Celebrazioni domenicali in assenza del presbitero Presentazione Il Direttorio per le celebrazioni domenicali in assenza del presbitero è una risposta a diversi fattori convergenti. Il primo di essi è l'attuale realtà: non sempre né dovunque è possibile ottenere una piena celebrazione della domenica ( n. 2 ). Un altro fattore: la domanda di parecchie conferenze episcopali, che negli ultimi anni hanno chiesto alla Santa Sede orientamenti per questa situazione di fatto ( n. 7 ). In terzo luogo il fattore dell'esperienza: la Santa Sede, attraverso indicazioni e orientamenti generali, e parecchi vescovi, nelle loro chiese particolari, si sono occupati di questo argomento. Il direttorio ha approfittato dell'esperienza di tutti questi interventi, per valutare i vantaggi e nello stesso tempo i possibili limiti ditali celebrazioni. Il pensiero fondamentale di tutto il direttorio è quello di assicurare, nel migliore dei modi e in ogni situazione, la celebrazione cristiana della domenica, senza dimenticare che la messa rimane la celebrazione propria, pur riconoscendo la presenza di elementi importanti, anche quando la messa non si può celebrare. Questo documento non intende promuovere e neppure facilitare in maniera non necessaria o artificiale le assemblee domenicali senza celebrazione dell'eucaristia. Esso vuole semplicemente orientare e regolare quello che conviene fare quando le circostanze reali richiedono una decisione di questo genere ( n. 21-22 ). La prima parte del direttorio è interamente dedicata a presentare in modo schematico il senso della domenica e prende come punto di partenza n. 106 della costituzione Sacrosanctum Concilium ( n. 8 ). La seconda parte prevede le condizioni necessarie per decidere di queste assemblee in assenza del presbitero, in una diocesi, in maniera abituale. Dal punto di vista orientativo e pratico è la parte più importante del documento. Quanto ai laici è prevista in questo caso la loro collaborazione. Questo è un esempio degli incarichi che i pastori possono affidare a membri della loro comunità. La terza parte è una breve descrizione del rito delle celebrazioni domenicali della Parola con distribuzione dell'eucaristia. Come in altri simili documenti, l'applicazione di questo direttorio dipende da ogni vescovo, secondo la situazione della sua chiesa, e, quando si tratta di normativa più ampia, dipende dalla conferenza episcopale. Quello che importa è assicurare alle comunità, che si trovano in tale situazione, la possibilità di riunirsi in domenica, avendo attenzione di inserire queste riunioni nella celebrazione dell'anno liturgico ( n. 36 ) e di collegarle con quella parte della comunità che celebra l'eucaristia intorno al proprio pastore ( n. 42 ). In ogni caso il fine della pastorale della domenica – secondo le affermazioni di Paolo VI ( n. 21 ) e di Giovanni Paolo II ( n. 50 ) – continua ad essere quello di sempre: celebrare e vivere la domenica secondo la tradizione cristiana. Città del Vaticano, 2 giugno 1988. Proemio 1. La chiesa di Cristo, dal giorno della pentecoste, dopo la discesa dello Spirito santo, non ha mai cessato di riunirsi per celebrare il mistero pasquale, nel giorno che è stato chiamato « domenica », in memoria della risurrezione del Signore. Nell'assemblea domenicale la chiesa proclama ciò che in tutta la Scrittura si riferisce a Cristo ( Cf. Lc 24,27 ) e celebra l'eucaristia come memoriale della morte e risurrezione del Signore, finché egli venga. 2. Tuttavia non sempre si può avere una celebrazione piena della domenica. Vi sono stati infatti molti fedeli, e anche oggi ve ne sono, ai quali « per la mancanza del ministro sacro o altra grave causa, riesce impossibile la partecipazione alla celebrazione eucaristica ». 3. In diverse regioni, dopo la prima evangelizzazione, i vescovi affidarono ai catechisti il compito di riunire i fedeli nel giorno di domenica e di dirigere la preghiera nella forma dei pii esercizi. Questo perché i cristiani, cresciuti assai di numero, si trovavano dispersi in molti luoghi, talvolta anche lontani, così che il sacerdote non poteva raggiungerli ogni domenica. 4. In altri luoghi, per la persecuzione contro i cristiani, o per altre severe limitazioni imposte alla libertà religiosa, è del tutto vietato ai fedeli riunirsi di domenica. Come una volta vi furono cristiani, fedeli fino al martirio nel partecipare all'assemblea domenicale, così anche ora vi sono fedeli che fanno di tutto per riunirsi la domenica a pregare, o in famiglia, o in piccoli gruppi senza la presenza del ministro sacro. 5. Per altro motivo, ai nostri giorni, in parecchie regioni ciascuna parrocchia non può usufruire della celebrazione dell'eucaristia in ogni domenica, perché è diminuito il numero dei sacerdoti. Inoltre, per circostanze sociali ed economiche, non poche parrocchie si sono spopolate. Perciò a molti presbiteri è stato affidato l'incarico di celebrare più volte la messa di domenica, in chiese diverse e distanti tra loro. Ma tale prassi non sempre è ritenuta opportuna, né per le parrocchie prive del proprio pastore, né per gli stessi sacerdoti. 6. Per questo in alcune chiese particolari, in cui si riscontrano le predette condizioni, i vescovi hanno ritenuto necessario stabilire altre celebrazioni domenicali, in mancanza del presbitero, affinché si potesse avere un'assemblea cristiana nel miglior modo possibile, e fosse assicurata la tradizione cristiana della domenica. Non di rado, soprattutto nelle terre di missione, gli stessi fedeli, consapevoli dell'importanza della domenica, con la cooperazione dei catechisti e anche dei religiosi, si riuniscono per l'ascolto della parola di Dio, per pregare e, talvolta, per ricevere la santa comunione. 7. Considerate bene tutte queste ragioni, e tenuto conto dei documenti promulgati dalla Santa Sede, la Congregazione per il culto divino, assecondando anche i desideri delle conferenze episcopali, ritiene opportuno ricordare alcuni elementi dottrinali sulla domenica e stabilire le condizioni che rendono legittime tali celebrazioni nelle diocesi ed inoltre fornire alcune indicazioni, per il retto svolgimento delle celebrazioni medesime. Spetterà alle conferenze episcopali, secondo l'opportunità, determinare ulteriormente le stesse norme e adattarle all'indole e alle varie situazioni dei diversi popoli, dandone informazione alla sede apostolica. Capitolo I - La domenica e la sua santificazione 8. « Secondo la tradizione apostolica, che ha origine dallo stesso giorno della risurrezione di Cristo, la chiesa celebra il mistero pasquale ogni otto giorni, in quello che chiama giustamente "giorno del Signore" o domenica ». 9. Testimonianze dell'assemblea dei fedeli, nel giorno che già nel Nuovo Testamento è indicato come « domenica », ( Cf. Ap 1,10. Cf. Gv 20,19.26; At 20,7-12; 1 Cor 16,2; Eb 10,24-25 ) si trovano esplicitamente negli antichissimi documenti del primo e secondo secolo, e tra di esse si eleva quella di san Giustino: « Nel giorno chiamato del sole, tutti gli abitanti delle città e delle campagne si radunano insieme nello stesso luogo … ». Tuttavia, il giorno in cui i cristiani si radunavano, non coincideva con i giorni festivi del calendario greco e romano, e per questo costituiva anche per i concittadini un certo segno di professione cristiana. 10. Fin dai primi secoli, i pastori non hanno mai cessato di inculcare ai fedeli la necessità di radunarsi in domenica: « Non vogliate separarvi dalla chiesa, pur essendo membra di Cristo, per il fatto che non vi riunite …; non vogliate essere negligenti, né alienare il Salvatore dalle sue membra né scindere e smembrare il suo corpo … ». E quanto di recente ha ricordato il concilio Vaticano Il con le parole: « In questo giorno i fedeli devono riunirsi in assemblea per ascoltare la parola di Dio e partecipare all'eucaristia, e così far memoria della passione, della risurrezione e della gloria del Signore Gesù e rendere grazie a Dio, che li ha rigenerati nella speranza viva per mezzo della risurrezione di Cristo dai morti ». 11. L'importanza della celebrazione della domenica nella vita dei fedeli viene così indicata da sant'Ignazio di Antiochia: « ( I cristiani ) non celebrano più il sabato, ma vivono secondo la domenica, in cui anche la nostra vita è risorta per mezzo di lui ( il Cristo ) e della sua morte ». Il senso cristiano dei fedeli, sia in passato che nel tempo presente, ha avuto in così grande onore la domenica, da non trascurarla assolutamente neppure nei momenti di persecuzione e in mezzo a quelle culture, che sono lontane dalla fede cristiana o vi si oppongono. 12. Gli elementi principalmente richiesti perché si abbia l'assemblea domenicale, sono i seguenti: a) riunione dei fedeli per manifestare che la chiesa non è un'assemblea formatasi spontaneamente, ma convocata da Dio, e cioè il popolo di Dio organicamente strutturato, cui presiede il sacerdote nella persona di Cristo capo; b) istruzione sul mistero pasquale per mezzo delle Scritture, che vengono proclamate e spiegate dal sacerdote o dal diacono; c) celebrazione del sacrificio eucaristico, compiuta dal sacerdote nella persona di Cristo, che lo offre a nome di tutto il popolo cristiano e con il quale è reso presente il mistero pasquale. 13. Lo zelo pastorale sia rivolto principalmente a fare in modo che il sacrificio della messa si celebri in ciascuna domenica, perché soltanto per esso si perpetua la pasqua del Signore e la chiesa si manifesta interamente. « La domenica è la festa primordiale …, da proporre e raccomandare alla pietà dei fedeli. Non le venga anteposta alcun'altra solennità che non sia di grandissima importanza, perché la domenica è il fondamento e il nucleo di tutto l'anno liturgico ». 14. È necessario che tali principi siano inculcati fin dall'inizio della formazione cristiana, affinché i fedeli adempiano volonterosamente il precetto della santificazione del giorno festivo, e comprendano il motivo per cui ogni domenica si radunano, convocati dalla chiesa, per celebrare l'eucaristia e non soltanto per soddisfare la propria devozione privata. Così i fedeli potranno avere esperienza della domenica, quale segno della trascendenza di Dio sul lavoro dell'uomo e non quale semplice giorno di riposo; e potranno anche cogliere più profondamente il valore dell'assemblea domenicale e mostrare esteriormente di essere membri della chiesa. 15. I fedeli devono poter trovare nelle assemblee domenicali, sia una partecipazione attiva, sia una vera fraternità e l'opportunità di rinvigorirsi spiritualmente sotto la guida dello Spirito. Così saranno protetti più facilmente dalle attrattive delle sette, che promettono loro sollievo nella sofferenza della solitudine e più completa soddisfazione per le loro aspirazioni religiose. 16. Infine, l'azione pastorale deve favorire le iniziative per rendere la domenica « anche giorno di gioia e di riposo dal lavoro », così che nella odierna società si manifesti per tutti come segno di libertà, e di conseguenza come giorno istituito per il bene della stessa persona umana, la quale è senza dubbio di maggior valore rispetto agli affari e ai processi produttivi. 17. La parola di Dio, l'eucaristia ed il ministero sacerdotale sono doni che il Signore offre alla chiesa sua sposa. Devono essere accolti ed anzi richiesti come grazia di Dio. La chiesa, che soprattutto nell'assemblea domenicale gode di questi doni, in essa rende grazie a Dio, nell'attesa del perfetto godimento del giorno del Signore « davanti al trono di Dio e al cospetto dell'Agnello ». ( Ap 7,9 ) Capitolo II - Condizioni per le celebrazioni domenicali in assenza di presbitero 18. Quando in alcuni luoghi non è possibile celebrare la messa di domenica, si consideri anzitutto se i fedeli non possano recarsi alla chiesa di un luogo più vicino per partecipare alla celebrazione del mistero eucaristico. La soluzione è da raccomandare anche ai nostri giorni, anzi, per quanto possibile, da conservarsi; ciò tuttavia richiede che i fedeli siano rettamente istruiti sul senso pieno dell'assemblea domenicale e si adeguino di buon animo alle nuove situazioni. 19. È auspicabile che, anche senza la messa, nel giorno di domenica vengano offerte con larghezza ai fedeli, radunati per diverse forme di celebrazioni, le ricchezze della sacra Scrittura e della preghiera della chiesa, perché non rimangano privi delle letture che si leggono nel corso dell'anno durante la messa, né delle orazioni dei tempi liturgici. 20. Tra le varie forme tramandate dalla tradizione liturgica, quando non è possibile la celebrazione della messa, è molto raccomandata la celebrazione della parola di Dio, che secondo l'opportunità può essere seguita dalla comunione eucaristica. Così i fedeli possono nutrirsi nello stesso tempo della parola e del corpo di Cristo. « Ascoltando infatti la parola di Dio, i fedeli si rendono conto che le opere mirabili da lui compiute, che vengono proclamate nelle letture, raggiungono il loro vertice nel mistero pasquale, di cui nella messa si celebra sacramentalmente il memoriale e a cui si partecipa nella comunione ». Inoltre, in alcune circostanze, si possono unire opportunamente la celebrazione della domenica e le celebrazioni di alcuni sacramenti, e specialmente dei sacramentali, secondo le necessità di ciascuna comunità. 21. Occorre che i fedeli percepiscano con chiarezza che tali celebrazioni hanno carattere di supplenza, né possono considerarsi come la migliore soluzione delle difficoltà nuove o una concessione fatta alla comodità. Le riunioni o assemblee di questo genere non possono mai compiersi in quei luoghi, dove la messa è stata celebrata la sera del giorno precedente, anche se in lingua diversa; non è opportuno che tale assemblea si ripeta. 22. Si eviti con cura ogni confusione tra le riunioni di questo genere e la celebrazione eucaristica. Queste riunioni non devono togliere ma anzi accrescere nei fedeli il desiderio di partecipare alla celebrazione eucaristica e renderli meglio preparati a frequentarla. 23. I fedeli comprendano che non è possibile la celebrazione del sacrificio eucaristico senza il sacerdote e che la comunione eucaristica, che possono ricevere in tali riunioni, è intimamente connessa con il sacrificio della messa. Da questo si può mostrare ai fedeli quanto sia necessario pregare « affinché ( il Signore ) moltiplichi i dispensatori dei suoi misteri e li renda perseveranti nel suo amore ». 24. Compete al vescovo diocesano, sentito il parere del consiglio presbiterale, stabilire se nella propria diocesi debbano aversi regolarmente riunioni domenicali senza la celebrazione dell'eucaristia e dare per esse norme generali e particolari, tenuto conto dei luoghi e delle persone. Pertanto non vengano costituite assemblee di tal genere, se non dietro convocazione del vescovo e sotto il ministero pastorale del parroco. 25. « Non è possibile che si formi una comunità cristiana se non avendo come radice e come cardine la celebrazione della santissima eucaristia ». Perciò, prima che il vescovo stabilisca che si facciano riunioni domenicali senza la celebrazione dell'eucaristia, oltre la considerazione sullo stato delle parrocchie ( cf. n. 5 ), devono essere esaminate le possibilità di fare ricorso ai presbiteri, anche religiosi, non addetti direttamente alla cura delle anime, e la frequenza alle messe celebrate nelle diverse chiese e parrocchie. Si mantenga la preminenza della celebrazione eucaristica su tutte le altre azioni pastorali, specialmente in domenica. 26. Il vescovo personalmente, o mediante altri, istruirà con opportuna catechesi la comunità diocesana sulle cause determinanti questo provvedimento, sottolineandone la gravità ed esortando alla corresponsabilità e alla cooperazione. Egli designerà un delegato o una speciale commissione che provveda perché le celebrazioni siano rettamente condotte; sceglierà quelli che le promuovano e farà pure in modo che gli stessi siano debitamente istruiti. Tuttavia avrà sempre cura che tali fedeli possano partecipare alla celebrazione eucaristica più volte nell'anno. 27. È compito del parroco informare il vescovo sull'opportunità di fare queste celebrazioni nella sua giurisdizione; preparare ad esse i fedeli; visitarli talvolta durante la settimana; celebrare per loro i sacramenti nel tempo debito, soprattutto la penitenza. Codesta comunità potrà sperimentare davvero in che maniera nel giorno di domenica è riunita non « senza presbitero », ma solamente « in sua assenza », o meglio, « in sua attesa ». 28. Quando non sia possibile la celebrazione della messa il parroco provvederà perché possa essere distribuita la sacra comunione. Farà pure in modo che in ciascuna comunità si abbia la celebrazione eucaristica nel tempo stabilito. Le ostie consacrate siano rinnovate frequentemente e siano conservate in un luogo sicuro. 29. Per dirigere queste riunioni domenicali siano chiamati i diaconi, quali primi collaboratori dei sacerdoti. Al diacono, ordinato per pascere il popolo di Dio e per farlo crescere, spetta dirigere la preghiera, proclamare il Vangelo, tenere l'omelia e distribuire l'eucaristia. 30. Quando sono assenti sia il presbitero che il diacono, il parroco designi dei laici, ai quali dovrà essere affidata la cura delle celebrazioni, e cioè, la guida della preghiera, il servizio della Parola e la distribuzione della santa comunione. Da lui vengano scelti in primo luogo gli accoliti e i lettori, istituiti per il servizio dell'altare e della parola di Dio. Mancando anche questi, possono essere designati altri laici, uomini e donne, i quali possono esercitare questo incarico in forza del loro battesimo e della loro confermazione. Costoro siano scelti con riguardo alla loro condotta di vita, in consonanza con il Vangelo; e si faccia attenzione che possano essere bene accetti ai fedeli. La designazione abitualmente sarà fatta per un periodo determinato e sarà manifestata pubblicamente alla comunità. Per essi conviene che si faccia una speciale preghiera in qualche celebrazione. Il parroco abbia cura d'impartire a questi laici un'opportuna e assidua formazione e con essi prepari dignitose celebrazioni ( cf. III ) 31. I laici designati riterranno il compito loro affidato non tanto come un onore, quanto piuttosto come un incarico, e in primo luogo un servizio verso i fratelli, sotto l'autorità del parroco. Il loro compito non è ad essi proprio, ma suppletivo, poiché lo esercitano « quando la necessità della chiesa lo suggerisca, in mancanza dei ministri ». « Compiano solo e tutto ciò che concerne l'incarico ad essi affidato ». Esercitino il proprio compito con sincera pietà e con ordine, come conviene allo stesso ufficio e come giustamente esige da loro il popolo di Dio. 32. Se nel giorno domenicale non si può fare la celebrazione della parola di Dio con la distribuzione della sacra comunione, si raccomanda vivamente ai fedeli « di dedicarsi per un congruo tempo, personalmente o in famiglia o secondo l'opportunità in gruppi di famiglie » alla preghiera. In questi casi possono giovare le trasmissioni radiotelevisive delle sacre celebrazioni. 33. Si tenga soprattutto presente la possibilità di celebrare qualche parte della liturgia delle ore, ad es. le lodi mattutine o i vespri, in cui si possono inserire le letture della domenica corrente. Quando infatti « i fedeli sono convocati per la liturgia delle ore e si radunano, mentre associano i cuori e le voci, manifestano la chiesa che celebra il mistero di Cristo ». Alla fine di questa celebrazione può essere distribuita la comunione eucaristica ( cf. n. 46 ). 34. « La grazia del Redentore non manca in alcun modo ai singoli fedeli o alla comunità, che a motivo delle persecuzioni o per mancanza di sacerdoti, per breve o lungo tempo sono privati della celebrazione della santa eucaristia. Infatti, interiormente animati dal desiderio del sacramento e uniti nella preghiera con tutta la chiesa, invocano il Signore e innalzano a lui i loro cuori, ed essi, per la forza dello Spirito santo, partecipano della comunione con la chiesa, vivo corpo di Cristo e con il Signore stesso … , e partecipano anche del frutto del sacramento ». Capitolo III - La celebrazione 35. L'ordine da seguire nella riunione in giorno di domenica quando non c'è la messa, consta di due parti: la celebrazione della parola di Dio e la distribuzione della comunione. Non venga inserito nella celebrazione ciò che è proprio della messa, soprattutto la presentazione dei doni e la prece eucaristica. Il rito della celebrazione sia ordinato in modo tale che favorisca totalmente l'orazione e presenti l'immagine di una assemblea liturgica e non di una semplice riunione. 36. I testi delle orazioni e delle letture per ciascuna domenica o solennità siano presi abitualmente dal Messale e dal Lezionario. Così i fedeli, seguendo il corso dell'anno liturgico, pregheranno e ascolteranno la parola di Dio in comunione con le altre comunità della chiesa. 37. Il parroco, nel preparare la celebrazione con i laici designati, può fare degli adattamenti tenuto conto del numero dei partecipanti e delle capacità degli animatori, e con riguardo agli strumenti che servono al canto e all'esecuzione musicale. 38. Quando il diacono presiede la celebrazione, si comporta nei modi richiesti dal suo ministero, nei saluti, nelle orazioni, nella lettura del Vangelo e nella omelia, nella distribuzione della comunione e nel congedo dei partecipanti con la benedizione. Egli indossa le vesti proprie del suo ministero, e cioè il camice con la stola, e secondo l'opportunità, la dalmatica, e usa la sede presidenziale. 39. Il laico che guida i presenti si comporta come uno tra uguali, come avviene nella liturgia delle ore, quando non presiede il ministro ordinato, e nelle benedizioni, quando il ministro è laico ( « Il Signore ci benedica … », « Benediciamo il Signore … » ). Non deve usare le parole riservate al presbitero o al diacono, e deve tralasciare quei riti, che in un modo assai diretto, richiamano la messa, ad es.: i saluti, soprattutto « Il Signore sia con voi » e la forma di congedo che farebbe apparire il laico moderatore come un ministro sacro. 40. Porti una veste che non sia disdicevole a questo ufficio, o porti la veste eventualmente stabilita dal vescovo. Non deve usare la sede presidenziale, ma venga piuttosto preparata un'altra sede fuori del presbiterio. L'altare, che è la messa del sacrificio e del convito pasquale, sia usato solamente per deporvi il pane consacrato prima della distribuzione dell'eucaristia. Nel preparare la celebrazione si abbia cura per una adatta distribuzione dei compiti, ad es.: per le letture, per i canti, ecc., e per la disposizione e l'ornamento del luogo. 41. Lo schema della celebrazione si compone dei seguenti elementi: a) i riti iniziali, il cui scopo è che i fedeli, quando si radunano, costituiscano la comunità e si dispongano degnamente alla celebrazione b) la liturgia della Parola, nella quale Dio stesso parla al suo popolo, per manifestargli il mistero di redenzione e di salvezza; il popolo infatti risponde mediante la professione di fede e la preghiera universale; c) il rendimento di grazie, con il quale Dio è benedetto per la sua gloria immensa ( cf. n. 45 ); d) i riti di comunione, mediante i quali si esprime e sì realizza la comunione con Cristo e con i fratelli, soprattutto con quelli che nel medesimo giorno partecipano al sacrificio eucaristico; e) i riti di conclusione, con i quali viene indicato il rapporto che intercorre tra liturgia e vita cristiana. La conferenza episcopale, o lo stesso vescovo, tenuto conto delle circostanze di luogo e di persone, può ulteriormente determinare la stessa celebrazione, con sussidi preparati dalla commissione nazionale o diocesana di liturgia. Tuttavia questo schema di celebrazione non si deve cambiare senza necessità. 42. Nella monizione iniziale oppure in un altro momento della celebrazione, il moderatore ricordi la comunità con la quale, in quella domenica, il parroco celebra l'eucaristia, ed esorti i fedeli ad unirsi spiritualmente ad essa. 43. Perché i partecipanti siano in grado di ricordare la parola di Dio, vi sia o una qualche spiegazione delle letture, o il sacro silenzio per meditare le cose ascoltate. Poiché l'omelia è riservata al sacerdote o al diacono, è auspicabile che il parroco trasmetta l'omelia al moderatore del gruppo, perché la legga. Si osservi tuttavia quanto è stato stabilito dalla conferenza episcopale. 44. La preghiera universale si svolga secondo la serie stabilita delle intenzioni. Non vengano omesse le intenzioni per tutta la diocesi, eventualmente proposte dal vescovo. Così pure si proponga di frequente l'intenzione per le vocazioni all'ordine sacro, per il vescovo e per il parroco. 45. Il rendimento di grazie avvenga secondo l'uno o l'altro modo qui indicato: 1° dopo la preghiera universale o dopo la distribuzione della comunione, il moderatore invita tutti al rendimento di grazie, con il quale i fedeli esaltano la gloria di Dio e la sua misericordia. Questo può essere fatto con un salmo ( ad es.: salmi 99, 112, 117, 135, 147, 150 ) o con un inno o un cantico ( ad es.: Gloria a Dio nell'alto dei cieli, Magnificat … ), o anche con una preghiera litanica, che il moderatore, stando in piedi con i fedeli, rivolto all'altare, dice insieme a tutti; 2° prima del Padre nostro, il moderatore si avvicina al tabernacolo, e, fatta la riverenza, depone sull'altare la pisside con la santissima eucaristia; poi, inginocchiato davanti all'altare, insieme ai fedeli esegue l'inno, il salmo o la preghiera litanica, che in questa circostanza viene rivolta a Cristo presente nella santa eucaristia. Pertanto questo rendimento di grazie non deve avere in nessun modo la forma di una preghiera eucaristica. I testi del prefazio e della preghiera eucaristica proposti nel Messale romano non devono essere usati, in modo da evitare ogni pericolo di confusione. 46. Per lo svolgimento del rito della comunione, si osservi quanto viene detto nel Rituale romano circa la santa comunione fuori della messa. Si ricordi spesso ai fedeli che essi, anche quando ricevono la comunione fuori della celebrazione della messa, sono uniti al sacrificio eucaristico. 47. Per la comunione si usi possibilmente il pane consacrato nella stessa domenica, nella messa celebrata in un altro luogo e da qui portato dal diacono o da un laico in un recipiente ( pisside o teca ) e riposto nel tabernacolo prima della celebrazione. E anche possibile usare il pane consacrato nell'ultima messa ivi celebrata. Prima della preghiera del Padre nostro il moderatore si avvicina al tabernacolo o al luogo dove è riposta l'eucaristia, prende il recipiente con il corpo del Signore, lo depone sulla mensa dell'altare e introduce la preghiera del Padre nostro, a meno che a questo punto si faccia il rendimento di grazie, di cui al n. 45, n. 20. 48. La preghiera del Signore è sempre recitata o cantata da tutti, anche se non viene distribuita la santa comunione. Può compiersi il rito della pace. Dopo la distribuzione della comunione « secondo l'opportunità può essere osservato il sacro silenzio per un certo tempo o si può cantare un salmo oppure un cantico di lode ». È anche possibile fare il ringraziamento di cui si è detto al n. 45,1°. 49. Prima della fine della riunione, si diano gli annunci e le notizie che riguardano la vita parrocchiale o diocesana. 50. « Non sarà mai apprezzata sufficientemente la somma importanza dell'assemblea domenicale, sia come sorgente di vita cristiana dell'individuo e delle comunità, sia come testimonianza della volontà di Dio: riunire tutti gli uomini nel Figlio Gesù Cristo. Tutti i cristiani devono essere convinti di non poter vivere la propria fede, né partecipare, nel modo proprio a ciascuno, alla missione universale della chiesa, senza nutrirsi del pane eucaristico. Ugualmente devono essere convinti che l'assemblea domenicale è per il mondo segno del mistero di comunione, che è l'eucaristia ». Questo direttorio, preparato dalla Congregazione per il culto divino, il sommo pontefice Giovanni Paolo II ha approvato e confermato il giorno 21 maggio 1988, ordinando di pubblicarlo. Dalla sede della Congregazione per il culto divino, 2 giugno 1988, solennità del ss. Corpo e Sangue di Cristo. Paul Augustin Card. Mayer, O.S.B., Prefetto + Virgilio Noè, arciv. tit. di Voncaria Segretario