processo che ha messo in questione i comuni riferimenti morali e di costume, creando difficoltà di dialogo e di comprensione reciproca, e che è stato di stimolo ad una rinnovata forma di convivenza, di apertura agli altri, di crescita umana. I cambiamenti sociali, insieme a queste mutazioni di mentalità della gente, si sono quindi ripercossi nei vari ambienti di vita dell'uomo. 12. - Ripercussione nei vari ambienti Ciò si è verificato anzitutto riguardo alla famiglia. Sono andati aumentando i matrimoni tra persone di nazionalità, di razza e di religione diverse, portando all'interno del rapporto di coppia gli stimoli e le difficoltà propri di una società multirazziale. Le adozioni internazionali, a loro volta, si sono accresciute, ponendo problemi nuovi nelle famiglie. I figli partecipano alla famiglia le aspirazioni nuove della società che sta nascendo, determinando innovazioni e contrasti. Il diffondersi del lavoro fuori di casa anche della donna va modificando i ruoli in famiglia, i suoi tempi d'incontro, legandola maggiormente all'andamento della società. L'aumentato contatto con gli stranieri per motivi o di turismo, o di lavoro, o di ospitalità, o di abitazione, porta sempre più le famiglie a confrontarsi non solo con la propria tradizione, ma anche con quella delle persone, delle famiglie "diverse" che incontrano nella loro vita. 13. - Un altro ambiente nel quale si ripercuotono gli apporti e le tensioni provenienti dalla convivenza di razze e mentalità diverse è la scuola. Lo scambio culturale tra paesi diversi va intensificandosi, specialmente a livello universitario, facilitando la comunicazione e la comprensione tra gli uomini e favorendo una cultura più ricca. D'altra parte c'è il pericolo che questa integrazione avvenga più sul piano della cultura scientifica che di quella umanistica, essendo ancora lontano un comune progetto antropologico. Inoltre, in questo intensificarsi dei rapporti culturali, rimane sempre una certa resistenza ad accogliere nella propria classe e nella propria scuola ragazzi e giovani provenienti da culture diverse o con handicap sociali. 14. - Il mondo del lavoro, a sua volta, è soggetto oggi a tensioni sia per la sua evoluzione e mobilità, sia per la crescente presenza di lavoratori stranieri. Se per il lavoro intellettuale o per quello specializzato non sorgono problemi particolari, anzi, l'integrazione risulta proficua, varie difficoltà presenta invece l'inserimento del lavoro straniero non qualificato. È frequente lo sfruttamento del lavoro nero, non regolamentato, degli stranieri, e il conseguente conflitto che questa concorrenza può provocare con i lavoratori italiani non qualificati. Si tratta di un problema che esige una particolare attenzione sia da parte degli organi di controllo che dei sindacati. 15. - Nella stessa vita della Chiesa si sono ripercosse le tensioni e le integrazioni derivanti dalla crescente presenza di persone "nuove" o "diverse" nelle parrocchie e nelle diocesi. La mobilità degli italiani che si trasferiscono, l'immigrazione sempre più numerosa di stranieri di razze e tradizioni diverse, l'accresciuta presenza di cristiani non cattolici e soprattutto di persone di religione non cristiana come i musulmani, pone il grave problema di rapporti nuovi da instaurare, sollecitando un approfondimento e una rinnovata educazione della dimensione ecumenica della fede cristiana. La pluralità di fedi religiose che si va instaurando nel territorio di molte nostre comunità può provocare insofferenza e rifiuto di ogni forma di "diversità", oppure un confuso ed appiattente irenismo, per cui ci si accontenta di una generica religiosità, scordando il mandato di Cristo: "Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura" ( Mc 16,15 ). Capitolo II - Criteri per una convivenza rinnovata 16. - Per interpretare le tensioni e i conflitti della società italiana e per proporre dei comuni orientamenti operativi, dobbiamo rifarci ai fondamenti della convivenza umana: quindi al valore della persona, alla destinazione fondamentale dei beni della terra, alle ragioni della solidarietà tra gente di razza, cultura e religione diverse, che convive nello stesso territorio. Non è compito della Chiesa indicare soluzioni tecniche, ma trarre dal Vangelo i principi etico-religiosi che devono guidare gli uomini nella ricerca delle vie e nell'uso dei mezzi atti ad affrontare nel proprio tempo le esigenze e le difficoltà della convivenza. Il Concilio Vaticano II ricorda il costante dovere dei cristiani di "enucleare, difendere e rettamente applicare i principi cristiani ai problemi attuali". 17. - Istanze affermatesi nella storia civile Più volte nel nostro tempo politici e governanti sono tornati a discutere e a proporre norme sulla convivenza delle persone e dei popoli. A livello internazionale sono stati proclamati i diritti inalienabili della persona umana, senza alcuna discriminazione di razza, cultura, religione, età. Non sempre nelle relazioni internazionali e all'interno delle singole nazioni questi diritti sono stati rispettati, né purtroppo queste dichiarazioni sono state sufficienti ad impedire drammatici conflitti o sfruttamenti e talvolta veri e propri genocidi. Tuttavia è stato ugualmente importante che la coscienza collettiva dei popoli abbia espresso in forma pubblica e ufficiale il valore della persona umana e i suoi diritti alla vita, alla cultura, alla libertà. 18. - In Italia la Costituzione ha sancito alcuni diritti fondamentali della persona umana indipendentemente dalla sua origine, condizione sociale e grado di sviluppo, richiamando il dovere della solidarietà tra gli uomini, con l'esclusione della violenza come strumento per risolvere le difficoltà insorgenti dalla convivenza. Non sempre questi diritti e doveri sono stati praticati nella nostra vita civile, né tutti gli Italiani sono coscienti della loro portata. Recentemente sono stati fatti dei passi in questa direzione. È doveroso inoltre riconoscere che in vari settori vi sono stati un progressivo sviluppo dell'impegno solidaristico verso i soggetti più deboli ( basti pensare all'esplosione del volontariato ) e una più vigile attenzione per la tutela dei diritti primi di ogni essere umano. 19. - L'insegnamento della Chiesa Sui diritti della persona indipendentemente dalle sue condizioni è intervenuta più volte la Chiesa, come pure sul dovere della solidarietà, denunciando conflitti, ingiustizie, indicando vie di soluzione. Limitandoci all'insegnamento magisteriale di questi ultimi tempi, possiamo ricordare come Giovanni XXIII abbia individuato il fondamento di una pace autentica e duratura tra tutti gli uomini nel riconoscimento effettivo dei diritti e dei doveri "universali, inviolabili, inalienabili" di ogni persona, che scaturiscono immediatamente e simultaneamente dalla sua natura. Sulle tensioni e i conflitti nel mondo contemporaneo si è soffermato il Concilio Vaticano II, come sulle istanze della solidarietà umana, della pace e delle sue condizioni, della libertà di coscienza di ogni uomo, partendo dalla considerazione della dignità e della socialità della persona umana, che trova in Gesù Cristo la sua pienezza. Paolo VI più volte è intervenuto sul problema della convivenza pacifica tra gli uomini e sul tema della pace, facendo appello sia alla dignità della persona che alla fraternità umana. Giovanni Paolo II, a proposito della giustizia sociale nel mondo, sulla scia di Paolo VI ha sottolineato che l'uomo, creato da Dio a sua immagine e somiglianza, è misura e protagonista dello "sviluppo". Rilevando che la "interdipendenza" è divenuta un "sistema determinante" di relazioni nel mondo contemporaneo, egli indica nella solidarietà la via per rispondere sul piano sociale e morale ai conflitti che insorgono. Recentemente lo stesso Pontefice, nel messaggio per la Giornata mondiale per la pace, si è soffermato particolarmente sul riconoscimento dei diritti e dei doveri delle minoranze, quale via per costruire la pace, e nel suo ultimo viaggio apostolico in Estremo Oriente ha raccomandato il mutuo rispetto e la collaborazione tra persone di religione diversa nello stesso territorio. Due anni fa, il Pontificio Consiglio "Justitia et Pax" è intervenuto con un documento sul problema della convivenza tra persone di razza diversa, denunciando comportamenti razzisti anche nel mondo attuale, e indicando le ragioni del dovere dell'accoglienza dei "diversi". 20. - I Vescovi italiani più volte hanno richiamato in questi anni il dovere di ricominciare dagli "ultimi", di camminare "insieme", di cercare costantemente la "comunione" in un perenne cammino di "riconciliazione" -convinti che la "comunione" è il "tema perenne del mistero della Chiesa e il più pregnante della riflessione conciliare" -, di operare in più stretta collaborazione tra nord e sud per avviare e soluzione la questione meridionale, di essere più accoglienti verso tutti gli immigrati nella nostra terra. 21. - Un riferimento fondamentale: la dignità e lo sviluppo della persona umana Un convincimento torna dunque costantemente nell'insegnamento della Chiesa e nei riconoscimenti ufficiali di molti popoli: il valore della persona umana, dei suoi diritti e doveri inviolabili, senza alcuna discriminazione di età, sesso, razza, cultura, religione, classe sociale. Una dignità che precede il riconoscimento degli uomini e dello stesso soggetto, e che per il cristiano si radica nell'atto creativo di Dio e nel mistero di Cristo. Dio ha creato l'uomo a sua "immagine e somiglianza" ( Gen 1,26 ) e si è dichiarato norma dei suoi comportamenti ( cfr Es 31,12-17; Dt 10,18-19; Gv 13,34 ). Lui che fa sorgere il sole sopra il campo dei malvagi e dei buoni ( cfr Mt 5,45 ) e che non fa preferenza di persone ( cfr At 10,34; Gal 2,9; Ef 6,9 ). Non solo dunque nella comune natura, ma nella stessa comune origine si radica la dignità e la fratellanza di tutti gli uomini. E la terra è destinata dallo stesso Dio al sostentamento del genere umano. Nella pienezza dei tempi di Figlio di Dio si è fatto carne per la salvezza di tutti gli uomini, unendosi in certo modo a ciascuno di essi, indicandoci nel volto di tutte le persone, incominciando da quelle più povere ed emarginate, un "segno" della sua presenza fra noi ( cfr Mt 25,31-46 ), ed essendo con la propria vita il modello dell'attenzione e dell'amore verso ogni uomo, soprattutto verso i più poveri ( cfr Lc 4,16-21; Gv 13,14-15.34 ). Per questo la fedeltà a Cristo comporta la fedeltà all'uomo. 22. - Ma l'uomo non è stato creato "immobile", "statico". Egli vive cresce e si sviluppa in rapporto alla terra e agli altri uomini. Sulla terra trova la sua abitazione, il luogo del lavoro, dei suoi incontri, fissa le memorie della sua storia; dalla terra egli trae gli alimenti per il suo sostentamento. Nel rapporto con gli altri egli cresce nella sua conoscenza, acquista abilità, instaura rapporti affettivi, sviluppa la propria cultura, e può diventare sempre più se steso. Il riconoscimento della sua dignità, dei suoi diritti, esige il rispetto di queste esigenze, di questi rapporti, per non restare un'affermazione astratta. Ed è in questo passaggio dall'affermazione di principio all'applicazione nelle nostre situazioni concrete che nascono difficoltà e resistenze, e quindi l'esigenza di creare le condizioni culturali, economiche e legislative che rendono operativi quei principi. Di fatto, la rapidità di immissione degli immigrati, il loro numero, la loro impreparazione linguistica, lavorativa, culturale, entrano facilmente in conflitto con la mentalità e le esigenze della popolazione stanziale, mettendo in contrasto i diritti degli uni e degli altri. 23. - La solidarietà L'accoglienza di questi diritti fondamentali della persona nella presente situazione storica esige un particolare impegno di solidarietà per superare ostacoli, per disporre gli uomini a nuovi progetti di società. Scaturisce dalla stessa natura sociale della persona, portata a pienezza dall'incarnazione del Figlio di Dio, il dovere di rispetto, di aiuto, di solidarietà verso ogni uomo. Non si tratta semplicemente di coltivare "un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone", ma di un intervento attivo e perseverante, di un'azione non solo individuale, ma comunitaria, e che opera sulle stesse strutture sociali, le quali a loro volta possono determinare una mentalità e un costume. E poiché questo atteggiamento si fonda non sull'interesse di un singolo o di un gruppo, ma sull'esigenza oggettiva della persona, la solidarietà deve aprirsi verso ogni uomo in difficoltà, indipendentemente dalla razza e dalla cultura. 24. - Dato lo sviluppo crescente della "interdipendenza", avvertita oggi come "sistema determinante di relazioni nel mondo contemporaneo, nelle sue componenti economica, culturale, politica e religiosa", solo con un largo movimento di solidarietà si può rispondere ai problemi posti dall'attuale convivenza umana. I vari fenomeni sociali sono sempre meno isolabili; essi hanno radici nazionali e internazionali. Anche i problemi posti dall'immigrazione in Italia vanno visti e risolti in questo quadro complesso di relazioni. Non solo dunque a livello nazionale, ma anche internazionale, vanno fatti convergere ordinamenti legislativi, strutture organizzative, gesti di aiuto e di accoglienza. L'appello all'ospitalità e alla tolleranza non sono sufficienti per garantire i diritti fondamentali di ogni uomo nelle nostre città. Solo un largo movimento di solidarietà può creare le condizioni per rispondere alle attese dei deboli e dei poveri nella complessa e interdipendente società contemporanea. 25. - Nella reciprocità Scaturendo dalla dimensione sociale dell'uomo, dalla sua comune dignità, la solidarietà richiede reciprocità. Essa perciò non impegna solo il gruppo o il paese che accoglie, ma anche chi viene accolto. Il suo fine non è semplicemente l'assistenza dell'altro, ma la crescita degli uni e degli altri, pur attraverso contributi diversi. Fa parte della stima dell'altro non solo l'offerta di accoglienza e di aiuto, ma anche l'attesa di una risposta analoga. Nel rapporto tra queste esigenze fondamentali e le concrete situazioni storiche in cui esse devono realizzarsi, nascono spesso delle difficoltà, motivate dalla mancanza di una comune concezione dei valori che stanno alla base della convivenza sociale, dall'immissione troppo numerosa e rapida di "diversi" in una comunità civile, che corre così il rischio di perdere la propria identità e il proprio equilibrio, dall'antagonismo che può nascere tra immigrati e stanziali per il lavoro e per l'abitazione. D'altra parte si oppone alla reciprocità anche il tentativo di imporre agli altri la cultura e il costume di vita del proprio gruppo etnico. Il primo passo tra persone e gruppi "diversi", nuovi gli uni agli altri, in questo cammino di convivenza è dato dalla conoscenza reciproca, dalla condivisione della lingua, dalla sicurezza di alcune condizioni primarie di sussistenza, dalla chiarezza delle regole che guidano la nostra società e che indicano i diritti e i doveri di ciascuno. Senza una regolamentazione dell'immigrazione e della convivenza non ci potrà essere un'efficace solidarietà e reciprocità sociale, come senza una cultura dell'accoglienza ogni norma rischierà di rimanere sterile, o motivo solo di contrasti. Si tratta in molti casi di passare da una solidarietà "congiunturale" ad una solidarietà "strutturale", da una solidarietà che riguarda le condizioni primarie di sussistenza ad una solidarietà che comprenda tutte le espressioni della vita di relazione. Di fronte a situazioni in gran parte nuove e mutevoli, quali sono quelle che stiamo vivendo, dobbiamo non solo cercare la giustizia umana per tutti, ma nello stesso tempo adeguare le leggi e le strutture alle condizioni storiche che via via si vanno determinando. 26. - La solidarietà e la reciprocità verso gli immigrati devono estendersi ai loro paesi d'origine, poiché l'accoglienza riguarda le persone nella loro condizione concreta, storica, e non si tratta soltanto di rispondere agli effetti di un disagio, di uno stato di necessità, ma di rimuovere le loro stesse cause. I problemi di convivenza tra gli uomini vanno acquistando sempre più dimensioni planetarie, per cui mentre si è chiamati a rispondere ad urgenze immediate, nello stesso tempo bisogna condurre un'azione che dia una mano alle nazioni d'origine degli immigrati, fino a rendere superflua la loro emigrazione dalla terra nativa. Quando ogni terra sarà in grado di mantenere i propri cittadini vi sarà piena libertà e reciprocità nel rapporto tra i popoli. Capitolo III - Dall'indifferenza e conflittualità alla solidarietà 27. - Dalla comprensione all'educazione Individuati alcuni criteri direttivi per una convivenza rinnovata, ci chiediamo per quali vie accogliere nelle nostre comunità queste istanze, come affrontare queste novità. L'impegno, faticoso e complesso, di fronte alle nuove forme di convivenza e di corresponsabilità esige non solo una revisione di strutture e di leggi, ma anche l'acquisizione di una mentalità rinnovata da parte della nostra gente, affinché, superando pregiudizi e abitudini antiche, sappia affrontare il nuovo con lungimiranza e capacità creativa. La convivenza con persone e gruppi di razza e cultura diverse può essere occasione di crescita in forza degli apporti che offre non solo agli immigrati, ma anche agli stanziali; può essere però anche motivo non solo di conflitto ma di regressione, per gli atteggiamenti indifferenti che può suscitare verso i valori morali e religiosi. Il dialogo con altre identità culturali esige infatti una solida maturità personale. D'altra parte non si può coltivare la crescita morale e culturale di sé e del proprio gruppo senza dialogare con gli altri. 28. - La prima risposta al mondo nuovo che sta nascendo dev'essere la sua comprensione. Comprensione sia del fenomeno in cui siamo coinvolti, sia di noi che entriamo in relazione con esso. E questo si compie dialogando con pazienza con gli altri, conoscendo la loro storia, approfondendo le ragioni della propria cultura e della propria fede. La comprensione impedisce che le reazioni siano cieche, che il confronto e il dialogo siano emotivi o tattici, rende più motivata la fedeltà alla propria storia, aiuta a discernere l'importante dal secondario. È un impegno che riguarda sia gli stanziali che gli immigrati. Per esso devono mobilitarsi tutte le forze sociali e i mezzi di comunicazione sociale; richiede tempo e mezzi, e tra questi anzitutto la conoscenza della lingua locale. Il capire sé e gli altri è importante, ma è solo il primo passo per un incontro proficuo tra "diversi". È necessario che le nostre comunità e gli stessi immigrati siano educati ad affrontare la realtà sociale che si va costituendo. 29. - Educare all'identità, al dialogo e alla solidarietà L'educazione è un atto di amore attivo verso gli altri, per cui non solo li riconosciamo, li accogliamo, ma li aiutiamo anche ad essere sempre più profondamente se stessi, vale a dire coscienti, liberi, coerenti. E poiché ogni uomo ha una sua storia, cultura, delle proprie relazioni parentali, d'amicizia, etniche, religiose, educare una persona, una gruppo, significa aiutarli a crescere nella propria identità storica e culturale. Più si accelera la storia, più rapidamente cambiano le condizioni di vita, più si intensifica la trama dei rapporti, e più acquista importanza disporre i singoli e le comunità al futuro che viene avanti. 30. - L'educazione, servizio alla crescita dell'identità di ciascuno, si compie costantemente nel rapporto, nell'ascolto, nel dialogo. Noi cristiani crediamo che l'uomo viene all'esistenza per la chiamata di Dio. Una chiamata che lo mantiene in vita. Questa chiamata, questo rapporto, assumono poi mille espressioni e volti diversi nell'esistenza di ciascuno, da quelli dei genitori a quelli degli amici, a quelli delle persone che incontriamo nella vita. L'uomo vive, cresce e si sviluppa in dialogo. Da quello fondamentale con Dio a quello con gli altri uomini. L'identità permette al dialogo di non dissolversi nell'appiattimento anonimo di una somma di notizie, e impedisce che un interlocutore venga dominato dalla cultura dell'altro. Un problema che si pone particolarmente a livello religioso. Di fronte ai capi di varie religioni Giovanni Paolo II ha ricordato a Jakarta nell'ottobre del 1989 varie forme di dialogo: di vita, delle azioni, dell'esperienza religiosa, e della condivisione con gli altri del dono della conoscenza della verità rivelata. Il dialogo permette alla persona di condividere la condizione del prossimo e contemporaneamente di crescere nella comprensione degli altri e di sé, e di prestare aiuto alle persone che si incontrano nella vita. Così la "diversità" da potenziale antagonismo può divenire sorgente di arricchimento e di crescita. L'educazione al dialogo per noi credenti parte dalla stessa paternità di Dio, per cui, come insegna il Concilio Vaticano II, "non possiamo invocare Dio Padre di tutti, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni". 31. - Dal convincimento che ogni uomo è portatore di valori e nello stesso tempo è limitato, che cresce e fa crescere nel suo rapporto con gli altri, e soprattutto che siamo tutti figli dello stesso Padre, scaturisce l'esigenza della solidarietà umana. Essere solidali non significa favorire l'integrazione di singoli o di gruppi "diversi" nel proprio processo di sviluppo, né solo elargire beni e servizi, ma lasciarsi coinvolgere dalle ricchezze e dalle povertà degli altri, sapendo comprendere, accogliere, collaborare. Una educazione che inizia fin dai primi anni della vita, che richiede un comune riferimento di valori, che esige il superamento di una concezione gelosamente privatistica dei propri beni e della stessa propria esistenza, che domanda di saper guardare oltre gli stretti confini del proprio paese. 32. - Questo processo educativo che, partendo dalla conoscenza reciproca, punta alla cura dell'identità, del dialogo, della solidarietà, non si compie soltanto parlando, scrivendo, ma anche e soprattutto operando. Non c'è solo il dialogo della parola, ma anche quello del gesto; non c'è solo l'identità dichiarata, ma anche quella mostrata con la vita, con il comportamento. La solidarietà non è solo discorso sugli altri, ma anche esperienza d'incontro, di attenzione, di collaborazione, d'ascolto, di aiuto. Per questa via concreta, complessa, deve avvenire l'educazione degli accoglienti e degli accolti, degli stanziali e degli immigrati. Anzi, è avviandosi per questa via esperienziale che la solidarietà con i "diversi" trova le sue prospettive future. 33. - Gradualità di un cammino Nell'educazione all'identità, al dialogo, alla solidarietà, vi è un costante rapporto reciproco, per cui queste tre dimensioni della persona e dei gruppi crescono e si rafforzano insieme, e perciò vanno coltivate contemporaneamente. Esse però non solo crescono insieme, ma anche gradualmente. Contrasta con questa gradualità di un cammino la rapida immissione nel nostro territorio di numerosi immigrati. Di fronte ad una tale emergenza è necessario che si sappia rispondere con una proporzionata mobilitazione delle forze sociali e politiche dell'intera nazione. Non va però dimenticata la necessità di regole e di tempi adeguati per l'assimilazione di questa nuova forma di convivenza, perché l'accoglienza senza regole non si trasformi in dolorosi conflitti. Sia il rifiuto del "nuovo" come il suo accoglimento non organizzato sono spesso, alla fine, motivo di ritardi storici. 34. - La solidarietà in famiglia L'ambiente in cui l'uomo inizia la sua esperienza del complesso rapporto tra identità e dialogo, è chiamato a compiere i primi passi di solidarietà e prova le prime difficoltà nei rapporti umani, il luogo nel quale vengono mediate le varie tensioni della società e la persona riceve la sua prima educazione alla convivenza sociale, è la famiglia. La forte disomogeneità culturale e le spinte alla disgregazione che caratterizzano la situazione sociale odierna, si riflettono nella vita dei singoli componenti la famiglia, inducendo tensioni, mettendo per esempio in discussione i tradizionali ruoli della donna-madre e dell'uomo-padre. Il rapido mutamento dei costumi, dello stile di vita, nonché dei riferimenti valoriali, fanno si che i genitori e i figli trovino a fatica un comune terreno d'intesa. D'altra parte la famiglia è il luogo d'incontro di più generazioni, di professioni diverse e motivo del vario impegno dei suoi membri, e di esperienze sociali molteplici; essa è la comunità dove più si fa memoria del passato e insieme ci si apre al futuro in forza dei figli che crescono. La famiglia risulta così come il "crogiuolo" in cui si ripercuotono tutte le variazioni e le tensioni della società, e insieme dove questa continuamente ricomincia. Così la sua coesione, la sua solidarietà non sono mai un frutto automatico, ma una continua, faticosa conquista, che esige un contributo educativo di tutti i suoi membri. Essa può contribuire in maniera decisiva al senso della continuità, dell'identità e dell'accoglienza degli uomini nella società contemporanea. 35. - La solidarietà della famiglia La famiglia, chiamata a trasmettere e ad educare la vita, deve inoltre, coerentemente, impegnarsi in prima persona ad essere strumento di accoglienza nei confronti di persone che provengono da altri paesi. Tra i numerosi problemi che si profilano al riguardo, tre appaiono immediatamente evidenti. Il primo è connesso con il largo utilizzo di collaboratrici domestiche provenienti dai paesi in via di sviluppo: la famiglia italiana non può non interrogarsi se ha sempre e in modo adeguato assicurato oppure ostacolato significativi rapporti tra la donna lavoratrice, suo marito e i suoi figli. Un secondo problema è connesso con il dilagare delle adozioni internazionali. Il desiderio di avere un bambino, difficilmente reperibile sul territorio italiano, porta molte coppie a cercarlo sul "mercato" straniero. E non sempre si seguono strade limpide e legali, anzi a volte si utilizzano mezzi illeciti, giustificandosi con l'autoconvincimento di avere fatto un'opera di bene perché si è sottratto comunque un bambino ad una morte sicura nel suo paese. Ma anche il bambino straniero ha dei diritti che devono essere rispettati. La famiglia adottante è spesso tentata, per sentirlo più suo, di imporre sul bambino una "maschera bianca" e cioè di negare sostanzialmente la sua origine, il suo precedente vissuto, di convincerlo di essere bianco, il che comporta una costruzione distorta della sua identità e quindi una limitazione della sua reale socializzazione e insufficienti meccanismi difensivi per il successivo adattamento alla realtà. Un terzo problema è dato dalla capacità della famiglia italiana ad aprirsi ad una reale accoglienza dei figli di immigrati stranieri che siano impossibilitati a rimanere nella propria famiglia. 36. - È ormai riconosciuto da tutti che il ragazzo ha bisogno di un ambiente familiare per poter crescere in umanità e che l'istituto educativo, anche il migliore, non può dare quella sicurezza interiore, quella esperienza di un dialogo interpersonale, quella ricchezza di rapporti stimolanti che soli consentono la costruzione di personalità strutturate, non passive né ribelli. Se ciò è vero per il ragazzo italiano, lo è ancor di più per il ragazzo straniero che maggiormente ha bisogno di trovare radici e un "humus" favorevole per sviluppare una identità e realizzare un processo di socializzazione adeguati, e che deve vedere facilitato al massimo il suo rapporto con i genitori. Poiché invece le difficoltà ( lavorative ed abitative ) degli immigrati sono rilevanti, molti ragazzi che non possono vivere con i propri genitori vengono ricoverati in istituti assistenziali, certamente meritori perché comunque danno una risposta ad esigenze di mantenimento di un minimo di contatto tra genitori stranieri e figli, ma non in grado di dare risposte esaustive alla domanda di vita di questi bambini. La famiglia italiana, che comincia ad aprirsi a quell'importante servizio sociale che è l'affidamento familiare, con vero atteggiamento oblativo, dovrebbe esprimere la sua solidarietà e il suo spirito di reale accoglienza dell'uomo sofferente aprendosi all'affidamento familiare anche dei ragazzi stranieri, sostenendo cosi adeguatamente sia i bambini che le loro famiglie. E questo non solo per superare un tradizionale familismo che spesso chiude la famiglia nell'egoismo di gruppo, ma anche per sperimentare, e far sperimentare a tutti i suoi membri, la ricchezza di un incontro con uomini di etnie e culture diverse, e per far cadere cosi nella concretezza della vita, pregiudizi radicati e chiusure spesso sterili. Affinché però le famiglie che con più generosità si aprono al di là dei confini e dei legami di sangue, non si smarriscano di fronte alle difficoltà che incontrano, è importante che si stabiliscano solidarietà efficaci e sincere con le altre famiglie e che sia costante verso di esse l'attenzione della comunità ecclesiale. 37. - La scuola Un altro luogo fondamentale per l'educazione degli uomini è costituito dalla scuola. In essa i ragazzi fanno anzitutto l'esperienza di una prolungata e quotidiana vicinanza tra persone diverse per origine e per estrazione sociale, messe insieme da un comune interesse: imparare, crescere, acquistare pienezza di umanità. La loro giovane età, senza una lunga storia personale dietro le spalle e particolari ruoli nella società, li fa disponibili all'incontro con altri ragazzi, indipendentemente dalla loro razza, specialmente se gli insegnanti e le famiglie sanno accogliere tutti con uguale attenzione e favorire un clima di fraternità. Si tratta di una esperienza di convivenza che può iniziare già in giovanissima età e che, se viene bene impostata, potrà preparare positivamente il futuro dei giovani quando questi si troveranno a vivere tra gente di razza e provenienza diverse. Nella scuola i ragazzi possono fare non solo una esperienza di convivenza tra "diversi", ma anche ricevere una educazione al riconoscimento del valore della persona, indipendentemente dalla sua provenienza, cultura, religione. E ciò in particolare nello studio della storia, dell'etnologia, dell'arte, cercando di comprendere comportamenti, culture, espressioni di vita e di arte partendo da chi li compie e non da modelli culturali ad essi estranei. Nella scuola ha poi un ruolo particolarmente significativo l'insegnamento della religione. Essa fa parte della profonda identità di un popolo, ne ispira i comportamenti, i costumi, le espressioni culturali ed artistiche. Ignorarla significa non comprendere a pieno un popolo. Le grandi religioni monoteistiche, offrendo la visione di un Dio creatore e salvatore dell'uomo, sottolineano le ragioni di una fraternità tra tutti gli uomini. Nel caso del cristianesimo e del cattolicesimo, religione di grandissima parte degli italiani, la fraternità degli uomini si presenta quale insegnamento centrale. Per questi motivi, la scuola, fedele a se stessa, può educare a comprendere le ragioni degli altri, ad approfondire le proprie, a convivere con persone di estrazione sociale e razziale diverse e quindi a disporre i nostri ragazzi alla società multiculturale che sta sorgendo. Accanto alla scuola va poi ricordato il ruolo educativo e culturale rappresentato dalle varie editorie. 38. - I mezzi di comunicazione sociale Una nuova forma di insegnamento si va sempre più diffondendo tra gli uomini, entra nelle case, compete con la scuola, insegna per la strada, nei bar: i mezzi di comunicazione sociale. L'uomo ne è circondato tutto il giorno. Non c'è realtà che si sottragga al loro servizio informativo, al loro giudizio critico, manifesto oppure occulto. Gran parte dei fatti che accadono, delle parole che vengono dette, l'uomo li vede, ascolta e valuta, con gli occhi, le orecchie, i criteri di giudizio di questi strumenti. I mass media possono informare sull'ambiente donde viene un popolo, sulla sua mentalità, sulle sue tradizioni e sulla sua cultura; possono mostrare incontri e scontri nel suo impatto con il nostro paese. Possono dilatare le notizie oppure restringerle, mostrare come amico o come nemico un gruppo, una categoria, una popolazione. Coloro che dispongono dei mass media hanno un ruolo determinante nella formazione dell'opinione pubblica, nel creare comprensione reciproca oppure dissensi e conflitti. I mezzi di comunicazione sociale sono diventati, con la loro diffusione, con il loro potere suggestivo, i grandi educatori della mentalità popolare. In un mondo che tende a farsi sempre più multirazziale e pluriculturale, i mezzi di informazione hanno un ruolo decisivo per l'accoglienza o per il rifiuto reciproco. Per evitare il pericolo che essi diventino strumenti di parte è necessario che non finiscano concentrati in poche mani. La televisione, la radio, il giornale devono riflettere i problemi reali del paese nella varietà delle loro sfaccettature. Ma perché ciò avvenga occorre che vi sia un'effettiva libertà di informazione, che sia data voce non solo ai ricchi e ai potenti, ma anche ai poveri e alle minoranze. 39. - Le parrocchie e le associazioni Tra i vari soggetti che hanno un ruolo importante nell'educazione alla convivenza tra persone "diverse" hanno un particolare rilievo la parrocchia e le associazioni cattoliche. La parrocchia è una comunità legata insieme da un'unica fede, da un riferimento morale e religioso comune, da una propria unitaria organizzazione locale, da un comune territorio, in cui si incontrano e vivono persone di età, cultura, condizione sociale diverse. La varietà dei suoi componenti che convivono nello stesso territorio, che partecipano alle feste religiose nella stessa chiesa, sollecita ogni giorno la conoscenza e l'accoglienza reciproche. Iniziative religiose, caritative, di educazione e catechesi, ricreative, favoriscono l'incontro e la collaborazione anche tra persone "diverse". In forza della sua unità morale e della varietà dei suoi componenti, la parrocchia può mobilitare piccoli e grandi, persone anche di razza diversa per comuni gesti di accoglienza e di solidarietà. Per questo, accanto alla famiglia, essa rappresenta una delle prime fondamentali scuole di convivenza umana tra persone e gruppi diversi, occasione propizia per vivere piccoli e grandi gesti di condivisione. Le associazioni, d'altro canto, se per un verso nel loro interno hanno più omogeneità della parrocchia, nel loro impegno per gli altri si fanno spesso scuola attiva di solidarietà per i più emarginati. Così, movimenti, associazioni, organismi di volontariato nazionali ed internazionali, enti che si occupano dei problemi della fame, degli immigrati, della pace dell'ambiente, del disarmo, costituiscono spesso dei luoghi privilegiati per l'educazione alla giustizia e l'elaborazione di progetti di cooperazione, dei segni di speranza per il futuro, poiché rappresentano come le avanguardie di un mondo che presto tutti dovranno affrontare. 40. - Le istituzioni pubbliche Insieme e in collaborazione con i soggetti e le istituzioni ricordati, devono impegnarsi nell'accoglienza degli immigrati stranieri e delle minoranze soprattutto le autorità pubbliche, quali gli amministratori dello stato, delle regioni, dei comuni, i politici, e tutte le altre forze sociali. Non è sufficiente l'impegno della famiglia, della scuola, dei mass media, della Chiesa, per risolvere un problema di tale rilevanza sociale, che ha così complessi risvolti economici, organizzativi e culturali. La nuova società che sta nascendo esige anzitutto un aggiornamento culturale, di mentalità, per essere gestita secondo le condizioni dell'umanità contemporanea. Nello stesso tempo però ha bisogno di strutture, di norme e di mezzi, che solo le istituzioni pubbliche possono fornire, come i servizi sanitari, il lavoro, l'abitazione o zone adeguate di sosta per i nomadi, l'accesso alla scuola. La legge sull'immigrazione, approvata recentemente dai due rami del Parlamento, costituisce un passo avanti nell'impegno da parte del Governo italiano di accoglienza degli immigrati. Si tratta ora di rendere operative queste norme in modo che non ci si fermi alla semplice affermazione di principio. Vanno infine favoriti, pur gradualmente, l'accesso degli immigrati, secondo le loro possibilità, alla vita della nostra società e l'associazionismo degli stranieri all'interno delle loro etnie di provenienza, perché possano salvaguardare, tra l'altro, la loro cultura originaria. Conclusione 41. - L'uomo è in perenne cammino. In cammino tra gli altri e con gli altri. In cammino perché emigra e perché cambia nella sua stessa persona. Con lui è in un cammino di continua trasformazione il mondo in cui vive, e che egli stesso ogni giorno va costruendosi. Cambiano i suoi compagni di viaggio, le sue condizioni di vita, e quindi i suoi rapporti. La nostra nazione sarà sempre più segnata dall'accelerazione di questi cambiamenti, dentro un orizzonte di carattere planetario. Con gli stimoli nuovi ad allargare la nostra visuale nascono anche tensioni, difficoltà, conflitti. Non abbiamo dei modelli nel nostro passato ai quali ispirarci. È una sfida storica che ci riguarda tutti. A seconda del modo con cui l'affronteremo, si trasformerà in motivo di crescita e di arricchimento reciproco, oppure di divisione e regressione. Il cristiano, che crede nella paternità di Dio verso ogni uomo, riconosce in ogni povero l'immagine stessa del suo Signore ( cfr Mt 25,31-46 ), e vede il suo prossimo da amare in ogni uomo ferito che incontra sulla strada ( cfr Lc 10,29-37 ). Non può dunque non essere tra i primi in questo laborioso impegno di accoglienza. Dio ci ha dato tanta luce nella storia da poterne conoscere i valori e la direzione fondamentale, ma ci affida la responsabilità di esplorarne costantemente le vie e le possibilità. La nostra riflessione si rivolge così non solo ai credenti, ma anche ad ogni uomo di buona volontà, proponendo una comune collaborazione sulla difficile strada della solidarietà umana, convinti che la fedeltà a Cristo è anche fedeltà all'uomo, ad ogni uomo. Roma, 25 marzo 1990, Solennità dell'Annunciazione del Signore