Presentazione I Vescovi italiani, in occasione della loro XXXVI Assemblea Generale, hanno approvato e deciso di pubblicare il documento 'Evangelizzare il sociale' precedentemente elaborato dalla Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro. Suo intento è dare impulso e slancio alla pastorale sociale della Chiesa che è in Italia ridefinendo e aggiornando con opportuni orientamenti e direttive il suo impianto generale, alla luce delle 'res novae' conseguenti ai profondi cambiamenti che hanno interessato e interessano la società italiana sui fronti specifici del mondo del lavoro, dell'economia e della politica. Il documento indica una prospettiva e una linea unitarie alla pastorale sociale delle comunità ecclesiali, ancorate al patrimonio del Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa. È questa infatti un'esigenza e un'urgenza pastorale cui rispondere con chiarezza di motivazioni, determinazione e coraggio, proseguendo un cammino pastorale che ha ormai superato i dubbi e le obiezioni teoriche e pratiche riguardanti il valore e il significato della dottrina sociale della Chiesa e la sua conseguente applicazione nel campo della pastorale. "Per la Chiesa - scrive Giovanni Paolo II nell'enciclica Centesimus annus - insegnare e diffondere la dottrina sociale appartiene alla sua missione evangelizzatrice e fa parte essenziale del messaggio cristiano … La nuova evangelizzazione, di cui il mondo moderno ha urgente necessità, deve annoverare tra le sue componenti essenziali l'annuncio della dottrina sociale della Chiesa" ( n. 5 ). In questa prospettiva teologica e pastorale disegnata dal Santo Padre sta la chiave per comprendere il presente documento dei Vescovi italiani e, nello stesso tempo, il loro impegno a orientare e a stimolare la pastorale sociale nelle comunità ecclesiali. Evangelizzare il lavoro, l'economia e la politica non è soltanto un diritto incontestabile per la Chiesa, è anche ed anzitutto un dovere che nasce dal suo essere mandata da Gesù Cristo, Redentore dell'uomo, a salvare tutto l'uomo e tutti gli uomini. Riferendosi alla 'questione operaia' Leone XIII affermava che di essa "non è possibile trovare una soluzione che valga, senza ricorrere alla religione e alla Chiesa". Identico pensiero ritroviamo ora in Giovanni Paolo II: "Come allora, bisogna ripetere che non c'è vera soluzione della 'questione sociale' fuori dal Vangelo e che, d'altra parte, le 'cose nuove' possono trovare in esso il loro spazio di verità e la dovuta impostazione morale" ( Centesimus annus, n. 5 ). Lo 'statuto di cittadinanza' della Chiesa sul fronte della questione sociale ha le sue radici nel Vangelo. È questo un dato che si inserisce in modo sempre più chiaro e forte nella coscienza del Magistero e della comunità cristiana. A ciò possono contribuire gli orientamenti e le direttive pastorali del presente documento, nel quale i Vescovi italiani ripropongono ed esplicitano una delle tre "vie privilegiate" attraverso le quali il Vangelo della carità può farsi storia nel nostro popolo, ossia la presenza responsabile dei cristiani nel sociale e nel politico ( cfr Evangelizzazione e testimonianza della carità, nn. 40-41, 50-52 ). Il documento si rivolge alle Chiese particolari, agli operatori più diretti della pastorale sociale e in modo speciale ai laici, affinché tutti si agisca nella convinzione che 'evangelizzare il sociale' è possibile, anzi è una responsabilità cristiana irrinunciabile. Su questo versante pastorale, del resto, il nostro Paese è un grande terreno aperto. Le molteplici celebrazioni organizzate per il centenario dell'enciclica Rerum novarum, nell'anno dedicato dal Santo Padre alla dottrina sociale della Chiesa, sono state uno stimolo forte per una nuova evangelizzazione del mondo del lavoro, dell'economia e della politica. Il cammino continua: il documento della Chiesa italiana lo vuole rendere più celere e convinto. 22 novembre 1992 Solennità di nostro Signore Gesù Cristo Re dell'universo. Camillo Card. Ruini Presidente della Conferenza Episcopale Italiana Introduzione 1. - Le questioni del lavoro, dell'economia e della politica si impongono nel nostro Paese sempre più come vere e proprie sfide per il futuro della convivenza, del sistema democratico e della prospettiva europea in cui l'Italia si colloca. Sono sfide che non possono non interpellare la Chiesa in Italia e il suo impegno di pastorale sociale. Questo impegno si va sviluppando da tempo e con generosità nelle nostre Chiese particolari; coinvolge moltissimi laici, sacerdoti e religiosi, la cui testimonianza assume forza sempre maggiore e valore di riferimento per l'opera di rinnovamento morale e spirituale delle persone e della società, come contributo proprio dell'azione pastorale della Chiesa alla vita del Paese. 2. - L'anno centenario dell'enciclica Rerum novavum, dedicato dal Santo Padre Giovanni Paolo II alla dottrina sociale della Chiesa, è stato un'occasione privilegiata per far emergere in modo più vivo la consapevolezza della missione pastorale della Chiesa verso il mondo sociale e per cogliere in profondità le ragioni e le urgenze di quella "nuova evangelizzazione" che il Papa ripetutamente sollecita e che trova nell'ambito del lavoro, dell'economia e della politica un suo luogo importante. In questo anno centenario il Papa offre alla Chiesa e alla società il prezioso dono dell'enciclica Centesimun annus. Il nuovo documento ispira e rilancia una più convinta sollecitudine pastorale della Chiesa, richiamando sinteticamente e con precisione le finalità, i contenuti e i metodi adeguati per una nuova evangelizzazione del sociale. Il grande movimento, l'interesse, le idee che hanno segnato l'esperienza di molte diocesi e parrocchie, associazioni e movimenti nell'Anno della dottrina sociale della Chiesa, non devono disperdersi. In questa prospettiva i Vescovi italiani ritengono opportuno intervenire con il presente documento Evangelizzare il sociale, il cui intento è di incoraggiare, aiutare e sostenere tutti coloro che operano per la evangelizzazione del mondo del lavoro, dell'economia e della politica. 3. - Il documento propone, infatti, alcuni punti di riferimento di carattere teologico, metodologico e pratico a quanti, operando nella pastorale sociale, si trovano coinvolti in esperienze e in problemi molto complessi, per i quali non è sempre facile trovare concrete soluzioni che siano umane ed evangeliche. Si devono moltiplicare e diffondere nelle nostre comunità ecclesiali le esperienze pastorali di evangelizzazione del lavoro, dell'economia e della politica, dimensioni fondamentali della vita umana personale e sociale. La situazione attuale, nella quale gli "operai" sono pochi in rapporto alla "messe", ci induce a una accurata riflessione, tesa a indicare una via per raggiungere il fine essenziale della missione della Chiesa in ambito sociale, razionalizzando e valorizzando le energie umane e tutte le risorse disponibili, all'interno di un quadro chiaro delle priorità pastorali. 4. - Ci rivolgiamo alle Chiese particolari e, in esse, agli operatori della pastorale sociale, ai laici soprattutto. L'annuncio del Vangelo nella sua valenza specificamente sociale è via e condizione imprescindibile per il rinnovamento delle forme e dei metodi con cui le nostre comunità vivono il loro servizio pastorale. Dal magistero sociale della Chiesa, specialmente da quello del Santo Padre Giovanni Paolo II, emerge con chiarezza e ripetutamente la convinzione che l'annuncio del Vangelo sarà tanto più efficace e fecondo quanto più verrà insegnata e diffusa la dottrina sociale della Chiesa. I - La nuova Evangelizzazione del Sociale 5. - "La Chiesa deve fare oggi un grande passo in avanti nella sua evangelizzazione, deve entrare in una nuova tappa storica del suo dinamismo missionario''. Il Santo Padre Giovanni Paolo II esorta ripetutamente l'intera comunità ecclesiale a impegnarsi per una vasta e profonda opera di nuova evangelizzazione. Anche la Chiesa che è in Italia si muove in questa linea. Da tempo ha scelto l'evangelizzazione, in quanto esigenza fondamentale e imprescindibile della propria vocazione e missione, come obiettivo centrale del suo impegno pastorale. Gli orientamenti e le direttive contenuti in questo documento esplicitano le feconde e impegnative implicazioni che tale scelta comporta per la pastorale sociale. 6. - Di questa scelta di fondo coglieremo la dimensione che riguarda in modo specifico l'evangelizzazione in campo sociale, per delineare le prospettive secondo cui oggi deve essere pensata e attuata la pastorale del lavoro, dell'economia e della politica. "L'annuncio che la Chiesa è chiamata a fare nella storia si riassume in un'affermazione centrale: Dio ti ama, Cristo è venuto per te, per te Cristo è 'Via, Verità, Vita"'. Questo messaggio centrale del Vangelo, comunicato in ogni forma di annuncio, viene considerato nella pastorale sociale in rapporto agli ambiti del lavoro, dell'economia e della politica. La pastorale sociale, che si pone all'interno del più ampio contesto della missione della Chiesa come una sua importante dimensione, si propone di evangelizzare il sociale ponendo in rapporto con il Vangelo di Gesù la vita e l'attività umana nel lavoro, nell'economia e nella politica, e ricavando dal Vangelo stesso i loro significati più profondi. 7. - Quando si tratta di pastorale sociale, non ci si muove in un ambito di semplice azione e organizzazione di iniziative, ma ci si trova impegnati, innanzitutto, nella riflessione sui contenuti e sulle modalità con cui la Chiesa deve esprimere il suo essere e compiere la sua missione nella forma più adeguata ed efficace dentro la storia e il territorio in cui vive. La pastorale sociale non è un semplice settore della pastorale della comunità cristiana, ma l'espressione viva e concreta di una comunità pienamente coinvolta dentro le situazioni, i problemi, la cultura, le povertà e le attese di un territorio e di una storia. Per questo l'azione pastorale ha la sua ricaduta sulla società e nella cultura. 8. - L'urgenza dell'evangelizzazione del sociale La tendenza sempre in via di espansione a neutralizzare nell'ambito sociale le esigenze della religione, della verità e dell'etica, considerate irrilevanti anche per la stessa vita personale, costituisce uno dei problemi cruciali per la coscienza cristiana. È una tendenza gravida di innumerevoli conseguenze negative sia per i singoli che per la società. Il distacco dai valori, che danno significato all'esistenza e slancio e volontà per costruire il futuro, è la più grave minaccia insita nelle società occidentali avanzate e incide profondamente negli ambiti determinanti e decisivi per l'esperienza delle persone, quali sono il lavoro, l'economia e la politica. Rivolgendosi in occasione del Convegno ecclesiale a Loreto, Giovanni Paolo II ricordava che la Chiesa è chiamata ad operare "anche e particolarmente in una società pluralistica e parzialmente scristianizzata ... con umile coraggio e piena fiducia nel Signore, affinchè la fede cristiana abbia, o recuperi, un ruolo-guida e un'efficacia trainante, nel cammino verso il futuro". 9. - Come attuare la nuova evangelizzazione del sociale nell'attuale situazione storica? Occorre impegnarsi a superare la frattura tra Vangelo e cultura, attraverso "un'opera di inculturazione della fede che raggiunga e trasformi, mediante la forza del Vangelo, i criteri di giudizio, i valori determinanti, le linee di pensiero e i modelli di vita, in modo che il cristianesimo continui ad offrire anche all'uomo della società industriale avanzata il senso e l'orientamento dell'esistenza". La società italiana, che pure ha scoperto e riconosce in modo altamente positivo il valore e i diritti della persona umana, non di rado opera scelte che si rivelano in contrasto con i veri interessi dell'uomo e con la civiltà cristiana che ha segnato, arricchendola, la sua storia. "All'uomo non basta essere amato, nè amare. Ha bisogno di sapere e di capire: l'uomo ha bisogno di verità". Pare però che l'uomo d'oggi non senta così acuto il bisogno di sapere e di capire, perchè la sua fame e la sua sete hanno spesso un altro pane e un'altra acqua che non sono il pane e l'acqua della verità. Ne sono segni, tra gli altri, i fenomeni culturali diffusi e pervasivi del pluralismo esasperato, del relativismo pratico e teorico, del secolarismo. 10. - Dal pluralismo sono profondamente segnate la nostra società e la nostra cultura, con le loro idee, opinioni e credenze. In questo clima, l'atteggiamento pratico e teorico che più diffusamente viene assunto è il relativismo, che conduce al dubbio o al rifiuto della verità oggettiva e universale. Negando alle diverse visioni e proposte di vita la pretesa di essere vincolanti, soprattutto in termini di assolutezza e di universalità, giunge inevitabilmente all'indifferenza verso la questione centrale della verità e diventa incapace di dare alla vita un senso e un orientamento, ai quali possa ispirarsi un codice morale. I fenomeni culturali ora rilevati sono intimamente connessi con il secolarismo, specialmente nella sua forma di negazione teorica o pratica, oppure insieme teorica e pratica, di Dio come verità e bene assoluti, fonte e misura di ogni altra verità e di ogni altro bene. Il contesto sociale e culturale italiano, sempre più caratterizzato da questi fenomeni, spiega le gravi difficoltà che l'opera evangelizzatrice della Chiesa incontra, ma si configura anche come un appello più pressante per dare risposta all'esigenza insopprimibile e decisiva per l'uomo, per il senso e il destino del suo vivere: l'esigenza della verità, della verità piena. E questa si ritrova nella verità cristiana, che, come leggiamo nel documento Evangelizzazione e testimonianza della carità, "non è teoria astratta. È anzitutto la persona vivente del Signore Gesu ( cf Gv 14,6 ), che vive risorto in mezzo ai suoi ( cf Mt 18,20; Lc 24,13-35 ). Può quindi essere accolta, compresa e comunicata solo all'interno di un'esperienza umana integrale, personale e comunitaria, concreta e pratica, nella quale la consapevolezza della verità trovi riscontro nell'autenticità della vita". 11. - L'annuncio della salvezza cristiana "La tentazione oggi - scrive Giovanni Paolo II - è di ridurre il cristianesimo a una sapienza meramente umana, quasi scienza del buon vivere. In un mondo fortemente secolarizzato è avvenuta una 'graduale secolarizzazione della salvezza', per cui ci si batte, sì, per l'uomo, ma per un uomo dimezzato, ridotto alla sola dimensione orizzontale. Noi, invece, sappiamo che Gesù è venuto a portare la salvezza integrale, che investe tutto l'uomo e tutti gli uomini, aprendoli ai mirabili orizzonti della filiazione divina". - La salvezza, che viene testimoniata e annunciata dalla Chiesa, è l'autocomunicazione di Dio. Si tratta, dunque, di una salvezza divina, trascendente, assolutamente gratuita e imprevedibile, nella quale Dio si rivela e si comunica come Amore, Creatore e Padre degli uomini, creati a sua immagine e fin dal 'principio' scelti nel Figlio per la grazia e per la gloria. - La salvezza, che per iniziativa del Padre ci viene offerta in Gesù ed effusa dallo Spirito Santo, è salvezza di tutto l'uomo e di tutti gli uomini. È personale e comunitaria, corporea e spirituale, presente e futura. - La salvezza cristiana è essenzialmente dono divino: non esiste possibilità di autosalvezza per l'uomo e per l'umanità. La dimensione fondamentale dell'uomo, quella per cui è aperto e capace di salvezza, è il riconoscimento dell'assoluto primato di Dio: questo riconoscimento non comporta nè una svalutazione delle capacità umane nè una contrapposizione fra Dio e l'uomo, ma testimonia un rapporto di amore tra creatura e Creatore, tra figlio e Padre. 12. - La salvezza, dono di Dio, può realizzarsi di fatto solo con la libera risposta dell'uomo, ossia con l'accettazione dell'uomo che decide di fondare la propria vita su Dio e sceglie di abbandonarsi a Lui, ponendo totalmente in Dio e nella sua promessa la propria fiducia e amorosa dedizione. L'accoglienza della salvezza ci rende partecipi della vita stessa di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, e ci abilita e spinge a donarci, come Cristo si è donato, agli uomini che consideriamo fratelli e amiamo come noi stessi ( cf Mt 22,39 ) e come Lui li ha amati ( cf Gv 13,34 ). L'amore cristiano comprende la giustizia come sua parte essenziale e irrinunciabile: non si può amare l'altro, accettarlo incondizionatamente e metterlo sul nostro stesso piano, se non si è pienamente disposti a dare all'altro ciò che gli spetta per la sua dignità di persona, di soggetto di diritti e doveri. L'amore cristiano non supplisce la giustizia e non si sviluppa al di là di essa: è "... più 'grande' di essa: è più grande nel senso che è primario e fondamentale. L'amore, per così dire, condiziona la giustizia e, in definitiva, la giustizia serve la carità". 13. - L'accettazione o il rifiuto della salvezza è un atto insieme personale e comunitario: comporta una responsabilità individuale, che non può essere delegata ad altri, e una solidarietà universale, che coinvolge e vincola tutti. Nella sua concretezza storica, "la Chiesa è in Cristo come sacramento, cioè segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano": in questo senso fondamentale la Chiesa è "cattolica". La ferita del peccato originale, che colpisce ogni uomo, ed è all'origine di ogni altro peccato, spiega la situazione di solidarietà negativa che lega fra loro gli uomini nel male. In tal senso, come afferma l'enciclica Centesimus annus, la dottrina del peccato originale "non solo è parte integrante della rivelazione cristiana, ma ha anche un grande valore ermeneutico, in quanto aiuta a comprendere la realtà umana". 14. - La salvezza si compie attraverso la croce di Cristo, la sua sofferenza e morte. La parola centrale del Vangelo sulla forma secondo cui la salvezza si realizza in noi, fino al ritorno glorioso di Cristo, è la parola della croce. La realtà della croce pone un limite radicale e insuperabile a ogni pretesa di successo terreno, non solo del singolo credente, ma della Chiesa tutta. La salvezza è già presente nella morte e risurrezione di Gesù e nella sua permanenza 'sacramentale' nella storia mediante la Chiesa, suo Corpo. Si tratta di una presenza che è discernibile solo mediante la fede ( cf 1 Cor 1,17; 1 Cor 2,13-14 ). La salvezza pienamente compiuta e manifesta, ossia la 'trasfigurazione del mondo' con l'instaurazione dei cieli nuovi e della terra nuova ( cf 2 Pt 3,13; Ap 21,1 ), si avrà solo alla fine della storia: "mentre dura il tempo, la lotta tra il bene e il male continua fin nel cuo re dell'uomo" e la realizzazione della nostra speranza resta racchiusa nei "segreti di Dio" ( 1 Cor 2,11 ). 15. - L'evangelizzazione del sociale e lo sviluppo umano La dottrina sociale della Chiesa traccia i sentieri che ogni movimento di liberazione e promozione dell'uomo deve percorrere per assicurare un autentico sviluppo umano, ossia uno sviluppo di tutto l'uomo e di tutti gli uomini. Essa definisce anche la competenza propria della Chiesa di fronte ai problemi sociali e politici: ciò su cui la Chiesa "ha una parola da dire" riguarda la natura, le finalità, le esigenze, le condizioni dell'autentico sviluppo e gli ostacoli che vi si oppongono. Con la proposta dei valori sui quali si fonda la visione cristiana dell'uomo e della società, l'evangelizzazione del sociale offre un singolare e straordinario impulso allo sviluppo umano. Richiamiamo brevemente i fondamentali valori antropologici. 16. - L'uomo ha un valore trascendente Egli è persona, può conoscere la verità, può amare liberamente il bene, possiede una dignità incommensurabile che gli deriva dall'essere creato ad immagine e somiglianza di Dio e chiamato a divenire figlio di Dio. Ogni uomo è chiamato a vivere anzitutto il suo fondamentale rapporto con Dio. L'essere stesso dell'uomo è strutturato per questo rapporto, quali che siano le sue vicissitudini storiche e l'uso della sua libertà. Che cosa diventa l'uomo senza l'apertura verso l'Assoluto e senza il rapporto con Dio è inscritto, come afferma Giovanni Paolo II, "nella storia dell'umanità col sangue versato in nome di ideologie e da regimi politici, che hanno voluto costruire un' 'umanità nuova' senza Dio". I concetti di "persona" e di "libertà" costituiscono un patrimonio essenziale della nostra tradizione cristiana e della nostra cultura: sono da mantenere a ogni prezzo e da attualizzare incessantemente, a livello teorico e pratico, perchè offrono un grande contributo di civiltà. 17. - La negazione di Dio ha dato luogo a diverse forme di soggettivismo: quello ripiegato sulla pretesa autosufficienza del valore-uomo, quello agnostico, relativista, scettico, fatalista, nichilista e, spesso, disperato di fronte ai limiti insuperabili dell'uomo, primo fra tutti il limite della morte. La concezione cristiana dell'uomo e del suo destino, fondando il valore trascendente della persona e della sua libertà su Dio e presentando Gesù Cristo come Figlio di Dio incarnato e redentore dell'uomo dal peccato e dalla morte, offre sui problemi umani sociali una luce singolare e costituisce una forza traente formidabile non solo per i credenti ma anche per la nostra attuale civiltà. Attraverso la loro fedeltà al messaggio cristiano, vissuta concretamente anche a livello di elaborazione culturale, i cristiani possono far progredire enormemente la 'storia della libertà' che caratterizza l'epoca moderna e stimolare il superamento delle contraddizioni che più pesantemente la minacciano. 18. - L'autentico sviluppo dell'uomo comporta nella visione cristiana la libertà personale e la solidarietà sociale. Sono due dimensioni che si intrecciano, si connotano e si condizionano a vicenda: da un lato, la solidarietà veramente umana si realizza solo nella libertà e nel rispetto della persona; dall'altro lato, la libertà veramente umana consiste nella rinuncia a se stessi per accogliere gli altri e per donarsi agli altri e servirli. Sul piano dei fatti e delle situazioni concrete la libertà e la solidarietà sono in permanente tensione. All'interno della storia una loro sintesi pienamente armonica non è mai stata realizzata nelle varie forme di comunità umane e, soprattutto, negli ambiti dell'economia e della politica. 19. - Di fronte alla trascendenza della fede cristiana e ai valori che essa propone per l'autentico sviluppo umano, tutte le realizzazioni economiche, sociali, politiche e culturali manifestano la loro radicale relatività. Si tratta di una relatività "escatologica", nel senso che l'uomo e il suo mondo vanno incontro alla fine. Si tratta soprattutto, in ultima analisi, di una relatività "teologica", per la incommensurabilità che esiste tra ciò che è umano e ciò che è divino. È da accogliere e da meditare nelle attività lavorative, economiche, politiche e sociali in genere, come in tutti gli ambiti personali e privati della vita, il sapiente invito di san Paolo: "quelli che usano del mondo agiscano come se non ne usassero, perchè passa la figura di questo mondo" ( 1 Cor 7,31 ). È un invito che fa eco alle parole di Gesù: "Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in sovrappiù" ( Mt 6,33 ). 20. - Il rifiuto cristiano del totalitarismo, che ha una valenza politica, sociale e culturale, trova in questo insegnamento la sua motivazione ultima. Il pluralismo, a sua volta, non solo politico ma anche sociale e culturale, non è, nella visione cristiana, un'apertura neutra e indifferente ai valori. È, piuttosto, una situazione di libertà sociale e politica nella quale una concezione veramente laica dello Stato rispetta tutti i cittadini e tutti i gruppi con le loro ideologie, e nella quale i cristiani hanno il dovere di affermare i loro valori, orientando, per quanto è loro possibile, la convivenza umana nella direzione indicata dal Regno di Dio. La Chiesa, da parte sua, sulla base della parola di Gesu: "Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio" ( Mt 22,21 ) afferma la propria autonomia e libertà originaria nei confronti di qualsiasi potere terreno. Nello stesso tempo la Chiesa indica alla politica i suoi limiti, rendendole un importante servizio, perchè la libera dalla tentazione di assolutizzarsi. In questo senso la rivendicazione ecclesiale della libertà religiosa ha svolto un ruolo storico positivo per l'affermazione della libertà anche sul piano sociale. 21. - Un aspetto strettamente legato al precedente è il limite che il carattere escatologico della fede cristiana impone a ogni ideologia del progresso, concepita in termini rivoluzionari oppure 'evolutivi'. Dopo Gesu Cristo non c'è posto all'interno della storia per un vero salto qualitativo nella condizione umana. In questo senso non si possono accettare i miti moderni di una palingenesi che si attua attraverso la trasformazione sociale o il progresso scientifico-tecnologico. Il Regno è "già" presente in Gesu, mentre il "non ancora" del Regno è umanamente insuperabile, perchè il peccato con le sue conseguenze è sempre operante nella storia, come ci ricorda con particolare efficacia la parabola della zizzania ( cf Mt 13,24-30 ). 22. - La forza rinnovatrice e trasformatrice del cristianesimo La fede e la fiducia nella forza rinnovatrice e trasformatrite del Cristiaiiesimo, e quindi nella sua capacità di porsi come punta di riferimento, devono sostenere l'opera di evangelizzazione in campo sociale. È da vincere la paura dell'impotenza di fronte ai fenomeni negativi e disumanizzanti. Ci si deve sottrarre all'insidia dell'estraneazione. Soprattutto non si deve accettare o, peggio, legittimare la situazione esistente. a) In Gesù Cristo, "il Figlio del Dio vivente" ( Mt 16,16 ) fattosi uomo per noi e per la nostra salvezza, è offerta al mondo una visione globale e una piena comprensione dell'uomo e del suo destino, della società e dei suoi problemi. Così l'antropologia contenuta nel Vangelo assicura al mondo del lavoro, dell'economia e della politica un'originale connotazione cristiana che svela e porta a compimento i valori umani e che è capace di ispirare e guidare l'impegno dei credenti che operano nei molteplici ambiti della vita personale, familiare e sociale. b) La Chiesa, in quanto tale, nell'unità e varietà delle sue mernbra e delle sue strutture, ha un contributo specifico da dare alla costruzione della "comunità degli uomini", attraverso la sua missione di promotrice di unità e ministra di riconciliazione, in particolare rendendo anche socialmente influenti i contenuti umani ed evangelici di verità e di eticità che danno senso all'esistenza. Come diceva Paolo VI, "è compito dei raggruppamenti culturali e religiosi, nella libertà d'adesione che essi presuppongono, di sviluppare nel corpo sociale, in maniera disinteressata e per le vie loro proprie, queste convinzioni ultime sulla natura, l'origine e il fine dell'uomo e della società". Anche la Chiesa in Italia intende offrire il suo specifico contributo sociale portando la fede e la carità ad efficacia di vita. c) La Chiesa, in quanto luogo "in cui l'amore di Dio per gli uomini può essere in qualche modo sperimentato e quasi toccato con mano" e in cui la verità e i valori morali vengono non solo annunciati ma anche vissuti e socializzati, contribuisce a rendere la politica, l'economia e il lavoro più rispondenti alla dignità dell'uomo, ponendoli davanti alla questione fondamentale del senso e del destino della vita umana. La prospettiva verso cui muoversi è, pertanto, quella di sviluppare la forza propositiva e critica della visione cristiana dell'uomo, e dell'uomo sociale, valorizzando e potenziando le esperienze sociali ad essa ispirate, affinchè diventino testimonianze capaci di aiutare dall'interno la società italiana a liberarsi dai molti condizionamenti e fraintendimenti che ne ostacolano o frenano il cammino verso un futuro più autenticamente umano. II - L'Evangelizzazione e la Dottrina Sociale della Chiesa 23. - Il Santo Padre nell'enciclica Centesimus annus considera attentamente il corso degli avvenimenti della storia recente "per discernere le nuove esigenze dell'evangelizzazione" e chiaramente afferma che l'annuncio della dottrina sociale della Chiesa rientra tra le componenti essenziali della evangelizzazione. Sottolineando la validità dell'orientamento impresso alla Chiesa da Leone XIII, che con la pubblicazione della Rerum novarum ha conferito "quasi uno 'statuto di cittadinanza' nelle mutevoli realtà della vita pubblica", il Papa così definisce il rapporto tra la dottrina sociale della Chiesa e l'evangelizzazione del sociale: "Per la Chiesa insegnare e diffondere la dottrina sociale appartiene alla sua missione evangelizzatrice e fa parte essenziale del messaggio cristiano, perchè tale dottrina ne propone le dirette conseguenze nella vita della società e inquadra il lavoro quotidiano e le lotte per la giustizia nella testimonianza a Cristo Salvatore". La dottrina sociale della Chiesa ha dunque il valore di un contenuto e di uno strumento di evangelizzazione: con tale dottrina la Chiesa si propone di assistere l'uomo nel cammino della salvezza, aiutandolo a interpretare e a risolvere i problemi della convivenza umana. È questo rapporto essenziale tra la dottrina sociale della Chiesa e l'evangelizzazione del sociale a decidere della natura, dell'impostazione, dell'articolazione e degli sviluppi della pastorale sociale. 24. - La dottrina sociale della Chiesa La dottrina sociale è "una disciplina particolare e autonoma, teorica e pratica a un tempo, nell'ampio e complesso campo della teologia morale, in stretta relazione con la morale sociale". Elemento costitutivo della dottrina sociale della Chiesa è la riflessione morale sulle istanze che emergono dall'incontro del Vangelo e delle sue esigenze etiche con i problemi che sorgono e si sviluppano nella vita della società. Questa riflessione cresce nella Chiesa non solo attraverso la ricerca scientifica, ma anche attraverso l'esperienza della comunità cristiana, che si misura ogni giorno con le varie situazioni sociali e con i diversi problemi determinati dallo sviluppo dell'industrializzazione e dei sistemi socio-economici. La teologia e la filosofia danno i contenuti fondamentali a questa dottrina, mentre le scienze umane e sociali la completano. 25. - "Le fonti della dottrina sociale sono la sacra Scrittura, l'insegnamento dei Padri e dei grandi teologi della Chiesa e lo stesso magistero. Il suo fondamento e oggetto primario è la dignità della persona umana con i suoi diritti inalienabili, che formano il nucleo della 'verità sull'uomo'. Il soggetto è tutta la comunità cristiana, in armonia e sotto la guida dei legittimi pastori, di cui anche i laici, con la loro esperienza cristiana, sono attivi collaboratori. Il contenuto, compendiando la visione dell'uomo, dell'umanità e della società, rispecchia l'uomo completo, l'uomo sociale, come soggetto determinato e realtà fondamentale dell'antropologia cristiana". La metodologia seguita dalla dottrina sociale si sviluppa nei tre classici momenti del "vedere, giudicare e agire". 26. - La dottrina sociale ha un carattere eminentemente teologico, perchè la Chiesa riceve la "verità intera" sull'uomo dalla rivelazione divina. La sua indole teologica è espressa anche dalla sua finalità pastorale di servizio al mondo, "tesa a stimolare la promozione integrale dell'uomo mediante la prassi della liberazione cristiana, nella sua prospettiva terrena e trascendente". La dottrina sociale non è, infatti, un puro sapere, ma un sapere teorico-pratico, di portata e proiezione pastorale. Nel momento dell'azione, la dottrina sociale richiede che si attuino le scelte adeguate alla scala dei valori che il Vangelo enuncia e che stanno alla base del vedere e del giudicare la realtà. Per questo richiede una vera conversione, una "trasformazione interiore che è disponibilità, apertura e trasparenza alla luce purificatrice di Dio". Il cristiano è tenuto a seguire la dottrina sociale della Chiesa e a porla "alla base della sua sapienza, della sua esperienza per tradurla concretamente in categorie di azione, di partecipazione e di impegno". 27. - Insegnare e diffondere la dottrina sociale della Chiesa È necessario che la dottrina sociale venga insegnata e diffusa anche dalla Chiesa in Italia, ed entri quindi in maniera più organica a far parte della pastorale ordinaria della comunità cristiana. Il Papa, invitando a studiare, approfondire, divulgare e applicare nei molteplici ambiti la dottrina sociale, richiama la necessità di una collaborazione da parte delle Chiese particolari. A livello di Chiesa particolare, la conoscenza e la diffusione della dottrina sociale dipendono, in larga misura, dall'effettivo potenziamento delle strutture e delle risorse impiegate per la pastorale sociale. D'altra parte, un'insufficiente comprensione dell'importanza e del significato di questa azione pastorale conduce inevitabilmente ad un'inadeguata valorizzazione della dottrina sociale. 28 - Dottrina sociale e catechesi Tra la dottrina sociale della Chiesa e la catechesi ci sono rapporti che esigono di essere conosciuti e rettamente attuati. È compito della catechesi mettere in luce le conseguenze sociali del Vangelo, e in tale compito essa trova un necessario riferimento alla dottrina sociale della Chiesa. Nel suo sforzo di educazione alla fede, la catechesi non deve omettere ma chiarire "l'azione dell'uomo per la sua liberazione integrale, la ricerca di una società più solidale e fraterna, le lotte per la giustizia e per la costruzione della pace". In questa linea si era già espresso il documento della C.E.I. Il rinnovamento della catechesi: "Nel fare catechesi, la Chiesa propone ai credenti non soltanto i grandi compiti della fede … ma, con viva sensibilità pastorale, svolge anche i temi, che le condizioni storiche e ambientali rendono particolarmente attuali e urgenti … senza temere di presentare il messaggio della fede, ove è necessario, nel suo significato di fecondo scandalo e di rottura. Si tratta di un vasto impegno di coerenza con il Vangelo, dalla cui attuazione dipende la sorte stessa del cristianesimo, particolarmente presso le generazioni dei giovani". 29. - L'auspicio del Papa per il rinnovamento dello studio, della diffusione e applicazione della dottrina sociale deve trovare una sollecita e generosa risposta da parte di quanti sono impegnati nel servizio catechistico, così che la dottrina sociale, rimasta spesso sconosciuta o conosciuta solo superficialmente, possa diventare nutrimento di ogni catechesi, in specie dei giovani e degli adulti. L'approfondita riflessione sulla natura e sulla finalità della dottrina sociale della Chiesa, che il Papa offre nelle encicliche Sollicitudo rei socialis e Centesimus anntns, dimostra come tale dottrina sia non solo un contenuto possibile o utile ma un contenuto essenziale della catechesi. La dottrina sociale è già di per se stessa una parte della catechesi, rivolta a tutti gli uomini di buona volontà e non solo ai credenti. Infatti, è annuncio di Dio e del suo mistero di salvezza offerto a ogni uomo, attraverso l'interpretazione delle complesse realtà dell'esistenza umana, nella società e nel contesto internazionale, alla luce della fede e della viva tradizione della Chiesa e attraverso l'esame della loro conformità o difformità con l'insegnamento del Vangelo sull'uomo e sulla sua vocazione terrena e trascendente. 30. - La dottrina sociale della Chiesa rimanda alla catechesi ordinaria per l'approfondimento dei grandi contenuti della fede e nello stesso tempo la completa. L'educazione alla fede, infatti, non può non comprendere l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa, in quanto è parte essenziale del messaggio cristiano. È dovere, pertanto, di ogni Chiesa particolare "studiare e sostenere un piano formativo di base incentrato sulla dottrina sociale, da attuare in ogni parrocchia nel corso della catechesi ordinaria con il supporto di semplici sussidi". In tal senso le Chiese particolari nella formazione dei catechisti devono predisporre gli opportuni strumenti per far loro conoscere la dottrina sociale, in modo aggiornato e con sussidi adeguati alla realtà locale. Tale dottrina dev'essere proposta nei diversi ambiti e attività di catechesi: predicazione, itinerari catecumenali, cicli di preparazione ai sacramenti, corsi di formazione religiosa, programmi radio e televisivi, conferenze. Particolare impegno richiede l'adattamento della dottrina sociale alla capacità di comprensione dei destinatari, in rapporto all'età e alla diversa condizione culturale. Da ultimo, ma solo per sottolinearlo con più forza, è da ricordarsi l'impegno della partecipazione attiva. La dottrina sociale, infatti, può essere più facilmente comunicata e diffusa attraverso la catechesi, se tutta la comunità ecclesiale, i catechisti, i movimenti, le associazioni che ne fanno parte, la vivono con convinzione, coerenza e coraggio. 31. - Dottrina sociale e formazione La nuova evangelizzazione del sociale esige che l'azione pastorale della Chiesa sviluppi un'intensa e costante opera formativa incentrata sulla dottrina sociale. Quest'opera, che grava innanzitutto sulla responsabilità del Vescovo, domanda una collaborazione non episodica, ma stabile e concertata dei vari centri pastorali diocesani. a) Circa la formazione dei presbiteri e dei candidati al sacerdozio, le Chiese particolari seguano queste precise e importanti indicazioni. - Per la formazione integrale e unitaria di tutte le dimensioni della personalità sacerdotale: umana, spirituale, teologica e pastorale, è necessario prevedere un'istruzione e un'educazione profondamente pastorali che tengano conto della dottrina sociale della Chiesa. I futuri presbiteri devono essere educati al dialogo con tutte le persone, sensibilizzati ai problemi e ai compiti sociali, stimolati ad avere interesse e amore per la dottrina e per la pastorale sociale della Chiesa. - Nei vari centri di formazione ecclesiastica i corsi di dottrina sociale devono essere obbligatori e a sè stanti, dal momento che la dottrina sociale non può essere seriamente insegnata solo con lezioni facoltative incluse nei corsi di teologia e di filosofia. - Un'adeguata comprensione degli elementi di filosofia sociale e di teologia presenti nei documenti della dottrina sociale della Chiesa esige che i suoi corsi si sviluppino durante l'intero arco della formazione degli studenti. - Le encicliche sociali devono costituire una lettura obbligatoria per gli studenti e devono possibilmente divenire argomento di corsi speciali. - Affinchè siano pienamente consapevoli del loro specifico ruolo nell'azione sociale, è necessario avviare i futuri presbiteri ad alcune esperienze di carattere pastorale e sociale, capaci di metterli a contatto con il mondo del lavoro, dell'economia e della politica. b) Ai docenti dei centri di formazione ecclesiastica è richiesta una appropriata preparazione, affinchè, grazie alla loro competenza e al loro metodo di insegnamento, la dottrina sociale susciti interesse e accoglienza da parte degli studenti. - I docenti devono possedere un'adeguata formazione teologica, essere competenti nella morale sociale, conoscere almeno gli elementi fondamentali delle scienze sociali moderne e operare in stretta collaborazione con i docenti di dogmatica, di morale e di pastorale, così da garantire coerenza, unità e solidità nell'insegnamento. - Per una completa preparazione pastorale i docenti di dottrina sociale devono aiutare i candidati al sacerdozio ad usare, secondo le indicazioni della Chiesa, i mezzi offerti dalle scienze umane. - I rapidi e continui cambiamenti della realtà sociale, come pure le scienze che la interpretano, rendono particolarmente necessaria la formazione permanente per gli stessi docenti. - La dottrina sociale non può essere insegnata come una teoria astratta, ma come una disciplina orientata all'azione concreta. Ciò esige che i docenti abbiano una qualche esperienza pastorale diretta. I Vescovi e i superiori dei centri di formazione ecclesiastica sentano la responsabilità di mandare qualche studente, capace e interessato, alle Facoltà di scienze sociali e ad altri Istituti superiori affini, approvati dall'autorità ecclesiastica, per poter così disporre di docenti dotati di formazione scientifica. 32. - La formazione dei laici si pone necessariamente nella prospettiva del loro stesso impegno in campo sociale, nel lavoro, nell'economia e nella politica. Tale formazione, in particolare per laici in vario modo impegnati in campo sociale e politico, dev'essere incentrata sulla dottrina sociale della Chiesa, come sua anima e struttura portante. L'ampiezza degli orizzonti della formazione sociale dei laici deriva anche dall'etica cristiana, che richiede una sintesi tra gli aspetti personali e interiori e quelli comunitari e pubblici. Mettendo in luce l'autentica e decisiva dimensione sociale dell'uomo, la dottrina sociale della Chiesa rifiuta la tendenza alla privatizzazione dell'etica e alla negazione della rilevanza pubblica del messaggio morale cristiano; nello stesso tempo consente di far fronte al rischio opposto di sottovalutare o di mettere tra parentesi il valore essenziale e la funzione irrinunciabile della libertà e responsabilità della singola persona nell'impegno sociale. 33. - Strumenti importanti per una conoscenza più profonda e una diffusione più ampia della dottrina sociale ed espressioni pastorali privilegiate dell'impegno formativo della Chiesa sono le Scuole diocesane di formazione all'impegno sociale e politico, le diverse iniziative per le persone impegnate in questi campi e le Settimane sociali. Le Settimane sociali costituiscono per i cattolici un laboratorio culturale a livello nazionale, mentre le Scuole e le varie iniziative per i laici impegnati in campo sociale e politico sono finalizzate a una formazione continuativa a livello locale. Lo studio e l'approfondimento della dottrina sociale della Chiesa devono entrare anche nei percorsi formativi delle varie aggregazioni dei laici cristiani. 34. - Le Scuole diocesane di formazione all'impegno sociale e politico sono uno strumento pastorale qualificato per tutte le Chiese particolari. Queste sentano la responsabilità di istituirle e di assicurare loro la fisionomia ecclesiale propria, al di fuori di collegamenti politici e partitici. Dalla visione cristiana dell'impegno sociale e politico e della sua formazione derivano alcuni precisi orientamenti sugli aspetti eticopedagogici, ai quali le Scuole dovranno attenersi. a) La formazione all'impegno sociale e politico si colloca nel contesto generale della formazione cristiana, come sua parte costitutiva e imprescindibile, si esprime secondo diverse modalità ( dalla catechesi all'omelia, dall'insegnamento allo studio, dalla lettura alla scuola ) e secondo diversi livelli ( da quelli elementari a quelli specialistici ). Le Scuole devono inserirsi, dunque, nel più ampio e articolato spazio della formazione cristiana e umana nei suoi aspetti sociali e politici. b) Le fonti di conoscenza, di lettura e di interpretazione che sviluppano in senso cristiano la formazione all'impegno sociale e politico sono la ragione e la fede; in termini più concreti e immediati è la dottrina sociale della Chiesa, dottrina che si applica alla concreta situazione storica mediante l'esercizio del discernimento. In ordine ad un'adeguata formazione all'impegno sociale e politico si pone, pertanto, una duplice e unitaria esigenza: quella di conoscere in modo sempre più preciso e approfondito la dottrina sociale della Chiesa e quella di operare il discernimento, cioè la valutazione dell'appello che Dio rivolge nella situazione concreta e la decisione che l'uomo assume per rispondere a Dio che lo chiama. c) La formazione di una coscienza sociale e politica matura è l'obiettivo centrale, che va perseguito mediante l'assimilazione di alcuni fondamentali criteri di giudizio e di decisione. - Il primo riguarda la distinzione e insieme la connessione tra l'ordine legale e l'ordine morale: è questo un criterio sempre più necessario nel contesto di una società pluralistica e di una legislazione civile che tende ad allontanarsi dai valori e principi morali immutabili e universali. - Il secondo criterio riguarda la fedeltà alla propria identità e, nello stesso tempo, la disponibilità al dialogo con tutti e su tutto. - Un ultimo fondamentale criterio riguarda la necessità che nel suo impegno sociale e politico il fedele laico cresca sempre più in una triplice e inscindibile fedeltà: ai valori "naturali", rispettando la legittima autonomia delle realtà temporali; ai valori "morali", promuovendo l'intrinseca dimensione etica di ogni problema sociale e politico; ai valori "soprannaturali", realizzando il suo compito nello spirito di Gesù Cristo, ossia con la sua grazia e la sua carità. d) La formazione all'impegno sociale e politico deve mirare a sviluppare il senso della vocazione: si dà, infatti, anche una vocazione specificamente cristiana all'impegno sociale e politico; anzi si danno varie vocazioni, dal momento che tale impegno riveste forme diverse. Ce lo ricorda il Concilio Vaticano II in un testo della Gaudium et spes: "Ma i doni dello Spirito sono vari. Alcuni li chiama a dare testimonianza manifesta della dimora celeste col desiderio di essa, contribuendo così a mantenerlo vivo nell'umanità; altri li chiama a consacrarsi al servizio degli uomini sulla terra, così da preparare attraverso tale loro ministero la materia per il Regno dei cieli". In tal senso il compimento della formazione all'impegno sociale e politico per il cristiano è lo sviluppo di una vera e propria "spiritualità". Elemento essenziale di tale spiritualità è l'impegno a vivere la profonda unità tra l'amore di Dio e l'amore del prossimo, tra la preghiera e l'azione, tra la vita "spirituale" e la vita "secolare". III - Evangelizzare il lavoro, l'economia e la politica 35. - La pastorale sociale esprime il servizio e testimonia la sollecitudine della Chiesa per il mondo del lavoro, dell'economia e della politica. La scelta di questi tre ambiti, come campo specifico dell'azione pastorale nel sociale, è maturata nella Chiesa che è in Italia lungo il suo cammino post-conciliare, in un periodo caratterizzato da grande effervescenza di novità sociali e politiche e reso complesso dai profondi cambiamenti storici e culturali avvenuti. La crescente complessità sociale appare chiaramente alla base della scelta che la Chiesa ha compiuto lungo la storia della pastorale del lavoro, dalla fine degli anni '60 ad oggi. a) La pastorale del lavoro alla fine degli anni '60. Tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70, la Chiesa che è in Italia dava vita a propri organismi specificamente destinati alla 'pastorale del lavoro', la cui attenzione era prevalentemente rivolta al mondo industriale e agli operai. L'esaltazione e la polarizzazione ideologica di cui era allora oggetto la dimensione politica della convivenza, avevano prodotto la crisi degli organismi ai quali la Chiesa aveva affidato in larga parte l'opera pastorale nel mondo del lavoro. Il fatto che la Chiesa in Italia si sia assunta in proprio il compito di organizzare, anche a livello strutturale, l'azione evangelizzatrice del mondo del lavoro è stato certamente positivo: in tal modo si apriva la strada a una rinnovata e progressiva presa di coscienza di tutta la Chiesa circa la sua missione in campo sociale. b) Dalla pastorale operaia alla pastorale attenta al mondo del lavoro nel suo complesso. A questa scelta la pastorale del lavoro arriva nella seconda metà degli anni '80, nel contesto che definiamo 'post-industriale' perchè caratterizzato da uno sviluppo pervasivo dell'informazione, da nuove energie dell'apparato produttivo e dalla 'terziarizzazione', cioè da un numero di addetti alle attività terziarie superiore alla somma degli addetti all'agricoltura e all'industria. c) Una pastorale per il mondo del lavoro, dell'economia e della politica: la pastorale sociale. Appare sempre più evidente nella nostra società attuale che non è possibile isolare come a sè stanti le problematiche particolari di una categoria sociale, per quanto ampia essa sia. Il mondo del lavoro è condizionato dall'influenza sempre più vasta dell'economia e questa, a sua volta, è legata alle problematiche della politica, non solo a raggio nazionale ma anche mondiale. Per questo, guardando l'oggi ma anche il domani che è alle porte, la pastorale del lavoro deve considerare i problemi del lavoro nel contesto più ampio delineato dall'economia e dalla politica. Lavoro, economia e politica devono essere considerati insieme come elementi di un'unica problematica sociale e pastorale. La denominazione 'pastorale del lavoro' non designa più in modo adeguato il suo campo di azione e pertanto viene modificata in quella di 'pastorale sociale'. 36. - La prospettiva antropologica La dottrina della Chiesa ha come orizzonte l'uomo nella sua concreta e storica realtà di peccatore e di giusto: l'uomo è "la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa e per cui Dio ha il suo progetto, cioè la partecipazione all'eterna salvezza". È l'uomo la via tracciata alla Chiesa da Cristo con il mistero della sua Incarnazione e Redenzione. Per questo la Chiesa deve prendersi cura e avere responsabilità per l'uomo reale, concreto e storico, inserito nella complessa rete delle relazioni che sono proprie delle società moderne. Solo la fede può rivelare pienamente all'uomo la sua identità vera, e proprio dalla fede "prende avvio la dottrina sociale della Chiesa, la quale, valendosi di tutti gli apporti delle scienze e della filosofia, si propone di assistere l'uomo nel cammino della salvezza". La centralità dell'uomo dentro la società diventa, oggi specialmente, l'indicazione fondamentale e programmatica della dottrina sociale in vista del terzo Millennio cristiano: da questa scaturiscono un metodo e un impegno variamente configurato, in relazione ai molteplici ambiti nei quali tale dottrina viene studiata, diffusa e applicata. 37 - La centralità dell'uomo dentro la società, di quest'uomo reale, concreto e storico che Cristo ha affidato alla cura e alla responsabilità della Chiesa, diventa la prima via da seguire se si vogliono affrontare i problemi del lavoro, dell'economia e della politica nella prospettiva della salvaguardia del carattere trascendente della persona umana. Una simile prospettiva esige che non si assolutizzi nessuna delle espressioni della vita dell'uomo e impegna "a 'guardare intorno', alle 'cose nuove', che ci circondano e in cui ci troviamo, per così dire immersi …; a 'guardare al futuro', quando già s'intravede il terzo Millennio dell'era cristiana, carico di incognite ma anche di promesse. Incognite e promesse che fanno appello alla nostra immaginazione e creatività, stimolando anche la nostra responsabilità, quali discepoli dell' 'unico Maestro', Cristo ( cf Mt 23,8 ), nell'indicare la via, nel proclamare la verità e nel comunicare la vita che è Lui ( cf Gv 14,6 )". 38. - Ciò che è fatto dall'uomo deve essere a vantaggio di ogni uomo, della sua crescita integrale e della crescita globale dell'umanità. L'uomo non può essere relativizzato e strumentalizzato a nessun interesse; sono piuttosto i modelli di sviluppo e le forme economiche, politiche, di organizzazione e distribuzione del lavoro fin qui sperimentate che necessitano di correzioni in funzione del bene comune di tutti gli uomini e dello sviluppo integrale di ciascun uomo. L'affermazione che "l'uomo è la via della Chiesa", ripetutamente presente nell'enciclica Centesirnus annus, deve essere compresa in tutta la straordinaria ricchezza del suo contenuto ed enucleata in tutta la fecondità delle sue esigenze quando si vuole elaborare qualsiasi progetto che riguarda l'uomo e la società. 39. - La concezione cristiana della persona comporta necessariamente una visione giusta della società. Infatti, analizzando le ingiustizie, i conflitti e le aberrazioni cui può giungere l'uomo quando si volge contro Dio, si scopre che la loro radice comune sta in un errore antropologico. A questo errore vanno imputati: il rifiuto di rispettare la dignità di ogni persona umana, come avviene con la lotta di classe; il dominio delle cose sugli uomini, quale limite del capitalismo; la negazione della trascendente dignità della persona umana, radice del totalitarismo moderno; l'insensata distruzione dell'ambiente naturale; la distorsione e la corruzione del diritto. L'antropologia cristiana, che la dottrina sociale della Chiesa riceve dalla divina rivelazione, è il referente critico costante secondo cui assumere e valutare le argomentazioni e le indicazioni offerte dalle diverse visioni del lavoro, dell'economia e della politica presenti nella nostra cultura pluralistica. Anche nella fase propositiva, ossia nella individuazione dei bisogni e delle nuove modalità per rispondervi, "è necessario lasciarsi guidare da un'immagine integrale dell'uomo che rispetti tutte le dimensioni del suo essere e subordini quelle materiali e istintive a quelle interiori e spirituali". 40. - Problemi attuali del lavoro, dell'economia e della politica Per rendere efficace l'evangelizzazione del sociale è necessario, in primo luogo, individuare nel lavoro, nell'economia e nella politica attuali gli aspetti più lontani dalla prospettiva antropologica del Vangelo o ad essa contrari: proprio su questi aspetti è urgente intervenire con una coerente e comunitaria testimonianza cristiana e non semplicemente con la proposta di una dottrina sociale. L'analisi che proponiamo non intende essere dettagliata; si limita ad evidenziare alcuni fenomeni di dimensioni macroscopiche, che hanno il carattere della generalità e della persistenza e ai quali possono essere ricondotte le molte realtà e problematiche particolari. Porre in stretta relazione la conoscenza delle realtà sociali, l'impegno nel sociale e l'adesione viva al Vangelo che salva, è quanto la dottrina sociale della Chiesa richiede come condizione ed esigenza per l'evangelizzazione del sociale. In tal senso per i credenti l'impegno nel sociale non è secondario, marginale, aggiunto, periferico: è, invece, essenziale e irrinunciabile per la missione di annuncio e di testimonianza del Vangelo affidata ai cristiani. A) Il lavoro 41. - Il primo problema da affrontare è quello di aiutare il mondo del lavoro a uscire dalla logica economicistica, all'interno della quale esso naviga, per così dire, tra due scogli: quello rappresentato dalla riduzione di tutto l'uomo alla sola dimensione di lavoratore e quello che tende a ridurre il lavoro a un settore circoscritto e separato dell'esistenza umana. Per evitare di naufragare sull'uno o sull'altro scoglio dobbiamo riferirci ai criteri-guida chiaramente formulati dall'enciclica Laborem exercens: il primato dell'uomo sul lavoro, il primato del lavoro sul capitale e il primato della destinazione universale dei beni sulla proprietà privata. Gli argomenti contro una concezione economicistica del lavoro umano vanno facendosi sempre più forti: gli studi attuali favoriscono nettamente l'idea che il lavoro incorpora non solo le ragioni economiche, ma anche quelle familiari, religiose, culturali, educative. Il lavoro, in realtà, è strettamente connesso alle relazioni sociali intersoggettive. Escludendo il riduzionismo economicistico, viene meno ogni determinismo tra gli attori della produzione: il lavoro appartiene al mondo della libertà, in cui si sviluppano il dibattito e la responsabilità, l'assunzione del rischio e il servizio all'altro. 42. - Occorre essere consapevoli delle enormi conseguenze di ciò che sta avvenendo negli attuali processi produttivi con l'introduzione delle nuove tecnologie: la produzione tende sempre più ad incorporare sapere, informazione e servizio; in un certo senso essa si "dematerializza". La fecondità della produzione è racchiusa più negli aspetti invisibili che in quelli visibili. Questo processo di "dematerializzazione" della produzione è pienamente percepito dalla Centesimus annus e interpretato come una valorizzazione del capitale umano di conoscenze, di esperienze, di solidarietà e di comunione. "La principale risorsa dell'uomo insieme con la terra è l'uomo stesso": il capitale non è più concentrato esclusivamente nei beni materiali, ma consiste anche in un patrimonio intellettuale e morale; comprende un'ampia varietà di realtà eterogenee, tra le quali la proprietà della terra acquista ormai un aspetto in un certo senso trascurabile o almeno secondario. È un patrimonio che si accresce ogni giorno per lo sviluppo di nuove tecniche, di nuovi processi tecnologici, per l'inserimento nel mercato di nuovi beni. Queste risorse immettono nella logica economica tradizionale delle novità, i cui sviluppi sono imprevedibili, perchè esse non si esauriscono con l'uso ma si moltiplicano, e sono connesse alla conoscenza, all'informazione, alla formazione, alla creatività e alla relazionalità intersoggettiva. Ogni nuovo processo tuttavia porta con sè anche nuove marginalità. Assistiamo a un dualismo tra lavoratori qualificati e dequalificati. Tra questi esiste incomunicabilità: ciò che li discrimina è l'istruzione. Lo stesso concetto di 'operaio' perde significato e si concentra nelle forme di lavoro più marginali. Qui si trovano alcune categorie dei 'nuovi poveri' della società del benessere. 43. - La qualità dell'esperienza personale e del vivere sociale ha come suo parametro fondamentale il lavoro. La distribuzione delle opportunità di accesso al lavoro, la qualità e la quantità delle occasioni di impiego, l'organizzazione del tempo sono criteri che consentono di misurare il grado di civiltà di una società. Il lavoro è stato, e con tutta probabilità tornerà ad essere, il grande motore del processo di riconoscimento dei diritti che qualificano la cittadinanza. Ma per troppe persone, in Italia, il lavoro continua ad essere un diritto negato. La disoccupazione, in termini quantitativi, si colloca geograficamente al Sud, dove il lavoro manca; ma anche il Centro e il Nord stanno entrando in una nuova fase di difficoltà e di crisi per molti settori produttivi: ciò rende certamente più difficile, se non impossibile, la ricerca della qualità del lavoro, che finora aveva caratterizzato positivamente la limitata disoccupazione di queste aree del nostro Paese. L'età e il sesso diventano elementi sempre più discriminanti per l'accesso al lavoro. Le donne, in particolare, sono sempre più penalizzate da orari di lavoro incompatibili con le esigenze della famiglia, della comunione coniugale e dell'educazione dei figli; e non sono tutelate in modo efficace nel loro diritto alla maternità, sempre più frequentemente posto in alternativa al diritto al lavoro. La carenza e il costo dei servizi sociali aggravano ulteriormente la condizione femminile e compromettono i delicati equilibri che consentono alle famiglie una vita serena. Il panorama del mondo del lavoro stigmatizza le questioni di fondo, politiche e morali, del nostro Paese ed è una delle conferme più evidenti di come e di quanto il lavoro determini la qualità del vivere civile. 44. - Molti ritengono ormai finita la centralità del lavoro. Ciò porta alla ricerca di altre centralità o surrogati, oppure alla frantumazione degli interessi e degli obiettivi. Ma una simile analisi appare alquanto semplicistica e riduttiva perchè il lavoro continuerà ad essere importante per due fondamentali ragioni: - il lavoro è e sarà sempre espressione della persona, anche se il vasto e articolato tema della "umanizzazione del lavoro" è ben lontano, purtroppo, dall'essere posto al centro dell'attenzione; - all'interno di tutte le organizzazioni pubbliche e private, delle imprese multinazionali, delle tecnostrutture, ecc., le persone sono comunque presenti e sono o devono essere coinvolte su ciò che si produce, sul come si produce e per che cosa si produce. È questo il grande tema della partecipazione in azienda, che è innanzitutto partecipazione dei lavoratori e del sindacato. C'è stato storicamente un grande movimento operaio, che ha avuto come suo riferimento una certa idea e realtà del lavoro. Ora il problema attuale è la possibilità di rilanciare un grande movimento associato dei lavoratori. sulla base dell'idea e dell'esperienza del lavoro come espressione della persona e come partecipazione. Il sindacato non può accontentarsi di realizzare la propria normale attività senza esplicitare i valori per cui si muove e l'etica a cui si ispira. Nè può trascurare un rapporto stretto con i lavoratori, anche e soprattutto quando è chiamato ad assumere crescenti compiti a livello generale. Il sindacato, pertanto, non può diventare una grande organizzazione burocratica, ma deve essere espressione dei lavoratori, difenderne i diritti e tutelarne la soggettività, "svolgendo al tempo stesso una funzione essenziale di carattere culturale, per farli partecipare in modo più pieno e degno alla vita della nazione e aiutarli lungo il cammino dello sviluppo". 45. - Il problema oggi aperto è quello dei fini dell'operare umano. Si è insistito, forse troppo unilateralmente, nel sottolineare gli aspetti positivi dei mutamenti strutturali del lavoro nella società contemporanea. Non dobbiamo tuttavia trascurarne i risvolti negativi o, comunque, oscuri e inquietanti. Siamo di fronte ad un'apertura di orizzonti, ma ciò significa solo che nuove potenzialità sono offerte. Il modo concreto secondo cui saranno attivate resta però sempre affidato alla libertà dell'uomo e alla sua responsabilità. Ci si deve chiedere a cosa ordinare il futuro, in vista di quali assetti sociali muoversi, quali valori conquistare. L'uomo occidentale si presenta ricco di strumenti ma povero di fini. Emerge all'interno del sistema economico e nei rapporti di questo con l'intero vivere civile una domanda di senso, che può avere risposta solo da una visione globale dei valori, dei problemi e delle situazioni. Il disorientamento sui fini è tanto più grave quanto più urgente oggi è la costruzione di nuovi assetti: non basta più muoversi entro gli stessi orizzonti di ieri, perchè sono ormai profondamente mutati e immensamente allargati. B) L'economia 46. - Le grandi sfide alle quali lo sviluppo economico e sociale deve far fronte richiedono un salto di qualità nella produzione e nella distribuzione della ricchezza. La scienza e la tecnologia allargano il ventaglio delle scelte possibili; si dilata, di conseguenza, l'area di responsabilità dei diversi soggetti. Nel campo economico è l'uomo l'artefice dei meccanismi di funzionamento dell'economia, sia pure in forme mediate attraverso l'intreccio dei rapporti sociali e delle forme istituzionali. L'interrogativo su ciò che è bene e su ciò che è male si pone ormai in termini acuti e ineludibili. Si fa strada il convincimento che le norme etiche possono creare le condizioni per una società più giusta. Ma affinchè la riflessione non resti estranea al luogo storicoculturale, le norme etiche devono incarnarsi nella prassi, nei comportamenti, tanto a livello teorico - responsabilità dell'economista e dell'intellettuale in genere -, quanto a livello dell'azione socioeconomica - responsabilità dell'operatore: imprenditore, manager, politico, sindacalista. 47. - Non esistono barriere alla costruzione di un'economia che intende porsi a servizio dell'uomo, purchè si decida finalmente di uscire dai condizionamenti dell' 'homo oeconomicus', dai suoi presupposti di individualismo, di consumismo e di edonismo. L'agire economico attuale sta dimostrando una crescente incompatibilità con l'etica utilitaristica e reclama l'ancoraggio a un codice morale più ricco ed esigente per essere, sotto lo stesso profilo economico, efficiente ed efficace. L'economia può e deve diventare una disciplina aperta, capace di trascendere in nome dell'etica i propri limiti e di ampliare così il suo orizzonte conoscitivo e operativo. Tutto ciò interpella un numero crescente di studiosi delle discipline economiche, in modo speciale i cattolici, invitati a ravvivare e a sviluppare la loro ricerca in modo da garantire un circuito tra le esigenze morali e i progressi intellettuali e da ridare alla teoria economica la sua valenza umana e comunitaria. Per gli imprenditori e i manager in generale, e sicuramente per quelli che sono cristiani, l'economia deve essere anzitutto un servizio reso alla comunità. Analogamente, le organizzazioni sindacali devono allargare gli ambiti della cooperazione e della solidarietà sociale e sviluppare pratiche di partecipazione e di attiva responsabilizzazione in ordine alla quantità e qualità del lavoro. 48. - L'enfasi che all’interno del mondo capitalista oggi viene posta sulla centralità del mercato - enfasi rafforzata dal fallimento del sistema antagonista - non sempre si traduce nella ricerca di quelle condizioni che possono fare del mercato un garante e un promotore di libertà, responsabilità e pluralismo, all'interno di un adeguato quadro politico-culturale. L'enfasi rappresenta sempre più spesso un alibi e una copertura, quando si delega al mercato ciò che non si è in grado di fare o non si vuole fare secondo ragione. Attraverso il mercato passano logiche di prevaricazione e di dominio da parte di soggetti che, grazie alla loro forza sovranazionale e alla loro presenza nei massmedia, possono condizionare e configurare il mercato stesso secondo i loro interessi. La questione è indubbiamente complessa e non basta chiedere 'più stato' o 'più controllo pubblico' perchè sia automaticamente risolta. La necessità di una 'regolazione politica' del mercato è fuori discussione: senza di essa, infatti, non è possibile una democrazia economica. La 'regolazione politica', così come attualmente si configura specie nel nostro Paese, appare poco influente, culturalmente ed eticamente subalterna nell'attivazione di scambi di basso profilo, ispirati alla logica della clientela. Il mercato chiama in causa la politica per ottenere aiuti, sostegni, immunità; la politica chiama in causa il mercato per mascherare la propria inefficienza e inefficacia. C) La politica 49. - La crisi della politica si evidenzia oggi nella perdita del ruolo di centralità che tradizionalmente le veniva attribuito. Fagocitata dai grandi processi economici e di innovazione tecnologica, condizionata e modellata dall'invadenza dei mass-media, priva, con la contestuale crisi delle ideologie, di adeguate giustificazioni di ordine teorico e ideale, la politica si trova a non poter più esercitare quella funzione di mediazione e di sintesi, di indirizzo della vita civile in ordine al bene comune che costituisce la sua stessa ragione d'essere. Il superamento della crisi della politica passa attraverso il ritrovamento di quelle ragioni etiche della convivenza sociale che sono la vera anima della democrazia. Sulle ragioni alte della politica e dell'esercizio del potere il Vangelo non è neutrale e indifferente, perchè propone i grandi valori antropologici e morali attorno ai quali si deve realizzare l'impegno unitario dei cristiani. Essi sono in particolare, come si legge nel documento Evangelizzazione e testimonianza della carità: "il primato e la centralità della persona, il carattere sacro e inviolabile della vita umana in ogni istante della sua esistenza, la figura e il contributo della donna nello sviluppo sociale, il ruolo e la stabilità della famiglia fondata sul matrimonio, la libertà e i diritti inviolabili degli uomini e dei popoli, la solidarietà e la giustizia a livello mondiale". 50. - Alla concezione tragica del potere, che si esprime nella volontà di potenza e di dominio, il Vangelo contrappone una concezione umile e di servizio, in cui i bisogni dei più indifesi hanno la precedenza. La politica non sempre è capace di quell'autentico discernimento che la porta a privilegiare i più poveri; ad avere attenzione alle nuove povertà che l'efficienza della società moderna continuamente produce, spesso a livelli immateriali e spirituali; a superare gli squilibri tra ricchezza e povertà, tra sviluppo e sottosviluppo mediante la scelta di un modello di sviluppo capace di creare un nuovo ordine internazionale. Le persone impegnate in politica devono possedere determinate virtù per dare consistenza morale al loro pensiero e alla loro azione: competenza, onestà, amore e impegno per la giustizia, sobrietà, servizio generoso e gratuito, capacità di amicizia, di relazione e di partecipazione alle vicende della gente, consapevolezza della provvisorità e dei limiti dell'opera compiuta. Tutto ciò qualifica come 'umano' lo stile di fare politica. È uno stile che troppo spesso manca. Esso attiene a una impostazione generale della vita personale, alla globalità di un sistema, alla sua rispondenza a servire il bene comune e la persona umana. Oggi la questione politica è diventata questione morale. Per questo nei suoi confronti è impossibile la neutralità. 51. - Manca anche, oppure è inadeguata, una riflessione morale sui mezzi, che offra ai fini che si vogliono perseguire regole, procedure e disegni istituzionali coerenti con i valori posti a fondamento della convivenza civile e capaci di dare concretezza di vita ai principi che si intendono servire. La politica ha la funzione di dettare le regole e di elaborare il quadro giuridico nel quale le varie soggettività della società siano rispettate e valorizzate, secondo il principio della sussidiarietà. Le regole e il quadro giuridico devono indirizzare al bene comune i poteri e gli interessi presenti nella società, dal momento che il bene comune "non è la semplice somma degli interessi particolari, ma implica la loro valutazione e composizione fatta in base ad un'equilibrata gerarchia di valori e, in ultima analisi, ad un'esatta comprensione della dignità e dei diritti della persona". Il bene comune è la finalità stessa della politica. Ad esso la politica non deve affatto sottrarsi: in una società complessa come la nostra, ricca di fermenti e di valori, ma anche di poteri e di interessi troppo facilmente abituati a farsi ragione da soli, c'è bisogno di più politica, non di meno politica: c'è bisogno di una politica giusta. 52. - La solidarietà orizzonte di futuro Per la cultura e la vita sociale e politica del nostro Paese, così come per l'Europa e il mondo intero, la solidarietà è l'unico orizzonte di rinnovamento e di crescita, di apertura al futuro. La soluzione dei maggiori nodi problematici che caratterizzano la situazione italiana contemporanea non può essere trovata al di fuori di una logica di solidale ricerca del bene comune. La capacità di interpretare entro i bisogni di tutti e di ciascuno un progetto globale deve ridefinire l'azione politica e conferire efficienza reale al sistema economico e produttivo. L'azione politica deve ispirarsi alla solidarietà e al principio di sussidiarietà per esprimersi come sintesi delle istanze emergenti dalla società e come loro corretta mediazione a livello istituzionale. Solo così la politica può acquistare e maturare forti motivazioni etiche indispensabili a promuovere il bene comune. In una prospettiva di solidarietà e nel rispetto del principio di sussidiarietà è possibile una corretta concezione del rapporto fra la tutela dei fondamentali diritti di ogni cittadino, che è funzione insostituibile dello Stato, e la legittima rivendicazione dei diritti della professionalità e della responsabilità sociale. L'alternativa alla solidarietà e alla sussidiarietà è una privatizzazione senza regole, che radicalizza le differenze e penalizza le fasce meno garantite della popolazione. Le distanze tra Nord e Sud dell'Italia e la drammaticità delle nuove situazioni di povertà, materiale, culturale e morale, sono state enormemente accentuate dallo smarrimento del senso autentico e della finalità propria della politica. L'assunzione della solidarietà, come criterio primario delle decisioni e orizzonte entro cui collocare lo sviluppo globale della comunità nazionale, è la condizione che si impone oggi per orientare il cambiamento sociale alla convivenza pacifica, alla giusta accoglienza dello straniero, del povero, dell'emarginato. Tutte le comunità cristiane e ogni singolo credente, per il mandato che da Cristo hanno ricevuto, sono debitori a questa società di una testimonianza evangelica appassionata e luminosa, di un impegno orientato al bene di tutti e di ciascuno, che sia pietra di paragone, fonte di ispirazione e inesauribile risorsa di bene per lo sviluppo e il perfezionamento del sistema politico democratico. IV - Il metodo della Pastorale Sociale 53. - Annunciare il Vangelo e portare gli uomini alla fede non sono mai stati un'impresa pastorale facile, sia per il carattere impegnativo e radicale delle istanze evangeliche, sia per il profondo e rapido variare delle situazioni sociali e culturali. Le forme dell'evangelizzazione devono sapersi sempre misurare con la realtà e con il momento storico. I metodi pastorali, di conseguenza, non possono essere immutabili e il loro continuo rinnovamento è un'esigenza imprescindibile di un'evangelizzazione che è da rivolgersi all'uomo di ogni tempo. 54. - La necessità di un progetto pastorale L'impegno pastorale esprime anzitutto l'essere stesso della Chiesa particolare che vive e opera nella storia e nel territorio. "In un certo senso non può esserci pastorale che non sia 'sociale', che non interagisca con la società, la cultura, il territorio". Le Chiese particolari, infatti, "sono nel mondo e per il mondo segno visibile e tangibile dell'amore misericordioso del Padre per il conforto e la piena liberazione dell'uomo. A questa missione i singoli cristiani sono chiamati a partecipare, secondo il grado del loro ministero". La Chiesa particolare, attraverso progetti globali e unitari di un'azione che viene programmata negli obiettivi, nelle attività e nei mezzi, non solo rende più efficace e incisiva la sua opera, ma costruisce e porta a perfezione anche se stessa. Per un progetto di pastorale sociale è necessario tener conto di quanto segue: - i destinatari, chiamati peraltro a divenire soggetti attivi e responsabili, sono i giovani e gli adulti, gli uomini e le donne, in quanto lavoratori, sindacalisti, politici, operatori economici, imprenditori, ecc.; - la riflessione, la celebrazione, la testimonianza della fede devono essere favorite da esperienze che rispondano alle esigenze e sensibilità dei destinatari; - il progetto di pastorale sociale è reso efficace dalla collaborazione fra le diverse strutture della comunità ecclesiale impegnate negli ambiti del lavoro, dell'economia e della politica. La collaborazione è una risorsa preziosa che non dev'essere mortificata e sprecata da una facile improvvisazione. È invece da valorizzare mediante una diversificazione dell'azione pratica, sapientemente concertata dai vari livelli che concorrono alla sua realizzazione. 55. - La pastorale degli ambienti L'obiettivo della pastorale sociale non si restringe all'evangelizzazione delle persone, ma si apre sui loro ambienti di lavoro e di vita sociale. Gran parte della vita quotidiana, infatti, si svolge in questi ambienti risultandone profondamente orientata e plasmata. Sembra quindi molto difficile o problematico raggiungere in modo significativo ed efficace le persone senza un'adeguata pastorale degli ambienti: è una pastorale purtroppo carente nella Chiesa italiana, se non in qualche modo regredita. Questa carenza, dovuta a una sorta di 'restringimento' dell'azione pastorale all'interno della dimensione parrochiale o diocesana, chiede di essere opportunamente colmata. 56. - Il messaggio del Vangelo e le realtà sociali Annunciare il messaggio del Vangelo, porlo costantemente in rapporto con il lavoro, l'economia e la politica, conformare queste stesse realtà al messaggio evangelico: sono questi i criteri fondamentali dell'evangelizzazione del sociale, che devono ispirare e orientare la pastorale sociale. - Una nuova evangelizzazione del mondo del lavoro, dell'economia e della politica è vera evangelizzazione solo se è annuncio del messaggio centrale del Vangelo: Dio in Gesù Cristo è salvatore di ogni uomo. - Il messaggio cristiano della salvezza dev'essere posto costantemente in rapporto con il lavoro, l'economia e la politica come principio della loro interpretazione. L'analisi e il giudizio su queste realtà devono mostrare la rilevanza originale e decisiva che il Vangelo della salvezza ha nei loro confronti. - Il mondo del lavoro, dell'economia e della politica è evangelizzato soltanto se le decisioni e le scelte in esso operate vengono realmente conformate al messaggio evangelico. È il punto più esaltante e impegnativo: il lavoro, l'economia e la politica, in concreto, devono mostrare l'inesauribile fecondità anche sociale della salvezza cristiana, anche se una conformazione perfetta e definitiva di queste realtà al Vangelo non potrà attuarsi nella storia: nessun risultato, anche il più riuscito, può sfuggire ai limiti della libertà umana e alla tensione escatologica di ogni realtà creata. 57. - I limiti dell'evangelizzazione del sociale Il riferimento al sociale, pur basilare e di grande importanza, non è l'unico riferimento per l'evangelizzazione. Questa infatti ha un contenuto molto più ampio: d'altra parte il sociale costituisce una dimensione essenziale e ineludibile dell'annuncio del Vangelo. In particolare, la proposta di Gesù è rivolta anzitutto alla persona nella sua individuale libertà e responsabilità, invitata a dire il suo 'sì' a Dio che in Cristo la chiama. La verità di Dio va certamente proposta attraverso la sua rilevanza storica e sociale, ma non è accessibile soltanto per questa via. La visione cristiana e la realtà stessa dell'intelligenza dell'uomo, che può conoscere la verità al di là della sua rilevanza storica e sociale, non sono compatibili con una concezione puramente pragmatica della conoscenza e della verità, con interpretazioni riduttive e relativiste che adottano quale criterio di valutazione delle azioni umane il solo successo storico. Una riduzione di questo genere sarebbe profondamente non cristiana. 58. - L'evangelizzazione come atto ecclesiale Evangelizzare non è mai un atto esclusivamente individuale e quindi isolato, ma è un atto profondamente ecclesiale: è una grazia e una responsabilità che Cristo affida alla Chiesa come tale. In tal senso ogni evangelizzatore, come diceva Paolo VI, è chiamato ad agire "non per una missione arrogatasi, nè in forza di un'ispirazione personale, ma in unione con la missione della Chiesa e in nome di essa". Inoltre, "se uno evangelizza in nome della Chiesa, la quale a sua volta lo fa in virtù di un mandato del Signore, nessun evangelizzatore è padrone assoluto della propria azione evangelizzatrice con potere discrezionale di svolgerla secondo criteri e prospettive individualistiche, ma deve farlo in comunione con la Chiesa e con i suoi Pastori". 59. - Il discernimento pastorale L'esercizio del discernimento è essenziale per l'azione della Chiesa in ogni ambito, quindi anche in quello sociale. Il discernimento sollecita la riflessione comunitaria e personale di tutti i soggetti ecclesiali ed esige e stimola la seguente progressione di ricerca. - La lettura dell'esistente o della situazione sociale in atto: ciò suppone la capacità di avvalersi criticamente delle scienze umane e di utilizzarne gli strumenti per la ricerca e l'indagine, chiede attenzione alle diverse realtà locali e ai cambiamenti di significato che subiscono le categorie concettuali tradizionali. - Il confronto delle realtà sociali con la Parola di Dio e con la viva tradizione della Chiesa. La Parola di Dio ci conduce a vedere il nostro tempo come tempo e luogo del Regno e a viverlo nella speranza cristiana; ci aiuta, di conseguenza, a superare le tentazioni di costruire un progetto pastorale prescindendo dal contesto sociale, dalle sue difficoltà e povertà, ma anche dalle sue risorse e dai germi di speranza sempre seminati nella storia. La tradizione ecclesiale è la mediazione autorevole e necessaria della stessa Parola di Dio: attraverso il Magistero sociale, pontificio ed episcopale, la testimonianza dei santi, le esperienze del popolo di Dio e le riflessioni dei teologi, essa offre l'aiuto più immediato al discernimento spirituale, etico e pastorale della comunità. - Le scelte pastorali. La Chiesa le compie dopo aver individuato le urgenze presenti nella società e nella cultura e gli ambiti concreti dell'azione pastorale. Indichiamo ora alcune urgenze per l'impegno della Chiesa in Italia nella pastorale sociale. 60. - Le scelte urgenti per la pastorale sociale Una rinnovata proposta dell'etica. È forse l'esigenza più evidente che emerge con forza dalla situazione sociale, politica ed economica del Paese. Nonostante diverse apparenze contrarie, grande è l'attesa della società italiana nei riguardi della Chiesa. La proposta etica della Chiesa deve partire da alcuni punti classici della dottrina sociale: - la verità sullJuomo, che della vita sociale costituisce il principio fondamentale: "i singoli esseri umani sono e devono essere il fondamento, il fine e i soggetti di tutte le istituzioni in cui si esprime e si attua la vita sociale". I grandi valori che presiedono ad una convivenza ordinata e feconda: la verità, la giustizia, la solidarietà operante e la libertà. - Il rapporto necessario del lavoro, dell'economia e della finanza, della politica e delle istituzioni pubbliche con l'etica. Il discorso generale dell'etica esige di essere articolato secondo i diversi capitoli del vivere umano, passando dalle affermazioni generali dei principi alla formulazione di norme comportamentali. In questo campo è necessaria l'interazione tra i teologi moralisti e i laici competenti nei singoli settori per scienza ed esperienza. In tutti questi settori della vita sociale occorre giungere all'individuazione di una normativa etica che sappia armonizzare e concretizzare la finalità e l'intenzionalità buona con l'efficacia storica dell'operare per il bene. - La proposta del bene comune richiede un passaggio culturale. Il bene comune ha una precedenza sul bene particolare. La ricerca e l'attuazione del bene comune non sono aggiuntive e facoltative rispetto alla ricerca del bene particolare: quello è invece l'orizzonte e la condizione di questo. 61. - La formazione della coscienza dei cristiani e delle comunità alla responsabilità, alla moralità e alla legalità. L'affievolirsi del senso della legalità nelle coscienze e nei comportamenti denuncia una carenza educativa non solo nella formazione sociale dei cittadini, ma anche nella stessa formazione personale. È allora ancora più necessario proporre nell'opera educativa, in modo limpido e vigoroso, la dignità e la centralità della persona umana, l'importanza del suo agire in libertà e responsabilità, il valore di un'esistenza vissuta nella solidarietà e nella legalità. Non sarà sufficiente neppure formare le coscienze dei singoli: attorno ad alcuni valori e ad alcune norme etiche è necessario creare consenso a livello di mentalità. "I grandi valori morali e antropologici che scaturiscono dalla fede cristiana devono essere vissuti anzitutto nella propria coscienza e nel comportamento personale, ma anche espressi nella cultura e, attraverso la libera formazione del consenso, nelle strutture, leggi e istituzioni. Intorno ad essi non può quindi non realizzarsi la convergenza e l'unità d'impegno dei cristiani". 62. - La pastorale sociale non può realizzare efficacemente l'evangelizzazione e la promozione umana nel lavoro, nell'economia e nella politica, se viene a mancare una contestuale pastorale della famiglia, della cultura, dei mezzi di comunicazione sociale. Si dà, infatti, una profonda interdipendenza tra questi ambiti e la pastorale sociale. L'azione sociale, economica e politica di ispirazione cristiana ha assoluto bisogno di questa opera pastorale complessiva e organica per essere coerente con i suoi presupposti, ma nello stesso tempo per non essere votata in partenza alla sconfitta, alla irrilevanza storica. Se quest'opera è assente vengono a mancare le premesse culturali che rendono possibile un operare sindacale, politico, economico cristianamente ispirato e nello stesso tempo verificato e incisivo sul piano storico. 63. - La preparazione di soggetti sociali e politici all'altezza dei tempi. Le comunità cristiane e le aggregazioni ecclesiali sono state in passato luoghi e occasioni per preparare uomini che, con onore e competenza, hanno esercitato il potere politico, democraticamente assunto, nella ricerca del bene comune. La storia del movimento cattolico lo documenta. Le comunità cristiane non possono permettere ora che un simile patrimonio venga disperso. L'enciclica Centesimus annus ammonisce che "una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia". È su questo terreno che il mondo cattolico deve dare il suo contributo di esperienza e di riflessione: nella coniugazione tra democrazia e proposta di valori etici, col loro irrinunciabile riferimento alla verità cristiana. Questo è uno dei più significativi compiti delle Scuole di formazione all'impegno sociale e politico, che proprio per questo sono motivo di speranza nelle Chiese particolari e nel Paese. 64. - La scelta preferenziale dei poveri. Questa si configura come "un'opzione o una forma speciale di primato della carità cristiana, testimoniata da tutta la tradizione della Chiesa". È una scelta che anche la Chiesa in Italia è chiamata a vivere con crescente determinazione e coraggio. La carità della Chiesa e dei cristiani è misurata da questa scelta, espressione di vera e piena fede in Cristo. La carità, partecipazione dello stesso amore di Dio, è promozione del soggetto umano 'povero'. Infatti privilegiare i poveri significa, sul piano antropologico e sociale, privilegiare i "non soggetti", offrendo loro la possibilità concreta di assurgere alla consapevolezza e alla realtà di soggetti sociali, in grado di gestire responsabilmente la propria esistenza e di contribuire al bene comune. È una carità che implica la giustizia e promuove la costruzione di una società autenticamente democratica. Nello sforzo di risolvere i problemi delle vecchie e nuove povertà, la pastorale sociale collaborerà con i diversi organismi ecclesiali impegnati nel settore delle attività caritative. 65. - Itinerari non occasionali di spiritualità per persone irnpegnate nel sociale e in politica. "Per il cristiano, l'azione sociale deve essere espressione di una vita secondo lo Spirito, un modo, cioè, di vivere la carità, che è la vita di Dio riversata nel suo cuore per mezzo dello Spirito Santo. In questo senso, anche l'impegno sociale e politico gli si presenta come una specifica strada di perfezione nella carità, cioè di santificazione". La proposta della spiritualità è la proposta più appropriata e urgente che la comunità ecclesiale deve fare ai cristiani chiamati a vivere la fede e la carità sul fronte arduo della politica e della gestione delle istituzioni pubbliche. Non c'è dubbio, infatti, che solo una spiritualità radicata saldamente nell'ascolto della parola, nella preghiera, nella celebrazione dei sacramenti e nella vita di grazia, può aiutare il cristiano a coniugare la carità verso i fratelli e il rispetto delle leggi, l'attenzione alle persone e l'efficacia operativa, l'ascolto di tutti e la capacità decisionale. Da questa spiritualità il cristiano riceverà forza per resistere alle lusinghe del potere fine a se stesso e del facile arricchimento personale e di gruppo. Strumento ordinario del cammino di spiritualità è una direzione spirituale puntuale e qualificata, per la quale sono richieste la presenza e la disponibilità dei sacerdoti. V - Gli evangelizzatori del sociale 66. - Nella Esortazione Christifideles laici Giovanni Paolo II afferma: "Per la evangelizzazione del mondo occorrono, anzitutto, gli evangelizzatori". È questa un'esigenza di base, come ci ricorda l'apostolo Paolo: "Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza che uno lo annunzi?" ( Rm 10,14-15 ). L'azione evangelizzatrice dipende, senza dubbio, dai diversi operatori di pastorale. L'obiettivo di una nuova evangelizzazione del sociale deve impegnare profondamente tutti coloro che si dedicano alla pastorale del lavoro, dell'economia e della politica; esige nuovo ardore, nuovo spirito, nuova determinazione, nuovi atteggiamenti, nuovo stile nell'assumere e vivere la missione dell'annuncio del Vangelo. Di qui l'esigenza di un'attenta riflessione sullo spirito e sul ruolo degli operatori della pastorale sociale, senza i quali il dinamismo missionario della Chiesa perderebbe slancio e vigore. 67. - La conversione pastorale Lo Spirito del Signore chiama alla conversione pastorale. È questa la chiave di accesso a una evangelizzazione veramente rispondente alle novità che attraversano gli scenari sociali, economici e politici del nostro tempo, le cui conseguenze si ripercuotono anche nell'ambito morale e spirituale. I diversi cambiamenti nei metodi e nelle strutture richiesti da una nuova evangelizzazione del sociale dipendono da una precisa condizione: che gli operatori di pastorale sociale realizzino una vera e sincera conversione pastorale. E questa, frutto della grazia di Dio, avviene con: - l'apertura allo Spirito: per evangelizzare occorre fare esperienza di Dio; - la disponibilità al cambiamento di mentalità, per poter intuire, individuare e realizzare le nuove modalità dell'azione pastorale; - l'impegno alla formazione permanente, con un atteggiamento di umiltà e apertura intellettuale, di disponibilità, pazienza e generosità nella fatica. L'evangelizzatore non nasce tale, ma si fa. Ogni processo di formazione, pertanto, non può prescindere dalle disposizioni personali e dall'impegno morale e spirituale: tutto questo è da tenere in grande considerazione proprio quando ci si preoccupa di offrire aiuti strutturali e istituzionali al processo formativo. 68. - Lo spirito missionario Gli operatori di pastorale sociale, in vista di una nuova opera evangelizzatrice, devono avere coscienza di se stessi come di missionari. Le varie situazioni in cui normalmente oggi viviamo possono essere qualificate come situazioni di missione, perchè se molti sono i battezzati, pochi sono gli evangelizzati. È necessario, dunque, rinnovare e alimentare in noi lo spirito missionario, superando schemi mentali, attitudini psicologiche, azioni abitudinarie, per annunciare il Vangelo della salvezza ai battezzati delle sole anagrafi parrocchiali e alle persone di buona volontà, a quanti il Signore pone sulla nostra strada. La pastorale sociale è rivolta sì all'interno, ma anche e soprattutto all'esterno della comunità ecclesiale. Non sono soltanto gli operatori della pastorale sociale, d'altra parte, ad avere questo mandato di 'uscire in ricerca' per annunciare il Vangelo e raccogliere in unità gli uomini: è, questo, il preciso dovere dell'intera comunità cristiana e di tutti i suoi membri: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura" ( Mc 16,15 ). 69. - Il dovere della testimonianza Oltre alla conversione pastorale e alla coscienza della missionarietà, si impone agli operatori della pastorale sociale il dovere della testimonianza. Il Vangelo deve essere proclamato non solo a parole, ma anche e in primo luogo mediante una vita ad esso coerente: la testimonianza di vita autenticamente cristiana è il primo mezzo di evangelizzazione. È questo, sicuramente, l'aspetto più impegnativo, la richiesta più esigente della nostra fede, specialmente per gli operatori della pastorale sociale. Essi, infatti, devono essere spiritualmente preparati per coinvolgersi in un'opera di evangelizzazione che sappia sperimentare anche la croce. In una situazione di missione, in mezzo alle difficoltà attuali, agli operatori pastorali Dio insegna, in maniera più intensa che in altre circostanze, il valore, l'importanza, la centralità della croce di Gesù Cristo. Infatti, l'annuncio e il dono del Vangelo nel mondo sociale, economico e politico incontrano molti rifiuti di natura sociale e culturale, e devono misurarsi con molte alternative, che soddisfano in maniera più immediata le aspirazioni e le necessità indotte per lo più dagli stessi contesti sociali, economici e culturali. 70. - La comunità soggetto di evangelizzazione sociale Il soggetto della evangelizzazione è la comunità in quanto tale, nelle sue molteplici articolazioni e in tutti i suoi membri. Essa è il soggetto - non può non esserlo - anche dell'evangelizzazione del sociale, così come di ogni altro ambito dell'evangelizzazione. La comunità ecclesiale, infatti, tutta insieme - secondo i doni e le modalità proprie di ciascuno dei suoi membri - è chiamata alla preghiera, alla parola, al servizio, affinchè il Vangelo possa essere annunciato. In particolare la parrocchia, la dimensione di popolo, la comunione dei diversi soggetti pastorali sono fattori decisivi per un'efficace e adeguata pastorale sociale. a) La parrocchia è stata definita come "l'ultima localizzazione della Chiesa" e "in certo senso la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie". Ora nell'ambito dell'evangelizzazione del sociale si deve passare dalle presenze "nella" Chiesa alla presenza "della" Chiesa. Ciò può e deve avvenire anzitutto nell'ambito immediato e concreto della parrocchia. In tal senso la comunità cristiana è chiamata a porre dei gesti comunitari e a presentare delle opere o istituzioni comunitarie che siano veramente significativi: perchè solo così alcune esigenze ecclesiali e sociali possono ricevere risposta efficace e culturalmente incisiva, e soprattutto perchè solo cosi viene meglio manifestato l'autentico volto della Chiesa, quale "sale della terra, luce del mondo, città collocata sopra un monte" ( cf Mt 5,13-14 ). Alla Chiesa, sul cui volto si riflette Cristo "luce delle genti", prima ancora che ai singoli discepoli, è rivolto il monito di Gesù: "Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perchè vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli" ( Mt 5,15-16 ). b) L'importanza della dimensione di popolo dev'essere maggiormente sottolineata nell'opera evangelizzatrice: se non è il popolo cristiano stesso a farsi soggetto dell'evangelizzazione del sociale, la nostra incidenza potrà essere anche significativa e culturalmente rilevante, ma risulterà frammentata e precaria. Per raggiungere questa dimensione popolare sono da valorizzare al massimo i momenti nei quali si esprimono la vita e la missione del popolo di Dio: la Messa, anzitutto, e in particolare nel Giorno del Signore, nella quale si celebra il dono d'amore di Cristo in croce, insieme si ascolta la parola del Vangelo e si ricevono la grazia e le energie per l'impegno nella vita quotidiana. La Messa, dunque, non va considerata come un momento in sè concluso, ma come luce e forza che penetra e vivifica tutta l'esistenza. Sono da valorizzare poi tutti quei momenti nei quali il popolo cristiano si raduna, prega, ascolta la parola e insieme si orienta verso l'azione, ponendosi nella logica, nell'atteggiamento e nella volontà concreta del servizio alla società. c) L'istanza della comunione va intesa sia come coordinamento dei diversi soggetti pastorali, dei molteplici doni, carismi e responsabilità presenti nella Chiesa; sia come stile nello sviluppare l'attività pastorale, nel proclamare e vivere il Vangelo della carità. "La vita della nostra Chiesa è arricchita oggi, per dono del Signore, da molteplici realtà che operano con efficacia nel campo dell'evangelizzazione e della testimonianza della carità. Ogni sforzo resterebbe però vano se non convergesse nell'impegno di edificare insieme la Chiesa e di cooperare alla sua missione. La pastorale diocesana dev'essere dunque organica e unitaria". L'istanza della comunione, sempre e in particolare in rapporto all'evangelizzazione del sociale, trova la sua ragione ultima nella natura stessa della Chiesa: "la comunione è un altro nome della carità ecclesiale e solo una Chiesa comunione può essere soggetto credibile dell'evangelizzazione. 71. - Il ruolo dei laici Nell'impegno di evangelizzazione dei numerosi ambienti sociali emergono, come soggetti pastorali specifici, i fedeli laici. "I laici sono discepoli del Signore chiamati a vivere la fede nella realtà di tutti gli uomini e di tutti i giorni, cioè nella famiglia, nella società, nel lavoro, nella cultura, nella economia, ecc … Essere 'laici' è dunque una chiamata, una vocazione, un dono che viene da Dio e che invia a un compito alto e difficile: incarnare la fede e darle forma nelle realtà quotidiane. È soprattutto nei laici che avviene l'innesto tra la fede e la storia, tra la Chiesa e il mondo". Attraverso i laici, in maniera proporzionale alla loro testimonianza e alla coscienza che essi hanno e manifestano della loro identità cristiana e della loro missione, la Chiesa diventa presente e operante nelle famiglie, nelle fabbriche, negli uffici, nelle istituzioni civili e sociali. Secondo l'insegnamento della Gaudium et spes, i laici nella Chiesa sono chiamati ad assumere in modo peculiare le realtà terrene, con la loro densità creaturale e nel rispetto della loro autonomia, per purificarle ed elevarle, affinchè diventino espressione della carità di Dio per l'uomo e della carità dell'uomo per Dio. Sono i laici i primi evangelizzatori dei loro ambienti di lavoro, con la testimonianza della vita prima che con la parola. Sono i laici, infine, specialmente quelli organizzati in gruppi, associazioni e movimenti impegnati nel sociale, ad avere la parte più diretta della responsabilità della pastorale della comunità ecclesiale cui appartengono. 72. - All'interno del laicato impegnato nella pastorale sociale un ruolo particolare spetta a tutti coloro che esercitano funzioni educative e formative: - i genitori, che si fanno carico della crescita integrale nella fede e nella carità, e quindi si impegnano ad educare i figli ai valori della vita, della giustizia, della sollecitudine disinteressata per gli altri, specie per i più poveri e bisognosi; - i catechisti, che devono coltivare nei credenti l'esigenza di una sintesi tra fede e vita, tra morale e attività umane, e di una testimonianza di carità evangelica nei criteri di giudizio delle cose e nelle decisioni e scelte quotidiane. 73. - Il Vescovo, i sacerdoti, le persone consacrate Primo responsabile dell'evangelizzazione del sociale nella Chiesa particolare è il Vescovo, coadiuvato dai sacerdoti, dai religiosi, dai laici e dagli specifici organismi diocesani, zonali e parrocchiali. L'evangelizzazione del sociale, di cui è capace la Chiesa che egli presiede, dipende molto dall'azione pastorale da lui stesso impostata, dal suo progetto pastorale e dall'impulso dato alla pastorale sociale. I sacerdoti, nel loro ministero e a seconda della loro funzione particolare, devono animare e guidare la pastorale sociale. È loro compito curare la formazione di credenti capaci di assumersi responsabilità nel campo sociale e politico; assicurare loro un accompagnamento e una direzione spirituale; aiutare i genitori e gli educatori ad adempiere la loro vocazione educativa per la formazione sociale e politica. In comunione con gli organismi diocesani, i gruppi, le associazioni e i movimenti, specie quelli impegnati in campo sociale, devono preoccuparsi di dar vita ad iniziative e attività formative a livello parrocchiale. Nelle omelie, nelle catechesi, nelle istruzioni, nei ritiri spirituali, non tralascino di richiamare i doveri sociali del cristiano, l'ispirazione e le energie che gli vengono dall'adesione a Cristo e al suo Vangelo e dai sacramenti. La pastorale sociale riguarda anche le persone consacrate e i loro istituti, richiede un loro generoso coinvolgimento nella sollecitudine pastorale della Chiesa verso le situazioni sociali più povere, in conformità peraltro alle luminose tradizioni della loro storia. La presenza e l'azione apostolica delle persone consacrate che operano nella pastorale sociale rappresentano un dono e una ricchezza che vanno riconosciuti e valorizzati. L'inserimento organico dei loro istituti nel tessuto vivo della pastorale sociale costituisce un contributo insostituibile non solo per rendere feconda l'evangelizzazione del sociale, ma anche per richiamare a tutti quei valori di santità, di preghiera e contemplazione, di povertà, di servizio generoso e totale che la consacrazione religiosa è chiamata a testimoniare. 74. - Le aggregazioni ecclesiali Soggetti operatori della nuova evangelizzazione del sociale sono anche le aggregazioni ecclesiali, che hanno per oggetto specifico del loro impegno la pastorale sociale e che, pertanto, pregano, riflettono, parlano, operano negli spazi della vita sociale in conformità con la loro fisionomia ecclesiale. Per queste aggregazioni, infatti, così come per le Scuole di formazione all'impegno sociale e politico e per le varie forme di catechesi agli adulti rivolte alla vita sociale, vale il limite della competenza della Chiesa e sta l'obbligo di non uscire dall'ambito di questa competenza. Questo limite, tuttavia, non va inteso in modo ristretto: la Centesimus annus impegna la Chiesa, e quindi in concreto anche le aggregazioni ecclesiali che operano nel sociale, nell'annuncio, nell'interpretazione, ma anche nell'azione; la loro operosità feconda fa parte, infatti, della "grande corrente della Tradizione della Chiesa". 75. - Le organizzazioni di ispirazione cristiana Decisivo è il ruolo delle realtà di presenza organizzata nel sociale, ossia delle realtà sindacali, economiche e politiche di ispirazione cristiana, realtà in cui i laici operano a tutto campo, nell'ambito delle proprie responsabilità. L'operare di questi laici che affrontano i problemi senza doversi porre il limite della competenza della Chiesa, non può mai essere svincolato, tuttavia, sul piano dottrinale e morale, dal riferimento al messaggio del Vangelo, dal riferimento, in concreto, alla dottrina sociale della Chiesa. Le attività dei laici nelle realtà temporali non possono prescindere da questo riferimento negli obiettivi che perseguono e nemmeno nei mezzi, nei metodi, nello stile da essi adottati. 76. - Il servizio del sacerdote alle aggregazioni Il sacerdote in servizio pastorale nelle aggregazioni dei laici ha un duplice compito: comprendendo il carisma di ogni gruppo aiutare la crescita formativa dei suoi singoli membri e orientare la formazione del gruppo come tale all'appartenenza alla Chiesa, alla sua vita e missione. Le aggregazioni dei laici e ancor più le Chiese particolari devono prendere coscienza della necessità di tale servizio pastorale del sacerdote. La sua presenza nel gruppo, nell'associazione, nel movimento è legittimato dalla Chiesa e dal Vescovo che lo invia per il servizio pastorale: compito del sacerdote è, pertanto, quello di essere artefice di unità, svolgendo ciò che è proprio della sua missione: l'annuncio della Parola di Dio e della dottrina sociale e la direzione spirituale. 77. - Le Scuole di formazione all'impegno sociale e politico Non può operare nella realtà sociale secondo la fede chi non possiede un'ermeneutica cristiana, ossia un'interpretazione cristiana della realtà sociale e della molteplicità e complessità dei suoi problemi alla luce del Vangelo. Le Scuole di formazione all'impegno sociale e politico intendono rispondere a questa esigenza, configurandosi come uno strumento e una modalità qualificati di formazione cristiana degli adulti. Sono, infatti, uno degli itinerari che arricchiscono le occasioni di catechesi degli adulti, attraverso una serie articolata di approfondimenti culturali, in costante riferimento della dottrina sociale della Chiesa. Proprio questa dottrina è uno strumento privilegiato di catechesi degli adulti in quanto adulti: li abitua al confronto e all'integrazione fra la loro appartenenza alla Chiesa e la loro vita quotidiana. 78. - Le Settimane Sociali Un particolare contributo alla formazione culturale e alla sensibilità sociale proviene ai cattolici dalle Settimane Sociali, occasione importante di studio e di approfondimento della dottrina sociale della Chiesa in rapporto alle problematiche più attuali e significative che riguardano la nostra società. Loro scopo, infatti, è di affrontare e possibilmente di anticipare i temi del dibattito socio-culturale, in modo da orientare l'opinione pubblica, dentro e fuori il mondo cattolico. 79. - Le Università e gli Istituti di studi superiori Nel campo della formazione sociale, economica e politica secondo l'ispirazione cristiana, devono offrire il loro prezioso apporto l'università Cattolica, le Facoltà di teologia, i vari Istituti cattolici di studi superiori, mediante la ricerca scientifica, l'elaborazione didattica e la formazione permanente. Essi dovranno inserire stabilmente nei loro piani di studio la dottrina sociale della Chiesa e si faranno carico della preparazione di sussidi non solo specialistici, ma anche di ampia divulgazione, che siano più immediatamente utilizzabili nell'opera educativa. È importante, inoltre, che si facciano promotori di nuove esperienze a livello formativo, prestando la loro assistenza competente alle Chiese particolari per l'analisi e la soluzione dei problemi sociali del loro territorio. VI - L'organizzazione della Pastorale Sociale 80. - Il Santo Padre ha sollecitato un'evangelizzazione nuova anche nell'espressione. Sono espressione di evangelizzazione anche le strutture attraverso cui si organizza l'azione pastorale. Anch'esse, dunque, hanno un valore pastorale e devono essere rinnovate. Per la loro natura le strutture tendono alla stabilità, e per questo possono in qualche modo rallentare o bloccare il dinamismo dell'azione pastorale. Si impone, pertanto, una loro revisione costante. Per un'azione pastorale rinnovata, in rapporto alle esigenze attuali del lavoro, dell'economia e della politica, anche le strutture organizzative della pastorale sociale devono configurarsi essenzialmente come evangelizzatrici e missionarie. 81. - Il valore dell'organizzazione In vista di una più adeguata evangelizzazione del sociale, è necessaria anche una struttura pastorale organizzata, come emerge dai ripetuti richiami del Papa a una sollecitudine sociale animata dalla conoscenza e dalla diffusione della dottrina sociale della Chiesa; dall'insoddisfazione che quotidianamente contrassegna le esperienze del lavoro, dell'economia e della politica; dalla consapevolezza dell'urgenza della missione ricevuta da Cristo. L'articolazione organizzativa, sperimentata come valida, è qui proposta come uno schema di azione attraverso il quale le Chiese particolari possono cogliere nuove possibilità di evangelizzazione ed esprimere nuove sensibilità pastorali. 82. - L'organizzazione a livello diocesano L'Ufficio o Centro diocesano per la pastorale sociale, coordinato da un Direttore ( Delegato vescovile, Vicario episcopale ), ha il compito, in comunione con il Vescovo e con l'aiuto della Commissione diocesana, di studiare i problemi sociali locali; di approntare le linee generali di una pastorale sociale contestualizzata; di elaborare, assieme agli altri Uffici e in particolare a quello catechistico, degli itinerari educativi all'impegno sociale e politico; di fornire le necessarie indicazioni di sussidi e strumenti, affinché la dottrina sociale della Chiesa venga conosciuta, diffusa, insegnata e valorizzata. La Commissione diocesana promuove e coordina la pastorale sociale nella Chiesa particolare, tramite il Delegato vescovile che opera in piena comunione con il Vescovo nell'attuazione del programma pastorale diocesano. Essa deve collegarsi in modo stabile, sia con il Consiglio Presbiterale e quello Pastorale della Diocesi, sia con le altre Commissioni diocesane, sia con la Consulta diocesana per l'apostolato dei laici. Nella sua composizione deve essere rappresentativa delle varie esperienze di pastorale sociale presenti in Diocesi. Avvalendosi dell'apporto dell'ufficio diocesano, delle associazioni e dei movimenti, soprattutto quelli ecclesiali, tramite assistenza continua e persone competenti, la Commissione diocesana aiuta le parrocchie a diventare, nel loro territorio, soggetti responsabili di efficace pastorale sociale. 83. - La Commissione diocesana, considerando in particolare la realtà della Diocesi, deve agire in modo da: - prevedere una specifica attenzione pastorale ai vari settori produttivi: rurale, industriale, terziario, attraverso persone a ciò incaricate ed eventualmente con la costituzione di sottocommissioni; - favorire la dimensione vicariale o decanale della pastorale sociale, in modo che sia facilitato l'impegno in ambienti culturalmente omogenei, contribuendo all'azione delle parrocchie; tale dimensione riveste un'importanza crescente per un'adeguata evangelizzazione del sociale; - promuovere gruppi collegati alla Commissione negli ambienti di lavoro e nell'ambito delle zone; - incentivare e dare organicità alle iniziative per la formazione e l'aggiornamento dei sacerdoti e dei laici: Scuole di formazione all'impegno sociale e politico, Scuole sociali, iniziative specifiche per le persone impegnate in campo sociale e politico, tre sere, corsi di aggiornamento, esperienze spirituali; - dare vita ad un coordinamento stabile delle associazioni e dei movimenti impegnati nel sociale per un necessario raccordo pastorale e assicurare una adeguata formazione cristiana al loro interno attraverso la presenza di sacerdoti preparati e qualificati. La Commissione diocesana si farà carico di promuovere qualche associazione non ancora presente in Diocesi e di sostenere quelle che si vengono a trovare in difficoltà. Il Delegato diocesano, in rapporto costante con il Vescovo, deve inserire all'interno delle attività programmate dalla Commissione occasioni di fraternità, di verifica e di formazione spirituale per i sacerdoti impegnati nelle associazioni, od operanti a vario titolo nella pastorale sociale e a queste riservare tutta la sua sacerdotale disponibilità. 84. - Per il vasto campo delle attività di promozione umana, è opportuno che la Commissione diocesana operi in modo che: - sia sviluppata una forma continuativa di presenza e di sostegno nei Centri di formazione professionale del mondo cattolico per un'adeguata proposta del messaggio cristiano al loro interno; - si presti collaborazione e sostegno a tutte quelle iniziative che hanno lo scopo di aggregare i giovani in cerca di lavoro, per renderli protagonisti e responsabili dei problemi che questa ricerca comporta; - si stabilisca un rapporto di costante collaborazione con i diversi organismi diocesani, in modo particolare la Caritas, che promuovono attività caritative; - si celebri ogni anno una Giornata di solidarietà di tutta la Chiesa diocesana con il mondo del lavoro, preparandola adeguatamente. Si curi, altresì, la Giornata del Ringraziamento in modo da renderla significativa per l'intera Chiesa particolare, oltre che occasione propizia per l'evangelizzazione del mondo rurale. 85. - L'organizzazione a livello parrocchiale La parrocchia deve progressivamente aprirsi alle problematiche sociali ed essere sempre più strumento che realizza l'evangelizzazione del sociale e la promozione umana. Una comunità parrocchiale che evangelizza il sociale forma cristiani adulti e responsabili, interagisce con le istituzioni sociali e politiche presenti nel territorio, non può non avere un progetto di pastorale sociale, utilizzando ampiamente l'apporto della dottrina sociale della Chiesa. Per realizzare una rinnovata pastorale parrocchiale: - è particolarmente utile promuovere Gruppi di pastorale sociale affinchè si accresca la sollecitudine della comunità parrocchiale verso tutte le sue realtà sociali; - riservare particolare attenzione alle varie esperienze associative laicali presenti in parrocchia coinvolgendole nell'elaborazione del programma pastorale e nella sua realizzazione; - è auspicabile che i Consigli pastorali parrocchiali si facciano carico, con fraterna ed evangelica solidarietà, di tutti quei problemi sociali che spesso tormentano la vita delle persone e delle famiglie della parrocchia, con un'attenzione particolare alle famiglie che sono angustiate da gravissimi problemi, e assicurando sostegno formativo e spirituale a quei militanti cristiani che operano in campo sociale e politico, in modo che la loro azione sia in sintonia con il progetto salvifico di Dio e guidata da uno spirito di servizio agli uomini. 86. - L'organizzazione a livello regionale A livello regionale la promozione e il coordinamento della pastorale sociale sono affidati a un Vescovo delegato, incaricato dalla Conferenza episcopale regionale, e alla Commissione regionale, diretta dal Delegato regionale, anch'esso nominato dalla Conferenza episcopale regionale. Il Vescovo delegato ha il compito di promuovere e coordinare la pastorale sociale nella Regione. Presiede la Commissione regionale anche attraverso un suo delegato. La Commissione regionale è un organismo di comunione, di scambio e di promozione delle iniziative pastorali che abbiano rilevanza regionale. Di particolare utilità, a livello regionale, è la creazione di Osservatori socio-economici, variamente composti e strutturati, che agiscano in stretto legame con la Commissione regionale. Questa deve mantenere opportuni collegamenti anche con i vari Centri di studi sociali, Centri di cultura religiosa, Istituti di pastorale, Seminari, Sindacati, Organismi civili, per un fecondo scambio di idee, di esperienze e di collaborazione. 87. - L'organizzazione a livello nazionale La Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro è chiamata ad esplicare una funzione fondamentale di studio, di orientamento generale e di promozione dell'impegno evangelizzante e missionario della Chiesa in Italia nel mondo del lavoro, dell'economia e della politica, attraverso un'opera costante di informazione e di sensibilizzazione della Conferenza Episcopale Italiana. È suo compito cogliere e affrontare con tempestività i segni dei tempi che emergono dal lavoro, dall'economia e dalla politica, mantenendosi in contatto con le realtà del Paese e avvalendosi dell'apporto di studiosi e competenti al fine di elaborare le linee pastorali di una nuova evangelizzazione del sociale. 88. - L'Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro, all'interno della Segreteria Generale della CEI, svolge compiti di studio, promozione, coordinamento e collegamento delle iniziative di pastorale sociale. L'Ufficio, pertanto, è in contatto con le esperienze di pastorale sociale delle Chiese particolari, dei movimenti, delle associazioni e dei gruppi; da queste accoglie stimoli e spunti per progettare il nuovo e migliorare l'esistente. La Consulta nazionale, interprete autorevole della pastorale sociale che si vive nelle Chiese particolari, ha la funzione di favorire la comunicazione tra l'ufficio nazionale e gli organismi regionali e diocesani, di procurarne la promozione e il collegamento. Conclusione 89. - L'elaborazione di una diversa cultura dell'uomo e della convivenza sociale è il problema più serio, la più grande sfida che la società italiana deve oggi affrontare. È una sfida lanciata a tutte le società europee dalla caduta dei regimi oppressivi e dal riconoscimento della falsità e dell'impotenza delle ideologie moderne a sostenere lo sforzo di costruire la convivenza sociale, nel segno della dignità e della vocazione dell'uomo. L'Europa è chiamata oggi ad elaborare una diversa cultura dell'uomo e della sua "città": è questo il problema sociale e politico più importante. Nella vasta opera di ricostruzione, che sta impegnando non solo i Paesi dov'è crollato il socialismo reale ma tutta l'Europa, il "grave disorientamento", manifestatosi dapprima nei Paesi centroorientali, si è velocemente diffuso in tutte le società europee. Invece di unirsi solidali nella costruzione di una casa comune, molti stanno accaparrandosi a gara, ciascuno per sè, i mattoni delle vecchie case e si derubano a vicenda e di nuovo progettano divisioni e morte. Le aberrazioni del passato tornano a far scuola proprio oggi, quando si pensava di poter dire: "Pace e sicurezza" ( cf 1 Ts 5,3 ). I cristiani e le loro comunità si rivolgono al Padre e lo supplicano di concedere loro "secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito, nell'uomo interiore" ( Ef 3,14-16 ). Sanno di doversi impegnare "con ogni magnanimità e dottrina" ( 2 Tm 4,2 ) per "produrre e diffondere una cultura che sappia armonizzare libertà e corresponsabilità, autonomia e interdipendenza, efficacia e solidarietà, ricerca del bene comune e tutela del bene dei singoli, perchè il vivere con gli altri, anche a livello strutturale, non è un fatto estraneo al dinamismo della salvezza". E sono altresì consapevoli che questo loro impegno dipende, in larga misura, da un "rinvigorimento della preparazione dottrinale e pastorale che è oggi dovunque atteso". In questo spirito la Conferenza Episcopale Italiana affida il presente documento alle Chiese particolari, e in esse agli operatori della pastorale sociale, come valido e sicuro orientamento per il loro impegno di evangelizzazione del mondo del lavoro, dell'economia e della politica. Roma, 22 novembre 1992 Solennità di nostro Signore Gesù Cristo Re dell'universo