Renovationis causam

Indice

I - Alcuni criteri e princìpi

1. La complessità delle situazioni, a cui si è sopra accennato, e in modo speciale la crescente diversità degli Istituti e delle loro attività, permettono sempre meno di formulare norme idonee, applicabili indistintamente a tutti gli Istituti e in tutte le regioni.

Per questo le norme più larghe promulgate con questa Istruzione, devono permettere ad ogni Istituto di scegliersi con prudenza i metodi più convenienti.

In particolare è opportuno non dimenticare che, principalmente in materia di formazione e di educazione, i metodi più adatti non sono proprio gli stessi per gli Istituti maschili e per quelli femminili.

Così pure i criteri e i mezzi di formazione saranno differenti, secondo che si tratta di un Istituto dedito esclusivamente alla contemplazione ovvero di un Istituto dedito alle attività apostoliche.

2. Le questioni sorte dalla facoltà che con questa Istruzione viene accordata agli Istituti di sostituire, se lo ritenessero opportuno, i voti temporanei con vincoli di genere diverso, inducono a richiamare alla memoria la natura e il valore proprio della professione religiosa.

Questa professione infatti, con cui i mèmbri degli Istituti, « mediante i voti od altri vincoli sacri, per loro natura simili ai voti »,8 si obbligano alla pratica dei tre consigli evangelici, costituisce una consacrazione totale a Dio, che solo merita un dono così assoluto da parte di una persona umana.

È più conforme al carattere di un tal dono che esso raggiunga il suo compimento e la sua espressione più alta nella professione perpetua, sia semplice o solenne.

Difatti la « consacrazione sarà tanto più perfetta, quanto più solidi e stabili sono i vincoli con cui viene rappresentata l'immagine di Gesù Cristo unito indissolubilmente alla Chiesa sua sposa ».9

La professione religiosa, costituisce così un atto di religione ed una speciale consacrazione a Dio.

Non solo secondo l'insegnamento della Chiesa, bensì anche per il carattere proprio di questa consacrazione, il voto di obbedienza, con il quale il religioso compie la piena rinuncia di se stesso e, insieme con i voti di povertà e di castità, si offre a Dio in sacrificio perfetto, appartiene all'essenza della professione religiosa.10

Il religioso così consacrato a Gesù Cristo, è per ciò stesso consacrato al servizio della Chiesa e, secondo la propria vocazione, viene a realizzare la perfezione della carità apostolica, che deve sospingerlo ed animarlo, sia nella vita esclusivamente contemplativa che in quella attiva.

Conviene peraltro rammentare che, anche se negli Istituti dedicati all'apostolato « L'azione apostolica e caritativa appartiene alla natura della vita religiosa »,11 essa non costituisce il fine primario della professione religiosa.

Del resto, le stesse opere apostoliche si possono perfettamente compiere senza la consacrazione propria dello stato religioso, sebbene questa consacrazione possa, anzi debba aiutare colui che vi si è obbligato, a dedicarsi con maggiore intensità all'apostolato.

Se è quindi utile rinnovare la vita religiosa nei suoi mezzi e nelle sue forme concrete, non è peraltro lecito sostenere la necessità di modificare la sostanza della professione religiosa, ne di attenuarne le esigènze; giacché i giovani che ai nostri giorni sono da Dio chiamati allo stato religioso, non desiderano meno, anzi bramano di corrispondere a simile vocazione in tutte le sue esigenze, a condizione che queste siano autentiche.

3. Nondimeno, prescindendo dalla vocazione religiosa propriamente detta, lo Spirito Santo non cessa di suscitare nella Chiesa, particolarmente in questi ultimi tempi, molti Istituti i cui mèmbri, legati o meno da un qualche vincolo sacro, intendono condurre una vita comune e di mettere in pratica i consigli evangelici, per darsi a diverse attività apostoliche o caritative.

La Chiesa ha riconosciuto e sanzionato l'autenticità di queste differenti forme di vita; esse però non costituiscono lo stato religioso, sebbene, quanto alla legislazione canonica, ben sovente siano in qualche modo simili.

Le norme e le disposizioni contenute in questa Istruzione riguardano pertanto direttamente gli Istituti religiosi propriamente detti, mentre gli altri Istituti potranno liberamente ispirarvisi quanto all'ordinamento della formazione dei loro mèmbri nella forma meglio corrispondente allo spirito delle rispettive attività.

4. Le facoltà accordate con questa Istruzione sono state suggerite da un certo numero di costatazioni che conviene brevemente esporre.

Pare ai nostri giorni che un'autentica formazione alla vita religiosa debba essere più graduale ed estendersi ad una più lunga durata.

Essa deve insieme abbracciare il periodo del noviziato e gli anni successivi ai primi vincoli temporanei.

In questo ciclo di formazione, il noviziato deve conservare la sua funzione insostituibile e privilegiata di prima, iniziazione alla vita religiosa.

Questa finalità non si potrà però raggiungere, se il futuro novizio non possiede per lo meno una qualche preparazione umana e spirituale, che è conveniente non solo provare, bensì anche sovente completare.

Infatti il noviziato si deve compiere nel periodo di tempo in cui ogni candidato, avendo preso coscienza della chiamata da parte di Dio, è giunto a tale grado di maturità umana e spirituale che gli permetta di rispondere a questa chiamata con sufficiente scelta libera e responsabile.

Non si deve invero entrare nella vita religiosa senza che una tale scelta sia stata fatta liberamente, con l'accettazione delle rotture che essa comporta rispetto alle persone ed alle cose.

Questa prima risoluzione tuttavia non esige necessariamente che il candidato sia in condizione di soddisfare immediatamente tutte le esigenze della vita religiosa e delle opere apostoliche dell'Istituto; egli però deve essere ritenuto capace di giungervi progressivamente.

La maggior parte delle difficoltà incontrate ai nostri giorni nella formazione dei novizi derivano appunto dal fatto che questi, al momento della loro ammissione al noviziato, non possedevano la sufficiente maturità.

Una preparazione all'ingresso nel noviziato risulta quindi tanto più necessaria, quanto più il mondo è refrattario ai valori del cristianesimo.

Un graduale adeguamento spirituale e psicologico si rivela infatti nella maggior parte dei casi indispensabile, per preparare gli animi a certe rotture con l'ambiente e con le stesse consuetudini mondane.

I giovani d'oggi, che si sentono attratti dalla vita religiosa, non cercano una vita facile, e la loro sete d'assoluto è grande; se non che la loro fede riposa sovente su conoscenze dottrinali elementari, non adeguate allo sviluppo delle loro conoscenze profane.

Di conseguenza tutte le Famiglie religiose, anche quelle in cui non è prescritto il postulato, devono dare grande importanza a questa preparazione all'ingresso nel noviziato.

Negli Istituti che possiedono scuole apostoliche, collegi ovvero seminari, i candidati alla vita religiosa di solito passano direttamente al noviziato.

Sembra peraltro opportuno riflettere se sia conveniente conservare questo modo di procedere, o se sia piuttosto preferibile, per una migliore preparazione alla scelta pienamente responsabile della vita religiosa, far precedere l'ammissione al noviziato da un conveniente periodo di prova, atto a favorire la maturazione umana ed affettiva del candidato.

D'altro canto, pur riconoscendo che i problemi si possono presentare in maniera assai diversa secondo le regioni, occorre tuttavia confessare che l'età dell'ammissione al noviziato deve ora essere superiore a quella richiesta nel passato.

5. Negli Istituti dediti alle attività apostoliche, quanto alla formazione nel noviziato, è chiaro che essa deve tenere in maggior conto la necessità di preparare i novizi, fin dal principio e,

in una forma più diretta, al genere di vita o di attività, che dovranno essere loro proprie in avvenire,

e di insegnar loro così a realizzare a poco a poco nella propria vita le condizioni di quella armoniosa unità che associa la contemplazione e l'azione apostolica;

unità che è uno dei valori fondamentali dei medesimi Istituti.

La realizzazione di questa unità suppone una giusta concezione dell'essenza della vita spirituale e dei mezzi che conducono ad una più stretta unione con Dio, lasciandosi guidare da un identico amore soprannaturale verso Dio e verso gli uomini, che si esprime ora nella solitudine di un contatto intimo con il Signore, ora nella dedizione generosa alle attività apostoliche.

È utile insegnare ai giovani religiosi che questa unità tanto desiderata, a cui aspira ogni esistenza umana per essere pienamente sviluppata, non si realizza al livello delle attività, ne può in generale essere psicologicamente avvertita, giacché risiede nella carità divina, che è il vincolo della perfezione e sorpassa ogni esperienza sensibile.

Il tendere a questa unità, che non si può raggiungere senza un lungo cammino di spogliamento, ne senza un assiduo sforzo rivolto a purificare l'intenzione nell'azione, esige che in queste Famiglie religiose venga con fedeltà osservata la legge inerente alla vita spirituale, che consiste nello stabilire, durante il corso della propria vita, un proporzionato avvicendamento tra i periodi riservati alla solitudine con Dio e quelli dedicati alle diverse attività ed alle relazioni umane, che esse comportano.

Al fine pertanto di permettere ai novizi di scoprire l'importanza di questa legge e di cominciare a prenderne la consuetudine, nel far l'esperienza di certe attività proprie del loro Istituto, pare utile lasciare alle Famiglie religiose, che lo ritenessero opportuno, la possibilità di introdurre nel corso del noviziato periodi di esperimenti formativi in rapporto alle attività ed al genere di vita loro propri.

Importa rilevare che questi periodi, i quali vengono ad integrare la formazione del noviziato, non hanno la finalità di impartire ai novizi la formazione tecnica o professionale richiesta da talune attività apostoliche, quale verrà loro data più tardi, bensì di contribuire a far loro meglio scoprire, nell'esercizio di queste attività, le esigenze della loro vocazione religiosa e la maniera di restarvi stabilmente fedeli.

Non devono infatti i religiosi, di fronte alle diverse attività apostoliche che loro si offrono, dimenticare che, a differenza degli Istituti secolari, la cui specifica attività viene esercitata con i mezzi del mondo o nelle realtà temporali, essi hanno innanzi tutto, secondo l'insegnamento del Concilio, l'obbligo di essere in seno alla Chiesa, in una forma tutta particolare, i testimoni di Gesù Cristo: « I religiosi devono con cura tendere a far sì che la Chiesa per loro mezzo mostri in realtà ogni giorno più efficacemente, sia ai fedeli che agli infedeli.

Gesù Cristo quando è assorto in contemplazione sul monte, o quando annuncia alle folle il regno di Dio, o quando guarisce i colpiti da infermità e malanni e converte i peccatori sulla via del bene, o quando benedice i fanciulli ovvero dispensa a tutti benefici, in ogni momento obbedendo alla volontà del Padre che lo ha mandato ».12

Diversi sono invero i doni.

Di conseguenza ognuno deve restare fermo nella vocazione ricevuta; giacché altra è la missione di coloro che sono stati chiamati allo stato religioso nella Chiesa, altra la missione degli Istituti secolari, altra infine la missione temporale ed apostolica dei laici che non hanno fatto una speciale consacrazione a Dio in un Istituto.

È in questa prospettiva della propria vocazione che colui il quale è chiamato da Dio allo stato religioso, ha il dovere di comprendere il valore e il significato della formazione che comincia a ricevere nel corso del noviziato.

Il carattere pertanto e il valore educativo di questi periodi di attività, come pure l'opportunità di introdurli durante il noviziato, dovranno essere differentemente valutati, secondo che si tratti di Famiglie religiose maschili o femminili, ovvero di Famiglie dedite alla contemplazione od alle attivi tà apostoliche.

D'altronde l'efficacia di questa formazione, impartita in un clima di maggiore libertà ed adattabilità, molto dipende anche dalla fermezza e dalla saggezza della direzione data dal Maestro dei novizi e da tutti coloro che, dopo il noviziato, dovranno contribuire alla formazione dei giovani religiosi.

È altresì da rilevare l'importanza dell'influsso esercitato su tale formazione dall'ambiente di fervore generoso e concorde di una comunità, in seno alla quale i giovani religiosi siano in grado di sperimentare il valore del reciproco aiuto fraterno, come fattore di più facile progresso e perseveranza nella loro vocazione.

6. Nell'intento di corrispondere a tale bisogno di una formazione graduale, è stata posta la questione se si debba prolungare il periodo di prova dei vincoli temporanei che precedono la professione dei voti perpetui, e se si debbano sostituire ovvero premettere ai voti temporanei vincoli di genere diverso.

È infatti conveniente che, al momento di pronunciare i voti perpetui, il religioso sia giunto al grado di maturità spirituale necessario, affinché lo stato religioso, nel quale si accinge ad impegnarsi definitivamente, possa davvero essere per lui un mezzo per raggiungere più facilmente la perfezione ed una più grande carità, e non un fardello troppo pesante da portare.

Se nondimeno in alcuni casi il prolungamento della prova temporanea può favorire questa maturazione, in altri può invece comportare inconvenienti che è utile segnalare.

Il fatto di restare troppo a lungo in uno stato d'incertezza, non è sempre fattore di maturazione; anzi, questa situazione può produrre in taluni una certa tendenza all'instabilità.

Occorre aggiungere che in caso di non ammissione alla professione perpetua, il ritorno alla vita laicale sovente porta con sé problemi di riadattamento tanto più dolorosi e difficili, quanto più lungo è stato il periodo trascorso con i vincoli temporanei.

I Superiori devono pertanto essere consapevoli della responsabilità che sotto questo aspetto si assumono, e non rinviare fino all'ultimo momento una risoluzione, che avrebbero potuto e dovuto prendere prima.

7. Nessun Istituto deve prendere la deliberazione di far uso della facoltà accordata con questa Istruzione, di sostituire i voti temporanei con vincoli di genere diverso, senza che siano stati pienamente conosciuti e soppesati i motivi e la natura di un simile cambiamento.

Non si tratta, per colui che ha sentito la chiamata di Gesù a lasciar tutto per seguirlo, di rimettere in discussione l'importanza di corrispondere con cuore generoso ed aperto a questa chiamata fin dall'inizio della sua vita religiosa; la professione dei voti temporanei corrisponde perfettamente a questo impegno.

Pur conservando il carattere di prova, per il fatto che è temporanea, la professione dei primi voti rende tuttavia il candidato partecipe della consacrazione propria dello stato religioso.

Nondimeno la preparazione ai voti perpetui si può anche fare senza la professione dei voti temporanei.

Difatti non è raro trovare, oggi più sovente che nel passato, novizi i quali terminano il loro noviziato senza aver acquistato la maturità sufficiente per legarsi immediatamente con i voti religiosi, ne d'altra parte si può mettere in dubbio la loro generosità e l'autenticità della loro vocazione allo stato religioso.

Questa esitazione a pronunciare i voti si accompagna sovente alla coscienza molto chiara che essi hanno delle esigenze e dell'importanza della professione perpetua, a cui aspirano e desiderano di prepararsi.

Di conseguenza è sembrato conveniente a talune Famiglie religiose che i novizi, al termine del noviziato, si possano legare con un vincolo temporaneo differente dai voti, corrispondente di più al loro duplice desiderio di donarsi a Dio e all'Istituto e di impegnarsi a una preparazione più completa alla professione perpetua.

Qualunque sia la forma di un siffatto vincolo temporaneo, è naturale che la fedeltà ad un'autentica vocazione religiosa esiga che esso conduca in qualche modo alla pratica dei tre consigli evangelici, e sia così già tutto orientato verso l'unica professione perpetua, di cui deve essere come un tirocinio ed una preparazione.

8. Colui che assume l'impegno di seguire il Signore nella vita religiosa, deve ricordare la sua parola : « Nessuno che, nell'atto di metter mano all'aratro, guarda indietro, è fatto per il Regno di Dio » ( Lc 9,62 ).

Ciò nonostante, le maggiori difficoltà psicologiche ed affettive incontrate da alcuni nel loro progressivo adattamento alla vita religiosa, non sono sempre risolte al termine del noviziato, senza che si possa mettere prudentemente in dubbio la possibilità di un'autentica vocazione.

In non pochi casi il permesso di assenza da parte dei Superiori, previsto dal diritto, offre loro l'occasione di vivere per un certo periodo di tempo fuori della casa dell'Istituto per essere più facilmente in grado di risolvere le proprie difficoltà.

In altri casi più difficili però questa soluzione non basta.

Allora potranno i Superiori suggerir loro di far ritorno nel mondo, avendo eventualmente riguardo alla facoltà di cui al n. 38 di questa Istruzione.

9. Una formazione religiosa infine più progressiva e saggiamente distribuita lungo le varie tappe della vita del giovane religioso, deve trovare il suo compimento in una seria preparazione ai voti perpetui.

È infatti desiderabile che questo atto unico ed essenziale della consacrazione perpetua di un religioso a Dio, sia preceduto da una preparazione immediata sufficientemente lunga, trascorsa nel raccoglimento e nella preghiera; preparazione che si potrebbe ritenere come un secondo noviziato.

Indice

8 Lumen gentium, n. 44
9 Ibid.
10 Cfr. Perfectae caritatis, n. 14.
11 Ivi, n. 8.
12 Lumen gentium, n. 46.