30 gennaio 2011

Cari fratelli e sorelle!

In questa quarta domenica del Tempo Ordinario, il Vangelo presenta il primo grande discorso che il Signore rivolge alla gente, sulle dolci colline intorno al Lago di Galilea.

« Vedendo le folle - scrive san Matteo -, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli.

Si mise a parlare e insegnava loro » ( Mt 5,1-2 ).

Gesù, nuovo Mosè, « prende posto sulla "cattedra" della montagna » ( Gesù di Nazaret, Milano 2007, p. 88 ) e proclama « beati » i poveri in spirito, gli afflitti, i misericordiosi, quanti hanno fame della giustizia, i puri di cuore, i perseguitati ( cfr Mt 5,3-10 ).

Non si tratta di una nuova ideologia, ma di un insegnamento che viene dall'alto e tocca la condizione umana, proprio quella che il Signore, incarnandosi, ha voluto assumere, per salvarla.

Perciò, « il Discorso della montagna è diretto a tutto il mondo, nel presente e nel futuro … e può essere compreso e vissuto solo nella sequela di Gesù, nel camminare con Lui » ( Gesù di Nazaret, p. 92 ).

Le Beatitudini sono un nuovo programma di vita, per liberarsi dai falsi valori del mondo e aprirsi ai veri beni, presenti e futuri.

Quando, infatti, Dio consola, sazia la fame di giustizia, asciuga le lacrime degli afflitti, significa che, oltre a ricompensare ciascuno in modo sensibile, apre il Regno dei Cieli.

« Le Beatitudini sono la trasposizione della croce e della risurrezione nell'esistenza dei discepoli » ( ibid., p. 97 ).

Esse rispecchiano la vita del Figlio di Dio che si lascia perseguitare, disprezzare fino alla condanna a morte, affinché agli uomini sia donata la salvezza.

Afferma un antico eremita: « Le Beatitudini sono doni di Dio, e dobbiamo rendergli grandi grazie per esse e per le ricompense che ne derivano, cioè il Regno dei Cieli nel secolo futuro, la consolazione qui, la pienezza di ogni bene e misericordia da parte di Dio … una volta che si sia divenuti immagine del Cristo sulla terra » ( Pietro di Damasco, in Filocalia, vol. 3, Torino 1985, p. 79 ).

Il Vangelo delle Beatitudini si commenta con la storia stessa della Chiesa, la storia della santità cristiana, perché - come scrive san Paolo - « quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono » ( 1 Cor 1,27-28 ).

Per questo la Chiesa non teme la povertà, il disprezzo, la persecuzione in una società spesso attratta dal benessere materiale e dal potere mondano.

Sant'Agostino ci ricorda che « non giova soffrire questi mali, ma sopportarli per il nome di Gesù, non solo con animo sereno, ma anche con gioia » ( De sermone Domini in monte, I, 5,13 ).

Cari fratelli e sorelle, invochiamo la Vergine Maria, la Beata per eccellenza, chiedendo la forza di cercare il Signore ( cfr Sof 2,3 ) e di seguirlo sempre, con gioia, sulla via delle Beatitudini.