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Convenzioni internazionali

61 Non è lecito usare in questo campo due pesi e due misure.

Ciò che vale nell'ambito di una economia nazionale, ciò che è ammesso tra paesi sviluppati, vale altresì nelle relazioni commerciali tra paesi ricchi e paesi poveri.

Non che si debba o voglia prospettare l'abolizione del mercato basato sulla concorrenza: si vuol soltanto dire che occorre però mantenerlo dentro limiti che lo rendano giusto e morale, e dunque umano.

Nel commercio tra economie sviluppate e in via di sviluppo, le situazioni di partenza sono troppo squilibrate e le libertà reali troppo inegualmente distribuite.

La giustizia sociale impone che il commercio internazionale, se ha da essere cosa umana e morale, ristabilisca tra le parti almeno una relativa eguaglianza di possibilità.

Quest'ultima non può essere che un traguardo a lungo termine.

Ma per raggiungerlo occorre fin d'ora creare una reale eguaglianza nelle discussioni e nelle trattative.

Anche questo è un campo nel quale delle convenzioni internazionali a raggio sufficientemente vasto sarebbero utili, in quanto capaci di introdurre norme generali in vista di regolarizzare certi prezzi, di garantire certe produzioni, di sostenere certe industrie nascenti.

Ognuno vede come un siffatto sforzo comune verso una maggiore giustizia nelle relazioni internazionali tra i popoli arrecherebbe ai paesi in via di sviluppo un aiuto positivo, con effetti non solo immediati, ma duraturi.

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