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Appendice - Elementi di un piano pastorale per le comunicazioni sociali

23. Le condizioni dei media e le opportunità che si offrono alla Chiesa nel campo delle comunicazioni sociali sono differenti da nazione a nazione e anche da diocesi a diocesi di uno stesso Paese.

Ne consegue naturalmente che l'approccio della Chiesa ai media e all'ambiente culturale che essi contribuiscono a formare saranno differenti da luogo a luogo, e che i progetti e la partecipazione della Chiesa dovranno essere adattati alle situazioni locali.

Ogni Conferenza episcopale e ogni diocesi dovrebbe perciò sviluppare un piano pastorale integrato per la comunicazione, preferibilmente con la consulenza sia dei rappresentanti delle organizzazioni cattoliche, internazionali e nazionali, che si occupano di comunicazione, sia dei professionisti dei media locali.

Il tema della comunicazione dovrebbe inoltre essere tenuto presente nella formulazione e nella realizzazione di tutti gli altri piani pastorali, compresi quelli relativi al servizio sociale, alla didattica, e alla evangelizzazione.

Un certo numero di Conferenze episcopali e di diocesi hanno già piani di questo tipo che identificano le esigenze della comunicazione, definiscono gli obiettivi, fanno previsioni realistiche di finanziamento e coordinano i diversi impegni del settore.

Proponiamo le seguenti linee per aiutare coloro che elaborano nuovi piani pastorali o sono incaricati di aggiornare i piani già esistenti.

Direttive per l'elaborazione di piani pastorali per le comunicazioni sociali in una diocesi, Conferenza episcopale o Sinodo patriarcale

24. Un piano pastorale per le comunicazioni sociali dovrebbe comprendere i seguenti elementi:

a) una presentazione d'insieme a partire da una consultazione ampia che descriva, per tutti i ministeri della Chiesa, una strategia della comunicazione rispondente ai problemi ed alle esigenze del nostro tempo;

b) un inventario o un accertamento che descriva il mondo dei media nel territorio preso in considerazione, comprendente il pubblico, i produttori e i direttori dei media pubblici e privati, le risorse finanziarie e tecniche, i sistemi di distribuzione, le risorse ecumeniche e didattiche, il personale delle organizzazioni cattoliche di comunicazione, compreso quello delle comunità religiose;

c) una proposta di strutturazione dei mezzi di comunicazione sociale della Chiesa destinati ad appoggiare l'evangelizzazione, la catechesi e l'educazione, il servizio sociale e la collaborazione ecumenica, e comprendente se possibile le relazioni pubbliche, la stampa, la radio, la televisione, il cinema, le videocassette, le reti informatiche, i servizi in facsimile ed analoghe forme di telecomunicazione;

d) una educazione ai media con speciale sottolineatura al rapporto fra i media e i valori;

e) un'apertura pastorale di dialogo con i professionisti dei media, con attenzione particolare allo sviluppo della loro fede e della loro crescita spirituale;

f) indicazioni circa le possibilità di ottenere risorse finanziarie e di assicurare le modalità di finanziamento di questa pastorale.

Processo per l'elaborazione di un piano pastorale per le comunicazioni sociali

25. Il piano dovrebbe offrire direttive e suggerimenti utili ai comunicatori della Chiesa per stabilire finalità e priorità realistiche al loro lavoro.

Si raccomanda che un gruppo di lavoro comprendente rappresentanti del mondo ecclesiale e professionisti dei media sia associato a questo processo, le cui due fasi dovrebbero essere:

1. ricerca, e

2. progettazione.

Fase di ricerca

26. Elementi propri di questa fase sono: una valutazione delle esigenze, la raccolta di informazioni, e la ricerca di possibili modelli di piani pastorali.

Tutto ciò comporta una analisi del contesto in cui si situa la comunicazione, in particolare gli elementi di forza e di debolezza delle strutture e dei programmi ecclesiali di comunicazione esistenti come pure delle possibilità che si offrono e delle difficoltà che si possono incontrare.

Tre tipi di esame possono essere di aiuto nella raccolta delle informazioni necessarie: un accertamento delle esigenze, un'indagine sui mezzi di comunicazione e un inventario delle risorse.

Il primo esame consisterà nel catalogare i settori pastorali che necessitano di una particolare attenzione da parte della Conferenza episcopale o da parte della diocesi.

Il secondo riguarderà i metodi in vigore con una valutazione della loro efficacia per identificare le forze e le debolezze delle strutture e delle procedure già esistenti.

Il terzo dovrà individuare le risorse, le tecnologie e il personale di cui la Chiesa può disporre nel settore della comunicazione, senza limitarsi alle risorse proprie della Chiesa, cioè tenendo conto anche di quelle eventualmente disponibili nel mondo degli affari, nelle industrie dei media e nelle organizzazioni ecumeniche.

Fase di progettazione

27. Dopo questa raccolta e analisi di dati, l'équipe che elaborerà il piano dovrà interessarsi agli obiettivi ed alle priorità della Conferenza episcopale o della diocesi nell'ambito della comunicazione.

Si entrerà allora nella fase di progettazione.

Tenendo conto delle circostanze locali l'équipe dovrà poi trattare dei problemi seguenti.

28. L'educazione

Le questioni della comunicazione e della comunicazione di massa interessano tutti i livelli del ministero pastorale, compreso quello dell'educazione.

Un piano pastorale di comunicazione dovrà sforzarsi:

a) di proporre alcune possibilità di educazione in materia di comunicazione, presentandole come componenti essenziali della formazione di tutti coloro che sono impegnati nell'azione della Chiesa, sia che si tratti di seminaristi, sacerdoti, religiosi e religiose oppure di animatori laici;

b) di incoraggiare le scuole e le università cattoliche a proporre programmi e corsi in vista delle necessità della Chiesa e della società in materia di comunicazione;

c) di proporre dei corsi, laboratori e seminari di tecnologia, di gestione, d'etica e di politica della comunicazione, destinati ai responsabili della Chiesa in questa materia, ai seminaristi, ai religiosi ed al clero;

d) di prevedere e di mettere in opera dei programmi di educazione e d'intelligenza dei media da proporre all'attenzione degli insegnanti, dei genitori e degli studenti;

e) di incoraggiare gli artisti e gli scrittori a preoccuparsi di trasmettere i valori evangelici nella utilizzazione che essi fanno dei loro talenti per la stampa, il teatro, la radio, le trasmissioni televisive e i film ricreativi ed educativi;

f) di trovare nuove strategie di evangelizzazione e di catechesi rese possibili dall'applicazione delle tecnologie della comunicazione e dei mezzi di comunicazione.

29. Formazione spirituale e assistenza pastorale.

I professionisti cattolici laici e le altre persone che lavorano nell'apostolato ecclesiale delle comunicazioni sociali, o nei media profani, attendono spesso dalla Chiesa un orientamento spirituale ed un sostegno pastorale.

Un piano pastorale di comunicazione dovrebbe dunque cercare:

a) di proporre ai laici cattolici ed agli altri professionisti delle comunicazioni qualche occasione di arricchire la loro esperienza professionale attraverso giornate di meditazione, ritiri, seminari e gruppi di sostegno professionale;

b) di proporre un'assistenza pastorale che procuri il sostegno necessario per nutrire la fede dei responsabili della comunicazione e appoggiare il loro impegno in questo difficile compito che consiste nel comunicare al mondo i valori del Vangelo e gli autentici valori umani.

30. Collaborazione.

La collaborazione comprende la divisione delle risorse tra le conferenze e le diocesi, come anche tra le diocesi e le altre istituzioni, come le comunità religiose, le università e gli organismi della sanità.

Un piano pastorale dovrebbe mirare:

a) a rafforzare le relazioni e incoraggiare la consultazione reciproca tra i rappresentanti della Chiesa e i professionisti dei media che possono offrire molto alla Chiesa in materia di utilizzazione dei media;

b) a cercare mezzi di produzione in collaborazione con i centri regionali e centri nazionali, e a favorire lo sviluppo delle reti comuni di promozione, di commercializzazione e di distribuzione;

c) a favorire la collaborazione con le congregazioni religiose che lavorano nel settore delle comunicazioni sociali;

d) a collaborare con gli organismi ecumenici e con le altre Chiese e gruppi religiosi per tutto quanto concerne la sicurezza e la garanzia di accesso della religione ai media, come anche "nel campo dei nuovi media: soprattutto per ciò che concerne l'uso comune dei satelliti, delle banche dati, delle reti cablo e, generalmente, dell'informatica, a cominciare dalla compatibilità dei sistemi.34

e) a collaborare con i media profani, in particolare per quanto riguarda le preoccupazioni comuni sulle questioni religiose, morali, etiche, culturali, educative e sociali;

31. Relazioni pubbliche.

Le relazioni pubbliche necessitano da parte della Chiesa, di una comunicazione attiva con la comunità per il tramite dei media, sia profani che religiosi.

Queste relazioni, che implicano la disponibilità della Chiesa a comunicare i valori evangelici e a fare conoscere i suoi ministeri ed i suoi programmi, richiedono da parte sua che essa faccia tutto il possibile per verificare che è veramente ad immagine di Cristo.

Un piano pastorale di comunicazione dovrebbe tendere:

a) a organizzare degli uffici di relazioni pubbliche dotati di risorse umane e materiali sufficienti a rendere possibile una vera comunicazione tra la Chiesa e l'insieme della comunità;

b) alla produzione di pubblicazioni e programmi radio, di televisione e video di qualità eccellente, tali da rendere visibili il messaggio del Vangelo e la missione della Chiesa;

c) a promuovere dei premi ed altri modi di riconoscenza destinati a incoraggiare e sostenere i professionisti dei media;

d) a celebrare la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali come un mezzo per promuovere la presa di coscienza dell'importanza della comunicazione e per appoggiare le iniziative prese della Chiesa in materia di comunicazione.

32. Ricerca.

Le strategie della Chiesa nell'ambito della comunicazione sociale dovrebbero fondarsi sui risultati di una ricerca seria in tale materia, che implichi una analisi ed una valutazione fatte con conoscenza di causa.

Occorre che lo studio della comunicazione faccia posto alle questioni ed ai problemi maggiori ai quali deve far fronte la missione della Chiesa in seno alla nazione o alla regione interessata.

Un piano pastorale della comunicazione dovrebbe mirare:

a) a incoraggiare gli istituti di studi superiori, i centri di ricerca e le università a intraprendere ricerche fondamentali insieme ed applicate, sui bisogni e le preoccupazioni della Chiesa e della società in materia di comunicazione;

b) a determinare le modalità pratiche per l'interpretazione della ricerca fatta sulle comunicazioni sociali e sulla sua applicazione alla missione della Chiesa;

c) a sostenere una riflessione teologica permanente sui processi e gli strumenti della comunicazione sociale e sul loro ruolo nella Chiesa e nella società.

33. Comunicazione e sviluppo dei popoli.

Comunicazioni e media realmente accessibili possono permettere a molte persone di partecipare all'economia del mondo moderno, di esperimentare una libertà di espressione e di contribuire alla crescita della pace e della giustizia nel mondo.

Un piano pastorale delle comunicazioni sociali dovrebbe mirare:

a) che i valori evangelici esercitino una influenza sul largo ventaglio delle attività dei media contemporanei dall'edizione alle comunicazioni via satellite in modo che esse contribuiscano alla crescita della solidarietà internazionale;

b) a difendere l'interesse pubblico e salvaguardare l'accesso delle religioni ai media prendendo una posizione documentata e responsabile sulle questioni di legislazione e di politica della comunicazione e sullo sviluppo dei sistemi di comunicazione;

c) ad analizzare l'impatto sociale delle tecnologie avanzate di comunicazione ed a contribuire ad evitare inutili rotture sociali e destabilitazioni culturali;

d) ad aiutare i professionisti della comunicazione a definire ed osservare delle regole etiche, soprattutto nei riguardi dell'equità, della verità, della giustizia, della decenza e del rispetto della vita;

e) a elaborare delle strategie che incoraggino un accesso più esteso, più rappresentativo e responsabile ai media;

f) a esercitare un ruolo profetico prendendo la parola al momento giusto, allorché si tratta di sostenere il punto di vista del Vangelo in rapporto alle dimensioni morali di importanti questioni d'interesse pubblico.

Città del Vaticano, 22 febbraio 1992, Festa della Cattedra di San Pietro Apostolo.

+ John P. Foley, Presidente

Mons. Pierfranco Pastore, Segretario

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34 Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Criteri di collaborazione ecumenica ed interreligiosa nel campo delle comunicazioni sociali, n. 14