La formazione dei Presbiteri nella Chiesa Italiana Decreto promulgazione La Conferenza Episcopale Italiana, nella 55a e 56a Assemblea Generale, ha esaminato e approvato con la maggioranza prescritta dei due terzi degli aventi diritto a voto deliberativo il documento "La formazione dei presbiteri nella Chiesa italiana. Orientamenti e norme per i seminari ( terza edizione )". Con il presente decreto, nella mia qualità di Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, per mandato della medesima Assemblea Generale, dopo aver ottenuto la debita approvazione della Santa Sede in data 8 settembre 2006 con decreto n. 71/06/8 della Congregazione per l'Educazione Cattolica ( dei Seminari e degli Istituti di Studi ), in conformità al canone 242, § 1 del codice di diritto canonico e ai sensi dell'articolo 27, lettera f) dello statuto della CEI, promulgo l'allegata "Ratio institutionis sacerdotalis", stabilendo che tale promulgazione sia fatta mediante la pubblicazione nel "Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana". Ai sensi dell'articolo 16, § 3 dello statuto della Conferenza Episcopale Italiana, il documento "La formazione dei presbiteri nella Chiesa italiana. Orientamenti e norme per i seminari ( terza edizione )" entra in vigore un mese dopo la data della pubblicazione nel "Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana". Roma, 4 novembre 2006 Memoria di San Carlo Borromeo Camillo Card. Ruini Presidente Giuseppe Betori Segretario Generale Presentazione 1. Nell'odierno cammino della Chiesa in Italia, all'inizio del terzo millennio cristiano, il presente documento offre ai seminari e alle comunità ecclesiali un quadro rinnovato degli orientamenti e delle norme per la formazione dei candidati al presbiterato. Si tratta di un testo che, in continuità con le due precedenti edizioni della Ratio institutionis sacerdotalis, ha cercato di recepire le nuove domande poste dal mondo giovanile, di prestare attenzione al mutato contesto culturale ed ecclesiale, di valorizzare l'esperienza acquisita sul campo dagli educatori e di fare tesoro delle numerose indicazioni magisteriali nel frattempo intervenute. 2. Questa edizione di Orientamenti e norme è la terza elaborata dall'Episcopato italiano, in conformità a quanto prescritto dal decreto conciliare Optatam totius, che chiede alle Conferenze Episcopali di adattare periodicamente i principi generali della formazione presbiterale alle particolari circostanze di tempo e di luogo, in modo che essi risultino sempre conformi alle necessità pastorali delle regioni in cui dovrà svolgersi il ministero dei presbiteri. L'edizione del 1972 si proponeva di perseguire due scopi: suggerire un'impostazione pedagogica che fosse la più rispondente al Concilio Vaticano II e al nuovo contesto culturale; responsabilizzare più fortemente giovani ed educatori in un impegno che tocca i supremi interessi della Chiesa e dell'umanità. L'edizione del 1980, di fronte alle ipotesi di nuove vie formative che si andavano affacciando, riaffermava l'importanza del seminario come « "luogo" privilegiato della Chiesa e vera comunità ecclesiale in cui Cristo, nella potenza dello Spirito, forma i suoi sacerdoti ». Essa, inoltre, sottolineava la dimensione pastorale del futuro presbitero e, seguendo più da vicino l'Optatam totius, aiutava a percorrere la storia di ogni vocazione nel suo genetico sviluppo, a cominciare dal seminario minore, considerato come l'esperienza più significativa per riconoscere i primi germi della vocazione presbiterale. Ora, a venticinque anni di distanza, questa terza edizione, mentre fa tesoro del patrimonio della collaudata tradizione formativa italiana, ha cura di integrarlo con le scelte pedagogiche richieste dalle mutate circostanze. 3. Il testo, dopo aver raccolto le istanze per una formazione al presbiterato più adeguata alle attuali esigenze della Chiesa, delinea, nel primo capitolo, la figura di presbitero che deve essere ben presente agli educatori e ai docenti dei seminari, ai seminaristi e alle comunità cristiane. Si tratta di una figura che, in continuità con le indicazioni conciliari e la receptio postconciliare, ha la sua chiave di volta nella nozione di carità pastorale, concetto che racchiude in sé gli aspetti essenziali della natura e della missione presbiterale, quali il riferimento prioritario a Cristo Pastore, la necessaria relazione alla Chiesa, l'articolata dimensione missionaria, l'unità di vita, la radicalità evangelica. L'intreccio di questi aspetti permette di delineare una figura di presbitero che ben si addice alla tradizione ecclesiale italiana e che si presta a integrare i nuovi accenti richiesti dalle odierne circostanze. 4. Il secondo capitolo, sulla promozione della vocazione presbiterale e sui percorsi propedeutici, coniuga le diverse esigenze evidenziate dalle diocesi italiane. Alcune hanno chiesto espressamente che si continuasse a trattare del seminario minore; altre che si precisassero in modo chiaro e puntuale la configurazione e gli obiettivi della comunità propedeutica. Al secondo e al terzo paragrafo del capitolo, dedicati a questi temi, se ne è premesso uno sulla specifica promozione della vocazione presbiterale e se ne è fatto seguire un quarto dedicato ai criteri di ammissione al seminario maggiore. La parte più innovativa è quella dedicata alla comunità propedeutica, che viene considerata in collegamento con il seminario maggiore, anche se distinta da esso, e caratterizzata per la finalità specificamente vocazionale. Pur riconoscendo che si tratta di una realtà ancora in fase di sperimentazione, se ne tracciano le linee essenziali. La parte dedicata ai criteri di ammissione al seminario maggiore è molto precisa. Si indicano i criteri generali di ammissione, quelli relativi all'area affettivo-sessuale e quelli specificamente vocazionali. Si prendono poi in considerazione i casi di seminaristi provenienti da altri seminari o case di formazione, le vocazioni in età adulta, i seminaristi di altre nazioni, offrendo indicazioni che recepiscono le norme già vigenti e l'esperienza in atto in numerosi seminari. 5. Il terzo capitolo, sulla comunità del seminario maggiore, costituisce il cuore degli Orientamenti e norme. Esso consta di otto paragrafi, aventi per tema la necessità e gli obiettivi del seminario maggiore, l'identità della comunità, i protagonisti della formazione, le dimensioni e i mezzi, l'itinerario, il discernimento, il progetto educativo e la "regola di vita comunitaria", la formazione permanente. Tra i protagonisti della formazione, si sottolinea il ruolo importante della comunità del seminario e quello insostituibile degli stessi seminaristi. Quanto ai movimenti, gruppi e associazioni, si recepisce l'impostazione della Pastores dabo vobis, sottolineando la necessità che le diverse aggregazioni ecclesiali consegnino con fiducia ai seminari diocesani le vocazioni che sorgono al loro interno. Si valorizza poi con prudenza l'eventuale intervento di consulenti psicologici, escludendo che essi facciano parte a pieno titolo dell'équipe educativa e precisando che la loro consulenza non è finalizzata al discernimento vocazionale, ma all'individuazione e alla crescita di quegli spazi di libertà che permettano ai candidati di accogliere con verità la vocazione. Si ribadisce la necessità di una profonda integrazione tra le varie dimensioni della formazione, per evitare i rischi della giustapposizione e della contrapposizione. Nella loro trattazione, si pone al primo posto la formazione spirituale, facendo risaltare la rilevanza dell'esperienza di fede, la decisività di un ideale che sia in grado di dare pieno significato alla vita e di costituirsi come suo principio unificante. La formazione spirituale è incentrata sulla carità pastorale e sulla radicalità dei consigli evangelici, insiste sulla prospettiva della comunione nel presbiterio e nella Chiesa particolare ed è aperta alla missione. La formazione umana prevede un prudente ricorso al contributo delle scienze psicopedagogiche. La formazione teologica sottolinea la necessità dell'integrazione tra sapere teologico e vissuto teologale. La formazione pastorale precisa i caratteri delle esperienze pastorali, che devono essere consistenti, circoscritte, graduali, differenziate e verificate. L'itinerario formativo si discosta dalla suddivisione scolastica in biennio filosofico e triennio o quadriennio teologico ed è ritmato in tre bienni, caratterizzati dalle diverse tappe formative: il biennio iniziale, che si conclude con la domanda di ammissione tra i candidati al diaconato e al presbiterato, il biennio dei ministeri istituiti e quello dei ministeri ordinati. 6. Il quarto capitolo contiene il regolamento degli studi teologici dei seminari maggiori. Ponendosi in sostanziale continuità con la prima edizione del 1984, esso recepisce le indicazioni presenti nei documenti recenti della Santa Sede e fa tesoro di quanto maturato dall'esperienza. Dopo avere richiamato l'esortazione petrina a confessare coraggiosamente la fede, sottolinea la funzione ecclesiale dei docenti, presenta l'organizzazione degli studi ed evidenzia la necessità di finalizzarli in vista della formazione globale dei candidati al sacerdozio. Il capitolo è integrato dall'organigramma degli studi e dalla presentazione dettagliata degli obiettivi, dei contenuti e della didattica delle singole discipline. 7. I Vescovi italiani hanno ritenuto che il quadro degli orientamenti e delle norme delineato dal presente documento risponda in modo adeguato alle esigenze attuali della formazione e lasci aperte le prospettive per una sua ulteriore sapiente evoluzione. È vivo l'auspicio che esso possa aiutare a delineare quel seminario descritto dal Papa Benedetto XVI nell'incontro con i seminaristi a Colonia, in occasione della XX Giornata mondiale della gioventù ( 19 agosto 2005 ): « Il seminario è tempo di cammino, di ricerca, ma soprattutto di scoperta di Cristo. Infatti, solo nella misura in cui fa una personale esperienza di Cristo, il giovane può comprendere in verità la sua volontà e quindi la propria vocazione. Più conosci Gesù e più il suo mistero ti attrae; più lo incontri e più sei spinto a cercarlo. È un movimento dello spirito che dura per tutta la vita e che trova nel seminario una stagione carica di promesse, la sua "primavera" ». Affidiamo i nuovi Orientamenti e norme agli educatori e ai docenti dei seminari, ai seminaristi e alle comunità cristiane perché, con la grazia di Dio, per l'intercessione della Beata Vergine Maria e dei Santi, li applichino con fedeltà e creatività. Roma, 18 ottobre 2006 Festa di San Luca, Evangelista Benvenuto Italo Castellani Arcivescovo di Lucca Presidente della Commissione Episcopale per il clero e la vita consacrata Introduzione 1. In ascolto dei profondi mutamenti del mondo giovanile I nuovi Orientamenti e norme per la formazione dei presbiteri sono stati elaborati alla luce dei rapidi e profondi mutamenti del mondo giovanile e da essi ci si è lasciati interpellare. La realtà giovanile appare, rispetto a qualche anno fa, meno organica, più differenziata e difficile da interpretare in modo unitario. Ci sono molti segnali positivi che fanno ben sperare per il futuro, quali il desiderio di autenticità, l'affermazione del valore della persona, l'introspezione psicologica, il recupero dell'interiorità, la sete di spiritualità, la ricerca di rapporti personalizzati, una generosità di fondo, lo spirito di servizio, la tolleranza, il senso della giustizia, l'apertura alla mondialità, l'attenzione al tema della pace. Si registrano, però, anche elementi di perplessità, che esigono di essere presi in attenta considerazione. Ci sono in primo luogo i tratti derivanti dalla fragilità psicologica, quali la debole autonomia, il disagio nella gestione dei conflitti, la scarsa tenuta nel lavoro e nello studio, la fatica a portare avanti progetti di lungo respiro, la difficoltà nel maturare scelte definitive. C'è poi l'insieme di atteggiamenti collegati al soggettivismo, quali la tendenza all'autoreferenzialità, l'appartenenza parziale, il relativismo etico nei comportamenti, la ricerca di esperienze immediatamente gratificanti, un certo imborghesimento. Sono da segnalare, inoltre, i condizionamenti dovuti a un'impostazione eccessivamente tecnica della formazione e all'uso indiscriminato dei nuovi strumenti di comunicazione. Infine, stanno acquistando particolare rilevanza alcune difficoltà relative all'ambito affettivo-sessuale, a causa del più lento e travagliato processo di identificazione e di maturazione. Puntando lo sguardo sui giovani che chiedono di entrare in seminario, si nota anche una grande varietà quanto alle situazioni di partenza. Le differenze riguardano l'età dell'ingresso ( si va dai diciannovenni che hanno appena concluso il secondo ciclo dell'ordinamento scolastico ai trentenni e talvolta ai quarantenni ), le esperienze familiari, il livello degli studi, gli impegni di lavoro, le responsabilità esercitate nell'ambito ecclesiale, nel volontariato o nella società civile, le esperienze spirituali, l'appartenenza ecclesiale, le conoscenze catechistiche di base. In taluni seminari, inoltre, sono presenti anche seminaristi provenienti da altre nazioni, portatori di culture e mentalità diverse rispetto a quella italiana. Di fronte a questa situazione, la comunità educativa del seminario è chiamata a: – essere effettivamente e affettivamente significativa rispetto alle molteplici altre appartenenze ecclesiali o sociali; – incidere efficacemente sulla coscienza e sulla prassi di vita dei seminaristi, mediamente giovani-adulti, con personalità già formate e assai diverse tra loro; – aiutarli a mettere in primo piano l'esperienza viva di fede e a trovare un ideale che sia in grado di dare un significato pieno alla vita e di costituirsi come principio unificante di essa; – favorire la maturazione di personalità consistenti, unificate, capaci di relazioni sane e risananti; – educare alla dimensione ecclesiale della fede, alla comunione e al senso di appartenenza alla Chiesa, all'oggettività dei percorsi sacramentali e alla spiritualità diocesana. 2. Attenzione al mutato contesto culturale ed ecclesiale Oltre al vissuto giovanile, si è cercato di prestare grande attenzione al mutato contesto culturale ed ecclesiale. Il tempo presente è segnato da potenzialità straordinarie in ordine al senso religioso e all'esperienza di fede cristiana; esso tuttavia registra un crescente analfabetismo religioso e una diminuita incidenza della visione cristiana nella vita degli individui e nell'organizzazione della società. La Chiesa italiana, consapevole del suo compito primario di "comunicare il Vangelo in un mondo che cambia", ha individuato come obiettivo di fondo di questi anni il « dare a tutta la vita quotidiana della Chiesa, anche attraverso mutamenti della pastorale, una chiara connotazione missionaria; fondare tale scelta su un forte impegno in ordine alla qualità formativa, in senso spirituale, teologico, culturale, umano; favorire, in definitiva, una più adeguata ed efficace comunicazione agli uomini, in mezzo ai quali viviamo, del mistero del Dio vivente e vero, fonte di gioia e di speranza per l'umanità intera ». Per raggiungere questi obiettivi, si invoca la presenza « di cristiani con una fede adulta, costantemente impegnati nella conversione, infiammati dalla chiamata alla santità, capaci di testimoniare con assoluta dedizione, con piena adesione e con grande umiltà e mitezza il Vangelo ». Il discorso è rivolto a presbiteri, diaconi, laici e religiosi, uomini e donne, giovani, adulti e anziani: tutti, a seconda della vocazione ricevuta e in sinergia tra loro, sono chiamati a dare impulso al rinnovato impegno missionario della Chiesa italiana. Di fronte a questa prospettiva, la comunità educativa del seminario è chiamata a: – rafforzare nei seminaristi la passione evangelizzatrice e missionaria, superando la ritrosia a cimentarsi con la complessità dei dinamismi sociali e la tentazione del ripiegamento intra-ecclesiale; – promuovere in loro la capacità di lettura teologica della storia e di dialogo con la cultura contemporanea; – trasmettere loro la stima per i carismi e i ministeri dati a tutti i fedeli, consolidando l'attitudine a progettare e lavorare insieme. 3. L'esperienza acquisita dagli educatori Si è poi ampiamente valorizzata l'esperienza acquisita sul campo da tanti educatori che, prendendo atto delle difficoltà e dei rischi del percorso formativo, si sono impegnati a farvi fronte con intelligenza, generosità e dedizione. L'attenzione pedagogica si è concentrata soprattutto su alcuni aspetti, quali la centralità dell'esperienza di fede, la positività della dinamica comunitaria, la rilevanza della formazione umana ( in particolare nell'ambito delle relazioni ) e il prudente ricorso alle competenze psicopedagogiche, l'utilità di un periodo propedeutico al seminario maggiore, la necessità di un ingresso graduale e guidato nel ministero ordinato. Di fronte a queste acquisizioni, la comunità educativa del seminario è chiamata a: – accogliere nel proprio progetto formativo le esperienze positive maturate in risposta alle nuove esigenze; – aiutare i seminaristi a elaborare una sintesi dei contenuti teologici ricevuti durante gli anni della formazione, raccogliendoli attorno a nuclei vitali e comunicabili; – integrare in modo armonico le diverse componenti della formazione. 4. Le indicazioni magisteriali Insieme alle nuove provocazioni culturali ed ecclesiali e all'esperienza acquisita dagli educatori, si è fatto tesoro del Magistero pontificio, dei documenti delle Congregazioni romane e della Conferenza Episcopale che, attingendo alla Sacra Scrittura, alla Tradizione e alla bimillenaria storia della Chiesa, sono intervenuti più volte negli ultimi decenni sul tema della formazione presbiterale, focalizzandone di volta in volta i diversi aspetti. Fonte di ispirazione per il presente documento è stata soprattutto l'Esortazione apostolica post-sinodalePastores dabo vobis. Essa, in un'epoca che tende a mettere in ombra le differenze specifiche, assicura i presbiteri circa la loro specifica identità; in un tempo in cui si esalta la funzione, pone l'accento sull'essere. Il suo messaggio fondamentale è che il presbitero, all'interno del mistero della Chiesa, è configurato in modo speciale a Cristo Capo e Servo, Pastore e Sposo, per ripresentarne efficacemente il ministero. Si sono tenute in gran conto anche le Linee comuni per la vita dei nostri seminari, concepite come strumento propedeutico alla presente edizione della Ratio. La preoccupazione prevalentemente pedagogica che le animava ha costituito per gli educatori un sapiente approfondimento, una coraggiosa sperimentazione e un'opportuna verifica delle principali esigenze formative avvertite con crescente frequenza dai seminari. Di fronte a queste autorevoli indicazioni magisteriali, la comunità educativa del seminario è chiamata a: – tradurre in itinerari formativi la figura del presbitero delineata dalla riflessione teologica post-conciliare; – garantire, attorno al nucleo vitale della carità pastorale, radicata nella persona stessa di Cristo Capo, Pastore e Sposo, l'integrazione armonica delle diverse componenti del ministero presbiterale; – educare a valorizzare la fraternità presbiterale. 5. Necessità di tenere conto della diversa tipologia dei seminari La Ratio per la formazione sacerdotale ha come finalità il delineare gli aspetti fondamentali della formazione, in modo da costituire un sicuro punto di riferimento per i progetti educativi dei diversi seminari, orientandoli verso una proposta chiara ed esigente. Gli orientamenti e le norme qui contenuti sono vincolanti per i seminari diocesani, interdiocesani e regionali del clero diocesano. I seminari diocesani che fanno riferimento alla spiritualità del Cammino Neocatecumenale o di altre aggregazioni ecclesiali, in quanto seminari diocesani, sono retti dal proprio regolamento, approvato dal Vescovo diocesano, che dovrà essere elaborato in conformità alla presente Ratio. La formazione dei membri degli istituti di vita consacrata e delle società di vita apostolica che si preparano a ricevere gli ordini sacri del diaconato e del presbiterato è regolata dal diritto universale, dalla Ratio propria dell'istituto, tenendo conto di questi Orientamenti e norme. In Italia vi è una tipologia di seminari molto diversificata: si va dai seminari diocesani agli interdiocesani e ai regionali; da quelli con un numero rilevante di alunni ad altri con poche unità; dai seminari con lo studio teologico interno a quelli che si avvalgono di uno studio teologico interdiocesano o di una diocesi vicina o di un istituto religioso oppure che inviano i propri seminaristi presso una facoltà teologica. È chiaro che questi Orientamenti e norme devono essere adattati con sapienza alle diverse situazioni, interpretati con intelligenza, applicati con flessibilità. In questo delicato processo, sono decisivi il sapiente discernimento dei Vescovi e il carisma, la competenza e l'esperienza degli educatori. 6. Corresponsabilità di tutti i membri della Chiesa particolare La formazione di futuri presbiteri è un compito che deve stare a cuore a tutti i membri della Chiesa particolare. Sarebbe « ingenua e alla fine infeconda un'enfasi che demandasse alla sola istituzione seminaristica l'onere di suscitare un sostanzioso flusso vocazionale, di impartire una solida formazione umana e spirituale, di fornire un compiuto bagaglio esperienziale, tale da assicurare un riuscito approdo del giovane prete al complesso e intricato contesto dell'odierna relazione e attività pastorale ». Nella Chiesa, tutti i fedeli sono corresponsabili nel pregare per le vocazioni presbiterali, nell'accoglierle e nell'accompagnarle. In particolare, se nella formazione dei futuri presbiteri i primi rappresentanti di Cristo sono i Vescovi e i più diretti responsabili gli educatori dei seminari e, in un certo senso, gli stessi seminaristi, un ruolo non secondario sono chiamati a esercitare i genitori, i professori, i parroci e le comunità di provenienza, quali le famiglie, le parrocchie, le associazioni e i movimenti giovanili. È perciò auspicabile che quanti, a vario titolo, accompagnano i giovani verso il presbiterato siano aiutati a prendere coscienza del loro compito e a concorrere, ciascuno per la sua parte, alla piena unità della formazione. 7. Necessario raccordo con i percorsi propedeutici e permanenti Se gli anni del seminario sono decisivi per chi è chiamato al presbiterato, non bisogna dimenticare che essi costituiscono solo un segmento della formazione, che va raccordato con i percorsi formativi precedenti, in particolare con quelli propedeutici al seminario maggiore, e continuato con i successivi itinerari di formazione permanente. Capitolo I - Natura e missione del ministero presbiterale nel contesto ecclesiale italiano « Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore » ( Gv 10,11 ) 8. L'icona evangelica del Buon Pastore Nell'icona evangelica del Buon Pastore ( Cfr Gv 10,1-18 ) è Gesù stesso che, attuando l'annuncio dei profeti, ( Cfr Sal 23; Ez 34,11ss ) si presenta come l'inviato del Padre, "consacrato" dallo Spirito, ( Cfr Lc 4,18 ) per pascere le sue pecore e per fare di esse un solo gregge e un solo pastore. La sua esistenza è una quotidiana manifestazione di quell'amore che lo ha spinto, in obbedienza alla volontà del Padre, a offrire la vita per le pecore: egli le conosce e le ama, chiama ciascuna per nome ed esse lo seguono; si mette alla ricerca di quelle smarrite e disperse, ( Cfr Mt 18,12-14; Mt 9,35-36 ) invitando a fare festa quando le ritrova; ( Cfr Lc 15,6 ) le conduce tutte a pascoli erbosi e ad acque tranquille, nutrendole con la sua stessa vita. Chi è chiamato al ministero presbiterale percepisce, come Pietro nel suo dialogo con il Risorto, che è un impegno d'amore pascere il gregge del Signore. ( Cfr Gv 21,15-17 ) Per questo, egli è sollecitato a fissare lo sguardo su Cristo « Pastore supremo », ( 1 Pt 5,4 ) per rispondere al suo amore con un amore altrettanto fedele e generoso che si traduca nel dono totale di sé al servizio della Chiesa e del mondo. 1. La centralità della carità pastorale 9. Centralità della comprensione pastorale del presbiterato in Italia Il Concilio Vaticano II ha privilegiato la visione pastorale del ministero presbiterale, integrandovi la concezione cultuale e sacrale. I presbiteri rappresentano Cristo Pastore e, come tali, trovano nella carità pastorale l'elemento unificante della loro identità teologica e della loro vita spirituale. Il Magistero successivo è ritornato spesso sulla nozione di carità pastorale e, in particolare, Giovanni Paolo II nella Pastores dabo vobis ne ha sviluppati i molteplici aspetti. Tale nozione è particolarmente congeniale alla tradizione ecclesiale italiana che, dalla riforma tridentina in poi, ne è stata profondamente segnata soprattutto a opera di grandi figure episcopali come Carlo Borromeo, Gregorio Barbarigo e Alfonso Maria de' Liguori, il cui stile ha caratterizzato generazioni di ministri ordinati. Opportunamente quindi, gli Orientamenti e norme del 1980 offrivano un'interpretazione del presbiterato in chiave pastorale, modulando su questa nota di fondo i diversi elementi esegetici, teologici, pratici e spirituali attinenti il presbiterato. Trascorsi venticinque anni da quel testo, pur avvertendo la necessità di aggiornarne i contenuti alla luce dei documenti successivi e soprattutto della Pastores dabo vobis, ribadiamo la centralità della comprensione pastorale del presbiterato in Italia. 10. La carità pastorale, base comune delle diverse forme di ministero Ciò non significa che vi sia una sola forma di realizzazione del ministero sacerdotale: ogni presbitero possiede doni naturali e soprannaturali che lo rendono unico; ciascuna Chiesa locale presenta un volto peculiare e ricchezze proprie; le variegate situazioni ecclesiali richiedono differenti forme di esercizio del ministero. Per questo, provvidenzialmente, sono molte nella nostra nazione le modalità concrete di svolgimento del ministero: chi mette in primo piano il compito dell'annuncio e chi quello della celebrazione, chi spende le proprie energie nell'impegno di promozione umana e chi nell'accompagnamento spirituale, chi si dedica a fondo all'educazione e chi all'elaborazione culturale; molti presbiteri, poi, svolgono un ministero che comporta una pluralità di questi aspetti. Tutte queste forme, però, trovano la loro sintesi nella carità pastorale e da questa prendono forza; essa è come la corrente sotterranea che alimenta le diverse fonti e ne assicura la freschezza. 11. I riferimenti fondamentali: Presbyterorum Ordinis e Pastores dabo vobis Le ampie riflessioni sulla natura del presbiterato offerte dal decreto Presbyterorum Ordinis e dall'EsortazionePastores dabo vobis costituiscono tuttora una base teologica e dottrinale solida e coerente alla quale rimandiamo, richiamando qui solo gli elementi che si possono ritenere fondamentali per orientare la formazione. Emergono così dalla carità pastorale cinque aspetti essenziali della natura e della missione presbiterale: la duplice relazione a Cristo Pastore e alla Chiesa, l'armonia tra i diversi compiti affidati al presbitero, l'unità tra la vita spirituale e il ministero, il richiamo alla radicalità evangelica. Dall'intreccio di questi aspetti si evincono alcuni tratti di quella che si potrebbe definire la figura del presbitero per le Chiese che sono in Italia, verso la quale intendiamo orientare la formazione seminaristica e permanente dei presbiteri. 2. Gli aspetti essenziali della natura e della missione presbiterale a) La dimensione cristologica 12. Una chiamata e abilitazione che hanno origine da Cristo La carità pastorale rimanda anzitutto a Cristo Pastore, inviato dal Padre nello Spirito, come origine, modello e soggetto del ministero presbiterale: la sorgente del presbiterato non si colloca infatti nelle qualità umane, morali, intellettuali, spirituali di un uomo né semplicemente in un riconoscimento ecclesiale, bensì in una chiamata e in un'abilitazione che hanno origine da Cristo. In tale prospettiva, deve essere riaffermata la dottrina del carattere, come configurazione ontologica a Cristo Sacerdote, che abilita ad agire in persona di Cristo Capo e Pastore. L'energia per un efficace ministero proviene dalla fedeltà di Dio, sigillata dal dono spirituale che, attraverso il sacramento dell'Ordine, dimora nel presbitero in maniera permanente. Si tratterà quindi in seguito di "ravvivare" il dono che è stato trasmesso per l'imposizione delle mani. ( Cfr 2 Tm 1,6 ) Questa prima dimensione del ministero, definita cristologica, fonda la dimensione ecclesiologica, in quanto è necessario che la Chiesa stessa sia convocata dal Cristo Risorto attorno alla Parola, ai sacramenti e alla carità. Come segni viventi di Cristo Pastore, Capo e Sposo, i presbiteri sono abilitati dall'ordinazione a essere strumenti efficaci per l'edificazione ecclesiale, attraverso l'annuncio della Parola, la celebrazione dei sacramenti e il discernimento dei carismi per un loro esercizio nella carità. Senza questi doni, che la Chiesa non può darsi da sola ma può solo accogliere dal suo Signore, essa perderebbe la propria identità. I presbiteri si collocano perciò in un punto vitale e nevralgico per l'esistenza della Chiesa, essendo testimoni efficaci della priorità della grazia con la quale Cristo Risorto la edifica e vivifica nello Spirito. 13. L'amore verso Gesù Pastore precede e determina il mandato verso il gregge Per questo « la carità del sacerdote si riferisce primariamente a Gesù Cristo: solo se ama e serve Cristo Capo e Sposo, la carità diventa fonte, criterio, misura, impulso dell'amore e del servizio del sacerdote alla Chiesa, corpo e sposa di Cristo ». Il dialogo dell'amore tra Cristo e Pietro – « Mi ami tu? », « Tu sai che ti amo » ( Cfr Gv 21,15-17 ) – rimane il modello permanente della carità pastorale: la domanda sull'amore verso Gesù Pastore precede e determina il mandato verso il gregge; è pastorale, dunque, quella carità vissuta dal presbitero in primo luogo nei confronti del Buon Pastore. Se il ministero presbiterale non originasse da questo amore, scadrebbe a prestazione di un funzionario, anziché essere il servizio di un pastore che offre la vita per il gregge. Da ciò risulta che l'amore per Cristo costituisce la motivazione prioritaria della vocazione al presbiterato. b) La dimensione ecclesiologica 14. La relazione con Cristo Pastore rimanda alle relazioni che il presbitero vive nella Chiesa In secondo luogo la carità pastorale rimanda alle relazioni oggettive che il presbitero vive nella Chiesa. Se il ministero e la vita spirituale del presbitero trovano in Cristo Pastore, Capo e Sposo, la loro fonte originaria e permanente, nella trama dei rapporti ecclesiali trovano il luogo concreto della loro crescita. Sebbene subordinata a quella cristologica, la dimensione ecclesiologica è pure essenziale al presbiterato. Riscoperta dal Vaticano II, essa è già implicitamente compresa nel fatto che il presbitero è « configurato a Gesù Cristo in quanto Capo e Pastore della Chies a »: sarebbero incompleti un pastore senza gregge e un capo senza corpo, come anche uno sposo senza sposa. Il presbiterato è quindi per il ministero ecclesiale e non per una dignità personale. La valenza pastorale della carità presbiterale, dunque, non si esaurisce nel costitutivo rapporto sacramentale, intimo e vivo con Cristo Pastore, ma si innerva nelle relazioni ecclesiali. Perciò deve essere intesa anche nei termini oggettivi di un intreccio di relazioni all'interno del popolo di Dio, caratterizzate dalla fondamentale fraternità fra tutti i battezzati, ma specificata dalla diversità dei ruoli e dei compiti, nell'ottica della comunione gerarchica. 15. Le relazioni con il Vescovo, con gli altri presbiteri e con i laici I presbiteri sono chiamati così in primo luogo a vivere una relazione filiale e fraterna con il proprio Vescovo, del quale sono necessari collaboratori e consiglieri nel ministero. Un rapporto cordiale e schietto con il Vescovo non è dettato solamente da motivi di affinità psicologica, di opportunità pastorale o di strategia operativa; esso si radica nella configurazione sacramentale del ministero, trasmesso al presbitero attraverso l'imposizione delle mani e la preghiera consacratoria da parte del Vescovo stesso e come partecipazione subordinata alla pienezza del suo sacerdozio. È il vincolo sacramentale a imprimere radicalmente nel presbiterato la necessità della relazione con il Vescovo. In secondo luogo i presbiteri, uniti tra loro da « intima fraternità sacramentale », sono chiamati a intessere relazioni fraterne con gli altri presbiteri, soprattutto con quelli che appartengono al medesimo presbiterio diocesano; questo, come corona del Vescovo, costituisce una fraternità sacramentale e non solamente operativa o affettiva. L'ordinazione infatti rende il presbitero partecipe dell'unico ministero, del quale il Vescovo è rivestito in pienezza, e richiede perciò per sua stessa natura stima reciproca, comunione e spirito di corresponsabilità. È auspicabile che queste dimensioni costitutive del ministero presbiterale giungano a esprimersi anche in forme concrete di vita in comune. La disponibilità a inserirsi costruttivamente nella vita del presbiterio diocesano non è una scelta discrezionale per il presbitero, ma un elemento intrinseco alla sua vocazione. Lo spirito di fraternità deve essere vissuto anche con i diaconi e le persone consacrate. In terzo luogo, ai presbiteri è richiesta una relazione paterna e fraterna con i laici a cui sono inviati, siano essi membra della Chiesa vigili o assopite, collaboratori stretti o battezzati ormai indifferenti. I fedeli laici esercitano il loro sacerdozio comune non in virtù di deleghe da parte dei ministri ordinati, ma in forza dell'unica missione radicata nel battesimo. Per questo motivo teologico i presbiteri sono tenuti a valorizzare i laici, ad ascoltarli e a fare tesoro della loro esperienza di vita, considerandoli non semplici esecutori né meri collaboratori, ma veri e propri corresponsabili nella missione ecclesiale, in particolare nelle realtà secolari. Il compito dei presbiteri è di presiedere alla comune responsabilità come saggi padri di famiglia. 16. Sintonia con le scelte pastorali della Chiesa particolare La coltivazione di questa ricca trama di rapporti esige profonda sintonia con le scelte formative, operative e missionarie attuate dalla propria Chiesa particolare. Se è veramente pastorale, la carità del presbitero non è mai privata; atteggiamenti anche generosi di dedizione possono essere depotenziati o vanificati da individualismi che inducono alla divisione. Ciò non significa livellare i diversi stili che può assumere l'esercizio del ministero, bensì porre le diversità al servizio dell'edificazione comune. Spetta infatti all'intera Chiesa particolare, nello stile sinodale del discernimento comunitario, sotto la guida del Vescovo in comunione con il Papa, individuare nella propria situazione le priorità pastorali secondo le quali modellare concretamente la comunione e la missione. In questa opera, il presbitero offrirà il dono dell'annuncio, della celebrazione e della guida, inserendosi fedelmente e creativamente nelle scelte della Chiesa particolare che è chiamato a servire, secondo la spiritualità che la caratterizza. 17. La spiritualità del presbitero diocesano come via di santificazione La figura del presbitero diocesano evidenzia in modo paradigmatico come l'appartenenza e dedicazione sponsale a una Chiesa particolare rappresentino davvero un valore spirituale. Definita dall'incardinazione in una Chiesa particolare e dalla dedicazione stabile alla sua edificazione attraverso la triplice diaconia della Parola, dei sacramenti e della carità, la spiritualità del presbitero diocesano è una vera e propria via di santificazione. Elementi di altre spiritualità potranno arricchirla, ma non sostituirla: essa infatti – nella triplice relazione oggettiva con il Vescovo, il presbiterio e la comunità – rimane sempre il perno della sua identità spirituale. I presbiteri appartenenti a istituti di vita consacrata e a società di vita apostolica, poi, sebbene non siano incardinati in una Chiesa particolare, in essa vivono e operano: se, da una parte, tale Chiesa riceve da loro il prezioso servizio della testimonianza e del ministero, essi, dall'altra, saranno attenti a inserire il carisma del loro istituto nel cammino di comunione e missione che essa compie, in modo che diventi stimolo e ricchezza per tutti. c) L'armonia tra i diversi compiti presbiterali 18. La carità pastorale, principio interiore e dinamico delle molteplici attività presbiterali La carità pastorale, in terzo luogo, « costituisce il principio interiore e dinamico capace di unificare le molteplici e diverse attività del sacerdote ». Il ventaglio degli impegni è così ampio e vario che esiste realmente il rischio della dispersione. La proclamazione della Parola di Dio può assumere forme molteplici, come il primo annuncio, l'evangelizzazione e la catechesi, l'omelia e l'insegnamento, l'intervento nei dibattiti e la lectio divina. L'attività liturgica impegna in prima persona il presbitero nella preparazione e celebrazione dei sacramenti e nella vita di preghiera della comunità cristiana. Egli esercita la sua guida pastorale anche nel discernimento dei doni e della vocazione di ciascun battezzato, nell'accompagnamento spirituale delle persone che a lui si rivolgono, nel coordinamento della vita comunitaria, nell'impegno diretto e indiretto verso i bisognosi. Rimane anche il responsabile ultimo di alcuni aspetti organizzativi e amministrativi. Annuncio della Parola, celebrazione dei sacramenti e ministero della carità, come servizio all'unico dono di Cristo Risorto, sono interconnessi e si richiamano a vicenda. L'equilibrio fra i differenti aspetti del ministero si realizza proprio vivendo la carità pastorale, sia nella sua dimensione interiore di dedizione e generosità, sia nella dimensione oggettiva di inserimento nel cammino della Chiesa particolare, in comunione con il Vescovo, il presbiterio e i laici. È la congiunzione di queste due istanze della carità pastorale, e non la sola personalità psicologica del presbitero, a determinare la forma concreta del suo ministero: vi sono situazioni e momenti che richiedono maggiori energie nel campo dell'annuncio, altri che portano a privilegiare la celebrazione e altri, infine, che esigono un impegno più grande nei settori dell'accompagnamento, del coordinamento e dell'intervento caritativo. 19. La celebrazione eucaristica, principale alimento della carità pastorale Poiché l'Eucaristia è fonte e culmine della vita e attività della Chiesa, luogo di concentrazione della Parola e di impulso della carità e della missione, la presidenza della celebrazione eucaristica è, per il presbitero, fonte e culmine dell'intero suo ministero, momento nel quale egli esercita nella maniera più intensa il compito di ripresentare Cristo Sacerdote, agendo in persona di Cristo Capo e Pastore. La celebrazione eucaristica è quindi per il presbitero il principale alimento della carità pastorale. « È nell'Eucaristia, infatti, che viene ripresentato, ossia fatto di nuovo presente il sacrificio della croce, il dono totale di Cristo alla sua Chiesa, il dono del suo corpo dato e del suo sangue sparso, quale suprema testimonianza del suo essere Capo e Pastore, Servo e Sposo della Chiesa. Proprio per questo, la carità pastorale del sacerdote non solo scaturisce dall'Eucaristia, ma trova nella celebrazione di questa la sua più alta realizzazione, così come dall'Eucaristia riceve la grazia e la responsabilità di connotare in senso "sacrificale" la sua intera esistenza ». 20. La dimensione missionaria Il ministero presbiterale è per sua natura missionario, poiché Chiesa e mondo, fede e incredulità, santità e peccato si incontrano nel cuore dell'uomo: il presbitero quindi sperimenta sempre, nel suo triplice ministero, culminante nel servizio eucaristico, l'intrecciarsi delle due prospettive. Lo stile di vita dei presbiteri italiani, apprezzato anche da molti che si sentono lontani dalla Chiesa, è connotato dalla prossimità: essi sono vicini alla gente, nelle esperienze di gioia e dolore, nelle case, nei luoghi di educazione, di lavoro e di ritrovo, negli ospedali e nelle case di riposo per anziani, nelle caserme, nelle carceri, nelle comunità di accoglienza di poveri ed emarginati. È dunque prima di tutto nel loro ministero ordinario di annuncio, celebrazione e guida, che essi vivono fondamentalmente la dimensione missionaria del ministero. Tale dimensione si apre non solo a coloro che partecipano attivamente alla vita delle parrocchie, ma anche a quegli uomini e quelle donne che, pur avendo ricevuto il battesimo, non vivono legami di piena e stabile comunione con la Chiesa, ai cristiani appartenenti ad altre Chiese e comunità ecclesiali, ai credenti di altre religioni e a coloro che si professano atei. Resta inoltre validissimo e urgente il ministero dell'annuncio ad gentes, costituendo in certo senso il paradigma della missione della Chiesa nel mondo. Per questo i presbiteri che si dedicano interamente a tale missione sono preziosi. Anche per loro vale il legame con una Chiesa particolare: siano essi diocesani o religiosi, operano per far sorgere o rafforzare una concreta esperienza ecclesiale, specificamente caratterizzata: realtà di Chiesa con un volto, una tradizione, una storia, con situazioni e problemi che richiedono attenzione e rispetto. In particolare, i presbiteri diocesani inviati ad gentes, quando rimangono incardinati nella loro Chiesa d'origine, esercitano il ministero non a nome proprio ma come espressione dell'attività pastorale della Chiesa che li ha inviati e alla quale appartengono, così che è l'intera comunità particolare a farsi carico, per mezzo loro, della missione presso una Chiesa sorella già costituita o in via di costituzione. d) L'unità tra ministero e vita 21. La carità pastorale alimenta e fa crescere la vita interiore La carità pastorale unifica il ministero e la vita spirituale dei presbiteri. L'attività pastorale non solo esprime ma anche alimenta e fa crescere la vita interiore. La spiritualità presbiterale coniuga dunque i due poli della spiritualità cristiana, azione e contemplazione, nella forma della spiritualità pastorale, ossia di azione dello Spirito dentro a una storia di dedicazione al popolo di Dio nelle diverse espressioni che il ministero assume. Si crea così una reciprocità fra la Parola assimilata e donata, i sacramenti ricevuti e celebrati, la carità accolta ed esercitata. La cura per l'unità interiore comporta quindi, per il presbitero, la ricerca di un'armonia proporzionata tra i due poli della santificazione, per non perdere da una parte, cadendo nell'attivismo, le motivazioni interiori dell'apostolato, e dall'altra, cadendo nell'intimismo, la pratica concreta della carità. Il contatto quotidiano con le persone, con le loro gioie e i loro dolori, penetra la preghiera del presbitero, sino a farne il sommo atto della carità pastorale. A sua volta, la preghiera del presbitero, intessuta di Parola di Dio e volti di persone, diviene alimento e sostegno del ministero, favorendo una dedicazione pastorale capace di rivolgersi ai fratelli con sguardo di misericordia e atteggiamento di accoglienza. 22. L'integrazione della dimensione affettiva Questa profonda armonia costituisce la base per una buona integrazione della dimensione affettiva del presbitero con la sua intera personalità. Quando è la dedizione pastorale a orientare, assorbire e purificare le capacità affettive del presbitero, esse diventano una grande ricchezza capace di mantenere vitale il ministero e di comunicare entusiasmo e atteggiamenti positivi. La carità pastorale costituisce dunque per il presbitero il criterio essenziale sul quale misurare la qualità del suo vissuto e delle sue potenzialità affettive, in modo che egli, individuando e correggendo eventuali atteggiamenti ambigui, dia testimonianza di una vita realizzata anche affettivamente, capace di orientare le sue energie relazionali nell'offerta di sé. e) La radicalità evangelica 23. La carità pastorale come maniera peculiare con cui il presbitero vive la radicalità evangelica La carità pastorale, infine, costituisce per il presbitero la modalità peculiare di vivere la radicalità evangelica nell'obbedienza, nella povertà e nella castità nel celibato. Tutti i discepoli di Cristo sono chiamati alla radicalità evangelica, ossia a vivere le loro relazioni secondo l'obbedienza, la povertà e la castità praticate da Gesù, cioè in atteggiamento di libertà interiore, di distacco dalle cose e di gestione ordinata degli affetti e della sessualità. Proprio per aiutare tutti i battezzati a vivere la radicalità evangelica, nella Chiesa alcuni sono chiamati ad assumerla come elemento caratterizzante la propria vocazione, per darne testimonianza eloquente nelle loro scelte di vita. Gesù ha mostrato agli uomini che è possibile vivere nella storia la novità della radicale appartenenza a Dio nella totale dedicazione al suo Regno. Le vocazioni di speciale consacrazione testimoniano a tutti gli uomini la trascendenza del Regno: se è vero infatti che i valori autenticamente umani sono altrettante pietre nella costruzione del Regno di Dio a partire dalla storia, è altrettanto vero che nella sua pienezza il Regno trascende ogni realizzazione umana, anche la più elevata. 24. La spiritualità di consacrazione Tra la spiritualità dei consigli evangelici propria dei consacrati e quella dei ministri ordinati vi sono profondi motivi di convenienza teologico-spirituale. I presbiteri sono chiamati a una piena conformazione a Cristo, non solo in quanto sono posti nella Chiesa, ma anche in quanto si collocano di fronte a essa, agendo in persona di Cristo Capo, Sposo e Pastore; come tali, essi si impegnano a vivere la povertà, la castità e l'obbedienza nella maniera loro propria, quella della carità pastorale. Nel dedicarsi stabilmente alla Chiesa particolare, essi abbracciano Cristo obbediente al Padre, promettendo al Vescovo "filiale rispetto ed obbedienza", entrando con amore, umiltà e spirito costruttivo nelle relazioni all'interno del presbiterio e del popolo di Dio. Essi abbracciano Cristo povero che arricchisce molti, scegliendo uno stile di vita sobrio e distaccato dalle cose, utilizzando ciò di cui dispongono per il loro ministero e la loro missione e facendosi in tal modo più attenti ai poveri. Infine, essi abbracciano Cristo Sposo della Chiesa, vergine e casto, vivendo la chiamata alla castità nel celibato come dono di sé ampio, ricco e generoso, "con cuore indiviso" e aperto a tutti. Questa donazione, anche quando attraversa momenti faticosi, sperimenta la logica del "centuplo", promessa da Gesù già in questa vita: è dunque un'esistenza umanamente ricca e piena. ( Cfr Mc 10,29-30 ) Alcuni presbiteri, animati da una speciale vocazione, aderendo a un istituto secolare, assumono i consigli evangelici mediante specifici impegni senza rinunciare allo stato secolare. Essi « attraverso la testimonianza della vita consacrata, soprattutto nel presbiterio, sono di aiuto ai confratelli con una peculiare carità apostolica e in mezzo al popolo di Dio realizzano la santificazione del mondo con il proprio ministero sacro ». 25. Sequela e croce I presbiteri terranno presente che l'imitazione e la sequela di Cristo obbediente, povero e casto, è tutt'altro che facile e va contro la mentalità mondana, dominata dagli idoli: la croce fa parte essenziale della sequela e non è da interpretare come un incidente di percorso o come indizio di un'errata valutazione vocazionale. Appartiene alla spiritualità presbiterale l'integrazione degli insuccessi, dei fallimenti e delle delusioni nel proprio cammino, quali "spine nella carne" inseparabili dall'apostolato, prove che il Signore lascia sussistere perché la sua grazia si manifesti pienamente nella debolezza dei ministri. ( Cfr 2 Cor 12,7-10 ) Sono le "persecuzioni" che Gesù stesso ha realisticamente connesso alla sequela, inquadrandole però in una gioia che non ha pari: il centuplo quaggiù e la vita eterna. ( Cfr Mc 10,30 ) 3. Gli elementi tipici della figura del presbitero in Italia 26. Una figura esigente Abbiamo così fatto emergere le articolazioni della carità pastorale che hanno avuto maggior ricezione nel contesto italiano e che costituiscono il punto di riferimento per delineare la figura del presbitero nel nostro Paese. Esse sono: la passione per Cristo Pastore, nella cui persona il presbitero agisce e a cui primariamente dirige la sua capacità di amare; la dedizione alla Chiesa, a partire dal suo volto concreto e diocesano, nella coltivazione di rapporti oblativi, paterni e cordiali con i laici, fraterni e disponibili nel presbiterio, filiali e collaborativi con il Vescovo; la dimensione missionaria del triplice ministero di annuncio, celebrazione e guida pastorale, a partire dalla prossimità alle persone nella propria Chiesa particolare, fino ad arrivare alla disponibilità all'annuncio ad gentes; un'integrazione profonda tra la vita interiore e l'apostolato, capace di dare pienezza anche affettiva alla vita e al ministero presbiterale; una radicalità evangelica che, senza l'illusione di poter evitare fatiche e incomprensioni, sperimenti la verità della promessa di gioia riservata da Gesù a chi ne condivide il cammino e testimoni la possibilità di realizzarsi donandosi completamente alla Chiesa in nome di Cristo obbediente, povero e casto. In questa prospettiva vanno valorizzati e favoriti alcuni elementi già presenti nella vita del presbitero delle nostre Chiese: la caratteristica popolare del prete-parroco vicino alle famiglie, ai poveri e ai malati; la passione educativa verso il mondo giovanile; l'attenzione verso quella che oggi viene definita "pastorale integrata"; la sensibilità verso i problemi sociali; l'interesse per la prospettiva culturale configurata nel "progetto culturale" della Chiesa italiana; la valorizzazione della comunicazione interpersonale e sociale; la realizzazione di forme diverse di fraternità presbiterale. Ci sembrano queste le caratteristiche irrinunciabili del presbitero di cui ha bisogno la Chiesa italiana all'inizio del terzo millennio. Siamo consapevoli che si tratta di una figura esigente e in contrasto con una mentalità diffusa che, talvolta, anche nelle comunità cristiane, si accontenta del minimo indispensabile. Siamo tuttavia convinti che abbassare il livello ideale, se anche può momentaneamente risolvere alcuni problemi immediati, non costituisce un buon servizio alle nostre Chiese e alle esigenze dell'evangelizzazione. Capitolo II - La promozione della vocazione presbiterale e i percorsi propedeutici « "Abbiamo trovato il Messia" … e lo condusse da Gesù » ( Gv 1,41-42 ) 27. L'icona evangelica di Andrea che conduce Pietro da Gesù Uno dei due discepoli che, su indicazione di Giovanni Battista, avevano seguito Gesù e avevano visto dove abitava, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli, di ritorno da quella straordinaria esperienza, « incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: "Abbiamo trovato il Messia ( che significa il Cristo )" e lo condusse da Gesù ». ( Gv 1,41-42 ) "Abbiamo trovato il Messia": « sta qui, in un certo senso, il cuore di tutta la pastorale vocazionale della Chiesa, con la quale essa si prende cura della nascita e della crescita delle vocazioni, servendosi dei doni e delle responsabilità, dei carismi e del ministero ricevuti da Cristo e dal suo Spirito. La Chiesa, come popolo sacerdotale, profetico e regale, è impegnata a promuovere e servire il sorgere e il maturare delle vocazioni sacerdotali con la preghiera e con la vita sacramentale, con l'annuncio della Parola e con l'educazione alla fede, con la guida e la testimonianza della carità ». 1. La promozione della vocazione presbiterale 28. La pastorale vocazionale come prospettiva ordinaria della pastorale generale La Chiesa, assemblea dei chiamati, ha, tra i suoi compiti principali, l'annuncio del Vangelo della vocazione, cioè della personale chiamata d'amore della Trinità, che interpella ogni uomo e ogni donna a rispondere con il dono di sé nella santità. La pastorale vocazionale è l'aiuto offerto a ciascuno perché scopra il progetto che Dio gli ha affidato e lo realizzi secondo le necessità della Chiesa, al servizio della società. Per questa ragione, « la pastorale vocazionale è la prospettiva originaria della pastorale generale ». 29. Un particolare impegno per le vocazioni presbiterali Le vocazioni si raccolgono fondamentalmente nelle tre forme generali di vita dei laici, dei ministri ordinati e dei consacrati. Se è vero che la comunità cristiana promuove l'intero arco di queste possibilità, tuttavia si impegna in modo particolare a favore del ministero ordinato, « poiché essa deve in qualche modo garantire la propria permanenza, il proprio futuro » e assicurare « il fondamento oggettivo della Chiesa, soprattutto attraverso l'Eucaristia ». « Di qui la traduzione pastorale: il ministero ordinato per tutte le vocazioni e tutte le vocazioni per il ministero ordinato, nella reciprocità della comunione ». Prima ancora dell'azione formativa del seminario, ogni Chiesa particolare e, al suo interno, ogni comunità parrocchiale, è chiamata a promuovere le vocazioni al presbiterato con la fervente preghiera, la testimonianza di un'autentica vita cristiana, la proposta esplicita e l'indicazione di precisi itinerari vocazionali. Una comunità cristiana che vive intensamente la sua vocazione e la sua missione costituisce infatti il terreno favorevole per il sorgere e il maturare delle vocazioni al presbiterato. 30. Il ruolo delle famiglie, delle parrocchie, dei gruppi, movimenti e associazioni La riscoperta della dimensione vocazionale della vita cristiana e in particolare delle vocazioni al presbiterato interpella soprattutto le famiglie, le parrocchie, le aggregazioni ecclesiali: la grande sfida cui tutti sono chiamati a rispondere è quella di evangelizzare o ri-evangelizzare le persone perché la loro esistenza sia plasmata dalla fede cristiana e diventi docile alla chiamata di Dio. Le famiglie, in quanto testimoniano l'amore e promuovono un clima di fede, « costituiscono come il primo seminario »; le parrocchie, per la loro stessa identità, sono « il luogo per eccellenza in cui va proclamato l'annuncio del Vangelo della vocazione e delle singole vocazioni »; i gruppi, i movimenti e le associazioni, nella misura in cui sono « luoghi pedagogici della vita di fede », offrono un ambiente idoneo per la scoperta e l'accoglienza della propria vocazione. Il salto di qualità della pastorale vocazionale attenta al ministero presbiterale sarà pertanto frutto dell'impegno di tutta la comunità ecclesiale, attraverso la mediazione educativa e la testimonianza dei presbiteri, dei diaconi, dei genitori, dei consacrati, dei catechisti, degli animatori, degli educatori alla fede degli adolescenti e dei giovani. In questo impegno condiviso, il Centro diocesano vocazioni è chiamato a svolgere un ruolo di formazione, promozione e coordinamento. 31. La testimonianza dei presbiteri e dei seminaristi I testimoni più efficaci della vocazione al presbiterato sono indubbiamente i presbiteri e i seminaristi. I presbiteri, nella misura in cui sapranno offrire una testimonianza di spiritualità, slancio pastorale, gioia, amicizia e condivisione, riusciranno a trasmettere più che a parole il fascino di una vita spesa totalmente per l'impegno apostolico. Allo stesso modo i seminaristi, se vivranno con libertà, passione e gioia l'esperienza della loro particolare sequela, diventeranno i primi e immediati apostoli della vocazione in mezzo ai loro coetanei. In questa prospettiva, il seminario diocesano, "cor cordis" della Chiesa particolare, potrà essere davvero un segno vocazionale particolarmente incisivo per i giovani, laboratorio di speranza per il futuro. 32. Specifiche attività vocazionali del seminario Il seminario si preoccuperà di promuovere, in sintonia con il Centro diocesano vocazioni, alcune specifiche attività vocazionali. Esso può infatti: – offrire esperienze di intensa preghiera, in un orizzonte ecclesiale; – valorizzare la propria esperienza comunitaria come annuncio vocazionale; – dare rilievo alla mediazione personale, sia dei giovani già in cammino sia dei presbiteri che accompagnano tali esperienze; – introdurre alla pratica della direzione spirituale, come aiuto al discernimento del progetto di Dio e consegna di sé alla Chiesa; – mantenere vivo l'orizzonte apostolico, cui la sequela rinvia; – sostenere e motivare chi ha già assunto impegni di servizio all'interno della comunità ecclesiale o nel mondo del volontariato, aiutandolo a integrare sempre di più il servizio e la relazione personale con Gesù. 33. I principali documenti sulla promozione della vocazione presbiterale È opportuno che le indicazioni offerte in alcuni documenti recenti circa l'impegno prioritario delle Chiese locali in favore delle vocazioni al ministero ordinato siano tenute in attenta considerazione dalle diverse realtà ecclesiali e specialmente dagli animatori della pastorale vocazionale. Emergono per autorevolezza, completezza e attualità: il quarto capitolo dell'Esortazione apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis, dedicato alla vocazione sacerdotale nella pastorale della Chiesa; il Documento finale del Congresso sulle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata in Europa Nuove vocazioni per una nuova Europa; gli Orientamenti emersi dalla XLV Assemblea Generale della CEI, dedicata alla pastorale giovanile, Educare i giovani alla fede, e quelli emersi dalla XLVI Assemblea Generale, dedicata alla pastorale vocazionale, Le vocazioni al ministero ordinato e alla vita consacrata nella comunità cristiana. In particolare, quest'ultimo documento offre quattro percorsi vocazionali che « corrispondono ad altrettanti "mandati" per le nostre Chiese: "Pregate, testimoniate, evangelizzate, chiamate!" ». Per ognuno di questi mandati, vengono indicate esperienze concrete, avvalorate dalla pratica pastorale degli ultimi anni, che costituiscono un buon punto di partenza per la verifica e la progettazione. 34. Comunità del seminario minore e comunità propedeutica Ai ragazzi e ai giovani che mostrassero segni chiari di vocazione al presbiterato, si aprono, a seconda dell'età, due percorsi propedeutici al seminario maggiore: la comunità del seminario minore e la comunità propedeutica. 2. La comunità del seminario minore a) Obiettivi, caratteristiche e soggetti educativi 35. L'utilità e gli obiettivi del seminario minore La Chiesa mette a disposizione, anche per l'età della preadolescenza e dell'adolescenza, una specifica comunità per l'iniziale discernimento e accompagnamento delle vocazioni al presbiterato. È il seminario minore che, variamente strutturato nelle diocesi che ne dispongono, offre a ragazzi e adolescenti una proposta di vita al seguito di Gesù, in un contesto comunitario, tenendo conto delle esigenze tipiche dell'età. Esso, dove esiste, è anche il punto di riferimento della pastorale vocazionale della preadolescenza e dell'adolescenza, con occasioni di incontro e di formazione per i ragazzi delle parrocchie e soprattutto con la testimonianza offerta dal gruppo dei seminaristi. Mettendo a disposizione il seminario minore, la Chiesa è attenta a recepire le acquisizioni della pedagogia dell'età evolutiva, a valorizzare sapientemente gli apporti degli altri soggetti educativi, quali le famiglie, le scuole, le parrocchie e le associazioni, a rispettare il principio della gradualità senza compiere forzature, offrendo tuttavia una formazione integrale e coerente, basata sull'intimità con Gesù, capace di sollecitare scelte generose e responsabili. Per interpretare al meglio il proprio ruolo, il seminario minore dovrà farsi carico, insieme agli altri soggetti educativi, del grave compito di restituire vigore, consistenza e dignità all'educazione stessa, resistendo alla tentazione di confonderla o di separarla dall'esperienza di fede. 36. Le caratteristiche La comunità del seminario minore: – è a servizio della crescita integrale del ragazzo nel progressivo discernimento vocazionale e, perciò, ha la funzione « di tenere alta la memoria della vita cristiana come chiamata alla santità, al servizio, alla testimonianza, alla sequela, alla scoperta del proprio stato di vita »; – ha una sapiente capacità di adattamento alle diverse età ed esigenze dei ragazzi, degli adolescenti e dei giovani; – è caratterizzata da un clima sereno e familiare, che permetta di seguire il Signore, nella gioia della vita fraterna, nella condivisione e nell'aiuto vicendevole; – è attenta, nell'elaborazione del suo progetto educativo, ai criteri di ammissione al seminario maggiore, in modo che non vi siano 'salti' innaturali nella vita dei giovani; – richiede una certa consistenza numerica, in modo da permettere agli alunni una vita ricca di rapporti interpersonali; – integra senza sostituire l'opera della famiglia, della scuola e della parrocchia nei compiti educativi loro propri; – si impegna nell'animazione vocazionale dei ragazzi e degli adolescenti della diocesi. 37. L'équipe educativa Perché il seminario possa svolgere efficacemente il suo compito ha bisogno di un'équipe educativa stabile e motivata, preparata ad affrontare i problemi dell'adolescenza, unita e concorde nella complementarità dei ruoli, autorevole nel rapporto con i ragazzi. L'équipe educativa stabile è costituita dal rettore, dal direttore spirituale e da uno o più animatori, a seconda delle dimensioni della comunità. Con i sacerdoti educatori possono collaborare anche laici, uomini e donne, specialmente nell'ambito della consulenza psicopedagogica. Il carisma femminile, in particolare, può essere di grande aiuto nell'itinerario formativo. È opportuno programmare con accuratezza e lungimiranza la formazione dei nuovi educatori, in modo che risultino all'altezza del compito loro affidato. 38. Il coinvolgimento delle famiglie Di fondamentale importanza per l'efficacia educativa del seminario minore è la collaborazione con le famiglie. Infatti, l'educazione spetta, prima di ogni altro soggetto, ai genitori. Nella famiglia, Chiesa domestica, essi « devono essere per i loro figli, con la parola e con l'esempio, i primi annunciatori della fede e secondare la vocazione propria di ognuno, e quella sacra in modo speciale ». Questa funzione educativa originaria della famiglia, anche in ordine alla vocazione, non viene delegata agli educatori del seminario, che non sostituiscono le figure dei genitori. Con l'ingresso in seminario inizia, invece, tra educatori e genitori una collaborazione che interessa tutti gli ambiti della formazione. Gli educatori ascoltino il parere dei genitori sull'impostazione formativa del seminario e sulle scelte più importanti da compiere e li tengano costantemente informati sulla vita dei loro figli. I genitori, da parte loro, si lascino effettivamente coinvolgere nella vicenda educativa del seminario e facciano in modo di essere presenti nei momenti più significativi; inoltre, siano particolarmente attenti alle esigenze formative dei figli nei tempi di rientro in famiglia e nei mesi estivi. In questa prospettiva, è opportuno che si prevedano anche momenti di formazione per aiutare i genitori nel loro compito di educatori nella fede dei figli e per sensibilizzarli e prepararli ad accompagnarne il cammino vocazionale. 39. La collaborazione delle parrocchie Il seminario minore, inoltre, mantiene un rapporto costante con le parrocchie dei seminaristi. La parrocchia rappresenta per il seminarista la famiglia di Dio nella quale è rinato alla vita nuova ed è stato iniziato alla vita cristiana. È la comunità di fedeli nella quale è chiamato a vivere l'esperienza della fede e della sequela quando ritorna in famiglia. Partecipando alla vita della propria parrocchia nelle forme richieste dalla sua età, egli dà testimonianza anche del proprio cammino vocazionale. Il ruolo dei presbiteri della parrocchia è di grande importanza nella formazione e maturazione del seminarista. Essi lo presentano al seminario, riconoscendo quel germe di vocazione che il Signore ha seminato nel suo cuore. Insieme con la famiglia, assicurano la continuità educativa il sabato e la domenica e nei mesi estivi; con loro gli educatori rimangono in dialogo costante, ricevendone i consigli e l'aiuto per il discernimento. b) I criteri di ammissione e di permanenza in seminario 40. Criteri generali Criteri legati Gli educatori, prima di accogliere un ragazzo, sono tenuti a valutare attentamente la presenza di alcune condizioni, richieste dalla finalità vocazionale del seminario minore. Anzitutto, essi devono verificare che il ragazzo scelga spontaneamente di far parte della comunità seminaristica e dimostri di possedere, in modo proporzionato all'età, quelle qualità fondamentali di umanità, di fede e di disponibilità che gli permetteranno di accogliere la proposta formativa del seminario; sono chiamati poi a valutare le doti intellettuali richieste dai futuri impegni di studio, considerare la partecipazione alla vita parrocchiale e fare attenzione all'ambiente familiare. In presenza di situazioni familiari problematiche o irregolari, dovranno tenere conto della personalità del ragazzo e del carattere propedeutico del seminario minore. In ogni caso, richiedano sempre il parere del parroco prima di procedere all'ammissione di qualcuno in seminario. È opportuno che, prima dell'ingresso, i ragazzi partecipino alle attività vocazionali del seminario o a qualche momento della vita dei seminaristi, così da operare una scelta più consapevole. Queste occasioni offriranno anche agli educatori preziosi elementi di valutazione. 41. Criteri legati all'orientamento vocazionale Particolare rilievo acquistano i criteri legati all'orientamento vocazionale. Nella preadolescenza, il desiderio di conoscere la propria vocazione e l'accoglienza del percorso vocazionale del seminario sono segni sufficienti di disponibilità al progetto del Signore. Negli anni successivi, l'orientamento al presbiterato deve farsi progressivamente più chiaro e diventare oggetto di discernimento e di preghiera, in vista di una scelta matura e consapevole. L'autenticità delle intenzioni sarà verificata dalla fedeltà e generosità nella vita quotidiana. Negli anni dell'adolescenza, vanno comprese con pazienza e lungimiranza le oscillazioni, le crisi e le difficoltà che accompagnano il formarsi della personalità e l'ascolto della chiamata del Signore, soprattutto se rimane l'apertura autentica e il confronto con gli educatori. Quando un ragazzo, di fatto, rifiuta la proposta del seminario, non accetta il rapporto educativo e non mostra prospettive di cambiamento in tempi convenienti, non ha più senso la sua permanenza in comunità, che risulterebbe inopportuna per lui e per gli altri ragazzi. Per una valutazione serena e obiettiva del percorso dei singoli seminaristi, è importante che gli educatori si confrontino spesso tra di loro, con la famiglia, la scuola e la parrocchia, soprattutto in coincidenza con le tappe più significative della vita di seminario o qualora emergessero problemi particolari nella crescita umana e cristiana. Si tenga conto di tutte le dimensioni della formazione, sapendo cogliere anche i segni di una possibile evoluzione. c) Le indicazioni essenziali per una formazione integrale 42. Varietà delle esigenze educative Il seminario minore può accogliere ragazzi dagli undici ai diciannove anni di età. È necessario perciò tener conto della varietà delle esigenze educative richieste dalle diverse età, ispirandosi a un criterio di gradualità. I ragazzi che pervengono al seminario presentano inoltre profonde diversità dovute soprattutto agli ambienti educativi di provenienza: famiglia, scuola e parrocchia. Anche a queste si dovrà prestare attenzione nell'elaborazione della proposta formativa. Vengono fornite di seguito alcune indicazioni essenziali per una formazione integrale, lasciando ai singoli seminari il compito di specificare nei loro progetti educativi gli obiettivi e i mezzi dei vari ambiti formativi. 43. L'incontro con Gesù amico e maestro Il seminario minore favorisce nei seminaristi l'impegno ad andare incontro al Signore Gesù, amico e maestro, con tutta la mente, con tutto il cuore e con tutte le forze, secondo le trasformazioni tipiche della loro età. La proposta spirituale aiuta i ragazzi, nel rispetto del criterio di gradualità, a prendere consapevolezza del proprio mondo interiore per riconoscere e accogliere la chiamata di Dio e rispondervi con generosità; li educa gradualmente all'ascolto della Parola; offre loro momenti di preghiera personale e comunitaria, che trovano il loro vertice nell'Eucaristia; li incoraggia a scoprire la bellezza e la gioia del sacramento della Riconciliazione; li introduce alla conoscenza del depositum fidei attraverso itinerari di catechesi. 44. Virtù umane, capacità di relazione, maturazione affettivo-sessuale Seguendo Cristo nel cammino verso la piena maturità umana, il seminario minore porta i ragazzi ad acquisire e a curare quelle virtù umane che sono necessarie alla costruzione di personalità equilibrate e mature, come la sincerità, l'onestà, la generosità, la responsabilità, la perseveranza, il rispetto per ogni persona e il perdono; li accompagna nella maturazione di autentiche relazioni amicali, nell'accettazione e nel rispetto delle regole della comunità, nella graduale maturazione alla libertà e all'autonomia; in particolare, li sostiene nel processo di evoluzione affettivo-sessuale, che ha un'importanza determinante negli anni dell'adolescenza. Suo impegno è aiutarli ad affrontare le fatiche del cambiamento e orientarli a gestire le pulsioni e i sentimenti nella prospettiva del dono di sé. L'organizzazione della vita quotidiana e settimanale tiene in debito conto la dimensione del gioco e dello sport per uno sviluppo armonico della persona. 45. Il gusto e il metodo dello studio La scuola e lo studio sono parte integrante del cammino di crescita armonica e di ricerca vocazionale proprio del seminario minore; essi infatti offrono agli alunni le chiavi interpretative per accostare e affrontare la realtà in modo intelligente e critico. La proposta scolastica è tesa perciò ad aiutare i ragazzi a studiare con gusto, a organizzare lo studio in maniera sempre più autonoma e responsabile, a maturare la capacità di costanza e concentrazione e ad affrontare la fatica. Essa inoltre è attenta a recepire e favorire gli interessi dei ragazzi nel campo delle arti e in quello delle comunicazioni sociali. Laddove è possibile e opportuno, si privilegi l'indirizzo scolastico che faciliterà in seguito l'eventuale accesso agli studi teologici. 46. Altre forme di accompagnamento vocazionale Nelle diocesi in cui non è possibile mantenere o costituire il seminario minore, occorre provvedere ad attivare altre forme di accompagnamento vocazionale. « In questi anni diversi tentativi hanno interpretato coraggiosamente tale bisogno: scuole o centri vocazionali, campi estivi e incontri periodici lungo l'anno, dotati di un progetto, di un accompagnamento e di un coordinamento ben pensati ». Tra i vari percorsi, sono da segnalare i gruppi vocazionali per adolescenti e giovani, detti talvolta seminari aperti. « Pur non essendo permanenti, questi gruppi potranno offrire, in un contesto comunitario, una guida sistematica per la verifica e la crescita vocazionale. Pur vivendo in famiglia e frequentando la comunità cristiana che li aiuta nel loro cammino formativo, questi ragazzi e questi giovani non devono essere lasciati soli. Essi hanno bisogno di un gruppo particolare o di una comunità di riferimento cui appoggiarsi per compiere quello specifico itinerario vocazionale che il dono dello Spirito Santo ha iniziato in loro ». 3. La comunità propedeutica a) Obiettivi, configurazione ed educatori 47. Necessità e obiettivi della comunità propedeutica La preparazione di base richiesta dal progetto educativo del seminario maggiore, la tendenza nei giovani a differire nel tempo le scelte esistenziali, la diversità, la complessità e la frammentazione degli odierni contesti di vita rendono normalmente necessario, per i giovani che non provengono dal seminario minore, uno specifico itinerario di introduzione al seminario maggiore. Per proporre, garantire e accompagnare tale itinerario, si raccomanda che ogni diocesi, gruppo di diocesi o regione istituisca una comunità propedeutica residenziale. Se ciò non fosse possibile a motivo dello scarso numero di vocazioni, non si manchi di attivare percorsi propedeutici personalizzati per i singoli, che potranno risiedere sia in seminario sia in una parrocchia. Di norma, non si ammetta al seminario maggiore chi, non provenendo dal seminario minore, non abbia compiuto almeno un anno propedeutico residenziale. Gli obiettivi della comunità propedeutica sono: – aiutare i giovani orientati al seminario a immergersi profondamente nel mistero di Cristo e ad assimilare gli elementi essenziali della vita spirituale; – attivare un iniziale discernimento vocazionale, che verifichi la rettitudine delle intenzioni, la fondatezza delle motivazioni e la consistenza della personalità; – consolidare le condizioni di maturità umana necessarie per abbracciare consapevolmente una formazione di spiccata impronta oblativa, capace di autotrascendenza e di relazioni umane costruttive; – presentare in modo esauriente la figura del presbitero, secondo l'attuale sensibilità ecclesiale; – completare la conoscenza dei principali dati della fede e della vita della Chiesa; – acquisire la base culturale sufficiente per affrontare lo studio teologico. 48. La configurazione La configurazione della comunità propedeutica è ancora in fase di sperimentazione. Tuttavia, le esperienze realizzate in molte diocesi permettono di indicare alcune caratteristiche essenziali che ne precisano l'identità. La comunità propedeutica: – è collegata, ma distinta dalla comunità del seminario maggiore; per questo è preferibile, se possibile, che abbia una sede autonoma; in ogni caso deve essere garantita una specifica dinamica formativa; – è principalmente finalizzata a verificare i segni oggettivi di un effettivo orientamento al presbiterato; – tiene conto, per la sua modellazione concreta, « dell'estensione degli adempimenti propedeutici, degli obblighi scolastici o civili dei giovani che intraprendono il cammino, dell'opportunità che si attui subito o si rimandi il distacco da eventuali impegni di lavoro o da responsabilità familiari »; – è inserita nella vita della Chiesa particolare, partecipando alle esperienze ecclesiali più rilevanti e proponendosi quale luogo significativo di ricerca vocazionale; – coinvolge in modo adeguato le famiglie e le parrocchie di origine dei giovani. La durata dell'esperienza propedeutica può variare da situazione a situazione. « L'introduzione, comunque, di un anno propedeutico rappresenta un riferimento interessante e una prima scelta "esemplare" a fronte di esigenze tanto complesse ». 49. Gli educatori Gli educatori che guidano la comunità sono il responsabile e il direttore spirituale. Il responsabile vive con i giovani, condividendone le giornate, le esperienze e i problemi, in un atteggiamento di ascolto e di accompagnamento. Spetta a lui organizzare la vita in comune e progettare gli itinerari formativi, sia personali che comunitari. Fa parte dell'équipe educativa del seminario maggiore, al cui rettore fa costante riferimento per concordare le scelte pedagogiche più rilevanti e orientarsi sulle decisioni da prendere, specialmente in ordine all'accoglienza dei giovani in comunità e al loro passaggio al seminario maggiore. Il direttore spirituale introduce i giovani alla vita spirituale e alla preghiera ed è a disposizione per la direzione spirituale in ordine a un primo discernimento vocazionale circa la fondatezza delle motivazioni. Egli, inoltre, si affianca al responsabile nella progettazione degli itinerari formativi personali e comunitari. b) Gli aspetti fondamentali del progetto educativo 50. Aspetti fondamentali del progetto educativo Il progetto educativo di una comunità propedeutica è per sua natura molto flessibile, in quanto dipende dalle esigenze reali dei giovani che chiedono di farne parte, dalla loro storia, dalle loro esperienze spirituali ed ecclesiali, dagli studi compiuti. Tuttavia, esso non può essere vago e improvvisato; alcuni aspetti fondamentali devono essere garantiti e coordinati, pur se adattati di anno in anno alla diversa composizione della comunità. Essi sono: – l'esperienza dello stare con il Signore: il giovane deve fare un'esperienza spirituale incisiva, per poter dire alla fine: "Sì, dedicherò tutta la mia vita al Signore". Considerato da questa prospettiva, il periodo propedeutico si caratterizzerà per l'attenzione al silenzio e al raccoglimento; per l'iniziazione alla preghiera personale e liturgica, alla lectio divina, all'Eucaristia quotidiana e alla pratica costante del sacramento della Riconciliazione; per un'accurata direzione spirituale finalizzata al discernimento vocazionale; – un impegno assiduo nella conoscenza di sé e nella maturazione umana: si tratta di favorire la conoscenza e la verifica degli aspetti fondamentali della personalità, evidenziandone le risorse e le eventuali fragilità. A tal fine, è raccomandato, nel rispetto della libertà di ciascuno, il ricorso all'apporto della valutazione psicodiagnostica e, quando è opportuno, pure all'accompagnamento psicologico; – l'integrazione della formazione culturale di base e la preparazione immediata agli studi teologici. Come formazione di base, è bene prevedere un percorso catechistico sui temi fondamentali della fede, alcune proposte letterarie, la presentazione di alcuni libri della Sacra Scrittura, anche in sintonia con l'anno liturgico. Come preparazione alla teologia, è necessario che chi non ha studiato la storia della filosofia, il latino e il greco nel secondo ciclo scolastico possa acquisirne le conoscenze di base; è pure conveniente offrire a tutti la possibilità di approfondire lo studio di una lingua straniera; – un certo coinvolgimento in esperienze di carità. Mettere a disposizione il proprio tempo e le proprie energie a chi è nel bisogno è una verifica importante che manifesta la profondità dell'orientamento oblativo della propria vita; – il contesto della vita in comune, come preparazione all'esperienza del seminario maggiore e poi alla condivisione nel presbiterio diocesano. Essa si esprime nell'organizzazione delle giornate, dei servizi e della liturgia, nell'accoglienza reciproca, nello scambio spirituale. L'esperienza del piccolo gruppo, che generalmente è data durante questo tempo previo al seminario maggiore, è ricca di risorse che è necessario riconoscere e valorizzare; – la possibilità di significative relazioni ecclesiali: è bene che ai giovani sia offerta l'opportunità di un adeguato inserimento settimanale ( possibilmente il sabato e la domenica ) presso la parrocchia di origine o un'altra idonea; così pure è utile che essi partecipino alle iniziative diocesane più significative ( specialmente quelle indirizzate ai giovani ), per maturare un più forte senso di appartenenza ecclesiale. 4. L'ammissione al seminario maggiore 51. Criteri generali di ammissione al seminario maggiore Il Codice di diritto canonico prescrive che « il Vescovo diocesano ammetta al seminario maggiore soltanto coloro che, sulla base delle loro doti umane e morali, spirituali e intellettuali, della loro salute fisica e psichica e della loro retta intenzione, sono ritenuti idonei a consacrarsi per sempre ai ministeri sacri ». Gli aspiranti all'ammissione « prima di essere accolti, devono presentare i certificati di Battesimo e di Confermazione e gli altri documenti richiesti secondo le disposizioni della Ratio institutionis sacerdotalis ». È opportuno richiedere anche l'autocertificazione dei dati personali e familiari, il certificato degli studi compiuti, un certificato medico che attesti la buona salute, la presentazione del parroco, una domanda di ammissione al seminario. L'esperienza ha precisato ulteriormente tali requisiti e ha individuato i seguenti criteri di discernimento: – un'esperienza viva di fede e la chiara percezione della chiamata: chi entra in seminario deve anzitutto essere una persona che ha incontrato il Signore nella fede, lasciandosi attrarre da lui e avvertendo la vocazione a seguirlo nel ministero apostolico; – una positiva esperienza ecclesiale, maturata nel contesto di una parrocchia o di un'altra significativa realtà ecclesiale; – una personalità sufficientemente sana e ben strutturata dal punto di vista relazionale: prima di ammettere un giovane in seminario, occorre accertarsi, eventualmente con l'ausilio di un'adeguata valutazione psicodiagnostica,111 che sia immune da patologie psichiche tali da pregiudicare un fruttuoso cammino seminaristico;112 inoltre, che la sua capacità relazionale sia già in partenza promettente; – la passione apostolica e missionaria: può orientarsi con buone prospettive verso il presbiterato solo chi ha dato prova di interesse per la vita pastorale, di amore per i poveri, di zelo per l'annuncio del Vangelo; – l'orientamento alla vita celibataria: l'orientamento affettivo del dono totale di sé nel carisma verginale deve essere presente fin da quando un giovane decide di entrare in seminario; negli anni successivi egli avrà modo di verificare approfonditamente la consistenza e le motivazioni di tale carisma; – una sufficiente preparazione culturale: condizione base per intraprendere il cammino in seminario è il diploma scolastico di secondo ciclo, con eventuali integrazioni nelle discipline richieste per lo studio della teologia. 52. Criteri di discernimento specificament e vocazionali Circa il discernimento specificamente vocazionale, si possono indicare alcuni criteri distinguibili in quattro aree; – l'apertura al mistero: « Se la chiusura al mistero, caratteristica di una certa mentalità moderna, inibisce qualsiasi disponibilità vocazionale, il suo contrario, ovvero l'apertura al mistero, è non solo condizione positiva per la scoperta della propria vocazione, ma indice che segnala una sana opzione vocazionale ». Gli atteggiamenti tipici sono la disponibilità alla ricerca, l'affidamento, la speranza, la gratitudine; – l'identità nella vocazione: « Il secondo ordine di criteri ruota attorno al concetto di "identità". L'opzione vocazionale infatti indica e implica proprio la definizione della propria identità: è scelta e realizzazione dell'io ideale, più che dell'io attuale, e dovrebbe portare la persona ad aver un senso sostanzialmente positivo e stabile del proprio io ». Gli atteggiamenti rivelatori sono la scoperta della propria positività radicale, il coinvolgimento totale della persona, l'oblatività; – un progetto vocazionale ricco di memoria credente: « La terza area su cui andrebbe concentrata l'attenzione di chi discerne una vocazione è quella relativa al rapporto tra passato e presente, tra memoria e progetto ». L'atteggiamento essenziale è la riconciliazione con il proprio passato, la capacità di riappropriarsi, anche negli aspetti negativi, della vita che si vuole donare; – la docibilitas vocazionale: « L'ultima fase dell'itinerario vocazionale è quella della decisione [ … ]. Il requisito fondamentale è quello della docibilitas della persona, ovvero la libertà interiore di lasciarsi guidare da un fratello o sorella maggiore, in particolare nelle fasi strategiche della rielaborazione e riappropriazione del proprio passato, specie quello più problematico, e la conseguente libertà di imparare e di saper cambiare ». 53. Criteri di discernimento nell'area affettivo-sessuale Un'area delicata, che richiede una particolare attenzione nell'attuale contesto socio-culturale, è quella affettivo-sessuale. Anche se l'ingresso in seminario non coincide con l'ammissione agli ordini sacri, tuttavia è necessario essere prudenti e negare o dilazionare l'ingresso in seminario a chi presentasse problemi irrisolti nell'ambito delle relazioni eterosessuali o dell'omosessualità. Identità e ministero presbiterale, come è noto, esigono consacrazione a Dio con cuore indiviso, relazioni non possessive, prudenza, capacità di rinuncia e di resistenza a tutto ciò che può costituire occasione di caduta, vigilanza sul corpo e sullo spirito, libertà interiore nelle relazioni interpersonali con uomini e con donne, capacità di relazione con l'altro-da-sé. Al presbitero è chiesto di essere, con l'aiuto della grazia, "l'uomo della comunione". La carenza oggettiva nelle relazioni con l'altro-da-sé incide in modo negativo sull'esercizio della carità pastorale, della sponsalità e paternità richieste al presbitero in ragione della sua conformazione a Cristo Capo, Pastore e Sposo. Con l'ingresso nel seminario maggiore i seminaristi compiono una scelta chiara, che, pur nel cammino del discernimento, non ammette comportamenti ambigui nelle relazioni con le persone dell'altro sesso. Quanto all'orientamento omosessuale, esso, anche a causa delle difficoltà che tipicamente l'accompagnano, è obiettivamente incompatibile con il ministero presbiterale e discordante con la figura stessa del presbitero. Non possono, quindi, essere ordinati presbiteri e, di conseguenza, non devono essere ammessi in seminario coloro che praticano l'omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay. In presenza di inconsistenze affettivo-sessuali, è possibile consentire l'inizio del cammino formativo del seminario maggiore solo se risultano presenti tutti e tre i seguenti requisiti: – il giovane sia cosciente della radice del suo problema ( che all'origine spesso non è sessuale ); – avverta la sua debolezza come un corpo estraneo alla sua personalità; – sia in grado di controllare questa debolezza in vista di un superamento. 54. Seminaristi provenienti da altri seminari o case di formazione Circa l'ammissione di seminaristi provenienti da altri seminari diocesani o da case di formazione di istituti di vita consacrata, si osservino scrupolosamente le norme del diritto universale e particolare. Oltre a colloqui e incontri previi per la conoscenza diretta del soggetto, le principali disposizioni richiedono: la domanda scritta e motivata dell'interessato con le ragioni che hanno determinato l'abbandono o la dimissione; l'obbligo per il seminario che accoglie di acquisire tutti gli elementi per la valutazione e l'obbligo per i precedenti superiori del richiedente di fornire tali informazioni; la comunicazione scritta e motivata dell'eventuale ammissione all'interessato, al rettore del seminario di provenienza, al Vescovo o al superiore proprio. Normalmente si sia molto prudenti nell'accettare un seminarista dimesso da un altro seminario o casa di formazione. Non si possono, invece, prendere in considerazione le domande di coloro che, dopo il diciottesimo anno di età, per una seconda volta sono stati dimessi o hanno lasciato il seminario o l'istituto religioso. 55. Vocazioni in età adulta Circa i casi di vocazioni in età adulta, è doveroso predisporre un accurato discernimento sull'autenticità delle intenzioni e delle motivazioni, accertare che si tratti di persona di buona reputazione, ( Cfr 1 Tm 3,7 ) raccogliere testimonianze attendibili che ne sostengano la candidatura, verificare la sufficiente preparazione culturale di base, ascoltare la comunità di origine e richiedere la presentazione del parroco. Se questo primo discernimento sarà positivo, bisognerà garantire un adeguato percorso teologico e un idoneo contesto che permettano l'acquisizione di una solida formazione spirituale, umana, teologica e pastorale. Quanto al percorso degli studi, se l'aspirante al presbiterato non ha in precedenza compiuto studi teologici, è necessario che li compia, possibilmente frequentando i corsi di teologia con gli altri seminaristi, oppure, se lo si ritiene più conveniente, seguendo un piano di studi personalizzato, ma comunque consistente, sotto la guida di un tutor nominato ad hoc. Quanto alla formazione spirituale, umana e pastorale, è generalmente opportuno che l'aspirante sia inserito per almeno quattro anni nella comunità del seminario maggiore, così da disporre di tempi prolungati di studio e di silenzio, essere formato alla vita comune con i futuri fratelli nel presbiterato, far proprio lo spirito della Chiesa particolare e stabilire un legame più stretto con il Vescovo. In alcuni casi può essere preferibile, invece, collocarlo in un contesto pastorale, richiedendogli comunque di mantenere significativi contatti con la comunità del seminario maggiore, il cui rettore continua ad essere il responsabile del suo cammino di formazione. Nei casi di aspiranti al presbiterato in età decisamente adulta, l'ammissione al seminario maggiore comporta normalmente la conclusione dell'attività professionale. Dal momento che l'eventuale interruzione del percorso formativo potrebbe porli in gravi difficoltà economiche, la loro ammissione deve essere decisa usando particolare prudenza ed esigendo speciali garanzie, così che si possa nutrire la fondata speranza che, salvo eccezionali imprevisti, essi giungeranno alla meta dell'ordinazione. I giovani che entrano in seminario immediatamente alla fine del normale iter universitario non possono considerarsi vocazioni "adulte". È bene che il loro curricolo di formazione e di studi sia regolare e comprenda anche l'anno propedeutico. 56. L'accoglienza di seminaristi provenienti da altri Paesi L'accoglienza di seminaristi provenienti da altri Paesi può costituire un arricchimento per la vita del seminario, favorendone l'apertura alla dimensione universale del ministero ordinato; ma è indispensabile attenersi ad alcune regole. È quanto mai opportuno, dove è possibile, che il primo discernimento, l'anno propedeutico, almeno i primi due anni del curricolo filosofico- teologico e il rito di ammissione tra i candidati al diaconato e al presbiterato avvengano nei seminari delle Chiese di origine. La richiesta di inserire un seminarista straniero in un seminario italiano, per usufruirne della formazione in vista del ministero nella propria diocesi di origine, dovrà essere formulata dal Vescovo a quo al Vescovo ad quem e dovrà essere accompagnata da una lettera di presentazione del rettore. Tra le due diocesi dovrà poi essere sottoscritta una convenzione che definisca i tempi, gli oneri e gli impegni reciproci. Prima del conferimento degli ordini, si ottengano le "lettere dimissorie". Se possibile, la liturgia dell'ordinazione presbiterale sia celebrata nella Chiesa particolare del candidato. Nel caso di seminaristi stranieri accolti per tutto l'iter formativo con l'intenzione di incardinarli in una diocesi italiana, si preveda, prima del loro ingresso in seminario, un tempo di inserimento lavorativo, culturale ed ecclesiale, e si abbia cura di verificarne attentamente la retta intenzione, le attitudini pastorali e l'adeguata conoscenza del contesto italiano. Per un migliore accompagnamento formativo e per un coinvolgimento più fruttuoso nella comunità del seminario, si accolgano seminaristi stranieri e di altre diocesi in numero proporzionato alle dimensioni della comunità Capitolo III - La comunità del seminario maggiore « Ne costituì dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare » ( Mc 3,14 ) 57. L'icona evangelica della comunità apostolica stretta attorno a Gesù « Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che volle ed essi andarono da lui. Ne costituì dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demoni ». ( Mc 3,13-15 ) Gesù, dopo aver scelto i suoi apostoli, « chiede loro un "tempo" di formazione destinato a sviluppare un rapporto di comunione e di amicizia profonde con se stesso. Ad essi riserva una catechesi più approfondita rispetto a quella della gente e li vuole testimoni della sua silenziosa preghiera al Padre »: avendolo conosciuto più intimamente, potranno poi rendergli testimonianza di fronte al mondo. Lo stare con lui, permette inoltre ai Dodici di vivere tra loro una singolare esperienza di vita in comune, nell'accoglienza e nel servizio reciproco, nella disponibilità a lavarsi i piedi gli uni gli altri: avendo sperimentato la gioia e la fatica della comunione, potranno diventare le guide delle nuove comunità cristiane. La consuetudine di vita con Gesù allena infine gli apostoli a prendersi cura del suo gregge, specialmente dei peccatori, dei malati, dei poveri e dei bisognosi: avendo condiviso la sua compassione per le folle stanche e sfinite, come pecore senza pastore, potranno poi ripresentarne l'opera risanatrice e rigeneratrice. 1. La necessità e gli obiettivi del seminario maggiore 58. La necessità del seminario maggiore Anche oggi la Chiesa ritiene necessario per i futuri presbiteri un tempo di vita comune per stare con Gesù e con i fratelli nella consapevolezza della comune chiamata. È l'esperienza del seminario, il cui senso più profondo è vivere al seguito di Gesù Buon Pastore in un contesto di comunione fraterna, al modo degli apostoli, lasciandosi conformare e assimilare a lui, sotto la guida dello Spirito Santo, per essere mandati poi a raccogliere, pascere e ricondurre al Padre il suo gregge. È questa l'autorevole indicazione del Concilio Vaticano II confermata dal Codice di diritto canonico e dal Sinodo dei Vescovi del 1990. Dal confronto tra i Padri sinodali è emerso infatti che « l'istituzione del seminario maggiore, come luogo ottimo di formazione, è certamente da riaffermarsi quale normale spazio, anche materiale, di una vita comunitaria e gerarchica, anzi quale casa propria per la formazione dei candidati al sacerdozio, con superiori veramente consacrati a questo ufficio. Questa istituzione ha dato moltissimi frutti lungo i secoli e continua a darli in tutto il mondo ». Giovanni Paolo II ha recepito questa indicazione e l'ha riproposta nel quinto capitolo della Pastores dabo vobis, dove vengono illustrati in modo ampio e illuminante gli obiettivi, l'identità e la dinamica educativa del seminario maggiore. 59. Gli obiettivi L'obiettivo fondamentale del seminario maggiore è quello di formare i nuovi presbiteri i quali, sull'esempio e in persona di Cristo Buon Pastore, saranno chiamati a dedicarsi con tutte le forze e per tutta la vita al ministero di insegnare, santificare e reggere il popolo di Dio. Questo obiettivo fondamentale si articola in molteplici obiettivi particolari. Essi sono: – offrire le condizioni per un'esperienza di vita spirituale incisiva e coinvolgente, « in intima comunione e familiarità col Padre, per mezzo del suo Figlio Gesù Cristo nello Spirito Santo » e in piena sintonia con la Chiesa; – garantire una struttura di vita comunitaria, che favorisca autentiche relazioni di fraternità e di amicizia e faccia crescere il senso di appartenenza alla Chiesa particolare; – accompagnare assiduamente i seminaristi nell'impegno di discernimento vocazionale, orientato a una scelta definitiva per il presbiterato diocesano nel celibato; – favorire la maturazione di personalità equilibrate e consistenti, che siano ponte e non ostacolo all'incontro degli uomini con Dio; – aiutare a crescere nella spiritualità del presbitero diocesano, centrata sulla carità pastorale, vissuta nella radicalità dei consigli evangelici e nella dedicazione alla propria Chiesa particolare; – promuovere l'acquisizione della necessaria competenza teologica e culturale, che abiliti al discernimento dei segni dei tempi e favorisca forme di comunicazione del Vangelo adatte agli uomini di questo tempo; – introdurre al ministero pastorale, preparando i futuri presbiteri ad assumersi la responsabilità di una comunità e a inserirsi in una dinamica di corresponsabilità condivisa, rafforzando il loro slancio missionario; – facilitare l'integrazione armonica dei vari aspetti formativi. Gli obiettivi del seminario maggiore determinano i tratti fondamentali della sua identità. 2. L'identità della comunità 60. Comunità ecclesiale « Il seminario è, in se stesso, un'esperienza originale della vita della Chiesa [ … ]. Già sotto il profilo umano, [ esso ] deve tendere a diventare una comunità compaginata da una profonda amicizia e carità, così da poter essere considerata una vera famiglia che vive nella gioia. Sotto il profilo cristiano, [ … ] si deve configurare come "comunità ecclesiale" ». Il seminario non è dunque solo un'istituzione funzionale all'acquisizione di competenze teologiche e pastorali o un luogo di coabitazione e di studio. È anzitutto una vera e propria esperienza ecclesiale, una singolare comunità di discepoli, chiamata a ripresentare il mistero del Signore Crocifisso e Risorto e a vivere una speciale consuetudine di vita con lui e con gli altri "chiamati", per verificare e far maturare i tratti specifici della sequela apostolica. Il legame di questa particolare comunità con il Vescovo e il suo presbiterio si realizza primariamente mediante il ministero del rettore e degli altri educatori che con lui collaborano per la formazione dei seminaristi. 61. Comunità educativa In special modo, il seminario « si presenta come una comunità educativa in cammino [ … ]. In realtà, una prolungata e intima consuetudine di vita con Gesù viene presentata nei Vangeli come necessaria premessa al ministero apostolico ». In quanto comunità educativa, il seminario deve avere un suo progetto organico, unitario e aggiornato, capace di conciliare la proposta chiara della meta, la serietà del cammino e l'attenzione ai soggetti concreti. Ciò esige, soprattutto nelle circostanze attuali, una sapiente elasticità, senza scendere a compromessi sui valori e sull'impegno cosciente e libero dei singoli. Da parte degli educatori, è richiesta grande disponibilità e attenzione al cammino di ciascuno; da parte dei seminaristi, un effettivo affidamento agli educatori, evitando il rischio della impermeabilità ed escludendo il ricorso a guide diverse da quelle scelte dal Vescovo ed estranee al cammino stesso del seminario. L'integrazione tra la dimensione personale della formazione e il rilievo della struttura comunitaria, l'intreccio tra "autoformazione" e dialogo educativo sono le dinamiche da attivare e da tenere in costante equilibrio. 62. Cuore della Chiesa particolare Per la sua particolare identità, il seminario è giustamente ritenuto il cuore della Chiesa particolare. Come tale, è posto al centro della sua preghiera, della sua sollecitudine e della solidarietà anche economica. Esso è chiamato a mantenere o ritrovare questa sua collocazione centrale: da una parte, di comunità unica e irripetibile per i contenuti e i cammini che esprime; dall'altra, di comunità singolarmente relativa alle diverse realtà ecclesiali, in particolare al presbiterio e alle parrocchie. In questa prospettiva, si comprende come siano due e simultanee le dinamiche della comunità del seminario: da un lato l'appartenenza, che garantisce alla comunità una reale consistenza; dall'altro l'apertura, che la raccorda con la vita e il cammino della Chiesa diocesana. 63. Scuola di santità In sintesi, si può affermare che « l'identità più profonda del seminario è di essere, a suo modo, una continuazione nella Chiesa della comunità apostolica stretta attorno a Gesù, in ascolto della sua Parola, in cammino verso l'esperienza della Pasqua, in attesa del dono dello Spirito per la missione ». Una simile identità chiede al seminario di essere un'autentica scuola di santità in cui ciascuno, nella docilità allo Spirito e nell'imitazione del Signore, è stimolato a vivere in pienezza la chiamata ricevuta, con particolare attenzione ai santi e alle figure esemplari della propria Chiesa particolare. Ciò, pur non escludendo la possibilità di flessioni involutive, sia a livello personale che comunitario, esige una qualificata e robusta proposta di vita spirituale, sostenuta da un consono clima interiore ed esteriore, dall'ascolto amorevole della Parola di Dio e dalla partecipazione viva alla liturgia, dallo studio teologico rigoroso, da un'intensa vita comunitaria e dal dialogo educativo assiduo e aperto. Tutta la vita del seminario, nei suoi vari aspetti, potrà così diventare efficace cammino di santità. 3. I protagonisti della formazione 64. Lo Spirito di Cristo e la Chiesa Il principale protagonista della formazione al presbiterato è lo Spirito di Cristo. Egli agisce direttamente nei chiamati facendo brillare ai loro occhi il fascino della vocazione, comunicando ai loro cuori i doni di grazia necessari, plasmando le loro personalità in profondità. Egli, inoltre, si fa presente in loro attraverso l'azione della Chiesa, che è « il soggetto comunitario che ha la grazia e la responsabilità di accompagnare quanti il Signore chiama a divenire suoi ministri nel sacerdozio ». La Chiesa garantisce il discernimento e la formazione dei candidati attraverso il servizio specifico di persone e di comunità che concorrono, ciascuna per la sua parte, al fine comune. Esse sono in particolare: il Vescovo, l'équipe educativa ( rettore, direttore spirituale, assistenti, animatori o vicerettori ), i docenti, la comunità del seminario, i parroci e i genitori, i consulenti psicologici, le comunità di provenienza e di servizio pastorale dei seminaristi. 65. Il Vescovo « Primo rappresentante di Cristo nella formazione sacerdotale è il Vescovo ». Dal momento che è suo il grave compito di « dare continuità al carisma e al ministero presbiterale, associandovi nuove forze con l'imposizione delle mani », a lui spetta la responsabilità ultima del discernimento e della formazione dei candidati che ritiene idonei. Perciò egli deve visitare frequentemente il seminario, conoscere personalmente i seminaristi e accompagnarne il cammino, curare il raccordo della comunità del seminario con il presbiterio e la Chiesa particolare e aiutare i seminaristi ad acquisire e accrescere una profonda sensibilità ecclesiale. Data la complessità e la delicatezza del compito formativo, in via ordinaria il Vescovo condivide la sua primaria responsabilità con presbiteri idonei e debitamente formati, che agiscono in stretta unione con lui, in conformità alle sue direttive, e lo rappresentano nella comunità del seminario. Egli potrà associare loro anche diaconi permanenti e fedeli laici, uomini e donne, specialmente in quei settori nei quali dispongono di particolari competenze. 66. Gli educatori del seminario Gli educatori sono chiamati a interpretare e attuare il progetto educativo del seminario, adeguandolo al cammino di ciascun seminarista e innervandolo nel contesto ecclesiale diocesano, interdiocesano o regionale. Di fatto, sono soprattutto essi a dare il tono alla vita del seminario e a garantirne l'efficacia formativa. « Fatte salve la distinzione tra foro interno e foro esterno, l'opportuna libertà di scelta dei confessori e la prudenza e discrezione che convengono al ministero del direttore spirituale, la comunità presbiterale degli educatori si senta solidale nella responsabilità di educare i candidati al sacerdozio. Ad essa, sempre in riferimento all'autorevole valutazione sintetica del Vescovo e del rettore, spetta in primo luogo il compito di promuovere e verificare l'idoneità dei candidati quanto alle doti spirituali, umane e intellettuali, soprattutto in riferimento allo spirito di preghiera, all'assimilazione profonda della dottrina della fede, alla capacità di autentica fraternità e al carisma del celibato ». È dunque evidente che gli educatori devono essere scelti con la massima cura. È auspicabile che in tutti gli educatori siano presenti spirito di fede e di comunione, maturità umana ed equilibrio psichico, limpida e matura capacità di amare, senso pastorale, capacità di ascolto, di dialogo e di comunicazione, attenzione positiva e critica alla cultura moderna. Alcune note di qualificazione presentano rilevanza specifica a seconda dei diversi uffici. Ciascuna di queste caratteristiche presenta aspetti innati, dono di natura e di grazia, e aspetti acquisiti, frutto di studio e di esperienza. 67. La formazione iniziale e permanente degli educatori Accanto a una grande attenzione nella scelta degli educatori, bisogna provvedere adeguatamente alla loro formazione iniziale e permanente. Ciò è tanto più urgente, vista l'odierna « necessità di promuovere una pedagogia più dinamica, attiva, aperta alla realtà della vita e attenta ai processi evolutivi della persona, sempre più differenziati e complessi ». È perciò doveroso che la formazione iniziale sia assicurata possibilmente prima dell'incarico e garantita a tutti gli educatori, in special modo ai rettori e ai direttori spirituali. È opportuno inoltre che la formazione permanente sia adeguatamente curata, valorizzi l'esperienza in atto e trovi spazi e strumenti per sottoporla ad analisi critica. Alcune iniziative al riguardo devono essere garantite a livello regionale o nazionale. 68. Il lavoro in équipe Tuttavia, « si rivela insufficiente la scelta e la formazione di singoli educatori, anche se ricchi di doti personali, qualora non siano in grado di entrare a costituire delle vere e proprie équipes educanti, ben affiatate e fortemente collaboranti [ … ]. Le esperienze infatti dimostrano che senza un vero lavoro d'insieme ( teamwork ) non è possibile far funzionare bene il seminario ». L'opera formativa ha un carattere eminentemente collegiale: per questa ragione, è bene assicurare una certa stabilità all'équipe educativa. È dunque necessario che tra gli educatori si stabilisca, sotto la guida del rettore, una profonda sinergia che garantisca l'interrelazione del compito di ciascuno con quello degli altri. Si tratta di un fattore determinante, specie in ordine all'elaborazione del progetto educativo, all'adozione e alla verifica dei criteri di discernimento vocazionale, alla guida e all'animazione quotidiana della comunità seminaristica. Questa sinergia educativa sarà solida ed efficace se si fonderà su una profonda unità spirituale, fatta di preghiera, condivisione della fede e comunione nello Spirito. Per poter crescere nell'unità e nella corresponsabilità, l'équipe educativa dovrà dotarsi di un calendario di incontri regolari ( possibilmente ogni settimana ) e prevedere, nel corso dell'anno, tempi prolungati di programmazione, verifica, studio e preghiera comuni. Così pure, è opportuno che i singoli educatori abbiano frequenti occasioni di confronto con il rettore. La serenità e la giusta autonomia dell'opera formativa richiedono che non si accolgano normalmente come residenti in seminario persone che non vi siano effettivamente coinvolte come educatori. 69. Il rettore Il rettore è il primo responsabile della vita del seminario - di cui è legale rappresentante -, centro di unità dell'équipe educativa e promotore della formazione dei seminaristi. Egli svolge il suo ministero unitamente con gli altri educatori, esercitando la responsabilità che gli è propria. Spetta a lui: – guidare il seminario, attuando le direttive del Vescovo, accogliendo le attese della comunità cristiana, interpretando il progetto educativo, unificando le diverse voci degli educatori e degli alunni; – favorire l'unità e la corresponsabilità dei vari membri dell'équipe educativa, valorizzando i doni e le competenze di ciascuno; – esercitare la paternità nella comunità attraverso una presenza assidua, interventi puntuali, il coordinamento degli itinerari formativi, la presidenza delle liturgie nei momenti più significativi dell'anno liturgico e della vita del seminario; – seguire, promuovere e armonizzare i vari aspetti della formazione, garantendo così una sapiente sintesi educativa; – accompagnare il cammino dei seminaristi con incontri frequenti, che gli permettano di avere una conoscenza approfondita della loro vita, di programmare le direttrici della loro formazione e di compiere un prudente discernimento vocazionale; – integrare la dinamica del seminario con l'apporto delle famiglie e delle parrocchie dei seminaristi e raccordarla con la progettualità pastorale diocesana; – nel caso di seminari interdiocesani o regionali o di seminaristi provenienti da altre nazioni, curare il collegamento con la diocesi di provenienza del seminarista, per favorirne il pieno inserimento nella sua Chiesa particolare; – esprimere al Vescovo, dopo aver accolto il parere dei collaboratori, il giudizio sintetico sull'idoneità dei candidati per l'ammissione ai ministeri istituiti e ordinati e un'indicazione sulle loro attitudini pastorali. « È facile intuire quanto sia richiesto in termini di autorevolezza e di esperienza da questo complesso di non facili interventi direzionali e pedagogici. Ci vuole infatti molta prudenza, saggezza, equilibrio ». 70. Il direttore spirituale Determinante per il buon andamento del seminario è la figura del direttore spirituale. Egli ha la responsabilità di: – animare la vita spirituale e liturgica del seminario, rispettando la primaria responsabilità del rettore e valorizzando l'apporto degli altri educatori; – guidare il cammino spirituale e vocazionale dei seminaristi, specialmente per quanto riguarda la ricerca della volontà di Dio e il discernimento vocazionale, l'educazione alla preghiera, la crescita nella carità pastorale e nella passione per l'evangelizzazione, la formazione alla capacità di relazione, di comunione e di collaborazione, l'educazione all'obbedienza, alla sobrietà e alla castità nel celibato, la personalizzazione della proposta formativa. Si tratta di un accompagnamento necessario e specifico, di cui tutti i seminaristi sono chiamati ad avvalersi come sussidio essenziale; – coordinare gli altri presbiteri eventualmente autorizzati dal Vescovo alla guida spirituale dei seminaristi, come anche i confessori, in modo da assicurare l'unità dei criteri di discernimento della vocazione. La collaborazione del direttore spirituale con gli altri educatori si esplicita nella sua presenza agli incontri dell'équipe educativa, dove offrirà il suo contributo, particolarmente in quegli ambiti di foro esterno che sono di sua competenza. Per quanto riguarda il foro interno, egli è tenuto a rispettare il mandato della segretezza prescritto dal Codice di diritto canonico; d'altra parte, è tenuto a sollecitare il dovere del seminarista di comunicare al rettore il risultato del discernimento compiuto insieme con lui. Inoltre, lo inviterà a un'abituale apertura d'animo al rettore, perché questi possa venire a conoscenza di vicende o di elementi personali rilevanti ai fini del cammino educativo e del discernimento vocazionale. La collaborazione fra il direttore spirituale e il rettore esige fiducia reciproca e una previa salda intesa circa i criteri e le linee educative che, nel rispetto dei diversi ambiti, garantisca l'unità dell'indirizzo formativo e una serena relazione tra loro. Per la delicatezza del suo compito, il direttore spirituale, « oltre alle doti di saggezza, di maturità affettiva e di senso pedagogico, deve disporre di solide basi di formazione e di cultura teologica, spirituale e pedagogica, insieme con una particolare sensibilità per i processi della vita interiore degli alunni ». 71. Gli assistenti, animatori o vicerettori Dove l'ampiezza della comunità lo richiede, è bene che il rettore sia affiancato da uno o più assistenti, detti anche animatori o vicerettori. Essi, agendo in stretta comunione con lui, lo coadiuvano nell'animazione delle classi o dei gruppi, lo assistono nella cura di determinati aspetti della vita del seminario, a cui sono specificamente deputati, lo suppliscono in caso di assenza. A loro compete in particolare: – mediare la proposta educativa nella situazione concreta; – promuovere nei seminaristi la crescita della capacità di relazione, di servizio e del senso comunitario. Gli assistenti devono « dimostrare spiccate doti pedagogiche, amore gioioso del [ loro ] servizio e spirito di collaborazione ». Per gli affari amministrativi, il rettore deve essere coadiuvato dall'economo e dal consiglio per gli affari economici o almeno da due consiglieri, riferendo, a norma del diritto, ai competenti organismi diocesani di controllo. 72. I docenti Il contributo dei docenti ha grande rilevanza nello sviluppo della personalità presbiterale. Infatti, l'insegnamento filosofico-teologico incide in profondità nella mentalità e nella sensibilità dei seminaristi e costituisce il nutrimento della loro vita spirituale e delle loro prospettive pastorali; perciò esso deve essere coordinato con il progetto educativo globale. La questione presenta profili diversi nei seminari dotati di uno studio teologico proprio rispetto a quelli in cui i seminaristi usufruiscono dell'insegnamento di uno studio o di una facoltà teologica indipendenti. In ogni caso, è necessario camminare, pur con modalità diverse, verso la piena sintonia delle proposte. In particolare, si studino forme di collaborazione stabili fra le autorità accademiche, i professori delle facoltà teologiche e gli educatori dei seminari. Responsabilità dei docenti è: – aiutare i seminaristi ad acquisire una formazione dottrinale completa e sicura, penetrando in profondità i contenuti della fede, radicati nella rivelazione di Cristo e formulati nella tradizione della Chiesa, avendo cura di distinguere il depositum fidei dalle ipotesi di studio e di ricerca; – attrezzarli di un ricco patrimonio culturale, adeguato sia alla proposta evangelica che essi dovranno annunciare, sia alla mentalità e alle attese degli uomini e delle donne del nostro tempo; – testimoniare che il sapere teologico è diventato per loro stessi un patrimonio spirituale intimamente assimilato, che ne ha illuminato e trasformato la vita. 73. I seminaristi I seminaristi stessi sono protagonisti insostituibili della loro formazione: l'azione degli educatori rimane infatti inefficace se essi non prendono in mano la loro vita e non fanno propri gli stimoli loro offerti. In tal senso, si può dire che ogni formazione è ultimamente un'autoformazione. In questa prospettiva, è molto utile che ogni seminarista elabori una propria regola di vita personale, in cui precisi i suoi propositi sugli aspetti essenziali della vita: la preghiera, lo studio e la scuola, l'esperienza comunitaria, le relazioni educative, il tirocinio pastorale, la famiglia e gli amici, lo sport e il tempo libero, l'uso dei beni, la cura del corpo, il contegno. Per ovviare al rischio che un aspirante al presbiterato percorra il cammino formativo del seminario senza lasciarsi coinvolgere intimamente, è necessario che ci sia una stretta interazione tra dialogo educativo e autoformazione: così la proposta del seminario incontrerà i bisogni reali dei seminaristi e potrà essere pienamente assimilata. 74. La comunità del seminario La comunità del seminario ha una valenza educativa molto forte. Le celebrazioni liturgiche ( specialmente l'Eucaristia e la Liturgia delle ore ), gli incontri comunitari di formazione, condivisione, programmazione e verifica, la trama delle relazioni interpersonali improntate alla carità e alla verità, una comunicazione autentica, l'attenzione a chi è nel bisogno, il dialogo educativo e l'obbedienza rispettosa, attiva e responsabile verso gli educatori, la capacità di affrontare i conflitti con maturità, la correzione fraterna fatta con delicatezza e sincerità, la qualità evangelica della vita in comune, il senso di responsabilità reciproca e l'umile impegno nel servizio influiscono significativamente sulla personalità dei suoi membri; in particolare, il clima che vi si respira, nella misura in cui è sereno, familiare, laborioso e propositivo, contribuisce grandemente allo sviluppo di personalità mature e armoniose. La vita della comunità sarà tanto più ricca e gioiosa quanto più ogni componente farà l'esperienza di essere continuamente rigenerato dallo Spirito del Risorto e di essere da lui sostenuto nel percorrere le tappe del cammino pasquale; così, superando le sue debolezze e i suoi egoismi, vincendo pigrizie e chiusure, potrà mettere a disposizione di tutti i doni ricevuti e sentirsi corresponsabile del buon andamento generale. Nei grandi seminari, è opportuno che la comunità sia articolata in gruppi più piccoli, comunque sempre a essa funzionali, in modo da favorire il cammino educativo di ciascuno e la personalizzazione della formazione. I criteri della suddivisione in gruppi possono essere, a seconda delle diverse tradizioni, quelli della classe, della comunità di vita, del centro d'interesse o dell'attività di servizio. Un'attenzione particolare, fatta di rispetto e di gratitudine, deve essere riservata alle religiose e al personale laico che operano in seminario. 75. I parroci I parroci e i presbiteri che accompagnano le esperienze pastorali dei seminaristi possono offrire un prezioso contributo alla formazione presbiterale. Essi sono chiamati a: – favorire il coinvolgimento dei seminaristi nella vita della parrocchia e introdurli gradualmente nelle diverse esperienze e attività; – verificare insieme a loro, con carità e schiettezza, gli aspetti positivi e problematici della loro presenza in parrocchia; – rendere testimonianza della loro fede, della vita di preghiera, della dedizione pastorale, delle preoccupazioni e delle gioie del ministero; – proporre qualche momento di preghiera comune; – collaborare stabilmente con gli educatori e formulare un parere circa l'idoneità dei candidati al ministero presbiterale. I parroci a cui inviare i seminaristi per il tirocinio pastorale devono perciò essere scelti con cura, considerando le loro qualità umane e spirituali, l'esperienza, la sapienza e la progettualità pastorali, l'attitudine pedagogica. 76. Gli psicologi Nell'ambito della formazione umana dei seminaristi, può essere utile l'intervento degli psicologi. Tale intervento non è finalizzato direttamente al discernimento della vocazione, compito che spetta agli educatori del seminario, ma all'individuazione e alla crescita di quegli aspetti della personalità che permettano al candidato di accogliere in pienezza e libertà la vocazione. All'inizio del cammino di formazione, gli psicologi possono coadiuvare gli educatori a individuare nei candidati eventuali problemi di psicopatologia, tali da pregiudicare la fruttuosità del percorso seminaristico, e quelli di immaturità, superabili con un adeguato aiuto. Durante gli anni del seminario, essi possono: – aiutare i seminaristi a raggiungere una maggiore conoscenza di sé, dei propri punti di forza e delle proprie fragilità, offrendo un accompagnamento specifico che, al servizio del loro cammino spirituale, favorisca il superamento delle inconsistenze individuate e ne rafforzi la struttura della personalità; – mettere a disposizione del rettore e del direttore spirituale, con il consenso scritto degli interessati, il risultato della loro consulenza, per precisare le linee pedagogiche più adeguate, tenendo conto della personalità e dei problemi che i soggetti stanno affrontando; – nella misura in cui ne sono richiesti, collaborare con l'équipe educativa nella progettazione e nella verifica degli interventi educativi comunitari; – illustrare alla comunità o alle singole classi qualche tema psicopedagogico di particolare rilevanza, specie nell'ambito relazionale e affettivo-sessuale. Nella scelta degli psicologi di riferimento, bisogna accertarsi della loro adeguata e prolungata preparazione accademica e pratica. È necessario inoltre verificare che la base su cui si fonda il loro lavoro sia coerente con la dimensione trascendente della persona e con l'antropologia cristiana della vocazione. È opportuno che essi non interagiscano con la vita comunitaria dei seminaristi, ma si limitino ai colloqui di valutazione psicodiagnostica, di sostegno e di crescita, evitando situazioni in cui potrebbe essere messa in pericolo la riservatezza cui sono professionalmente tenuti. 77.Famiglie e parrocchie Le famiglie e le parrocchie di provenienza dei seminaristi continuano a esercitare su di essi un influsso significativo. Esse sono chiamate a diventare consapevoli della loro specifica responsabilità e a esercitarla con disponibilità e generosità. I genitori, i fratelli, le sorelle e gli altri membri del nucleo familiare sono chiamati ad accompagnare il cammino formativo del futuro presbitero « con la preghiera, il rispetto, il buon esempio delle virtù domestiche e l'aiuto spirituale e materiale, soprattutto nei momenti difficili ». I genitori indifferenti o contrari all'orientamento vocazionale del figlio possono comunque aiutarlo a maturare una scelta più consapevole e determinata, se accettano la fatica del confronto e del dialogo e sono rispettosi delle sue decisioni. A tal fine, è importante che il seminario promuova iniziative di incontro con i genitori dei seminaristi per favorire la conoscenza reciproca e la loro crescita nella fede e nella vita spirituale. D'altro canto, il rapporto con le famiglie aiuta l'équipe educativa a comprendere più in profondità il vissuto dei seminaristi e a calibrare meglio l'intervento educativo. Le comunità parrocchiali sono chiamate ad accompagnare con gioia un loro membro in cammino verso il presbiterato; devono fargli sentire il senso di appartenenza ecclesiale, restargli accanto con la preghiera, accoglierlo con calore nei tempi di vacanza e nel periodo estivo, offrirgli stimoli e occasioni per la maturazione della sua personalità di pastore. 78. Movimenti, gruppi e associazioni I giovani provenienti da movimenti, gruppi e associazioni – secondo le indicazioni contenute nella Pastores dabo vobis – « non dovranno essere invitati a sradicarsi dal loro passato e a interrompere le relazioni con l'ambiente che ha contribuito al determinarsi della loro vocazione, né dovranno cancellare i tratti caratteristici della spiritualità che là hanno imparato e vissuto, in tutto ciò che di buono, edificante ed arricchente essi contengono. Anche per loro, questo ambiente d'origine continua ad essere fonte di aiuto e di sostegno nel cammino formativo verso il sacerdozio ». Pur apprezzando la ricchezza di tali esperienze, bisogna tuttavia aiutare i giovani a non chiudersi in esse, rischiando di interpretare in maniera privatistica il ministero presbiterale. Essi sono chiamati, pertanto, ad aderire al cammino formativo del seminario, che li abilita a servire la Chiesa intera attraverso la dedicazione alla loro Chiesa particolare. Devono perciò riferirsi « con coerenza e cordialità alle indicazioni formative del Vescovo e agli educatori del seminario, affidandosi con schietta fiducia alla loro guida e alle loro valutazioni ». Ciò vale sia per la proposta spirituale come anche per la direzione spirituale, la regola di vita comunitaria e la metodologia pastorale. La composizione delle diverse esigenze richiede saggezza, equilibrio e disponibilità da parte di tutti. Le aggregazioni ecclesiali sono chiamate a consegnare con fiducia ai seminari diocesani le vocazioni che sorgono al loro interno; i Vescovi a garantire che la formazione offerta dai seminari risponda alle legittime attese di profonda spiritualità, intensa vita fraterna e coraggioso slancio missionario; gli educatori a valorizzare il contributo spirituale delle aggregazioni; i seminaristi che provengono da tali realtà ad accogliere lealmente il progetto educativo del seminario e a rendersi pienamente disponibili al servizio alla diocesi. 4. Le dimensioni e i mezzi 79. Formazione integrale Sarà preoccupazione costante degli educatori offrire una proposta formativa integrale, profondamente unitaria, capace di superare i rischi della giustapposizione o della contrapposizione tra le diverse dimensioni e i vari interventi educativi. Tutti gli educatori, pertanto, sono corresponsabili solidarmente dei molteplici aspetti della formazione, ciascuno secondo il compito ricevuto. Analogamente, sarà impegno vivo dei seminaristi maturare una solida sintesi di vita che componga in unità esperienza spirituale e maturità umana, discernimento vocazionale e vita in comunità, sapere teologico ed esperienze pastorali. A tal fine, il cardine cui si dovranno ricondurre i diversi aspetti della formazione sarà l'esperienza viva di fede: essa sola rende percepibile e motivata la vocazione al ministero presbiterale e possibile una risposta generosa e radicale. Intorno a questo nucleo vitale, sarà necessario articolare e armonizzare l'intero cammino verso il conseguimento dell'idoneità richiesta per il presbiterato. a) La formazione spirituale 80. La centralità della formazione spirituale « La formazione spirituale costituisce il cuore che unifica e vivifica » la vita e la formazione dei futuri presbiteri. Il suo contenuto essenziale è la condivisione dell'esperienza del mistero pasquale di Cristo Pastore, sotto l'azione dello Spirito Santo. Il seminario propizia questa esperienza ispirandosi alla pedagogia adottata da Gesù con i suoi apostoli. Egli instaurò anzitutto con i Dodici una relazione personale, favorì un clima di vita fraterna e li considerò suoi amici. Anche oggi l'amicizia con Gesù, come risposta alle domande sul senso della vita e motivazione profonda del ministero presbiterale, da stringere con sempre maggiore intensità, è l'elemento decisivo della formazione spirituale. Essa rende disponibili i seminaristi ad accogliere l'azione dello Spirito che plasma e stimola, in modi sempre nuovi e imprevedibili, all'impegno pastorale e missionario. Formarsi al presbiterato, infatti, significa imparare a dare una risposta personale alla questione fondamentale posta da Gesù a Pietro: « Mi ami tu? ».( Gv 21,15 ) Il rapporto personale con Gesù Cristo viene sperimentato soprattutto attraverso la fedele meditazione della Parola di Dio, la preghiera e l'attiva partecipazione ai sacramenti, i carismi della carità pastorale nella dedicazione alla Chiesa particolare e del dono di sé nella verginità, la trama delle relazioni educative, fraterne, amicali e di servizio. 81. Ascolto della Parola di Dio e conoscenza delle tradizioni spirituali Il seminario è scuola che educa all'ascolto della Parola attraverso la lectio divina, la meditazione personale, lo studio della Sacra Scrittura, le celebrazioni liturgiche, i momenti di comunicazione della fede e di discernimento comunitario. Tale ascolto permette ai futuri presbiteri di porsi in un atteggiamento di permanente conversione del cuore, di trasformare i propri criteri di giudizio, di progredire nella vita spirituale e di prepararsi al compito di annunciatori della Parola. I seminaristi siano anche introdotti alla conoscenza e allo studio delle grandi tradizioni spirituali e alle forme della pietà popolare che lungo i secoli hanno incarnato in modo eminente la Parola di Dio, segnando in profondità l'esperienza ecclesiale. 82. Vita liturgica, Eucaristia e Penitenza Momento essenziale dell'incontro con Cristo è la liturgia, che conduce i seminaristi a sperimentare con tutta la Chiesa la sovrabbondanza di grazia distribuita nell'anno liturgico e a porre al centro della giornata la celebrazione dell'Eucaristia, fonte e culmine della vita cristiana e cuore del ministero presbiterale. La partecipazione quotidiana all'Eucaristia permette agli alunni di radicarsi giorno dopo giorno nel mistero di Cristo e di dare il giusto significato e rilievo all'impegno feriale, quando, in mancanza di forti provocazioni esterne o di emozioni, essi rischiano la dispersione, la stanchezza demotivante o l'improvvisa eclissi di senso. « La celebrazione quotidiana dell'Eucaristia che si completa con la comunione sacramentale, ricevuta con piena libertà e degnamente », rappresenta pertanto l'occasione per vivere nella propria storia il mistero dell'Incarnazione, trovare l'energia spirituale necessaria all'adempimento dei compiti giornalieri, contemplare e attingere alla carità di Cristo la forza soprannaturale per l'apostolato. In continuità con la celebrazione dell'Eucaristia, si incoraggi l'adorazione eucaristica, modalità di preghiera che favorisce la maturazione di un'attitudine di silenzio e contemplazione e promuove la crescita della relazione personale con Cristo. A ciò contribuisce anche l'esercizio della Via Crucis, che va raccomandato. La Liturgia delle ore costituisce il naturale prolungamento dell'Eucaristia durante la giornata. I seminaristi imparino progressivamente a gustarla, a ricorrervi come forma privilegiata di lode a Dio e di intercessione per i fratelli e ad assumere, con l'ordinazione diaconale, l'impegno a celebrarla integralmente ogni giorno. « Doveroso e quanto mai urgente è il richiamo a scoprire all'interno della formazione spirituale, la bellezza e la gioia del sacramento della Penitenza ». Ciò sarà reso possibile mediante un'opportuna catechesi, l'educazione genuinamente cristiana ed ecclesiale della coscienza morale, una prassi sacramentale frequente. « Di qui scaturiscono il senso dell'ascesi e della disciplina interiore, lo spirito di sacrificio e di rinuncia, l'accettazione della fatica e della croce ». Non manchi un'appropriata educazione al canto liturgico, custodendo e valorizzando in modo particolare il canto gregoriano. 83. La preghiera, la devozione mariana, ritiri ed esercizi spirituali È importante che, accanto all'ascolto della Parola e alla liturgia, i seminaristi siano educati alla preghiera comunitaria e personale. Per chi è chiamato a diventare presbitero, essa si configura in modo specifico come contemplazione e ascolto dell'unico Pastore e come presentazione al Padre di persone, situazioni, gioie, sofferenze che necessitano della sua benedizione. Alcuni momenti di preghiera siano garantiti a livello comunitario, altri lasciati alla libera iniziativa personale. Si favorisca in particolare la devozione mariana, specialmente con la recita del Rosario e dell'Angelus. Maria è madre amorevole e provvidente, particolarmente vicina al cammino di ogni seminarista e stupendo « modello di quell'amore materno, del quale devono essere animati tutti quelli che nella missione apostolica della Chiesa cooperano alla rigenerazione degli uomini ». Nel calendario del seminario, sia riservato un tempo adeguato per i ritiri spirituali mensili e per gli esercizi spirituali annuali. Durante il periodo estivo, si proponga ai seminaristi la partecipazione a esperienze spirituali significative, specialmente il mese ignaziano. Condizione favorevole per la preghiera è il silenzio, che in seminario deve essere promosso come clima generale e richiesto nei luoghi di preghiera e in precisi momenti del giorno e della settimana. 84. La carità pastorale Al centro della formazione spirituale dei futuri presbiteri vi è la carità pastorale – dono dello Spirito, principio interiore e virtù da acquisire – che ne caratterizza e unifica la vita e la spiritualità. Il suo contenuto essenziale è « il dono di sé, il totale dono di sé alla Chiesa, ad immagine e in condivisione con il dono di Cristo ». I seminaristi, con attento discernimento, siano esortati a verificare e consolidare la loro partecipazione alla sollecitudine pastorale di Cristo, a farla diventare loro preoccupazione principale, facendone il centro di convergenza dei loro pensieri e il fermento che trasforma la loro personalità. Se si lasceranno afferrare da questo "amore più grande", anche attraverso significative esperienze, essi saranno in grado di superare difficoltà, stanchezze e insuccessi, di lasciare ogni mediocrità e di tendere a una vita di autentica santità. A questo scopo, si impegnino a esercitarsi in quei mezzi che favoriscono il dono di sé al modo di Cristo Capo, Pastore e Sposo della Chiesa: in particolare, a lasciarsi amare da Dio, nel desiderio di rispondergli con amore, a crescere nella passione per Cristo e nella familiarità con lui, a maturare un atteggiamento di gratuità, di compassione, di sollecitudine pastorale e di servizio disinteressato per i fratelli, in special modo per i più poveri e bisognosi. 85. Spiritualità diocesana di comunione e incarnazione La passione per Cristo sarebbe un vago affetto se non si esprimesse nell'amore alla Chiesa, sua sposa. L'obbedienza a Dio, concepita come espressione più alta della libertà da se stessi, si incarna anche, e in modo determinante, nell'obbedienza alla Chiesa, in particolare al Papa e al proprio Vescovo, e si esprime nel segno della gioia, che costituisce l'unità di misura evangelica del dono di sé. È essenziale perciò che ogni candidato sviluppi nel suo cuore un profondo sensus Ecclesiae, ossia la capacità di "sentire Ecclesiam, sentire cum Ecclesia, sentire in Ecclesia". Su questa base va innestata la scelta precisa della spiritualità diocesana, che si caratterizza per l'assunzione dell'amore e del servizio verso la propria Chiesa particolare come interesse principale e criterio fondamentale della propria vita spirituale e dell'impegno ecclesiale. Si tratta di una spiritualità che riceve la sua struttura dal triplice vincolo con il Vescovo, il presbiterio e il popolo di Dio e dal triplice munus profetico, regale e sacerdotale. Le sue tonalità principali sono la comunione e l'incarnazione. 86. Fraternità e amicizia nel presbiterio La dedicazione dei presbiteri alla Chiesa particolare avviene nel contesto del presbiterio, realtà che scaturisce dallo stesso sacramento dell'Ordine e che offre possibilità straordinarie di comunione, di condivisione e di sostegno. In questa prospettiva, i seminaristi siano educati ad amare Cristo in ogni fratello, senza discriminazione alcuna, a dilatare gli spazi dell'amore fraterno, dell'amicizia e del servizio, a inserirsi gradualmente nel presbiterio diocesano. Siano inoltre incoraggiati a essere disponibili alla vita in comune, secondo le forme che saranno possibili nel contesto del loro futuro ministero. 87. Disponibilità alla missione L'appartenenza a una Chiesa particolare mediante l'incardinazione, lungi dal rinchiudere i presbiteri in una mentalità ristretta e particolaristica, li apre ai bisogni di tutti gli uomini, di tutte le Chiese e di tutto il mondo, in quanto ogni Chiesa particolare rende presente l'unica Chiesa di Cristo. I candidati al presbiterato siano perciò provocati ad avere cuore e mentalità missionari, ad allargare gli orizzonti del loro impegno apostolico e a essere disponibili alla missione. C'è una missionarietà del cuore che si manifesta nella piena disponibilità a "faticare" per il Vangelo ( Cfr 1 Cor 15,10 ) e a privilegiare l'incontro con chi non crede o non pratica; c'è una missionarietà all'interno della diocesi e delle parrocchie, che richiede disponibilità all'itineranza e alla mobilità interparrocchiale; c'è una missionarietà ad gentes, che si esprime nel servizio come preti fidei donum e nella cooperazione fra le Chiese. 88. La povertà e il distacco dagli affetti e da se stessi Coinvolti pienamente da Cristo in una sequela radicale, i futuri presbiteri siano formati all'uso evangelico dei beni temporali e a « un tenore di vita povera, allo spirito di abnegazione di sé in modo da abituarsi a rinunciare prontamente anche alle cose per sé lecite ma non convenienti, e a vivere conformandosi progressivamente a Cristo crocifisso ». Siano pertanto educati a vivere in maniera essenziale, austera, condividendo i propri beni con i poveri, e a maturare quel senso di responsabilità che si traduce in uno stile sobrio e dignitoso, nell'assumersi anche compiti di tipo manuale nella vita del seminario, nella cura diligente per gli ambienti e i beni comunitari, nella verifica delle spese personali e soprattutto sperimentando la fatica dello studio con la consapevolezza di guadagnarsi il pane quotidiano. Siano educati inoltre a esprimere viva gratitudine al Signore e alla Chiesa per quel sostegno economico che permette loro di dedicarsi con libertà evangelica e serena fiducia, oggi alla formazione e domani al ministero pastorale. Il dono di sé vissuto con radicalità evangelica esige nei candidati, oltre al distacco dalle cose, anche il distacco dagli affetti più cari e soprattutto da se stessi che, in ultima analisi, consiste nel vivere con verità e senza riserve le parole del salmista: « Ha sete di te, Signore, l'anima mia ». ( Sal 63,2 ) L'esperienza insegna che senza un reale rinnegamento di sé, qualsiasi distacco, sia pure generoso, si fonda non sulla roccia, bensì sulla sabbia ( Cfr Mt 7,26-27 ) e non ha la forza di resistere alle prove della vita. 89. La verginità per il Regno Nella logica dell'appartenenza totale a Cristo e della partecipazione al suo amore sponsale per la Chiesa, la verginità per il Regno « è sempre stata considerata come particolarmente confacente alla vita sacerdotale ». Si tratta di una vocazione all'amore nella stessa forma scelta da Gesù, che domanda di essere serenamente riconosciuta e seriamente accolta. Essa permette così di liberare il cuore da qualsiasi forma di dipendenza e di possesso, disponendolo a entrare con gioiosa agilità nel deserto della solitudine interiore, in cui si apprende a dimorare in Cristo e a vivere per lui, ad amare i fratelli in modo incondizionato e appassionato, a stabilire rapporti di amicizia tanto intensi quanto liberi. La fraternità sacerdotale e l'amicizia nell'ambito del presbiterio, come pure l'incontro con famiglie che vivono con gioia il dono dell'amore nella castità coniugale, potranno favorire e arricchire lo stesso carisma verginale. Si tratta di una vocazione che deve essere vissuta nella pratica della castità, allenandosi alla disciplina e avvalendosi di mezzi umani e spirituali che possono formarla e custodirla. Tale disciplina dovrà tener conto della fragilità umana, impegnare la vigilanza, indurre a un uso responsabile dei mezzi di comunicazione sociale, in modo da restare immuni da concessioni e ripiegamenti che impoveriscono e mettono a repentaglio la ricchezza del dono. La scelta celibataria chiama in causa la personalità umana dei candidati, che deve essere sana e armoniosa. b) La formazione umana 90. L'attenzione alla formazione umana « L'umanità del prete è la normale mediazione quotidiana dei beni salvifici del Regno ». Per questo bisogna porre molta attenzione alla formazione umana dei futuri presbiteri. In una personalità non ben sviluppata, infatti, la grazia dell'ordinazione presbiterale verrebbe offuscata e screditata; al contrario, in una personalità matura, essa può risplendere in tutta la sua pienezza. Chi è chiamato al presbiterato deve perciò preoccuparsi di crescere in umanità. L'equilibrio, l'amore per la verità, il senso di responsabilità, la fermezza della volontà, il rispetto per ogni persona, il coraggio, la coerenza, lo spirito di sacrificio sono elementi rilevanti, anzi necessari, per l'esercizio del ministero. Così pure il modo autorevole e fraterno di entrare in rapporto con gli altri, la sincerità, la discrezione, il modo maturo di presentarsi e di esprimersi, sono chiavi che aprono le porte della fiducia, dell'ascolto, della confidenza. Diventare umanamente maturi è perciò un obiettivo fondamentale della formazione presbiterale. 91. I tratti della maturità umana I tratti che indicano la maturità umana sono soprattutto i seguenti: – un'intelligenza aperta alla verità, non arroccata difensivamente su se stessa o su singoli aspetti intesi unilateralmente; – una volontà capace di coordinare le energie verso l'obiettivo proposto, non irrigidita nel volontarismo, né divisa dal compromesso, né dispersa nel velleitarismo; – una corporeità riconosciuta e assunta come linguaggio della persona, a suo servizio, non prigioniera di bisogni costrittivi, né utilizzata a fini compensatori; – una cura adeguata della persona, attenta alla pulizia e alla proprietà nel vestire; – una capacità di relazioni libere, oblative e sincere, con uomini e donne, a livello simmetrico e asimmetrico, caratterizzata dall'accoglienza e dall'apertura all'altro, da passione e discrezione, fedeltà e perseveranza, presenza e distacco; – un'affettività che renda la persona capace di amare con cuore indiviso, integrando la sessualità nell'affettività e nell'identità personale, secondo una visione personalistica; – un'identità sufficientemente consistente, nutrita di una libertà interiore progressivamente più ampia, frutto di relazioni sane, che si declina in un adeguato senso di responsabilità nei riguardi della propria vita, delle persone e dei compiti affidati, in un'esistenza vissuta come risposta personale a Dio che chiama ogni giorno, secondo il passo possibile, in una capacità progressiva di rielaborazione delle inevitabili frustrazioni come un gradino verso la pienezza della propria umanità. 92. Il processo di maturazione Per far crescere questi aspetti della maturità umana, che si intrecciano con la maturità spirituale, è necessario un triplice lavoro: – una conoscenza di se stessi, estesa a tutte le componenti della personalità, verificata nel dialogo con gli educatori; tale conoscenza porterà alla consapevolezza di non essere completi né autosufficienti, ma bisognosi di arricchimento e in costante cammino; – una gestione libera, costruttiva e responsabile della propria persona, come risposta alla vocazione nel quotidiano, tale da configurare un'effettiva sequela Christi; – uno stile di vita caratterizzato dal dono di sé per amore, nel servizio, nelle relazioni e nell'impegno quotidiano, all'interno di rapporti buoni e costruttivi, finalizzati al compimento della propria missione. 93. Il contributo delle scienze psicopedagogiche La formazione umana può avvalersi con frutto dei contributi delle scienze psicopedagogiche, assunti nell'orizzonte dell'antropologia cristiana. A esse va riconosciuto uno spazio adeguato per una crescita umana piena e matura. Il loro corretto utilizzo richiede che i seminaristi prestino la loro cordiale e convinta collaborazione e che siano rispettate due condizioni fondamentali: – il libero consenso dell'interessato prima di promuovere qualsiasi intervento; nel caso in cui il consenso non fosse dato, gli educatori, senza ricatti o pressioni, dovranno operare il discernimento in base alle conoscenze di cui dispongono altrimenti; – la garanzia del diritto all'intimità: l'opportuna comunicazione al rettore e al direttore spirituale degli esiti della consulenza psicodiagnostica o del cammino psicologico va fatta, in forma scritta o verbale, preferibilmente dal candidato stesso o, con il suo consenso scritto, dai consulenti. In ogni caso, ogni informazione acquisita attraverso la consulenza psicologica avrà carattere riservato, potrà essere utilizzata unicamente ai fini del discernimento vocazionale e non sarà comunicata a terze persone, senza il previo consenso scritto dell'interessato. 94. Le modalità dell'intervento psicologico È opportuno che la possibilità di un'indagine e valutazione psicodiagnostica sulla propria personalità sia offerta a tutti, nel rispetto della libertà di ciascuno, all'inizio del cammino formativo, a meno che non sia già stata attuata nel periodo propedeutico. Gli itinerari di sostegno e crescita, invece, devono essere messi a disposizione dei seminaristi che ne facciano richiesta o proposti dagli educatori a quanti, a loro giudizio, ne avessero bisogno; in ogni caso, tali itinerari devono essere concordati con il rettore. « Se non tutti avranno bisogno di una consulenza psicologica specifica, tutti però avranno bisogno di educatori in grado di stare al loro fianco, in modo assiduo e non occasionale, attenti a interpretare anche le resistenze e le inconsistenze, le cui radici sono spesso inconsce ». c) La formazione teologica 95. L'importanza della formazione teologica « La formazione intellettuale, pur avendo una sua specificità, si connette profondamente, sino a costituirne un'espressione necessaria, con la formazione umana e quella spirituale [ … ], trova la sua specifica giustificazione nella natura stessa del ministero ordinato e manifesta la sua urgenza attuale di fronte alla sfida della "nuova evangelizzazione" ». Il lungo e laborioso travaglio che caratterizza la formazione intellettuale, scandito dalla quotidianità e dalla metodicità, è funzionale a formare presbiteri dalla fede matura, gioiosa e convinta, perché "pensata". In questo modo i nuovi presbiteri saranno in grado di farsi compagni degli uomini e delle donne del nostro tempo, aiutando ciascuno a far emergere la sete di Dio e di salvezza che abita in lui e a rendere ragione della speranza che porta nel cuore. ( Cfr 1 Pt 3,15 ) Saranno preparati a confrontarsi e a dialogare in una società pluralista, multietnica e multireligiosa, accogliendone la provocazione a ritrovare l'essenziale della fede, la sua bellezza e la sua forza liberante, senza temere di far affiorare le contraddizioni presenti in questo passaggio storico, perché convinti che ogni piccola verità scoperta è un passo verso la Verità suprema. 96. Integrazione tra sapere teologico e vissuto teologale Presupposto necessario perché lo studio filosofico-teologico sia proficuo in ordine allo sviluppo di personalità presbiterali mature è la piena integrazione tra il sapere teologico e il vissuto teologale. « Affinché possa essere pastoralmente efficace, la formazione intellettuale va integrata in un cammino spirituale segnato dall'esperienza personale di Dio, in modo tale da superare una pura scienza nozionistica e pervenire a quella intelligenza del cuore che sa "vedere" prima ed è in grado poi di comunicare il mistero di Dio ai fratelli »; si tratta di un cammino che è per sua natura ecclesiale. Di esso, sono modelli i Padri della Chiesa e i grandi teologi santi. « L'immagine che i Padri offrono di se stessi è quella di uomini i quali non solo imparano ma anche, e soprattutto, sperimentano le cose divine, come diceva Dionigi detto Pseudo-Areopagita del suo maestro Ieroteo: "non solum discens sed et patiens divina" ». 97. I contenuti essenziali Il sapere teologico, come riflessione critica della fede e profonda intelligenza del mistero cristiano, fa acquisire agli studenti una conoscenza documentata e illuminata del deposito della fede, contenuto nella Sacra Scrittura e nella tradizione della Chiesa, e della sua comprensione che cresce lungo i secoli mediante i molteplici apporti delle formulazioni dogmatiche e del magistero dei pastori, del senso soprannaturale della fede di tutto il popolo di Dio, della vita ecclesiale, della elaborazione e chiarificazione da parte dei teologi. Nel complessivo percorso degli studi teologici, gli studenti siano aiutati a non trascurare nessuna delle tappe in cui la fides quae è stata elaborata, anzi siano accompagnati a ripercorrere l'intero itinerario della fede ecclesiale che ha attraversato la liturgia, la storia, l'agire pastorale, la teologia, la testimonianza della santità, nei quali il mysterium salutis è stato celebrato, sperimentato, spiegato e sempre meglio compreso secondo la legge del progresso delle verità della fede che non ammette alterazioni e corruzioni, ma sviluppa una crescita fedele e sapiente nella penetrazione della verità. Per gli obiettivi e i contenuti delle discipline principali, complementari, ausiliarie e opzionali, ci si attenga alle disposizioni del capitolo quarto ( nn. 126-144 ). 98. La pertinenza pastorale I seminaristi, che devono acquisire e sviluppare anche un serio esercizio dell'intelligenza pastorale, siano aiutati dai docenti a cogliere la pertinenza pastorale di ciò che viene loro insegnato, perché il pensiero teologico e l'apprendimento cognitivo non sembrino avulsi dalla vita della Chiesa e della società, verso cui è indirizzata la loro futura missione. 99. Aspetti metodologici e didattici Per aiutare i seminaristi ad avere una visione unitaria e sintetica dei vari insegnamenti, è opportuno che nel ciclo istituzionale: – le discipline fondamentali siano distinte da quelle secondarie e opzionali; – si riservi alle prime un numero di ore di insegnamento proporzionato e congruo alla loro importanza e natura di fondamento filosofico e teologico; – si promuovano occasioni per un confronto interdisciplinare sui nuclei tematici di maggiore rilevanza; – si richieda ai seminaristi di sostenere gli esami del primo biennio filosofico-teologico prima di iscriversi a quelli degli anni successivi; – si garantisca agli studenti la disponibilità di un tempo ampio da dedicare allo studio personale; – si valorizzino in maniera appropriata i docenti e si promuova un confronto costante tra docenti e studenti. Nell'insegnamento si abbia cura di coniugare lezioni frontali-magisteriali con lavori seminariali o di laboratorio, tirocini guidati e attività con supervisione, studio assistito da parte di un tutor, lavori scritti e di ricerca personale, al fine di un apprendimento più fruttuoso. Anche l'uso degli strumenti informatici e multimediali potrà costituire un valido supporto alla ricerca e all'assimilazione delle discipline filosofico-teologiche, nel contesto dell'apprendimento di un rigoroso metodo di studio teologico. 100. L'applicazione allo studio I seminaristi dovranno essere aiutati dagli educatori e dai docenti a rimotivare il loro impegno di studio per dedicarsi a esso con assiduità, slancio e passione, superando eventuali pregiudizi anti-intellettualistici. L'approccio metodologico al mistero cristiano per conoscerne ed esplicitarne, da diverse angolature, la ricchezza, l'ampiezza, l'altezza e la profondità, richiede infatti una continua, paziente e accurata applicazione allo studio, tale da consentire ai seminaristi sia di lasciarsi compenetrare dalla riflessione teologica che integra e armonizza, in una sintesi superiore, le esperienze conoscitive, sia di non sentirsi schiacciati dal senso di frustrazione o di inadeguatezza di fronte alle sfide della fede e della prassi nel tempo presente. d) La formazione pastorale 101. La specificità della formazione pastorale « L'intera formazione dei candidati al sacerdozio è destinata a disporli in un modo più particolare a comunicare alla carità di Cristo, buon Pastore ». Ne deriva che la formazione pastorale costituisce il fine e la cifra di tutta la formazione presbiterale. Non si tratta in primo luogo di offrire tecniche e metodologie, corsi speciali e tirocini, ma di educare a un modo di essere che unifichi e orienti l'intera personalità: lo stile del pastore, chiamato a identificarsi con Cristo Pastore e a fare proprio il suo amore per il gregge, fino a dare la vita. La pedagogia pastorale del seminario si farà perciò carico « di una vera e propria iniziazione alla sensibilità del pastore, all'assunzione consapevole e matura delle sue responsabilità, all'abitudine interiore di valutare i problemi e di stabilire le priorità e i mezzi di soluzione, sempre in base a limpide motivazioni di fede e secondo le esigenze teologiche della pastorale stessa ». Gli strumenti privilegiati di tale pedagogia sono, oltre alla formazione spirituale, la vita in comunità, lo studio della teologia pastorale e le esperienze pastorali. 102. La teologia pastorale o pratica La teologia pastorale o pratica « è una riflessione scientifica sulla Chiesa nel suo edificarsi quotidiano, con la forza dello Spirito, dentro la storia; sulla Chiesa, quindi, come "sacramento universale di salvezza", come segno e strumento vivo della salvezza di Gesù Cristo nella Parola, nei Sacramenti e nel servizio della carità ». Essa si articola in vari insegnamenti, che comprendono la teologia pastorale fondamentale e le diverse articolazioni secondo gli ambiti pastorali, la catechetica, l'omiletica, ecc. La riflessione specifica si completa poi con momenti interdisciplinari, che dovrebbero evidenziare le implicazioni pastorali delle diverse discipline teologiche. Non si trascuri inoltre la formazione all'amministrazione dei beni ecclesiastici, alla cura dei beni culturali, all'uso e alla valorizzazione dei mezzi della comunicazione sociale. Si curi altresì una trattazione specifica delle motivazioni ispiratrici e degli elementi costitutivi del vigente sistema di sostentamento del clero e di sostegno economico alla Chiesa. Anche i primi tempi del ministero presbiterale potranno essere convenientemente utilizzati per proporre alcuni insegnamenti più direttamente pastorali. In tal modo si può snellire il curricolo del sessennio, si valorizza il programma di formazione permanente per i giovani presbiteri e si ha il vantaggio di trattare alcuni temi facendo leva sul beneficio della loro esperienza diretta. 103. Il tirocinio pastorale La formazione pastorale si attua poi attraverso un vero e proprio tirocinio, che deve essere: – consistente, tale cioè da permettere ai seminaristi di misurare la loro responsabilità in qualche settore particolare, senza tuttavia costituire un sovraccarico eccessivo, distogliendoli dagli impegni ordinari di seminario; – circoscritto a tempi prestabiliti durante l'anno, nei periodi di vacanza e durante l'estate. Saranno gli educatori a valutare, tenendo anche conto del carattere diocesano o regionale del seminario, il momento più opportuno per l'inizio del tirocinio pastorale, la sua consistenza e i suoi ritmi. Può essere utile, almeno in qualche periodo, che i seminaristi restino in seminario o in altro luogo adatto, una domenica al mese, per motivi di formazione; – graduale, ritmato cioè sulle varie tappe dell'itinerario formativo; – differenziato nella scelta delle attività e delle esperienze, includendo, oltre al prioritario servizio nelle parrocchie, la possibilità di un impegno in luoghi della carità ( quali le comunità terapeutiche, le case per anziani, il carcere o l'ospedale ), qualche eventuale esperienza missionaria e, dove opportuno, il servizio di animazione nel seminario minore; – verificato sia con i responsabili dei diversi ambiti pastorali sia con gli educatori del seminario. 104. Il contributo delle esperienze pastorali alle varie dimensioni formative Le esperienze pastorali offrono un contributo specifico alle diverse dimensioni formative. Esse promuovono: – il consolidamento della vita spirituale nell'ottica della carità pastorale: in un ambiente non ritmato da orari precisi, i seminaristi devono imparare a gestire con sapienza il tempo e a ritagliarsi autonomamente gli spazi per la preghiera; inoltre, a contatto con le persone di cui sono chiamati a prendersi cura, sono provocati a verificare e far crescere la loro sensibilità apostolica e a sviluppare la preghiera di intercessione, propria del pastore; infine, potendo accostare varie situazioni di vita, sono aiutati ad acquisire la capacità di scorgere i segni della presenza e dell'azione di Dio nella storia; – la crescita umana integrale: nell'ambiente del servizio pastorale i seminaristi sono particolarmente stimolati ad agire in prima persona, ad assumere responsabilità dirette e a cercare la collaborazione con i responsabili e le altre realtà ecclesiali; essi possono così misurare e consolidare la loro generosità nel servizio, la maturità nel gestire il tempo, la capacità di porsi in relazione con una grande varietà di persone, la tenuta nell'equilibrio affettivo; – un'occasione di arricchimento e di appropriazione dello studio della teologia che, a sua volta, stimola a un approccio critico e propositivo alla prassi pastorale; – il completamento della formazione pastorale e l'acquisizione di competenze tecnico-pratiche: inseriti in un preciso contesto pastorale, i futuri presbiteri hanno modo di conoscere da vicino la vita del pastore, imparare ad assumere la globalità del progetto pastorale, esercitarsi nella collaborazione con i presbiteri, i religiosi e i laici, acquisire specifiche competenze di animazione, comunicazione e programmazione. 105. L'atteggiamento dei parroci, degli altri responsabili pastorali e dei seminaristi I parroci e gli altri responsabili che affiancano gli educatori dei seminari nella formazione pastorale dei seminaristi ricordino che sono loro affidati soggetti ancora impegnati nella fase iniziale della formazione. Non li sovraccarichino perciò di attività, ma li aiutino a entrare nella vita ordinaria delle comunità avendo cura soprattutto di condividere la loro stessa esperienza pastorale. I seminaristi, dal canto loro, accostino con rispetto e discrezione le comunità cui sono inviati, nella consapevolezza che esse hanno una storia, una struttura, una precisa tradizione. Cerchino, anzitutto, di instaurare con i parroci e con gli altri responsabili un rapporto di sincerità, di condivisione e di vera fraternità; diano a tutti luminosa e coerente testimonianza di giovani credenti, impegnati a seguire il Signore con radicalità; si sforzino di assolvere i compiti loro richiesti e chiedano sempre il consenso dei parroci o degli altri responsabili pastorali per le attività che ritengono opportuno suggerire o avviare; organizzino il loro tempo in modo da potersi riservare adeguati spazi di preghiera. 106. Attività pastorale comunitaria Oltre al tirocinio pastorale personale, è opportuno che i seminari promuovano nell'arco dell'anno qualche attività pastorale comunitaria, come, per esempio, una "missione giovani" nelle parrocchie, una "scuola di preghiera", iniziative varie di animazione vocazionale. Tali attività offrono ai seminaristi la possibilità di dare ai loro coetanei un'esemplare testimonianza di fede, ma anche l'occasione di esercitarsi nella corresponsabilità pastorale, allenandosi a lavorare insieme, sia nella fase progettuale sia in quella della realizzazione e verifica del progetto. 5. L'itinerario 107. L'itinerario oggettivo La formazione per il presbiterato si configura come un vero e proprio itinerario, ritmato da passaggi precisi, che permettono l'assimilazione in progressione dei diversi contenuti spirituali, umani, teologici e pastorali. Dal punto di vista oggettivo, l'itinerario dura sei anni ed è scandito dalle seguenti tappe: – l'introduzione alla vita del seminario; – l'ammissione tra i candidati al diaconato e al presbiterato; – il conferimento del ministero del lettorato; – il conferimento del ministero dell'accolitato; – l'ordinazione diaconale; – l'ordinazione presbiterale. « Il conferimento del lettorato e dell'accolitato e l'ordinazione diaconale sono momenti importanti e decisivi nella formazione al presbiterato. Da essi, senza alcuna indebita assolutizzazione, è possibile ricavare un principio capace di unificare la vita spirituale, le esperienze pastorali e, in qualche misura, anche lo stesso studio teologico. Essi propongono le fasi fondamentali di una 'iniziazione', attraverso la quale vengono donati la grazia e il mandato, insieme con l'esercizio progressivo e autentico di compiti tipicamente presbiterali, quali l'evangelizzazione, il culto e l'animazione pastorale. Proprio la loro finalizzazione all'imposizione delle mani per il presbiterato, distingue il significato dei ministeri istituiti e del diaconato per i candidati al sacerdozio rispetto agli stessi ministeri conferiti a laici o a diaconi permanenti ». Per questa ragione, se un lettore o un accolito lascia il seminario decade per ciò stesso dall'esercizio del ministero ricevuto, salva la facoltà del Vescovo di riconfermarlo, dietro richiesta sua e della comunità nella quale si inserisce. Nei piccoli seminari l'articolazione dell'itinerario potrà servire come riferimento per la progettazione dello specifico cammino di formazione e per la verifica della progressione personale dei singoli seminaristi, più che per una effettiva scansione temporale e per una strutturazione della vita comunitaria. 108. L'itinerario soggettivo e la possibilità di stages pastorali Dal punto di vista soggettivo, l'itinerario dovrà tener conto del grado di maturazione dei singoli e potrà essere più articolato, includendo, a seconda delle necessità, la possibilità di stages pastorali. Si tratta di periodi in cui un seminarista, vivendo generalmente in una parrocchia, è impegnato in un programma di lavoro, studio, attività pastorali e accompagnamento educativo, pensato su misura per lui, allo scopo di verificare e rafforzare gli aspetti in cui deve crescere. 109. Il biennio iniziale Concluso il periodo propedeutico, l'itinerario formativo prevede il biennio iniziale, che ha come meta la domanda di ammissione tra i candidati al diaconato e al presbiterato. In questo tempo, l'aspirante si inserisce gradualmente nella comunità del seminario maggiore e, in un contesto di fede, di sequela del Signore e di vita fraterna, di discernimento e purificazione, è chiamato a interrogarsi sul proprio orientarsi al presbiterato. 110. Il primo anno e l'iniziazione alla vita in seminario Il primo anno rappresenta il portale d'ingresso del seminario maggiore. Esso si caratterizza per: – l'iniziazione ai vari aspetti formativi: in ambito spirituale, il seminarista è introdotto ai temi fondamentali della vita spirituale, aiutato a consolidare la sua relazione con il Signore mediante una precisa "regola di vita", invitato a maturare un atteggiamento di umile ascolto e filiale abbandono alla volontà di Dio; dal punto di vista della formazione umana, è condotto a conseguire una sufficiente conoscenza di sé e ad accettare i molteplici aspetti della propria storia personale; a livello scolastico, gli è chiesto coinvolgersi negli studi filosofico-teologici, di acquisire un valido metodo di studio e di avviare un rapporto costruttivo con i docenti; per quanto riguarda la formazione pastorale, sperimenta la situazione di essere espressamente inviato a una comunità cristiana o, comunque, di farne parte in modo nuovo, offrendo la sua testimonianza di fede e la sua collaborazione; – l'introduzione alla vita comunitaria: i nuovi seminaristi sono chiamati a prendere coscienza del valore della comunità come luogo privilegiato della formazione, a sentirsene effettivamente e affettivamente parte, a coinvolgersi nelle relazioni e a misurarsi con le difficoltà della vita comune; – l'avvio delle relazioni educative: basilare, per una buona partenza, è la comprensione delle diverse figure educative, l'inizio di un dialogo vero e sincero con ciascuna, la maturazione nei loro confronti di un atteggiamento di consegna docile e fiduciosa. 111. Il secondo anno e l'ammissione tra i candidati al diaconato e al presbiterato Nel secondo anno, l'iter formativo è orientato a portare gli aspiranti a verificare la loro vocazione e ad assumere con libertà e consapevolezza la scelta del presbiterato come tendenzialmente definitiva. L'anno si caratterizza per: – un'esperienza di fede profonda, motivata e personalizzata; – il discernimento con il rettore e il direttore spirituale, teso a verificare i segni della chiamata al presbiterato diocesano vissuto nel celibato, le intenzioni e le motivazioni che la sostengono e l'idoneità che la supporta; – un lavoro approfondito nell'ambito delle relazioni e della dimensione affettivo-sessuale, in vista dell'assunzione dell'impegno del celibato; – una presenza più responsabile in comunità, con la disponibilità a qualche servizio, il superamento di eventuali ostacoli nelle relazioni, il coinvolgimento nella comunicazione della fede; – un'applicazione più assidua e matura nello studio e nell'esperienza pastorale. Il rito di ammissione tra i candidati al diaconato e al presbiterato, che conclude il primo biennio formativo, manifesta pubblicamente l'orientamento vocazionale di coloro che aspirano al diaconato e al presbiterato, esprime l'accettazione della loro offerta da parte della Chiesa particolare, richiede ai nuovi candidati di applicarsi con rinnovato impegno nel portare a termine la preparazione. 112. Il secondo biennio Dopo l'ammissione tra i candidati al diaconato e al presbiterato, l'itinerario si apre al secondo biennio, che si qualifica come specifica iniziazione al diaconato e al presbiterato attraverso le tappe del lettorato e dell'accolitato. La prospettiva dei ministeri istituiti ha la capacità di riempire di contenuti questo tempo, di proporre mete e verifiche spirituali e di seguire con criteri oggettivi il cammino progressivo verso il presbiterato. Dal punto di vista formativo, si tratta di un periodo di consolidamento; in riferimento alla scelta vocazionale, il candidato è chiamato a interrogarsi sull'identità di presbitero che si prepara a far propria. 113. Il terzo anno e il conferimento del ministero del lettorato Il terzo anno, qualificato dal conferimento del lettorato, si caratterizza per: – un rapporto privilegiato con la Parola di Dio attraverso la lectio divina, la preghiera sulla Parola e l'esegesi; – la maturazione di una spiritualità "profetica", nella logica del radicalismo della sequela e della testimonianza coerente e coraggiosa; – la crescita nell'ascolto degli altri, raffinando la capacità di decentrarsi, di essere attenti alle persone e alle situazioni, di sentire compassione per i più poveri e bisognosi, di uscire da sé attraverso la comunicazione attiva, la correzione fraterna e l'obbedienza; – la profondità e la docilità nel rapporto educativo; – l'esercizio, in comunità e nei diversi ambiti pastorali, dei compiti del ministero dei lettori, specialmente della proclamazione e della spiegazione della Parola di Dio. 114. Il quarto anno e il conferimento del ministero dell'accolitato Il quarto anno, qualificato dal conferimento dell'accolitato, si caratterizza per: – un rapporto privilegiato con l'Eucaristia attraverso la celebrazione eucaristica, l'adorazione e la preghiera contemplativa, la riflessione teologica; – la maturazione di una spiritualità "eucaristica", nella logica del dono totale di sé, della gratuità e della comunione; – la crescita nella stabilità della vita, consolidando la capacità di sapersi fermare con perseveranza su scelte, relazioni e situazioni e di resistere alla fatica, imparando a gestire l'ansia, la tensione, l'impulsività e gli stati d'animo del momento; – l'approfondimento e il consolidamento delle relazioni educative; – l'esercizio, in comunità e in parrocchia, dei compiti del ministero degli accoliti, specialmente del servizio all'altare e ai poveri. 115. Il terzo biennio Con il quinto anno, l'itinerario entra nel terzo biennio, che si qualifica per il discernimento definitivo, in vista dell'ordinazione diaconale e presbiterale. È un tempo di grazia e di profonda intensità spirituale, in cui, pur non essendo risparmiati eventuali turbamenti e tentazioni, emerge soprattutto la gioia del raccolto e l'entusiasmo per il ministero pastorale che sta per cominciare. 116. Il quinto anno e l'ordinazione diaconale Nel quinto anno, l'iter formativo è orientato a preparare i candidati all'ordinazione diaconale. L'anno si caratterizza per: – un rapporto sempre più vivo con Cristo Servo, in una consuetudine di preghiera intensa e profonda, comprendente la recita integrale della Liturgia delle ore; – il discernimento con il rettore e il direttore spirituale in ordine a una scelta libera, consapevole e definitiva per il diaconato vissuto nel celibato a servizio della propria Chiesa particolare; – la maturazione di una spiritualità del servizio, nell'assunzione dei tratti essenziali della diaconia di Cristo, specialmente dell'offerta di sé per amore; – l'impegno a crescere nelle virtù umane "diaconali", quali la magnanimità, l'accoglienza, la disponibilità, la generosità, la condivisione, la sobrietà e l'umiltà; – una presenza matura e responsabile nella comunità del seminario, diventando stimolo costruttivo nei momenti formativi e offrendo la testimonianza del servizio nella quotidianità; – la sintesi scolastica, con il conseguimento, laddove possibile, del baccellierato in teologia; – un'attenzione, in ambito pastorale, ai più piccoli, ai poveri e agli ammalati. L'ordinazione diaconale, verso cui è orientato il cammino del quinto anno, introduce i candidati nella comunione sacramentale con il Vescovo, i presbiteri e i diaconi, li incardina in una Chiesa particolare, li consacra al servizio del Vangelo, dell'altare e dei poveri. Essa insegna a quanti sono chiamati a diventare presbiteri, a vedere nello spirito di servizio la forma autentica dell'autorità cristiana, a immagine di Cristo, che è venuto per servire e non per essere servito. ( Cfr Gv 13,1-17) A partire dall'ordinazione diaconale i seminaristi indossino in pubblico il clergyman. 117. Il sesto anno e l'ordinazione resbiterale Il sesto anno ha lo scopo di preparare i diaconi all'ordinazione e alla vita presbiterale. Esso si caratterizza per: – una fede vissuta in intima unione con Gesù Pastore, nel pieno abbandono al Padre e nella docilità allo Spirito, attraverso il ministero dell'orazione e la gioia della verginità per il Regno, in un cammino di costante conversione; – il discernimento con il rettore e il direttore spirituale in vista dell'ordinazione presbiterale, centrato soprattutto sulla carità pastorale e sulla figura concreta del presbitero diocesano; – il consolidamento di una spiritualità presbiterale diocesana, modulata sulle note dell'amore e della dedizione alla propria Chiesa, dell'obbedienza apostolica e della carità pastorale, che sull'esempio di Gesù Buon Pastore si fa compassionevole, misericordiosa e generosa fino al sacrificio totale di sé, della fraternità e amicizia all'interno del presbiterio; – un lavoro assiduo sulla propria umanità, così da consolidare le virtù tipiche del pastore: la capacità di progettazione, di animazione e di guida, la bontà e la tenerezza, la responsabilità e la competenza, la prudenza nel discernimento e la discrezione, la fedeltà e la fermezza, la schiettezza e la disponibilità alla collaborazione; – un percorso di mediazione pastorale e di immediata introduzione al ministero, che preveda laboratori pastorali ( ad esempio, sulla pastorale giovanile, la famiglia e le relazioni d'aiutom); una specifica preparazione alla presidenza dell'Eucaristia, alla celebrazione dei sacramenti e in particolare della Riconciliazione; corsi sull'omiletica, l'odegetica, la direzione spirituale, la comunicazione pastorale; approfondimenti sulla storia della Chiesa locale, la spiritualità presbiterale, gli aspetti amministrativi e legali delle attività pastorali; un contatto con le principali realtà ecclesiali diocesane e un'adeguata conoscenza del territorio e delle sue problematiche. L'ordinazione presbiterale, verso cui è orientato il sesto anno, conclude l'itinerario formativo del seminario e si apre ai programmi di formazione permanente. Il rettore del seminario sia coinvolto nella scelta della prima destinazione dei presbiteri, che deve avvenire non sulla base di criteri dettati prevalentemente dalle urgenze pastorali, ma avendo attenzione al bene e alla crescita armonica dei neo-ordinati e scegliendo con cura le comunità cui inviarli e i confratelli cui affidarli. 6. Il discernimento 118. Il compito del Vescovo Il Vescovo, per procedere all'ordinazione diaconale e presbiterale, deve essere moralmente certo dell'idoneità dei candidati, che deve risultare provata con argomenti positivi. A tal fine, è opportuno che egli conosca personalmente gli ordinandi; inoltre è tenuto ad ascoltare le persone competenti e non può discostarsi dal loro giudizio se non in virtù di ragioni ben fondate. L'atto di discernimento sull'idoneità di un candidato si denomina "scrutinio". Il Vescovo lo compie accogliendo in primo luogo il giudizio sintetico del rettore e avvalendosi « di altri mezzi che gli sembrino utili, a seconda delle circostanze di tempo e di luogo, quali le lettere testimoniali, le pubblicazioni o altre informazioni ». Egli può farsi coadiuvare da un'apposita commissione per l'ammissione ai ministeri e agli ordini sacri. 119. Il compito del rettore Il rettore ha la responsabilità di presentare al Vescovo « l'attestato [ … ] sulle qualità richieste [ all'ordinando ] per ricevere l'Ordine, vale a dire la sua retta dottrina, la pietà genuina, i buoni costumi, l'attitudine ad esercitare il ministero; e inoltre, dopo un'indagine debitamente condotta, sul suo stato di salute sia fisica sia psichica ». Per poter arrivare a formulare un giudizio sintetico obiettivo, il rettore è tenuto ad attivare con gli aspiranti e i candidati un serio percorso di discernimento vocazionale che metta in luce la loro esperienza di fede, i segni della chiamata e le intenzioni rispetto all'Ordine richiesto e ne verifichi la maturità in tutte le dimensioni ( spirituale, umana, intellettuale, pastorale ). Inoltre, egli ha il dovere di raccogliere il parere dei suoi collaboratori, dei docenti, dei parroci che hanno accolto i seminaristi nelle esperienze pastorali e di quanti altri ritenesse opportuno. 120. Il compito del direttore spirituale Il direttore spirituale ha il compito di guidare i seminaristi alla conoscenza del loro mondo interiore, alla scoperta e allo sviluppo della loro vocazione. Egli è chiamato ad aiutarli ad avere l'"occhio puro", per verificare le motivazioni profonde della chiamata, e il "cuore pronto", per esprimere un consenso pieno e generoso; deve offrire loro i criteri perché il discernimento sia accurato e sincero e accompagnarli nella formulazione della risposta, in modo che essa tenga conto di tutti gli elementi costitutivi della personalità. Il direttore spirituale, qualora intuisca che il cammino di discernimento vocazionale non conduca al traguardo del ministero ordinato, deve fare tutto il possibile perché questo orientamento venga maturato liberamente e, soprattutto, venga assimilato serenamente, affidandosi alla sicurezza del discernimento ecclesiale; in ogni caso, egli non dovrà temere di dichiararlo apertamente all'aspirante o al candidato. 121. I momenti del discernimento e le disposizioni da osservare Il discernimento sull'idoneità degli aspiranti e dei candidati dev'essere compiuto prima di ogni tappa dell'itinerario formativo; esso tuttavia assume un particolare significato alla vigilia dell'ammissione tra i candidati al diaconato e al presbiterato e dell'ordinazione diaconale; in questi due momenti deve essere condotto con grande profondità e ampiezza. Dovranno essere accuratamente rispettate le norme relative all'età minima per ricevere gli ordini ( can. 1031, §§ 1 e 2 ), agli interstizi fra i ministeri e l'ordinazione diaconale ( can. 1035, § 2 ) e fra l'ordinazione diaconale e quella presbiterale ( can. 1031, § 1 ), agli studi che devono essere compiuti ( can. 1032, §§ 1 e 2 ) e alla necessità di fare gli esercizi spirituali prima di ricevere i sacri ordini ( can. 1039 ). Si dovranno inoltre tenere presenti le disposizioni relative agli impedimenti ed irregolarità per ricevere gli ordini ( can. 1025, § 1, in relazione con i cann. 1041-1042 ). 122. Criteri di discernimento I criteri di discernimento per l'ammissione tra i candidati al diaconato e al presbiterato, nonché quelli per l'ammissione al diaconato e al presbiterato, si possono opportunamente riassumere in uno schema utile per gli educatori e gli stessi seminaristi. 7. Il progetto educativo e la regola di vita comunitaria 123. Necessità e finalità del progetto educativo L'articolazione e la complessità della formazione al presbiterato esigono che ogni seminario abbia un proprio progetto educativo, approvato dal Vescovo diocesano o, se si tratta di un seminario interdiocesano o regionale, dai Vescovi interessati. Esso deve determinare concretamente la dinamica educativa globale, precisare ruoli e compiti dei soggetti coinvolti nella formazione, le dimensioni educative con gli obiettivi finali e gli strumenti, l'itinerario scandito per tappe con gli obiettivi intermedi, gli interventi specifici e il loro coordinamento, i criteri di discernimento. In tal modo, i diversi elementi potranno essere declinati in maniera unitaria e in prospettiva dinamica e tutti i soggetti implicati saranno facilitati a comprendere la propria parte, l'ordinata cooperazione, l'effettiva convergenza degli apporti. Il progetto educativo deve inoltre innestare gli orientamenti generali contenuti nel presente documento nella concretezza di ciascun seminario, valorizzandone le tradizioni e le consuetudini. È conveniente che il progetto educativo venga introdotto con un periodo di sperimentazione e che se ne preveda un periodico aggiornamento. Sarà compito degli educatori cogliere le esigenze della comunità che si manifestano progressivamente e rispondervi con gli opportuni adattamenti. 124. La regola di vita comunitaria « Perché la programmazione sia veramente adatta ed efficace occorre che le grandi linee programmatiche si traducano più concretamente in dettaglio, mediante alcune norme particolari destinate ad ordinare la vita comunitaria, stabilendo alcuni strumenti e alcuni ritmi temporali precisi ». Si tratta della regola di vita comunitaria, che deve essere condivisa e attivamente accolta da tutti i membri della comunità. La giornata, la settimana, il periodo liturgico, l'intero anno, saranno regolati da un preciso programma e scanditi da orari di preghiera, studio, incontri, esperienze pastorali. Dovrà esserci piena coerenza tra le linee generali che concretizzano le dimensioni della formazione e le scelte operative, perché i mezzi non smentiscano i fini prefissati. 8. La formazione permanente 125. La necessità della formazione permanente I presbiteri appena ordinati hanno ancora bisogno di essere aiutati e accompagnati per consolidare la formazione raggiunta e avviare l'inserimento nel vivo del ministero. Il curricolo del seminario, infatti, non va inteso come un percorso compiuto, ma come una preparazione a un ministero sempre aperto al rinnovamento, alla conversione, all'attenzione avveduta ai mutamenti culturali e sociali. Dal Concilio Vaticano II in poi, sono chiare e numerose le indicazioni magisteriali circa la formazione permanente dei presbiteri. In particolare, l'esortazione apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis vi dedica il sesto capitolo, illustrandone le ragioni teologiche, le diverse dimensioni, il significato, i responsabili, i momenti, le forme e i mezzi. Ulteriori indicazioni, particolarmente attente al contesto italiano, sono contenute nella lettera della Commissione Episcopale per il clero, La formazione permanente dei presbiteri nelle nostre Chiese particolari, che, dopo aver recensito le esperienze formative in atto, le esigenze e le attese, ne illustra i contesti vitali e ne propone un progetto organico. Si rimanda a questi documenti per una considerazione ampia e articolata del tema; qui richiamiamo alcune sottolineature essenziali, soprattutto sul piano operativo. La Pastores dabo vobis afferma che « per accompagnare i sacerdoti giovani in questa prima delicata fase della loro vita e del loro ministero, è quanto mai opportuno se non addirittura necessario, oggi, creare un'apposita struttura di sostegno, con guide e maestri appropriati, nella quale essi possano trovare, in modo organico e continuativo, gli aiuti necessari a iniziare bene il loro servizio sacerdotale. In occasione di incontri periodici, sufficientemente lunghi e frequenti, possibilmente condotti in un ambiente comunitario, in modo residenziale, saranno garantiti momenti preziosi di riposo, di preghiera, di riflessione e di scambio fraterno. Sarà così per loro più facile dare fin dall'inizio un'impostazione evangelicamente equilibrata alla loro vita presbiterale ». Gli obiettivi principali della formazione permanente dei presbiteri sono: – accompagnare la maturazione della personalità, in un contesto di generale prolungamento dell'adolescenza, con la tendenza a ritardare l'assunzione di responsabilità; – educare a fare sempre più propria, concretamente ed esistenzialmente, la chiamata a essere pastore di una comunità, mettendo al suo servizio le attitudini e le ricchezze personali; – aiutare l'inserimento in una pastorale complessa ed esigente, trovando anche il modo di gestire in modo responsabile il proprio tempo ( orario e regola di vita ); – crescere nella comunione e nella corresponsabilità con i presbiteri e i laici. Per realizzare questi obiettivi, è necessario che ogni diocesi assicuri l'accompagnamento personale e in gruppo dei giovani presbiteri e garantisca tempi e sussidi adatti perché ciascuno di loro sviluppi al meglio le sue risorse e attitudini. Capitolo IV - Il Regolamento degli studi teologici « Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi » ( 1 Pt 3,15 ) 126. L'esortazione di Pietro a confessare coraggiosamente la fede « Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi » ( 1 Pt 3,15 ) L'esortazione di Pietro costituisce un appello ai credenti affinché si sforzino di corrispondere con tutta la loro vita all'esigenza di testimonianza che proviene dall'incontro con il Risorto. Il verbo 'rispondere', infatti, condensa in sé i diversi mezzi possibili per rendere conto "con dolcezza e rispetto" ( 1 Pt 3,16 ) delle ragioni che appartengono alla struttura della fede e che alimentano la speranza del discepolo. « Se già ogni cristiano ( … ) deve essere pronto a difendere la fede e a rendere ragione della speranza che vive in noi ( cfr 1 Pt 3,15 ), molto di più i candidati al sacerdozio e i presbiteri devono avere diligente cura del valore della formazione intellettuale nell'educazione e nell'attività pastorale, dal momento che per la salvezza dei fratelli e delle sorelle devono cercare una più profonda conoscenza dei misteri divini ». 1. La funzione ecclesiale dei docenti 127. La trasmissione del sapere Un'organica proposta di conoscenza e approfondimento intellettuale della fede è parte integrante dell'itinerario formativo. Come ogni acquisizione di conoscenze, essa scaturisce da un rapporto vivo tra maestro e discepolo. La trasmissione del sapere, infatti, non è un semplice travaso di nozioni, ma avviene all'interno di una relazione educativa, nella quale una persona esperta suscita l'interesse e cura la formazione del soggetto che deve apprendere. L'elemento oggettivo del contenuto è sempre intrecciato con l'elemento soggettivo della relazione tra docente e alunno. 128. La trasmissione del sapere teologico Questo vale in generale per la trasmissione di ogni sapere, ma si applica ancor più al sapere teologico. La teologia, come "scienza della fede", non si lascia infatti separare dall'adesione credente al Vangelo nella Chiesa. Possono esistere momenti di ricerca scientifica che non esigono la fede e che, ciononostante, sono preparatori alla teologia ( indagini filologiche, storiche, filosofiche ); ma il vero e proprio 'fare teologia', interrogando i dati rivelati sulla base delle problematiche degli uomini, implica quell'intuitus fidei che solo chi aderisce vitalmente al Vangelo possiede. Un docente di teologia è essenzialmente un cristiano che indaga in maniera metodica, con la ragione illuminata dalla fede, la rivelazione divina e ne trae criteri e contenuti per rispondere alle istanze dei suoi contemporanei. 129. La pratica della fede e l'appartenenza ecclesiale, condizioni fondamentali per la docenza teologica Un docente di teologia è dunque per definizione un cristiano appassionato della Parola di Dio, dedito allo studio e alla comunicazione della fede. Senza coinvolgimento personale, la docenza teologica si ridurrebbe a fredda ripetizione di nozioni o ad accademica trasmissione di dati; senza lo studio e la ricerca personale, si esaurirebbe in una generica perorazione. Coniugare capacità di studio e pratica della fede, ricerca scientifica e vita ecclesiale, rappresenta la condizione fondamentale e imprescindibile di una feconda docenza teologica. Per questa ragione, l'insegnamento diverrà tanto più incisivo e fruttuoso quanto più il docente sarà testimone di fede, di spiritualità e di dedizione nella carità. 130. La dimensione ecclesiale Sotto il profilo dell'appartenenza ecclesiale, il docente di teologia è chiamato a vivere e a esprimere la fede della Chiesa cui appartiene con l'adesione al magistero dei Pastori, aiutando la comunità cristiana non solo a prendere coscienza e a riflettere sull'esperienza di fede, ma anche a rielaborarla e a comunicarla utilizzando le categorie contemporanee. D'altro canto, la comunità cristiana deve aiutare il docente di teologia a sviluppare una costante attenzione ai problemi pastorali, nel dialogo e nell'apprezzamento reciproco. 2. L'organizzazione degli studi 131. L'opportunità dell'affiliazione a una facoltà teologica Le indicazioni qui contenute sono specificamente destinate agli studi teologici dei seminari italiani, a prescindere dal fatto che siano affiliati a una Facoltà teologica. Tuttavia, la serietà della formazione intellettuale dei seminaristi è maggiormente garantita dal legame istituzionale con una Facoltà teologica. Tale connessione, infatti, giova a promuovere la ricerca scientifica dei docenti e una più qualificata formazione degli studenti, come pure a sviluppare l'interdisciplinarità. 132. Il regolamento La struttura e il funzionamento dello studio teologico devono essere normati da un regolamento, approvato dal Vescovo o, nel caso di seminari interdiocesani o regionali, dai Vescovi interessati, nel quale devono essere precisate le norme riguardanti la direzione, i docenti, gli alunni, i programmi delle discipline per ogni anno, le ore di insegnamento per le singole discipline, gli esami e la biblioteca. 133. La necessità di un gruppo di docenti stabili Per favorire la qualità della formazione teologica, è importante che nelle istituzioni deputate all'insegnamento della sacra dottrina vi sia un gruppo di docenti stabili. È auspicabile che siano previsti momenti di vita comune tra i docenti, con occasioni di incontro, dialogo e preghiera. La testimonianza cristiana, infatti, per sua stessa natura, non si dà come atto isolato e solitario e non può prescindere da dinamiche comunitarie. 134. La collaborazione di altri docenti Insieme alla comunità dei docenti stabili altri docenti sono coinvolti in misura meno impegnativa. Pur non dedicandosi a tempo pieno all'attività didattica, anch'essi dovranno coniugare ricerca scientifica e pratica ecclesiale della fede. È bene che tra loro vi siano laici, uomini e donne, di provata competenza e fedeltà alla Chiesa. 135. Il prefetto degli studi Il collegio dei docenti è presieduto da un responsabile, detto prefetto degli studi o direttore dello studio teologico, nominato tra i docenti stabili, a norma del regolamento, dal Vescovo o dai Vescovi interessati. A lui compete curare la preparazione dei programmi, il calendario delle lezioni, i criteri di valutazione del profitto degli alunni, l'unità dell'insegnamento, coordinando le singole discipline e quanto si riferisce alla didattica. 136. Il titolo di studio per l'ammissione Prima di accedere ai corsi teologici, gli alunni devono avere concluso i normali studi secondari, conseguendo possibilmente il diploma di Stato. Gli alunni che non provengono da scuole di indirizzo umanistico devono frequentare, durante l'anno propedeutico, corsi integrativi di introduzione alla lingua latina cristiana, alla lingua greca del Nuovo Testamento e di storia della filosofia. 137. La durata e l'articolazione degli studi Il primo biennio di formazione filosofico-teologica deve caratterizzarsi come fondamento e introduzione attraverso lo studio della filosofia e delle scienze umane, l'introduzione al mistero di Cristo, alla Sacra Scrittura, alla tradizione patristica e alla liturgia, e l'accostamento alla teologia fondamentale. Il triennio successivo è finalizzato a dare sistematicità alla formazione teologica, approfondendo lo studio della Sacra Scrittura, della teologia dogmatica e morale, della liturgia, della teologia spirituale, della storia della Chiesa e del diritto canonico. Tale obiettivo prioritario deve conciliarsi con l'esigenza di rendere significativa e comunicabile la fede nel mondo d'oggi: pertanto, si dovrà dare adeguato spazio alla teologia pastorale e a questioni filosofiche connesse con l'approfondimento della teologia. Nel sesto anno si sviluppino temi più immediatamente pastorali, legati al ministero dei futuri presbiteri, con particolare attenzione alla catechetica, all'omiletica, alla musica sacra, alla direzione spirituale e alle comunicazioni sociali. I corsi del sesto anno devono prevedere non meno di dodici ore di lezione settimanali, distribuite in almeno quattro giorni. Qualora il piano degli studi preveda il conseguimento del baccellierato solo al termine del sessennio, i corsi più immediatamente pastorali dovranno essere distribuiti preferibilmente nell'arco degli ultimi anni. È opportuno evitare la frammentazione delle discipline e degli insegnamenti, perché è dispersiva dal punto di vista didattico e rende difficile conseguire una visione sintetica del sapere teologico. In ordine alle modalità di esame e di valutazione, ci si attenga alla prassi normalmente in uso nelle facoltà teologiche. 138. La frequenza obbligatoria La struttura della rivelazione ne richiede l'approfondimento all'interno di una rete di relazioni dirette. Per questo la Chiesa continua a favorire la trasmissione metodica delle discipline teologiche attraverso la mediazione di un docente, all'interno di lezioni de visu, esigendo la frequenza obbligatoria per l'ammissione agli esami. 139. La metodologia interattiva Per rendere davvero efficace la docenza teologica è necessario che le lezioni si avvalgano anche di metodologie interattive, seminari e laboratori. È perciò fondamentale curare l'aggiornamento dei docenti anche in ordine alla metodologia, per evitare che i contenuti siano recepiti in maniera inadeguata per carenze nel modo di trasmetterli. 140. La biblioteca I seminari siano attrezzati di una biblioteca aggiornata e dotata della necessaria strumentazione informatica, così da rispondere alle esigenze dei docenti e degli studenti. Si abbia cura in particolare di facilitarne l'accesso e la consultazione, in modo da incrementare in tutti la passione per la ricerca e l'accostamento diretto dei testi. 3. Il rapporto tra gli studi teologici e la formazione globale 141. Integrazione tra studi teologici e formazione globale Una delle sfide più evidenti nella formazione teologica dei seminaristi è la buona articolazione del rapporto tra studio teologico e formazione globale. Le due dimensioni non possono entrare in concorrenza e tanto meno elidersi a vicenda. Appartiene infatti alla natura del ministero presbiterale la passione per l'approfondimento e la trasmissione della Parola di Dio. L'accostamento sistematico alla teologia non può essere inteso come un'appendice della formazione del seminario, ma ne costituisce una componente imprescindibile: la disponibilità e l'attitudine allo studio teologico entrano pertanto nel novero dei segni indicatori della vocazione al presbiterato. D'altra parte, la teologia trova il suo humus nella preghiera e nelle relazioni fraterne: il suo studio è parte integrante del più ampio intreccio formativo, del quale il seminario si prende cura nella sua globalità. 142. Collaborazione tra seminari e istituzioni preposte alla formazione teologica Al candidato al sacerdozio ministeriale, come al futuro presbitero, è chiesto un interesse vero per lo studio della Parola di Dio e della teologia, che si esprime concretamente nell'individuazione di tempi per lo studio personale, nell'attenzione a iniziative accademiche o culturali anche extrascolastiche e nella ricerca di un confronto dialogico con i docenti. A loro volta le Facoltà teologiche, laddove formino anche candidati al ministero presbiterale, avranno cura di tener conto nella programmazione del calendario didattico delle attività di formazione proposte dai seminari, rispettandone il più possibile la scansione temporale. Per favorire una buona osmosi tra istituzioni preposte alla formazione teologica e seminari e per superare eventuali problemi è indispensabile che vi siano occasioni di incontro tra i responsabili di entrambe le istituzioni. È anche opportuno che, almeno una volta all'anno, i docenti e i formatori dei seminari si incontrino, possibilmente anche alla presenza dei Vescovi i cui seminaristi afferiscono alle istituzioni interessate, per affrontare le problematiche relative al rapporto tra formazione teologica e seminaristica. 143. La responsabilità del rettore del seminario Il rettore del seminario, nel rispetto delle competenze del prefetto degli studi e dei docenti disciplinate dal regolamento, in quanto responsabile ultimo della vita del seminario sovrintende anche alla formazione scolastica degli alunni. A lui compete promuovere opportune iniziative per favorire l'inserimento dei docenti nella comunità educativa e nella vita del seminario e lo stretto rapporto fra l'attività didattica e le altre espressioni della formazione. A tal fine, è conveniente che siano programmati incontri periodici fra il rettore e il collegio dei docenti. 144. La formazione teologica permanente Una volta assunto nel ministero, il presbitero non potrà accontentarsi di riandare a quanto studiato al tempo del seminario, ma dovrà essere in grado di leggere e interpretare la mutevole situazione culturale, per declinare i contenuti perenni della fede nei più diversi contesti pastorali. È opportuno prevedere, almeno nel primo quinquennio di ministero, un programma di progressivo inserimento e di accompagnamento pastorale concordato tra il Vescovo e i responsabili della pastorale diocesana, gli educatori e i docenti. In tale programma non dovrebbero mancare puntuali verifiche della preparazione teologica, in particolare in occasione del conferimento di uffici di responsabilità diretta all'interno della comunità ecclesiale. Organigramma degli studi Presentazione delle discipline I - Discipline propedeutiche e introduttive 1. Corso introduttivo al mistero di Cristo Obiettivi A questo corso è affidato il compito di mostrare come gli studi teologici e le altre dimensioni della formazione dei futuri presbiteri convergano sul mistero di Cristo, « il quale compenetra tutta la storia del genere umano, agisce continuamente nella Chiesa e opera principalmente attraverso il ministero sacerdotale » ( OT, 14 ). Un'iniziale riflessione sulla testimonianza biblica, sulla tradizione ecclesiale e sul contesto culturale e religioso farà emergere l'intrinseca unità dei diversi aspetti della vita cristiana, della riflessione teologica, del ministero pastorale. Gli alunni saranno aiutati a prendere coscienza del carattere insieme complesso e ordinato della realtà. Da qui la necessaria "interdisciplinarità" del corso e la possibilità di diverse impostazioni. Il corso introduce anche alla conoscenza dei contenuti fondamentali della fede cristiana così come vengono espressi nei catechismi ( cfr Catechismo della Chiesa Cattolica e Catechismo CEI degli adulti La verità vi farà liberi ). Contenuti – Le istanze che motivano oggi una riflessione sul 'centro' dell'annuncio cristiano: il pluralismo religioso, la complessità culturale, le sollecitazioni pastorali. – La domanda sull'uomo e il suo costitutivo orientamento all'incontro con Dio in Cristo; presupposti razionali ed esistenziali della fede. – L'incontro pasquale con Gesù, da parte dei primi testimoni e dei credenti di oggi, e la comprensione della realtà ( del mondo, dell'uomo, della storia, di Dio ) provocata da tale incontro. – I diversi modi in cui si esprime la risposta positiva, ecclesiale e personale, all'iniziativa divina: la fede, la preghiera, la celebrazione liturgica, la prassi. – L'azione universale dello Spirito Santo, con attenzione ai rapporti fede-cultura e cristianesimo-religioni. – La testimonianza cristiana nelle sue diverse forme e, in particolare, la testimonianza resa dalla teologia. L'unità della teologia, la pluralità delle sue discipline, i passaggi fondamentali della sua storia. Didattica Il corso coniugherà dimensione critica e sapienziale. Gli alunni saranno messi a contatto con alcuni testi-chiave della Sacra Scrittura e della tradizione ecclesiale ( in particolare, i Simboli della Chiesa antica e i documenti del Concilio Vaticano II ) e, alla luce di queste testimonianze, saranno aiutati a leggere in prospettiva teologica i diversi aspetti della loro esistenza e del proprio contesto culturale. 2. Storia della filosofia Obiettivi Il corso ha lo scopo di offrire agli studenti una conoscenza essenziale, ma rigorosa, dei passaggi principali e delle figure più rilevanti dello sviluppo del pensiero filosofico, soprattutto in quegli aspetti che coinvolgono maggiormente la riflessione teologica. Contenuti Il corso presenterà i contenuti della riflessione filosofica, distinguendo opportunamente le acquisizioni del periodo antico, medievale e moderno. Nell'esposizione si darà particolare rilievo ai seguenti nodi: – la questione del 'fondamento' e del 'divino' nella filosofia greca; – il rapporto filosofia-fede e la questione dell''essere' nell'ambito del pensiero cristiano antico e medievale; – l'affermazione della soggettività, il problema della conoscenza e la separazione tra la fede e la ragione come tratti caratterizzanti la filosofia moderna. Didattica Pur nel carattere sintetico del corso, che privilegerà la metodologia della lezione frontale, si darà spazio all'accostamento diretto a qualche testo di autori particolarmente significativi. 3. Lingue antiche Obiettivi Gli obiettivi comuni dei corsi di lingue antiche sono: – la padronanza della morfologia; – la conoscenza degli elementi più importanti della sintassi; – l'acquisizione di un vocabolario fondamentale. Contenuti A) Lingua ebraica Il corso si propone di porre gli alunni nella condizione di accostarsi ai testi originali, o almeno di apprezzare le principali terminologie e di valutare le scelte esegetiche. È auspicabile l'attivazione di un ulteriore Lettorato di lingua ebraica, per consentire la lettura e l'analisi grammaticale di alcuni passi dell'Antico Testamento. B) Lingua greca del Nuovo Testamento Chi non possiede il diploma di maturità classica è tenuto a frequentare il corso di Introduzione alla lingua greca del Nuovo Testamento. Esso permette l'acquisizione delle nozioni fondamentali propedeutiche alla lettura dei Vangeli in lingua originale. Il corso di Lingua greca del Nuovo Testamento intende offrire la strumentazione necessaria per accostarsi ai testi originali e valutare le scelte esegetiche. È auspicabile l'attivazione di un ulteriore Lettorato di lingua greca del Nuovo Testamento, per consentire la lettura e l'analisi morfo-sintattica di passi scelti, avviando così alla pratica filologica. C) Lingua latina cristiana Chi non ha svolto studi di tipo umanistico è tenuto a frequentare il corso di Introduzione alla lingua latina cristiana. Esso intende offrire gli elementi fondamentali per la comprensione del latino cristiano, indispensabile per l'accostamento ai testi teologici. Didattica L'introduzione alle lingue antiche avvenga a partire da testi scelti secondo un progressivo grado di difficoltà. Questi corsi devono essere assolti nell'anno propedeutico o nel biennio. 4. Lingue moderne Per chi accede agli studi teologici è indispensabile la conoscenza delle lingue moderne, al fine di poter accostare la pubblicistica scientifica recente. Si richiede pertanto la conoscenza, attestata anche dalla frequenza di un corso di studi secondari superiori o di un corso di lingue riconosciuto, di almeno una lingua straniera, liberamente scelta tra francese, inglese, tedesco o spagnolo. 5. Metodologia del lavoro teologico Obiettivi Il corso di metodologia del lavoro teologico offrirà all'alunno le indicazioni necessarie per affrontare consapevolmente i vari momenti dello studio e per utilizzare i principali strumenti relativi alle diverse discipline. Contenuti – I momenti dello studio teologico: lezioni, seminari, laboratori, lettura e studio personale. – Gli strumenti per lo studio e la ricerca: repertori bibliografici, dizionari ed enciclopedie. – Collezioni e pubblicazioni periodiche di riferimento. – Risorse digitali ( locali e on-line ); l'uso di internet per lo studio e la ricerca teologica. – Norme per la stesura di un elaborato. Didattica Alle lezioni di carattere teorico si accompagneranno brevi esercitazioni: visita guidata alla biblioteca, redazione della sintesi di un testo ( libro o articolo scientifico ), saggio bibliografico, valutazione di alcuni siti internet di carattere religioso e/o teologico, ecc. II - Discipline fondamentali 1. Filosofia Obiettivi Nessun uomo può eludere la questione su se stesso, sul mondo, sull'Assoluto, sulla sua attitudine a conoscere la verità, cioè sul senso dell'esistenza. Dal momento che la ragione appartiene intrinsecamente all'uomo, la filosofia rappresenta anche un terreno di incontro, di confronto e di dialogo tra credenti e non credenti. La rivelazione non sopprime, ma rinnova le domande comuni a tutti e le risposte abbozzate nella storia. Perciò, lo studio della teologia non rende inutile quello della filosofia, anzi lo presuppone per meglio servire l'intelligenza della fede che essa vuole suscitare. La fede infatti non dispensa dallo sforzo di pensare criticamente i suoi contenuti e di confrontarsi con il pensiero filosofico. Lo studio della filosofia contribuisce a risvegliare l'intelligenza alla ricerca del senso, a un'autentica libertà di pensiero e a una sana critica. All'interno di un universo culturale frammentato e tentato dal soggettivismo, ha il compito di mantenere l'intelligenza personale in costante tensione verso la totalità del reale. Si apprenderà così a essere se stessi nel dialogo con tutti. La filosofia, inoltre, deve aiutare il seminarista ad acquisire e sviluppare una coscienza riflessa del rapporto costitutivo che esiste tra lo spirito umano e la verità e a cogliere il nesso presente tra la verità cercata dalla filosofia con il suo proprio metodo e quella Verità che si rivela a noi pienamente nella persona di Gesù Cristo. Ci si sforzerà così di suscitare negli alunni « il desiderio di cercare rigorosamente la verità, di penetrarla, di dimostrarla, insieme all'onesto riconoscimento dei limiti dell'umana conoscenza » ( OT, 15 ). L'insegnamento della filosofia terrà conto in modo particolare del patrimonio filosofico della tradizione cristiana, senza tuttavia trascurare i contributi delle ricerche filosofiche contemporanee, specialmente di quelle che esercitano maggiore influsso nel nostro Paese ( cfr OT, 15 ). In questo percorso prevalentemente sistematico si darà spazio anche alla storia della filosofia, presentando i contributi dei grandi pensatori. In particolare, verrà riservata attenzione specifica al confronto con le principali correnti della filosofia contemporanea, soprattutto quelle che maggiormente interpellano la riflessione teologica. Contenuti A) Storia della filosofia contemporanea – All'origine della post-modernità: Nietzsche e il nichilismo. – La fenomenologia come "ritorno alle cose stesse": Husserl e Scheler. – Oltrepassamento della metafisica e differenza ontologica in Heidegger. – Esistenza e trascendenza nell'esistenzialismo. – La filosofia di Wittgenstein tra logica e mistica. – La filosofia come analisi del linguaggio: neopositivismo e filosofia analitica anglosassone. – Popper e l'epistemologia post-popperiana. – Le varie forme di neo-marxismo: la critica alla razionalità strumentale. – Problemi filosofici posti dallo sviluppo delle scienze umane ( psicologia, psicanalisi, sociologia ). – Pensatori cristiani contemporanei: Blondel, Mounier, Maritain. – Gli sviluppi attuali dell'ermeneutica: Gadamer e Ricoeur. – Il pensiero neo-ebraico: Buber e Levinas. – Cenni sulla filosofia italiana contemporanea. B) Filosofia della conoscenza ed epistemologia – Profilo storico del problema. – Conoscenza e linguaggio. – Analisi fenomenologica dell'atto e del processo conoscitivo: il soggetto conoscente, l'intenzionalità, la percezione, la conoscenza intellettiva. – La differenza epistemologica ( soggetto-oggetto ) e il suo rapporto con la differenza ontologica. – La questione critica ed ermeneutica. – La verità. – Esame critico delle principali concezioni riduttivistiche del problema epistemologico ( empirismo, pragmatismo, relativismo ) e dei criteri inadeguati e parziali della verità. – Lo statuto delle differenti scienze: la verità delle scienze formali o astratte, delle scienze della natura, delle scienze umane. C) Filosofia dell'essere e teologia filosofica – Profilo storico della questione. – La questione dell'essere oggi tra metafisica e anti-metafisica. – Dall'esperienza dell'essere alla nozione riflessa di essere. – La struttura ontologica degli enti. – I caratteri trascendentali dell'essere. – La trascendenza del Principio e la differenza ontologica. – Possibilità della riproposizione del problema del fondamento nel contesto della cultura filosofica contemporanea. – Il mistero di Dio come problema filosofico. – Il linguaggio religioso e teologico: questione semantica ed ermeneutica. – Itinerario argomentativo al riconoscimento di Dio. – Le prove classiche dell'esistenza di Dio: valutazione teoretica. – Conoscibilità e ineffabilità di Dio. D) Filosofia della religione – La situazione della religione oggi. – Profilo storico del rapporto filosofia-religione nell'ambito della cultura occidentale: il problema della razionalizzazione della religione e dell'ateismo. – La religiosità come dimensione antropologica originaria e come condizione di possibilità della religione. – Le religioni tra relativismo e fondamentalismo. - La questione della verità della religione. – Riflessioni sulle condizioni del dialogo interreligioso. – Elementi qualificanti il fenomeno religioso: il sacro, il mito, il simbolo, il rito. E) Antropologia filosofica ed etica – Profilo storico del problema. – La questione della "natura" dell'uomo: l'uomo come persona. – La spiritualità dell'uomo e il senso del corpo. – L'uomo come responsabile di sé; la libertà umana: senso, valore e limiti. – L'uomo come essere in relazione: il rapporto interpersonale, la sessualità, la socialità, il linguaggio e la comunicazione. – Il rapporto dell'uomo con il mondo: ambiente e lavoro. – L'uomo e il tempo: storicità e finitezza, il male, il fallimento e la morte. La questione dell'immortalità. – L'uomo come essere morale: il bene e il male, i valori, la coscienza e la legge, la felicità e il dovere, le virtù, ragione e sentimento nell'esperienza morale. – L'apertura dell'uomo alla trascendenza e all'assoluto: la questione del senso fondamentale dell'esistenza. Didattica L'insegnamento della filosofia cercherà di conciliare le seguenti esigenze: il rispetto dell'autonomia del metodo filosofico; la necessità di avviare all'analisi teoretica; la preoccupazione di sottolineare i rapporti con le altre discipline, in particolare con quelle teologiche; l'iniziazione alla lettura dei testi dei grandi autori; l'attenzione critica all'analisi delle articolazioni del pensiero di un autore e dei suoi presupposti. 2. Scienze umane Obiettivi È necessario che negli anni della formazione i seminaristi acquisiscano la capacità di conoscere in profondità l'animo umano, intuirne difficoltà e problemi, facilitare l'incontro e il dialogo, ottenere fiducia e collaborazione, esprimere giudizi sereni e oggettivi. Inoltre, essi devono poter disporre degli strumenti essenziali per una valutazione delle dinamiche e delle strutture sociali. A tal fine, di non poca utilità sono le cosiddette scienze dell'uomo, come la psicologia e la sociologia. Esse possono aiutare il futuro presbitero a prolungare la contemporaneità vissuta da Cristo: egli « si è fatto contemporaneo ad alcuni uomini e ha parlato nel loro linguaggio. La fedeltà a lui chiede che questa contemporaneità continui » ( Pastores dabo vobis, 52 ). Contenuti A) Psicologia – Elementi di psicologia generale: conoscenza del processo di maturazione e di decisione della persona, dei livelli di funzionamento psichico, dell'incisività delle scelte umane, della dimensione conscia e inconscia della persona, cioè delle strategie dell'inconscio, dei criteri di una gestione positiva della crescita. – Psicologia della personalità e della vocazione: gli stadi della crescita della persona; lo sviluppo della coscienza morale e dell'opzione vocazionale. – Psicologia della religione: conoscenza delle dinamiche psichiche sottostanti il credere, ad esempio la genesi e la crescita della religione nella persona, la dinamica dell'atto e dell'atteggiamento di fede, l'articolazione del senso di colpa e del senso del peccato, l'interferenza delle inconsistenze personali, talora delle patologie, nell'atto umano e sulle scelte vocazionali e matrimoniali. – Psicologia applicata alla pastorale: educare al counseling pastorale con conoscenza diretta e abilitazione personale alla guida pastorale e spirituale, personale e di gruppo. B) Sociologia – Elementi di sociologia generale: conoscenza dei processi relativi all'azione sociale, dei diversi modelli teorico-interpretativi della realtà sociale, dei livelli di condizionamento sociale, dei mass media. – Sociologia della religione: la dimensione religiosa nell'esperienza sociale e nelle teorie sociali, i diversi livelli e le diverse forme della religiosità, il rapporto tra società e religione, l'incidenza della religione nella cultura. – Sociologia applicata alla pastorale: elementi di base per l'utilizzazione degli strumenti sociologici - indagini, inchieste, analisi della realtà religiosa, elementi di programmazione - utili all'attività pastorale. Didattica L'insegnamento dovrà mirare a: proporre una visione obiettiva e globale delle scienze umane; evidenziare alcune tematiche particolarmente significative, sia in ordine al cammino di formazione personale sia in vista di un contributo specifico al ministero presbiterale; aiutare lo studente ad acquisire una metodologia di studio e ricerca personale, anche nella prospettiva della formazione permanente. 3. Sacra Scrittura Obiettivi La Sacra Scrittura, in quanto « anima della teologia, della predicazione e della catechesi » ( DV, 24 ), richiede che i seminaristi, continuamente nutriti con la parola di Dio ( cfr DV, 23 ), raggiungano una intelligenza sempre più profonda dei testi sacri. L'insegnamento della Sacra Scrittura deve dunque permettere loro una quotidiana dimestichezza ( cfr DV, 25 ) con la Bibbia tutta intera, Antico e Nuovo Testamento. Si dovrà avere cura che i seminaristi imparino a gustarla e a cogliere il legame tra lo studio della Scrittura e la teologia sistematica, la pastorale e la spiritualità, in modo che l'approccio scientifico al testo si leghi con quello teologico e spirituale, compresa la lectio divina. È di fondamentale importanza avviare lo studente al contatto diretto con il testo sacro, secondo diversi livelli di approfondimento: lettura, esegesi, teologia. Dovranno offrirsi in proposito i criteri ermeneutici letterari, filosofici ed ecclesiali con cui accostare il testo biblico. Si avrà cura di fornire gli strumenti essenziali per la lettura anche materiale di tutta la Bibbia, in modo da disporre delle coordinate principali dei singoli libri o insiemi. Si abbia cura di presentare l'unità e i rapporti tra i due Testamenti, come pure la varietà e la ricchezza delle tradizioni e delle correnti spirituali dell'Antico e del Nuovo Testamento. L'esegesi tenderà a fornire saggi di accostamento orientati a infondere un metodo di studio che permetta, anche dopo la conclusione degli studi, l'approccio diretto ai testi scritturistici e ai principali strumenti. La scelta mirata di brani esegetici aiuterà a illustrare le caratteristiche proprie, il linguaggio e il pensiero dei singoli libri. Si potranno anche fornire saggi o esemplificazioni dei diversi metodi esegetici, per mostrare gli apporti forniti dalle differenti scuole. Per aiutare a cogliere la Bibbia nel suo insieme, è opportuno affrontare alcuni temi di teologia biblica, così da fornire percorsi tematici trasversali. Contenuti A) Introduzione alla Sacra Scrittura Il corso illustrerà la Bibbia nella sua realtà teologica e storica ( con particolare riferimento alla Dei Verbum; al documento della Pontificia Commissione Biblica, L'interpretazione della Bibbia nella Chiesa; alla nota pastorale della Conferenza Episcopale Italiana, La Bibbia nella vita della Chiesa ), seguendo i temi classici: la Bibbia come Parola di Dio, ispirazione e verità, unità dei due Testamenti, Sacra Scrittura e Chiesa ( formazione del canone, Tradizione, Magistero; ambiti, prospettive e ministeri in riferimento alla Scrittura ), esegesi ed ermeneutica, il testo e la sua trasmissione. Nell'introduzione dovrebbe confluire anche la storia di Israele, dalle origini al 135 d.C., insieme alla geografia biblica e a qualche elemento di archeologia. Saranno inoltre presentati i principali strumenti di studio: commentari, concordanze, dizionari, sinossi, bibliografie, ecc. B) Letture ed esegesi dell'Antico Testamento Torah – Presentazione del Pentateuco nel suo insieme e nelle singole sezioni, con attenzione anzitutto alla composizione attuale, quindi al processo di formazione e ai contenuti teologici, fornendo esempi di esegesi dei passi e ambiti fondamentali: Gen 1-11; i Patriarchi; l'Esodo; la liturgia e le leggi del Levitico; la teologia del Deuteronomio. Profeti – Introduzione generale alla profezia e al suo sviluppo storico. – Lettura e introduzione ai Profeti anteriori, offrendo una presentazione di elementi essenziali della storia deuteronomista, mediante la lettura di qualche passo di Giosuè, Giudici, 1-2 Samuele e 1-2 Re, con particolare attenzione alla concezione profetica della storia, ad alcune figure profetiche e al sorgere del messianismo regale. In parallelo si potrà offrire un confronto con la storia sacerdotale di 1-2 Cronache, Esdra e Neemia, con accenni alla storiografia dei Maccabei. – Lettura, introduzione, teologia dei Profeti scrittori con esegesi di testi illustrativi delle caratteristiche dei singoli libri: – I Profeti preesilici: in particolare Amos, Osea, Isaia, Michea; – I Profeti esilici: Geremia ed Ezechiele; – I Profeti postesilici: Aggeo, Zaccaria 1-8, Malachia, Giona. – Apocalittica in confronto con la profezia: Zaccaria 9-14, Gioele e Daniele con accenni ad altri testi apocalittici o escatologici. – Sviluppo di qualche tematica tipica del profetismo, come il messianismo, l'alleanza e la nuova alleanza, con saggi di esegesi di testi scelti. Sapienza, Salmi e altri Scritti – Introduzione alla sapienza. – I libri sapienziali e la loro teologia, nel contesto culturale ed esistenziale: Proverbi, Giobbe, Qohelet, Siracide e Sapienza. – Esempi di esegesi e tematiche teologiche tipiche, come la sapienza personificata, la rivelazione dalla creazione, il rapporto fra timor di Dio e sapienza, il problema della sofferenza e della morte. – Salmi: dal loro uso nella Chiesa ai vari metodi di approccio, con esegesi di salmi scelti; teologia del Salterio nella sua attuale struttura. – Breve introduzione a Rut, Tobia, Giuditta, Ester, Cantico dei Cantici. C) Lettura ed esegesi del NuovoTestamento Vangeli sinottici e Atti degli Apostoli – Questioni introduttive fondamentali: il genere letterario "Vangelo"; la Chiesa delle origini e la formazione degli scritti evangelici; storia dello studio critico dei Vangeli; la questione del Gesù storico. – Introduzione a Matteo, Marco, Luca-Atti: coordinate storiche e struttura letteraria. – Saggi di esegesi, tesi a mettere in risalto la peculiarità letteraria e teologica di ciascuno degli scritti. – Esame di alcuni temi teologici trasversali: il discepolato, il Regno di Dio, la redenzione-salvezza. Letteratura paolina e altre lettere – Questioni introduttive fondamentali: il genere letterario epistolare, pluralità e unità nelle prime comunità cristiane. – Introduzione ai singoli scritti: coordinate storiche e struttura letteraria. – Saggi di esegesi, tesi a mettere in risalto le peculiarità letterarie e teologiche degli scritti. – Studio di alcuni temi teologici trasversali: la giustificazione, carismi e ministeri nella comunità, la figura dell'apostolo, l'escatologia. Letteratura giovannea – Questioni introduttive fondamentali: l'originalità di Giovanni nel canone neotestamentario, il rapporto con i Sinottici, le coordinate storiche e la struttura letteraria. – Saggi di esegesi, tesi a mettere in risalto le peculiarità letterarie e teologiche. – Studio di alcuni temi teologici: i segni, la cristologia. D) Teologia biblica Fra le tematiche che attraversano tutta la Bibbia, si suggerisce di approfondire la teologia dell'alleanza e dell'esodo, la Parola di Dio, il messianismo, il Regno di Dio. Didattica La prima iniziazione dovrà avvenire a partire dalla lettura del testo, insegnando a utilizzare correttamente le edizioni della Bibbia disponibili e, nel limite del possibile, tenendo presente anche il testo originale. Si deve privilegiare l'unitarietà degli approcci ( introduzione, lettura, esegesi, teologia ), valorizzando il carattere narrativo, poetico e simbolico dei testi. L'esegesi di passi scelti è finalizzata a esemplificare le caratteristiche dei singoli libri o insiemi. I seminari di studio costituiscono ottime occasioni per verificare la capacità di affrontare criticamente un testo, per farne emergere il senso letterale e coglierne la coerenza nel contesto e nell'attuale composizione letteraria; si dovranno inoltre ricercare, per quanto possibile, le tappe della sua formazione. Gli studenti potranno anche approfondire tematiche bibliche o esercitarsi nei diversi metodi di analisi esegetica. 4. Patrologia e patristica Obiettivi Per mezzo della patrologia/patristica gli alunni saranno orientati a una matura e familiare conoscenza dei Padri, testimoni privilegiati e insieme protagonisti, maestri ed esponenti della Tradizione viva della Chiesa. Lo studio dei Padri non deve essere identificato con la storia della Chiesa né con quella del dogma né con la letteratura cristiana antica. Si eviti di considerare il programma patristico come un complemento a carattere storico delle discipline dogmatiche. A un'accurata informazione storica sui dati biografici e sulle opere degli scrittori ecclesiastici più significativi dell'era antica, situati nel contesto storico e culturale, deve aggiungersi l'esposizione del loro pensiero, soprattutto teologico, per introdurre a ciò che di singolare, di irripetibile e di perennemente valido essi hanno trasmesso alla Chiesa. Data l'ampiezza della letteratura patristica, il corso richiederà delle scelte sia per la presentazione dei Padri, sia per i testi da esaminare, sia per la metodologia di insegnamento. Le lezioni avvieranno gli alunni a una conoscenza sicura dei Padri sul piano scientifico e teologico, e li guideranno a considerare il rapporto delle acquisizioni patristiche con le altre discipline teologiche. Contenuti – Presentazione biografico-storica dei Padri e delle loro opere, con attenzione alle caratteristiche individuali e al contesto ecclesiale-teologico della loro attività. – Epoca pre-nicena: panoramica d'insieme del contesto culturale e delle dottrine dei Padri apostolici, degli apologisti greci del II secolo ( Giustino, Lettera a Diogneto ), degli scritti ecclesiastici del II-III secolo, degli antignostici del II secolo ( Ireneo ), degli occidentali e degli alessandrini del III secolo ( Tertulliano, Cipriano, Clemente e Origene ) e delle « antiche Chiese patriarcali quasi matrici della fede » ( LG, 23 ). – Periodo post-niceno: panoramica d'insieme del contesto culturale e delle dottrine dei Padri e scrittori orientali alessandrini ed egiziani, dell'Asia minore, antiocheni e siri ( con accenno alla letteratura copta, armena, etiopica, georgiana, araba ), dei Padri e scrittori dell'Occidente. – Approfondimento della figura e del pensiero di alcuni dei Padri più rappresentativi: i Padri apostolici, Atanasio, Basilio, Gregorio di Nazianzo, Gregorio di Nissa, Efrem il Siro, Giovanni Crisostomo, Girolamo, Ambrogio, Agostino, Gregorio Magno, Massimo il Confessore. Didattica A lezioni frontali che informino sulla vita e scritti dei Padri e sulle principali tematiche da loro affrontate, è opportuno affiancare letture guidate di un'opera patristica e/o di brani scelti. Si introdurranno gli alunni al contatto diretto con i testi patristici, studiati con il rigore scientifico del metodo storico-critico e dei criteri ermeneutici necessari a sciogliere i nodi delle vicende storiche e del linguaggio del tempo. 5. Storia della Chiesa Obiettivi La storia della Chiesa studia il cammino della comunità cristiana attraverso i secoli, avendo come oggetto la vita del popolo cristiano nella sua dimensione ecclesiale e nella molteplicità dei suoi aspetti, all'interno di un contesto culturale, religioso, politico, sociale ed economico storicamente definito. Essa, secondo il proprio metodo, si mantiene in continuo dialogo con le scienze teologiche, che le consentono di conoscere come la Chiesa ha definito se stessa e quale sia l'oggetto della sua fede, così da poter cogliere più profondamente il significato delle vicende che studia. All'interno delle finalità proprie della formazione intellettuale dei candidati al presbiterato, lo studio della storia della Chiesa dovrà tendere non semplicemente a fornire una corretta descrizione degli avvenimenti del passato, ma a formare una mentalità critica che sappia interrogare gli avvenimenti, per ricercarne le cause, le conseguenze e il significato. Lo studio della storia della Chiesa, inoltre, cercherà di favorire una più piena conoscenza dell'uomo credente e di una fede che essenzialmente si dà nella storia, in vista di una comprensione che, per chi vive la propria fede cristiana e ancor più per chi si prepara a servire la comunità in un ministero specifico, diventa anche una sorta di autocomprensione. Infine, lo studio di questa disciplina, illustrando la vicenda storica del popolo cristiano nelle diverse epoche e nei vari contesti culturali e geografici, contribuirà a presentare la Tradizione della Chiesa come il frutto dell'esperienza di una comunità credente che vive nella storia e si caratterizza per la dimensione universale, anche in vista del dialogo ecumenico. Contenuti Il corso potrà essere scandito, secondo l'opportunità, nella classica ripartizione delle grandi epoche della storia: antica, medievale, moderna e contemporanea. Un'attenzione particolare sarà riservata alla storia della Chiesa in Italia e, ove non sia attivato un corso di storia della Chiesa locale, a opportuni riferimenti alla storia locale. Il programma dovrà far menzione dei seguenti argomenti: – Le origini e la Chiesa primitiva; la comunità giudeo-cristiana; la Chiesa a Roma e la diffusione del cristianesimo nei primi tre secoli. – Le persecuzioni, i martiri; le prime eresie; la vita cristiana e strutture ecclesiali dei primi secoli. – La svolta costantiniana; il donatismo; le controversie trinitarie e cristologiche; i primi concili; la Chiesa nel IV secolo. – Il monachesimo orientale; il pelagianesimo; le invasioni barbariche e l'evangelizzazione dei nuovi popoli; vita della Chiesa nei secoli V e VI in Oriente e in Occidente; il monachesimo occidentale. – Il Medioevo; la Chiesa tra Bizantini e Longobardi; la lotta iconoclastica; la missione tra i Franchi; Carlo Magno e l'età dei Carolingi; il Patrimonium Petri; lo scisma di Fozio; la conversione dei Germani e degli Slavi; la Spagna. – Gli Ottoni; l''età di ferro' del Papato; la riforma gregoriana e il rinnovamento monastico e canonicale, Gregorio VII; la vita del popolo cristiano nel Medioevo; lo scisma d'Oriente. – Le Crociate; gli ordini militari; l'evoluzione delle scienze ecclesiastiche; le eresie; la Chiesa nel XII secolo e la lotta dei papi contro gli imperatori tedeschi. – La Chiesa nel XIII secolo; il pontificato di Innocenzo III; gli ordini mendicanti; la persecuzione contro gli eretici; l'Inquisizione; università e teologia; i concili medievali. – La crisi del Medioevo; lotta tra sacerdotium e regnum nel pontificato di Bonifacio VIII; l'età avignonese; il grande scisma d'Occidente, il conciliarismo e i concili di Costanza e di Basilea-Firenze. – La Chiesa nell'età del Rinascimento; vita cristiana e missioni nel XIV e XV secolo; gli inizi della Riforma cattolica. – La Riforma protestante e le sue cause; Lutero, Calvino e gli altri riformatori; lo scisma inglese; il concilio di Trento e la Riforma tridentina; i nuovi ordini e la Compagnia di Gesù; la 'Controriforma'. – Le guerre di religione e l'idea di tolleranza; la missione nel Nuovo Mondo; la Chiesa nell'età dell'Assolutismo ( secc. XVII-XVIII ); il giansenismo. – La Chiesa in rapporto con la cultura illuministica; la Chiesa nella Rivoluzione francese e nell'età napoleonica; il pensiero intransigente e il cattolicesimo liberale; la Chiesa nel mondo agli inizi del XIX secolo. – Il pontificato di Pio IX; il rapporto col Risorgimento italiano, il Sillabo, la questione romana e il concilio Vaticano I. – Il pontificato di Leone XIII: la nuova linea, la questione operaia, la costituzione cristiana degli Stati; Pio X: la riforma della Chiesa e la crisi modernista; la Chiesa durante la prima Guerra Mondiale; le missioni. – La Chiesa nel XX secolo: Benedetto XV; Pio XI; il rapporto con i nazionalismi e i totalitarismi, la seconda Guerra Mondiale e il pontificato di Pio XII; Giovanni XXIII, Paolo VI e il concilio Vaticano II; il post-concilio e la Chiesa cattolica nel mondo. Didattica La presentazione degli argomenti avverrà anche attraverso l'accostamento alle fonti, documentarie e monumentali, offrendo alcuni brevi saggi di metodo storico. Sarà curato il dialogo e il rapporto con le altre discipline per i temi di trattazione comune. 6. Teologia fondamentale Obiettivi La teologia fondamentale indaga e riflette l'evento cristiano, preso nella sua completezza, secondo una prospettiva di fondo e fondante: il fatto e l'accoglienza nella fede della rivelazione del Dio trinitario. Il punto di vista contenutistico della teologia fondamentale è dato dalla categoria di rivelazione, che costituisce il principio di comprensione intrinseco e unitario del cristianesimo: il discorso teologico non muove da una determinazione astratta di rivelazione ma dalla sua realizzazione ed espressione storica ( forma storica e cristocentrica della rivelazione cristiana ). Al contempo la riflessione sulla rivelazione non può essere compresa senza l'indagine sulla fede, nella sua forma personale e comunitaria, che accoglie e trasmette la rivelazione ( la Chiesa e la traditio fidei ). Il punto di vista formale dell'indagine è dato dalla credibilità e significatività della rivelazione cristiana. La riflessione teologico-fondamentale, perciò, in confronto continuo con il contesto culturale e religioso contemporaneo, evidenzia la ragionevolezza intrinseca alla rivelazione, il suo essere dotata di senso e per questo motivo accessibile e comunicabile anche al di fuori dell'esperienza di fede. Contenuti 1. Il contesto culturale e religioso contemporaneo – L'approccio moderno e post-moderno al cristianesimo. – Il cristianesimo in rapporto alle altre religioni. – La credibilità della rivelazione cristiana in un contesto multiculturale e multireligioso. 2. La rivelazione cristiana – La forma storica e cristocentrica della rivelazione. – Il modello "autocomunicativo" di rivelazione nella Dei Verbum. – La credibilità della rivelazione di Dio in Gesù Cristo: storicità e universalità di Gesù Cristo. 3. La fede e la Chiesa – La fede nel suo senso biblico e teologico. – La Chiesa e la tradizione della fede. – La credibilità della fede e della Chiesa ( il linguaggio della martyria, il rapporto tra autorità e verità, Magistero e teologia ). 4. Presentazione delle correnti teologiche più significative del XX secolo Didattica – Lo studio e l'interpretazione delle fonti della teologia, in particolare del Magistero e della Tradizione. – L'interpretazione delle correnti culturali contemporanee, mediante il confronto con la filosofia e le scienze umane. – Il confronto in chiave teologica tra cristianesimo e altre religioni. 7. Teologia dogmatica Obiettivi Nell'attuale contesto, caratterizzato dall'esigenza di un'intelligenza della fede che indichi come la verità evangelica è vissuta nella Chiesa, mostrandone la significatività per l'uomo e per la storia, la teologia dogmatica costituisce il momento sintetico-sistematico della consapevolezza critica del Vangelo di Gesù attestato nella Scrittura e vissuto nel credo e nel divenire della Chiesa. La proposta teologico-sistematica chiede anzitutto di conoscere e richiamare le sfide e le attese contemporanee nella ricerca del senso. La risposta cristiana inizia mettendo a fuoco il nucleo biblico già esplorato nei testi sacri con gli strumenti linguistici e culturali adeguati. Il credo battesimale, che sintetizza il dato biblico per il primo periodo patristico, apre una considerazione storica dell'incontro del messaggio cristiano con le varie culture, specialmente nel cammino del mondo latino-europeo, dando luogo a sintesi teologico-culturali variegate di notevole valore. Privilegiando i momenti sintetici costituiti dai concili, il percorso storico della riflessione cristiana abilita l'alunno ad acquisire una buona conoscenza dei modi linguistico-culturali in cui il messaggio cristiano è stato ripensato e tradotto nel cammino della Tradizione. Lo studente può così maturare una capacità intellettuale e spirituale che lo abilita al processo di inculturazione del Vangelo, provocato dall'incontro con culture sempre nuove. La sintesi dogmatica attuale si muove nell'orizzonte offerto dal concilio Vaticano II, dal magistero successivo e dalla riflessione teologica dei decenni pre e post-conciliari. Contenuti A) Il mistero di Dio Introduzione: la Trinità, mistero centrale della vita cristiana, rivelato in una storia che è donazione di Dio per la salvezza dell'uomo. Il discorso teologico trinitario nella storia della riflessione ecclesiale. 1. Momento biblico – Il volto di Dio nel messaggio dell'Antico Testamento, confessato dal popolo a partire dall'esperienza dell'esodo e dell'alleanza. – Il carattere del monoteismo veterotestamentario. – Gesù Cristo, Verbo di Dio fatto carne, rivelatore del Padre e datore dello Spirito Santo, compie e completa la rivelazione con la parola, la vita e, specialmente, con il mistero pasquale. 2. Momento storico – La fede trinitaria nella coscienza e nella vita della Chiesa, prima e in seguito agli interventi del Magistero nei concili di Nicea I e Costantinopoli I. – Testimonianze liturgiche e dottrina dei Padri apostolici, apologisti e scrittori pre-niceni. – Le principali contestazioni trinitarie. – La riflessione dei grandi Padri d'Oriente e d'Occidente. – Sant'Agostino e la sua eredità teologica. – La sistemazione scolastica di san Tommaso d'Aquino. – Il Filioque come problema storico, teologico ed ecumenico. – L'apporto del concilio Vaticano II e della teologia contemporanea nell'incontro fra orientamenti diversi. 3. Momento sistematico – Dalle missioni trinitarie alla teologia delle diverse processioni. – La distinzione fra Padre, Figlio, Spirito Santo per la sola relazione d'origine. – Il problema del linguaggio teologico-trinitario. 4. Conclusione – Trinità e catechesi. – La Trinità nella vita liturgica e nella missione della Chiesa. – La Trinità nella vita e spiritualità cristiana. B) Cristologia Introduzione: la struttura e i criteri di svolgimento del discorso cristologico alla luce della singolarità di Gesù. – La precisazione dei termini che definiscono il tema ( la storia particolare di Gesù e la storia universale ), il loro raccordo nella prospettiva di una visione drammatica della storia e i compiti che ne derivano per la narrazione della vicenda di Gesù e per la messa in evidenza della sua rilevanza universale. – L'individuazione programmatica dei caratteri di intrinseca universalità dell'evento di Gesù Cristo ( escatologico, soteriologico, pneumatologico, protologico ). – L'articolazione del rapporto tra cristologia e antropologia nell'ottica di una reciproca mediazione. 1. L'attestazione biblica dell'evento cristologico – La vicenda terrena di Gesù di Nazaret e il suo compimento pasquale. – La risurrezione del Crocifisso come fondamento della fede pasquale e delle cristologie della Chiesa apostolica. – Le cristologie dell'innalzamento e dell'elezione di Gesù: le prime testimonianze; la cristologia paolina; le cristologie sinottiche. – Le cristologie della preesistenza e dell'incarnazione: le prime testimonianze; la cristologia giovannea. 2. La riflessione sistematica sul mistero di Cristo – Il valore escatologico-salvifico della vicenda di Gesù e del suo culmine pasquale ( nel confronto con i grandi concili cristologici, da Nicea al Costantinopolitano III, con la dottrina patristica, scolastica e moderna, e con le istanze dominanti dell'attuale contesto storico-culturale ). – La singolarità della relazione filiale di Gesù con il Padre ( nelle sue dimensioni di libertà e di consapevolezza ) come fondamento del valore escatologico-salvifico della sua vicenda. – La dimensione protologica dell'evento di Gesù Cristo come evento dell'incarnazione del Figlio e le sue implicazioni ontologiche ( nel confronto con l'insegnamento patristico e il magistero conciliare, con la teologia scolastica e moderna, con le istanze dominanti dell'attuale contesto storico-culturale ). C) Ecclesiologia Introduzione: il percorso storico dell'ecclesiologia, nell'intreccio con le diverse culture nel tempo e nello spazio. La natura della Chiesa mistero, comunione e missione. 1. Sviluppo storico-positivo – Le prefigurazioni della Chiesa nell'Antico Testamento. – La comunità del Nuovo Testamento e le prime teologie della Chiesa. – La Tradizione e lo sviluppo del dogma ecclesiologico. – La teologia moderna e contemporanea, con particolare riferimento alla dottrina del concilio Vaticano II. 2. Sintesi dogmatico-speculativa, integrata nella prospettiva della Chiesa-comunione – L'essenza della Chiesa ( distinzioni e caratterizzazioni fondamentali ). – Il soggetto storico ( la comunità nella varietà dei suoi carismi e ministeri ); teologia del laicato, teologia del ministero ordinato, teologia della vita consacrata. – Le attuazioni fondamentali ( martyria, leitourgia, diakonia ). – Le proprietà fondamentali ( unità, santità, cattolicità, apostolicità ). – Le forme fondamentali ( universale, particolare ). – L'articolazione della missione. – Il metodo ecclesiale ( sinodalità ). – Chiesa, mondo e regno di Dio. 3. Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa Il discorso mariologico in prospettiva cristotipica e ecclesiotipica: Maria, Immacolata Concezione; Maria, Madre di Dio; Maria nell'Annunciazione; Maria nell'infanzia di Gesù e nella sua vita pubblica; Maria dopo l'ascensione; l'assunzione di Maria al cielo; Maria e Cristo mediatore. D) Sacramentaria Le "missioni" trinitarie del Figlio e dello Spirito Santo nella storia umana ( Natale-Pasqua-Pentecoste ) costituiscono la premessa per la riflessione sui sacramenti: atti di Cristo che costruiscono la Chiesa nella forza dello Spirito e celebrazioni ecclesiali del mistero della Pasqua del Signore. In tali celebrazioni avviene l'incontro tra cielo e terra: prende "corpo" il dono della vita trinitaria e la fede accogliente della comunità umana. 1. Parte introduttiva. Prospettive di fede, antropologiche ( riti e simboli ) e culturali ( atteggiamenti umani ) per accedere al sacramento: capacità di lettura simbolica della creazione e della storia; fede nel trovarci "tra i tempi" della prima e seconda venuta del Signore; disponibilità alla coerenza tra il celebrato e il vissuto. Panoramica storica sulle questioni poste dalla Tradizione: il settenario sacramentale, la sua efficacia nella grazia e nel carattere sacramentale, il ruolo del ministro e del soggetto ricevente, il legame con l'evangelizzazione e la normativa canonica. 2. I Sacramenti dell'iniziazione cristiana nella loro unità dinamica: la rinascita in Cristo fa fiorire l'educabilità alla fede e matura nel cristiano i primi frutti dello Spirito ( i carismi ) per partecipare pienamente al Corpo di Cristo e al dono sacrificale dell'Agnello pasquale. 3. La Penitenza e l'Unzione degli infermi, concretizzazione sacramentale del dinamismo di liberazione dal male del peccato e della malattia fisica: conoscenza dell'evoluzione delle forme storiche dei due sacramenti per coglierne le dimensioni essenziali e coltivare la dimensione penitenziale della vita cristiana e il conforto presente nel messaggio cristiano. 4. L'Ordine e il Matrimonio e il dinamismo comunionale della fede: esplicitazione della presenza sacramentale di Cristo sacerdote, servo di Dio e buon pastore nel ministero ordinato per la guida della comunità cristiana; articolazione della prospettiva sacramentale del matrimonio con la realtà antropologica, le esigenze morali e lo statuto canonico. E) Antropologia teologica ed escatologica 1. Introduzione. La riflessione sistematica sulla visione cristiana della persona umana nella prospettiva specifica del rapporto fra cristologia e antropologia, alla luce dei diversi modi in cui tale rapporto è stato interpretato dalla tradizione teologica, e il rinnovamento promosso dal concilio Vaticano II. 2. La chiamata gratuita della persona umana alla comunione con Dio per mezzo di Gesù Cristo nello Spirito Santo: la predestinazione in Cristo come fondamento della chiamata alla comunione; il dono della comunione come grazia ( testimonianza biblica, elaborazione dottrinale, interventi del Magistero ). 3. Il mondo 'creato' come contesto in cui si attua la chiamata alla comunione: la testimonianza biblica ( rapporto creazione-alleanza; creazione 'in Cristo' ); l'incontro fra l'annuncio cristiano e i diversi contesti/modelli culturali; interventi del Magistero; riflessione sistematica (vla distinzione e la relazione fra Dio e il mondo; l'annuncio cristiano e le questioni sollevate dalle scienze della natura e dalla filosofia ). 4. La libertà creata: la persona umana 'immagine di Dio' ( antropologia biblica, riletture patristiche e nella storia della teologia ); unità e complessità della persona umana ( anima-corpo; individuo-comunità; uomo-donna, ecc. ). La creazione invisibile ( angeli e demoni ). 5. La storia della libertà creata: la condizione originaria e l'offerta della grazia; il peccato come rifiuto della grazia ( testimonianza biblica: universalità del peccato e solidarietà/complicità nel peccato; dottrina del 'peccato originale': tradizione teologica, interventi del Magistero, proposte attuali di ripresa sistematica ); l'attuarsi della chiamata alla comunione come grazia che perdona e santifica ( l'annuncio biblico – in particolare paolino – della giustificazione del peccatore; la comprensione della giustificazione al tempo della Riforma protestante; il concilio di Trento; gli sviluppi recenti del dialogo ecumenico ); la vita nuova della persona giustificata ( la grazia 'creata', le virtù teologali, il merito, la divinizzazione ). 6. Il compimento della chiamata alla comunione: i linguaggi in cui si è espressa e si esprime l'escatologia cristiana; i suoi contenuti ( la partecipazione dell'umanità e del mondo alla risurrezione e alla parusia di Cristo, la morte, il giudizio, la purificazione, la reale possibilità della dannazione, il paradiso ). Didattica In lezioni frontali, sullo stimolo delle sfide attuali, sarà imprescindibile richiamare i testi e i nuclei biblici ispiranti la proposta cristiana. Allo stesso modo si accompagneranno gli alunni a rivisitare i passaggi fondamentali della Tradizione e della teologia verso una riflessione sintetica. Momenti seminariali e/o brevi ricerche personali potranno avere come oggetto di studio figure significative di santi, forme di devozioni popolari, testi/gesti liturgici in grado di testimoniare la fede della Chiesa in particolari momenti storici. 8. Liturgia Obiettivi La liturgia, vertice della vita e della missione della Chiesa, realizza sacramentalmente la presenza del mistero di Cristo crocifisso e risorto nei segni simbolici e visibili del rito e secondo un linguaggio aperto all'uomo e alla sue variabili sociali, culturali e storiche. Lo studio della liturgia, ponendosi come riflessione teologica sulla fede celebrata, ha come obiettivo la comprensione profonda del 'celebrare' della comunità cristiana, a partire dal rito stesso nella sua declinazione eucologica e simbolico-rituale. Questo approccio intende fare dell'alunno un pastore a sua volta capace di introdurre i fedeli nel cuore dei misteri in modo pieno, consapevole e attivo, insegnando loro a individuare nel rito stesso le tracce che conducono all'evento biblico-salvifico fondante. Contenuti A) Introduzione alla liturgia Esposizione degli elementi fondamentali per uno studio sistematico sulla natura della liturgia secondo gli aspetti antropologici e teologici e introduzione ad un 'linguaggio' liturgico di base: – analisi dei testi fondamentali del Magistero sulla liturgia e la sua natura, fino all'enciclica Mediator Dei; – studio esegetico della costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium, con particolare attenzione alprimo capitolo; – panorama generale sulla celebrazione eucaristica, a partire dall'Institutio Generalis Missalis Romani; – panorama generale sulla Liturgia delle ore, a partire dall'Institutio Generalis de Liturgia Horarum; – cenni di diritto liturgico. B) Liturgia fondamentale – I fondamenti giudaici e biblici del culto cristiano. – Panorama storico della disciplina lungo le epoche e secondo l'articolazione delle liturgie occidentali ( con particolare attenzione alla liturgia romana ) e orientali. – Analisi della celebrazione dell'Eucaristia, con particolare attenzione all'esegesi delle anafore. – Analisi della liturgia dei Sacramenti dell'iniziazione cristiana e degli altri sacramenti, nonché dei riti della consacrazione delle vergini, della professione religiosa, del conferimento dei ministeri, e della liturgia delle esequie. – Struttura teologica dell'anno liturgico e teologia del dies Domini. – Storia della formazione, teologia e struttura della Liturgia delle ore. – Nozioni di base sullo spazio liturgico e l'arte liturgica, sui libri e sui ministeri liturgici. I contenuti del corso verranno presentati in prospettiva storica, teologica e pastorale. Didattica – Presentazione delle principali forme liturgiche nelle varie epoche cultuali, con attenzione alla storia, ai libri e alle forme artistiche di ogni epoca. – Accesso ai testi eucologici più significativi della liturgia cristiana, occidentale e orientale, con particolare attenzione all'esegesi dei testi liturgici in uso. – Analisi teologica delle principali forme antropologiche del rito. 9. Teologia morale Obiettivi L'insegnamento della teologia morale ha come obiettivo l'esposizione sistematica dei contenuti e dei presupposti dell'agire del cristiano alla luce della Rivelazione ( cfr OT, 16 ). A partire dai fondamenti dell'agire morale e tenendo conto della complessità dell'attuale situazione culturale, l'alunno deve essere aiutato a riflettere sul rapporto tra fede e vita, fede e società, fede e storia, in modo da articolare correttamente il piano etico-normativo, derivante dalla Scrittura e dal Magistero, con il ruolo della coscienza e l'esercizio delle virtù nell'ambito dell'agire personale e comunitario. A tale scopo sarà opportuno sviluppare un modello di insegnamento che sia da una parte centrato sul mistero di Cristo e la storia della salvezza, e dall'altra non perda il contatto con l'esperienza e i problemi morali che il seminarista è chiamato ad affrontare per giungere a un corretto discernimento. A) Morale fondamentale Contenuti – Situazione della morale cristiana: problemi e prospettive alla luce del concilio Vaticano II e del dibattito teologico contemporaneo. Breve storia della teologia morale; l'interpretazione cattolica, protestante e ortodossa. – La Chiesa e il discernimento di alcune tendenze della teologia morale odierna: opzione fondamentale e atti umani; autonomia della coscienza e relativismo morale; etica della situazione. – La Tradizione della Chiesa e le fonti della teologia morale: la Sacra Scrittura e il Magistero. Il rapporto tra la riflessione teologia e le sue fonti: problematiche metodologiche. – I fondamenti della morale cristiana: la subordinazione dell'uomo e del suo agire a Dio, colui che 'solo è buono'; il rapporto tra il bene morale degli atti umani e la vita eterna; la sequela di Cristo, che apre all'uomo la prospettiva dell'amore perfetto; il dono dello Spirito Santo, fonte e risorsa della vita morale della creatura nuova. – La centralità normativa della vita nuova in Cristo, principio e criterio dell'agire morale del cristiano e fondamento della chiamata alla perfezione nella carità. – La natura dell'atto morale. La scelta fondamentale e i comportamenti concreti. Il rapporto tra libertà e legge e tra coscienza e verità. – Peccato e conversione: peccato mortale e peccato veniale. – Virtù teologali e virtù morali; la formazione morale del cristiano. Didattica – Saggi di analisi di testi di riferimento della Bibbia, della Tradizione e del Magistero. – Coinvolgimento degli studenti attraverso brevi composizioni o prove scritte per aiutarli nella riflessione morale. B) Morale sociale Contenuti – Il fatto sociale come oggetto materiale e la prospettiva etica come oggetto formale. – Fondamenti biblici del pensiero sociale cristiano: dall'esperienza sociale dell'Antico Testamento al rapporto di Gesù con l'autorità, i beni materiali, la giustizia e la pace. – Lo sviluppo storico della riflessione sociale cristiana: i Padri, san Tommaso d'Aquino, i moralisti del XVI secolo, le teologie politiche. – La dottrina sociale della Chiesa: identità, contenuti, percorso storico, contesto teologico morale degli interventi. – Studio della dottrina sociale dalla Rerum novarum alla Centesimus annus. – I temi più rilevanti dell'etica sociale: persona, famiglia, società civile; giustizia, sviluppo e solidarietà nel contesto della globalizzazione; il principio del bene comune e della sussidiarietà; la politica nel contesto delle società democratiche; il lavoro in prospettiva teologica, etica e spirituale; l'economia e la finanza a servizio dell'uomo; la promozione della pace; elementi di etica dell'ambiente. Didattica Presentazione dei documenti sociali della Chiesa, della Gaudium et spes e dei testi più significativi dei recenti pontefici. C) Morale sessuale e famigliare Contenuti – Il significato antropologico e teologico della dualità uomo-donna. La sessualità umana quale dimensione costitutiva e rivelativa della vocazione all'amore. La corporeità e la norma morale nella sfera della sessualità umana. La sessualità tra matrimonio e verginità. – Temi fondamentali di morale sessuale nell'adolescenza, nella giovinezza e nel fidanzamento. L'autoerotismo, i rapporti prematrimoniali, l'omosessualità. – Il matrimonio in prospettiva etica: unità e indissolubilità; la chiamata a diventare sposi nel Signore; il matrimonio come vocazione e come scelta; la Chiesa di fronte ai legami spezzati. – Amore coniugale e sessualità: la chiamata a diventare una carne sola; dono di sé e fedeltà; apertura alla vita e alle responsabilità educative. – La fecondità del matrimonio: amore e procreazione; la procreazione responsabile nella Gaudium et spes, nella Humanae vitae e nel successivo insegnamento della Chiesa. Didattica Il corso prevede l'accostamento dei principali testi biblici sul matrimonio e di alcuni documenti della Chiesa, in particolare i testi della Gaudium et spes relativi al matrimonio, la Humanae vitae e la Familiaris consortio. D) Morale della vita fisica e bioetica Contenuti – La vita nella Rivelazione e nella tradizione della Chiesa. – Recenti indicazioni del Magistero: Donum vitae, Evangelium vitae. – Problemi etici riguardanti l'inizio della vita: aborto e procreazione assistita. – Problemi etici riguardanti la fine della vita: accanimento terapeutico ed eutanasia. – Etica dei trapianti, ricerca e sperimentazione sull'uomo. Didattica La complessità e l'ampiezza delle tematiche suggeriscono di concentrarsi sui principi e sulle indicazioni etico-normative, aiutando gli studenti ad affrontare, con un corretto ragionamento morale, le diverse questioni. 10. Teologia spirituale Obiettivi La teologia spirituale riflette, con metodo teologico, sulla 'vita spirituale' del cristiano, e quindi sull'azione dello Spirito di Gesù in lui. Essa si pone in ascolto del vissuto di fede individuale e comunitario, per renderlo il più coerente possibile con i contenuti dottrinali. Essa cerca nella tradizione cristiana, e specialmente nel Nuovo Testamento, gli elementi essenziali dell''uomo spirituale', al fine di offrire indicazioni capaci di orientare l'esperienza spirituale del credente. Può perciò essere collocata in vari momenti del curricolo teologico: all'inizio come introduzione; nel percorso come riflessione sistematica; a conclusione come sintesi e avvio al ministero pastorale del presbitero. Contenuti – L'esperienza spirituale della Chiesa nella storia: cenni di storia della spiritualità cristiana, con avvio alla lettura di testi classici. – L'esperienza dell''uomo spirituale' come è compresa dalla teologia: natura cristologica e pneumatologica, ecclesiale e sacramentale dell'esperienza spirituale, in quanto dono di Dio; fenomenologia generale dell'esperienza spirituale autentica; itinerario spirituale. – La spiritualità e le spiritualità: le spiritualità storiche; le spiritualità recenti; le varie vocazioni alla santità; le devozioni e la pietà popolare. – La spiritualità del presbitero diocesano; la spiritualità della vita religiosa; spiritualità e condizioni di vita dei fedeli laici. – Accostamento teologico a problemi spirituali specifici: preghiera, meditazione, ascesi. – Il discernimento spirituale e l'aiuto spirituale personale nel ministero del presbitero. Didattica Accanto a lezioni frontali possono essere utilizzati lavori di gruppo e laboratori. 11. Diritto canonico Obiettivi Lo studio del diritto canonico ha per oggetto la dimensione umana, visibile e istituzionale della Chiesa, secondo la « non debole analogia » ( LG, 8 ) della Chiesa con il mistero del Verbo incarnato. Il diritto canonico ha come fine quello « di creare tale ordine nella società ecclesiale che assegnando il primato all'amore, alla grazia e ai carismi, rende più agevole contemporaneamente il loro organico sviluppo nella vita sia della società ecclesiale, sia anche delle singole persone che ad essa appartengono » ( Sacrae disciplinae leges ). Il futuro pastore potrà così esercitare il ministero rendendo visibilmente manifesta la coscienza che la Chiesa è essenzialmente 'mistero', 'comunione' e 'missione' ( cfr Pastores dabo vobis, 59 ). Sarà formato ad agire in profonda comunione con la gerarchia e in stretta collaborazione con il proprio Vescovo e con i diversi soggetti ecclesiali; saprà aprirsi all'anelito missionario coltivando la stima per i diversi doni e le varie vocazioni suscitate dallo Spirito; saprà sostenere e promuovere, offrendo per primo l'esempio, l'osservanza da parte dei fedeli dei loro doveri fondamentali come pure il rispetto dei loro diritti. Contenuti – Introduzione ai concetti basilari di filosofia e teologia del diritto e alla storia delle fonti. – Presentazione delle tematiche fondamentali secondo lo schema dei sette libri del Codice di diritto canonico, con particolare attenzione al libro secondo e al libro quarto, specialmente in merito ai doveri e diritti dei chierici e ai canoni relativi alla diocesi e alla parrocchia, nonché alla normativa sulla celebrazione dei sacramenti e sul matrimonio. – Il rapporto giuridico tra Chiesa e comunità politica, alla luce dell'insegnamento del Vaticano II ( Gaudium et spes e Dignitatis humanae ), con particolare attenzione alla questione della libertà religiosa e ai rapporti tra Chiesa e Stato in Italia nel contesto europeo. – Tematiche speciali relative alla prassi giuridica applicata al matrimonio ( preparazione della celebrazione – questioni relative alla dichiarazione di nullità – attività dei tribunali ecclesiastici ); all'amministrazione dei beni temporali; al sostegno economico della Chiesa e in particolare al sistema per il sostentamento del clero; alla remissione delle pene canoniche in foro interno; alla prassi della curia diocesana e alla struttura dell'organizzazione diocesana. Didattica Si privilegerà la trattazione sistematica rispetto all'esegesi dei singoli canoni, collocando la norma canonica all'interno di un discorso organico, in grado di fornire allo studente una visione ampia e complessiva del tema trattato. Si dovrà inoltre cercare di delineare lo sfondo teologico della  normativa, evidenziandone il collegamento con le altre discipline teologiche, nonché le applicazioni pastorali. III. Discipline pastorali 1. Teologia pastorale Obiettivi Il corso deve evidenziare il legame originario e permanente della vita e dell'agire della Chiesa ( annuncio, celebrazione e servizio ) con la teologia. La teologia pastorale contribuisce, infatti, alla sintesi di tutte le dimensioni formative attorno al principio della carità pastorale, come auspicato in Pastores dabo vobis, 57: « Il fine pastorale assicura alla formazione umana, spirituale e intellettuale determinati contenuti e precise caratteristiche, così come unifica e specifica l'intera formazione dei futuri sacerdoti ». Il corso introduce gli alunni alla conoscenza degli elementi costitutivi dell'agire della Chiesa, con riferimento particolare al contesto italiano, aiutando a comprendere le sfide pastorali che la teologia e la formazione non possono eludere. Contenuti – Storia e identità della disciplina. – Le sfide pastorali della Chiesa e la loro ricezione in teologia. – Le forme dell'agire della Chiesa ( koinonia, martyria, leitourgia, diakonia ). – Il metodo teologico-pastorale. – Applicazione del metodo pastorale ad alcuni ambiti pastorali ( ministeri, catechesi, iniziazione cristiana, caritas ). Didattica Si privilegi la forma seminariale e/o del laboratorio, dove possono essere analizzati con una metodologia specifica alcuni ambiti dell'agire pastorale. 2. Catechetica Obiettivi Dal punto di vista teorico, il corso si propone di avviare alla conoscenza della funzione della catechesi all'interno della missione della Chiesa e nella vita della comunità cristiana. Dal punto di vista pratico, intende avviare all'assunzione di responsabilità nella relazione catechistica, perché l'alunno sia in grado di: collocare la pratica catechistica all'interno della situazione pastorale; identificare e risolvere le situazioni problematiche; acquisire alcune competenze e abilità; valutare le risorse del gruppo catechistico e avviare una formazione di base. Contenuti 1. Parte teorica Elementi e funzionamento della comunicazione. Identità e dimensioni fondamentali della catechesi. Insegnamento, apprendistato, iniziazione: strutture di trasmissione. – Gli emittenti nella catechesi: Cristo unico Maestro; il ruolo della Chiesa; il compito dell'episcopato; gerarchia dei livelli di intervento; dinamismi e interrogativi. – I destinatari della catechesi: il diritto di tutti a ricevere la catechesi; il bisogno per tutti, nella Chiesa, di ricevere la catechesi, secondo la diversità delle situazioni. – Il contenuto della catechesi: alla fonte della catechesi, la Parola di Dio; i tratti specifici del messaggio catechistico; l'adattamento della catechesi alla mentalità e alla cultura. – Il linguaggio della catechesi: le motivazioni; alcuni orientamenti didattici. – Metodi, tecniche e strumenti nella catechesi; principali opzioni metodologiche. 2. Parte pratica Lettura della situazione in cui si opera; stesura di un progetto iniziale; verifica del lavoro. Guida all'analisi dei "casi" da risolvere e strategie per il cambiamento. L'uso delle immagini nei catechismi. Come progettare, realizzare e verificare un incontro di catechismo, un'unità catechistica, un piano di lavoro annuale. Didattica Il corso prevede il costante collegamento tra elaborazione teorica e funzione pratica, possibilmente avviando e accompagnando l'esperienza di uno stage in ambito catechistico. 3. Omiletica Obiettivi L'obiettivo del corso di omiletica è duplice: far giungere gli studenti a una corretta conoscenza della natura dell'omelia e iniziarli a un efficace ministero della predicazione. Contenuti – La natura dell'omelia nel contesto della celebrazione liturgica, di cui è parte, e in particolare nel suo rapporto con le letture scritturistiche proclamate e con il sacramento celebrato. – La storia della predicazione cristiana, con specifica attenzione alle testimonianze neotestamentarie e all'epoca patristica. – Elementi di retorica e di comunicazione in pubblico mediante la parola. – Iniziazione alla pratica del ministero della predicazione. Didattica Il metodo sarà in parte nella forma della lezione frontale, in parte nella forma del laboratorio. Gli studenti potranno essere guidati ad analizzare alcune omelie previamente registrate, per valutarle sia in senso teologico-liturgico sia in rapporto all'efficacia comunicativa. 4. Musica sacra Obiettivi La musica sacra - in particolare il canto sacro - è intimamente unita alla liturgia. Pertanto la conoscenza, la formazione e la pratica della musica per la liturgia devono abituare gli alunni a cogliere la stretta unità tra rito e azione liturgica, ed educarli ad ammettere nel culto divino le forme musicali della vera arte, avendo la musica sacra il solo fine della gloria di Dio e della santificazione dei fedeli. Tale formazione contribuirà alla pertinenza delle celebrazioni liturgiche nei seminari e alla preparazione di pastori capaci di celebrare con proprietà ed afflato spirituale i misteri divini, favorendo la bellezza dei riti, la loro solennità e la comunione ecclesiale che lo stesso canto del rito favorisce. Contenuti Il corso dovrà prevedere lo studio accurato dei principi basilari della musica liturgica secondo la costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium e l'istruzione Musicam sacram, analizzandone i fondamenti teologici, antropologici, estetici e pastorali. Sarà inoltre necessario conoscere la disciplina e le norme fondamentali per il canto sacro e alcune indicazioni di base sull'animazione e sulla partecipazione dei fedeli. Di grande utilità potrà essere un breve panorama della storia del canto sacro. Si insista sulla conoscenza della natura e della funzione del canto dell'ordinario della Messa ( parti del presbitero, dei vari ministri, della schola cantorum e dell'assemblea ), cui gli alunni dovranno abituarsi già nelle celebrazioni liturgiche in seminario. Si dia il giusto risalto al canto del proprio della Messa ( parti variabili ) e all'arte del salmodiare. Si affronti il tema del canto della Liturgia delle ore ( innodia, salmodia e canti responsoriali ). I seminaristi siano educati alle varie espressioni di canto liturgico ( gregoriano, polifonico, popolare e "giovanile" ), imparando a esercitare il discernimento sulle priorità, sulle qualità liturgiche, artistico-musicali e testuali dei brani, e a distinguere le diverse opportunità pastorali di uso degli stessi, abituandosi a differenziare il canto per la liturgia da quello per altre attività pastorali. Si offrano alcune nozioni sugli strumenti musicali per la liturgia. Didattica – Conoscenza e uso del repertorio gregoriano fondamentale, che la Chiesa riconosce come proprio della liturgia romana. – Conoscenza ed uso del repertorio nazionale di canti per la liturgia della Conferenza Episcopale Italiana. – Esercitazioni sull'ordinario della Messa e sul canto del celebrante. – Apprendimento di alcune nozioni base di teoria e solfeggio musicale e sull'uso della voce, e per il suono – anche solo sommario – di uno strumento musicale, preferibilmente l'organo a canne. – Esercitazioni seminariali su alcuni aspetti particolari della musica sacra. – Preparazione accurata, in forma di laboratorio, del canto liturgico per le celebrazioni. – Esercitazioni sul canto della Liturgia delle ore, soprattutto degli inni e della salmodia. 5. Pastorale del sacramento della penitenza Obiettivi Il corso si propone di mediare tra la scienza appresa nelle diverse discipline teologiche ( teologia morale, teologia dei sacramenti, liturgia, teologia spirituale ), la vita dei fedeli e la preparazione all'esercizio del ministero della riconciliazione sacramentale. Contenuti Ripresa di alcune questioni teologiche attinenti il sacramento della Penitenza ( la coscienza morale, il peccato, la conversione, la preparazione al sacramento, la confessione auricolare, l'assoluzione e il segreto sacramentale ), in riferimento alle diverse tipologie di penitenti. Didattica Il corso deve caratterizzarsi per un'attenzione pedagogica che favorisca l'apprendimento della metodologia del dialogo. La didattica potrà avvalersi del confronto nel gruppo nell'elaborazione e nella soluzione di alcuni casi di coscienza. 6. Ecumenismo Obiettivi Il corso mira a valorizzare l'apertura ecumenica, quale dimensione costitutiva della formazione del futuro presbitero, valorizzandone i contenuti salienti. Contenuti – Le nozioni di cattolicità, ecumene, ecumenismo. – L'esposizione della dimensione istituzionale e della configurazione delle principali Chiese e comunità cristiane. – La storia dell'ecumenismo e del movimento ecumenico. – I fondamenti dottrinali dell'ecumenismo; il fine e il metodo. – Alcune questioni specifiche: il ministero, il culto, l''intercomunione', il problema del proselitismo. Didattica Accanto a lezioni frontali, per l'acquisizione dei dati fondamentali, possono essere utilizzati lavori di gruppo e laboratori, per favorire l'accostamento a testi teologici, liturgici e spirituali caratteristici delle diverse confessioni cristiane, nonché ai principali documenti del dialogo ecumenico. 7. Introduzione allo studio delle religioni Obiettivi Il corso mira a dare una conoscenza essenziale delle principali religioni e a preparare a un confronto teologicamente corretto con il contesto plurireligioso che caratterizza l'odierna stagione sociale e culturale. Contenuti – L'idea di religione e il nesso tra la sua figura antropologica e le forme storiche di realizzazione. – La storia delle religioni: grandi religioni civili della tradizione occidentale e mediorientale antica; il giudaismo post-biblico; l'islam; l'induismo; il buddismo; lo scintoismo; Confucio; le religioni africane. – Religione e religioni nella società pluralista. – Teologia cristiana delle religioni. Didattica Accanto a lezioni frontali, per l'acquisizione dei dati fondamentali di conoscenza delle diverse religioni, possono essere utilizzati lavori di gruppo e laboratori, per favorire l'accostamento a testi teologici, liturgici e spirituali caratteristici. 8. Comunicazioni sociali Obiettivi Scopo del corso è aiutare i seminaristi a cogliere l'influsso dei mezzi di comunicazione sociale nella società e la loro importanza ai fini di un'efficace azione pastorale, in grado di coniugare le esigenze della nuova evangelizzazione con la cultura odierna determinata dal crescente e pervasivo influsso dei media. Contenuti – Principi, processi e influssi delle comunicazioni sociali nel contesto dei rapidi cambiamenti tecnologici e culturali. – L'insegnamento della Chiesa sulle comunicazioni sociali con particolare riferimento all'insegnamento del Magistero dal concilio Vaticano II a oggi. – Le scelte della Chiesa italiana nel campo delle comunicazioni sociali e della cultura alla luce del direttorio sulle comunicazioni sociali Comunicazione e missione. – Iniziative dei cattolici nel campo delle comunicazioni sociali nei vari ambiti mediatici: stampa, televisione, radio, cinema, teatro, nuove tecnologie informatiche. Didattica La presentazione dei contenuti deve comporsi di parti teoriche accompagnate da esercitazioni pratiche che permettano l'accostamento ai mezzi della comunicazione attraverso adeguate chiavi interpretative e con esperienze guidate di fruizione critica di prodotti giornalistici, radiotelevisivi e informatici. 9. Introduzione allo studio dell'arte sacra e alla tutela dei beni culturali ecclesiastici Obiettivi Il corso mira a far conoscere, soprattutto a livello locale, la straordinaria ricchezza del patrimonio artistico, storico e culturale della Chiesa, e a dotare i futuri presbiteri di alcune conoscenze utili per promuoverne la custodia, la tutela e la promozione. Contenuti – Il patrimonio artistico e monumentale: nozioni generali di storia dell'arte sacra e di archeologia cristiana, con l'accostamento delle loro espressioni locali più significative; disciplina canonica e civile circa il patrimonio artistico e monumentale. – Il patrimonio documentario: nozioni generali circa la raccolta, la conservazione e l'ordinamento dei documenti d'archivio; inventario e consultazione; disciplina canonica e civile circa la tutela e la consultazione dei documenti archivistici; l'archivio diocesano e i principali archivi ecclesiastici. Didattica La natura del corso prevede che le nozioni generali, trasmesse con lezioni frontali, tenute anche con l'ausilio di mezzi opportuni per presentare visivamente i materiali della produzione artistica, monumentale e documentaria, siano integrate da visite in loco che permettano una conoscenza più diretta del patrimonio culturale religioso. 10. Storia della Chiesa locale Obiettivi Il corso ha lo scopo di far conoscere le tappe storiche fondamentali della vita della Chiesa locale, dalle sue origini a oggi, all'interno delle finalità già descritte nel corso di storia della Chiesa. Contenuti Saranno oggetto di studio, anche con l'ausilio di testimonianze monumentali e documentarie, le più importanti vicende spirituali, politiche e culturali che hanno segnato la storia della Chiesa locale, la sua conformazione istituzionale e geografica, le linee principali della sua azione pastorale attuata attraverso l'opera dei pastori, le comunità di vita religiosa, la fede vissuta e professata dal popolo cristiano, anche nei suoi aspetti devozionali e agiologici. Didattica La presentazione degli argomenti avverrà attraverso lezioni frontali e mediante l'accostamento ad alcune fonti documentarie. Sarà utile la visita ad alcune tra le più rappresentative testimonianze locali della produzione storica, artistica e monumentale di carattere religioso. Conclusione 145. Questi orientamenti e norme sono rivolti principalmente agli educatori dei seminari, ai docenti e a quanti sono direttamente impegnati nella formazione dei presbiteri. Sono essi, infatti, ad avere la responsabilità di elaborare i progetti educativi dei seminari loro affidati, adattando con intelligenza e flessibilità le indicazioni nazionali alle diverse situazioni locali e preoccupandosi che la proposta globale sia chiara, precisa, esigente. 146. Il documento è offerto poi alle comunità cristiane, ancor più coinvolte oggi nella formazione presbiterale, sia perché, essendosi innalzata l'età d'ingresso in seminario, cresce la rilevanza della formazione ricevuta nella famiglia e nella comunità di provenienza, sia perché si è più consapevoli dei frutti della corresponsabilità comune nell'accompagnamento vocazionale, nella maturazione spirituale e nell'esperienza pastorale dei seminaristi. Sono perciò interpellati in prima persona i genitori cristiani, i parroci, i direttori spirituali, gli incaricati della pastorale vocazionale, giovanile e familiare, i catechisti, gli educatori nelle parrocchie e nelle aggregazioni ecclesiali. La convergenza di tante energie e di tanti ministeri sarà di grande aiuto a quei giovani che, sentendosi chiamati a servire il Signore nel ministero ordinato e nella dedicazione alla propria Chiesa particolare, potranno trovare indicazioni e proposte coerenti e unitarie. Insieme a chi è direttamente coinvolto nel compito formativo, tutti i fedeli sono chiamati a pregare instancabilmente il Signore della vigna perché mandi altri operai, arricchisca di sapienza spirituale quanti sono in formazione, sostenga nella fedeltà e nella perseveranza chi è impegnato nell'azione pastorale, premi chi è arrivato al termine del suo servizio. 147. Questa attenzione spirituale ed educativa, strumento dello Spirito di Dio nella Chiesa, costituisce anche il presupposto e il contesto per far nascere e sostenere gli itinerari della formazione permanente, oggi particolarmente necessaria di fronte alle sfide culturali e ai mutamenti ecclesiali. Il presente documento, perciò, è affidato anche ai responsabili della formazione permanente dei presbiteri; esso li aiuterà a raccordare la formazione permanente con quella iniziale e a dare unità alla crescita dell'identità teologica, spirituale e pastorale dei presbiteri. 148. Questo testo, infine, è consegnato agli stessi seminaristi: molto della sua efficacia dipende dalla loro disponibilità ad assumerne i contenuti e a collaborare con gli educatori. La loro docibilitas sarà il terreno fertile su cui fiorirà la varietà dei doni personali dentro una figura unitaria di presbitero amante del mistero di Dio, dedicato alla comunione e alla missione nella Chiesa particolare e aperto all'universalità, strettamente unito nella fraternità del presbiterio intorno al Vescovo, annunciatore e testimone, capo e servo, pastore e sposo della Chiesa, come Cristo. 149. A Maria, Madre della Chiesa, Regina degli Apostoli, Discepola del Buon Pastore, chiediamo la protezione su tutti i seminaristi e sui loro formatori, la compagnia nel loro cammino verso scelte definitive, l'intercessione per l'efficacia salvifica della loro missione. Appendice I A) Schema orientativo dei colloqui di discernimento per l'ammissione tra i candidati al diaconato e al presbiterato I. Un'esperienza di fede viva, motivata e personalizzata: – la storia della fede e della scoperta della chiamata – il motivo dominante II. La scelta tendenzialmente definitiva di donazione a Cristo nella prospettiva del presbiterato nel celibato per la propria Chiesa particolare: – i segni della chiamata – le intenzioni e le motivazioni profonde III. La maturità spirituale: – iniziale fedeltà alla vita di preghiera: ascolto della Parola di Dio, partecipazione quotidiana all'Eucaristia, recita di una parte della Liturgia delle ore ( Lodi, Vespri, Compieta ), esercizio dell'esame di coscienza e assiduità al sacramento della Riconciliazione – esodo da sé in un'esistenza intesa come dono, a favore della comunità – scoperta e accoglienza gioiosa della chiamata alla verginità per il Regno – disponibilità a uno stile di vita sobrio – capacità di amare la Chiesa, in particolare nella comunità del seminario e nella propria parrocchia – elaborazione e pratica fedele di una "regola di vita" – direzione spirituale costante in ordine alla crescita spirituale, alla maturazione della coscienza morale e a un'accresciuta capacità di leggere e fare la volontà di Dio nella propria vita IV. La maturità umana: – sufficiente conoscenza di sé – accettazione sostanzialmente serena degli aspetti positivi e negativi della propria persona – buone prospettive per quanto riguarda le virtù umane: senso della giustizia, fedeltà alla parola data, amore per la verità, rispetto per la persona, coerenza, equilibrio di giudizio e di comportamento, ecc. – dialogo con gli educatori improntato sulla fiducia, sincerità, costruttiva collaborazione ( docibilitas ) – buona capacità di relazione con i compagni e gli amici – sostanziale equilibrio affettivo-sessuale; libertà da eccessi di instabilità emotiva e da forti dipendenze affettive – impegno alla formazione di una coscienza morale matura, obbediente alle obbligazioni morali e capace di rispondere, per amore, alle richieste del Signore – educazione della volontà – formazione progressiva di una libertà personale che permetta di aprirsi agli altri, nella dedizione e nel servizio V. La maturità intellettuale: – disponibilità al confronto e alla fatica della ricerca della verità – assimilazione del procedere razionale e motivato – maturazione di una fondazione teologica della fede – acquisizione del metodo del sapere teologico – apertura al dialogo con la cultura contemporanea – impegno e costanza nello studio VI. La formazione pastorale: – sufficiente determinazione della figura del presbitero diocesano – capacità di collaborazione pastorale – bilancio positivo dell'esperienza pastorale B) Schema orientativo dei colloqui di discernimento per l'ammissione al diaconato e al presbiterato I. Un'esperienza spirituale matura: – esperienza di fede che nasce e si sostiene grazie ad un incontro vivificante con il Signore Risorto, Servo e Pastore – cammino di conversione che abbia permesso e favorisca tuttora un cambiamento interiore, nella capacità di eleggere la mentalità evangelica come unica legge per la propria vita II. La scelta definitiva di donazione a Cristo nella prospettiva del presbiterato nel celibato per la propria Chiesa particolare: – i segni della chiamata – graduale e progressivo approfondimento delle intenzioni e delle motivazioni profonde che portano a rispondere alla chiamata divina con piena e convinta disponibilità III. La maturità spirituale: – familiarità col Padre per mezzo del suo Figlio Gesù Cristo nello Spirito Santo, espressa da un'intensa vita di preghiera: ascolto della Parola di Dio, partecipazione quotidiana all'Eucaristia, fedeltà alla recita della Liturgia delle ore, pratica regolare dell'esame di coscienza e frequenza assidua al sacramento della Riconciliazione – spirito di servizio e carità pastorale, attitudine alla comunione e collaborazione ecclesiale, capacità di perdonare e pazientare – accoglienza gioiosa del dono della verginità per il Regno, da vivere in una consacrazione che configura a Cristo Sposo della Chiesa, fino alla misura del sacrificio – spirito di obbedienza – stile di vita sobrio, desideroso di imitare e vivere con amore lo stile di Cristo povero – elaborazione e pratica fedele di una "regola di vita" – capacità di discernimento su di sé, sulla Chiesa e sul mondo – fedeltà alla direzione spirituale IV. La maturità umana: – virtù umane: capacità di progettazione, animazione e guida, responsabilità e competenza, accoglienza e generosità, condivisione e sobrietà, magnanimità, bontà e tenerezza, schiettezza, prudenza e discrezione, fedeltà e fermezza – buona capacità di mettersi in relazione con gli educatori, i compagni, gli amici e le persone affidate alla propria cura pastorale – maturo equilibrio affettivo-sessuale; consolidata libertà da eccessi di instabilità emotiva e da forti dipendenze affettive – coscienza morale matura – educazione della volontà, capacità di 'tenuta', spirito di sacrificio V. La maturità intellettuale: – conoscenza del depositum fidei – metodo acquisito del sapere teologico – capacità di rendere ragione della propria fede, alla luce delle conoscenze teologiche acquisite – lettura della situazione, interessamento alla cultura e alle problematiche odierne – capacità di mediazione VI. La maturità pastorale: – chiarezza sulla figura del presbitero – capacità di inserimento umile e progressivo nella prassi pastorale della parrocchia – capacità di discernimento pastorale, di progettazione, di animazione e di guida – disponibilità totale a dedicarsi alla propria Chiesa particolare, in obbedienza al Vescovo, in comunione con il presbiterio, in sintonia con il cammino pastorale diocesano – prossimità alla gente e ai suoi problemi, attenzione ai poveri e agli ammalati, zelo apostolico e missionario – bilancio positivo delle esperienze pastorali Appendice II Decreto generale circa l'ammissione in seminario di candidati provenienti da altri seminari o famiglie religiose ( 27 marzo 1999 ) La XLV Assemblea Generale Premesso che * l'ammissione in seminario di alunni usciti o dimessi da altro seminario o da case di formazione degli istituti di vita consacrata e delle società di vita apostolica esige un'attenzione specifica e un discernimento vocazionale adeguato soprattutto a motivo delle attuali condizioni sociali culturali ed ecclesiali; * la responsabilità dell'ammissione coinvolge in primo luogo il Vescovo diocesano che accoglie, ma richiede la leale collaborazione del Vescovo proprio dell'alunno uscito o dimesso, o dei responsabili dell'istituto di vita consacrata o della società di vita apostolica di provenienza; * le norme attualmente vigenti richiedono un'adeguata esplicitazione per renderle idonee alla peculiarità dei casi riscontrabili; Visti * il n. 39 della Ratio institutionis sacerdotalis della Congregazione per l'Educazione Cattolica del 19 marzo 1985; * il n. 87 del documento normativo della CEI La formazione dei presbiteri nella Chiesa italiana del 15 maggio 1980; * l'Istruzione della Congregazione per l'Educazione Cattolica alle Conferenze Episcopali circa l'ammissione in seminario di candidati provenienti da altri seminari o famiglie religiose dell'8 marzo 1996; * i nn. 7 e 8 della Lettera circolare circa gli scrutini sulla idoneità dei candidati della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ai Vescovi diocesani e agli altri Ordinari che hanno facoltà di ammettere agli Ordini sacri del 10 novembre 1997; * il Messaggio del Papa al Penitenziere Maggiore Card. Baum del 20 marzo 1998 ( n. 5 ); * il can. 241 del Codice di diritto canonico; In forza del mandato speciale concesso dalla Santa Sede con l'Istruzione della Congregazione per l'Educazione Cattolica dell'8 marzo 1996, prot. n. 157/96; A norma del can. 455, § 1 del Codice di diritto canonico delibera Art. 1 Per l'ammissione nei seminari maggiori italiani di alunni, anche stranieri, usciti o dimessi da altro seminario o da case di formazione degli istituti di vita consacrata e delle società di vita apostolica sono da osservare le seguenti disposizioni: 1. - L'alunno, uscito volontariamente o dimesso da un seminario o da una casa di formazione degli istituti di vita consacrata e delle società di vita apostolica, deve presentare domanda scritta e motivata al Vescovo diocesano del seminario presso il quale intende essere ammesso, per il tramite del rettore del seminario medesimo; nel caso di seminari interdiocesani o regionali, la domanda è presentata al Vescovo della diocesi nella quale il candidato intende essere incardinato. In tale domanda il richiedente espone le ragioni che hanno determinato l'abbandono o la dimissione e dichiara altresì che il proprio direttore spirituale, esplicitamente interrogato e richiesto, non lo ha sconsigliato dal persistere nel proposito di accedere agli ordini sacri. 2. - Il rettore, ricevuta la domanda, richiede a nome del Vescovo - cui incombe l'obbligo grave di investigare circa le cause dell'uscita o della dimissione - una dichiarazione scritta al rettore del seminario o al responsabile della formazione dell'istituto di vita consacrata o della società di vita apostolica di provenienza, nella quale deve essere descritto il curricolo del candidato; in particolare devono essere indicate in modo completo e veritiero le cause che hanno determinato l'abbandono o la dimissione del medesimo. 3. - Il rettore acquisisce una conoscenza diretta del soggetto interessato mediante colloqui ed incontri prolungati nel tempo, attraverso i quali verifica anche il contenuto delle informazioni ricevute; richiede inoltre il parere motivato del parroco del candidato, o di un sacerdote che lo conosca effettivamente e ne ha seguito il cammino ecclesiale. Di norma il rettore abbia anche colloqui con il rettore o con il responsabile della formazione dell'istituto di vita consacrata o della società di vita apostolica di provenienza. 4. - Per una migliore valutazione del caso, soprattutto se vengono indicate ragioni inerenti la struttura della personalità ( per es. presenza di tare ereditarie, problemi concernenti la maturità affettiva, umana, anomalie psichiche e sessuali, il ripetuto ricorso ad analisi o terapie psicologiche, divergenze ideologiche e dottrinali, ecc. ), è opportuno chiedere la consulenza di un perito per l'esame e la valutazione della documentazione e per un'eventuale ulteriore verifica sul soggetto. 5. - È opportuno richiedere un adeguato periodo di prova del candidato sotto la guida di un sacerdote, scelto dal rettore d'intesa con il Vescovo, per accertare la disponibilità del soggetto al dialogo e la capacità di accogliere le osservazioni ricevute. Di questa esperienza il sacerdote incaricato presenta una relazione scritta. Durante il periodo di prova il candidato deve essere seguito anche da un direttore spirituale, approvato dal Vescovo. 6. - Prima che si pervenga alla decisione, il Vescovo disposto ad accogliere il richiedente informa il Vescovo proprio del medesimo e ne domanda il parere. Se si tratta di un alunno uscito o dimesso da una casa di formazione di un istituto di vita consacrata o di una società di vita apostolica, il Vescovo disposto ad accogliere informa il superiore maggiore dell'istituto o della società e ne domanda il parere. Qualora venga presentato per l'ordinazione diaconale o presbiterale un candidato accolto in un istituto di vita consacrata o in una società di vita apostolica contro il parere del Vescovo, questi non deve promuovere all'ordinazione ( cfr can. 1052, § 3 ). 7. - L'ammissione è decisa dal Vescovo, d'intesa col rettore del seminario, il quale ordinariamente chiede il parere degli altri educatori circa gli elementi emersi dall'indagine preliminare. La decisione circa l'ammissione, redatta per iscritto dal rettore o - in mancanza - da un sacerdote delegato dal Vescovo ed opportunamente motivata, è comunicata all'interessato, al rettore del seminario di provenienza, al Vescovo proprio del richiedente o al superiore maggiore dell'istituto di vita consacrata o della società di vita apostolica. Restano ferme le disposizioni vigenti circa la documentazione da acquisire e conservare nella cartella personale dei candidati agli Ordini Sacri ( cfr can. 241, §§ 1-2 e allegato n. I della citata Lettera circolare della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ). 8. - Il segreto, cui sono tenuti il confessore e il direttore spirituale, non esime gli stessi dall'obbligo gravissimo di dissuadere, con ogni energia, dal proseguire verso il sacerdozio i candidati che non sono in possesso delle virtù necessarie, soprattutto la castità indispensabile per l'impegno celibatario, ovvero mancano del necessario equilibrio psicologico o non manifestano una sufficiente maturità di giudizio. 9. - Se la domanda del candidato non viene accolta, la decisione è comunicata al medesimo per iscritto e non è suscettibile di impugnazione. 10. - Non possono essere prese in considerazione le domande di ammissione di coloro che, dopo il diciottesimo anno di età, per una seconda volta hanno lasciato il seminario o l'istituto, o ne sono stati dimessi. 11. - I rettori dei seminari e i responsabili delle case di formazione degli istituti di vita consacrata e delle società di vita apostolica sono tenuti in coscienza a fornire le informazioni richieste, attenendosi ai dati in loro possesso. 12. - Fatto salvo in ogni caso il rispetto del foro interno, le richieste di informazione e le informazioni rilasciate circa i candidati sono coperte da doverosa riservatezza in coerenza con il diritto alla buona fama e alla tutela dell'intimità personale ( cfr can. 220 ), senza peraltro che ciò legittimi i responsabili a nascondere o dissimulare il vero stato delle cose relativamente a quanto può essere comunicato in foro esterno. Art. 2 La disciplina stabilita dalle presenti norme è applicata, con gli opportuni adattamenti, anche per l'ammissione nei seminari minori. Art. 3 Le presenti disposizioni, vincolanti per i seminari diocesani, interdiocesani e regionali sono comunicate ai superiori maggiori degli istituti di vita consacrata e delle società di vita apostolica per favorire, su una materia delicata e di interesse comune, una disciplina uniforme nel discernimento dei candidati al ministero ordinato, tenuta anche presente la peculiarità propria del ministero presbiterale da esercitare nelle Chiese particolari rispetto a quello svolto negli istituti di vita consacrata e nelle società di vita apostolica.