Con il dono della carità dentro la storia La Chiesa in Italia dopo il Convegno di Palermo « Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese » ( Ap 2,7 ) 1. - Carissimi fratelli e sorelle delle Chiese che sono in Italia! Profondamente grati al Signore per il terzo Convegno ecclesiale, celebrato a Palermo dal 20 al 24 novembre 1995 sul tema "Il Vangelo della carità per una nuova società in Italia", vogliamo coltivarne con voi la memoria e promuoverne la fecondità. Sono state giornate intense di preghiera, di riflessione, di gioiosa fraternità, assecondate dalla splendida accoglienza della comunità cristiana di quella città. Vivo entusiasmo ha suscitato la visita del Santo Padre, che con il suo messaggio ci ha trasmesso forti motivi di speranza e chiare indicazioni di impegno. In quell'assemblea, rappresentativa di tutte le componenti del popolo di Dio, abbiamo visto ravvivarsi, come in una rinnovata esperienza del Cenacolo, il fuoco della comunione e della missione. Ora, animati da profonda sollecitudine per le nostre Chiese e per il nostro Paese, con questa nota pastorale noi Vescovi vogliamo confermare e ripresentare autorevolmente l'ispirazione fondamentale, gli obiettivi generali, gli orientamenti e le proposte principali di quei giorni. Vogliamo consegnare il Convegno alle nostre comunità, perché sia rivissuto in esse e le aiuti a camminare insieme verso il terzo millennio, attuando con rinnovato slancio il comune impegno di "Evangelizzazione e testimonianza della carità", che caratterizza questi anni '90. Significativamente questa nota viene pubblicata insieme ai testi principali del Convegno. Essa si pone a conclusione di una ricca esperienza di discernimento comunitario, che non può essere raccolta in un breve scritto. Lo studio dei documenti nel loro insieme rimane indispensabile, sia per avere una conoscenza adeguata dei contenuti, sia, ancor più, per ritrovare il fervido clima spirituale dell'evento. Un'immagine esemplare di Chiesa Vidi la città santa, la nuova Gerusalemme » ( Ap 21,2 ) 2. - Il Convegno, con lo stile stesso della celebrazione, prima ancora che con i contenuti della riflessione, ci ha dato, in forte rilievo, un'immagine di Chiesa « concentrata sul mistero di Cristo e insieme aperta al mondo ». A Palermo si è manifestata una Chiesa che ascolta e medita la Parola, perché « non c'è rinnovamento, anche sociale, che non parta dalla contemplazione »; una Chiesa che celebra la liturgia con canti festosi e gesti semplici, ma significativi; una Chiesa unita nell'attiva partecipazione di pastori, teologi, religiosi, laici, uomini e donne, nel confronto cordiale e costruttivo di diverse esperienze e sensibilità; una Chiesa sinceramente disponibile alla condivisione ecumenica, al dialogo interreligioso, al confronto interculturale; una Chiesa aperta sulla città, cioè inserita nella società, con un'attenzione preferenziale ai poveri. Tale modello si colloca chiaramente nella prospettiva indicata dal Concilio Vaticano II. Testimonia la concorde volontà di attuarne soprattutto le quattro grandi costituzioni: Dei Verbum, perché la parola di Dio sia anima e « regola suprema » della teologia, della pastorale, dell'intera esistenza cristiana; Sacrosancturn Concilium, perché la liturgia sia « culmine » e «fonte » della vita del cristiano e della comunità; Lumen gentium, perché la comunità ecclesiale risplenda come segno pubblico ed efficace « dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano »; Gaudium et spes, perché la Chiesa sia profondamente inserita nella storia e incontri « le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi ». L'esperienza di Palermo sollecita le nostre Chiese a procedere speditamente secondo queste linee nei prossimi anni, verso il terzo millennio. Ci ricorda che, per il Grande Giubileo, « la migliore preparazione è la piena recezione e creativa attuazione del Concilio Vaticano II » e che dobbiamo vivere questo tempo « come un nuovo avvento missionario », rivolti a Cristo e aperti agli uomini, preparando per noi e per gli altri un nuovo incontro con il Signore Gesù. Gesù Cristo: il Vangelo della carità « Il Testimone fedele … Colui che ci ama… il Primo e l'Ultimo e il Vivente » ( Ap 1,5.17-18 ) 3. - Il primo impegno a cui siamo chiamati è una rinnovata esperienza del mistero di Cristo. A Palermo, guidati dal libro dell'Apocalisse, abbiamo rivolto lo sguardo a colui « che era morto ed è tornato alla vita » ( Ap 2,8 ); lo abbiamo riconosciuto come rivelazione dell'amore del Padre, Signore della storia, fondamento e compimento di ogni progetto di vita, personale e sociale, « il Testimone fedele, … il Primo e l'Ultimo e il Vivente » ( Ap 1,5.17-18 ), Colui che viene a far « nuove tutte le cose » ( Ap 21,5 ). Lo stesso messaggio, che dava conforto alle prime comunità cristiane, provate dalla persecuzione e da insidiose tentazioni contro la verità della fede e la santità della vita, è risuonato ancora, immutato e sempre nuovo, per infondere coraggio a noi e alle nostre Chiese di fronte alle sfide del tempo presente: secolarismo, soggettivismo etico, consumismo materialista e vaga religiosità senza precise convinzioni e senza impegnative esigenze di coerenza, esposta a pericoli di inquinamento superstizioso, a tentazioni di relativismo e sincretismo. 4. - A Palermo abbiamo celebrato Gesù Cristo come Vangelo vivente della carità. Nel Figlio di Dio fatto uomo, crocifisso e risorto, unico salvatore di tutti gli uomini, abbiamo contemplato la novità inaudita dell'amore di Dio, manifestato nella storia. Il Signore Gesù ha detto: « Chi ha visto me ha visto il Padre … Io sono nel Padre e il Padre è in me » ( Gv 14,9.11 ). L'unità è tale che incontrare l'uno significa incontrare anche l'altro. In Gesù Cristo il Mistero infinito, origine e fondamento di tutte le cose, ci viene incontro come Padre, che dona il Figlio fino alla morte di croce; come Figlio, che si dona per noi, accogliendo la volontà misericordiosa del Padre; come Spirito Santo, amore del Padre e del Figlio, che ci viene comunicato. Dio si rivela, nei nostri confronti, come amore gratuito e misericordioso; in se stesso, come comunione perfettissima di tre persone, Padre, Figlio e Spirito Santo. « Dio è carità » ( 1 Gv 4,16 ). Nella sua misericordia, il Padre non solo dona agli uomini peccatori il Figlio unigenito irrevocabilmente, fino alla morte di croce, ma lo risuscita a loro vantaggio, costituendolo « capo e salvatore » ( At 5,31 ), principio di giustificazione e di vita nuova con la potenza dello Spirito Santo ( cf. Rm 4,25 ). « Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna » ( Gv 3,16 ). Nessuna notizia è paragonabile a questa; nessuna è buona e sorprendente come questa. Il Signore, crocifisso e risorto, comunicazione personale di Dio, è anche attuazione perfetta dell'uomo. Ci rivela che l'amore è la nostra vocazione fondamentale: « Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna » ( Gv 12,24-25 ). Creati a immagine di Dio possiamo realizzarci solo nel dono di noi stessi e nell'accoglienza dei fratelli. « Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte » ( 1 Gv 3,14 ). Solo se ama, l'uomo vive veramente, è se stesso. Gesù Cristo è la verità di Dio, che è carità, e la verità dell'uomo, che è chiamato a vivere insieme con Dio nella carità. Il contenuto centrale del Vangelo è « che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri » ( 1 Gv 3,23 ). 5. - Credere e amare, prima di essere un comandamento, è dono ed evento di grazia. La carità del Padre, che si rivolge a noi in Cristo, ci viene comunicata nell'intimo mediante l'effusione dello Spirito Santo. È venuta nella storia una volta per sempre in Gesù Cristo e continua a venire con il dono sempre nuovo dello Spirito. Per questo può essere accolta e conosciuta pienamente solo nell'esperienza vissuta di carità, specialmente nell'amore reciproco. « Amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore » ( 1 Gv 4,7-8 ). E proprio perché è la verità dell'amore, la verità cristiana viene trasmessa in modo credibile mediante il segno della carità vissuta tra gli uomini: « Io in loro e tu [ Padre ] in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato » ( Gv 17,23 ). La carità è dunque il contenuto centrale e nello stesso tempo la via maestra dell'evangelizzazione. Evangelizzare è far incontrare gli uomini con l'amore di Dio e di Cristo, che viene a cercarli: per questo è indispensabile la testimonianza vissuta; è necessario « fare la verità nella carità » ( Ef 4,15 ). A Palermo il Santo Padre ci ha detto che il Grande Giubileo dovrà essere per gli uomini di oggi « un rinnovato incontro » con Gesù Cristo, « unico Signore e Redentore » e che « un tale rinnovato incontro » è la prima cosa di cui l'Italia ha bisogno. Noi tutti possiamo e dobbiamo cooperare perché questo incontro avvenga, prendendo parte alla nuova evangelizzazione. Ma saremo efficaci e credibili, solo se ritroveremo « un rinnovato stupore di fede » davanti alla carità di Dio rivelata in Gesù Cristo, se sapremo unire una convinzione consapevole e motivata a una coraggiosa testimonianza di vita. La comunicazione appassionata e il coinvolgimento personale rimangono, anche nella società multimediale, il linguaggio basilare dell'evangelizzazione. Nostro modello rimane la Vergine Maria che nel mistero della visitazione proclama le meraviglie del Signore con il cantico di lode, la presenza gioiosa e il servizio operoso ( cf. Lc 1,39-56 ). Anima di una storia rinnovata « Ecco, io faccio nuove tutte le cose » ( Ap 21,5 ) 6. - La novità dell'amore di Dio, che è venuta e viene nella storia, rinnova l'uomo, la comunità ecclesiale, la stessa società civile. Il tema del Convegno, "Il Vangelo della carità per una nuova società in Italia", mentre ci ricorda che il mistero della carità divina deve essere al centro della nostra esperienza, ci suggerisce anche che l'altro polo della nostra attenzione deve essere il rinnovamento del Paese. Anzi il Vangelo stesso della carità ci muove ad agire in vista di tale obiettivo. Seguendo l'insegnamento del Concilio Vaticano II, siamo convinti che la fede non ci distoglie dai nostri doveri terreni, ma ci « obbliga ancor più a compierli ». La nostra vita è protesa nella speranza verso il compimento ultimo oltre la storia; la carità, che ci anima, anela alla perfetta comunione con le Persone divine nell'eternità. Però la stessa carità ci impegna a preparare nella storia il regno di Dio, promuovendo i valori umani nella loro autenticità e consistenza propria. « I cristiani in cammino verso la città celeste, devono ricercare e gustare le cose di lassù; questo tuttavia non diminuisce, anzi aumenta l'importanza del loro dovere di collaborare con tutti gli uomini per la costruzione di un mondo più umano ». Dal Vangelo della carità vengono innanzitutto nuove motivazioni e nuove energie, quelle che a Palermo ci hanno fatto dichiarare il fermo proposito: Vogliamo star dentro la storia, con amore! 7. - La crisi del nostro Paese non è superficiale, ma « raggiunge i livelli profondi della cultura e dell'ethos collettivo » Ha le sue radici nel secolarismo e nella scristianizzazione, cioè nell'emarginazione e dimenticanza di Dio e nell'eclisse della fede in Gesù Cristo. Da qui derivano la concezione deviante di una libertà umana senza verità oggettiva, lo smarrimento di valori morali, come quelli della vita, della famiglia, della solidarietà, e infine il disordine della convivenza civile. Tale dinamica negativa, che impoverisce interiormente la società dell'Occidente, ricca peraltro di beni materiali e tecnologicamente evoluta, insidia pericolosamente anche il nostro Paese e il suo patrimonio di civiltà. D'altra parte, accanto agli aspetti negativi, possiamo scorgere nel nostro tempo anche importanti elementi di verità e di bene. Presso la maggioranza della popolazione si nota una diffusa religiosità, anzi un ritorno alla preghiera. Molti sono alla ricerca di punti di riferimento, di ragioni di vita e di speranza. Quanto alla concezione dell'uomo e della società, si affermano istanze e valori di grande rilievo, quali il senso della dignità di ogni persona e della pari dignità della donna, il bisogno di rapporti autentici tra le persone, il bisogno di giustizia e di valori comuni per una solida convivenza civile, il desiderio di trasparenza politica, l'aspirazione alla pace, la salvaguardia e il rispetto della natura. Tali elementi positivi ci fanno sperare che il travaglio in atto finisca per rivelarsi una crisi di crescita e ci offrono preziose opportunità per una nuova evangelizzazione. 8. - Intanto però non possiamo esimerci dal compiere come credenti e come comunità ecclesiale un doveroso esame di coscienza. Come mai la fede cristiana, con i suoi contenuti specifici e le sue esigenze di coerenza, che rafforzano e trascendono il comune senso religioso, incide debolmente sulla mentalità e sul costume della gente, che pur si dichiara cattolica? Come mai incide ancor meno nella cultura cosiddetta "alta", nelle proposte culturali dei media, negli indirizzi economici e politici? Non abbiamo anche noi cristiani delle responsabilità? Non pesano forse ancora le controtestimonianze che abbiamo dato in passato riguardo all'unità dei cristiani, al rispetto della libertà di coscienza nel servizio della verità, alla tutela dei diritti umani fondamentali? Non ci sono anche oggi ritardi, omissioni, incoerenze? Ci teniamo saldamente ancorati a Gesù Cristo con la preghiera, come i tralci alla vite? Abbiamo il coraggio di testimoniare il Vangelo nella difesa di ogni uomo, a partire dai più deboli? Quali sono i nostri difetti religiosi, morali e sociali che più nascondono il volto di Dio-Amore? Quale contributo culturale possiamo dare al rinnovamento del nostro Paese? 9. - Il nostro contributo più prezioso al bene del Paese non può essere altro che una nuova evangelizzazione, incentrata sul Vangelo della carità, che congiunge insieme la verità di Dio che è amore e la verità dell'uomo che è chiamato all'amore: una nuova evangelizzazione consapevolmente attenta alla cultura del nostro tempo, per aiutarla a liberarsi dei suoi limiti e a sprigionare le sue virtualità positive. È tempo di un nuovo incontro tra la fede e la cultura. Se la fede ha bisogno della cultura per essere vissuta in modo umano, la cultura ha bisogno della fede per esprimere la pienezza della vocazione dell'uomo. « È tempo di comprendere più profondamente che il nucleo generatore di ogni autentica cultura è costituito dal suo approccio al mistero di Dio, nel quale soltanto trova il suo fondamento incrollabile un ordine sociale incentrato sulla dignità e responsabilità personale. È a partire da qui che si può e si deve costruire nuova cultura. Questo è il principale contributo che, come cristiani, possiamo dare a quel rinnovamento della società in Italia che è l'obiettivo del Convegno ». Alla luce del primato di Dio, la persona umana risalta in tutta la sua dignità e i valori etici ricevono tutta la loro consistenza, consentendo di edificare una società ordinata. La persona assume il ruolo di « principio, soggetto e fine di tutte le istituzioni sociali » e il rispetto verso di essa si pone « come criterio basilare, quasi pilastro fondamentale, per la ristrutturazione della società ». Il Vangelo della carità vuole farsi storia. In quanto manifesta pienamente la verità dell'uomo, costituisce « la legge fondamentale dell'umana perfezione e perciò anche della trasformazione del mondo. La carità, è stato detto a Palermo, non è solo « pietosa infermiera » che cura le patologie della società, ma rimedio per rimuoverne le cause, anzi per prevenirle: a partire dai poveri essa vuole farsi guida verso il futuro del Paese; vuole essere « anima d'una storia rinnovata ». La vita secondo lo Spirito « Al vincitore darò … un nome nuovo » ( Ap 2,17 ) 10. - Come dire oggi nella storia il Vangelo della carità? Quali forze e strategie mettere in campo? In apertura del Convegno di Palermo abbiamo udito la dichiarazione appassionata che, per la nuova evangelizzazione e per il rinnovamento della società, la prima risorsa e la più necessaria sono uomini e donne nuovi, immersi nel mistero di Dio e inseriti nella società, santi e santificatori. Non basta aggiornare i programmi pastorali, i linguaggi e gli strumenti della comunicazione. Non bastano neppure le attività caritative. Occorre una fioritura di santità. Essere santi significa vivere in comunione con Dio, che è il solo Santo, e, poiché Dio è carità, lasciarsi plasmare il cuore e la vita dalla forza della sua carità. A Palermo ci è stato ricordato il grande insegnamento del Concilio Vaticano II sulla comune vocazione alla santità: « Tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità e tale santità promuove nella stessa società terrena un tenore di vita più umano ». Si tratta di una meravigliosa possibilità, in cui credere fermamente, di un germe da coltivare con perseveranza e con intenso desiderio che cresca. Ci incoraggiano a ciò i moltissimi santi della nostra tradizione cristiana e, con accento particolarmente persuasivo, le nobili figure che hanno illuminato la storia recente del nostro Paese. Noi Vescovi rinnoviamo ora lo stesso appello a uscire dal torpore e dalla rassegnazione, a superare una religiosità di abitudine e di costume. Il fervore della carità comporta uno stile esigente di vita cristiana, pur nella normalità del vissuto di ogni giorno. Ci sono senz'altro modalità diverse di attuare l'unica santità, « come raggi dell'unica luce di Cristo riflessa sul volto della Chiesa », ma gli elementi fondamentali sono comuni e accessibili a tutti: sono gli elementi di una spiritualità trinitaria e incarnata nel quotidiano. 11. - Siamo chiamati a vivere in comunione con la Trinità divina. L'esistenza cristiana è camminare secondo lo Spirito, lasciarsi guidare da lui, umili, docili e per questo anche audaci. « Sappiamo bene che agente principale della nuova evangelizzazione è lo Spirito Santo: perciò noi possiamo essere cooperatori dell'evangelizzazione solo lasciandoci abitare e plasmare dallo Spirito, vivendo secondo lo Spirito e rivolgendoci nello Spirito al Padre ». L'esistenza cristiana è seguire Gesù, modello e amico, scegliere di essere come lui e con lui: ascoltarlo nella Parola, riceverlo nell'Eucaristia, incontrarlo nei fratelli, servirlo nei poveri, portare con lui la croce. L'esistenza cristiana è andare con Cristo al Padre, come figli grati e obbedienti, pieni di fiducia nella sua provvidenza, assumendo la vita come vocazione, non come orgogliosa autorealizzazione, accogliendo ogni persona e cosa, ogni evento e situazione come un dono e una possibilità di bene. L'unione con le Persone divine abbraccia l'intero vissuto quotidiano: il dialogo è continuo se è continuo l'amore, se in ogni cosa facciamo la volontà di Dio. Tuttavia sono necessari i tempi della preghiera, in cui il rapporto con Dio si fa consapevole, diventa contemplazione, adorazione, lode, ringraziamento, ascolto, domanda. È bello lasciarsi amare da Dio! È necessario ricevere da lui la forza della carità per amare i fratelli, per trasformare in culto spirituale le varie occupazioni e prove che ci attendono: la nostra carità può esistere solo come riverbero della sua. A partire dalla preghiera, la carità assume, purifica ed eleva tutte le realtà dell'esperienza personale di ogni giorno: le relazioni familiari, sociali, ecclesiali, le attività professionali, culturali, ricreative. La carità congiunge la preghiera con l'impegno, in modo da rendere contemplativi nell'azione e memori del mondo davanti a Dio. Genera una spiritualità che guarda oltre la storia, ma è sostanziata di storia. Ama appassionatamente Dio; ma vede Dio in tutti e ama tutti appassionatamente, come Dio li ama. Né uno spiritualismo intimista, né un attivismo sociale; ma una sintesi vitale, capace di redimere l'esistenza vuota e frammentata, di dare unità, significato e speranza. Conviene qui ricordare un bellissimo testo dei primi secoli cristiani ascoltato nell'assemblea di Palermo: « I cristiani non si distinguono dagli altri uomini né per territorio, né per lingua, né per il modo di vestire. Essi non abitano città loro proprie, non usano un linguaggio particolare, né conducono uno speciale genere di vita. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri … Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. Dimorano sulla terra, ma sono cittadini del cielo. Obbediscono alle leggi stabilite e con la loro vita superano le leggi … A dirla in breve, come è l'anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani ». 12. - Per conformarsi a Cristo crocifisso e risorto e per essere veramente liberi di donarsi a Dio e ai fratelli, bisogna sviluppare il dominio di sé, la sobrietà nei consumi, la disciplina dei sentimenti. Bisogna riconciliarsi con la vita, assumendo anche la sofferenza, la malattia e l'insuccesso come opportunità di maturazione personale, di testimonianza e di intercessione a favore degli altri presso Dio: « A tutti voi che soffrite, chiediamo di sostenerci. Proprio a voi che siete deboli, chiediamo che diventiate una sorgente di forza per la Chiesa e per l'umanità ». Tutto questo è possibile con la grazia dello Spirito Santo. Ma richiede un cammino progressivo e perseverante di conversione personale, scandito dal sacramento della Riconciliazione. Riconoscere i propri peccati, ritardi e debolezze « serve per rimanere umili, per essere miti con gli altri, per confidare in Dio, che ci ama così come siamo »; costituisce perfino una testimonianza in un tempo in cui si è facilmente propensi all'autogiustificazione e si tende a considerare la trasgressione come affermazione di libertà. Apriamo con sincerità il nostro cuore: accogliamo l'appello alla santità che in prossimità dell'anno giubilare si fa più nitido e insistente. Celebrare e contemplare Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo, crocifisso e risorto, Vangelo vivente della carità, suscita uomini nuovi, capaci di amare. « Noi amiamo, perché Egli ci ha amati per primo » ( 1 Gv 4,19 ). « Il più grande omaggio … a Cristo, alla soglia del terzo millennio » saranno « i frutti di fede, di speranza e di carità ». « È necessario, pertanto, suscitare in ogni fedele un vero anelito alla santità, un desiderio forte di conversione e di rinnovamento personale in un clima di sempre più intensa preghiera e di solidale accoglienza del prossimo, specialmente quello più bisognoso ». Cammini di formazione « Svegliati e rinvigorisci ciò che rimane » ( Ap 3,2 ) 13. - Come tendere seriamente alla santità? Come maturare una spiritualità incarnata nella concretezza della vita quotidiana e della storia? Come diventare soggetti credibili della nuova evangelizzazione? Non c'è altra via se non quella di una seria formazione alla vita cristiana. Negli orientamenti pastorali per questi anni '90 abbiamo affermato: « L'educazione alla fede è una necessita generale e permanente: riguarda cioè i giovani e gli adulti non meno dei bambini e dei ragazzi, e comincia proprio da coloro che partecipano più intensamente alla vita e alla missione della Chiesa ». A sua volta il Convegno di Palermo ha ribadito l'urgenza, in un contesto di pluralismo religioso e culturale come il nostro, di conferire maggiore consapevolezza ed efficacia educativa a tutta la pastorale. Chiediamo alle diocesi e alle parrocchie di privilegiare le scelte più idonee a sollecitare la graduale trasformazione della pratica religiosa e devozionale di molti in adesione personale e vissuta al Vangelo. Finalizzino tutta la pastorale all'obiettivo prospettato dal nostro progetto catechistico: « Educare al pensiero di Cristo, a vedere la storia come lui, a giudicare la vita come lui, a scegliere e ad amare come lui, a sperare come insegna lui, a vivere in lui la comunione con il Padre e lo Spirito Santo. In una parola, nutrire e guidare la mentalità di fede». 14. - Come Dio, nel suo rivelarsi, incontra l'uomo nel tempo, così l'educazione alla fede lo introduce passo dopo passo alla pienezza del mistero e si fa itinerario. Il primo itinerario da valorizzare è quello comune a tutto il popolo di Dio, l'anno liturgico, scandito dalla domenica, giorno del Signore e giorno della Chiesa, della Parola, dell'Eucaristia, della carità. A partire da questo fondamentale itinerario vanno poi sviluppati itinerari di vita cristiana diversificati, che tengano conto dell'età, del ruolo ecclesiale, dell'esperienza spirituale, della condizione familiare, culturale e professionale. Nel comune cammino dell'anno liturgico devono innestarsi attenzioni specifiche, perché la proposta non suoni generica, ma colga ciascuno nella propria concreta situazione. Perché l'esperienza di fede venga personalizzata, si valorizzino i luoghi in cui la persona esce dall'anonimato: la famiglia anzitutto, quindi la parrocchia, « casa aperta a tutti », le piccole comunità, i gruppi, le aggregazioni ecclesiali. Queste realtà possono diventare laboratori di preghiera, di rapporti umani e fraterni, di apostolato, di servizio ai poveri e alla comunità, di progettazione pastorale, culturale e sociale. 15. - Gli itinerari, diversi tra loro, devono comunque comprendere e fondere in una circolarità dinamica le tre dimensioni fondamentali della pastorale e della vita cristiana: annuncio, celebrazione e testimonianza. Noi Vescovi avevamo già indicata questa esigenza come prioritaria negli orientamenti per questo decennio. A Palermo lo stesso Santo Padre ce l'ha ricordata, chiedendo alle nostre Chiese di « lasciarsi plasmare dall'ascolto della parola di Dio, alimentandosi e purificandosi continuamente alle fonti della liturgia e della preghiera personale, per vivere più intensamente la comunione ». La reciproca integrazione di catechesi, celebrazione e servizio della carità sta alla base anche dell'itinerario di formazione che il Santo Padre propone per tutto il popolo di Dio come preparazione prossima al Giubileo, un itinerario in tre tappe per gli anni 1997, 1998, 1999. Nel primo anno la catechesi si concentra su Gesù Cristo unico Salvatore del mondo, l'iniziazione liturgica sul Battesimo, l'esperienza vissuta sulla testimonianza di fede. Nel secondo anno alla catechesi, che ha per tema lo Spirito Santo e la sua presenza nella Chiesa, si uniscono la riscoperta della Confermazione e la partecipazione creativa e piena di speranza alla vita ecclesiale e sociale. Nel terzo anno si compongono insieme la catechesi incentrata sul ritorno al Padre, il sacramento della Penitenza e l'impegno per edificare, a partire dai poveri, una civiltà dell'amore. Si tratta di un itinerario caratterizzato da una dinamica trinitaria, "per Cristo nello Spirito al Padre", che procede impegnando costantemente le tre dimensioni della vita cristiana. Su di esso dovranno essere strutturati l'itinerario comune e gli itinerari diversificati di fede che ci siamo proposti. 16. - Per accogliere consapevolmente la verità della carità, che risplende in Cristo, occorre unire l'esperienza vissuta alla conoscenza dei contenuti e delle ragioni della fede ( cf. 1 Pt 3,15 ). Un'attenta riflessione, per la formazione di salde convinzioni, appare ancor più indispensabile nel pluralismo religioso e culturale, che caratterizza il nostro tempo. In questa prospettiva c'è anzitutto da diffondere la Bibbia e promuovere una lettura sapienziale di essa. L'incontro diretto con la parola di Dio scritta è di importanza vitale per la formazione di personalità cristiane e per il discernimento evangelico della vita e della storia. Ne abbiamo fatto intensa esperienza al Convegno di Palermo, meditando quotidianamente il testo dell'Apocalisse. Da parte sua il Papa ci ha additato come obiettivo del primo anno di preparazione al Giubileo il ritorno « con rinnovato interesse alla Bibbia ». Occorre formare animatori di incontri biblici, promuovere l'uso di pregare con la Bibbia in famiglia e nei gruppi ecclesiali, diffondere specialmente la pratica della "lectio divina". Si sperimenta così come l'interiorità cristiana non sia intimismo soggettivo, ma interiorizzazione della parola di Dio che è venuta nella storia e viene ora a plasmare la nostra esistenza. Necessaria è anche la conoscenza della dottrina della Chiesa, senza la quale la stessa lettura della Bibbia rischia di cadere nel soggettivismo. Gli itinerari formativi devono prevedere specifici momenti catechistici, in cui sono da utilizzare i testi del Catechismo della C.E.I. per la vita cristiana, destinati a sostenere l'educazione alla fede nelle diverse età. In modo particolare raccomandiamo il Catechismo degli adulti La verità vi farà liberi, la cui struttura trinitaria risponde esattamente alla dinamica dell'itinerario proposto dal Santo Padre per la preparazione al Giubileo. 17. - L'esistenza cristiana è adesione a una parola di Verità, e insieme accoglienza di un dono di vita, che ci viene comunicato nei segni sacramentali. Essa trova la sua sorgente e il suo culmine nell'Eucaristia, sacramento della carità e della comunione. La partecipazione assidua all'Eucaristia sia posta al centro degli itinerari di fede. Si curino innanzitutto le disposizioni interiori, indispensabili per una ricezione fruttuosa del sacramento. Ma si dia giusta importanza anche al concreto linguaggio dei segni: parole e silenzi, gesti espressivi e immagini, canti e suoni, spazi e luci. Per ravvivare la fede nella presenza di "Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo, ieri, oggi e sempre", si colga l'opportunità offerta dal prossimo Congresso eucaristico nazionale, che sarà celebrato a Bologna nel 1997, come preludio a quello dell'anno giubilare. 18. - Nutrendoci della Parola e dell'Eucaristia, saremo condotti a vivere la carità, con uno stile di vita caratterizzato da servizio, condivisione, attenzione preferenziale ai poveri, perdono e riconciliazione. Gli itinerari formativi prevedano a riguardo non solo gesti episodici, ma esercizio assiduo, capace di coinvolgere intimamente e di creare mentalità. Si aprano all'animazione da parte della Caritas diocesana e della Caritas parrocchiale; valorizzino la testimonianza del volontariato e soprattutto dei religiosi e delle religiose, che dedicano totalmente la vita a servire i fratelli, per farli incontrare con l'amore di Dio e di Cristo. Sviluppo della comunione « Ecco la dimora di Dio con gli uomini » ( Ap 21,3 ) 19. - Il Vangelo della carità, mentre chiama ogni persona a novità di vita, interpella anche la comunità dei credenti in quanto tale. Quale rinnovamento le occorre per essere percepita come segno della presenza e dell'amore di Dio? Quale immagine di sé deve dare per essere credibile nella società di oggi? Abbiamo vissuto il Convegno di Palermo come un gioioso evento di comunione. « Il Vangelo della carità prima che il tema di questo Convegno, ne è stato in larga misura lo stile, il metodo di lavoro, il clima entro cui discussioni, interventi, rapporti conviviali si sono svolti, anche quando i pareri sono stati diversi ». Ai nostri occhi si è illuminato di vivida luce il senso della preghiera di Gesù: « Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato » ( Gv 17,21 ). Abbiamo constatato, con nuova meraviglia, che davvero la comunione fraterna è immagine della Trinità divina, immagine sommamente persuasiva anche per gli uomini del nostro tempo. Ci sentiamo confermati nella convinzione che per la nuova evangelizzazione è necessario rifare con la carità il tessuto delle nostre comunità cristiane. Dobbiamo edificare comunità di carità vissuta, che siano segno tangibile della novità di Cristo nella storia, lievito umile, ma fecondo, nella società individualista e conflittuale. 20. - A Palermo abbiamo condiviso doni spirituali, esperienze e progetti nell'incontro di una grande varietà di vocazioni, responsabilità e competenze. Ci siamo sentiti provocati a « incrementare una dinamica, matura e arricchente, di reciprocità tra le diverse componenti della comunità ecclesiale, in comunione e sotto la guida dei Vescovi ». La convinzione che la pienezza dei doni dello Spirito si trova solo nell'insieme della Chiesa, deve indurci a valorizzare le diverse componenti nella loro specificità, facendole convergere verso l'unità. Dobbiamo alimentare una cultura della reciprocità e della partecipazione e attivare un'incessante comunicazione e collaborazione, per esprimere concretamente la comunione. Tutti siamo abbastanza poveri per dover ricevere; tutti siamo abbastanza ricchi per poter dare. Segni e strumenti efficaci per la crescita della comunione e per la promozione di una concorde azione missionaria sono gli organismi di partecipazione: consiglio presbiterale, consiglio pastorale, consiglio per gli affari economici. È necessario che siano rilanciati, in diocesi e in parrocchia, con convinzione, perseveranza e creatività. Inoltre, per accrescere la vitalità e l'efficacia missionaria delle nostre Chiese, dobbiamo essere molto determinati nei diversi impegni che ci attendono, secondo la nostra vocazione e responsabilità. Noi Vescovi ci sentiamo chiamati a curare l'unità e la formazione permanente del presbiterio diocesano, ad offrire opportunità di coinvolgimento ai consacrati e alle consacrate, ad aprire spazi di partecipazione ai laici, uomini e donne, e alle loro molteplici aggregazioni. I presbiteri si dedichino con fiducia e con gioia a rinsaldare la fraternità sacerdotale e la corresponsabilità pastorale tra loro e con il Vescovo; a migliorare la comunicazione con i fedeli, specialmente con gli operatori pastorali e gli adulti in genere. Curino seriamente la propria formazione spirituale e culturale, per compiere degnamente il loro ministero ai fini della nuova evangelizzazione. I diaconi tengano desto nel proprio cuore il fuoco della carità, per essere testimoni e animatori instancabili del servizio ai fratelli, specialmente ai poveri. I consacrati e le consacuate ravvivino l'amore reciproco nelle loro comunità; si inseriscano concretamente, con la ricchezza dei carismi propri dei loro Istituti, nell'insieme della Chiesa, come attuazione esemplare di essa nella radicalità evangelica, nella lode a Dio, nell'evangelizzazione, nell'educazione dei giovani, nel servizio ai poveri. I fedeli laici, uomini e donne, cui spetta in modo peculiare il compito di « illuminare e ordinare tutte le cose temporali » mediante la fede che opera attraverso la carità, si impegnino nel mondo con coerenza cristiana e partecipino alle attività ecclesiali senza venir meno alle loro responsabilità secolari. I teologi coltivino liberamente e rigorosamente la ricerca, in armonia con la fede della Chiesa e il magistero dei Pastori, ricordando che « c'è una carità della verità … che oggi forse è più urgente ancora delle altre ». Privilegino i temi che sono centrali e decisivi nell'odierno dibattito culturale, riguardo a Dio, a Gesù Cristo, al destino dell'uomo, interpretando la verità cristiana come verità della carità. Le famiglie crescano nell'amore reciproco come « viva immagine del mistero della Chiesa ». I coniugi tra loro e i genitori con i figli stiano volentieri insieme; condividano beni spirituali e materiali, gioie e sofferenze; dialoghino, riflettano e decidano insieme; riportino nella comunicazione familiare interessi e impegni esterni. Le aggregazioni di fedeli siano in comunione di pensieri e di comportamenti con le direttive del Vescovo; coltivino la comunicazione cordiale e assidua tra loro e con tutte le componenti della comunità diocesana e parrocchiale. L'Azione Cattolica si senta incoraggiata, secondo il suo carisma di diretta collaborazione con i Pastori, a promuovere il senso della Chiesa particolare e l'organicità della pastorale. 21. - Come espressione dinamica della comunione ecclesiale e metodo di formazione spirituale, di lettura della storia e di progettazione pastorale, a Palermo è stato fortemente raccomandato il discernimento comunitario. Perché esso sia autentico, deve comprendere i seguenti elementi: docilità allo Spirito e umile ricerca della volontà di Dio; ascolto fedele della Parola; interpretazione dei segni dei tempi alla luce del Vangelo; valorizzazione dei carismi nel dialogo fraterno; creatività spirituale, missionaria, culturale e sociale; obbedienza ai Pastori, cui spetta disciplinare la ricerca e dare l'approvazione definitiva. Così inteso, il discernimento comunitario diventa una scuola di vita cristiana, una via per sviluppare l'amore reciproco, la corresponsabilità, l'inserimento nel mondo a cominciare dal proprio territorio. Edifica la Chiesa come comunità di fratelli e di sorelle, di pari dignità, ma con doni e compiti diversi, plasmandone una figura, che senza deviare in impropri democraticismi e sociologismi, risulta credibile nella odierna società democratica. Si tratta di una prassi da diffondere a livello di gruppi, comunità educative, famiglie religiose, parrocchie, zone pastorali, diocesi e anche a più largo raggio. I responsabili delle comunità cristiane ne approfondiscano il senso e le modalità per poterla promuovere come autorevoli guide spirituali e pastorali, saggi educatori e comunicatori. 22. - La comunione, generata dal Vangelo della carità, non può essere circoscritta entro l'ambito di ciascuna Chiesa particolare. Dobbiamo intensificare anche la comunicazione e lo scambio dei doni tra le Chiese, a cominciare dalle nostre in Italia. Particolarmente urgente si fa oggi la cooperazione tra il Nord e il Sud d'Italia, in modo che la comunione ecclesiale sia fermento di solidarietà sociale e di unità nazionale. A Palermo abbiamo avuto una percezione più viva della grande tradizione culturale del Mezzogiorno e della perdurante vitalità di importanti valori, quali il senso religioso, il senso della famiglia, dell'amicizia, dell'ospitalità. Purtroppo abbiamo udito anche il dolore e la protesta contro mali intollerabili, quali l'inefficienza politica e amministrativa, il ritardo produttivo, il dramma della disoccupazione giovanile, il peso della criminalità organizzata. Mentre auspichiamo una nuova stagione di intelligente e operosa solidarietà, avvertiamo la verità e l'attualità del monito che già da tempo noi Vescovi abbiamo formulato: « Il Paese non crescerà se non insieme ». Oltre i confini nazionali, memori della missione storica del nostro popolo in ordine alla trasmissione della fede e dei valori di autentica umanità, dobbiamo mantenerci aperti alla cooperazione con le Chiese che sono in Europa e nel mondo, con una attenzione particolare a quelle in cui si trovano i nostri concittadini emigrati all'estero. Dobbiamo inoltre intensificare il dialogo ecumenico con i fratelli cristiani delle altre Chiese e comunità ecclesiali, aiutandoci a crescere gli uni e gli altri nella verità e carità, in modo che « al Grande Giubileo ci si possa presentare se non del tutto uniti, almeno molto più prossimi a superare le divisioni del secondo millennio ». A riguardo si è rivelata assai positiva la presenza dei delegati fraterni a Palermo, che già sta dando frutti di reciprocità. Alla ricerca della piena unità devono contribuire tutti i fedeli con la preghiera e il comportamento. Si tratta di « un imperativo della coscienza cristiana illuminata dalla fede e guidata dalla carità ». Questi ampi orizzonti ci vengono additati anche da due prossimi eventi ecclesiali di grande rilievo: il Simposio dei Vescovi europei che si terrà a Roma nell'ottobre di quest'anno e l'Assemblea Ecumenica europea che si riunirà a Graz in Austria nel giugno dell'anno venturo. Da essi ci vengono ricordate quelle responsabilità per la difesa e lo sviluppo della grande eredità cristiana dell'Europa, a cui il Santo Padre non si stanca di richiamare la nostra attenzione. Coraggio della missione « Recava un vangelo eterno da annunziare agli abitanti della terra e ad ogni nazione, razza, lingua e popolo » (Ap 14,6 ) 23. - La carità spinge la Chiesa a farsi carico di onerosi servizi sociali e a porsi come riferimento etico per la società. Molti, addirittura, di fatto riducono a questo la sua missione. Essa, invece, sa di dover condividere con tutti la pienezza della sua esperienza di fede. La Chiesa « esiste per evangelizzare », per far incontrare gli uomini con l'amore di Dio in Cristo. Ci domandiamo allora quali siano le urgenze attuali della missione e quali vie si debbano percorrere. Oggi in Italia l'evangelizzazione richiede una conversione pastorale. La Chiesa, ha affermato il Papa a Palermo, « sta prendendo più chiara coscienza che il nostro non è il tempo della semplice conservazione dell'esistente, ma della missione ». Non ci si può limitare alle celebrazioni rituali e devozionali e all'ordinaria amministrazione: bisogna passare a una pastorale di missione permanente. « È venuta meno un'adesione alla fede cristiana basata principalmente sulla tradizione e il consenso sociale »; appare perciò urgente « promuovere una pastorale di prima evangelizzazione che abbia al suo centro l'annuncio di Gesù Cristo morto e risorto, salvezza di Dio per ogni uomo, rivolto agli indifferenti o non credenti ». Tale annuncio è efficace se è sostenuto dalla testimonianza di carità dei cristiani e della comunità e se esso stesso si attua con uno stile di carità, « con dolcezza e rispetto » ( 1 Pt 3,15 ). Non può non contenere un appello deciso alla conversione; ma deve cercare di incontrare le domande esistenziali e culturali delle persone e valorizzare i "semi di verità" di cui sono portatrici. Perché nasca un'adesione di fede convinta e personale, occorre un incontro vivo con Cristo, attraverso i segni della sua presenza e della sua carità. Inoltre nell'attuale situazione di pluralismo culturale, la pastorale deve assumersi, in modo più diretto e consapevole, il compito di plasmare una mentalità cristiana, che in passato era affidato alla tradizione familiare e sociale. Per tendere a questo obiettivo, dovrà andare oltre i luoghi e i tempi dedicati al "sacro" e raggiungere i luoghi e i tempi della vita ordinaria: famiglia, scuola, comunicazione sociale, economia e lavoro, arte e spettacolo, sport e turismo, salute e malattia, emarginazione sociale. La pastorale attuata nelle strutture parrocchiali dovrà saldarsi organicamente con la cosiddetta pastorale degli ambienti, in modo che la parrocchia si edifichi come comunità missionaria e soggetto sociale sul territorio. Il ministero dei presbiteri e dei diaconi dovrà essere integrato da una varietà di servizi stabili e riconosciuti, con doni e competenze rispondenti a concrete esigenze. Si aprono così spazi per molteplici presenze e figure: catechisti; animatori della liturgia, della pastorale della carità e di altri settori pastorali; responsabili di gruppi e piccole comunità. Sono da valorizzare le aggregazioni ecclesiali e le associazioni di ispirazione cristiana. Più generalmente è da promuovere una diffusa coscienza missionaria nelle famiglie e nei singoli cristiani. La famiglia che vive la carità è soggetto evangelizzante e scuola di umanità con la sua stessa vita quotidiana, prima ancora di assumere eventuali impegni particolari di carattere ecclesiale o sociale. Il cristiano adulto nella fede « cerca le occasioni per annunziare Cristo sia ai non credenti per condurli alla fede, sia ai fedeli per condurli a una vita più fervente ». L'apostolato personale, se avviene in un contesto di compagnia amichevole, con franchezza unita a umiltà, cordialità e rispetto dell'altrui libertà, è particolarmente incisivo; per di più è capillare, costante e possibile ovunque, in famiglia, tra vicini e amici, tra colleghi di lavoro, tra compagni di svago e di viaggio. Quanto alla diocesi, ricordiamo che nella sua identità di Chiesa particolare è anche il fondamentale soggetto pastorale e missionario sul territorio, con apertura al mondo intero. Sotto la guida del Vescovo cercherà di sostenere, orientare, coordinare, verificare e integrare la pastorale delle parrocchie e degli altri soggetti nel suo ambito. 24. - La nuova evangelizzazione sul territorio riceverà slancio e ispirazione da una sincera ed effettiva apertura alla missione universale. Un'autentica pastorale non può mancare di questa dimensione, perché la carità è vasta come il mondo. E, ringraziando il Signore, le nostre Chiese sono tradizionalmente ben disposte alla cooperazione missionaria e alla collaborazione internazionale allo sviluppo: esprimono numerosi missionari e volontari; li sostengono spiritualmente e materialmente. Da Palermo, avamposto nel Mediterraneo verso i grandi continenti extraeuropei e crogiuolo storico di numerose civiltà, ci viene l'appello a vedere nei missionari i testimoni esemplari, spesso eroici, della carità; ad aiutarli con la preghiera, l'amicizia e i mezzi economici; a ricevere da loro e dalle giovani Chiese la freschezza delle loro esperienze spirituali, pastorali e culturali. « Cooperare alla missione vuol dire non solo dare, ma anche saper ricevere ». Dallo scambio dei doni ci verrà uno stimolo per convertirci a una pastorale di missione permanente, per sviluppare il dialogo interreligioso e interculturale, sempre più urgente anche all'interno del nostro Paese. 25. - In una prospettiva di pastorale missionaria, rivolta a formare una mentalità cristiana, si colloca il progetto culturale della Chiesa in Italia, che si sta progressivamente precisando nelle sue coordinate. Da sempre la pastorale ha una valenza culturale, perché la fede stessa ha un legame vitale con le sue espressioni culturali. Ora però è necessario assumere con maggiore consapevolezza il rapporto fede e cultura. Rendere più vigile e consapevole questa attenzione è l'obiettivo generale del progetto culturale. Il progetto non è una sintesi dottrinale organica e completa fin dall'inizio, ma un processo di formazione e di animazione prolungato nel tempo, che si sviluppa secondo la dinamica del discernimento comunitario. Alla luce del nucleo di riferimento, che è costituito dall'immagine cristiana dell'uomo rivelata in Gesù Cristo, vengono valutate le tendenze emergenti, i fatti e le situazioni di maggior rilievo del nostro tempo, per maturare orientamenti di pensiero e di azione. « Dalla centralità di Cristo si può ricavare un orientamento globale per tutta l'antropologia, e così per una cultura ispirata e qualificata in senso cristiano. In Cristo infatti ci è data un'immagine e un'interpretazione determinata dell'uomo, un'antropologia plastica e dinamica capace di incarnarsi nelle più diverse situazioni e contesti storici, mantenendo però la sua specifica fisionomia, i suoi elementi essenziali e i suoi contenuti di fondo. Ciò riguarda in concreto la filosofia come il diritto, la storiografia, la politica, l'economia. Incarnare e declinare nella storia - per noi nelle vicende concrete dell'Italia di oggi - questa interpretazione cristiana dell'uomo è un processo sempre aperto e mai compiuto ». Tale processo esige da una parte fedeltà alla dottrina della fede e all'insegnamento sociale della Chiesa e dall'altra rispetto della legittima autonomia delle realtà terrene e quindi competenza, professionalità e rigore metodologico. Comporta tra i cattolici profonda e convinta unità negli orientamenti fondamentali insieme alla possibilità di valutazioni storiche e linee operative differenziate a livello di mezzi e strategie di attuazione. Coinvolge sia la cultura cosiddetta "alta", sia la pastorale ordinaria, sia l'esperienza propria dei fedeli nelle attività temporali. Valorizza anche il confronto con le persone di altre posizioni religiose e culturali. Non coltiva pretese di egemonia, ma vuole rendere culturalmente e socialmente rilevante il messaggio evangelico e dare così un valido contributo al futuro del Paese. Entro le coordinate del progetto culturale sono invitati a situarsi creativamente i molteplici soggetti pastorali delle nostre Chiese. Inoltre, in funzione di stimolo, per alimentare e rilanciare continuamente la riflessione nei luoghi pastorali, verranno organizzati un servizio di coordinamento presso la C.E.I. e una rete di laboratori di studio e di proposta, distribuiti sul territorio e distinti per aree tematiche. Un primo germe del progetto culturale è già spuntato a Palermo, dove il discernimento comunitario si è concentrato su cinque ambiti ritenuti oggi particolarmente rilevanti sia per la nuova evangelizzazione sia per il rinnovamento del Paese: la cultura e la comunicazione sociale, l'impegno sociale e politico, l'amore preferenziale per i poveri, la famiglia, i giovani. Il senso globale di tale riflessione è che la verità dell'uomo, manifestata pienamente dal Vangelo della carità, si traduce in una cultura della responsabilità e della solidarietà nelle molteplici dimensioni della vita. Al centro della cultura la verità dell'uomo « Grandi e mirabili sono le tue opere, o Signore Dio onnipotente; giuste e veraci le tue vie » ( Ap 15,3 ) 26. - La cultura di un popolo è il suo patrimonio storico, frutto e condizione dello sviluppo dell'uomo: lingua, scienza, arte, tecnologia, leggi e istituzioni, usanze e modelli di comportamento. La cultura odierna, in Italia e nel mondo, è diffusa e plasmata dai media in misura così rilevante, che alcuni non esitano a parlare di rivoluzione antropologica. Non si tratta infatti di semplici strumenti, ma di nuovi linguaggi e processi di comunicazione, che trasformano le attitudini psicologiche, i modi di sentire e di pensare, le abitudini di vita e di lavoro, l'organizzazione stessa della società. Ci chiediamo: che cosa è l'uomo nella nostra cultura? Quale visione della vita sta dietro a tante parole, immagini, spettacoli, messaggi pubblicitari, fenomeni di costume? « Oggi, in Italia come quasi dappertutto nel mondo, gli sviluppi della cultura sono caratterizzati da una intensa e globale ricerca della libertà ». L'uomo moderno si percepisce come soggetto autocosciente e libero; afferma giustamente la propria originalità e centralità nell'ambiente naturale e sociale. È tentato però di mettere da parte il rapporto vitale con la verità oggettiva, con gli altri e con Dio. A volte spinge la propria autonomia fino a considerarsi « sorgente dei valori » e a decidere « i criteri del bene e del male ». Allora rimane prigioniero della propria libertà; decade a individuo chiuso in se stesso e solo. I valori e le norme morali diventano punti di vista soggettivi. L'esistenza si frantuma in una successione di esperienze effimere senza disegno, come un andare a vuoto, senza direzione e senza meta. La società, malgrado l'interdipendenza sempre più fitta e ampia, si riduce a una folla di individui, indifferenti, conflittuali e nella migliore delle ipotesi reciprocamente tolleranti. Tali tendenze culturali trovano il loro ambiente propizio nella veloce mobilità e nella complessità della vita moderna, groviglio di relazioni parcellizzate senza un centro. Sono alimentate e amplificate dai media, che diffondono troppo spesso la cultura dell'individuo, dell'effimero, del frammento e dell'apparenza. 27. - Questo clima culturale pone a noi cristiani la domanda fondamentale sulla verità dell'uomo e di Dio. « È questa la sfida più importante e più difficile che deve affrontare chi vuol incarnare il Vangelo nell'odierna cultura e società ». La nostra risposta deve essere anzitutto attenzione intelligente e cordiale ai preziosi elementi positivi della modernità avanzata, come il bisogno di senso e di speranza, l'esigenza di solidarietà e di etica pubblica, la ricerca di relazioni interpersonali sincere e di informazione non manipolata. Dobbiamo quindi sollecitare la cultura del soggetto e della libertà a liberarsi dalle chiusure del soggettivismo e dell'individualismo e ad evolversi verso la cultura della persona, soggetto autocosciente e libero, ma anche aperto alla verità dell'essere, agli altri, a Dio. Invitiamo particolarmente i teologi ad impegnarsi per « aprire gli orizzonti del pensiero e della cultura del nostro tempo all'incontro con la verità e la carità del Vangelo ». Auspichiamo un rinnovato dialogo interdisciplinare per orientare in senso umanistico i vari saperi e i nuovi poteri offerti dalla scienza e per valorizzare a scopo formativo l'immenso patrimonio della nostra tradizione culturale, impregnato di valori cristiani. 28. - A Palermo è emersa un'acuta consapevolezza del ruolo della cultura per la formazione della coscienza personale e del ruolo dei media per la formazione della cultura; si è affermato che « Cultura e comunicazione sociale costituiscono un "areopago" di importanza cruciale ai fini dell'inculturazione della fede cristiana ».53 Pertanto noi Vescovi incoraggiamo le aggregazioni ecclesiali e le associazioni professionali di ispirazione cristiana ad esprimere personalità capaci di una presenza significativa e credibile nei luoghi dove si elabora e si trasmette criticamente la cultura: scuola, università, centri culturali, laboratori artistici, media, editoria. Riaffermiamo il ruolo insostituibile della scuola nell'offrire strumenti di interpretazione critica della realtà ed esperienze di vita comunitaria, per la formazione di persone consapevoli e responsabili. Un valido contributo in tal senso potrà venire dall'insegnamento della religione cattolica e da una più incisiva pastorale scolastica. Auspichiamo che si dia vera priorità a una politica per la scuola, da cui largamente dipende la crescita culturale del nostro popolo. Inoltre, nel contesto di un servizio pubblico pluralista e di autonomia scolastica, chiediamo la parità giuridica ed economica della scuola non statale accanto a quella statale, per rispettare effettivamente il diritto delle famiglie alla libertà di educazione per i propri figli e per favorire uno sviluppo culturale più dinamico e creativo. 29. - Pur ribadendo il valore primario della comunicazione interpersonale sia per l'evangelizzazione che per la crescita umana, consapevoli del ruolo sempre più decisivo che assumono i media, intendiamo promuovere in ogni diocesi una pastorale organica della comunicazione sociale, con ufficio diocesano adeguato e animatori ben preparati, per curare la formazione dei sacerdoti, dei comunicatori e degli utenti. Ci impegniamo a far sì che i media cattolici attivino sollecitamente tra loro una rete di sinergie redazionali, gestionali, diffusionali, a livello locale e nazionale, per elevare la qualità e abbassare i costi. Chiediamo ai sacerdoti e agli operatori pastorali di sostenere e di utilizzare più largamente, nella loro formazione e nel loro servizio, i media cattolici. Invitiamo i cristiani, soprattutto quelli impegnati in politica, ad adoperarsi per una organizzazione e regolamentazione dei media che favorisca il libero formarsi dell'opinione pubblica, evitando, il più possibile, che l'informazione sia strumentalizzata dal potere economico e politico. Un rinnovato impegno per la città dell'uomo « Al vincitore che persevera … nelle mie opere, darò autorità sopra le nazioni » ( Ap 2,26 ) 30. - In ambito sociale e politico il Paese conosce oggi una delicata fase di transizione, in cui si colloca, come elemento non secondario, il venir meno della cosiddetta unità politica dei cattolici in un solo partito. Per i cattolici si conclude una stagione del loro impegno politico e se ne apre un'altra. Una valutazione serena ed equilibrata non può non riconoscere quanto rilevante sia stato il loro contributo alla formazione della carta costituzionale della Repubblica, alla difesa della democrazia, alla ricostruzione nel dopoguerra, al successivo progresso economico e sociale, all'edificazione dell'Europa. Purtroppo, non sono di poco conto in tale esperienza neppure le carenze: insufficiente attenzione alla famiglia e alle comunità intermedie; corresponsabilità nel dissesto della finanza pubblica; coinvolgimento in gravi fenomeni di immoralità sociale e politica. Al momento presente gravosi compiti attendono i cattolici e tutti gli uomini di buona volontà nella difficile situazione del Paese, segnata da vari fenomeni di degrado: squilibrio tra i pubblici poteri, Stato che gestisce troppo e governa poco, inefficienza della pubblica amministrazione, particolarismi corporativi e territoriali, illegalità diffusa, diffidenza dei cittadini per la politica. Molti purtroppo si tengono in disparte, preferendo sviluppare un prezioso e imponente volontariato in campo ecclesiale e sociale, che non può però esaurire la loro responsabilità. Altri, giustamente, vanno maturando la consapevolezza che la politica è necessaria, che partecipare è oggi più urgente che mai e che la presenza dei cattolici, sia pure in forme diverse rispetto al recente passato, ha ancora molto da dire per il bene del popolo italiano. È questa la convinzione condivisa e dichiarata a Palermo: « I cattolici non sono una "realtà a parte" del Paese. Essi intendono rinnovare il loro servizio alla società e allo Stato alla luce della loro tradizione culturale e civile, della dottrina sociale della Chiesa e delle numerose testimonianze di carità politica, alcune giunte fino al martirio ». Occorre guardare avanti, non aver paura del futuro, valorizzare le grandi capacità del nostro popolo, diffondere ulteriormente in tutto il Paese quella volontà e quelle attitudini di libera inziativa, economica e sociale, spesso a livello familiare, che già hanno consentito a non poche regioni italiane di uscire da situazioni di secolare povertà e di svolgere un forte ruolo in Europa. 31. - La non facile transizione sollecita la nostra progettualità pastorale a inserire l'educazione all'impegno sociale e politico nella catechesi ordinaria dei giovani e degli adulti, avendo come riferimento la dottrina sociale della Chiesa. Sulla base della verifica in atto, sono poi da ripensare e da rilanciare le scuole di formazione all'impegno socio-politico, già avviate negli ultimi anni in numerose diocesi. Parimenti sono da sostenere le iniziative che la pastorale sociale e del lavoro promuove per animare con i valori del Vangelo il mondo del lavoro e aiutare la crescita della spiritualità dei lavoratori. Nelle molteplici proposte formative, lo specifico impegno politico, inteso come servizio al bene comune, venga presentato ai fedeli laici come una particolare vocazione, una via di santificazione e di evangelizzazione. Ne sono modello non poche figure di cristiani che hanno dato coerente e alta testimonianza in questo ambito. Va poi raccomandata insistentemente, secondo le possibilità di ciascuno, la partecipazione attiva alla vita pubblica, a cominciare dal proprio territorio e dalle comunità intermedie. 32. - In ambito sociale e politico, il cattolico opera secondo la propria responsabilità e competenza; ma le sue scelte devono essere coerenti con la visione cristiana dell'uomo e la dottrina sociale della Chiesa, criterio obbligato di riferimento. La comunità cristiana, e di conseguenza anche i soggetti che la rappresentano pubblicamente, non si schiera con nessun partito o coalizione, ma non può rimanere indifferente a qualsiasi posizione. « La Chiesa non deve e non intende coinvolgersi con alcuna scelta di schieramento politico o di partito, come del resto non esprime preferenze per l'una o l'altra soluzione istituzionale o costituzionale, che sia rispettosa dell'autentica democrazia. Ma ciò nulla ha a che fare con una "diaspora" culturale dei cattolici, con un loro ritenere ogni idea o visione del mondo compatibile con la fede, o anche con una loro facile adesione a forze politiche e sociali che si oppongano, o non prestino sufficiente attenzione, ai principi della dottrina sociale della Chiesa sulla persona e sul rispetto della vita umana, sulla famiglia, sulla libertà scolastica, la solidarietà, la promozione della giustizia e della pace. È più che mai necessario dunque educarsi ai principi e ai metodi di un discernimento non solo personale, ma anche comunitario, che consenta ai fratelli di fede, pur collocati in diverse formazioni politiche, di dialogare, aiutandosi reciprocamente a operare in lineare coerenza con i comuni valori professati ». Per dare concreta attuazione al discernimento comunitario in ambito politico, si promuovano, a vari livelli, luoghi e opportunità di confronto tra i cattolici che fanno politica, a cominciare dal rilancio delle Settimane sociali a livello nazionale. Tali iniziative, mentre possono contribuire a rasserenare lo stesso dibattito politico, sono preziose per evitare che le divisioni politiche si ripercuotano dannosamente all'interno della comunità ecclesiale. Più preziosa ancora è la preghiera per gli uomini politici, « per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità » ( 1 Tm 2,2 ). 33. - La coerenza chiesta al cristiano riguarda sia i contenuti che i metodi della politica. Egli è chiamato a operare secondo una logica di servizio al bene comune, quindi con umiltà e mitezza, competenza e trasparenza, lealtà e rispetto verso gli avversari, preferendo il dialogo allo scontro, rispettando le esigenze del metodo democratico, sollecitando il consenso più largo possibile per l'attuazione di ciò che obiettivamente è un bene per tutti. Quanto ai contenuti, riproponiamo quelli che, alla luce dell'insegnamento sociale della Chiesa, sono oggi in Italia da tener presenti con particolare attenzione: il primato e la centralità della persona; la tutela della vita umana in ogni istante della sua esistenza; la promozione della famiglia fondata sul matrimonio; la dignità della donna e il suo ruolo nella vita sociale; l'effettiva libertà dell'educazione e della scuola; il consolidamento della democrazia e il giusto equilibrio tra i poteri dello Stato; la valorizzazione delle autonomie locali e dei corpi sociali intermedi nel quadro dell'unità della nazione; la centralità del lavoro, la giustizia sociale, la libertà e l'efficienza del sistema economico e lo sviluppo dell'occupazione; l'attenzione privilegiata alle aree geografiche meno favorite e alle fasce più deboli della popolazione, facendosi carico della "questione meridionale" e anche, d'altra parte, della nuova "questione settentrionale"; la pace e la solidarietà internazionale, con le conseguenti responsabilità dell'Italia in Europa e nel mondo; il rispetto dell'ambiente e la salvaguardia delle future generazioni. Riguardo a questi valori, non ci si può fermare a generiche dichiarazioni di adesione, ma occorre individuare strategie per la loro concreta attuazione, ricercando il consenso democratico di quanti hanno a cuore il bene comune. Inviati ad evangelizzare i poveri « Conosco la tua tribolazione, la tua povertà; tuttavia sei ricco » ( Ap 2,9 ) 34. - « Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me » ( Mt 25,40 ). Nei poveri il cristiano vede una speciale presenza di Cristo. Accogliere e servire i poveri è per lui accogliere e servire Cristo. L'amore preferenziale per i poveri si rivela così una dimensione necessaria della nostra spiritualità. « Mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio » ( Lc 4,18 ). L'evangelizzazione dei poveri è segno caratteristico della missione di Gesù, che ora si prolunga nella Chiesa. Quando i cristiani compiono le opere di misericordia, « è Cristo stesso che fa queste opere per mezzo della sua Chiesa, soccorrendo sempre con divina carità gli uomini ». Se dunque evangelizzare è fare incontrare gli uomini con l'amore di Cristo, appare evidente che il servizio ai poveri è parte integrante dell'evangelizzazione e non solo frutto di essa. Anzi è parte eminente dell'evangelizzazione, perché nella scelta degli ultimi si manifesta più chiaramente il carattere disinteressato e gratuito della carità. Ciò si verifica specialmente quando non ci si limita a compiere gesti occasionali di beneficenza, ma ci si coinvolge creando legami personali e comunitari. Ne sono testimoni numerosi volontari in ogni angolo del nostro Paese e in ogni Paese povero del mondo. Più ancora ne sono testimoni quanti, sacerdoti, religiosi e laici, dedicano la vita intera al servizio dei poveri, a volte fino al martirio. Tale servizio deve però diventare « sempre più un fatto corale di Chiesa, una nota saliente di tutta la vita e la testimonianza cristiana ». Evangelizzare i poveri, testimoniare che sono amati da Dio e contano molto davanti a lui, significa riconoscere che le persone valgono per se stesse, quali che siano le loro povertà materiali o spirituali; significa dar loro fiducia, aiutandole a valorizzare le loro possibilità e a trarre il bene dalle stesse situazioni negative. Le comunità cristiane devono essere accoglienti verso i poveri, promuovendo la loro crescita umana e cristiana e aprendo loro spazi di testimonianza e di azione nella Chiesa e nella società. Essi sono in grado non solo di ricevere, ma di dare molto. Non solo vengono evangelizzati, ma evangelizzano. Ci arricchiscono di una più profonda comprensione ed esperienza del mistero di Cristo. Se sapremo evangelizzare i poveri e lasciarci evangelizzare da loro, daremo un contributo decisivo per una diffusa cultura della solidarietà, come la prospettavamo in un nostro testo degli anni '80: «Con gli "ultimi" e con gli emarginati, potremo tutti recuperare un genere diverso di vita. Demoliremo, innanzitutto, gli idoli che ci siamo costruiti: denaro, potere, consumo, spreco, tendenza a vivere al di sopra delle nostre possibilità. Riscopriremo poi i valori del bene comune: della tolleranza, della solidarietà, della giustizia sociale, della corresponsabilità. Ritroveremo fiducia nel progettare insieme il domani, sulla linea di una pacifica convivenza interna e di una aperta cooperazione in Europa e nel mondo. E avremo la forza di affrontare i sacrifici necessari, con un nuovo gusto di vivere ». 35. - La pastorale della carità attenta ai poveri deve costituire una dimensione rilevante della pastorale diocesana e parrocchiale. Per l'animazione a livello parrocchiale, si faccia il possibile per conseguire l'obiettivo da noi già indicato negli orientamenti per questo decennio e che a Palermo è stato ribadito come urgente: la costituzione in ogni parrocchia della Caritas parrocchiale. Perfino nelle comunità di modeste dimensioni è possibile individuare qualche animatore. Nelle parrocchie più grandi è opportuno realizzare anche una struttura di servizio ai poveri che, aggiungendosi agli edifici destinati al culto e alla catechesi, sia segno della dimensione caritativa della pastorale. L'attenzione si rivolga alle povertà antiche e nuove, materiali e spirituali, quali ad esempio: indigenza economica e mancanza di speranza; disoccupazione e disagio giovanile; crisi della famiglia ed emarginazione sociale di disabili, anziani, tossicodipendenti, vittime della prostituzione, carcerati, malati di AIDS; precarietà degli immigrati e miseria dei paesi sottosviluppati. Si dia adeguato rilievo alla pastorale sanitaria, perché la malattia è una povertà che prima o poi colpisce tutti, aiuta a cercare il senso della propria vita e ad aprirsi all'incontro con Dio. Gesù stesso ha collegato esplicitamente la cura dei malati all'evangelizzazione ( cf. Mt 9,35; Mt 10,7-8 ). Si proponga uno stile sobrio ed essenziale di vita nelle famiglie e nella stessa comunità ecclesiale, senza peraltro compromettere l'efficacia operativa delle attività di apostolato. Si promuova l'impegno per individuare e rimuovere le cause delle varie povertà e si faccia opera di sensibilizzazione per un'economia e una politica della solidarietà. Si tenga conto di alcune significative proposte emerse a Palermo: promozione del "terzo settore", forme di risparmio solidale, di cooperazione e di imprenditoria a favore dell'occupazione giovanile, specialmente nel Sud del Paese; garanzie e servizi fondamentali da assicurare a tutti; legge organica per l'accoglienza degli immigrati; rilancio della cooperazione internazionale allo sviluppo; alleggerimento del debito dei Paesi poveri; allargamento del servizio civile; riconversione delle industrie belliche e divieto del commercio delle armi. La carità « spinge alla condivisione con gli ultimi, esige una pratica concreta della generosità, alimenta e sostiene la responsabilità civile e politica per una società nuova e più giusta ». La famiglia: una priorità per la Chiesa e per la società « Beati gli invitati al banchetto delle nozze dell'Agnello » ( Ap 19,9 ) 36. - Nel nostro Paese la famiglia è sentita ancora come valore importantissimo da gran parte della gente. Sono numerose le famiglie ben riuscite e non rare quelle di elevata spiritualità. Vogliamo dire la nostra gratitudine a tanti coniugi che vivono il matrimonio come partecipazione all'amore di Cristo per la Chiesa sua sposa. Di questo amore, non poche volte con fatica e sofferenza, offrono concreta testimonianza nella reciproca fedeltà, nella generosa accoglienza e nell'educazione dei figli, nella premurosa attenzione agli anziani, nel servizio ai poveri, nell'apertura alla Chiesa e alla società. Anche al Convegno di Palermo abbiamo potuto constatare la realtà di questa presenza "feriale", non gridata dai media, ma fondamentale per il presente e il futuro della nostra comunità ecclesiale e civile. D'altra parte dobbiamo constatare anche in Italia una crisi sempre più evidente della famiglia. È in questo ambito che gravano in modo particolarmente distruttivo gli elementi negativi della cultura di oggi. La mentalità individualista e refrattaria agli impegni duraturi incide sulla diminuzione dei matrimoni, sull'alto numero delle separazioni, dei divorzi e delle convivenze di fatto. Il ritmo frenetico della vita, creando impegni e interessi divergenti, impoverisce il dialogo e la comunicazione tra i coniugi. La ricerca delle sensazioni intense ed effimere porta ad enfatizzare la sessualità genitale, dissociandola dall'amore. La mancanza di progettualità e di speranza influisce sulla scarsità delle nascite, « un triste e quasi incredibile primato » che mette in pericolo il futuro stesso del nostro popolo. Il soggettivismo, incurante della verità e dei valori oggettivi, porta a giustificare l'aborto e ne facilita la diffusione; misconosce la stessa famiglia come realtà radicata nella nostra natura e la riduce a mutevole prodotto culturale. Da più parti si assiste con indifferenza, quando non addirittura con compiacimento, alla disgregazione di questo istituto basilare per l'esistenza stessa della società. 37. - La Chiesa che è in Italia intende affermare la priorità della famiglia, fondata sul matrimonio, come soggetto sociale ed ecclesiale. Vede in essa la cellula originaria della società, la prima scuola di umanità, la Chiesa domestica che ha la missione di trasmettere il Vangelo della carità in modo peculiare, con l'eloquenza dei fatti. Perciò si impegna a promuovere una pastorale organica con e per le famiglie, secondo gli orientamenti del Direttorio di pastorale familiare della C.E.I., valorizzando l'apporto complementare di sacerdoti, di persone consacrate, di coppie animatrici e di gruppi ecclesiali. Si educheranno anzitutto i giovani all'amore come dono di sé, presentando come modalità complementari di vita cristiana la vocazione al matrimonio e la vocazione alla verginità consacrata. Si prepareranno i fidanzati al matrimonio con veri e propri itinerari di fede. Si curerà la formazione spirituale dei coniugi, specialmente delle giovani coppie. Si aiuteranno con premura e discrezione le famiglie in difficoltà e le coppie in situazioni irregolari. Si offrirà sostegno alle famiglie in cui sono presenti persone disabili, soprattutto per facilitare a quest'ultime l'inserimento nella comunità cristiana e nel cammino di fede. In considerazione degli ostacoli che derivano dai costumi diffusi e dalle carenze legislative, la Chiesa raccomanda vivamente la partecipazione delle famiglie alle associazioni familiari, perché siano agevolate nello svolgimento dei loro compiti e possano tutelare i loro diritti. Ricorda ai responsabili della politica che « è interesse primario della collettività nazionale accordare finalmente una reale priorità alle politiche sociali a favore della famiglia, riguardanti la previdenza, il trattamento fiscale, la casa, i servizi sociali e quel complesso di condizioni per cui la maternità non sia socialmente penalizzata ». « Servire la famiglia, in ultima analisi, può tradursi in un autentico servizio all'intera società ». Con i giovani per testimoniare la speranza « Chi sarà vittorioso erediterà questi beni; io sarò il suo Dio ed egli sarà mio figlio » ( Ap 21,7 ) 38. - Le nuove generazioni, volto umano della speranza, sono per la Chiesa invito a volgere lo sguardo al Signore che fa « nuove tutte le cose » ( Ap 21,5 ); sono per tutti richiamo alla responsabilità verso il futuro. Purtroppo la speranza appare oggi problematica per molti degli stessi giovani, smarriti di fronte al futuro, incapaci di andare oltre il frammento, chiusi in un presente che continuamente fugge. Solo il primato di Dio, riconosciuto e accolto può dare solidità alla speranza ed elevare la libertà a livello di responsabilità, oltre il vuoto protagonismo. Ci sentiamo perciò impegnati a offrire alle nuove generazioni la possibilità di un incontro personale con Cristo, nell'ambito di una comunità fraterna, dove ciascuno sia aiutato a sviluppare la propria identità, a scoprire e seguire la propria vocazione. 39. - Le comunità cristiane, sollecitate da meravigliosi testimoni della carità totalmente consacrati all'educazione, sono tradizionalmente attente ai giovani e dedicano ad essi molte energie. Oggi però, di fronte alla carenza di relazioni educative, che provoca disagio ed emarginazione, avvertono l'urgenza di ripensare la pastorale giovanile, conferendole organicità e coerenza in un progetto globale, che sappia esaltare la genialità dei giovani e riconoscere in essa un'opportunità di grazia. Sono consapevoli che potranno mediare l'incontro vivo con il Signore Gesù, solo se sapranno essere luoghi di carità vissuta, laboratori di dedizione e condivisione. Come fece Gesù con il giovane ricco ( cf. Mt 19,16-22 ) le comunità guardino ai giovani con amore disinteressato e nello stesso tempo esigente, senza discriminazioni e strumentalizzazioni. Devono essere per loro una casa accogliente, in cui trovare occasioni di dialogo con gli adulti e nello stesso tempo essere valorizzati come soggetti attivi, protagonisti della propria formazione e dell'evangelizzazione. Di grande importanza, per rendere concreta questa accoglienza, sono gli oratori e le altre strutture educative parrocchiali, le associazioni e i movimenti ecclesiali, luoghi privilegiati di crescita spirituale e di irradiamento missionario. I progetti diocesani non potranno prescindere dal loro ricco patrimonio di educatori, progetti educativi, itinerari di formazione. 40. - I giovani chiedono di non essere lasciati soli. Hanno bisogno di qualcuno che sia loro vicino, senza però essere loro uguale. È perciò indispensabile formare educatori e guide spirituali, sacerdoti, religiosi e laici, in grado di accompagnarli nel cammino personale e di gruppo, disponibili a loro volta a lasciarsi educare dagli stessi giovani, dalle loro attese e dalle loro ricchezze. Specialmente è necessario che i presbiteri non siano soltanto amici e animatori, ma si comportino da veri pastori, capaci di svolgere la direzione spirituale e di condurre i giovani, con regolare frequenza, all'incontro con il Signore Gesù nel sacramento della Penitenza. Più generalmente occorre risvegliare responsabilità e passione educativa in varie figure di adulti: genitori, insegnanti, animatori culturali, operatori della comunicazione sociale, dirigenti sportivi, responsabili di ambienti ricreativi. La formazione sia attuata mediante itinerari, differenziati per età e per situazioni esistenziali, impegnativi ed esigenti, ma rispettosi della gradualità. Gli itinerari non si limitino a coltivare la dimensione intellettuale, ma introducano ad una vitale esperienza di fede; non siano solo operativi, ma diano spazio alla contemplazione; non accettino riduzioni fideistiche o devozionistiche, ma si misurino con le esigenze della cultura; non offrano solo modi di vivere, ma ragioni di vita; sappiano infondere la passione per il vero e il bene, conducano a scelte coscienti e responsabili; presentino la vita come vocazione comune all'amore, che si concretizza nelle vocazioni specifiche al matrimonio, alla vita consacrata, al ministero sacerdotale, alla missione "ad gentes", le quali a loro volta assumono una fisionomia propria nel cammino personale di ognuno. L'educazione alla fede, impostata sulla base del Catechismo dei giovani della C.E.I., unisca momenti di riflessione, incontri con testimoni autentici, esperienze vive di celebrazione, di preghiera personale, di carità fraterna e di servizio ai poveri. Nei cammini formativi siano collocate progettualmente iniziative straordinarie come veglie, pellegrinaggi, esercizi spirituali, esperienze ricreative, riunioni con altri gruppi, convegni, giornate diocesane, regionali e nazionali, partecipazione alla Giornata mondiale della gioventù. Il Servizio nazionale per la pastorale giovanile della C.E.I., nel contesto della sua attività rivolta alla promozione di una diffusa e molteplice progettualità, darà impulso e sostegno anche a questi incontri a vasto raggio. La pastorale giovanile deve estendersi agli ambienti della scuola, dell'università, delle caserme, del lavoro e del tempo libero, della vita di relazione e dell'impegno sociale, dove è possibile raggiungere anche i molti che non incrociano i percorsi specificamente ecclesiali. « Pastori ed educatori incontrino i giovani là dove essi sono … valorizzando i carismi e le esperienze proprie delle associazioni e dei movimenti nella pastorale di ambiente ». I giovani credenti siano aiutati ad essere i primi testimoni e annunciatori del Vangelo ai propri coetanei, ovunque Dio vorrà chiamarli. Tutti dobbiamo ricordare che, investendo energie a favore di coloro che saranno i protagonisti del primo secolo del nuovo millennio, si testimonia la speranza che ha il suo fondamento in Cristo, Signore della storia. Incontro a "Colui che viene" « Lo Spirito e la sposa dicono: "Vieni!". E chi ascolta ripeta: "Vieni!" » ( Ap 22,17 ) 41. - Nella redazione di questa nota pastorale ci ha guidato la convinzione che la nuova evangelizzazione e il rinnovamento del Paese sono intimamente collegati. Il Vangelo della carità fonda la speranza ultima dell'uomo e ne ispira i progetti storici. L'attesa di una terra nuova intensifica la sollecitudine per la terra presente, dove fin d'ora cresce quella novità che è germe e figura del mondo che verrà.64 « Passa la figura di questo mondo » ( 1 Cor 7,31 ), ma « la carità non avrà mai fine » ( 1 Cor 13,8 ). Resterà « la carità con i suoi frutti ».65 Mentre però raccomandiamo un impegno serio e concreto nella storia, ricordiamo anche il limite e la provvisorietà di ogni conquista terrena. Non ci lasciamo imprigionare nel ruolo di maestri di etica, di animatori culturali e di promotori dei servizi sociali. Se è vero che la salvezza si prepara nella storia, è vero soprattutto che si compie oltre la storia. I cristiani « dimorano sulla terra, ma sono cittadini del cielo ».66 Le attività temporali perdono il loro più alto significato e diventano facilmente disordinate e distruttive, quando assorbono tutti gli interessi e le energie. La storia è esodo: testimoniare e annunciare questa verità è il più grande dono che possiamo fare agli uomini del nostro tempo. La Vergine Maria, donna della fede, della speranza e della carità, ci ottenga con la sua intercessione di essere docili all'azione interiore dello Spirito. Ci aiuti ad attuare le indicazioni, emerse al Convegno di Palermo e confermate da noi Vescovi: esse dovranno scandire il cammino delle Chiese in Italia verso il Duemila. Se saremo concordi e perseveranti nell'impegno, la nostra celebrazione del Giubileo non sarà solo memoria di un evento passato e lontano nel tempo, ma sarà soprattutto testimonianza a un Vivente che è con noi « tutti i giorni, fino alla fine del mondo » ( Mt 28,20 ). L'assemblea di Palermo, con la meditazione quotidiana del libro dell'Apocalisse, si è posta davanti al Signore Crocifisso, Risorto, che viene a far nuove tutte le cose. Ha contemplato l'Agnello "in piedi come ucciso", forte con la potenza dello Spirito, che apre il "rotolo sigillato" del disegno di Dio sulla storia e costituisce i credenti "regno" e "sacerdoti", collaboratori per la salvezza del mondo. Quindi ha ribadito la propria dedizione al Vangelo della carità con un ultimo gesto, la consegna di una lucerna accesa a ciascuno dei presenti. Manteniamo accesa quella lucerna, per andare incontro nel grande Giubileo a "Colui che viene" ( cf. Ap 4,8; Ap 5,1-10 ). « Vieni, Signore Gesu. La grazia del Signore Gesu sia con tutti voi. Amen! » ( Ap 22,20-21 ). Roma, 26 maggio 1996 Domenica di Pentecoste