Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis Prefazione Sono già passati quindici anni da quando la Congregazione per l'Educazione Cattolica ha pubblicato, con la collaborazione delle Conferenze Episcopali, la "Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis", al fine di promuovere opportunamente la formazione sacerdotale secondo le indicazioni del Concilio Vaticano II. Era stata la prima Assemblea generale del Sinodo dei Vescovi dell'anno 1967 a raccomandare di redigere tale "Ratio", desiderando che fosse offerto alle Conferenze Episcopali uno strumento conveniente per preparare più facilmente le "Ratio institutionis sacerdotalis" nazionali. Compito della "Ratio fundamentalis" doveva essere quello di dare adeguate indicazioni per mantenere l'unità della disciplina ecclesiastica, senza tuttavia mortificare quella sana varietà richiesta dalle diverse situazioni pastorali nel vari Paesi. Negli anni seguenti, quella provvidenziale iniziativa si è rivelata di grandissima utilità. Infatti, le "Ratio" nazionali sono state elaborate e riviste alla sua luce e così pure i vari problemi che via via si presentavano sono stati risolti tenendo conto delle sue indicazioni. Tuttavia, con la promulgazione del Nuovo Codice di Diritto Canonico ( 25 gennaio 1983, che ha ordinato "ex integro" tutta la materia pedagogica e disciplinare riguardante i seminari e la formazione sacerdotale, la "Ratio fundamentalis" è stata privata della sua forza giuridica. Ma non si poteva lasciarla cadere, perché molte "Ratio institutionis sacerdotalis" erano profondamente radicate in essa ( di cui spesso riportavano vari paragrafi "ad litteram" ) e gli stessi Superiori ecclesiastici vi ricorrevano spontaneamente ogniqualvolta dovevano affrontare e risolvere questioni non esplicitamente contenute nel nuovo Codice. Ciò considerato, la Congregazione per l'Educazione Cattolica ha creduto opportuno di rivedere la suddetta "Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis" ed inserire in essa quegli emendamenti, per la verità pochissimi, che erano richiesti dalle nuove circostanze. Come appare a prima vista, i nuovi adattamenti riguardano più le note in calce, di molto arricchite, che il testo del documento, mantenuto sostanzialmente così come a suo tempo era stato redatto insieme con le Conferenze Episcopali. La presente edizione della "Ratio fundamentalis", dopo la congrua approvazione concessa dal sommo Pontefice Giovanni Paolo II, è consegnata agli Istituti di formazione sacerdotale con il sincero desiderio che essi, sostenuti da norme chiare e sicure, continuino ad adempiere fedelmente la loro preziosa missione, per il maggior bene delle anime e di tutta la Santa Chiesa. Roma, dal Palazzo della Congregazione, il 19 marzo 1985, Solennità di S. Giuseppe, Sposo della Beata Vergine Maria. WILLIAM CARD. W. BAUM Prefetto ANTONIO M. JAVIERRE ORTAS Arciv. tit. di Meta Segretario Introduzione Gli sforzi che attualmente si stanno compiendo per rinnovare i seminari - sforzi ai quali il Concilio Vaticano II con il decreto sulla formazione sacerdotale ha fornito le norme principali e più generali, perché i seminari stessi procedessero con sicurezza e producessero salutare incremento di pietà, scienza, fervore pastorale nei candidati al sacerdozio - esigono alcune ulteriori determinazioni, perché siano adatte, nel migliore dei modi, alle peculiari necessità delle singole nazioni e, nello stesso tempo, vengano conservate l'unità e la figura del sacerdozio cattolico, come la sua stessa natura richiede e il medesimo Concilio ha istantemente inculcato. Pertanto, la « Ratio fundamentalis » che viene ora presentata è stata elaborata - tenendo presente la summenzionata duplice finalità - dalla Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica in collaborazione con i delegati delle Conferenze Episcopali, non senza la costante sollecitudine e il sincero desiderio che il genuino spirito e la finalità pastorale del Concilio Vaticano II vengano fedelmente espressi in questo documento, e, formulati in modo più concreto, possano con maggiore efficacia contribuire all'adattamento dell'educazione nei seminari alle istanze dei nuovi tempi. 1. In quale senso il Concilio Vaticano II ha confermato l'istituzione del seminario La Chiesa nel Concilio Vaticano II ha decretato che è da ritenersi valida la sua plurisecolare esperienza dei seminari, asserendo che essi sono necessari in quanto istituzioni ordinate alla formazione sacerdotale, e in quanto sono dotati dei principali mezzi di educazione, che, assieme ad altri, sono in grado di promuovere efficacemente la formazione integrale dei futuri sacerdoti. Confermando ancora una volta questa strada, ormai sperimentata, verso il sacerdozio, il Concilio non ha però voluto minimamente passare sotto silenzio le varie e molteplici necessità sorte dalla vetustà dei mezzi educativi e dalle mutate condizioni dovute all'evolversi dei tempi, ed ha accettato, o persino prescritto, non pochi cambiamenti per potenziare la forza e l'efficacia pedagogica di questa utilissima istituzione. Anche se il Concilio ha parlato in modo diverso dei seminari maggiori e di quelli minori, ha però stabilito alcuni punti che valgono per entrambi. Prima però di prospettarne gli specifici problemi, è necessario innanzi tutto considerare alcuni presupposti, che valgono in qualche modo per tutto ciò che si dirà in seguito: Il seminario, in quanto comunità di giovani, trae la sua prima forza e attitudine a formare i futuri sacerdoti dalle stesse condizioni dell'ambiente in cui i giovani vivono, di cui respirano l'aria, alla cui composizione e al cui perfezionamento essi hanno parte. Si tratta di vari elementi concorrenti, sia interni; sia esterni; dell'intera strutturazione della comunità e del suo spirito, che si manifesta, in varia misura, in tutto e che può inibire o favorire le migliori aspirazioni. Per conseguenza, il primo compito dei superiori consiste nell'ottenere lo sforzo comune di tutti per creare e perfezionare queste condizioni spirituali, le quali debbono essere tali che, chiunque entri nel seminario, trovi i mezzi necessari per poter coltivare la sua vocazione e per poter seguire senza riserve la volontà di Dio. E per raggiungere tale scopo non si tenga in poco conto tutto ciò che riguarda anche l'aspetto materiale: cioè la sobria e dignitosa disposizione del luogo, del fabbricato, delle suppellettili e di ogni altra cosa, in sintonia con la vita dei giovani. 2. La situazione dei giovani contemporanei nei confronti dell'educazione Inoltre, in qualunque sano rinnovamento dei seminari è assolutamente necessario tenere presenti le condizioni e le particolari esigenze dei tempi circa il problema dell'educazione. I giovani, infatti, chiamati dalla divina Provvidenza ad esercitare il ministero sacerdotale tra gli uomini della nostra età, portano peculiari disposizioni di animo, consone alla mentalità ed al pensiero degli uomini di oggi. Si nota in loro, per esempio, e nelle varie loro manifestazioni un ardente desiderio di sincerità e di verità; una grande propensione ad accettare tutto ciò che è nuovo e insolito; una stima del mondo e del suo progresso tecnico e scientifico; una volontà di inserirsi più pienamente in esso, per servirlo; un senso di solidarietà, con preferenza per gli uomini di condizione più umile e per gli oppressi; uno spirito comunitario. Ma, oltre a tutto ciò, si nota in essi anche una diffidenza per quanto sa di vecchio e di tradizionale; una volubilità nelle decisioni; un'incostanza nel portare a compimento le risoluzioni; una mancanza di docilità, tanto necessaria al vero progresso spirituale; un animo diffidente e critico verso l'autorità e le varie istituzioni civili ed ecclesiastiche, ecc. L'educatore nel suo impegno pedagogico non solamente non dovrà trascurare, ma dovrà sforzarsi di capire tutte queste peculiari qualità e, per quanto gli è possibile, cercherà di indirizzarle, con la cooperazione degli stessi futuri sacerdoti, verso le loro finalità formative, distinguendo però molto bene quelle qualità che possono, più o meno, contribuire ad una migliore formazione sacerdotale, o che invece possono ostacolarla. Tutto sommato, non si può ignorare che, specialmente in questi ultimi anni, sono sorte alcune difficoltà sia da parte della gioventù, sia da parte della società moderna, le quali esercitano il loro influsso in tutto il lavoro formativo e pertanto richiedono maggiori sforzi da parte degli educatori. Si devono tuttavia segnalare due particolari caratteristiche nei giovani del nostro tempo: una coscienza più viva della propria personalità ed un senso più accentuato delle cose del mondo e degli uomini, sia che lo si riferisca ai loro indubbi valori, sia che lo si riferisca alla loro particolare situazione spirituale, che dimostra un sempre maggiore indifferentismo religioso. Questi due fattori, uniti a molti altri nell'animo dei giovani, creano una certa mentalità comune, la quale esige che nei seminari, oltre ad altre soluzioni, si abbia maggiore stima della persona; venga eliminato tutto ciò che sa di convenzione ingiustificata; venga fatto tutto nella verità e nella carità; si stabilisca tra tutti un dialogo autentico; vengano favoriti contatti più frequenti con il mondo, secondo le giuste esigenze della retta formazione, e infine, ciò che viene comandato e richiesto sia giustamente motivato e sia seguito con animo libero. Se questi criteri esigono che alcuni aspetti della formazione tradizionale vengano rivisti, richiedono altresì un lavoro educativo autentico il quale, basato sulla mutua fiducia e sulla mutua comprensione, abbia la retta concezione della libertà e sappia soprattutto ben distinguere i mezzi e i fini dell'educazione. Se, infatti, riguardo ai mezzi si può instaurare un utile dialogo e una fruttuosa ricerca con gli alunni, la finalità del seminario e di tutta l'educazione deve essere sempre ben chiara fin dall'inizio, come base di tutte le considerazioni e come punto di riferimento di ogni discussione. Infatti, quanto più chiaramente verrà proposta ai giovani la sublime finalità della formazione, tanto più volentieri cercheranno essi stessi, concordemente, i mezzi più adatti a raggiungerla, e, guidati dal desiderio del bene comune e dalla volontà di Dio, scopriranno il vero senso della libertà e dell'autorità. 3. Il concetto del sacerdozio cattolico come fine proprio dell'educazione sacerdotale Il fine specifico dell'educazione sacerdotale si fonda sul concetto del sacerdozio cattolico, quale deriva dalla rivelazione divina interpretata dalla costante tradizione e dal magistero della Chiesa. Questa dottrina, che deve informare tutte le « Rationes institutionis sacerdotalis » infondendovi il vero senso e l'efficacia, può desumersi dalle stesse parole del Concilio Vaticano II. Ogni potere e ogni ministero sacerdotale nella Chiesa cattolica trae origine dall'unico ed eterno sacerdozio di Cristo, che dal Padre è stato santificato e mandato nel mondo ( cf. Gv 10,36 ) del quale suo sacerdozio ha fatto partecipi anzitutto i suoi apostoli e i vescovi loro successori. A questo unico e medesimo sacerdozio di Cristo i vari membri della Chiesa partecipano in diversa misura: un primo grado di tale partecipazione è costituito dal sacerdozio comune dei fedeli, i quali, mediante il battesimo e l'unzione dello Spirito Santo, « vengono consacrati a formare un tempio spirituale e un sacerdozio santo, per offrire, mediante tutte le opere del cristiano, spirituali sacrifici ». In modo diverso dai fedeli, partecipano al sacerdozio di Cristo i presbiteri, i quali, « quantunque non abbiano l'apice del sacerdozio, e dipendano dai vescovi nell'esercizio della loro potestà, sono tuttavia a loro congiunti per l'onore sacerdotale, e in virtù del sacramento dell'Ordine, ad immagine di Cristo, Sommo ed Eterno Sacerdote ( cf. Eb 5,1-10; Eb 7,24; Eb 9,11-28 ) sono consacrati per predicare il vangelo, pascere i fedeli e celebrare il culto divino, quali veri sacerdoti del Nuovo Testamento ». Per tale ragione dunque il sacerdozio ministeriale dei presbiteri supera il sacerdozio comune dei fedeli, giacché per mezzo di esso alcuni nel corpo della Chiesa sono assimilati a Cristo Capo e promossi « a servire a Cristo Maestro, Sacerdote e Re, partecipando al suo ministero, per il popolo di Dio, corpo di Cristo e tempio dello Spirito Santo ». « Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l'uno all'altro, perché l'uno e l'altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano dell'unico sacerdozio di Cristo ». Elevati al sacerdozio, i presbiteri stringono molteplici relazioni con il proprio vescovo, con gli altri sacerdoti e con il popolo di Dio. Infatti: « Tutti i presbiteri, assieme ai vescovi, partecipano in tal grado dello stesso e unico sacerdozio e ministero di Cristo, che la stessa unità di consacrazione e di missione esige la comunione gerarchica dei presbiteri con l'ordine dei vescovi … I vescovi pertanto hanno in essi dei necessari collaboratori e consiglieri nel ministero e nella funzione di istruire, di santificare e governare il popolo di Dio ». Essi con il loro vescovo « costituiscono un unico corpo sacerdotale, sebbene destinato a diversi uffici. Nelle singole comunità locali dei fedeli rendono, per così dire, presente il vescovo cui sono uniti con animo fiducioso e grande, ne assumono secondo il loro grado gli uffici e la sollecitudine, e li esercitano con dedizione quotidiana ». Questa reale partecipazione all'unico e medesimo corpo sacerdotale diocesano fa sorgere intimi e molteplici legami fra gli stessi sacerdoti: « I presbiteri, costituiti nell'Ordine del presbiterato mediante l'ordinazione, sono uniti fra di loro per una intima fraternità sacerdotale », « che spontaneamente e volentieri deve manifestarsi nel mutuo aiuto, spirituale e materiale, pastorale e personale, nei convegni e nella comunione di vita, di lavoro e di carità », « manifestando così quella unità con cui Cristo volle che i suoi fossero una cosa sola, affinché il mondo sappia che il Figlio è stato inviato dal Padre ». Tuttavia ogni presbitero viene preso dal popolo per essere costituito per il medesimo popolo. Anche se, in virtù del sacramento dell'Ordine, i presbiteri esercitano la funzione di padre e di maestro, « sono tuttavia, come gli altri fedeli, discepoli del Signore, chiamati alla partecipazione del suo regno per la grazia di Dio. In mezzo a tutti coloro che sono stati rigenerati con le acque del Battesimo, i presbiteri sono fratelli tra fratelli, come membra dello stesso unico Corpo di Cristo, la cui edificazione è compito di tutti ». Perciò: « Abbiano cura, come padri in Cristo, dei fedeli che hanno spiritualmente generati col Battesimo e l'insegnamento ( cfr. 1 Cor 4,15; 1 Pt 2,23 ). Divenuti spontaneamente modelli del gregge ( cfr. 1 Pt 5,3 ) presiedano e servano alla loro comunità locale in modo che questa possa degnamente essere chiamata col nome di cui è insignito tutto e solo il popolo di Dio, cioè, Chiesa di Dio ( cfr. 1 Cor 1,2; 2 Cor 1,1 ). Si ricordino che devono, nella loro quotidiana condotta e sollecitudine, presentare ai fedeli e agli infedeli, ai cattolici e ai non cattolici, l'immagine di un ministero veramente sacerdotale e pastorale, e rendere a tutti la testimonianza della verità e della vita e, come buoni pastori, ricercare anche quelli ( cfr. Lc 15,4-7 ) che, sebbene battezzati nella Chiesa cattolica, hanno abbandonato la pratica dei sacramenti, e persino la fede » cosicché, per mezzo del loro lavoro indefesso, « la Chiesa come universale sacramento della salvezza » risplenda davanti a tutti e diventi il segno della presenza di Dio nel mondo. « Con la vita e la parola, assieme ai religiosi e ai loro fedeli, dimostrino che la Chiesa, già con la sola sua presenza, con tutti i doni che contiene, è fonte inesausta di quei valori dei quali il mondo d'oggi ha maggiormente bisogno ». « Ma la funzione del pastore non si limita alla cura dei singoli fedeli: essa va estesa alla formazione dell'autentica comunità cristiana » che deve essere pervasa di genuino spirito missionario e di cattolica universalità. Il ministero presbiterale, quale viene esposto dal Concilio Vaticano II, si esercita principalmente nel ministero della parola e nell'opera della santificazione. « Dato, infatti, che nessuno può essere salvo se prima non ha creduto, i presbiteri, nella loro qualità di cooperatori dei vescovi, hanno innanzi tutto il dovere di annunziare a tutti il vangelo di Dio » seguendo il comando del Signore: Andate nel mondo intero e predicate il vangelo ad ogni creatura ( Mc 16,16 ). Essi esplicano tale mandato « sia che offrano tra le genti la testimonianza di una vita esemplare, che induca a dar gloria a Dio; sia che annuncino il mistero di Cristo ai non credenti con la predicazione esplicita; sia che svolgano la catechesi cristiana o illustrino la dottrina della Chiesa; sia che si applichino ad esaminare i problemi del loro tempo alla luce di Cristo ». Ma il ministero della parola ha come suo scopo di condurre gli uomini alla fede e al sacramento della salvezza, e raggiunge il suo culmine nella celebrazione dell'Eucaristia: « Ma soprattutto esercitano il loro sacro ministero nel culto eucaristico o sinassi, dove agendo in persona di Cristo, e proclamando il suo mistero, uniscono le preghiere dei fedeli al sacrificio del loro Capo e nel sacrificio della Messa rappresentano e applicano, fino alla venuta del Signore ( cfr. 1 Cor 11,26 ), l'unico sacrificio del Nuovo Testamento, quello cioè di Cristo, il quale una volta per tutte offrì se stesso al Padre, quale vittima immacolata ( cfr. Eb 9,11-28 ). Esercitano inoltre il ministero della riconciliazione e del conforto con i fedeli pentiti o ammalati e portano a Dio Padre le necessità e le preghiere dei fedeli ( cfr. Eb 5,13 ) ». E così, la funzione della predicazione ha l'esigenza d'essere completata dal ministero della santificazione, mediante il quale il sacerdote, impersonando Cristo, coopera all'edificazione della Chiesa. Inoltre il presbitero presiede all'assemblea del popolo di Dio congregato con la predicazione, i sacramenti e principalmente con la celebrazione eucaristica. Deve essere quindi tale da poter essere da tutti riconosciuto come colui che fa le veci di Cristo Capo; infatti, « esercitando la funzione di Cristo Capo e Pastore per la parte di autorità che spetta loro, i presbiteri, in nome del vescovo, riuniscono la famiglia di Dio, come fraternità animata nell'unità e la conducono al Padre, per mezzo di Cristo, nello Spirito Santo. Per questo ministero, come per le altre funzioni del presbitero, viene conferita una potestà spirituale ». Per questa potestà il sacerdozio ministeriale o gerarchico differisce non solamente di grado ma anche di essenza dal sacerdozio comune dei fedeli. Infatti, anche se i fedeli possono e debbono avere qualche parte nella funzione evangelica e pastorale, solamente chi ha ricevuto l'ordine del presbiterato può pienamente esercitare il ministero sacramentale e specialmente quello eucaristico, dal quale gli altri ministeri sono derivati ed al quale tendono. Perciò, segregato per l'evangelo di Dio ( Rm 1,1 ), non abbia timore di offrire tutta la sua vita al servizio di Dio e degli uomini, ed anzi a dare la sua vita per le anime. 4. L'azione e la vita del sacerdote nelle circostanze attuali Il ministero sacerdotale, qual è stato definito nei suoi elementi essenziali dalla Chiesa, è oggi esercitato in una condizione del tutto nuova, che è resa evidente dalle nuove esigenze degli uomini e dal tipo dell'attuale civiltà. Le istanze degli uomini vengono oggi determinate in modo particolare dalla promozione della persona umana e dal progressivo mutamento del senso religioso. Se non sempre, di fatto, e in modo manifesto, almeno virtualmente, si riconosce a ciascun uomo la dignità umana, il diritto di progredire, di manifestare con libertà il proprio pensiero e di assumere la sua parte attiva nello sviluppo personale e sociale. E mentre si instaura nel mondo una più piena potestà dell'uomo, unita a profonde mutazioni sociali, minor spazio viene riservato alle forme tradizionali della vita cristiana. Mentre, infatti, in questa trasformazione generale, alcuni ceti cristiani presentano una maggiore personalizzazione della vita religiosa, che risulta dalla particolare stima per la parola di Dio e per la sacra Liturgia e da un maggior senso di responsabilità, d'altra parte cresce sempre più il numero di coloro che perdono parzialmente o completamente i contatti con la Chiesa, e propendono verso una qualche religione ed etica naturale. Anzi, spesso si arriva al punto che l'ateismo - un tempo ristretto piuttosto ai filosofi - diventi ogni giorno più comune, penetrando lentamente nella mente di molti. Questi vari aspetti della civiltà del nostro tempo debbono essere tenuti costantemente presenti, dovendo tenerne conto la vita, l'azione del sacerdote e la stessa preparazione al sacerdozio. Infatti, i giovani che entrano oggi in seminario sono inseriti nella società attraverso svariate forme di comunicazione sociale, e le questioni che riguardano la religione, specialmente l'azione e la vita sacerdotale, hanno profonda risonanza nei loro animi. Spesso accedono agli studi teologici con sincera volontà di servire Dio e gli uomini nella vita sacerdotale ma senza avere - come era normale qualche tempo fa - la chiarezza e la certezza dei valori religiosi, dei quali un giorno dovranno essere araldi e ministri. Senza dubbio queste cose suscitano talvolta gravi difficoltà nel seminario e costituiscono il vero e preminente problema educativo che i superiori debbono tener presente con speciale attenzione. Perciò nel loro lavoro formativo non cerchino in primo luogo di eliminare subito e radicalmente tali svariate difficoltà, quanto piuttosto di rettificare gradualmente la mentalità e le intenzioni, e soprattutto di usare discernimento e moderazione, affinché tutto ciò che c'è di sano nelle aspirazioni dei giovani sempre più progredisca e si irrobustisca, e possa poi portare in futuro frutti abbondanti nella loro vita e nel loro ministero. In questa opera educativa potranno essere di aiuto non solamente la magnanimità e la disponibilità degli animi giovanili e il loro vivo desiderio di aiutare la società umana, ma talvolta anche gli stessi sforzi compiuti per superare i dubbi e per affrontare un esame critico della fede, giacché gli uomini ai quali saranno inviati da sacerdoti, imbevuti di una religiosità incerta e ambigua, non accettano il loro magistero passivamente e con facilità, e non senza pregiudizi credono e ritengono la dottrina che il sacerdote, in forza della sua missione, cerca di insegnare. Perciò i giovani devono essere educati in modo tale che la particolare situazione, che essi sperimentano assieme a tutta la Chiesa, non solo non li scoraggi, ma piuttosto li stimoli a cercare con fede e speranza in Dio nuovi mezzi e nuove vie per poter più facilmente venire in contatto con gli uomini del nostro tempo. Il mondo, infatti, « così come oggi esso si presenta all'amore e al ministero dei presbiteri della Chiesa, tanto Dio l'ha amato da dare per esso il Figlio suo Unigenito ( cfr. 1 Gv 3,16 ). Ed effettivamente questo mondo - vincolato certamente a tanti peccati, ma allo stesso tempo dotato di risorse non irrilevanti - fornisce alla Chiesa pietre vive ( cfr. 1 Pt 2,5 ), che tutte insieme servono ad edificare l'abitazione di Dio nello Spirito ( cfr. Ef 2,22 ). E lo stesso Spirito Santo, mentre da una parte spinge la Chiesa ad aprire vie nuove per arrivare al mondo d'oggi, dall'altra suggerisce e fomenta gli opportuni aggiornamenti e adattamenti del ministero sacerdotale ». Questo nuovo adattamento dell'azione e della vita sacerdotale rende oggi inquieti e preoccupa l'animo di molti e suscita dappertutto problemi di vario genere. Ne deriva pertanto che sulla figura del sacerdote, sulla sua natura, sul suo posto nella società, sulla sua condizione di vita e sulla preparazione più adatta per esercitare con maggiore efficacia il suo ministero, sono state agitate e proposte, a voce o con gli scritti, molte opinioni. Il seminario, è evidente, non dovrà mai ignorare o trascurare queste cose, ma dovrà anzi salvaguardare e conservare con sollecitudine i valori certi e perenni del sacerdozio. Questa « Ratio fundamentalis » ha precisamente lo scopo di mettere al sicuro questi valori acquisiti, mentre le Conferenze Episcopali, con tutta libertà, studieranno l'adattamento degli altri elementi contingenti alle necessità dei luoghi e dei tempi. I - Norme generali 1 La « Ratio institutionis sacerdotalis » stabilita dalla Conferenza Episcopale, a tenore del n. 1 del Decreto Optatam totius, e del can. 242, §1 del Codice di Diritto Canonico, viene dapprima approvata « ad experimentum » dalla Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica. Se nel tempo dell'esperimento sorge l'urgente necessità di adattare qualche parte della « Ratio » a nuove situazioni, non si escludono tali mutazioni, purché sia tempestivamente avvertita la Santa Sede. Prima della scadenza del tempo di prova, la « Ratio » verrà riveduta dalla Commissione Episcopale per i seminari, con l'aiuto anche di esperti, alla luce dell'esperienza acquisita e dovrà essere di nuovo sottoposta all'approvazione della medesima Sacra Congregazione. Tali revisioni e approvazioni verranno poi periodicamente ripetute, quando sembrerà necessario o utile alle Conferenze Episcopali. Il diritto ed il dovere di redigere la « Ratio institutionis sacerdotalis » e di approvare particolari esperienze nella propria nazione o regione, nel caso che se ne ravvisi l'opportunità, spetta non già ai singoli vescovi, ma alle Conferenze Episcopali. 2. Le norme della « Ratio », così come sono state elaborate, dovranno essere osservate in tutti i seminari regionali o nazionali del clero diocesano; e le loro particolari applicazioni dovranno essere fissate nei Regolamenti di ciascun seminario dai rispettivi vescovi interessati. A queste norme dovranno essere conformate, con i dovuti adattamenti, anche le « Rationes » degli istituti religiosi. Per quanto riguarda gli studi, quando gli alunni del seminario frequentano i corsi filosofici e teologici presso facoltà o altri istituti di studi superiori, ci si dovrà attenere a quanto è stabilito dalla Costituzione Apostolica Sapientia Christiana all'Art. 74, § 2. 3. 3La « Ratio » nazionale deve toccare tutti gli aspetti fondamentali della formazione: umana, spirituale, intellettuale e pastorale; bisogna coordinare bene queste componenti, perché il sacerdote risulti veramente preparato per le necessità odierne. 4. É necessario che tutta l'educazione sacerdotale - tenuti presenti i documenti della Santa Sede che riguardano la formazione sacerdotale - sia informata innanzi tutto dello spirito e delle norme del Concilio Vaticano II, quali risultano dal decreto Optatam totius e dalle altre costituzioni e decreti, che toccano l'educazione del clero, e inoltre sia conformata alle norme del vigente Diritto Canonico. II - La pastorale delle vocazioni 5. La vocazione al sacerdozio si inserisce nell'ambito più ampio della vocazione cristiana, radicata nel sacramento del Battesimo, mediante la quale il popolo di Dio, « costituito da Cristo per una comunione di vita, di carità e di verità, è pure da lui assunto ad essere strumento della redenzione di tutti e, quale luce del mondo e sale della terra ( cfr. Mt 5,13-16 ), è inviato a tutto il mondo ». Questa vocazione, suscitata dallo Spirito Santo, « il quale per l'utilità della Chiesa distribuisce la varietà dei suoi doni con magnificenza proporzionata alla sua ricchezza e alle necessità dei ministeri ( cfr. 1 Cor 12,1-11 ) » è ordinata all'edificazione del Corpo di Cristo « nella quale vige una diversità di membri e di offici ». 6. Tutte le vocazioni, come manifestazioni delle investigabili ricchezze di Cristo ( cfr. Ef 3,8 ), devono essere tenute in grande stima nella Chiesa, e quindi da coltivarsi con ogni premura e sollecitudine perché sboccino e maturino. Perciò a tutta la comunità cristiana, ma in modo particolare « spetta ai sacerdoti, nella loro qualità di educatori nella fede, di curare, per proprio conto o per mezzo di altri, che ciascuno dei fedeli sia condotto nello Spirito Santo a sviluppare la propria vocazione specifica secondo il vangelo, a praticare una carità sincera ed operosa, ad esercitare quella libertà con cui Cristo ci ha liberati », , cosicché tutti « raggiungano la loro maturità cristiana ». 7. Fra le molteplici vocazioni incessantemente suscitate dallo Spirito Santo nel popolo di Dio, riveste particolare importanza la vocazione allo stato di perfezione e soprattutto al sacerdozio, mediante la quale il cristiano viene scelto da Dio a far parte del sacerdozio gerarchico di Cristo, « per pascere la Chiesa con la parola e la grazia di Dio ». Questa vocazione si manifesta in vari modi nelle diverse età della vita umana: negli adolescenti, nell'età matura, ed anche, come è attestato dalla costante esperienza della Chiesa, nei bambini, nei quali, come un certo germoglio, spesso si manifesta unita ad una singolare pietà, ad un ardente amore di Dio e del prossimo, ad un'inclinazione dell'anima all'apostolato. 8. Considerate le grandi necessità spirituali dei fedeli ed accogliendo la voce del divin Salvatore che invita tutti: Pregate il Padrone della messe, perché mandi operai alla sua messe ( Mt 9,38; Lc 10,2 ), è estremamente necessario che tutta la comunità cristiana, con assiduità e con fiducia, cerchi di favorire principalmente le vocazioni religiose e sacerdotali. Perciò venga istituita e promossa nelle singole diocesi, regioni e nazioni, l'Opera delle Vocazioni, a norma delle direttive pontificie, affinché tutto ciò che riguarda l'azione pastorale per l'incremento delle vocazioni sia coordinato in modo adeguato e coerente e venga stimolato con prudenza e zelo, fornendo tutti i mezzi che sono necessari. « Questa fattiva partecipazione di tutto il popolo di Dio alla cura delle vocazioni corrisponde all'azione della Provvidenza divina, che elargisce le qualità necessarie ed aiuta con la grazia coloro che sono stati scelti da Dio a far parte del sacerdozio gerarchico di Cristo; e, nello stesso tempo, affida ai legittimi ministri della Chiesa il compito di chiamare i candidati che aspirino a così grande ufficio con retta intenzione e piena libertà, dopo averne riconosciuta e provata l'idoneità, e di consacrarsi col sigillo dello Spirito Santo al culto di Dio e al servizio della Chiesa. Per promuovere l'Opera e favorire le vocazioni, i vescovi si procurino con impegno la cooperazione dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici e anzitutto dei genitori e dei maestri, nonché delle associazioni cattoliche, secondo il piano organico della pastorale d'insieme. 9. É necessario promuovere tutto ciò che si ritiene valido per ottenere da Dio le vocazioni: prima di tutto le preghiere richieste da Cristo stesso ( cfr Mt 9,38; Lc 10,2 ). E ciò si deve fare tanto privatamente quanto comunitariamente, in certi tempi opportuni dell'anno liturgico, e in occasioni più solenni che debbono essere fissate dall'autorità ecclesiastica. La Giornata mondiale di preghiere per le vocazioni, stabilita dalla Santa Sede e da celebrarsi ogni anno in tutto il mondo, è particolarmente indicata per questo scopo. É necessario anche promuovere tutto ciò che riesce ad aprire gli animi per discernere ed accettare la chiamata divina, come l'esempio dei sacerdoti « che apertamente riflettono la vera gioia pasquale », la pastorale della gioventù, ben coordinata nelle diocesi, la sacra predicazione e la catechesi che trattino espressamente della vocazione, la preparazione spirituale, p.e., gli esercizi spirituali; tutto questo è da considerarsi come primo e principale strumento di tale pastorale. Questa attività, tenute in conto le leggi della sana psicologia e della pedagogia, deve essere rivolta agli uomini delle varie età; ma oggi urge un nuovo impegno per trovare, coltivare, formare le vocazioni che molti manifestano nell'età matura ( talvolta dopo l'esercizio di qualche professione ). 10. Si favoriscano le vocazioni, con animo generoso non solamente per la propria diocesi e nazione, ma anche per le altre diocesi e nazioni, tenendo presenti le necessità della Chiesa universale e assecondando l'azione divina, che chiama i singoli a diversi servizi, sia al sacerdozio secolare, sia all'attività missionaria, sia agli istituti religiosi. Per raggiungere più facilmente tale scopo è vivamente auspicabile che si dia vita in ogni diocesi a centri unici, che siano come l'espressione della cooperazione e dell'unità di ambedue i cleri: il diocesano e il religioso, a favore di tutte le vocazioni. III - Seminari minori e gli altri istituti ereti per il medesimo scopo 11. Il fine proprio del seminario minore è di aiutare gli adolescenti, che sembrano possedere i germi della vocazione, perché più facilmente riconoscano la loro vocazione e siano capaci di corrispondervi. In cosa di tanta prudenza e responsabilità - che non può essere compiuta se non con la luce e la guida dello Spirito Santo, il quale distribuisce i suoi doni come vuole ( cfr. 1 Cor 12,11 ) - i candidati siano guidati dai superiori, dai genitori, dalla comunità parrocchiale e dagli altri cui spetta questo compito, affinché, rispondendo fedelmente alle attenzioni della divina Provvidenza, vivano e adempiano sempre più pienamente, giorno per giorno, la loro consacrazione battesimale, progrediscano nello spirito di apostolato, diventando in tal modo pronti a ricevere il sublime dono della sacra vocazione nella sua vera natura e ad accettarla liberamente e con letizia, qualora sopravvenga l'approvazione della legittima autorità. Siccome poi la vocazione al sacerdozio, quantunque sia un dono soprannaturale e del tutto gratuito, si appoggia necessariamente su doti naturali - così che, se ne manca qualcuna, giustamente si deve dubitare che non esista vera vocazione - gli alunni vengano esaminati accuratamente circa le loro famiglie, le loro qualità fisiche, psichiche, morali ed intellettuali, per poter avere tempestivamente elementi certi per farsi un giudizio sulla loro idoneità. 12. È necessario attribuire al seminario minore il dovuto valore nella vita della diocesi, alla quale deve essere prudentemente aperto e nella quale deve essere vitalmente inserito, perché non solo possa attirare la generosa cooperazione dei fedeli e del clero, ma anche, come fulcro della pastorale vocazionale, possa esercitare un benefico ed efficace influsso sulla gioventù, e contribuire al suo progresso spirituale. Da questo opportuno contatto con il mondo esterno gli alunni imparino a conoscere, secondo la loro capacità, i principali problemi della Chiesa e della vita umana, e li interpretino con spirito cristiano: in tal modo giorno per giorno progrediranno gradualmente nel genuino spirito ecclesiastico e missionario. Vengano conservati da parte degli alunni convenienti ed anche necessari rapporti con le proprie famiglie e con i loro coetanei, avendo bisogno di tali rapporti per un sano sviluppo psicologico, specialmente per quanto riguarda la vita affettiva. Si aiutino le famiglie con opportuna assistenza spirituale, perché siano capaci di collaborare sempre più con il seminario per la cura delle vocazioni. 13. Gli alunni nel seminario conducano una vita consona alla loro età ed al loro sviluppo, e conforme alle sane norme della psicologia e della pedagogia; si eviti diligentemente tutto ciò che in qualunque modo possa diminuire la libera scelta dello stato, avendo sempre presente che tra gli alunni vi sono quelli che apertamente accettano l'idea di diventare sacerdoti, altri che l'ammettono come possibile, altri poi che manifestano esitazioni e dubbi circa la vocazione, ma, essendo dotati di buone qualità, non perdono tutta la speranza di poter un giorno arrivare al sacerdozio. Tutto ciò esige che nel seminario minore vi sia confidenza familiare con i superiori e fraterna amicizia fra gli alunni, così che tutti, stretti in una sola famiglia, possano abbastanza facilmente coltivare la propria indole in modo conveniente e adatto, secondo i disegni della divina Provvidenza. 14. Nella formazione spirituale dei singoli, gli alunni vengano aiutati con una guida capace, perché coltivino armonicamente tutte le loro qualità fisiche, morali, intellettuali ed affettive, e vengano sempre più ispirati dal senso della giustizia, della sincerità, dell'amicizia fraterna, della verità, della giusta libertà e della coscienza del dovere, così che, con tutti gli elementi, anche naturali debitamente coltivati, possano più facilmente disporsi con animo generoso e puro a seguire Cristo Redentore e a servirlo nella vita apostolica. Elemento principale e necessario di questa formazione spirituale è la vita liturgica, alla quale gli alunni dovranno prendere parte con sempre più viva consapevolezza, secondo il progredire dell'età, unitamente agli altri esercizi di pietà quotidiana o periodica, che sono da stabilirsi nei regolamenti di ciascun seminario. Questi siano adatti per giovani cristiani, e gli alunni li osservino con animo lieto e volenteroso. 15. Anche per gli altri aspetti della vita del seminario vi siano norme specifiche, che regolino opportunamente i doveri e le attività degli alunni sia giorno per giorno, sia durante tutto l'anno. 16. Gli alunni compiano il corso di studi richiesto nella propria nazione per accedere agli studi accademici, e, per quanto è permesso dal programma degli studi, coltivino pure le discipline che sono necessarie o utili ai candidati al sacerdozio. Inoltre cerchino, in linea di principio, di conseguire il titolo civile di studio, per essere pari ai loro coetanei e per godere della libertà e della possibilità di scegliere un altro stato di vita, qualora non vengano ritenuti chiamati al sacerdozio. 17. Questi studi siano compiuti nelle scuole proprie del seminario; possono anche essere seguiti presso scuole cattoliche esterne, o presso altre scuole, se i vescovi, per le particolari circostanze di luogo, giudicheranno ciò cosa migliore ed attuabile con prudenza. 18. Al medesimo scopo servono anche gli istituti eretti nelle varie regioni, e cioè i collegi, le scuole, ecc., nei quali, insieme con altre vocazioni, vengono pure coltivati e sviluppati i germi della vocazione sacerdotale. Per questi istituti si fissino norme analoghe, con le quali si provveda sia alla solida formazione cristiana degli alunni, sia alla congrua istruzione richiesta per accedere agli studi superiori, sia alla loro attività di apostolato per mezzo di varie associazioni ed altri sussidi. 19. Secondo le necessità di ciascuna nazione si erigano e si favoriscano istituti destinati alla formazione di coloro che sono chiamati al sacerdozio in età più avanzata. Queste particolari case di formazione sacerdotale, con l'aiuto dei vescovi della regione o anche della nazione, siano configurate e ordinate in modo tale da poter corrispondere pienamente al loro scopo. É necessario che tali istituti abbiano un proprio regolamento per la pietà, la disciplina e gli studi, affinché gli alunni di età più matura - tenuto conto dell'educazione ricevuta da ciascuno precedentemente - mediante un opportuno metodo pedagogico e didattico possano ricevere la formazione spirituale e scientifica che loro manca, e che si stimi necessaria per iniziare gli studi ecclesiastici. Tenuto conto delle circostanze locali, si dovrà pure giudicare se questi alunni, dopo avere con sufficiente spazio di tempo compiuti gli studi medi, siano in grado di continuare i corsi ordinari dei seminari, oppure debbano frequentare speciali scuole filosofiche e teologiche. IV - I seminari maggiori 20. Il seminario maggiore accoglie gli alunni che, compiuti gli studi medi, desiderano la formazione strettamente sacerdotale. Spetta, infatti, al seminario maggiore curare in modo più chiaro e completo la vocazione dei candidati, i quali sull'esempio di Nostro Signore Gesù Cristo, Sacerdote e Pastore, devono essere formati come veri pastori delle anime, ed essere preparati al ministero di insegnare, santificare e reggere il popolo di Dio. 21. Non si può fondare e mantenere in attività un seminario maggiore se non si ha sia un conveniente numero di alunni sia dei superiori ben preparati per il loro compito e fraternamente uniti nel loro lavoro comune, sia - dove l'istituto ha internamente la scuola di filosofia e teologia - gli insegnanti sufficienti per numero e qualità; si deve inoltre avere una sede adatta, dotata della biblioteca e degli altri sussidi, che sono richiesti secondo il grado e la natura della formazione. Dove invece non si possono realizzare queste condizioni in una sola diocesi, è necessaria la costituzione del seminario interdiocesano ( regionale, centrale o nazionale ) e, secondo le necessità locali si deve raggiungere una fraterna cooperazione del clero diocesano e religioso, affinché - con l'unione delle forze e dei mezzi, e salvi giustamente i diritti e le competenze di entrambi i cleri, - si possano più facilmente costituire centri adatti agli studi ecclesiastici, frequentati dagli alunni dei due cleri, i quali ricevono la propria formazione spirituale e pastorale nelle rispettive case. 22. Poiché l'educazione e la formazione impartite in seminario tendono a far sì che i candidati, fatti un giorno partecipi dell'unico e identico sacerdozio e ministero di Cristo, vivano in comunione gerarchica con il proprio vescovo e con gli altri fratelli nel sacerdozio, formando un unico presbiterio diocesano, è molto utile che fra gli alunni e il proprio vescovo e il clero diocesano si allaccino già fin dagli anni del seminario stretti vincoli, basati sulla mutua carità, sul dialogo frequente e sulla cooperazione di ogni genere. 23. Per promuovere maggiormente la formazione personale dei singoli, tenuto presente il numero degli alunni, si possono utilmente costituire gruppi distinti nello stesso edificio o in abitazioni vicine, purché non sia impedita la continuità dei contatti. Si deve però conservare un'efficiente unità di governo, della direzione spirituale e della formazione scientifica. In ogni caso si deve dare agli alunni l'opportunità di godere dei benefici pedagogici della comunità più grande. Ogni gruppo dovrà avere un proprio sacerdote come superiore, ben preparato per questo scopo, che conservi uno stretto e continuo rapporto con il rettore del seminario, con gli alunni del proprio gruppo, e con i superiori degli altri gruppi, affinché, mediante questa comune cooperazione, venga promosso tutto ciò che porta alla migliore formazione degli alunni. 24. Per organizzare e perfezionare la vita del seminario e per favorire l'iniziativa e il senso di responsabilità negli alunni, si stimoli la loro collaborazione con i superiori, la quale, col crescere della loro maturità, verrà gradatamente aumentata per quanto riguarda sia l'ambito sia la portata, in modo tale però che, in questo modo comunitario di agire, rimanga chiaramente determinata e salvata la diversa responsabilità dei superiori e degli alunni. Si favorisca quindi in tutti i modi la mutua fiducia tra gli educatori e gli alunni, onde instaurare un autentico ed efficace dialogo, cosi che le decisioni, che spettano per diritto ai superiori, vengano prese dopo un maturo esame del bene comune ( cfr. n. 49 ). 25. Ogni seminario abbia il suo regolamento disciplinare, approvato dal vescovo ( o, se si tratta di seminario interdiocesano, dalla Commissione Episcopale ), nel quale siano precisati i principali punti disciplinari che riguardano la vita quotidiana degli alunni e l'ordinamento di tutto l'istituto. 26. Ciò che è stabilito nel regolamento del seminario, o in altre prescrizioni, sia da tutti osservato con generosità e prontezza, convinti che trattasi di cosa indispensabile sia per una vera vita comunitaria sia per lo sviluppo e l'affermazione della propria personalità. Perciò le norme della vita comune o privata - che consentiranno un certo spazio di libertà - non devono essere subite passivamente e per coercizione, ma devono essere accettate spontaneamente e gioiosamente, per intima persuasione e per amore. Con il passare del tempo e secondo la crescita della maturità e del senso di responsabilità degli alunni, esse verranno gradualmente attenuate, perché gli alunni imparino progressivamente a guidarsi da soli. V - I superiori 27. In ogni seminario, secondo la consuetudine del paese, debbono esservi coloro che ne garantiscono la direzione, e cioè: il rettore, il vicerettore, il direttore, o i direttori spirituali, il prefetto degli studi, il responsabile delle esercitazioni pastorali, il prefetto di disciplina, l'economo, il bibliotecario; di ognuno siano chiaramente stabiliti: le competenze, i doveri, i diritti e la giusta retribuzione. Non si richiede strettamente che nei seminari di minore entità, con un ristretto numero di alunni, ai singoli uffici siano preposte altrettante persone. 28. I superiori vengono nominati dal vescovo - a meno che gli statuti del seminario non stabiliscano diversamente - dopo una diligente consultazione. Siano tutti veramente solleciti dell'andamento del seminario e favoriscano un dialogo frequente con il vescovo e con gli alunni, per cercare sempre meglio il bene comune e perfezionare sempre più la loro attività pedagogica. 29. Il rettore, che ha nel governo del seminario la responsabilità più importante e più onerosa, deve essere il coordinatore dei superiori e, sempre scrupolosamente salvo il foro interno, con fraterna carità deve stringere con loro un'intima collaborazione, perché la formazione degli alunni venga promossa con impegno solidale. A tale fine può essere molto utile la vita comune dei superiori. Spesso, p.e., almeno una volta il mese, si riuniscano per coordinare la loro comune attività, esaminare i problemi del seminario e cercare opportune soluzioni. 30. I superiori devono essere scelti con la massima cura, dovendosi trattare di uomini animati da spirito sacerdotale e apostolico, capaci di prestare mutua e fraterna collaborazione nel comune impegno d'educazione, alacri e aperti nel percepire le necessità della comunità ecclesiale e civile, dotati di esperienza pastorale nel ministero parrocchiale o in altri ministeri, ed eccellenti conoscitori dell'animo giovanile. Essendo la missione dei superiori del seminario l'arte delle arti, che non permette un modo di agire improvvisato e casuale, essi, oltre alle doti naturali e soprannaturali, devono necessariamente possedere, secondo il compito di ciascuno, la debita preparazione spirituale, pedagogica e tecnica, soprattutto negli istituti specializzati, eretti o da erigersi a tal fine nel proprio o in altri paesi. 31. Bisogna inoltre fare in modo che la preparazione dei superiori si perfezioni con il continuo aggiornamento mediante la frequenza a convegni ed a corsi, che vengono abitualmente organizzati per conoscere i progressi delle scienze spirituali, pedagogiche e imparare nuovi metodi e nuove esperienze. Né si trascurino esperimenti e iniziative varie, con le quali i superiori possono meglio conoscere e meglio risolvere alla luce della fede le questioni che vengono ora dibattute, specialmente quelle riguardanti i giovani. VI - I Professori 32. Il numero dei professori deve essere sufficiente per rispondere adeguatamente alla natura delle materie da insegnarsi, alle condizioni dell'insegnamento ed al numero degli alunni. In ogni seminario con i corsi filosofico-teologici, si dovrà avere un elenco dei docenti necessari per i diversi corsi e per le diverse discipline. 33. Per le discipline sacre i professori devono essere generalmente sacerdoti. Tutti collaborino fraternamente e siano tali da poter dare agli alunni, secondo il loro stato, esempio di vita cristiana o sacerdotale. I professori vengono nominati dal vescovo, a meno che non sia disposto diversamente; o, se si tratta di seminari regionali, dai vescovi che ne hanno la responsabilità, consultato però il rettore e il collegio dei professori, i quali possono proporre candidati idonei. 34. I professori devono essere veramente competenti nelle loro specifiche discipline ed avere una conveniente conoscenza delle discipline affini. Devono pertanto possedere una preparazione appropriata ed essere forniti dei rispettivi gradi accademici: per insegnare le scienze sacre e la filosofia devono possedere almeno la licenza o una qualificazione equivalente; per le altre discipline devono avere i gradi accademici corrispondenti. 35. Devono inoltre essere dotati di capacità pedagogiche, e a questo fine dovranno ricevere una preparazione conveniente; dovranno inoltre essere formati ai metodi didattici attivi, in modo da poter insegnare più efficacemente mediante la cooperazione e il dialogo con gli alunni. 36. I professori abbiano cura di aggiornare continuamente la loro preparazione scientifica con la lettura dei periodici e di nuove pubblicazioni, con il frequente contatto con i dotti, e con la partecipazione a convegni scientifici. 37. I professori non dovranno accettare impegni che impediscano il buon compimento del loro dovere; siano perciò anche equamente remunerati perché possano totalmente dedicarsi al loro grave impegno. È auspicabile tuttavia che esercitino qualche ministero, ma con moderazione, per poter disporre d'un'esperienza pastorale al fine di conoscere meglio i problemi del nostro tempo, in particolare quelli dei giovani, e poter meglio insegnare le loro discipline e formare più convenientemente i futuri pastori d'anime. 38. Nell'espletamento del loro compito si considerino veri educatori, e perciò abbiano presenti le norme, più sotto indicate, che riguardano la dottrina da insegnare e il metodo d'insegnamento. Coltivino l'istruzione e l'intera formazione sacerdotale dei singoli alunni in modo da farli realmente progredire nelle scienze e nella vita spirituale. Si riuniscano spesso, per es., almeno una volta al mese, per esaminare assieme i problemi scolastici, e promuovere di comune accordo l'educazione e la formazione degli alunni. Favoriscano anche una stretta e assidua collaborazione con i superiori del seminario, per poter contribuire più efficacemente non solo all'istruzione scientifica degli alunni, ma anche all'intera loro formazione sacerdotale. Infine i superiori e i professori costituiscano una sola comunità di educatori, così da offrire, insieme agli alunni, l'immagine di una sola famiglia, che adempia il desiderio del Signore: « Ut unum sint » ( Gv 17,11 ). VII - Gli alunni 39. Un'idonea formazione degli alunni richiede non solamente una loro prudente selezione, ma anche un serio esame dei singoli giovani da compiersi - con l'aiuto di esperti - durante tutto il periodo degli studi, perché si possa acquistare la certezza della volontà di Dio in merito alla loro vocazione. In questa sincera ricerca della volontà di Dio si richieda volentieri la compartecipazione degli stessi candidati in esame, per procurare più speditamente e con più sicurezza il loro maggiore bene. In tutto ciò si dovrà tener conto delle doti umane e morali degli alunni ( p.e., la sincerità dell'animo, la maturità affettiva, l'urbanità, la fedeltà alle promesse, l'assidua preoccupazione della giustizia, il senso dell'amicizia, della giusta libertà e responsabilità, lo spirito di iniziativa, la capacità di collaborare con gli altri, ecc. ), delle loro doti spirituali ( p.e., l'amore di Dio e del prossimo, il senso della fraternità e dell'abnegazione, la docilità, la comprovata castità, il senso della fede e della Chiesa, lo zelo apostolico e missionario ), e delle loro doti intellettuali ( p.e., il retto e sano equilibrio di giudizio, la capacità intellettuale sufficiente per compiere gli studi ecclesiastici, la giusta conoscenza della natura del sacerdozio e delle sue esigenze ). Nello stesso tempo, se sarà il caso, si dovrà far esaminare il loro stato di salute fisica e psichica da medici e da esperti psicologi, tenendo conto delle eventuali ereditarietà familiari. Nei confronti di chi è stato dimesso da un altro Seminario o Istituto religioso, i Vescovi hanno il grave obbligo di investigare sulle cause della dimissione. Bisogna però innanzi tutto aiutare i giovani a riflettere seriamente e sinceramente davanti a Dio se possono ritenersi di essere veramente chiamati al sacerdozio e a capire le ragioni per le quali vi aspirano, affinché, se sarà volontà di Dio, accedano allo stato sacerdotale con retta e libera volontà. 40. Periodicamente, e con l'aiuto degli stessi alunni la cui vocazione è allo studio, si esamini la situazione di ciascuno, così che coloro che non sono ritenuti idonei dal rettore e dai suoi consiglieri vengano benevolmente invitati - e anche aiutati - a scegliere un altro stato di vita, per il bene della Chiesa e dello stesso alunno. Questa sicura scelta dello stato di vita deve essere fatta tempestivamente e appena possibile, perché la troppo lunga ed inutile dilazione non si volga in danno del candidato. 41. Si dia speciale importanza agli scrutini prescritti prima dell'ammissione agli Ordini sacri. Perciò il rettore, per dovere di coscienza, raccolga accurate informazioni di ogni candidato, personalmente e per mezzo di altri che hanno conosciuto bene i giovani - specialmente parroci, sacerdoti e laici scelti - ( salvo sempre scrupolosamente il foro interno ), e le trasmetta al vescovo perché possa farsi un giudizio sicuro sulla vocazione dei candidati. Nel caso permanga nel dubbio, si deve seguire il parere più sicuro. 42. Per una migliore formazione e per una più matura preparazione degli alunni agli Ordini sacri, le Conferenze Episcopali esaminino se sia il caso di introdurre nel proprio paese speciali esperimenti o prove, per tutti gli alunni o solamente per alcuni, secondo il giudizio del rispettivo Ordinario Fra i vari esperimenti che si possono fare, vengono proposti, come esempi, i seguenti: a) all'inizio del corso filosofico-teologico, può essere riservato un certo tempo alla riflessione circa l'eccellenza, la natura e i conseguenti obblighi della vocazione sacerdotale, affinché gli alunni siano avviati con più accurato ripensamento e più intensa preghiera a maturare la propria decisione. Questa iniziazione, che può prolungarsi per un periodo di tempo più o meno lungo, generalmente si abbina bene con l'introduzione al mistero di Cristo e alla storia della salvezza, che il Concilio prescrive all'inizio del corso filosofico-teologico; b) durante il corso filosofico-teologico, si può avere un'interruzione della permanenza in seminario, p.e., per un anno o un semestre, durante il quale l'alunno interrompe gli studi e la permanenza in seminario, o solamente la permanenza, proseguendo altrove gli studi filosoficoteologici. Durante tale interruzione l'alunno, guidato da un esperto sacerdote, presta il suo aiuto nel ministero pastorale, venendo a contatto con gli uomini, i problemi e le difficoltà, tra cui dovrà lavorare, e mette alla prova la sua attitudine alla vita e al ministero sacerdotale. Non sono escluse esperienze di vita secolare trascorsa nel lavoro manuale o nel servizio militare, dove questo è obbligatorio. Oppure, dopo il primo anno di seminario maggiore si può anche concedere agli alunni o di iniziare il secondo anno, o di dedicarsi agli studi profani nelle università, o di compiere fuori del seminario gli studi di qualche disciplina speciale; in tal modo al candidato che avrà fatto le prime esperienze in seminario, verrà offerta la possibilità di compiere gli atti di vera libertà interna ed esterna, per coltivare più solidamente e più diligentemente la sua vocazione; c) finito il corso filosofico-teologico, gli alunni potranno esercitare, per uno o più anni, le funzioni del diaconato, sia per acquisire, sotto la guida di un esperto sacerdote, una più piena maturazione ed un più pieno consolidamento della vocazione, sia per assimilare meglio le discipline pastorali che i giovani hanno imparato in seminario, sia per facilitare il passaggio al ministero sacerdotale. Si fissino opportune condizioni, circa gli esperimenti di cui ai nn. b) e c), per garantire dei risultati veramente sicuri. 43. La Conferenza Episcopale esamini, inoltre, tenuto conto delle condizioni locali, se si debba prorogare l'età richiesta dal diritto comune per accedere agli Ordini sacri. VIII - La formazione spirituale 44. La formazione spirituale, che è ordinata alla perfezione della carità, deve tendere soprattutto ad ottenere che l'alunno non solamente per il carattere della sacra ordinazione, ma anche per la cooperazione intima di tutta la sua vita, diventi in maniera speciale un altro Cristo e, animato dal suo spirito, celebrando il mistero della morte del Signore, si renda veramente conto di quello che fa, imiti ciò che tratta, segua Colui che non è venuto per essere servito, ma per servire ( cfr. Mt 20,28 ). 45. Tenuta sempre presente la finalità pastorale di tutta la formazione sacerdotale, la vita spirituale degli alunni deve svilupparsi - con l'aiuto del direttore spirituale - armonicamente, in tutti i suoi aspetti; cosicché assieme alle virtù, che sono tenute in grande conto fra gli uomini, i giovani cerchino di coltivare alla perfezione la loro grazia battesimale, sentano sempre più chiaramente e con maggiore certezza la loro particolare vocazione sacerdotale e così si dispongano più convenientemente ad acquistare le virtù e le attitudini sacerdotali. 46. Nella formazione spirituale si deve dare la dovuta importanza anche alla comunità; gli alunni, inseriti nella comunità, devono abituarsi a rinunziare alla propria volontà ed a cercare, con sforzo di riflessione comune, il maggiore bene del prossimo, contribuendo così con tutte le energie, a perfezionare la propria vita e quella comunitaria di tutto il seminario, secondo l'esempio della Chiesa primitiva, nella quale la moltitudine dei credenti era un cuor solo e un'anima sola ( cf. At 4,32 ). Mediante la carità, infatti, la comunità gode della presenza di Dio, osserva pienamente la legge, acquista il vincolo della perfezione, ed esercita un'azione apostolica vigorosa. 47. Per mezzo della vita comunitaria del seminario i candidati vengano preparati in modo tale che, quando avranno ricevuto l'Ordine sacro, si inseriscano nella più ampia comunità del presbiterio diocesano « con fraternità sacramentale … con il vincolo della carità, della preghiera e dell'incondizionata collaborazione … per l'edificazione del Corpo di Cristo, la quale esige molteplici funzioni e nuovi adattamenti soprattutto in questi tempi ». Perciò gli alunni vengano gradualmente introdotti nella realtà della diocesi ( cf. n. 22 ), per conoscere i problemi e le necessità spirituali del clero e dei fedeli e possano adempiere con maggiore frutto il loro futuro ministero pastorale. 48. La Chiesa di rito latino si è imposta la legge - raccomandata da una veneranda tradizione - di scegliere per il sacerdozio solamente coloro che, per grazia divina, vogliono liberamente abbracciare il celibato per il regno dei cieli. Questa forma di vita, radicata nella dottrina evangelica e nella genuina tradizione della Chiesa, conviene sommamente al sacerdozio. Infatti, la missione del sacerdote è tutta consacrata al servizio dell'umanità nuova, che Cristo, vincitore della morte, con il suo Spirito risuscita nel mondo; è lo stato nel quale i presbiteri a Cristo « più facilmente aderiscono con cuore indiviso, più liberamente … si dedicano al servizio di Dio e degli uomini … e così diventano più capaci di ricevere una più ampia paternità in Cristo … ». In questo modo quindi, scegliendo cioè lo stato verginale per il regno dei cieli ( Mt 19,12 ), « diventano segno vivente di quel mondo futuro, presente già attraverso la fede e la carità, nel quale i figli della risurrezione non si uniscono in matrimonio » ( cfr. Lc 20,35-36 ). Coloro perciò che si preparano al sacerdozio riconoscano e accettino il celibato come uno speciale dono di Dio; con la vita spesa nella preghiera e nell'unione a Cristo e nella sincera carità fraterna, creino le condizioni necessarie per poterlo osservare integralmente e con letizia, costantemente solleciti di restare fedeli alla donazione fatta di se stessi Affinché poi la scelta del celibato sia veramente libera, è necessario che il giovane possa capire con la luce della fede la forza evangelica di tale dono, e nello stesso tempo stimare rettamente i valori dello stato matrimoniale. Il giovane deve inoltre godere della libertà psicologica interna ed esterna, e possedere il necessario grado di maturità affettiva, per poter sperimentare e vivere il celibato come completamento della sua persona. A tale scopo si richiede una conveniente educazione sessuale, che, negli alunni giunti a una più matura adolescenza, consiste più nella formazione ad un casto amore delle persone che nel travaglio, talora molestissimo, di evitare i peccati; li deve, infatti, preparare alle future relazioni del ministero pastorale. Perciò, con una sana prudenza spirituale, i giovani vengano gradatamente invitati e condotti a sperimentare e manifestare - attraverso il contatto con i gruppi e i diversi settori dell'apostolato e della cooperazione sociale - l'amore sincero, umano, fraterno, personale e immolato, sull'esempio di Cristo, verso tutti e verso ciascuno, specialmente verso i poveri, gli afflitti e i loro eguali; in questo modo supereranno la solitudine del cuore. Imparino a discernere questo amore, manifestato con apertura, davanti al Signore, ai direttori spirituali e ai superiori; evitino, al contrario, le relazioni personali, specialmente quelle esclusive e prolungate con le persone dell'altro sesso, ma soprattutto si sforzino di praticare e di impetrare da Dio un amore aperto a tutti e perciò veramente casto. Avuta pertanto presente la speciale natura di questo dono, che viene dall'alto, discendendo dal Padre dei lumi ( Gc 1,17 ), è necessario che i candidati al sacerdozio, fiduciosi nell'aiuto di Dio e non presumendo delle proprie forze, « pratichino la mortificazione e la custodia dei sensi. Non trascurino i mezzi naturali, che giovano alla sanità mentale e fisica. Così non saranno influenzati dalle false teorie le quali sostengono che la continenza perfetta è impossibile o nociva al perfezionamento dell'uomo, e quasi per un istinto spirituale sapranno respingere tutto ciò che può mettere in pericolo la castità ». 49. Gli stessi rapporti di amicizia che l'alunno deve cercare con la persona e la missione di Cristo, che ha compiuto la sua opera nell'umile ossequio alla volontà del Padre ( cfr. Gv 4,34 ), esigono che il candidato al sacerdozio sappia con fede sincera far dono della « propria volontà per mezzo dell'obbedienza nel servizio di Dio e dei fratelli ». È sommamente necessario, infatti, che, chi desidera partecipare insieme con Cristo crocifisso all'edificazione del suo Corpo impari non soltanto ad accettare, ma anche ad amare la croce e, con spirito volenteroso e pastorale, si assuma tutti i pesi che sono richiesti per svolgere la missione dell'apostolato. Spetta quindi ai superiori formare i giovani ad una vera e matura obbedienza, confidando in Cristo, che richiese dai suoi l'obbedienza, ma prima si presentò come esempio della medesima virtù e con la sua stessa grazia è divenuto in noi principio di questa obbedienza. È necessario perciò che esercitino l'autorità con prudenza e con rispetto delle persone. I giovani non mancheranno certo di prestarvi la loro collaborazione, purché l'obbedienza venga loro presentata nella vera luce, mostrando cioè come sia necessario che tutti concorrano al conseguimento del bene e che l'autorità sia a ciò ordinata ( cf. n. 24 ). Devono prestare questa piena e sincera obbedienza con umile ossequio e pietà filiale prima di tutto al Sommo Pontefice, Vicario di Cristo, e con lo stesso spirito al proprio vescovo, per diventare, con il sacerdozio, cooperatori fedeli che danno generosamente la loro opera unita a quella degli altri sacerdoti nel presbiterio diocesano. 50. Imparino a coltivare, non solamente a parole, ma a fatti, lo spirito di povertà richiesta oggi con tanta insistenza dalla Chiesa e necessaria per svolgere la missione pastorale, così che fidando nella provvidenza del Padre sappiano, sull'esempio dell'Apostolo, essere giustamente indifferenti nell'abbondanza e nella privazione ( Fil 4,13 ). Quantunque non siano tenuti, come i religiosi, a rinunziare totalmente ai beni materiali, cerchino tuttavia di acquistare, come uomini dello spirito, la vera libertà e docilità dei figli di Dio e di giungere a quella padronanza spirituale che è necessaria per avere un giusto rapporto con il mondo e i beni terreni. Anzi, seguendo l'esempio di Cristo, il quale, essendo ricco, si è fatto povero per noi ( 2 Cor 8,9 ), abbiano a cuore in modo particolare i più poveri e i più deboli, e, già abituati alla rinunzia generosa del superfluo, siano capaci di dare testimonianza di povertà, con la semplicità e l'austerità della vita. 51. La formazione spirituale deve abbracciare tutto l'uomo ( cf. n 14, n. 45 ). Poiché la grazia non distrugge ma eleva la natura, e nessuno può essere vero cristiano se non possiede ed esercita le virtù necessarie all'uomo e che sono richieste dalla carità, il futuro sacerdote, per vivificarle e praticarle, impari ad esercitare: la schiettezza d'animo, il rispetto costante della giustizia, la gentilezza del tratto, la fedeltà alla parola data, la discrezione e la carità nel conversare, il desiderio del servizio fraterno, l'operosità, la capacità di collaborare con gli altri, ecc., al fine di pervenire a quella armonica conciliazione fra i valori umani e soprannaturali, che è necessaria per poter offrire un'autentica testimonianza di vita cristiana nella società. Dovendo poi il sacerdote evangelizzare tutti gli uomini, il candidato al sacerdozio si premuri di coltivare più a fondo la capacità di venire in contatto con uomini di diversa condizione. Impari soprattutto l'arte di parlare agli altri in modo conveniente, di ascoltare pazientemente e di comunicare con loro, avendo il massimo rispetto per ogni genere di persone, animato da umile amore, per poter svelare agli altri il mistero di Cristo vivente nella Chiesa. 52. La celebrazione quotidiana dell'Eucaristia che si completa con la comunione sacramentale, ricevuta con piena libertà e degnamente, deve essere il centro di tutta la vita del seminario, e gli alunni devono parteciparvi devotamente. Partecipando, infatti, al sacrificio della messa, « fonte e culmine di tutta la vita cristiana », gli alunni partecipano all'amore di Cristo, ricevendo da questa fonte ricchissima la forza soprannaturale per la propria vita spirituale e per l'apostolato. Perciò il sacrificio eucaristico - con tutta la sacra Liturgia, secondo la costituzione Sacrosanctum Concilium - deve avere nel seminario tale importanza da apparire veramente come « la vetta alla quale tende l'azione della Chiesa e allo stesso tempo la fonte dalla quale fluisce la sua virtù ». Si procuri anche una saggia varietà nel modo di partecipare alla sacra Liturgia, affinché gli alunni non soltanto ne ricevano un maggior profitto spirituale, ma già dagli anni del seminario si preparino praticamente al futuro ministero e all'apostolato liturgico. 53. Alla formazione al culto eucaristico deve essere unita intimamente la formazione all'Ufficio divino, mediante il quale i sacerdoti « pregano Iddio in nome della Chiesa e in favore di tutto il popolo loro affidato, anzi in favore di tutto il mondo ». Gli alunni perciò imparino il modo di pregare della Chiesa per mezzo di una più adatta introduzione alla sacra Liturgia, ai Salmi e alle altre preghiere penetrate di sacra Scrittura, mediante la frequente recita comune di qualche parte dell'Ufficio ( p.e. delle Ore o del Vespro ), affinché comprendano con maggiore capacità e venerazione la parola di Dio, che parla nei Salmi e in tutta la Liturgia e, al tempo stesso, vengano educati ad osservare fedelmente l'obbligo dell'Ufficio divino durante tutta la loro vita sacerdotale. Questa formazione liturgica non potrà però dirsi perfetta, se non svelerà agli alunni i suoi stretti rapporti con la vita quotidiana di lavoro, e con le sue esigenze di apostolato e la vera testimonianza della fede viva e operante per mezzo della carità. 54. Per condurre una retta e fedele vita sacerdotale, è necessario che gli alunni acquistino gradualmente, a seconda delle rispettive età e maturità, uno stabile stile di vita, fondato su solide virtù, senza il quale non saranno capaci di aderire realmente e con perseveranza a Cristo e alla Chiesa. È necessario, infatti, che il sacerdote: a) impari a « vivere in intima unione e familiarità col Padre per mezzo del suo Figlio Gesù Cristo nello Spirito Santo »; b) possa abitualmente trovare Cristo nella familiare comunione della preghiera; c) abbia imparato ad avere familiarità, con fede amorosa, con la parola di Dio nella sacra Scrittura e, quindi, a trasmetterla agli altri; d) desideri e goda di visitare e adorare Cristo sacramentalmente presente nell'Eucaristia; e) ami ardentemente, secondo lo spirito della Chiesa, la Vergine Maria, madre di Cristo, a lui associata in modo speciale nell'opera della redenzione; f) consulti volentieri i documenti della sacra Tradizione, le opere dei Padri e gli esempi dei santi; g) sappia scrutare e giudicare se stesso, cioè la sua coscienza e i suoi criteri con retta e sincera intenzione. Il sacerdote potrà mantenere fede a tutto questo solamente se, negli anni del seminario, si sarà applicato fedelmente agli esercizi di pietà raccomandati dalla veneranda tradizione e prescritti dal regolamento del seminario, e ne avrà capito esattamente l'importanza e l'efficacia. Se sarà necessario adattare alle nuove esigenze l'uno o l'altro di tali esercizi, si deve fare in modo che le finalità essenziali legate a tale esercizio siano sempre ben presenti nell'animo, cercando di farle raggiungere in altra maniera adatta. 55. Essendo ogni giorno necessaria la conversione dell'anima alla sequela di Cristo e allo spirito evangelico, deve essere inculcata ai futuri sacerdoti la virtù della penitenza, per mezzo di comuni atti penitenziali, sia per la loro formazione personale sia in vista dell'educazione degli altri. Si sforzino costantemente per ottenere il gusto della vita d'unione a Cristo crocifisso e la purezza del cuore. A tale fine pertanto chiedano con fervore l'aiuto della grazia necessaria, e si abituino in modo particolare ad accostarsi con frequenza al sacramento della Penitenza, che consacra in qualche modo lo sforzo penitenziale di ciascuno; perciò ognuno abbia il suo direttore spirituale, al quale aprirà con umiltà e confidenza la propria coscienza, per essere più sicuramente diretto nella via del Signore. Il direttore spirituale e il confessore siano scelti con piena libertà dagli alunni fra quelli che il vescovo ha ritenuto idonei per tale ministero. 56. Al sacerdozio si giunge solamente per gradi: questi sono indicati dal rito liturgico dell'ammissione e dai ministeri del lettorato e dell'accolitato che dispongono a determinate funzioni ecclesiastiche, dopo che si è avuta una buona iniziazione pedagogica e spirituale. In realtà la formazione spirituale degli alunni procede per gradi ed esige idonei adattamenti all'età, all'esperienza, alla capacità dei singoli. Per promuoverla più efficacemente giovano molto alcuni tempi determinati di più intenso tirocinio, come, p.e., in occasione dell'ingresso in seminario, all'inizio del corso teologico o in prossimità dell'ordinazione sacerdotale, ecc. Perché poi gli sforzi dei giovani nella vita quotidiana siano costantemente stimolati e ordinati nel senso di una spiritualità sacerdotale vera ed adulta secondo lo spirito della Chiesa, si darà agli alunni, oltre alla direzione spirituale individuale, in determinati periodi fissati dal regolamento di ciascun seminario, un'istruzione ed un insegnamento spirituale adatto ai problemi e alla mentalità dei giovani d'oggi; si pratichino, inoltre, la revisione di vita, il ritiro spirituale periodico e altre simili iniziative spirituali; ogni anno per alcuni giorni tutti facciano gli esercizi spirituali. 57. Secondo l'esempio e i consigli di Cristo ( cfr. Mt 6,6; Mt 14,13; Mc 6,30.46 ), che fra le occupazioni quotidiane volentieri cercava la solitudine per potere più intensamente pregare il Padre, gli alunni cerchino di favorire « la vita nascosta con Cristo in Dio ( cfr. Col 3,3 ), donde scaturisce e riceve impulso l'amore del prossimo per la salvezza del mondo e l'edificazione della Chiesa ». Siano perciò solleciti di conservare il silenzio esterno necessario al silenzio interiore, alla riflessione, al lavoro e alla quiete di tutta la comunità. 58. Il conveniente contatto con gli uomini, fra i quali il Salvatore, mandato dall'amore del Padre ( cfr. 1 Gv 4,9 ), ha compiuto la sua opera di redenzione, permetterà all'alunno di formarsi al giusto discernimento dei segni dei tempi, a dare un giudizio degli avvenimenti alla luce del vangelo, alla retta interpretazione delle varie circostanze e necessità della vita umana, che contengono veri « germi del Verbo, in esse nascosti » e che richiedono « di essere illuminate con la luce del vangelo, e di essere liberate e riferite al dominio di Dio salvatore ». In questo contatto con il mondo è necessario essere vigilanti perché tutte queste esperienze siano ordinate al fine pastorale del seminario e gli alunni vengano preparati spiritualmente in modo tale che l'attività futura non sia di impedimento, ma piuttosto di aiuto ad incrementare ed irrobustire la vita spirituale. IX - La formazione intellettuale in genere 59. La formazione intellettuale ha come fine l'acquisizione da parte degli alunni di un'ampia e solida istruzione nelle scienze sacre insieme con una cultura generale proporzionata alle necessità dei nostri tempi, affinché essi siano in grado - dopo aver fondato e nutrito la loro stessa fede sulle scienze sacre - di annunziare convenientemente il messaggio evangelico agli uomini d'oggi e di inserirlo nella loro cultura. Tale formazione intellettuale abbraccia: a) un supplemento di formazione letteraria e scientifica, ove ce ne sia bisogno, una volta espletato il « curriculum » di cui al n. 16; b) la formazione filosofica; c) la formazione teologica. 60. La varietà di criteri con i quali questi studi possono essere coordinati, si può ridurre a tre specifici modelli: A ) In periodi distinti e successivi vengono compiuti: gli studi letterari e scientifici ( secondo la loro necessità ); gli studi filosofici; gli studi teologici. B) Gli studi letterari e scientifici vengono condotti insieme con gli studi filosofici ( cfr American College ); dopo si iniziano gli studi teologici. C) Dopo gli studi letterari e scientifici, gli studi filosofici vengono svolti unitamente agli studi teologici, in modo che la filosofia venga insegnata insieme con la teologia; in tal caso, tuttavia, bisognerà curare che la filosofia sia insegnata come disciplina distinta e col suo metodo specifico, evitando che sia ridotta ad una trattazione frammentaria e saltuaria dei problemi, svolta unicamente in funzione di speciali questioni teologiche. Questi modelli - qui riportati a titolo esemplificativo - non escludono altri e diversi criteri di impostazione degli studi. In ciascuna « Ratio » vengano indicate le modalità scelte ed approvate dalla Conferenza Episcopale, tenuto conto anche delle situazioni concrete del paese. 61. Qualunque sia l'ordinamento degli studi adottato, è necessario notare accuratamente quanto segue: a) si devono sempre iniziare gli studi con il corso introduttivo al mistero di Cristo, di cui si tratta nel paragrafo seguente; b) nel caso che la filosofia e la teologia siano insegnate in periodi distinti, si dovranno coordinare alcune discipline filosofiche e teologiche, soprattutto per quanto riguarda la teodicea e il trattato dogmatico « de Deo »; l'etica e la teologia morale; la storia della filosofia, della Chiesa, dei dogmi, ecc.; c) il tempo destinato agli studi filosofici deve corrispondere ad almeno un biennio ( oppure ad un congruo numero delle cosiddette ore semestrali, secondo i sistemi scolastici vigenti in alcune nazioni ); agli studi teologici si deve dedicare almeno un quadriennio ( ovvero un proporzionato numero di ore semestrali ), in modo tale che complessivamente gli studi teologici e filosofici abbraccino almeno un sessennio (oppure, secondo altri ordinamenti degli studi, quella quantità di materia scolastica che viene trattata comunemente nel sessennio ). 62. L'introduzione al mistero di Cristo e alla storia della salvezza - che deve essere insegnata all'inizio del corso filosofico e teologico - tende a far comprendere agli alunni il significato degli studi ecclesiastici, la loro struttura e il loro fine pastorale; nel contempo tende anche ad aiutare gli alunni perché possano dare solido fondamento alla loro fede, capire più profondamente ed abbracciare con maggiore maturità la vocazione sacerdotale. In ciascuna « Ratio institutionis sacerdotalis » saranno determinati la durata e il programma del corso, tenendo conto delle esperienze delle rispettive nazioni e della Chiesa universale. È necessario altresì dare a questo corso un'intima coerenza rispetto agli altri studi teologici e garantirne la continuità, soprattutto attraverso una meditata lettura della sacra Scrittura sotto la guida dei professori. 63. I professori nell'insegnamento delle rispettive discipline saranno pertanto continuamente attenti all'intrinseca unità e armonia dell'intera dottrina della fede ( cfr. n. 90 ), badando a porre un particolare accento sul suo aspetto salvifico. A tale scopo, sarà opportuno ( verso la fine del normale corso degli studi - se le Conferenze Episcopali lo riterranno preferibile - dopo qualche anno di esperienza pastorale ) riservare un congruo periodo di tempo, anche sufficientemente protratto, durante il quale gli alunni possano, sotto la guida di insegnanti e grazie alla preparazione intellettuale già avuta, meglio comprendere e quasi contemplare ed esperimentare la parola di Dio nella sua semplice unità, così come è necessario trasmetterla ai fedeli per la loro salvezza, facendo convergere su ciascuna parte la luce di tutte le discipline che prima venivano insegnate separatamente. Si raccomanda vivamente questo periodo di sintesi, affinché le nozioni acquisite non rimangano frammentarie e quasi avulse l'una dall'altra, ma siano adeguatamente collegate a vantaggio spirituale dei fedeli e degli stessi sacerdoti, i quali, consci ormai dell'utilità della scienza ricevuta, sentiranno un maggiore amore verso le discipline sacre. Nel caso che i vescovi - o singolarmente o per comune disposizione della Conferenza - abbiano secondo l'opportunità stabilito d'instaurare per uno o più anni l'esercizio del diaconato alla fine del normale corso degli studi ( cfr. n. 42, c ) sarà più utile trasferire la suddetta sintesi di tutte le discipline ( e cioè la visione armonica ed unitaria delle varie discipline ) quando i diaconi ritorneranno in seminario per prepararsi al sacerdozio. Questo periodo poi dovrà essere sufficientemente lungo, affinché la preparazione immediata al sacerdozio sia veramente efficace. 64. Durante tutta la formazione intellettuale si abbia diligente cura di adattarla alle diverse culture, affinché gli alunni siano in grado di approfondire ed esprimere il messaggio di Cristo secondo le modalità e le caratteristiche di ciascuna e di potere conseguentemente adattare la vita cristiana alla mentalità e all'indole delle rispettive culture. Pertanto i professori di filosofia e di teologia nelle loro lezioni non omettano di istituire un confronto sistematico tra la dottrina cristiana e le più profonde concezioni su Dio, sul mondo e sull'uomo, che i popoli hanno elaborato secondo le proprie tradizioni religiose. Anzi, per quanto è possibile, non omettano di arricchire la sapienza filosofica e l'intelligenza della fede con tali concezioni. X - Gli studi letterari e scientifici 65. È necessario che gli alunni, prima di accedere agli studi specificamente ecclesiastici, abbiano condotto a termine i normali studi secondari ( cfr n. 16 ) nella misura richiesta in ciascuna nazione per l'ammissione agli studi accademici, ed abbiano possibilmente ottenuto il titolo civile corrispondente. 66. Sia prima che durante i corsi di filosofia ( come è stato indicato al n. 60 ) bisognerà ovviare alle eventuali lacune che si riscontrassero nei candidati al sacerdozio al termine degli studi secondari circa materie per essi necessarie ( come può essere ad esempio, un'adeguata conoscenza del latino secondo il permanente desiderio della Chiesa ). Struttura e programma di tali opportune discipline integrative dovranno essere indicati nella « Ratio institutionis sacerdotalis ». 67. Gli alunni imparino altresì quelle lingue ( oltre alla lingua nazionale ) che siano necessarie o utili per il futuro ministero pastorale, tenendo conto anche dei relativi programmi delle scuole statali. Venga anche insegnato un modo di esprimersi adatto agli uomini di oggi, come anche l'arte - davvero necessaria per i sacerdoti - di parlare, di scrivere e di penetrare la natura dei problemi. Sia inoltre data agli alunni una conveniente formazione musicale. Per quanto riguarda la musica sia sacra che profana. 68. Poiché nella società d'oggi la mentalità corrente degli uomini è influenzata e ispirata non soltanto dai libri e dai maestri ma sempre più largamente dai mezzi audiovisivi, è sommamente necessario che i sacerdoti sappiano usarli bene, non restando passivi di fronte a tali mezzi, ma sempre capaci di giudizio critico. Ciò sarà impossibile se in seminario non saranno stati educati da persone competenti, con idonee esercitazioni teoriche e pratiche, sempre tuttavia con la doverosa prudenza e misura. In tal modo i sacerdoti potranno - in riferimento ai suddetti mezzi audiovisivi - avere una propria disciplina personale, formare i fedeli e anche usarne efficacemente nell'attività pastorale. 69. Già sin dai primi anni di seminario, e più diffusamente man mano che vanno avanti nell'età e nella formazione, gli alunni siano iniziati alle necessità della vita sociale delle rispettive nazioni, cosicché dallo studio delle discipline e dall'attenzione prestata ai rapporti con gli uomini e con la realtà e agli eventi quotidiani, essi imparino a conoscere in giusta misura i problemi e le controversie sociali, a investigarne la natura, le reciproche relazioni, difficoltà e conseguenze, e finalmente a trovare le giuste soluzioni alla luce della legge naturale e dei precetti evangelici. XI - Gli studi di filosofia e delle scienze affini 70. Gli studi di filosofia e delle scienze affini, che - in qualsiasi modo siano ordinate le discipline durante gli anni della formazione ( cfr n. 60 ) - devono corrispondere ad un intero biennio, hanno come scopo di perfezionare la formazione umana dei giovani, stimolando in loro il senso dell'intelligenza critica e procurando una più profonda conoscenza della cultura antica e moderna di cui la famiglia umana si è venuta arricchendo lungo il corso dei secoli. Questi studi siano condotti in modo da aiutare l'alunno a penetrare e a vivere più profondamente la propria fede, e, nello stesso tempo, a prepararlo agli studi teologici, a disporlo ad esercitare convenientemente il ministero apostolico, in modo che possa essere stabilito un dialogo con gli uomini del nostro tempo nelle forme più adeguate. 71. Particolare importanza sia attribuita alla filosofia sistematica, e a tutte le sue parti, che conduce ad una solida e coerente conoscenza dell'uomo, del mondo e di Dio. Questa formazione filosofica deve basarsi sul patrimonio filosofico perennemente valido, di cui sono testimoni i più grandi filosofi cristiani, i quali hanno trasmesso i primi principi filosofici dotati di perenne valore, in quanto hanno fondamento nella stessa natura. Poste queste salde premesse, si deve tener conto delle ricerche filosofiche della nostra età in evoluzione - soprattutto di quelle che esercitano un maggiore influsso nel proprio paese - e inoltre del progresso delle scienze moderne, di modo che gli alunni, giustamente coscienti dei caratteri dell'epoca moderna, siano adeguatamente preparati al dialogo con gli uomini. 72. Con egual diligenza deve essere insegnata la storia della filosofia, affinché siano chiari la genesi e lo sviluppo dei più importanti problemi, e gli alunni, tra le diverse soluzioni proposte nel corso dei secoli, siano capaci di discernere gli elementi veri e di scoprire e respingere quelli falsi. 73. Si insegnino anche le scienze affini, quali sono le scienze naturali e la matematica in riferimento ai problemi connessi con la filosofia, tenuto conto tuttavia delle debite proporzioni, in modo che offrano un utile complemento alle discipline principali e sia evitata un'erudizione enciclopedica e superficiale. 74. Nell'esposizione di tutte le discipline si deve tener conto sia dell'importanza intrinseca dei singoli problemi, sia dell'interesse che essi possono avere al presente per gli alunni e per la situazione specifica del paese. 75. Nella « Ratio institutionis sacerdotalis » ( o nell'appendice ) si riporti il prospetto di tutte le discipline che riguardano il corso filosofico, indicando brevemente il programma delle singole discipline, il numero degli anni e dei semestri e l'orario settimanale delle lezioni. Se poi, per varie circostanze ( come, ad es., può accadere in paesi grandi e molto estesi, dove vige una diversità di sistemi ), questo non si può attuare se non a prezzo di grandi difficoltà o non può essere assolutamente attuato, si indichino almeno alcuni modelli di programmi che possano offrire degli indirizzi sicuri ad utilità di tutti. XII - Gli studi teologici 76. Gli studi teologici, che debbono durare almeno un intero quadriennio, mirano a far sì che gli alunni penetrino più profondamente la dottrina diligentemente attinta alle fonti della divina rivelazione nella luce della fede e sotto l'autorevole guida del magistero; la trasformino in alimento della propria vita spirituale; la custodiscano nel ministero sacerdotale e siano in grado di annunciarla e di esporla per il bene spirituale dei fedeli. 77. Le discipline teologiche - avuti presenti i vari aspetti ( ecumenico, missionario, ecc. ) - siano insegnate in modo tale da fare chiaramente risaltare la loro intima connessione; da mettere nella debita luce il mistero della Chiesa;; e da farle armonicamente convergere tutte insieme - ciascuna a suo modo - nella spiegazione della storia della salvezza, che continuamente si attua nella vita della Chiesa e nelle vicende del mondo. 78. La sacra Scrittura è come l'anima di tutta la teologia; perciò essa deve informare tutte le discipline teologiche. Sia attribuita pertanto la debita importanza alla formazione biblica. Premessa una conveniente introduzione, gli alunni siano accuratamente iniziati ai metodi esegetici con l'aiuto delle discipline ausiliarie. Siano idoneamente edotti dai professori circa la natura e la soluzione dei principali problemi e vengano efficacemente aiutati ad acquistare uno sguardo d'insieme di tutta la sacra Scrittura ed a capire con maggiore profondità i punti più salienti della storia della salvezza. Si sforzino parimenti i professori di offrire ai seminaristi una sintesi teologica della divina rivelazione, per assicurare dei solidi fondamenti alla loro vita spirituale ed alla loro futura predicazione. 79. La sacra liturgia deve essere ora considerata una delle discipline principali; perciò deve essere presentata non soltanto sotto l'aspetto giuridico, ma soprattutto sotto l'aspetto teologico, spirituale e pastorale in connessione con le altre discipline, affinché gli alunni conoscano prima di tutto come i misteri della salvezza siano presenti ed operino nelle azioni liturgiche. Inoltre, spiegati i testi ed i riti sia dell'Oriente sia dell'Occidente, la sacra liturgia sia illustrata come un « locus theologicus » di particolare importanza, attraverso il quale si esprime la fede della Chiesa e la sua vita spirituale. Infine devono essere esposte agli alunni le norme riguardanti la riforma liturgica, affinché capiscano meglio gli adattamenti o i cambiamenti stabiliti dalla Chiesa; siano anche in grado di discernere le cose che possono essere legittimamente mutate; e, in mezzo ai problemi più gravi e più difficili oggi spesso dibattuti, sappiano distinguere la parte immutabile della liturgia, in quanto è di istituzione divina, dalle altre parti che possono andar soggette a mutamenti. La teologia dogmatica sia insegnata integralmente ed ordinatamente, in modo che prima di tutto siano esposti i testi biblici, poi si facciano conoscere gli apporti dei Padri della Chiesa di Oriente e di Occidente ai fini della trasmissione e dello sviluppo delle verità rivelate; si esponga il progresso storico dei dogmi; ed infine, mediante l'indagine speculativa, sotto la guida di s. Tommaso, gli alunni imparino a penetrare più pienamente i misteri della salvezza ed a capire i legami che tra di essi sussistono; si insegni che questi misteri sono sempre presenti ed operanti nelle azioni liturgiche; imparino inoltre gli alunni a cercare le soluzioni ai problemi umani con l'aiuto della rivelazione, a vedere le eterne verità inserite nelle condizioni mutabili della realtà umana, e a comunicarle convenientemente agli uomini. Nulla tuttavia impedisce che l'esposizione dei dogmi cominci dalle definizioni conciliari col cosiddetto « metodo regressivo », risalendo attraverso la dottrina dei Padri alla sacra Scrittura, che in tal modo può essere letta e capita nella luce della tradizione viva della Chiesa. Nei modi idonei e fin dall'inizio della formazione teologica sia presentata la chiara dottrina circa le fonti teologiche; né si ometta, nello spirito ecumenico e in forme adatte alle odierne circostanze, tutto ciò che andava sotto il nome di apologetica, e che riguarda la preparazione alla fede ed i suoi fondamenti razionali ed esistenziali, tenuti pure presenti gli elementi di ordine sociologico che esercitano particolare influsso sulla vita cristiana. Anche La teologia morale dovrà essere ancorata alla Sacra Scrittura. Illustrerà la vocazione cristiana dei fedeli fondata sulla carità, esponendo in modo scientifico i loro obblighi. Cercherà di trovare una soluzione ai problemi umani alla luce della rivelazione e di applicare le verità eterne alle diverse condizioni della realtà umana. Si preoccuperà pure di restaurare nella coscienza degli uomini il senso della virtù e del peccato, senza trascurare, a questo fine, le scoperte più recenti della sana antropologia. Questa dottrina morale ha il suo completamento nella teologia spirituale, che, tra le altre cose, deve abbracciare anche lo studio della teologia e della spiritualità sacerdotale e della vita consacrata mediante l'esercizio dei consigli evangelici, affinché si possano dirigere gli uomini, ciascuno secondo il proprio stato, verso la via della perfezione. La teologia pastorale dovrà illustrare i principi teologici dell'azione con cui la volontà salvifica di Dio può essere portata ad effetto nella Chiesa di oggi per mezzo di diversi ministeri ed istituzioni. E poiché una solida formazione in materia sociale porta un non piccolo contributo per un buon successo del compito pastorale, si deve curare che almeno un numero determinato e sufficiente di lezioni sia riservato all'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa, affinché gli alunni imparino come la dottrina ed i principi evangelici debbano essere adattati alla vita sociale. La storia ecclesiastica deve illustrare l'origine e lo sviluppo della Chiesa come popolo di Dio che si diffonde nel tempo e nello spazio, esaminando scientificamente le fonti storiche. Nell'esposizione della materia è necessario che si tenga conto del progresso delle dottrine teologiche e della concreta situazione della realtà sociale, economica e politica, nonché delle opinioni e delle dottrine che hanno esercitato più forte influsso, dopo averne studiato a fondo la reciproca interdipendenza, la connessione, l'evoluzione. Si dovrà infine mettere in risalto il mirabile incontro dell'azione divina e dell'azione umana, e favorire negli alunni il genuino senso della Chiesa e della Tradizione. È necessario anche che sia accordata la dovuta attenzione alla storia della propria nazione. Il diritto canonico sia insegnato tenendo conto del mistero della Chiesa più profondamente penetrato dal Concilio Vaticano II. Nell'esporre i principi e le leggi si dovrà, tra l'altro, far vedere come tutto l'ordinamento e la disciplina ecclesiastica debbano essere rispondenti alla volontà salvifica di Dio, cercando in tutto il bene delle anime. 80. Siano pure determinate le discipline ausiliarie ed i corsi speciali, e quali debbano essere necessariamente o liberamente scelti. Nello stesso tempo sia data agli alunni l'opportunità di imparare le lingue ebraica e greco-biblica, per mezzo delle quali possono accostare, capire e spiegare i testi biblici originali. Più che moltiplicare il numero delle discipline bisognerà cercare di inserire adeguatamente in quelle già prescritte nuove, questioni o nuovi aspetti. Si faccia pure in modo che gli alunni siano guidati ad una più profonda conoscenza delle Chiese e delle comunità ecclesiali separate dalla Sede Apostolica, per poter contribuire al ristabilimento dell'unità, tenendo conto del decreto De oecumenismo e del Direttorio ecumenico promulgato dalla Santa Sede. Si provveda parimenti perché gli alunni siano introdotti alla conoscenza delle altre religioni più diffuse in ogni paese, perché riconoscano quanto vi è in esse di buono e di vero, rifiutino gli errori e possano comunicare la piena luce della verità a quanti non la posseggono. Né, inoltre, deve essere posta minor cura nel trattare sotto i vari aspetti le questioni relative all'ateismo, perché i futuri sacerdoti diventino più capaci di adempiere i gravi compiti pastorali che ne derivano. 81. Nella « Ratio intitutionis sacerdotalis » ( o in appendice ) sia riportato il prospetto di tutte le discipline del corso teologico, indicandone brevemente il programma, il numero degli anni o dei semestri, nonché l'orario settimanale delle lezioni. Se questo risultasse molto difficile o non potesse assolutamente essere fatto nelle nazioni più grandi, molto estese per territorio, ove è in atto una legittima diversità nell'ordinamento degli studi, approvata dalla Conferenza Episcopale, siano almeno indicati, come esempio, alcuni programmi, perche vengano determinati alcuni punti più generali degli studi. XIII - Studi di specializzazione 82. L'apostolato moderno esige sempre più - oltre alla formazione generale a tutti comune ( di cui sopra s'è detto ) - che ci sia una preparazione specializzata con riferimento specifico alla diversità dei compiti che saranno svolti dai singoli. 83. Assicurata a salde basi una formazione generale filosofico-teologica per tutti, la preparazione specializzata può essere di duplice tipo: A) Un primo tipo di specializzazione è molto utile ai sacerdoti in vista dell'attività pastorale, e può essere acquisita già in seminario, soprattutto durante l'ultimo anno, senza che sia necessaria la frequenza di istituti specializzati, ad es., la preparazione all'apostolato in mezzo a particolari categorie di persone ( operai, contadini, ecc. ). B) Un secondo tipo di specializzazione è necessario ai sacerdoti destinati a compiti e uffici che esigono una specifica preparazione in istituti specializzati, ad es., la preparazione all'insegnamento delle scienze sacre o profane. 84. Si dovrà fare in modo che quanto riguarda il punto A) sia svolto durante il sessennio filosofico e teologico. E questo si può ottenere, ad es.: a) mediante l'insegnamento di particolari discipline, sia durante l'anno scolastico ( soprattutto durante gli ultimi anni ), sia durante le vacanze, seguendo un preciso programma, conservando la doverosa proporzione rispetto alle discipline principali, e curando un idoneo e armonico legame con la formazione generale; b) strutturando il primo quinquennio in modo tale che vi siano comprese tutte o quasi tutte le discipline comuni, e riservando il sesto anno a corsi e discipline speciali. Con questi ed altri criteri possibili gli alunni avranno una diversa specializzazione secondo le rispettive attitudini e soprattutto secondo le necessità della diocesi, di cui il vescovo sarà giudice. Nella « Ratio institutionis sacerdotalis » sia indicato quanto in proposito avranno stabilito le Conferenze Episcopali per le rispettive regioni e secondo le possibilità dei seminari. 85. Per quanto riguarda il punto, B) è necessario che i candidati, compiuta la loro formazione generale e anche dopo aver acquisito una certa esperienza pastorale, siano inviati in quegli istituti superiori o facoltà dove è possibile ottenere tale formazione specializzata, con i corrispondenti diplomi o gradi accademici. A tal fine si dovranno scegliere alunni davvero capaci per indole, virtù e ingegno; si deve curare altresì con diligenza che venga portata a pieno compimento la loro formazione spirituale e pastorale, soprattutto se ancora non hanno ricevuto il sacerdozio. Nelle rispettive regioni le Conferenze Episcopali stabiliscano a tale proposito norme opportune e, dove esistono seminari maggiori nei quali gli studi teologici sono strutturati con metodo scientifico, esaminino la possibilità di affiliarli a qualche facoltà teologica, affinché numerosi alunni del seminario possano conseguire il primo grado accademico in teologia ( baccellierato ), sotto la direzione della medesima facoltà. Data la significativa importanza dei collegi romani in quanto offrono una grande possibilità e varietà di indirizzi di studio, siano conservati gli stretti vincoli tra le Conferenze Episcopali e i rispettivi collegi, affinché il loro specifico compito venga incrementato dal comune sforzo e risponda nel modo migliore alle necessità delle nazioni e della Chiesa universale. XIV - L'insegnamento dottrinale 86. Il primo fondamento e il contesto autentico dell'intera formazione sacerdotale è la divina rivelazione, della quale gli alunni devono diventare ministri devoti e fedeli. Perciò i professori e gli alunni aderiscano con piena fedeltà alla parola di Dio nella Scrittura e nella Tradizione, la amino, la meditino assiduamente e la rendano alimento spirituale della propria vita. Attingano il vivo senso della Tradizione - che insieme con la sacra Scrittura costituisce un solo sacro deposito della parola di Dio affidato alla Chiesa - anzitutto dalle opere dei santi Padri, stimando la loro dottrina e quella degli altri Dottori che nella Chiesa sono tenuti in gran conto. Ritengano s. Tommaso d'Aquino come uno dei massimi maestri della Chiesa e diano anche il giusto rilievo agli autori più recenti. 87. I professori delle scienze ecclesiastiche - che hanno nella Chiesa un compito onorifico ma anche carico di responsabilità - insegnino non in nome proprio ma della Chiesa, dalla quale hanno ricevuto il mandato. Tenendo quindi presente la propria peculiare situazione all'interno del Corpo di Cristo, rendano sempre manifesto il senso ecclesiale con docile ossequio verso il magistero, in modo da contribuire a formare nella fede sia gli alunni sia tutti i fedeli. 88. I professori si tengano al corrente dello stato presente e del progresso della teologia; usino della giusta libertà di ricerca e di esprimere il loro pensiero, avendo cura tuttavia di procedere a proposito delle nuove problematiche come leali « cooperatori della verità » sempre con l'equilibrio e la prudenza che sono richieste dalla dignità del proprio compito e della stessa verità rivelata. Secondo i diversi gradi di certezza teologica, i professori distinguano nell'insegnamento quanto è dottrina di fede e quanto è provato dal consenso dei dottori; e ciò non può essere efficacemente fatto se non si usa un valido testo di base. Dopo aver esposto la dottrina certa, i professori propongano con modestia le spiegazioni probabili, nuove, e anche le proprie. 89. Mentre si studia sempre più profondamente la dottrina della Chiesa, si deve pure fare in modo che gli alunni siano giustamente e con misura aperti alla cultura moderna. I professori pertanto, tenendo presente questo obiettivo, procurino di formare nei candidati al sacerdozio un doveroso equilibrio e un sano senso critico. In tal modo gli alunni impareranno a procedere criticamente nel giudizio della cultura d'oggi e nella lettura degli autori, appropriandosi di ciò che è buono e rigettando ciò che non lo è. A tal fine sarà molto utile la lettura, insieme con i professori, di riviste e libri, seguita da una discussione critica. XV - Metodo d'insegnamento 90. Si riveda periodicamente l'ordinamento delle discipline, omettendo le questioni non più attuali e sviluppando più profondamente e ampiamente quelle che continuano ad essere di attualità. Come è già stato suggerito ( cfr. n. 80 ), non si introducano facilmente nuove discipline, ma piuttosto i nuovi problemi vengano inseriti al punto giusto nei trattati già esistenti. I professori abbiano coscienza e volontà di formare un unico organismo: infatti, l'auspicata unità di insegnamento verrà ottenuta solo quando la stessa unità sarà già presente nei docenti. Si preoccupino delle reciproche relazioni tra le discipline e della loro unità, affinché gli alunni imparino ed esperimentino non molte scienze, ma una sola, quella cioè della fede e del vangelo. Per conseguire più facilmente tale scopo, ci sia in seminario un responsabile dell'intero ordinamento degli studi. 91. Siano anche riesaminati i metodi didattici; in questo lavoro si tenga conto di quanto segue: a) nei corsi istituzionali di tutte le discipline si deve avere, stando al parere comune dei professori, un determinato numero di lezioni per poter esporre dettagliatamente i principali punti della dottrina, per dare agli alunni le norme generali che guidino il loro studio privato e per indicare la bibliografia. b) Si istituiscano seminari ed esercitazioni per stimolare l'attiva partecipazione degli alunni. I professori che devono dirigere queste esercitazioni siano consci dell'importanza del loro compito, che deve essere svolto con diligenza pari a quella dovuta alle lezioni. c) Si favorisca il lavoro svolto in piccoli gruppi sotto la direzione di un docente, e lo studio privato guidato dai professori con frequenti colloqui, in modo che gli alunni imparino pure un metodo personale per il lavoro scientifico. d) Infine, i candidati al sacerdozio siano introdotti a studiare con metodo scientifico i vari problemi pastorali della diocesi, in modo che attraverso il comune studio teologico degli avvenimenti, appaia loro più manifesto l'intimo legame tra la vita stessa, la pietà e la scienza attinta nelle lezioni; detto studio contribuisca ad una più completa preparazione teologica degli alunni. Per poter rispondere degnamente alle istanze di tutti questi metodi e dello studio personale, è necessario che i professori siano in numero sufficiente e preparati per il loro compito. 92. Strumento necessario per lo studio sia dei professori che degli alunni è la biblioteca; un bibliotecario capace e preparato per il suo ufficio ne curi in ciascun seminario l'ordine e la conservazione. Con l'aiuto di coloro cui compete, deve essere continuamente accresciuta mediante lo stanziamento di una somma annua fissata con liberalità. Gli alunni siano edotti circa il metodo più moderno per far uso della biblioteca. 93. Periodicamente gli alunni devono dare prova del loro profitto negli studi con colloqui, dissertazioni scritte ad esami, il cui preciso metodo deve essere fissato dalle Conferenze Episcopali. XVI - La formazione propriamente pastorale 94. Poiché il fine del seminario è di formare pastori di anime ( cfr. n. 20 ), tutta la formazione sacerdotale deve essere caratterizzata dallo spirito pastorale, che perciò deve essere messo in luce particolare in tutte le discipline. Deve però essere data anche una formazione propriamente pastorale, adattata alle diverse condizioni delle regioni, poiché in alcune di esse la vita religiosa è fervente, altre si fanno notare per la trascurata o inesistente religiosità, altre ancora sono divise in più confessioni o religioni. Questa formazione deve riguardare principalmente la catechesi e l'omiletica, l'amministrazione dei sacramenti, la guida spirituale delle persone appartenenti ai vari stati di vita, l'amministrazione della parrocchia ( comprese le questioni economiche ), il dialogo pastorale con gli acattolici e i non credenti, e quanto altro sia necessario per l'edificazione del Corpo di Cristo. Gli alunni, tuttavia, assieme a questa istruzione cerchino di acquistare la capacità di saper essere presenti nella vita dei fedeli con reale attenzione e con animo pastorale. Per questa più piena conoscenza degli uomini e delle cose non poco potranno essere aiutati dalle scienze psicologiche, pedagogiche e sociologiche, nelle quali però dovranno essere istruiti secondo i retti metodi e le norme dell'autorità ecclesiastica. 95. Gli alunni devono essere istruiti anche delle varie forme dell'apostolato moderno, dell'azione cattolica e delle altre associazioni, della cooperazione con i diaconi, del modo di agire con i laici per risvegliare e favorire la loro specifica attività apostolica e promuovere ogni giorno più la loro collaborazione, del modo di andare incontro a tutti gli uomini secondo le diverse circostanze di luogo e le diverse condizioni di vita, e inoltre dell'arte di impostare con loro un fruttuoso dialogo. Particolare attenzione sia data pure alla preparazione degli alunni circa i retti e sani rapporti con le donne, perché, bene istruiti sul loro specifico carattere e sulla loro psicologia a seconda del diverso stato di vita e le diverse età, nell'adempiere il ministero pastorale possano offrire loro una cura spirituale più efficace e si possano comportare con quella sobrietà e prudenza che conviene ai ministri di Cristo. 96. Gli alunni siano animati da spirito veramente cattolico, per cui sappiano superare i confini della propria diocesi, nazione o rito, e siano disposti ad aiutare gli altri con animo generoso. Per questo siano resi coscienti delle necessità di tutta la Chiesa, come sono i problemi ecumenici, missionari e gli altri più urgenti delle diverse parti del mondo. Con speciale cura gli alunni siano preparati anche ad instaurare il dialogo con i non credenti. 97. Col prudente giudizio dei vescovi siano introdotte per tutto il corso degli studi, sia durante l'anno scolastico sia durante le vacanze, le pratiche pastorali, necessarie alla formazione pastorale propriamente detta secondo l'età degli alunni e le circostanze ambientali. Poiché oggi accade spesso che, durante le vacanze, gli alunni si rechino in paesi stranieri per fare esperienze pastorali, è molto conveniente che le Conferenze Episcopali stabiliscano di comune accordo convenienti norme, perché si ottenga più efficacemente il fine specifico di simili esperienze. 98. Durante l'anno scolastico, tenuto conto dell'ubicazione del seminarlo, del numero degli alunni e di altre circostanze, siano scelte quelle attività che sembrano più convenienti, quali: fare catechismo, avere parte attiva nelle celebrazioni liturgiche della parrocchia nei giorni festivi, visitare gli ammalati, i poveri e i carcerati, aiutare i sacerdoti che hanno la cura spirituale dei giovani e degli operai, ecc. Il tempo da dedicare a queste attività venga opportunamente stabilito tenendo conto delle necessità degli studi; inoltre siano condotte alla luce dei principi teologici e con riflessione, sotto la guida di sacerdoti veramente esperti e prudenti, che assegnino a ciascuno un compito, istruiscano gli alunni nel modo di agire, siano presenti durante lo svolgimento delle attività, li facciano riflettere sul lavoro svolto, cosicché vengano valutate le esperienze fatte e vengano dati loro gli opportuni consigli. Queste attività pertanto, anziché nuocere alla formazione spirituale e intellettuale, la aiuteranno validamente. 99. Attività di questo tipo potranno essere fatte più facilmente durante il tempo delle vacanze, secondo i criteri fissati dai superiori del seminario, o fornendo aiuto ai sacerdoti nel ministero pastorale o aiutando gli operai, ecc., sempre sotto la guida di persone esperte, come è detto nel numero precedente. XVII - La formazione da continuarsi dopo il seminario 100. La formazione sacerdotale per sua natura è tale da dover essere continuata, e sempre maggiormente perfezionata durante tutta la vita, particolarmente nei primi anni dopo la sacra ordinazione. Per questa ragione il decreto Optatam totius, n. 22, prescrive che la formazione sacerdotale deve essere proseguita e perfezionata dopo il seminario, per quanto riguarda l'aspetto spirituale, intellettuale e soprattutto pastorale, affinché i nuovi sacerdoti possano meglio intraprendere e proseguire il compito apostolico. A questo proposito si favorisca fra i sacerdoti l'attività svolta insieme ( teamwork, èquipe ), che specialmente oggi può offrire molti vantaggi al ministero pastorale. 101. Per perfezionare la formazione dopo il seminario, nella « Ratio institutionis sacerdotalis » siano indicate le iniziative che, secondo le necessità locali, la Conferenza Episcopale sceglie e raccomanda. Ne vengono qui proposte alcune più consuete come esempio: a) L'anno o il biennio pastorale, durante il quale i sacerdoti novelli abitano assieme e, ogni settimana, per alcuni giorni si dedicano alla scuola e allo studio pastorale; negli altri giorni, esercitano il ministero nelle parrocchie. b) La formazione pastorale protratta per alcuni anni, durante i quali i giovani sacerdoti già addetti al ministero si radunano ogni settimana per uno o due giorni, per corsi e per studi aventi per oggetto la pastorale. c) I corsi da tenersi durante le vacanze o in altro tempo opportuno, mediante i quali i giovani sacerdoti esaminano i problemi pastorali, ne ricercano la soluzione, e preparano inoltre gli esami triennali. d) Il mese sacerdotale dopo circa cinque anni di ministero, durante il quale i giovani sacerdoti si rinnovano spiritualmente con gli esercizi spirituali e si perfezionano ulteriormente, assistiti da esperti, sia nella scienza con corsi di aggiornamento, sia nella pratica pastorale, mediante discussione dei problemi relativi. Tutto questo però non avrà la desiderata efficacia, qualora non si abbia un coordinamento tra il seminario e i corsi del doposeminario e la direzione di questi non sia affidata ad un sacerdote veramente eminente per scienza, virtù ed esperienza. È infine necessario che in tutte queste iniziative si abbia una fraterna collaborazione dei parroci e dei sacerdoti di età più matura e di maggiore esperienza, collaborazione che, perfezionando la formazione pastorale dei giovani sacerdoti, incrementi quella fraternità raccomandata dal decreto Presbyterorum Ordinis ( n. 8 ) e impedisca la frattura tra le nuove e le vecchie generazioni di sacerdoti. Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II ha approvato, confermato e ordinato di pubblicare la presente edizione della « Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis », rivista a norma del nuovo Codice di Diritto Canonico. Roma, dal Palazzo delle Congregazioni, il 19 marzo 1985, Solennità di S. Giuseppe, Sposo della Beata Vergine Maria WILLIAM Card. W. BAUM Prefetto ANTONIO M. JAVIERRE ORTAS Arciv. tit. di Meta Segretario