Costituzione "Cum inter nonnullos"

Sull'errore degli Spirituali circa la povertà di Cristo

12 novembre 1323

Errore degli Spirituali circa la povertà di Cristo

Dal momento che presso non pochi maestri della scuola, capita spesso che venga messo in dubbio se si debba considerare eretico raffermare con pertinacia che il nostro Redentore e Signore Gesù Cristo e i suoi apostoli, non hanno mai posseduto nulla, né in privato e nemmeno in comune, a coloro che pensano cose diverse e anche contrarie in ordine a questo:

§ Noi, desiderando porre fine a questa disputa, secondo il consiglio dei Nostri fratelli, con questo editto di carattere generale, dichiariamo che una tale pertinace affermazione, da questo momento in poi, dovrà essere ritenuta erronea ed eretica, - dal momento che contraddice chiaramente la sacra Scrittura che in parecchi luoghi afferma che costoro hanno posseduto alcune cose, e dato che afferma apertamente che la stessa Sacra Scrittura, in virtù della quale soprattutto vengono dimostrati gli articoli della fede ortodossa, contiene, per quel che riguarda le cose suddette, un fermento di menzogna, e dato che, in conseguenza, per quanto la riguarda, svuotando totalmente la sua credibilità, rende la fede cattolica, togliendo via la sua argomentazione probante, dubbia e incerta -.

§ E così anche, per l'avvenire, ( deve essere ritenuto erroneo ed eretico ) affermare con pertinacia che al Redentore nostro sopra nominato e ai suoi Apostoli, non sia spettato in alcun modo il diritto di usare quelle cose che la Sacra Scrittura attesta che essi stessi possedevano, e che essi non abbiano avuto neppure il diritto di venderle o donarle o anche di acquistare con queste altre cose, e questo invece, in riferimento alle cose suddette, la sacra Scrittura attesta che loro stessi hanno fatto, o afferma chiaramente che avrebbero potuto fare; dal momento che una tale affermazione include in modo evidente un comportamento e azioni degli stessi, nelle cose prima dette, non conformi a verità, - poiché in ogni caso sul comportamento pratico, sulle azioni o sui fatti del nostro Redentore Figlio di Dio è cosa scellerata pensare in modo contrario alla Sacra Scrittura e ostile alla dottrina cattolica –, dichiariamo, secondo il consiglio dei Nostri fratelli, che questa stessa pertinace affermazione, dovrà essere ritenuta a buon diritto, d'ora in avanti, erronea ed eretica.

Giovanni XXII


Nota L'affermazione respinta in questa bolla fu dapprima designata eretica dall'inquisitore Giovanni de Berna O.P. nel 1231.
Contro la sua censura i francescani spirituali si appellarono al papa, richiamandosi soprattutto al decreto Exiit qui seminai di Niccolò III del 14 agosto 1279, dove si legge: "Affermiamo che una tale rinuncia, sia privata che comunitaria, per amore di Dio alla proprietà di tutte le cose è meritoria e santa: anche Cristo l'insegnò con la sua parola e la confermò col suo esempio, mostrando la via della perfezione".
Il capitolo generale dell'ordine dei frati minori tenuto a Perugia nel 1322 difese questa affermazione.
L'aspra discussione circa la povertà evangelica e perfetta di Cristo e dei frati minori indusse numerose dichiarazioni di Giovanni XXII, tra le quali quella della bolla qui riportata emerge per l'obbligatorietà del suo ammaestramento.
La violenta contesa proseguì. Giovanni XXII difese nelle bolle Quia quorundam del 10 novembre 1324 e Quia vir reprobus del 16 novembre 1329 la sua concezione contro il rimprovero di eresia.