Istruzione " Postquam Apostoli "

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VI. Ministri sacri inviati in altre diocesi

Necessità di una vocazione speciale

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23. Benché tutti i fedeli a modo loro debbano partecipare all'opera di evangelizzazione, tuttavia chi desidera esplicare il sacro ministero in un'altra diocesi, necessita di una vocazione speciale.

In realtà, tutta la comunità, sotto la guida del vescovo, è tenuta con preghiere e opere di penitenza ad impetrare dallo Spirito santo il dono delle vocazioni, onde siano disponibili sacerdoti, religiosi e laici i quali, lasciata la patria, vadano ad espletare in un altro campo il mandato di Cristo.66

Per quanto concerne la preparazione degli animi giovanili, sin dalla prima età è necessario inculcare nei medesimi una mentalità veramente cattolica; per quel che riguarda poi i candidati al sacerdozio, durante la loro formazione occorre far sì che essi, oltre a coltivare l'amore verso la diocesi per il cui servizio sono ordinati, abbiano anche ad interessarsi di tutta la chiesa.67

Idoneità dei ministri

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24. Questa speciale vocazione presuppone, tuttavia, una indole adatta e doti naturali particolari.

Tra le qualità psichiche, si ritengono necessari fortezza d'animo e sincero spirito di servizio.

Pertanto, nella direzione delle anime i superiori usino grande diligenza per trovare atti e idonei candidati.

E poiché è da augurarsi che i vescovi destinino per quest'opera ottimi sacerdoti, questi non solo debbono essere abbondantemente forniti di una sicura dottrina sacra, ma devono anche distinguersi per fede robusta, speranza incrollabile e zelo per le anime,68 affinché, per quanto sta in loro, possano veramente generare negli altri la fede.

La necessaria preparazione

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25. Tutti i ministri che vanno in un'altra diocesi, hanno bisogno di un'adeguata preparazione per ciò che riguarda la formazione umana, l'ortodossia della dottrina e lo stile di vita apostolico.

Coloro poi che si recheranno in una diocesi di altra nazione per annunciare il vangelo, devono ricevere una formazione speciale, debbono cioè conoscere la cultura e la religione di quel popolo; fare gran conto della lingua e dei costumi; acquisire pratica della lingua insieme alla comprensione delle condizioni sociali, degli usi e delle consuetudini; esaminare infine con cura l'ordinamento morale e le intime convinzioni che quel popolo, secondo le sue sacre tradizioni, si è formato su Dio, sul mondo e sull'uomo.69

Convenzione richiesta per il passaggio

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26. Il passaggio dei ministri, soprattutto se sacerdoti, da una diocesi all'altra, bisogna che avvenga ordinatamente.

L'ordinario "a quo" fornisca all'ordinario "ad quem" notizie esatte e chiare su coloro che devono essere inviati, specialmente se i motivi del trasferimento diano adito a sospetti.

È assolutamente necessario che i diritti e i doveri dei sacerdoti che spontaneamente si offrono a tale passaggio, vengano accuratamente definiti in una convenzione scritta tra il vescovo a quo e il vescovo "ad quem";70 detta convenzione, stilata anche con l'intervento del sacerdote, affinché abbia valore normativo, deve essere accettata e sottoscritta dal sacerdote stesso; copia della convenzione, poi, venga conservata presso il sacerdote e presso le due curie.

Simile convenzione si faccia anche con gli ausiliari laici; per i religiosi, occorre osservare le costituzioni dell'istituto di provenienza.

Il medesimo principio, fatta la proporzione, vale anche per i numeri seguenti.

Oggetto della convenzione

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27. In questa convenzione bisogna definire:

a) la durata del servizio;

b) le mansioni del sacerdote e il luogo del ministero e dell'abitazione, tenuto conto delle condizioni di vita nella regione dove il sacerdote si reca;

c) gli aiuti di vario genere e chi deve prestarli;

d) le assicurazioni sociali in caso di malattia, di inabilità e di vecchiaia.

Se sarà il caso, si potrà utilmente contemplare anche la possibilità di rivedere la patria dopo un certo periodo di tempo.

Detta convenzione non può essere mutata, se non vi sia il consenso degli interessati.

Rimane fermo il diritto del vescovo "ad quem" di rimandare il sacerdote nella propria diocesi, preavvisato il vescovo "a quo" e osservata l'equità naturale e canonica, qualora il suo ministero sia divenuto nocivo.

I doveri del vescovo "a quo" e "ad quem" verso i sacerdoti

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28. Il vescovo "a quo" abbia, per quanto possibile, una speciale sollecitudine verso i sacerdoti che esercitano il sacro ministero fuori della propria diocesi, e li consideri come membri della sua comunità che operano lontano; e faccia ciò sia per lettera, sia visitandoli personalmente o tramite altri, sia aiutandoli secondo il tenore della convenzione.

Il vescovo "ad quem" poi, il quale si avvantaggia dell'aiuto di questi sacerdoti, rimane il garante della loro vita sia materiale che spirituale, sempre secondo la convenzione.

I sacerdoti membri del presbiterio dell'altra diocesi

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29. In regioni che differiscono notevolmente per lingua, costumi, condizioni sociali, salvo urgente necessità, non si inviino ordinariamente singoli sacerdoti, ma piuttosto in gruppo, affinché si prestino vicendevolmente aiuto.71

Detto gruppo nondimeno si sforzi di inserirsi talmente in seno al clero locale da non arrecare minimamente pregiudizio ad una fraterna collaborazione.

I sacerdoti arrivati nell'altra diocesi riveriscano il vescovo del luogo e gli prestino obbedienza secondo la convenzione.

Per quanto attiene al sistema di vita, si adattino alle condizioni dei sacerdoti autoctoni e si sforzino di coltivarne l'amicizia, poiché tutti formano un solo presbiterio sotto l'autorità del vescovo.72

Perciò devono inserirsi nella comunità locale come se fossero membri nativi di quella chiesa particolare; il che esige una disponibilità di animo non comune e un profondo spirito di servizio.

Essendo ministri aggregati ad una nuova famiglia, si astengano dall'esprimere giudizi e critiche sulla chiesa locale, lasciando il compito di svolgere tale ufficio profetico al vescovo, al quale spetta la piena responsabilità del governo della chiesa particolare.

Ritorno dei sacerdoti in patria

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30. I sacerdoti che desiderano ritornare nella propria diocesi allo scadere del tempo stabilito nella convenzione, siano accolti volentieri; tale ritorno, allo stesso modo della missione, richiede una preparazione.

Essi abbiano a godere di tutti i diritti nella diocesi di origine, cui rimasero incardinati, come se vi fossero stati impegnati senza interruzione nel sacro ministero.73

Con le varie esperienze acquisite, i medesimi possono arrecare non lieve vantaggio spirituale alla propria diocesi.

Inoltre, a quelli che ritornano, per assumere nuovi incarichi, sia concesso un periodo di tempo sufficiente, in modo da potere adattarsi alle mutate situazioni che fossero avvenute nel frattempo.

Incardinazione nella diocesi ospite

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31. Circa l'incardinazione dei sacerdoti in altre diocesi, rimangono ancora in vigore le prescrizioni del Codice di diritto canonico.

Tuttavia, per il conseguimento della medesima in forza della legge il motuproprio "Ecclesiae sanctae" ha emanato una nuova norma con la quale si tiene conto del servizio prestato: "Il chierico che passa legittimamente dalla propria diocesi ad un'altra, trascorsi cinque anni, sarà incardinato di diritto a quest'ultima diocesi se avrà manifestato per iscritto tale volontà sia all'ordinario della diocesi ospite, sia all'ordinario proprio, né entro quattro mesi abbia ricevuto da nessuno dei due un parere contrario".74

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66 Decr Ad Gentes divinitus, n. 23
Cf. Decr. Optatam totius, n. 2
67 Decr. Optatam totius, n. 20
68 Decr. Ad Gentes divinitus, n. 25
69 Ibidem, n. 26
70 Mp. Ecclesiae Sanctae, I, 3, par. 2
71 Decr. Presbyterorum Ordinis, n. 10
72 Decr. Ad Gentes divinitus, n. 20
73 Mp. Ecclesiae Sanctae, I, 3 par. 4
74 Ibidem, I, 2 par. 5