Istruzione e formazione permanente del clero

1. Fra i compiti affidati alla Congregazione per il Clero, la costituzione apostolica Regimini Ecclesiae universae indica: "La Congregazione ricerca, presenta e raccomanda quei mezzi e sussidi che possono servire ai sacerdoti per tendere alla santità;

raccomanda di non trascurare gli studi, proprio perché, sempre più preparati soprattutto nella rivelazione divina, nella scienza teologica, nelle arti liturgiche e nelle discipline umane, esercitino più fruttuosamente il ministero sacerdotale;

promuove gli istituti pastorali;

cura l'erezione di biblioteche per il clero e l'istituzione, dappertutto, in tempi determinati, dei cosiddetti corsi che sono in particolar modo rivolti ai sacerdoti novelli, affinché questi perfezionino ed estendano il metodo e le cognizioni pastorali, possano avere un mutuo scambio delle esperienze apostoliche, coordinino le attività pastorali ".

2. Nel pieno compimento di questo dovere, la Congregazione per il Clero ha ritenuto necessario dedicare una particolare attenzione al problema della formazione permanente del clero, soprattutto giovane, affinché più efficacemente fosse tradotto in pratica ciò che il Vaticano II ha stabilito in merito.

A questo scopo fu inviato alle conferenze episcopali un ampio questionario per poter conoscere in maniera vitale e certa sia le vere e autentiche questioni che sorgono nelle varie parti del mondo circa questa formazione permanente, sia ciò che si è acquisito in tale materia tramite le esperimentazioni.

Dopo che tutte le risposte furono attentamente esaminate e valutate, ne fu presentata la sintesi, affinché venisse discussa, alla riunione plenaria della Congregazione per il Clero il 18 ottobre 1968.

Le conclusioni di questa riunione vengono comunicate con questa lettera alle conferenze episcopali, per aiutare i vescovi, sia singolarmente che collegialmente, ad attuare e ordinare tale istruzione e formazione.

Considerazioni generali

3. Nessuno certamente ignora che il rinnovamento della Chiesa, auspicato e promosso dal Concilio Vaticano II, dipende in gran parte dal mistero sacerdotale, e perciò dalla formazione impartita ai sacerdoti, dalla continuazione e dal perfezionamento di questa dopo l'ordinazione sacerdotale, soprattutto nei primi anni di vita pastorale.

É uno dei principali compiti del ministero episcopale che questa formazione sia sicura e più profondamente curata: " Essendo necessario proseguire e perfezionare la formazione sacerdotale, a motivo soprattutto delle circostanze della società moderna, anche dopo che è terminato il curricolo degli studi nei seminari, sarà cura delle conferenze episcopali nelle singole nazioni studiare i mezzi più adatti, quali potrebbero essere istituti pastorali in collaborazione con parrocchie opportunamente scelte, convegni periodici, appropriate esercitazioni, in modo che il giovane clero sotto l'aspetto spirituale, intellettuale e pastorale venga introdotto gradualmente nella vita sacerdotale e nell'attività apostolica, e sia in grado sempre più di rinnovare e perfezionare l'una e l'altra ".

4. Occorre che questi tre aspetti della formazione sacerdotale - spirituale, intellettuale, pastorale - siano tra loro armonizzati in modo adatto e conveniente: è infatti assolutamente necessario che regni una giusta armonia tra i vari fini che ci si propone di raggiungere con la formazione permanente, fra la dottrina cioè teologica, la pratica pastorale e la vita spirituale, aspetti che devono essere in stretta connessione e mutua cooperazione.

Il pericolo di eccedere nella formazione spirituale, almeno in questi tempi, sembra meno frequente e ormai passato.

La vita spirituale deve essere considerata quasi il fondamento degli altri due aspetti, poiché l'attività pastorale è quasi il suo frutto e la scienza teologica può essere definita il suo criterio direttivo.

5. Sotto l'aspetto intellettuale, la formazione dei sacerdoti, regolata in modo ordinato e razionale, deve comprendere non solo una trattazione ripetuta ma anche un approfondimento delle discipline primarie, al cui studio un giorno si sono applicati, soprattutto in riferimento alle questioni di sacra dottrina, che maggior importanza hanno per la vita spirituale e l'operosità pastorale.

Bisogna anche aver presente il progresso della dottrina teologica e le nuove questioni pastorali, soprattutto in quanto sono state precisate dal vivo magistero della Chiesa.

Infine ci si preoccupi che le scoperte pastorali, frutto dell'esperimentazione, siano connesse con una solida sintesi dottrinale.

Perciò tra gli studi successivi alla sacra ordinazione bisogna annoverare: la sacra scrittura, i padri e dottori della Chiesa, i documenti della tradizione - tra i quali hanno un posto particolare i decreti del magistero dei concili e dei sommi pontefici - la liturgia, le opere di teologi di provata bontà, nonché esercitazioni pratiche di pastorale, catechetica, omiletica e pedagogia, e problemi circa la dottrina sociale della Chiesa.

Si tengano presenti queste parole del decreto Presbyterorum ordinis: " Nel sacro rito dell'ordinazione, il vescovo ricorda ai presbiteri che devono essere maturi nella scienza, e che la loro dottrina dovrà risultare come una spirituale medicina per il popolo di Dio.

Ora, bisogna che la scienza del ministro sacro sia anch'essa sacra, in quanto derivata da una fonte sacra e diretta a un fine altrettanto sacro ".

6. La determinazione poi della materia di questo studio per la formazione dei sacerdoti non sembra doversi lasciare all'arbitrio o ai desideri dei singoli.

Non si può stabilire questa materia in base ad alcune opinioni oggi in vigore né seguendo una particolare scuola teologica.

Bisogna certo sempre considerare e aver presente ciò che i sacerdoti desiderano, e tuttavia non a tal punto che tali desideri diventino ragione e norma nella scelta della materia per la formazione teologica.

7. Giova proporre qui alcune considerazioni riguardo ad alcune difficoltà, che non raramente si incontrano al giorno d'oggi, quando si vuole attuare questa formazione dei giovani sacerdoti.

Ai nostri giorni infatti vengono sollevati dubbi e discussioni riguardo a quasi tutte le cose, perfino circa le verità di fede; da ciò deriva che molti sacerdoti non hanno più una personale certezza circa l'autentica dottrina cattolica, fino al punto che vengono posti in dubbio o almeno in discussione persino i principi, che reggono e dirigono la vita cristiana e sacerdotale.

Questo atteggiamento non favorisce per nulla quello spirito soprannaturale, che è assolutamente indispensabile alla vita e al ministero dei sacerdoti, ma li sospinge verso quella che chiamano " secolarizzazione ": e questa non solo talvolta esiste nella realtà, ma viene anche apertamente perseguita e intesa.

Se infatti si perde il cosiddetto patrimonio della dottrina cattolica, che ognuno possiede in modo certo e personale e che dirige efficacemente la propria vita e attività, vengono a mancare gli aiuti con cui si può resistere al naturalismo e al materialismo pratico, di cui è totalmente impregnata ai nostri giorni la vita sociale.

8. I giovani sacerdoti provano spesso difficoltà a conservare integralmente il deposito della fede, che Gesù ha trasmesso alla Chiesa.

Molteplici sono le cause di questo fatto.

In parte ciò deriva dalla crescente volontà di contraddizione, per cui non si esita a respingere anche le stesse verità tramandate della fede, soprattutto per quanto riguarda la maniera di esprimerle.

Quest'inclinazione alla critica concerne anzitutto le dichiarazioni dell'autentico magistero ecclesiastico e arriva fino al punto di rimettere in discussione l'obbedienza.

La causa di questo turbamento degli animi è anche in parte da trovarsi nell'accresciuto peso dato alle scienze sperimentali, le cui conclusioni talvolta i teologi interpretano in modo non conforme alla fede: questa interpretazione non è approvata nemmeno dagli stessi cultori di queste scienze, almeno da quelli che non sono imbevuti di qualche ideologia ostile alla religione cristiana.

Infine è da ricordarsi il profondo cambiamento della vita sociale, che grandemente influisce su ciò che riguarda la vita sociale del sacerdote.

9. La vita spirituale poi richiede una fede personale viva, dalla quale nasce, sulla quale si basa, dalla quale riceve incremento.

Il rapporto è reciproco: la vita spirituale infatti da parte sua corrobora la fede e rende così sicuro il modo teologale di studiare, di pensare e di decidere il da farsi; facilita inoltre l'assenso alla dottrina proposta dal magistero, che è la norma prossima del lavoro teologico.

Per diritto divino infatti al supremo pastore della Chiesa e ai vescovi in comunione con lui compete l'ufficio di insegnare ciò che riguarda la fede; questo potere non è attribuito né ai laici né ai preti.

Occorre quindi che sia sinceramente accettato ciò che il magistero propone: se non si accoglie tutto, e senza ambiguità o eccezioni, tutto il resto diventa vano e privo di valore.

Infatti a causa dell'aiuto dello Spirito Santo, promesso al magistero della Chiesa, presupposto naturalmente ciò che è da presupporre, " religioso rispetto di volontà e di intelligenza … si deve prestare al magistero autentico del romano pontefice, anche quando non parla "ex cathedra" ", anzi " si deve aderire con l'ossequio della fede alle definizioni " del supremo magistero.

Per confermare questa vita spirituale e la coscienza del sacerdozio, è auspicabile che la mattina del Giovedì Santo, ogni sacerdote partecipi o no alla messa crismale rinnovi l'atto con cui si è consacrato al Cristo, con cui ha promesso di adempiere gli obblighi sacerdotali, in particolare di osservare il sacro celibato e di prestare obbedienza al vescovo ( o al superiore religioso ), e nel suo animo rinnovi la missione sancita dal sacro ordine, con la quale è stato chiamato al servizio della Chiesa.

10. La formazione teologica deve prima di tutto proteggere pienamente e in tutte le sue parti la dottrina cattolica proposta dal magistero della Chiesa, spiegarla ed esporla con acutezza, adoperando gli aiuti e i sussidi, che le discipline dei sacri testi, i Padri della Chiesa e i " patrimoni filosofici perennemente validi " hanno apportato.

Né si può omettere la dottrina cattolica sul dovere di difendere allo stesso modo l'autorità del magistero stesso della Chiesa.

Bisogna presentare tutto ciò tenendo presenti le difficoltà, che sorgono circa la sacra dottrina a causa delle problematiche accanitamente oggi sollevate e alle quali bisogna dare una risposta veramente cristiana.

11. Una solida vita spirituale e una scienza teologica retta suscitano e favoriscono lo zelo e l'operosità pastorale, una fruttuosa amministrazione dei sacramenti, una predicazione della parola di Dio dotata di forza persuasiva e una carità pastorale universale: ciò che costituisce l'ufficio al cui compimento i sacerdoti hanno ricevuto l'ordinazione: in tal maniera però che la carità verso Dio sia sempre fondamento della carità verso il prossimo, e i sacerdoti espongano la dottrina della fede in modo sempre conforme al magistero della Chiesa e distinguano chiaramente l'attività sacerdotale dall'azione politica e sociale, che propriamente spetta ai laici.

É indispensabile un atteggiamento dell'animo che induca a condurre una vita fatta di pietà e di disciplina, dal momento che il ministero sacerdotale, del quale i sacerdoti sono partecipi, richiede assolutamente una forma di vita consona con i doni ricevuti nella ordinazione sacramentale e con le mansioni che ognuno dovrà esercitare nella vita pastorale: " Perché impiegando i mezzi efficaci che la Chiesa ha raccomandato, tendano a quella santità sempre maggiore che consentirà loro di divenire strumenti ogni giorno più validi di tutto il popolo di Dio ".

L'apostolo Paolo inoltre esorta: " Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l'imposizione delle mie mani.

Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza " ( 2 Tm 1,6-7 ).

Se nei sacerdoti saranno sempre presenti e vigorose queste realtà, essi non dimenticheranno per quali ragioni un giorno si sono consacrati a Dio e al suo gregge nel sacerdozio, né vi sarà il pericolo che dimentichino che cosa possano procurare ai fedeli per la loro salvezza o che sostituiscano alla carità verso il prossimo un semplice umanesimo naturale.

12. Occorre per questo che il vescovo si preoccupi grandemente che i professori, a cui viene affidato l'incarico di istruire i sacerdoti, non siano scelti a caso.

Il criterio di scelta di questi professori deve essere la sana mentalità ecclesiastica.

Il sentire con la Chiesa, che bisogna senza posa fomentare, richiede infatti un teologo fedele alla Chiesa.

In genere infatti per favorire la vita sacerdotale e la sua forza persuasiva, bisogna realizzare una stretta connessione tra la scienza teologica e la spiritualità propria dei sacerdoti.

E così possono essere ritenuti maestri adatti a questo scopo coloro che risolvono le questioni loro proposte, non coloro che suscitano e aumentano i dubbi.

Non possono essere motivi per la loro scelta né la celebrità della quale pubblicamente godono, né la ricerca della novità nel proporre e spiegare le problematiche, o un modo di presentarle che risulti attraente ma che non istruisca o persuada.

L'abitudine di impugnare le tradizioni, le istituzioni e l'autorità della Chiesa, non rende alcuno idoneo ad adempiere quest'ufficio.

Come maestro che formi gli alunni sia invece scelto il sacerdote che sinceramente sente con la Chiesa, e da questo atteggiamento non si discosta né per un verso né per l'altro.

I maestri di sacerdoti, considerando con animo attento e cuore sincero gli autentici beni del nostro tempo e le sue vere esigenze, ed aderendo profondamente circa la dottrina e la vita alle tradizioni della Chiesa, si adoperino con la mente e l'attività per armonizzare le richieste, esigenze e tendenze dei nostri tempi, in quanto sono legittime, con la tradizione della Chiesa.

" Si vede facilmente quanto sia opportuno e del tutto necessario di avere degli ottimi maestri e guide, che li rischiarino con l'esempio non tanto degli insegnamenti dottrinali quanto dell'esercizio del ministero sacerdotale ".

13. Perché poi la formazione dei sacerdoti proceda in modo ordinato e razionale, deve essere accuratamente preparata e fedelmente eseguita.

" Perché questa istruzione e formazione dottrinale all'apostolato sia convalidata dalla pratica e dall'esperienza, deve essere accompagnata da un esercizio pratico, saggiamente graduato e prudentemente guidato; questa pratica vogliamo che sia svolta e perfezionata dopo il conseguimento del sacerdozio per mezzo di uno speciale tirocinio sotto la guida di persone espertissime sia nella dottrina che nel consiglio e nell'esempio, e di continuo deve essere rafforzata, senza mai interrompere gli studi sacri ".

Si risponderebbe ottimamente a questa esigenza, se il vescovo affidasse la formazione dei sacerdoti a un sacerdote come direttore degli studi o a un piccolo gruppo, formato da non più di tre sacerdoti.

Data l'importanza del problema è estremamente conveniente che il vescovo si mantenga in rapporto stretto con il direttore o i direttori della formazione sacerdotale.

Per quanto possibile, si curi mediante corsi speciali la preparazione di quei sacerdoti, che saranno addetti alla formazione e istruzione permanente degli altri.

Proposte

14. La responsabilità dell'organizzazione teorica e pratica della formazione sacerdotale, spetta anzitutto all'ordinario del luogo, e questo perché i sacerdoti partecipano in un certo modo ai compiti e alla sollecitudine dei vescovi e quotidianamente vi si dedicano: se quindi il vescovo si preoccupa " di incrementare l'attività pastorale in tutta la diocesi ", è anche necessario che provveda alla permanente formazione dei sacerdoti.

Questo anche perché le necessità e possibilità della formazione sacerdotale sono così profondamente diverse secondo la varietà dei popoli e delle regioni che una seria formazione solamente si può avere tenendo conto delle condizioni locali.

É evidente tuttavia che talora il problema può essere meglio risolto in un ambito più vasto, per esempio a livello di conferenze episcopali.

15. Perciò tra le proposte che vengono presentate in questo documento e che sono pure il frutto di numerose esperienze fatte in vari luoghi, i vescovi o le conferenze episcopali scelgano quelle che, nel loro territorio, sembrano più opportune secondo le circostanze e le possibilità.

Niente si oppone al fatto che, di comune accordo degli interessati, vengano intraprese delle iniziative interdiocesane, soprattutto dove ciò sia consigliato dalla scarsità del clero.

1. Anno di pastorale

16. Nel Motu proprio Ecclesiae sanctae, con cui in data 6 agosto 1966 si è dato effetto alle prescrizioni del decreto Christus Dominus, n. 16, e del decreto Presbyterorum ordinis, nn. 19-21, si stabilisce: " Procurino i vescovi da soli o uniti tra di loro, che tutti i presbiteri, anche se incaricati di un ministero, seguano una serie di lezioni pastorali, subito dopo l'ordinazione, per la durata di un anno ".

In alcune diocesi finora si è provveduto a questo anno di pastorale protraendo più o meno a lungo il diaconato.

Gli scopi di questo anno di pastorale sono i seguenti:

a) Un passaggio più facile dalla vita del seminario all'esercizio del ministero pastorale.

b) Un graduale accesso alle attività pastorali, cosicché procedano per gradi, senza improvvisate iniziative, sia la conoscenza dell'ambiente umano in cui i sacerdoti devono vivere e agire, sia la capacità di svolgere i vari ministeri e di entrare in contatto con i diversi gruppi di persone.

c) Una maturità umana e sacerdotale più profonda, mediante l'esperienza pastorale.

La necessità di tutto questo fu già ricordata dal sommo pontefice Pio XII, di felice memoria, nell'esortazione apostolica Menti nostrae, dove si consigliava pure, come strumento adattissimo, la vita comune dei giovani sacerdoti: " Vi esortiamo, venerabili fratelli, a non immettere per quanto è possibile i sacerdoti ancora inesperti nel mezzo delle attività e a non assegnarli a località distanti dalla capitale della diocesi o dalle città più importanti.

Messi infatti in simili condizioni di vita, isolati, inesperti, esposti a pericoli, privi di prudenti maestri, senza dubbio potrebbero averne danno sia essi stessi sia il loro zelo.

Ci sembra, venerabili fratelli, molto raccomandabile che questi novelli sacerdoti vivano insieme con qualche parroco e con i suoi collaboratori: così più facilmente, sotto l'esempio di persone più anziane, potranno formarsi ai sacri ministeri e maggiormente impregnarsi di spirito di pietà …

Ora noi approviamo e raccomandiamo vivamente ciò che era già divenuto un desiderio della Chiesa, che si inizi cioè dal clero di una parrocchia o di più parrocchie vicine la pratica della vita comune ".

17. L'anno di pastorale può essere svolto sia in un istituto o in una casa a ciò destinati sia nelle parrocchie o in centri di attività pastorale.

Il tempo sia stabilito in modo da provvedere adeguatamente sia allo studio che alla pratica pastorale.

Nell'introdurre quest'anno pastorale è necessario che siano osservate tra le altre le seguenti condizioni:

a) Siano accuratamente scelti i parroci e le parrocchie, dove si mandano i diaconi o i giovani sacerdoti a iniziarsi al ministero pastorale.

b) Quanto all'attività pastorale dei sacerdoti recentemente ordinati, siano chiaramente definite le condizioni circa l'ampiezza del lavoro.

Il giovane sacerdote infatti non deve essere considerato quasi come un collaboratore, anche se non pienamente esperto, e perciò deve essere mandato presso quei sacerdoti, che siano veramente disposti a dedicare tempo e sforzo nella formazione del giovane collega.

c) Durante l'anno pastorale ai novelli sacerdoti si diano sufficienti occasioni per incontri con i coetanei per mutuamente comunicarsi le esperienze, per completarle e, se necessario, correggerle.

d) Soprattutto però durante questo anno pastorale si favorisca un assiduo contatto dei sacerdoti col vescovo, col vicario generale o episcopale, ecc.

e) Solo dopo l'anno di pastorale i novelli sacerdoti ricevano un determinato incarico in una parrocchia.

2. Esami triennali e parrocchiali

18. Le norme del canone del Codice di Diritto Canonico sui cosiddetti esami triennali sono tuttora in vigore.

Lo stesso si dica dell'esame parrocchiale, con cui il candidato comprova la sua idoneità, anche se sono stati abrogati i concorsi secondo la prescrizione del Motu proprio.

Il vescovo o le conferenze episcopali possono predisporre un opportuno aggiornamento di questi sussidi tradizionali, come pure l'ordinamento degli esami, la distribuzione delle materie e la determinazione delle questioni particolari.

Questi esami devono concernere non solo la dottrina, ma anche la pratica; niente si oppone al fatto che si adoperi la forma di colloquio o di una particolare esercitazione, da farsi su una materia determinata sotto la guida di un maestro esperto.

3. Corso di perfezionamento per sacerdoti

19. Il decreto Presbyterorum ordinis esige anzitutto che ai sacerdoti, pochi anni dopo la loro ordinazione, sia data la possibilità di frequentare " dei corsi di perfezionamento nelle scienze teologiche e nei metodi pastorali; questi corsi dovranno servire anche a rafforzare la vita spirituale e consentiranno un proficuo scambio di esperienze apostoliche con i confratelli ".

Giova destinare l'inizio del corso a un ritiro spirituale, per un tempo sufficientemente lungo.

Si tratta naturalmente di un corso distinto dall'anno pastorale, e forse in questo corso ci si potrà soprattutto dedicare a che " i giovani recentemente ordinati al sacerdozio siano esercitati in quelle materie e attività necessarie perché possano con disinvoltura, capacità e entusiasmo attendere a quelle forme nuove di apostolato, introdotte dalla nostra epoca ".

Questi corsi di perfezionamento possono essere imposti e prescritti per vari anni; siano tuttavia liberamente aperti anche agli altri sacerdoti.

4. Corsi di studio

20. Conviene che le facoltà di teologia organizzino per tutto il clero delle opportune sessioni di studio ( per esempio una settimana all'anno o una volta al mese ), con cui offrire loro un utile complemento alla formazione teologica.

I corsi settimanali possono tenersi per corrispondenza.

Dopo dieci e venticinque anni di sacerdozio si può obbligare a queste sessioni di studio.

5. Convegni di sacerdoti

21. Le riunioni di decanato, di cui nel can. 131 del Codice di Diritto Canonico, siano opportunamente adattate alle odierne circostanze; si favoriscano gli incontri dei sacerdoti della stessa età o della stessa regione, per sviluppare una reciproca carità, per comunicare le diverse esperienze, per superare le divergenze dovute all'età.

6. Costituzione di biblioteche

22. Conviene che, in ogni decanato o almeno in ogni regione, siano costituite delle biblioteche, con libri di sicura dottrina, di cui i sacerdoti possono aver bisogno per consolidare e accrescere le loro conoscenze di teologia, spiritualità e pastorale; l'accesso a tali libri sia facile e gratuito.

7. Vacanze per motivi di studio

23. Siano concessi con facilità periodi di vacanza ai sacerdoti, che desiderano impiegarli per ampliare i loro studi teologici.

8. Altre occasioni per la formazione di sacerdoti

24. Nelle singole diocesi o nelle regioni interdiocesane, secondo le possibilità, si può creare un Istituto pastorale, sotto la guida di una commissione a ciò nominata, con lo scopo di far progredire più facilmente la conoscenza della teologia pastorale, attraverso brevi corsi, pubblicazioni periodiche, conferenze destinate a tutti i sacerdoti e iniziative simili.

25. Conviene favorire - con le dovute cautele, suggerite nei singoli casi dalla prudenza - la libera costituzione di gruppi teologici; siano incoraggiate in genere le istituzioni che aiutano i sacerdoti nella loro vita spirituale, nell'attività pastorale e nella formazione intellettuale: si costata infatti che in molti luoghi dall'alacre attività di simili istituzioni si ottengono abbondanti frutti per la santità e il ministero sacerdotale.

Conclusione

26. Questa sacra Congregazione, dedita al servizio del clero, intende incrementare i mutui rapporti con le conferenze episcopali e con le speciali commissioni per il clero dalle stesse istituite, coll'intento di raccogliere informazioni sulle iniziative e sui risultati conseguiti e di comunicarle a tutti gli interessati.

Sarà perciò immensamente grata ai vescovi e alle conferenze episcopali, se vorranno inviarle relazioni sulle esperienze, suggerimenti e proposte per orientare e assicurare la permanente formazione dei sacerdoti, che è di così grande importanza per la vita di tutta la Chiesa.

Questo sacro dicastero confida che il colloquio, avviato da questa lettera sulla formazione permanente dei sacerdoti, in futuro si svolga in modo ancora migliore per la comune utilità, al servizio dei sacerdoti.

Roma, 4 novembre 1969, festa di san Carlo Borromeo.

Giovanni Card. Wright
Prefetto

Pietro Palazzini Arciv.
tit. di Cesarea di Cappadocia
Segretario