Direttorio ecumenico Parte prima Proemio 1. "La cura di stabilire l'unione riguarda tutta la Chiesa, sia i fedeli che i pastori, ed ognuno secondo la propria virtú!" ( UR 5 ). Per promuovere e dare una guida a questa sollecitudine per l'unione, viene ora pubblicato il direttorio ecumenico, affinché quanto è stato promulgato nei decreti del concilio Vaticano II, possa essere meglio applicato nell'intera Chiesa cattolica. Tutto questo inoltre deve essere fedelmente eseguito secondo la mente della Chiesa. "Infatti l'azione ecumenica non può essere se non pienamente e sinceramente cattolica, cioè fedele alla verità che abbiamo ricevuto dagli apostoli e dai padri, e consona con la fede che la Chiesa cattolica ha sempre professato, e insieme tendente a quella pienezza, con la quale il Signore vuole che cresca il suo corpo nel corso dei secoli" ( UR 24 ). 2. Salvi restando i diritti dei patriarchi con i loro sinodi, e tenuto conto di tutte le circostanze, spetta alla Sede apostolica e ai vescovi determinare il modo concreto di agire in materia ecumenica, come piú volte viene affermato nel decreto "Sull'ecumenismo". In questa materia si deve usare la dovuta prudenza affinché il movimento ecumenico stesso non resti danneggiato ed i fedeli non subiscano detrimento spirituale a causa del pericolo di un falso irenismo o indifferentismo. Questa prudenza pastorale risulterà tanto piú efficace quanto piú ampia e piú solida sarà la preparazione dei fedeli circa la dottrina e la tradizione autentica sia della Chiesa cattolica come delle chiese o comunità separate. Infatti gli eventuali pericoli e danni saranno piú facilmente evitali per mezzo di questa esatta conoscenza delle dottrine e delle tradizioni anziché con una certa ignoranza fondata nel falso timore di accettare quegli aggiornamenti che secondo la mente e i decreti del Concilio Vaticano II sono necessari per ogni vero rinnovamento della Chiesa. Il movimento ecumenico incomincia appunto da quel rinnovamento con cui la Chiesa esprime in modo piú pieno e piú perfetto la verità e la santità trasmesse da Cristo nostro Signore. Ogni fedele, come membro della Chiesa è tenuto a partecipare a questo rinnovamento nella verità e nella santità, affinché cresca nella fede, nella speranza e nella carità e con la propria vita cristiana nella Chiesa renda testimonianza a Dio e al salvatore nostro Gesú Cristo. Poiché inoltre questo movimento è sorto per l'impulso dello Spirito santo, le seguenti direttive vengono proposte con l'intenzione ed in maniera che siano di aiuto ai vescovi per l'applicazione del decreto sull'ecumenismo "senza che sia posto alcun ostacolo alle vie della provvidenza e senza che si rechi pregiudizio ai futuri impulsi dello Spirito santo" ( UR 24 ). I. Creazione delle commissioni ecumeniche A) Commissione diocesana 3. Sembra assai opportuno che, per piú diocesi prese insieme, o, se le circostanze lo consigliano, in ogni diocesi, si istituisca un consiglio o una commissione o un segretariato che, autorizzato dalla conferenza episcopale o dall'ordinario dal luogo, si dedichi a promuovere l'attività ecumenica. In quelle diocesi poi che non possono avere una propria commissione, ci sia almeno un delegato del vescovo per queste questioni. 4. La suddetta commissione curi i mutui rapporti con gli istituti e le attività ecumeniche già esistenti o da istituire e si serva della loro collaborazione secondo le circostanze; sia inoltre pronta a dare il proprio aiuto alle altre attività diocesane e iniziative individuali, cosicché si abbia una reciproca informazione e scambio di esperienze. Tutto ciò sia fatto in armonia con i principi e le norme generali vigenti in questa materia. 5. Tra i membri di questa Commissione, oltre il clero diocesano, vengano inclusi, secondo il caso, anche religiosi e religiose, nonché laici preparati, tanto uomini quanto donne, affinché la cura di ristabilire l'unità, che impegna tutta la Chiesa, venga espressa piú chiaramente e promossa piú efficacemente. 6. Oltre agli altri incarichi ad essa demandati, è compito della suddetta commissione: a) Tradurre nella realtà le decisioni del concilio Vaticano II sull'ecumenismo, secondo circostanze di luogo e di persone. b) Promuovere l'ecumenismo spirituale, secondo le direttive contenute nel decreto sull'ecumenismo, specie aln. 8, relative alla preghiera pubblica e privata per l'unità dei cristiani. c) Promuovere la reciproca amicizia, la cooperazione e la carità tra i cattolici e i fratelli cristiani non in piena comunione. d) Curare di instaurare convenzioni, cioè il dialogo con loro ed anche giudicarlo poiché occorre avviarlo in vari modi secondo la diversa condizione dei partecipanti a norma dei n. 9 e n. 11 del decreto sull'ecumenismo. e) Promuovere con i fratelli separati una comune testimonianza di fede cristiana, di mutua collaborazione, nell'educazione, nel campo morale, nelle questioni sociali, nel rispetto dell'uomo, nella scienza, nelle arti, a norma del n. 12 del decreto sull'ecumenismo. f) Nominare dei periti che avviino incontri e consultazioni con le chiese o comunità separate, esistenti nel territorio della diocesi. g) Dare un apporto o comunque stimolare per l'istruzione e la formazione tanto degli ecclesiastici quanto dei laici e per la vita stessa uno spirito ecumenico; in questo spirito massima attenzione è da attribuirsi alla formazione degli alunni dei seminari, alla predicazione della parola di Dio, alla catechesi, e alle altre discipline di cui si parla nel decreto sull'ecumenismo al n. 10. h) Mantenere le relazioni con la commissione ecumenica territoriale, di cui si parla piú avanti, adattarne le direttive e i suggerimenti alle condizioni locali della diocesi. Infine, se le circostanze lo consigliano, si mandino al Segretariato per l'unione dei cristiani a Roma utili informazioni di cui questo possa fare uso nell'esplicazione del suo lavoro specifico. B) Commissione territoriale 7. Ogni conferenza episcopale di ciascuna nazione o - se sarà opportuno - di piú nazioni insieme, secondo i propri statuti, costituisca una commissione di vescovi per l'ecumenismo assistita da esperti. Questa commissione, su incarico dei vescovi del territorio, si prenda cura delle attività ecumeniche e indichi il modo sicuro e concreto di agire, tenendo conto di tutte le circostanze di tempo, di luogo e di persona, in accordo col decreto sull'ecumenismo e le altre direttive e legittime consuetudini, tenendo presente il bene della Chiesa universale. Se possibile, a questa commissione sia di aiuto un segretariato stabile. 8. Questa commissione include tra le sue funzioni le attività indicate sopra, al n. 6, in quanto cadono sotto la competenza di quel gruppo territoriale dei vescovi. Inoltre curi le altre attività, di cui si indicano taluni esempi: a) l'esecuzione delle norme e istruzioni impartite o da impartirsi dalla Sede Apostolica, su questo argomento; b) dare consigli e suggerimenti ai singoli vescovi che si impegnano a istituire la commissione ecumenica nella loro diocesi; c) provvedere aiuti spirituali e materiali, secondo le circostanze, sia a favore degli istituti già esistenti, sia per favorire iniziative ecumeniche atte a sviluppare la dottrina e gli studi o a fare progredire la cura d'anime e la vita cristiana, secondo le norme esposte ai n. 9, n. 10 e n. 11 del decreto sull'ecumenismo; d) stabilire il dialogo e consultazioni con i presidenti e i consigli ecumenici delle chiese o comunità separate, con sede fuori delle singole diocesi, ma entro i confini della nazione o del territorio; e) nominare i periti che, con delega ecclesiastica ufficiale, vengono inviati agli incontri o consigli con i periti delle suddette comunità, di cui si tratta sotto la lettera d); f) istituire una speciale sottocommissione per le questioni ecumeniche con gli orientali, se ciò sarà richiesto dalle circostanze; g) curare le relazioni della gerarchia di ciascun territorio con la Sede Apostolica. II. Validità del Battesimo amministrato dai ministri delle Chiese e delle comunità ecclesiali separate 9. La prassi della Chiesa su questo argomento è basata su due principi: che il battesimo è necessario alla salvezza, e che può essere conferito una sola volta. 10. L'importanza in campo ecumenico del sacramento del battesimo viene posta in rilievo dai documenti del concilio Vaticano II: "Egli stesso ( Gesú Cristo ) inculcando espressamente la necessità della fede e del battesimo ( cf. Mt 16,16; Gv 3,5 ), ha insieme confermata la necessità della Chiesa, nella quale gli uomini entrano mediante il battesimo come per una porta" ( LG 14 ). "Con coloro che, battezzati, sono sí insigniti del nome cristiano, ma non professano integralmente la fede o non conservano l'unità di comunione sotto il successore di Pietro, la Chiesa sa di essere per piú ragioni congiunta" (LG 15 ). "Quelli infatti che credono in Cristo e hanno ricevuto debitamente il battesimo, sono costituiti in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la Chiesa cattolica … Giustificati nel battesimo dalla fede, sono incorporati a Cristo e perciò sono a ragione insigniti del nome di cristiani, e dai figli della Chiesa cattolica sono giustamente riconosciuti come fratelli nel Signore" ( UR 3 ). "D'altra parte è necessario che i cattolici con gioia riconoscano e stimino i valori veramente cristiani, promananti dal comune patrimonio, che si trovano presso i fratelli da noi separati" ( UR 4 ). 11. È logica conseguenza che il battesimo è il vincolo sacramentale dell'unità, anzi è il fondamento della comunione fra tutti i cristiani. Per questo la sua dignità e il modo di conferirlo sono argomenti di somma importanza per tutti i discepoli di Cristo. Tuttavia la giusta stima di questo sacramento e il vicendevole riconoscimento del battesimo amministrato nelle varie comunità sono talvolta impediti per causa di un fondato dubbio circa il battesimo conferito in un certo e determinato caso. Per evitare le difficoltà che potrebbero sorgere, quando qualche cristiano da noi separato, spinto dalla grazia dello Spirito santo e dagli impulsi della propria coscienza, chiede di entrare nella Chiesa cattolica, si danno alcune norme. 12. Non si può dubitare circa la validità del battesimo dei cristiani orientali separati. Perciò è sufficiente essere sicuri che il battesimo sia avvenuto. Siccome nelle chiese orientali il sacramento della confermazione ( del crisma ) viene amministrato sempre legittimamente dal sacerdote insieme al battesimo, frequentemente capita che, nella registrazione canonica non si fa menzione di questo sacramento: pertanto non pare che possano sorgere dubbi circa il fatto del compimento. 13. Per gli altri cristiani, talvolta possono sorgere dei dubbi. a) Circa la materia e la forma. Il battesimo conferito con il rito della immersione, o infusione, o aspersione e con la formula trinitaria di per sé è valido. Pertanto se i libri rituali e liturgici, o le consuetudini di qualche Chiesa o comunità religiosa impongono uno di questi modi di battezzare, possono sorgere dei dubbi soltanto dal fatto che il ministro non osservi bene le norme della propria comunità. È necessaria perciò ed è sufficiente la testimonianza che il ministro battezzante abbia fedelmente osservate le norme della propria comunità o Chiesa. Per controllare questo, generalmente bisogna farsi rilasciare un certificato di battesimo col nome del battezzante. In molti casi si potrebbe chiedere la collaborazione della comunità separata per stabilire se in generale o in casi particolari si debba ritenere che il ministro abbia realmente amministrato il battesimo secondo i libri approvati. b) Circa la fede e l'intenzione. Siccome c'è chi pensa che, una insufficiente fede o intenzione nel ministro possa causare un dubbio circa la validità del battesimo, si tenga presente quanto segue: - La fede insufficiente del ministro mai di per se stessa rende invalido il battesimo. - Si deve sempre presumere una intenzione sufficiente nel ministro battezzante, a meno che non sorga un fondato dubbio circa la sua intenzione di fare ciò che fanno i cristiani. c) Circa l'applicazione della materia. Nei casi in cui sorgono dubbi circa la applicazione della materia, la riverenza verso questo sacramento e il riguardo verso la natura ecclesiale delle comunità separate, esigono che, prima di pronunciarsi per la invalidità di esso, causata dal modo di conferimento, si esamini seriamente la prassi della comunità stessa e le circostanze del battesimo in questione. 14. Non si può approvare di battezzare sotto condizione indiscriminatamente tutti coloro che desiderano entrare nella Chiesa cattolica. Infatti il sacramento del battesimo non si può ripetere e pertanto non è permesso ribattezzare sotto condizione, se non nel caso in cui ci sia un dubbio prudente circa il fatto o la validità del battesimo precedente. 15. Se dopo una seria e ben condotta investigazione circa il conferimento debitamente avvenuto del battesimo dovessero rimanere fondati dubbi, tali da rendersi necessaria la iterazione sotto condizione, affinché si abbia il dovuto riguardo alla unicità del battesimo: a) il ministro dia le opportune spiegazioni tanto sulle ragioni per le quali il battesimo in questo caso viene conferito sotto condizione, tanto sul significato del battesimo da conferire sotto condizione; b) lo amministri in forma privata. 16. Nel dialogo fra la Chiesa cattolica e le chiese o comunità separate, venga esaminata l'intera questione della teologia e della prassi del battesimo. Si raccomanda che si abbia simile discussione fra le commissioni ecumeniche e le chiese o consigli nelle varie regioni e, dove sarà possibile, si giunga a un accordo sul modo di agire in questa materia. 17. Per la riverenza che dobbiamo avere verso il sacramento di iniziazione che il Signore stabilí per il nuovo testamento e affinché siano meglio messi in luce i requisiti per il suo degno conferimento, è sommamente auspicabile che il dialogo con i fratelli separati non venga limitato alla sola questione degli elementi assolutamente necessari per la validità. Bisogna invece che vengano messi bene in evidenza la pienezza del segno sacramentale e la realtà significata, come emerge dal nuovo testamento, perché un accordo fra le varie chiese sul mutuo riconoscimento del battesimo sia reso piú facile. 18. Una giusta valutazione del battesimo amministrato dai ministri delle chiese o comunità ecclesiali separate è importante per l'ecumenismo; da questa estimazione il battesimo veramente si rivela come il "vincolo sacramentale dell'unità, che vige tra tutti quelli che per mezzo di esso sono stati rigenerati" ( UR 2 ). Pertanto c'è da sperare che tutti i cristiani si preoccupino della celebrazione del battesimo con sempre maggiore riverenza e fedeltà verso il Signore che lo ha istituito. 19. Secondo il decreto sull'ecumenismo, i fratelli nati e battezzati fuori della comunione visibile della Chiesa cattolica, si debbono attentamente distinguere da quelli che, battezzati nella Chiesa cattolica, coscientemente e pubblicamente hanno poi apostatato da essa. Secondo il decreto infatti: "Quelli poi che ora nascono e sono istruiti nella fede di Cristo in tali comunità non possono essere accusati di peccato di separazione" ( UR 3 ); per questo motivo, non essendoci tale colpa, se spontaneamente desiderano abbracciare la fede cattolica, non hanno bisogno di assoluzione dalla scomunica, ma vengono ammessi nella piena comunione della Chiesa cattolica, dopo aver fatto la professione di fede, secondo le norme dell'ordinario del luogo. Le prescrizioni del can. 2314 si riferiscono soltanto a coloro che, se capita il caso, dopo aver rinnegato colpevolmente la fede o la comunione con la Chiesa cattolica, pentiti domandano di rientrare in essa. 20. Ciò che è stato detto per l'assoluzione delle censure, per la medesima ragione vale anche per l'abiura dall'eresia. III. L'Ecumenismo spirituale nella Chiesa Cattolica 21. "Questa conversione del cuore e questa santità di vita, insieme con le preghiere private e pubbliche per l'unità dei cristiani, si devono ritenere come l'anima di tutto il movimento ecumenico e si possono giustamente chiamare ecumenismo spirituale" ( UR 8 ). Con queste poche parole, il decreto sull'ecumenismo definisce l'ecumenismo spirituale e ne accentua l'importanza, in modo che i cristiani abbiano sempre presente lo scopo dell'unità sia nelle preghiere, sia nella celebrazione eucaristica, anzi in tutta la loro vita di ogni giorno. Ciascun cristiano infatti, anche se non vive in mezzo ai fratelli separati, sempre e dovunque partecipa a questo movimento ecumenico, conformando tutta la vita cristiana allo spirito del vangelo inculcato dal concilio Vaticano II, non escludendo nulla dal comune patrimonio cristiano. 22. Si consiglia poi di intensificare preghiere per l'unità in alcuni periodi particolari come: a) nella settimana dal 18 al 25 gennaio, chiamata "settimana di preghiere per l'unità dei cristiani", durante la quale spesso molte chiese e Comunità ecclesiali insieme elevano preghiere a Dio per l'unità; b) nei giorni tra l'ascensione del Signore e la pentecoste, nei quali si ricorda la comunità di Gerusalemme riunita in preghiera e in attesa per la venuta dello Spirito Santo, che la confermerà nell'unità e nella sua missione universale. Inoltre, ad esempio: a) nei giorni attorno all'epifania, nei quali si commemora la manifestazione di Cristo al mondo e la stretta connessione tra la missione della Chiesa e la sua unità; b) il giovedí santo, nel quale si ricordano l'istituzione dell'eucaristia, sacramento di unità, e la preghiera di Gesú Cristo salvatore nel Cenacolo per la Chiesa e per la sua unità; c) il venerdí santo, o nel giorno della esaltazione della santa croce, nel quale si commemora il mistero della croce, mediante la quale i dispersi figli di Dio vengono riuniti; d) nel giorno solenne di pasqua, quando tutti i cristiani si riuniscono nella gioia della risurrezione del Signore; e) in occasione di incontri o di altri avvenimenti piú importanti che l'ecumenismo può eventualmente suscitare, o che abbiano particolari implicazioni ecumeniche. 23. "È infatti consuetudine per i cattolici di recitare insieme la preghiera per l'unità della Chiesa, con la quale, ardentemente, alla vigilia della sua morte, lo stesso Salvatore pregò il Padre: « Perché tutti siano una cosa sola » ( UR 8 ). Pertanto, nello spirito della preghiera fatta da Cristo durante l'ultima cena, da tutti si elevi la preghiera per l'unità, che Gesú Cristo vuole" ( UR 4 ). 24. Curino i pastori che i fedeli cattolici vengano predisposti a elevare preghiere per l'unità secondo le diverse circostanze di luogo e di persona. Siccome poi la sacra eucaristia è il mirabile sacramento" da cui l'unità della Chiesa è significata e attuata" ( UR 2 ) è molto importante richiamare alla memoria dei fedeli la sua importanza e raccomandare pubbliche preghiere per l'unità dei cristiani durante la sacra sinassi ( per es. nell'orazione dei fedeli o nelle litanie chiamate Ectenie ) nonché la celebrazione della messa votiva "per l'unità della Chiesa". E infine possono ben essere celebrati per pregare per l'unità dei cristiani quei riti che particolari preghiere liturgiche di impetrazione, come le suppliche chiamate "Litia" e "Moleben" e simili. IV. Comunicazione nelle cose spirituali con i fratelli separati A) Introduzione 25. Per promuovere il ristabilimento dell'unità fra tutti i cristiani, non basta che questi esercitino tra loro la fraterna carità nella vita di ogni giorno. È pure opportuno che sia ammessa una certa comunicazione nelle cose spirituali, vale a dire che i cristiani partecipino insieme a quei beni spirituali che sono loro comuni nel modo e nel grado che possono essere considerati leciti nel presente stato di divisione. Infatti tra gli elementi o beni "dal complesso dei quali la stessa Chiesa è edificata e vivificata, alcuni, anzi parecchi e segnalati, possono trovarsi fuori dei confini visibili della Chiesa cattolica" ( UR 3 ). Questi elementi "che provengono da Cristo e a lui conducono, giustamente appartengono all'unita Chiesa di Cristo" ( UR 3 ); essi possono molto bene contribuire a impetrare la grazia dell'unità e a manifestare e rafforzare quei vincoli con cui i cattolici sono ancora in comunione con i fratelli separati. 26. Siccome questi beni spirituali si trovano in modi diversi fra i vari gruppi di cristiani, la comunicazione nelle cose spirituali fra essi molto dipende da questa diversità e bisogna esaminare la questione secondo la diversità delle persone, delle chiese e delle comunità. Proprio per regolare questa situazione nelle attuali circostanze, si danno le seguenti direttive. 27. È bene tener conto di una legittima reciprocità, cosicché questa comunicazione nelle cose spirituali, in uno spirito di mutua benevolenza e carità, anche se circoscritta in limiti alquanto ristretti, porti a un sano progresso della concordia il dialogo e le consultazioni su questo argomento fra le autorità cattoliche locali e territoriali e quelle delle altre comunità. 28. Dove poi questa reciprocità e collaborazione sono rese piú difficili, perché in alcuni luoghi o nei riguardi di certe comunità, sette e persone, l'ecumenismo e il desiderio di pace con la Chiesa cattolica non si è ancora fatto strada, allora l'ordinario, o la conferenza episcopale, se sarà opportuno, indichi norme atte a evitare in queste circostanze il pericolo di indifferentismo o di proselitismo fra i propri fedeli. È da augurarsi comunque che il senso ecumenico e la vicendevole stima tanto fra i fedeli cattolici quanto tra i fratelli separati, per grazia dello Spirito Santo e la prudente cura pastorale degli ordinari, abbiano a svilupparsi cosí bene che queste norme peculiari diventino un po' per volta inutili. 29. Per comunicazione nelle cose spirituali si intendono tutte le preghiere fatte in comune, l'uso in comune di cose e luoghi sacri e tutto ciò che propriamente e veramente si chiami comunicazione nelle cose sacre. 30. Si ha comunicazione nelle cose sacre quando qualcuno partecipa a un qualsiasi culto liturgico o anche a sacramenti di qualche Chiesa o comunità ecclesiale. 31. Per "culto liturgico" si intende un atto di culto fatto secondo i libri, le prescrizioni o le consuetudini di una qualsiasi Chiesa o comunità, atto di culto celebrato in virtú del suo ufficio da un ministro o da un delegato di una di queste chiese o comunità. B) Le preghiere comuni 32. "In alcune speciali circostanze, come sono le preghiere che vengono indette 'per l'unità', e nei congressi ecumenici, è lecito, anzi desiderabile che i cattolici si associno nella preghiera con i fratelli separati. Queste preghiere in comune sono senza dubbio un mezzo molto efficace per impetrare la grazia dell'unità, sono una genuina manifestazione dei vincoli con i quali i cattolici sono ancora congiunti con i fratelli separati" ( UR 8). Nel decreto si tratta di preghiere alle quali i membri, anche ministri, di diverse comunità partecipino "attivamente". Per il modo di partecipare, che, in quanto si riferisce ai cattolici, deve essere disciplinato e promosso dagli ordinari, si tenga presente quanto segue. 33. È auspicabile che i cattolici si uniscano in preghiera con i fratelli separati, per qualsiasi comune sollecitudine, nella quale possono e devono tra loro cooperare, ad es., nel promuovere il bene della pace, la giustizia sociale, la mutua carità fra gli uomini, la dignità della famiglia, ecc. A queste circostanze si possono equiparare le varie occasioni nelle quali o una nazione o una comunità vuole comunitariamente ringraziare Dio o chiedere secondo le necessità il suo aiuto, come nelle feste nazionali, o durante calamità e lutti nazionali, o nel giorno commemorativo dei caduti per la patria. Questa preghiera comune viene raccomandata, per quanto è possibile, anche in occasione di incontri di studio o di attività, fra cristiani. 34. Le preghiere comuni, prima di tutto, debbono tendere a ristabilire l'unità fra i cristiani. Temi di queste celebrazioni possono essere: il mistero della Chiesa e della sua unità; il battesimo visto come vincolo sacramentale di unità anche se imperfetta; il rinnovamento della vita personale e sociale come condizione necessaria per raggiungere l'unità; ed altri ancora, secondo il n. 22 35. La forma della celebrazione. a) La celebrazione venga preparata con l'approvazione e la collaborazione di tutti i partecipanti che rappresentano le varie chiese o comunità ( ad es. si stabiliscano le persone che debbono intervenire, si scelgano gli argomenti, i brani scritturistici, le preghiere, e altre cose simili ). b) Durante queste celebrazioni si può usare qualsiasi lettura, o preghiera o canto che significhi per tutti i cristiani qualcosa in comune circa la fede o la vita spirituale. È bene, infine, che ci sia una esortazione, o allocuzione o una meditazione biblica che venga impostata secondo la comune adesione alla eredità cristiana, e che conduca ad una vicendevole comprensione e favorisca l'unità fra i cristiani. c) È desiderabile che queste celebrazioni tanto fra i cattolici quanto insieme con i fratelli separati siano impostate sul tipo della preghiera "comunitaria", secondo le nuove direttive del movimento liturgico. d) Nella preparazione delle preghiere, da farsi poi in qualche Chiesa orientale, bisogna tener conto che la forma liturgica in uso presso gli orientali è particolarmente adatta come preghiera impetrativa. Occorre pertanto tener conto dell'ordine liturgico di questa Chiesa. 36. Il luogo della celebrazione. a) Si deve scegliere un luogo gradito a tutti i partecipanti. Si abbia cura che in esso tutto sia dignitoso e atto a favorire il senso religioso. b) Benché la Chiesa o il tempio sia il luogo nel quale normalmente ciascuna comunità celebra la propria liturgia, tuttavia non c'è nulla in contrario che, per particolari necessità e con il permesso dell'ordinario del luogo, queste celebrazioni comuni ( di cui ai nn. 32-35 ) vengano fatte nel tempio di quella o quell'altra comunità; anzi, in particolari circostanze ciò potrebbe essere opportuno. c) Quando la preghiera comune viene fatta con i fratelli orientali separati, si tenga presente che tutti i fratelli orientali considerano la Chiesa come il luogo piú adatto alla preghiera pubblica stessa. 37. Le vesti. Tenendo conto delle circostanze, e con il consenso di tutti i partecipanti, non si esclude l'uso dell'abito corale. C) La comunicazione nelle cose sacre 38. "La comunicazione in cose sacre non la si deve considerare come un mezzo da usarsi indiscriminatamente per il ristabilimento dell'unità dei cristiani. Questa comunicazione dipende soprattutto da due principi: dalla manifestazione dell'unità della Chiesa e dalla partecipazione ai mezzi della grazia. La significazione dell'unità per lo piú vieta la comunicazione. La partecipazione della grazia talvolta la raccomanda" ( UR 8 ). 1 - Comunicazione nelle cose sacre con i fratelli orientali separati 39. "Siccome poi quelle chiese ( orientali ), quantunque separate, hanno veri sacramenti e soprattutto, in virtú della successione apostolica, il sacerdozio e l'eucaristia, per mezzo dei quali restano ancora uniti con noi da strettissimi vincoli, una certa comunicazione nelle cose sacre, prestandosi opportune circostanze e con l'approvazione dell'autorità ecclesiastica, non solo è possibile, ma anche consigliabile" ( UR 15 ). 40. Fra la Chiesa Cattolica e le chiese orientali separate, esiste una stretta comunione in materia di fede; inoltre, "con la celebrazione dell'eucaristia del Signore in queste singole chiese, la Chiesa di Dio è edificata e cresce" e "quelle chiese, quantunque separate, hanno veri sacramenti e soprattutto, in virtú della successione apostolica, il sacerdozio e l'eucaristia …" ( UR 15 ). Pertanto si dà il fondamento, ecclesiologico e sacramentale, per cui una certa comunione nelle cose sacre, non escluso il sacramento dell'eucaristia, "date opportune circostanze e con l'approvazione dell'autorità ecclesiastica" ( UR 15 ) non solo sia permessa ma talvolta anche consigliata. I pastori istruiscano attentamente i fedeli su questo argomento, affinché il modo di fare circa questa comunicazione nelle cose sacre appaia loro chiaramente. 41. Le norme per la comunicazione nelle cose sacre, stabilite dal decreto "Orientalium ecclesiarum", vanno osservate con tutta quella prudenza raccomandata nel decreto stesso. Le direttive che nel suddetto decreto si riferiscono ai fedeli delle chiese cattoliche orientali valgono anche per i fedeli di qualsiasi rito, compreso il latino. 42. Per ciò che riguarda il ricevere o l'amministrare i sacramenti della penitenza, dell'eucaristia e dell'unzione degli infermi, è assai opportuno che l'autorità cattolica, locale, o il sinodo dei vescovi, o la conferenza episcopale, non concedano facoltà di comunicare ai sacramenti, se non dopo un positivo risultato di una consultazione con le competenti autorità orientali separate, almeno locali. 43. Nel concedere la facoltà di comunicare nei sacramenti occorre tener grande conto della legittima reciprocità. 44. Oltre al caso di necessità, può considerarsi giusta causa per consigliare la comunicazione nei sacramenti, la impossibilità materiale o morale di ricevere i sacramenti nella propria Chiesa, per luogo tempo o per particolari circostanze, affinché, senza motivo legittimo, il fedele non sia privato del frutto spirituale dei sacramenti. 45. Siccome sono diverse le consuetudini dei cattolici e degli orientali separati circa la frequente partecipazione all'eucaristia e circa l'uso della confessione prima della comunione e ancora riguardo al digiuno eucaristico, bisogna fare attenzione, nella prassi della comunicazione, se i cattolici non seguono le loro consuetudini, di non causare meraviglia o sospetto tra i fratelli separati. Pertanto il cattolico che, nei predetti casi, si accosta alla comunione presso gli orientali separati, per quanto è possibile, si adatti alla disciplina orientale. 46. Agli orientali poi sia permesso il libero accesso ai confessori cattolici, quando non ci siano confessori della loro Chiesa, e lo facciano spontaneamente. In simili circostanze, anche ai cattolici è lecito confessarsi presso confessori della Chiesa orientale separata dalla Sede apostolica romana. Anche qui deve osservarsi la legittima reciprocità. Tuttavia, da entrambe le parti si eviti che sorga il sospetto di proselitismo. 47. Il fedele cattolico, che occasionalmente, per le cause di cui piú avanti, al n. 50, assiste alla messa presso i fratelli orientali separati nei giorni di domenica o di precetto, non è piú obbligato ad ascoltare la messa di tale precetto in una Chiesa cattolica. Anzi è opportuno che i cattolici, nei suddetti giorni, se impediti ad ascoltare la messa nella propria Chiesa, assistano, per quanto possibile, alla liturgia dei fratelli separati. 48. A causa della stretta comunione, ricordata al n. 40, fra la Chiesa cattolica e le chiese orientali separate, è lecito ammettere per giusto motivo un fedele orientale come padrino assieme col padrino cattolico ( o con la madrina cattolica ) nel battesimo di un bambino o di un adulto cattolico, purché si abbia provveduto alla educazione cattolica del battezzato, e consti l'idoneità del padrino. Al fedele cattolico, se richiesto, non sia proibito di fungere da padrino nel battesimo conferito nella Chiesa orientale. In questi casi, l'obbligo di provvedere all'educazione cristiana è anzitutto del padrino ( o madrina ) fedele della Chiesa in cui il bambino è stato battezzato. 49. Nella celebrazione del matrimonio nella Chiesa cattolica è possibile ammettere come paraninfi o testimoni i fratelli separati. E al cattolico è lecito fungere la paraninfo o testimone nel matrimonio debitamente celebrato tra fratelli separati. 50. La presenza dei cattolici al culto liturgico dei fratelli orientali separati può essere ammessa, per giusto motivo, ad esempio, per il pubblico ufficio o funzione che esercitano, per la parentela, per l'amicizia o anche per il desiderio di migliore conoscenza, ecc. In simili circostanze non è loro vietato di partecipare alle risposte, ai canti, alle azioni della Chiesa della quale sono ospiti. Per ciò che riguarda la partecipazione all'eucaristia, si osservi quanto stabilito dai n. 42 e n. 44. Per quella stretta comunione di cui si è parlato al n. 40, l'ordinario del luogo può anche permettere che un fedele cattolico, se richiesto, possa fungere da lettore nella liturgia. Altrettanto dicasi nel caso in cui i fratelli separati assistono a celebrazioni nelle chiese cattoliche. 51. Per quanto riguarda la partecipazione a cerimonie, che non comportino la comunicazione nei sacramenti, si osservi quanto segue: a) ai ministri di chiese orientali che durante le cerimonie presso i cattolici rappresentano la propria Chiesa, si deve dare il posto e gli onori liturgici spettanti nella Chiesa cattolica ai ministri cattolici del medesimo ordine o dignità; b) il ministro cattolico, presente ufficialmente alle cerimonie religiose orientali, su vicendevole accordo, può indossare l'abito corale o le insegne della propria dignità ecclesiastica; c) si faccia inoltre molta attenzione alla mentalità sia dei ministri sia dei fedeli orientali e alle loro tradizioni che possono essere diverse secondo il tempo, il luogo, le persone e le circostanze. 52. Siccome "per una giusta ragione è permessa la partecipazione in funzioni, cose e luoghi sacri tra cattolici e fratelli separati" ( OE 28 ), si raccomanda che l'uso degli edifici cattolici, dei cimiteri, delle chiese e di tutta la suppellettile necessaria, con il permesso dell'ordinario sia concesso ai sacerdoti o alle comunità orientali separate, se lo chiedono per i loro riti religiosi, quando non disponessero di locali adatti per un conveniente e dignitoso rito sacro. 53. I superiori delle scuole e istituti cattolici curino che sia data la possibilità ai ministri orientali di prestare ogni assistenza spirituale e sacramentale ai loro fedeli che frequentano tali istituti cattolici. Questa assistenza, secondo le circostanze e con il permesso dell'ordinario del luogo, può essere data anche all'interno dell'edificio cattolico, compresa la Chiesa. 54. Negli ospedali e nelle altre istituzioni consimili, rette da cattolici, i direttori si preoccupino di avvertire tempestivamente il sacerdote della Chiesa orientale separata della presenza di qualche suo fedele e gli si dia la facoltà di visitare gli ammalati e amministrare loro i sacramenti con ogni dignità e riverenza. 2 - La comunicazione nelle cose sacre con gli altri fratelli separati 55. La celebrazione dei sacramenti è una azione della comunità celebrante fatta nella stessa comunità, di cui tale celebrazione significa l'unità nella fede, nel culto e nella vita. Pertanto, quando manca questa unità di fede circa i sacramenti, la partecipazione dei fratelli separati con i cattolici, specie ai sacramenti dell'eucaristia, penitenza e unzione degli infermi, è proibita. Tuttavia, siccome i sacramenti sono tanto segni di unità quanto fonti di grazia, la Chiesa per motivi sufficienti può permettere che ad essi venga ammesso qualche fratello separato. Tale permesso si può concedere in pericolo di morte, o per necessità urgente ( durante una persecuzione, in carcere ), se il fratello separato non può recarsi da un ministro della sua Chiesa e se spontaneamente richiede i sacramenti a un sacerdote cattolico, purché manifesti una fede conforme a quella della Chiesa circa questi sacramenti ed inoltre sia ben disposto. In altri casi di simile urgente necessità, decida l'ordinario del luogo o la conferenza episcopale. Il fedele cattolico, in simili circostanze non può chiedere questi sacramenti se non ad un ministro che abbia validamente ricevuto il sacramento dell'ordine. 56. Non si deve permettere che un fratello separato funga da lettore della sacra scrittura o da predicatore, durante la celebrazione dell'eucaristia; altrettanto si dica per un cattolico nelle celebrazioni della cena o del principale culto liturgico della parola in uso presso i fratelli separati. Nelle altre azioni, anche liturgiche, una certa partecipazione attiva può essere permessa dopo aver avuto l'autorizzazione dell'ordinario e il consenso dell'autorità dell'altra comunità. 57. L'ufficio di padrino nel battesimo e confermazione, in senso liturgico e canonico, non può essere concesso a un cristiano membro di una comunità separata, se non nel caso previsto dal n. 48. La ragione è che il padrino cura l'educazione del battezzando o del cresimando non solo come parente della famiglia o suo amico, ma anche quale rappresentante della comunione di fede, si rende garante della stessa fede del neofito. Per i medesimi motivi, il cattolico non può fungere da padrino ad un membro di una comunità separata. Tuttavia, per ragioni di parentela o amicizia, il cristiano di diversa comunità, ma credente in Cristo, può essere ammesso insieme ad un padrino cattolico ( o madrina cattolica ) come testimonio del battesimo. In simili circostanze, anche il cattolico può svolgere questa funzione per un membro di una comunità separata. In questi casi l'obbligo dell'educazione cristiana incombe al padrino ( o madrina ) fedele della Chiesa o comunità ecclesiale in cui il bambino è stato battezzato. I pastori si preoccupino di istruire i fedeli circa l'aspetto evangelico ed ecumenico di questa norma, per evitare interpretazioni inesatte. 58. Nella celebrazione del matrimonio cattolico è permesso che i fratelli separati fungano da testimoni ufficiali; altrettanto dicasi anche per i cattolici, circa i matrimoni che secondo le norme si celebrano tra i fratelli separati. 59. Ai cattolici è permesso di partecipare in determinate occasioni al culto liturgico dei fratelli separati per giusto motivo, ossia per l'incarico o l'ufficio pubblico da essi coperto, per la parentela, per amicizia o desiderio di maggior conoscenza, o negli incontri ecumenici, ecc. In queste circostanze, fermo restando quanto è stato detto sopra, ai cattolici non è vietato di avere una certa partecipazione attiva nelle risposte comuni, nei canti, nei gesti previsti dalla liturgia della comunità di cui sono ospiti, purché ciò non contraddica alla fede cattolica. Altrettanto dicasi per i fratelli separati quando presenziano a celebrazioni nelle chiese cattoliche. Questa partecipazione, nella quale sempre si esclude la recezione dell'eucaristia, deve produrre in chi partecipa una profonda stima della grande ricchezza spirituale esistente fra noi, e inoltre deve renderli piú consapevoli della gravità del fatto di essere separati. 60. Per la partecipazione a cerimonie in cui non ci sia comunicazione nei sacramenti, si osservi quanto segue: ai ministri delle altre comunità, presenti alle cerimonie, di comune accordo sia dato il posto conveniente alla loro dignità. Cosí pure i ministri cattolici che assistono a cerimonie presso altre comunità, possono usare le vesti corali, osservando le consuetudini locali. 61. Se i fratelli separati non dispongono di locali, in cui possano dignitosamente officiare le proprie cerimonie religiose, l'ordinario del luogo può loro concedere l'uso del locale cattolico, del cimitero o della Chiesa. 62. I superiori delle scuole e istituti cattolici curino che sia data la possibilità ai ministri delle altre chiese di prestare l'assistenza spirituale e sacramentale ai propri fedeli che frequentano tali istituti cattolici. Questa assistenza, secondo le circostanze, può essere prestata anche all'interno dell'edificio cattolico stesso, a norma del n. 61. 63. Negli ospedali e nelle altre istituzioni simili, rette da cattolici, i direttori si preoccupino di avvertire tempestivamente i ministri delle chiese separate della presenza di qualche loro fedele e dia ad essi la facoltà di visitare gli ammalati e prestare loro l'assistenza spirituale e sacramentale. Il Sommo Pontefice Paolo VI, nell'udienza concessa il giorno 28 aprile 1967 al segretario per l'unione dei cristiani, ha approvato il presente direttorio. Sua santità lo ha confermato con la sua autorità e ne ha ordinato la pubblicazione. Nonostante ogni cosa contraria. Parte seconda - L'Ecumenismo nell'Insegnamento superiore Proemio 64. Lo Spirito del Signore agisce nell'odierno movimento ecumenico affinché, "superati gli ostacoli frapposti alla perfetta comunione ecclesiastica", sia finalmente ristabilita e risplenda l'unità di tutti i cristiani. Tutte le genti infatti sono chiamate a formare un solo popolo nuovo nella testimonianza di un solo Signore e Salvatore Gesú, nella professione di una sola fede e nella celebrazione di un solo mistero eucaristico: perché, come dice il Signore, "il mondo creda che tu mi hai mandato" ( Gv 17,21 ). È necessario che tutti i cristiani si sentano animati da spirito ecumenico, soprattutto quelli a cui sono stati affidati una missione e un compito particolare nel mondo e nella società. Pertanto i principi dell'ecumenismo, sanciti dai decreti del concilio Vaticano II, sono da adottarsi in modo conveniente in tutti gli istituti di educazione superiore. Anzi, da molti vengono richiesti alcuni principi e orientamenti pratici perché le forze di tutti operino in vantaggioso accordo per il bene comune della Chiesa cattolica e delle altre chiese e comunità ecclesiali. 65. Ai pastori delle chiese compete una sollecitudine speciale di promuovere il movimento ecumenico, e spetta a loro di stabilire in proposito le dovute norme. Tuttavia, data la grande diversità degli istituti di educazione superiore, non è facile prescrivere tali norme: infatti le cose assumono un aspetto differente secondo la diversità delle nazioni e regioni, secondo la varia maturità e competenza delle persone, e in base pure ai diversi rapporti vigenti tra la Chiesa cattolica e le altre chiese o comunità ecclesiali sia sul piano ecclesiologico sia nella collaborazione. Sarà dunque compito dei vescovi e delle conferenze episcopali dare applicazione ai principi generali, adattare le iniziative proposte alle condizioni degli uomini e delle cose, e anche prenderne delle nuove, presentandosi l'occasione. Per eseguire questo compito le autorità episcopali sono vivamente invitate a chiedere la collaborazione di un numero conveniente di superiori di religiosi e religiose, di rettori e amministratori degli istituti, di esperti in educazione religiosa, di professori impegnati nell'insegnamento, uditi pure, se opportuno, i rappresentanti degli alunni. 66. Poiché tutte le iniziative ecumeniche si trovano in quella situazione anormale per cui le chiese e le comunità ecclesiali sono separate tra di loro, ma nello stesso tempo dirigono i loro tentativi e i loro pastori al ristabilimento dell'unità, i principi che ora vengono proposti, qualora cambiassero le circostanze, riceveranno da parte dell'autorità competente nuova forma di applicazione, e le norme saranno adattate in modo che continuino ad essere idonee allo scopo per cui sono state emanate. I. Principi generali e sussidi sulla formazione all'Ecumenismo 67. - 1. Sebbene qualche iniziativa per favorire la formazione ecumenica interessi piuttosto le facoltà e gli istituti teologici, di cui si parlerà in seguito esistono nondimeno varie forme di azione ecumenica adattabili alla formazione superiore in generale. Gli alunni e i professori partecipi di simili iniziative sono esortati a procurarsi con animo pronto e generoso quella solida formazione religiosa, quella maturità mentale e reale competenza, che corrispondano alla natura della stessa azione ecumenica. 2 - Finalità delle iniziative ecumeniche 68. Queste iniziative si propongono di far crescere negli alunni e nei maestri una conoscenza piú profonda della fede, della spiritualità, e di tutta la vita e dottrina della Chiesa cattolica, tale da renderli partecipi al dialogo ecumenico con maggior perspicacia e frutto, secondo le capacità di ciascuno; farli orientare attentamente a quel rinnovamento interno della stessa Chiesa cattolica, che è di grande aiuto a promuovere l'unità dei cristiani, e farli pure prendere coscienza di quanto nella loro vita o nella vita della Chiesa costituisce causa di impedimento o ritardo al progresso dell'unità. I maestri e gli alunni acquistino un'istruzione piú ampia sulle altre chiese o comunità, perché sappiano capire meglio ed apprezzare con giudizio piú esatto i fattori che uniscono i cristiani e, nello stesso tempo, gli elementi che li mantengono separati. Per ultimo, siccome tali iniziative non restano di indole puramente intellettuale, coloro che vi partecipano siano piú coscienti dell'obbligo di favorire l'unità dei cristiani e siano stimolati ad agire con efficacia per ottenere questo scopo, e siano ugualmente portati a dare con tutte le forze una comune testimonianza cristiana al mondo moderno. 3 - Sussidi per raggiungere queste finalità 69. a) Poiché le varie discipline accademiche possono avere una certa connessione con l'ecumenismo, si abbiano presenti, tra l'altro, i seguenti sussidi: Dove si impartiscono agli alunni corsi o lezioni di religione sotto varia forma, sia in base ad un programma sia per qualche occasione, è opportuno che chi svolge tali corsi o conferenze ponga attenzione a quanto si dirà piú avanti circa l'aspetto ecumenico nelle discipline teologiche. Nei corsi di filosofia, che danno una valida conoscenza dell'uomo, del mondo e di Dio, derivata dal patrimonio della filosofia perenne, si considerino pure le investigazioni filosofiche dei tempi moderni e gli alunni vengano messi a opportuna conoscenza dei loro principi. Giova in realtà che apprendano e valutino bene i principi filosofici che spesso stanno a fondamento delle opinioni teologiche ed esegetiche in vigore presso le varie chiese e comunità cristiane. Siano riveduti i metodi e i modi di insegnare la storia cosí che, trattandosi della società cristiana, siano prese in dovuta considerazione le diverse comunità cristiane, tenendo presente tutta la loro vita. Sia svolta con equità la trattazione di avvenimenti e persone che rientrano nella storia dei vari dissidi, e non si trascurino i numerosi tentativi compiuti per ristabilire l'unità e attuare il rinnovamento della Chiesa. Nelle altre discipline si può attirare l'attenzione su quegli elementi spirituali che, derivati dal comune patrimonio cristiano, per es., tramite la letteratura, l'arte, la musica, si riscontrano presso le varie comunità cristiane. b) Per quanto lo consentono le possibilità, i cattolici dotati di adeguata preparazione siano incoraggiati a dare l'opportuno aiuto a quelle iniziative in materia religiosa intraprese dalle università non confessionali, purché si mantenga saldo il patrimonio della religione cattolica. c) Tra le varie forme di attività di solito connesse con la formazione accademica, alcune sono piú adatte a promuovere il movimento ecumenico. Tra di esse si possono annoverare come esempio le seguenti: - Colloqui o giornate di studio dedicati appositamente a questioni ecumeniche. - Convegni o raduni indetti a scopo di studio, di lavoro comune o attività sociale, nell'ambito dei quali è possibile riservare un posto a discussioni sull'ecumenismo o a ricerche dei principi cristiani d'azione sociale e dei mezzi con cui tradurre in pratica i principi stessi. Questi convegni e raduni, che possono essere composti o di soli cattolici o di cattolici ed altri cristiani insieme, si adoperino a collaborare per quanto possibile con gli altri istituti d'istruzione già esistenti. - Nei convitti annessi alle sedi degli studi accademici, una varia gamma di circostanze può consigliare un mutuo rapporto tra cattolici, fedeli testimoni della propria religione, e gli altri alunni cristiani, mediante cui essi, sotto la guida di idonei direttori, sappiano vivere insieme, animati da uno spirito ecumenico piú profondo. - Nei giornali e nelle riviste universitarie si può riservare un posto alla cronaca degli avvenimenti concernenti l'ecumenismo; se non addirittura, almeno di tanto in tanto, a studi piú approfonditi sul medesimo argomento. d) Tra le iniziative cui occorre dare particolare rilevanza, si deve a ragione inserire la preghiera per l'unità, non solo durante l'apposita settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, ma anche in altre occasioni durante l'anno. Secondo le circostanze di luoghi e di persone; secondo le norme stabilite sulla "communicatio in sacris", si può anche prevedere il caso di esercizi spirituali in comune, per uno o piú giorni, sotto la guida di un maestro fidato. e) Un campo piú vasto di testimonianza comune si apre soprattutto nelle opere di carattere sociale o di beneficenza. Gli alunni siano preparati e incoraggiati a tali forme di collaborazione. Ciò sarà particolarmente efficace se non solo gli alunni della facoltà teologica, ma anche quelli delle altre facoltà ( per es. giurisprudenza, sociologia, economia politica ) apporteranno il loro contributo al fine di favorire ed attuare tali iniziative. f) I sacerdoti che esercitano il sacro ministero in vari istituti del genere ( in qualità di cappellani, professori, consiglieri degli alunni ) hanno l'obbligo particolare di dare alle reciproche relazioni tra le persone, un carattere ecumenico. Questo obbligo esige da loro una conoscenza piú profonda della dottrina della Chiesa, una competenza ed esperienza adeguata nelle discipline accademiche, una sicura prudenza e un senso di misura, che li metta in grado di aiutare gli alunni che cercano di armonizzare una piena e sincera fedeltà nei riguardi della propria comunità cristiana con una forma positiva e aperta di venire in contatto con i loro condiscepoli. II. Dimensione ecumenica della formazione religiosa e teologica 1 - La Formazione spirituale 70. Dovendosi ritenere che lo Spirito Santo agisce nel movimento ecumenico, nella formazione ecumenica, si dia la priorità alla conversione del cuore, alla vita spirituale e al suo rinnovamento; in altre parole "il desiderio dell'unita nasce e matura dal rinnovamento della mente, dall'abnegazione di se stesso e dal pieno esercizio della carità". Questo rinnovamento deve essere profondamente radicato nella vita della Chiesa stessa, nella sua liturgia e nei suoi sacramenti; è necessario anche che comprenda la preghiera per l'unità di tutti i cristiani e sia indirizzato all'espletamento della missione della Chiesa nel mondo. La vita spirituale dei cattolici deve essere autentica: avendo come centro lo stesso Cristo salvatore e per fine la gloria di Dio Padre, saprà dare la giusta e conforme importanza ai vari atti della religione. Perché meglio si metta in evidenza la nota di cattolicità e apostolicità della Chiesa, la vita spirituale ecumenica dei cattolici si alimenti anche con i tesori delle numerose tradizioni, del passato o del presente, che sono in vigore nelle altre chiese o comunità ecclesiali: quali sono i tesori contenuti nella liturgia nell'istituzione monastica e nella tradizione mistica dell'oriente cristiano; nel culto e nella pietà degli anglicani; nella preghiera evangelica e nella spiritualità dei protestanti. Allo scopo di non limitare soltanto sul piano teorico questo vincolo con le altre tradizioni di spiritualità, quando particolari condizioni lo favoriscono, esso venga perfezionato con la conoscenza pratica delle altre tradizioni di spiritualità. Sono perciò da incoraggiare una certa forma di preghiera in comune e una certa partecipazione al culto pubblico, applicando le norme sancite dalla competente autorità. 2 - La formazione dottrinale 71. L'ecumenismo deve esercitare il suo influsso in ogni disciplina teologia, come una necessaria dimensione di ciascuna, contribuendo ad una piú ampia manifestazione della pienezza del Cristo. Ciò nonostante, la trattazione specifica dell'ecumenismo, considerata l'opportunità, costituisca materia propria di qualche corso di lezioni, o almeno argomento di qualche lezione da inserire nei principali trattati dogmatici. 3 - La dimensione ecumenica nelle discipline teologiche in genere 72. L'ecumenismo deve abbracciare questi aspetti: a) gli elementi del patrimonio cristiano sul piano della verità e della santità, che si trovano in comune in tutte le chiese e comunità cristiane, sebbene talvolta enunciati con una differente formulazione teologica; b) il tesoro di spiritualità e la ricchezza di dottrina che sono propri delle varie comunioni cristiane, e atte ad aiutare tutti i cristiani a raggiungere una conoscenza piú profonda della natura della Chiesa; c) i punti che in materia di fede sono causa di dissenso e di discordia, ma che possono incoraggiare ad investigare piú profondamente la parola di Dio, in modo che risulti con chiarezza quali sono le contraddizioni reali nell'enunciare la verità, e quelle che sono solo apparenti. 4 - La dimensione ecumenica nelle singole discipline teologiche 73. In ogni disciplina teologica l'aspetto ecumenico faccia considerare il vincolo esistente tra quella e il mistero dell'unità della Chiesa. Inoltre, nell'esporre la materia, si deve inculcare negli alunni il senso di pienezza della tradizione cristiana nella dottrina, nella spiritualità e nella disciplina ecclesiastica. Gli alunni poi prenderanno coscienza di questa pienezza, quando confronteranno la propria tradizione con le ricchezze delle tradizioni cristiane d'oriente e d'occidente, o nelle loro antiche forme, o nelle loro moderne espressioni. Questo modo di considerare il patrimonio delle altre chiese cristiane e comunità ecclesiali, in realtà è di grande importanza; nello studio della sacra scrittura, fonte comune della fede di tutti i cristiani; nello studio della tradizione apostolica, quale risulta nelle opere dei santi padri e degli scrittori ecclesiastici della Chiesa orientale e occidentale; nella formazione liturgica, dove le varie forme di culto divino e la loro importanza dottrinale e spirituale sono poste a confronto con metodo scientifico; nell'esposizione della teologia dogmatica e morale, specialmente per quanto concerne i problemi sorti dal movimento ecumenico; nella storia della Chiesa, dove si indaga accuratamente sull'unità della Chiesa stessa nelle vicende dei tempi e sulle cause di separazione dei cristiani; nell'insegnamento del diritto canonico, in cui vanno ben distinti gli elementi di diritto divino da quelli di diritto unicamente ecclesiastico, che possono essere soggetti a mutamento in ragione del tempo, dell'indole di cultura o di tradizione; infine nella formazione pastorale e missionaria e anche negli studi sociologici, nei quali è da porsi speciale attenzione alla condizione comune di tutti i cristiani circa le esigenze del mondo moderno. Cosí la pienezza della rivelazione divina viene espressa con una forma migliore e piú completa, e parimenti si viene ad adempiere la missione che Cristo affidò alla sua Chiesa verso il mondo. 5 - Condizioni per una autentica mentalità ecumenica in teologia 74. L'azione ecumenica "non può essere se non pienamente e sinceramente cattolica, cioè fedele alla verità che abbiamo ricevuta dagli apostoli e dai padri, e consona alla fede che la Chiesa cattolica ha sempre professato". Sempre quindi sia rispettato l'ordine organico, ossia la "gerarchia" nelle verità della dottrina cattolica, le quali, sebbene esigano tutte il dovuto assenso di fede, nondimeno non occupano tutte un posto uguale e principale, quasi centrale, nel mistero rivelato in Gesú Cristo; poiché diverso è il loro nesso con il fondamento della fede cristiana. Gli alunni imparino a discernere tra le verità rivelate, le quali esigono tutte lo stesso assenso di fede, e le dottrine teologiche. Imparino quindi a distinguere tra "il medesimo deposito di fede o verità contenute nella nostra veneranda dottrina" e il modo con cui esse vengono enunciate; tra la verità da enunciare e i vari modi di percepirla e di metterla in luce migliore; tra la tradizione apostolica e le tradizioni strettamente ecclesiastiche. Fin dal tempo della loro formazione filosofica gli alunni debbono essere preparati a cogliere la legittima diversità di qualche enunciato anche nella sacra teologia, in base alla diversità di metodi e di vie con cui le verità divine vengono penetrate e formulate dai teologi; ne segue perciò che le varie formulazioni teologiche non di rado si debbano dire tra di loro complementari piuttosto che opposte. 6 - L'ecumenismo come disciplina speciale 75. Per il fatto che la dimensione ecumenica coinvolge tutta la formazione teologica, non si rende superfluo un corso sull'ecumenismo. In tale materia si possono considerare i seguenti elementi, secondo le diverse circostanze e il tempo messo a disposizione: a) le nozioni di "oecumene", "oecumenismus", la loro origine storica e il loro significato presente; b) i fondamenti dottrinali dell'ecumenismo, con riguardo particolare ai vincoli di comunione tuttora esistente tra le chiese e le comunità ecclesiali; c) il fine e il metodo dell'ecumenismo, le varie forme di unione e di collaborazione, la speranza di ristabilire l'unità, le condizioni dell'unità, la piena e perfetta unità, la pratica dell'ecumenismo soprattutto in campo sociale; d) la storia dell'ecumenismo, particolarmente i numerosi tentativi intrapresi durante i secoli per ristabilire l'unità, considerandone gli aspetti positivi e negativi; e) l'esposizione dell'elemento "istituzionale" e della vita contemporanea delle varie comunioni cristiane: le tendenze in campo dottrinale, le cause reali delle separazioni, gli sforzi missionari, la spiritualità, le forme di culto divino; f) i numerosi problemi aventi per oggetto l'ecumenismo, vale a dire: le specifiche questioni scaturite dal movimento ecumenico, circa l'ermeneutica, il ministero, il culto divino, la "intercomunione", la tradizione, il proselitismo di cattiva lega, il falso irenismo, i laici, i ministeri affidati alle donne nella Chiesa, e simili; g) l'ecumenismo spirituale, in particolare il significato della preghiera per l'unità e le forme molteplici d'ecumenismo spirituale; h) le relazioni che oggi intercorrono tra la Chiesa cattolica e le altre chiese e comunità ecclesiali o loro federazioni, e le relazioni che permettono a queste chiese o federazioni di mantenersi in contatto reciproco; i) l'importanza singolare che riveste nel movimento ecumenico il consiglio ecumenico delle chiese, e lo stato attuale dei rapporti esistenti tra la Chiesa cattolica romana e il consiglio ecumenico delle chiese. III. Norme particolari sulla formazione ecumenica 1 - Il dialogo tra i cristiani nella formazione superiore 76. In base alla diligente indagine sui principi generali che si riferiscono al dialogo tra i cristiani, è evidente che i seminari, le facoltà teologiche e gli altri istituti di formazione superiore, hanno un ruolo particolare nel dialogo ecumenico e che lo stesso dialogo li aiuta a realizzare la loro missione di educare la gioventú. Il dialogo, come fattore pedagogico, richiede: a) sincera e ferma fedeltà alla propria fede, senza la quale il dialogo scende al livello di un mero colloquio privo di vero impegno delle due parti; b) animo aperto e propenso ad una vita piú profondamente radicata nella propria fede, in conseguenza d'una conoscenza piú completa ottenuta attraverso il dialogo con gli altri, che sono anch'essi veri cristiani; c) ricerca di nuove vie e sussidi per cercare rapporti vicendevoli e ristabilire l'unità la quale non fa appoggio sulla indifferenza d'animo, sul falso irenismo, o sul modo facile di adattarsi alle esigenze del mondo, ma sulla maggior fedeltà al vangelo e sull'autentica professione della religione cristiana, che corrisponda a verità e carità; d) rapporti e collaborazione con i pastori della Chiesa e la necessaria obbedienza alle loro disposizioni e consigli; infatti il dialogo non è mai un semplice colloquio tra persone o istituzioni, ma per la sua natura è un dovere di tutta la Chiesa; e) ferma disposizione d'animo a riconoscere che i membri delle varie chiese o comunità ecclesiali possono, il piú delle volte, contribuire molto ad esporre esattamente la dottrina e la vita delle proprie comunioni; f) rispetto della coscienza e della convinzione personale di chiunque esponga un lato o una dottrina della propria Chiesa, o il modo personale di intendere la rivelazione divina; g) retta intenzione di riconoscere che non tutti godono di uguale preparazione per entrare a far parte del dialogo, a motivo della diversa formazione intellettuale, maturità di animo e progresso spirituale. Perciò si devono rivedere i programmi d'insegnamento delle discipline, e, per quanto concerne gli alunni, le modalità di frequenza e di profitto, cosí che siano conformi alla realtà della situazione. 2 - Coloro ai quali spetta personalmente un compito nell'azione ecumenica 77. La Chiesa, per adempiere il suo compito ecumenico, ha bisogno di un numero conveniente di esperti in materia: chierici, religiosi, laici d'ambo i sessi. Questi sono necessari dovunque, anche nelle regioni dove la percentuale degli abitanti è in maggioranza cattolica. Tra i compiti loro affidati, si può annoverare: il dovere di aiutare il vescovo, il clero del luogo e le autorità della regione nel formare i fedeli ad un vero spirito ecumenico; aiutare o dirigere le varie commissioni d'ecumenismo diocesane o regionali; stabilire idonei contatti per entrare in relazione con le altre comunità cristiane; impartire speciali lezioni d'ecumenismo nei seminari e negli altri istituti di formazione; curare l'organizzazione dell'attività ecumenica nelle scuole e negli istituti cattolici; incrementare la formazione dei missionari orientandola verso la particolare azione ecumenica che saranno chiamati a svolgere. Oltre a una solida preparazione teologica generale è bene che i periti: a) abbiano ricevuto una speciale formazione di grado superiore in qualche disciplina accademica, quale la teologia, l'esegesi, la storia, la filosofia, la sociologia religiosa; b) siano ben informati su principi, questioni, su quanto già fatto e sui programmi per l'avvenire che riguardano il movimento ecumenico odierno. Oltre alla conoscenza che potranno acquisire mediante la lettura e lo studio delle fonti, si raccomanda loro vivamente di impegnarsi secondo le possibilità negli incontri ecumenici, come può avvenire attraverso congressi, conferenze, centri e istituti di studi ecumenici, ecc.; c) abbiano una specifica conoscenza delle tradizioni dei cristiani del luogo dove svolgono la loro attività. Per quanto è possibile, tali studi siano condotti mettendosi in contatto con gli esperti di tali tradizioni e con coloro che le vivono. 3 - Coloro che già svolgono attività nel ministero pastorale 78. I vescovi e i superiori religiosi, nel mettere in atto il programma stabilito per la formazione pastorale del clero - tramite riunioni del clero, istituti particolari, esercizi spirituali, giornate di ritiro o di studio dei problemi pastorali - sono vivamente esortati a rivolgere la loro sollecita e diligente attenzione all'ecumenismo, e ad esaminare i seguenti punti di dottrina. Secondo l'opportunità che si presenta e impartendo speciali istruzioni che informino i sacerdoti, i religiosi e i laici sullo stato attuale del movimento ecumenico, in modo che essi sappiano inserire il punto di vista ecumenico nella predicazione, nel culto divino, nel catechismo, e nella vita cristiana in generale. Inoltre, se possibile, e con la dovuta prudenza, sia invitato un ministro di un'altra Chiesa o comunità, perché esponga la propria tradizione o tratti argomenti pastorali, che spesso sono comuni a tutti i ministri cristiani. Dove si riterrà opportuno e l'ordinario ne darà il consenso, il clero cattolico sia invitato ad assistere con i ministri di altre chiese o comunità a convegni che abbiano lo scopo particolare di migliorare la reciproca conoscenza e di risolvere i problemi pastorali con il comune apporto dei cristiani. La concreta realizzazione di queste iniziative si aiuta spesso creando associazioni con i consigli locali o regionali del clero, fraternità dei ministri del culto, ecc., o quando si aderisce a tali sodalizi già esistenti. Le facoltà di teologia, i seminari e gli altri istituti di formazione possono contribuire notevolmente alle attività ecumeniche, sia programmando corsi di studi per il clero già dedito al ministero pastorale, sia incoraggiando i propri professori a dare il loro pronto contributo nelle discipline e negli studi programmati dagli altri. 4 - Superiori e professori negli istituti di formazione teologica 79. I principi generali enumerati nel capitolo II devono plasmare, reggere e stimolare la formazione di tutti quelli che sono destinati a insegnare teologia e le discipline con questa connesse, per renderli bene istruiti e preparati al ruolo di educatori dei giovani sacerdoti, dei seminaristi, dei religiosi, dei laici. Perché i professori siano agevolati nell'espletare il loro compito ecumenico, i vescovi nella loro propria diocesi, o in unione con quelli della medesima regione o nazione, i superiori religiosi, i rettori di seminari o università e simili, abbiano a cuore di promuovere il movimento ecumenico e procurino con tutte le loro forze che gli insegnanti siano informati dei progressi registrati nel pensiero e nell'azione ecumenici. Inoltre con premurosa attenzione provvedano a che gli stessi insegnanti dispongano in numero adeguato di libri, di riviste, commenti ed altri scritti del genere pubblicati sia dai cattolici che dai non cattolici. Per l'organizzazione del piano degli studi si consiglia soprattutto quanto segue: a) È conveniente che la dottrina speciale dell'ecumenismo sia insegnata poco dopo l'inizio degli studi teologici, perché gli alunni ricevano una larga conoscenza in materia ecumenica, e sappiamo cosí comprendere le discipline particolari con una visuale piú ampia. b) Perché lo studio dell'ecumenismo sia svolto con fervore e perché divenga familiare la conoscenza di tutto il movimento ecumenico, si potranno in un secondo tempo utilmente organizzare, all'occasione, delle discussioni con gli studenti. I professori potranno anche con profitto degli uditori assegnare loro argomenti di dissertazione o altri tipi di esercitazioni sull'ecumenismo. c) Con la dovuta cura sono da scegliersi i libri scolastici e tutto quello che può contribuire a formare gli alunni. Bisogna infatti che questi sussidi pedagogici espongano con fedeltà le opinioni degli altri cristiani in materia teologica, storica, spirituale: cose da non considerarsi assolutamente come avulse dalla vita, bensí radicate nella viva tradizione degli uomini. d) È di massima importanza che gli alunni da formarsi al sacerdozio o alla vita religiosa, sappiano bene come comportarsi nei futuri rapporti d'indole pastorale con gli altri cristiani; per es. come possano venire loro incontro in determinate necessità spirituali, rispettando in pari tempo la loro libertà di coscienza e la grazia dello Spirito santo in loro. e) Le biblioteche dei seminari e degli istituti di formazione superiore siano diligentemente fornite di libri e riviste che trattano dell'ecumenismo in generale ed espongono questioni particolari di interesse ecumenico sia per la regione dove si trovano, o sia per lo specifico intento di tali istituti. IV. Collaborazione fra Cattolici e altri cristiani sul piano delle persone e delle istituzioni 80. - 1. Alla luce dei principi ricordati sopra e tenendo conto delle condizioni variabili da luogo a luogo, la collaborazione tra gli istituti di insegnamento superiore e i rapporti, a differenti livelli, tra i docenti e gli alunni delle varie chiese o comunità, sono utilissimi non solo allo stesso movimento ecumenico in generale, ma anche in particolare all'educazione ecumenica dei professori e degli uditori. 81. - 2. Tale collaborazione tra i cristiani negli istituti di insegnamento di grado superiore, può recare notevole profitto agli istituti stessi perché favorisce: - una conoscenza piú completa della teologia, con speciale riguardo alle discipline annesse all'esegesi e una conoscenza delle altre discipline previste dal programma dell'insegnamento superiore; - la possibilità di venire incontro alla facoltà accademica stessa con l'uso in comune di libri e biblioteche, con un maggior numero di insegnanti dotati di preparazione qualificata, con la soppressione di certi corsi inutili o duplicati, sempre nell'ambito delle disposizioni date piú avanti; - l'accrescimento, dove sia necessario, dei mezzi materiali, per es. adattando all'uso edifici, specialmente biblioteche, e aule; - l'intensificarsi dell'aiuto che tale istituto reca alla società; infatti gli uomini assecondano piú volentieri l'autorità e l'impulso derivante da un'azione comune dei cristiani, piuttosto che le iniziative separate delle singole istituzioni; - una piú consolidata testimonianza, offerta agli altri cristiani sul provato valore di un'istituzione: testimonianza che gli uomini si aspettano da quel tipo di formazione, oltre al prestigio di dottrina puramente accademico. 82. - 3. Simile collaborazione e i rapporti abituali con i colleghi di altre comunità cristiane, aprono ogni giorno nuove vie ai professori per le loro ricerche scientifiche, e li aiutano a meglio espletare il loro compito di docenti. Infine gli studenti, già durante tutto il periodo di formazione, possono acquistare in qualche modo una preparazione per le loro future attività ecumeniche e, sotto la guida di professori veramente esperti, imparare a meglio superare le difficoltà di natura intellettuale e spirituale che eventualmente sorgono da un tale genere di relazioni. 83. - 4. In questa collaborazione si distinguono due categorie: 1) coloro che sono in possesso di titoli accademici o che hanno terminato la loro formazione teologica generale; 2) coloro che non hanno ancora terminato la loro formazione generale. 84. - 5. Le conferenze episcopali nel redigere il regolamento di formazione sacerdotale in base al decreto "Optatam totius", emanino, secondo quanto sarà stabilito piú oltre, delle norme generali per casi particolari di collaborazione tra i seminari cattolici e quelli degli altri cristiani. Poiché anche gli istituti di formazione dei religiosi possono partecipare a tale collaborazione, i loro superiori maggiori o i loro delegati devono contribuire alla redazione di quelle norme, secondo il decreto "Christus Dominus", n. 35, art. 5 e 6. Se sorgono particolari questioni nell'ambito di un determinato seminario o istituto, l'ordinario di competente giurisdizione dovrà decidere, in conformità alle direttive stabilite dalla conferenza episcopale, quali sono le iniziative che richiedono la sua approvazione, e quali invece sono quelle che ricadono sugli stessi superiori del seminario. 6 - Coloro che sono in possesso di gradi accademici o che hanno ultimato la formazione teologica generale 85. Si può progredire nel dialogo ecumenico e nell'azione ecumenica creando, con l'approvazione della legittima autorità e secondo le circostanze e le situazioni, centri o istituti ecumenici in vari luoghi e paesi. Questi istituti o, come si suole chiamarli, "centri", vengano eretti separatamente o annessi a qualche facoltà o ancora in collaborazione tra facoltà e università già esistenti. Le strutture e le finalità di tali centri possono essere differenti. Tuttavia, mentre vengono programmate e regolate, è molto opportuno che si tenga presente il problema ecumenico nella sua integrità e totalità d'aspetti. 86. - 7. Questi istituti possono distinguersi nei seguenti tipi: A) Centri di ricerca ecumenica in cui si trattano a fondo questioni teologiche su di un determinato argomento, e che sono orientati verso il dialogo ecumenico mediante lo studio delle fonti, scambi scientifici, e pubblicazioni di scritti. B) Istituti teologici ecumenici nei quali gli studenti dopo avere compiuto la formazione teologica generale possano dedicarsi appositamente alla teologia ecumenica con corsi speciali e seminari ( Seminarwork, Seminar ), ecc. Tali istituti o sono destinati a una formazione ecumenica generale - in questo caso abbracciano tutto il problema ecumenico - oppure si consacrano a studi speciali su di una determinata disciplina ( per es. teologia delle chiese orientali, dei protestanti, degli anglicani ); in questo caso però non è da trascurarsi per nulla una visione d'insieme di tutto il problema ecumenico. C) Associazioni per lo studio comune di questioni teologiche e pastorali tra i ministri delle diverse chiese o comunità, che si incontrano per trattare insieme gli aspetti teorici e pratici del loro ministero tra i propri fedeli, nonché la loro testimonianza comune nel mondo. D) Federazioni di università e altri istituti per l'uso in comune di biblioteche o altri mezzi, e per stabilire un legame piú stretto tra professori e studenti per la programmazione dei piani di studio. 8 - Gli istituti "interconfessionali" 87. Secondo le condizioni di tempo e di luogo, gli istituti e i centri ora citati, siano posti sotto la direzione o di soli cattolici o di questi insieme con appartenenti a piú confessioni. Tali istituti comuni sono soprattutto utili dove le chiese e le comunità ecclesiali debbono esaminare insieme certe questioni ( per es. l'attività missionaria, il rapporto con le religioni non-cristiane, i problemi dell'ateismo e dei non-credenti, l'uso dei mezzi di comunicazione sociale, l'architettura e l'arte sacra e, in campo teologico, l'interpretazione della Sacra scrittura, la dottrina della storia della salvezza, la teologia pastorale, ecc. ); questioni che, idoneamente risolte, possono giovare assai all'unità dei cristiani. La creazione e l'amministrazione di questi istituti di solito deve essere affidata a coloro che li dirigeranno, salvi sempre i diritti della competente autorità ecclesiastica. 88. - 9. Dove sembrerà opportuno, gli istituti cattolici, a norma del n. 5 di questo capitolo, possono aderire alle associazioni che hanno lo scopo di favorire: il perfezionamento dei metodi di istruzione teologica, la formazione piú accurata delle persone dedite al ministero pastorale, e una maggiore collaborazione tra le istituzioni religiose di educazione superiore. Se si verifica l'unione con tali associazioni, occorre conservare intatta l'autonomia propria dell'istituto cattolico nei settori concernenti l'ordinamento degli studi, la dottrina delle materie d'insegnamento, e la formazione spirituale e sacerdotale degli alunni; in quanto tali settori sono determinati sia dal fine proprio di quell'istituto, sia dalle norme sancite dalla legittima autorità ecclesiastica. 10 - Coloro che non hanno ancora ultimato la loro formazione teologica generale 89. Bisogna specialmente tenere in considerazione i principi del capitolo III, n. 1, ogniqualvolta nella formazione intellettuale degli studenti cattolici si tratta della collaborazione tra essi e gli altri studenti cristiani, e ciò per tutta la durata della loro formazione teologica generale. Infatti questi scambi ( derivanti dallo studio comune, dalla preghiera, dall'attività sociale, ecc. ) produrranno tanto maggiore frutto quanto piú ciascuno si appoggerà sul fondamento della propria fede e tradizione e sarà convinto degli intenti dell'ecumenismo e della necessità del dialogo ecumenico. 90. - 11. I seminari cattolici, le scuole di teologia, le case di formazione dei religiosi e religiose, come tali, possono collaborare con gli altri istituti cristiani dello stesso genere. Secondo le varie circostanze di luogo e secondo l'indole propria degli istituti, questa collaborazione può assumere forme differenti quali sono per esempio lo scambio dei professori, il mutuo riconoscimento di certi corsi, federazioni di vario genere, l'affiliazione a qualche università. In tutto ciò si deve badare a conservare l'indole naturale dell'istituto cattolico con il suo diritto di formare i propri alunni e di insegnare la dottrina cattolica, tenendo presente le direttive contenute sotto, al n. 13. 91. - 12. Tutti gli esperti in materia ecumenica appartenenti ad altre comunità cristiane possono essere invitati dalla legittima autorità a tenere conferenze negli istituti cattolici, anzi a dare alcune lezioni, purché si rispetti l'indole propria di ciascun istituto. Anche i professori cattolici siano ben disposti a fare altrettanto, se ne ricevono domanda. 92. - 13. Si può permettere agli alunni cattolici di assistere alle lezioni presso istituti, e anche seminari, degli altri cristiani, alle seguenti condizioni. Si deve tener conto: a) dell'utilità di tali corsi e del loro solido aiuto per la formazione integrale degli alunni; b) della buona reputazione pubblica, della competenza scientifica e della mentalità ecumenica dello stesso insegnante; c) della previa preparazione degli alunni; d) della loro maturità spirituale e psicologica; e soprattutto e) della natura stessa delle discipline; infatti con tanta piú cautela gli alunni avranno il permesso di assistervi, quanto piú rilevanza otterrà l'aspetto dottrinale della materia. Pertanto mentre la formazione comune o sistematica va impartita da professori cattolici, specialmente in materia di esegesi, teologia dogmatica e morale, gli alunni cattolici possono frequentare le scuole che insegnano le discipline pratiche, come le lingue bibliche, i mezzi di comunicazione sociale, la sociologia religiosa in quanto questa nuova scienza si applica all'osservazione dei fatti, ecc. Gli alunni possono assistere pure a lezioni in quelle discipline di comune utilità, come la storia della Chiesa, la patrologia ecc., benché presentino anche un lato dottrinale; tale assistenza però è lasciata al giudizio dei superiori i quali, come si è detto sopra, devono valutare la preparazione scientifica e spirituale degli alunni. Stabilire tutto questo spetta ai superiori, sentito il parere degli alunni, secondo il regolamento del seminario e le norme date dall'ordinario che ne ha giurisdizione. Perché tali corsi producano veri frutti, gioverà molto se i professori cattolici acquisteranno un'ampia conoscenza degli scritti, delle opinioni, e della mentalità ecumenica degli insegnanti appartenenti alle altre comunità cristiane, ai corsi dei quali gli alunni cattolici abbiano il permesso di assistere. Ciò si otterrà piú facilmente se avranno spesso contatti con loro e se frequenteranno i loro istituti. Inoltre si consiglia vivamente ai superiori del seminario di avere, periodicamente, colloqui con i professori e i direttori spirituali, per rivedere i programmi di studi, proporre cambiamenti, superare le difficoltà eventuali. Simili incontri e colloqui sono raccomandati pure con i colleghi degli altri seminari cristiani. 93. - 14. In diverse parti del mondo, l'organizzazione e i metodi di formazione superiore oggi sono oggetto di seri dibattiti e questioni, e vengono proposte molteplici iniziative per amalgamare i diversi istituti "sulla religione" nelle pubbliche università o in quelle non confessionali. Spetta alle conferenze episcopali, con l'aiuto di persone competenti e di mezzi adatti, giudicare quale parte in tali iniziative sia lecito che i seminaristi abbiano. Nell'esaminare con diligenza il problema, rivolgano particolare cura alla retta e dovuta formazione dei seminaristi e anche degli altri alunni, sia dal lato intellettuale che spirituale, sotto la guida dell'autorità cattolica; in modo analogo siano solleciti dell'attiva partecipazione dei professori cattolici negli stessi programmi di formazione; e infine pongano attenzione perché sia salvaguardata in pieno e con fermezza la libertà di magistero della Chiesa, capace di determinare l'autenticità di dottrina e di tradizione cattolica. Per ricavare abbondanti frutti da tali comuni iniziative, si desidera che alcuni cattolici ( laici, chierici, religiosi ) davvero competenti nel proprio ramo e nel dialogo ecumenico siano chiamati a far parte del gruppo dirigente dell'università o facoltà. 94. - 15. Gli altri istituti cattolici che procurano la formazione religiosa degli alunni candidati ai gradi accademici in teologia e di quelli provenienti da altre facoltà, siano retti in base agli stessi principi, ma adattati alle esigenze volute dall'indole propria dell'istituto, dalle condizioni particolari e dal profitto degli studenti. Quanto già detto in merito alla previa educazione religiosa e maturità mentale degli alunni, come pure in merito alla competenza e capacità dei professori, va ugualmente applicato per questi istituti. Il Sommo Pontefice Paolo VI, nell'udienza concessa il 16 aprile 1970 al cardinale Giovanni Willebrands, presidente del segretariato per l'unione dei cristiani, approvò il presente direttorio, confermandolo con la sua autorità e ordinandone la pubblicazione. Nonostante qualunque cosa in contrario. Roma, 16 aprile 1970. + Giovanni card. Willebrands, presidente del segretariato per l'unione dei cristiani Girolamo Hamer, O. P., segretario.