Concilio di Basilea

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Sessione VIII ( 22 novembre 1439 )

Bolla di unione degli Armeni

Eugenio vescovo, servo dei servi di Dio, a perpetua memoria.

Lodate Dio, nostra forza, glorificate il Dio di Giacobbe ( Sal 81,2 ) voi tutti che avete il nome di cristiani.

Ecco, il Signore, infatti, ricordandosi ancora della sua Misericordia, ( Lc 1,54 ) si è degnato rimuovere dalla sua chiesa un'altra causa di dissenso, che durava da oltre novecento anni.

Colui che mantiene la concordia nei cieli ( Gb 25,2 ) e in terra è pace per gli uomini di buona volontà ( Lc 2,14 ) ci ha concesso, nella sua ineffabile misericordia, la desideratissima riunione degli Armeni.

Sia benedetto Dio, Padre del signore nostro Gesù Cristo, padre delle misericordie e Dio di ogni consolazione, il quale si degna consolarci in ogni nostra tribolazione. ( 2 Cor 1,3-4 )

Infatti, il Signore piissimo vedendo che la sua chiesa, ora dall'esterno ( 1 Tm 3,7 ) ora dall'interno, è agitata da non piccole difficoltà, si degna consolarla e rafforzarla ogni giorno in molti modi, perché possa respirare tra le angustie e sia capace di far fronte a problemi sempre maggiori.

Poco fa egli ha restituito nel vincolo di fede e di carità con la sede apostolica i Greci che comprendono molte nazioni e lingue, diffuse per ampie, lontane regioni; oggi il popolo Armeno, diffuso verso settentrione e oriente in gran numero.

Si tratta di benefici tanto grandi della divina pietà, che l'uomo non potrebbe render degne grazie alla divina maestà, nonché per entrambi, neppure per uno.

Come non meravigliarsi grandemente che, in così breve tempo, siano state condotte felicemente a termine in questo sacro concilio due opere così grandi e desiderate per tanti secoli?

Davvero questo è stato fatto dal Signore, ed è meraviglioso ai nostri occhi. ( Sal 118,23 )

Quale prudenza o industria umana, infatti, avrebbe potuto compiere tali e cosi grandi cose, se la grazia di Dio non le avesse iniziate e concluse?

Lodiamo, quindi, e benediciamo il Signore con tutto il cuore, lui che, solo, compie grandi meraviglie. ( Sal 136,4 )

Cantiamolo con lo spirito, con la mente, con la bocca e con le opere, ( 1 Cor 14,15 ) com'è possibile all'umana fragilità.

Ringraziamolo di tanti doni, pregandolo e scongiurandolo che come i Greci e gli Armeni si sono uniti con la chiesa romana, cosi avvenga delle altre nazioni, specie di quelle insignite del carattere cristiano; e cosi, finalmente, tutto il popolo cristiano, spenti gli odi e le guerre, goda di scambievole pace e di fraterna carità nella tranquillità.

Gli Armeni sono giustamente degni di grandi elogi e di lodi.

Infatti non appena invitati al sinodo da noi, quasi avidi dell'unità della chiesa, da regioni lontanissime, attraverso molte fatiche e pericoli del mare, hanno mandato a noi e a questo sacro concilio i loro ambasciatori, nobili, devoti, dotti, col dovuto mandato, per esaminare, cioè, tutto quello che lo Spirito santo avesse suggerito a questo santo sinodo.

Da parte nostra, desiderando con tutto il cuore portare a compimento un'opera cosi santa, come del resto comportava il nostro ufficio di pastore, abbiamo spesso trattato con gli ambasciatori di questa santa unione.

E perché non si tardasse neppure un poco in questa santa cosa, abbiamo incaricato persone di ogni stato di questo sacro concilio, dottissime nelle scienze divine e umane, perché con ogni cura, studio e diligenza trattassero il problema cori gli ambasciatori, informandosi diligentemente quale fosse la loro fede, sia circa l'unità della divina essenza e la trinità delle divine persone, che circa l'umanità di nostro signore Gesù Cristo, i sette sacramenti della chiesa, ed altri punti che riguardano la retta fede e i riti della chiesa universale.

Dopo molte dispute e confronti e dopo un profondo esame di testimonianze tratte dai santi padri e dottori della chiesa, finalmente, perché in futuro non sorga alcun dubbio sulla verità della fede presso gli Armeni, ed in tutto consentano con la sede apostolica e l'unione stessa possa durare senza incrinature, stabilmente e per sempre, abbiamo pensato, con l'approvazione di questo sacro concilio fiorentino e col consenso degli stessi ambasciatori, di presentare con questo decreto, in breve compendio, la verità della fede ortodossa, che su questi argomenti professa la chiesa di Roma.

Prima di tutto diamo loro il santo simbolo, approvato da centocinquanta vescovi nel concilio ecumenico di Costantinopoli, con l'aggiunta Filioque, apportata lecitamente e ragionevolmente allo stesso simbolo per chiarire la verità e sotto la spinta della necessità.

Il contenuto è questo: Credo ...73

Stabiliamo poi che questo santo simbolo venga cantato o letto in tutte le lingue degli Armeni, durante la messa, almeno in tutte le domeniche e nelle maggiori festività, come si usa presso i Latini.

Secondo. Diamo loro la definizione del quarto concilio di Calcedonia, - rinnovata poi nel quinto e sesto concilio universale - sulle due nature nella stessa persona di Cristo, che è questa: Sarebbe stato, dunque, già sufficiente ...74

Terzo. La definizione delle due volontà e delle due operazioni del Cristo, promulgata nell'accennato sesto concilio, del seguente tenore: Sarebbe stato sufficiente, con tutto ciò che segue nella stessa definizione del concilio di Calcedonia riferita più sopra, fino alla fine, cui segue: Predichiamo anche in lui due volontà naturali ...75

Quarto. Poiché gli Armeni, fino a questo momento, fuori dei tre sinodi Niceno, Costantinopolitano e primo di Efeso, non hanno accettato nessun altro sinodo universale posteriore, e neppure lo stesso beatissimo vescovo di questa santa sede Leone, per la cui autorità il concilio di Calcedonia fu indetto, - poiché era stato loro insinuato che sia il concilio di Calcedonia, che papa Leone avevano emanato la loro definizione in armonia con la dannata eresia di Nestorio - li abbiamo istruiti, spiegando loro che l'insinuazione era falsa e che il concilio di Calcedonia e il beatissimo Leone avevano definito santamente e rettamente la verità delle due nature nella stessa persona del Cristo contro le empie asserzioni di Nestorio e di Eutiche.

Ed abbiamo comandato loro che in futuro ritengano e venerino come santo - e giustamente iscritto nel catalogo dei santi - lo stesso beatissimo Leone, che fu una colonna della vera fede, pieno di santità e dottrina; e che, come tutti gli altri fedeli, accettino con riverenza non solo i tre sinodi che abbiamo detto, ma anche tutti gli altri concili universali, legittimamente celebrati per autorità del romano pontefice.

Quinto. Per una più facile comprensione per gli Armeni, presenti e futuri, abbiamo compendiato in questa brevissima formula la dottrina sui sacramenti: sette sono i sacramenti della nuova legge: battesimo, confermazione, eucaristia, penitenza, estrema unzione, ordine e matrimonio.

Essi sono molto differenti dai sacramenti dell'antica legge: quelli, infatti, non producevano la grazia, ma indicavano solo che questa sarebbe stata data per la passione di Cristo.

I nostri, invece, contengono la grazia e la danno a chi li riceve degnamente.

Di essi, i primi cinque sono ordinati alla perfezione individuale di ciascuno, i due ultimi, al governo e alla moltiplicazione di tutta la chiesa.

Col battesimo, infatti, noi rinasciamo spiritualmente.

La confermazione aumenta in noi la grazia e ci fortifica nella fede.

Rinati e fortificati, siamo nutriti col cibo della divina eucaristia.

E se col peccato ci ammaliamo nell'anima, cori la penitenza veniamo spiritualmente guariti.

Spiritualmente - e, se giova all'anima, anche corporalmente - ci guarisce l'estrema unzione.

Con l'ordine la chiesa è governata e moltiplicata spiritualmente; col matrimonio cresce materialmente.

Tutti questi sacramenti constano di tre elementi: cose come materia, parole come forma, la persona del ministro che conferisce il sacramento, con l'intenzione di fare quello che fa la chiesa.

Se manca uno di questi elementi, il sacramento non si compie.

Tra questi sacramenti, ve ne sono tre: battesimo, cresima e ordine, che imprimono indelebilmente nell'anima il carattere, ossia un segno spirituale che distingue dagli altri.

Perciò non si ripetono nella stessa persona.

Gli altri quattro non imprimono il carattere e possono ripetersi.

Primo di tutti i sacramenti è il battesimo, che è la porta della vita spirituale.

Con esso diveniamo membra di Cristo e parte del corpo della chiesa.

E poiché attraverso il primo uomo è entrata in tutti ( Rm 5,12 ) la morte, se noi non rinasciamo per mezzo dell'acqua e dello Spirito, non possiamo, come dice la verità, entrare nel regno di Dio. ( Gv 3,5 )

Materia di questo sacramento è l'acqua vera e naturale; né importa se calda o fredda.

Forma sono le parole: "Io ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo".

Non neghiamo, però, che anche con le parole: "Sia battezzato il tale servo di Cristo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo"; o con le altre: "Con le mie mani viene battezzato il tale nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo", si amministri il vero battesimo.

Ciò perché, essendo causa principale da cui il battesimo ha la sua efficacia - la SS. Trinità, causa strumentale, invece, il ministro che compie esteriormente il sacramento, se si esprime l'azione, che viene compiuta dal ministro, con l'invocazione della santa Trinità, si ha un vero sacramento.

Ministro di questo sacramento è il sacerdote, cui, per ufficio, compete battezzare; ma in caso di necessità non solo può battezzare un sacerdote o un diacono, ma anche un laico o una donna; anzi, perfino un pagano o un eretico, purché usi la forma della chiesa e intenda fare quello che fa la chiesa.

Effetto di questo sacramento è la remissione di ogni colpa, originale e attuale, e di ogni pena dovuta per la stessa colpa.

Non si deve, quindi, imporre ai battezzati nessuna penitenza per i peccati passati; e quelli che muoiono prima di commettere qualche colpa, vanno subito nel regno dei cieli e alla visione di Dio.

Il secondo sacramento è la confermazione la cui materia è il crisma, composto di olio - che significa lo splendore della coscienza - e di balsamo, - che significa il profumo della buona fama -, benedetto dal vescovo.

Forma sono le parole: "Ti segno col segno della croce, e ti confermo col crisma della salvezza, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo".

Ministro ordinario è il vescovo.

E mentre le altre unzioni può farle un semplice sacerdote, questa non può farla se non il vescovo, perché dei soli apostoli, di cui i vescovi fanno le veci, si legge che davano lo Spirito santo con l'imposizione delle mani, come mostra la lettura degli Atti degli Apostoli: Avendo infatti sentito gli apostoli che la Samaria aveva accolto la parola di Dio, mandarono ad essi Pietro e Giovanni; questi, giunti colà, pregarono per essi perché ricevessero lo Spirito santo:non era ancora disceso, infatti, in nessuno di essi, una erano stati solo battezzati nel nome del Signore Gesù.

Allora imposero loro le mani e ricevettero lo Spirito santo. ( At 8,14-17 )

La confermazione, nella chiesa, tiene precisamente il luogo di quella imposizione delle mani.

Si legge, tuttavia, che qualche volta, con dispensa della sede apostolica e per un motivo ragionevole e urgentissimo, un semplice sacerdote abbia amministrato il sacramento della confermazione col crisma consacrato dal vescovo.

Effetto di questo sacramento è che per mezzo suo viene dato lo Spirito santo per rendere forti, come fu dato agli apostoli il giorno di Pentecoste, ( At 2 ) perché il cristiano possa audacemente confessare il nome del Cristo.

È per questo che il confermando viene unto sulla fronte, dov'è la sede del sentimento dell'onore; perché non si vergogni di confessare il nome del Cristo, e specialmente la sua croce, che è scandalo per i Giudei, stoltezza per le genti ( 1 Cor 1,23 ) secondo l'apostolo, e per cui viene segnato col segno della croce.

Il terzo sacramento è l'eucaristia.

La sua materia è il pane di frumento e il vino di uva, cui prima della consacrazione deve aggiungersi un po' d'acqua.

L'acqua si aggiunge perché, secondo le testimonianze dei santi padri e dottori della chiesa, addotte nelle discussioni, si crede che il Signore stesso abbia istituito questo sacramento con vino misto a acqua, e anche perché questo rappresenta bene la passione del Signore.

Dice infatti il beato papa Alessandro V dopo S. Pietro: "Nelle offerte dei sacramenti, che vengono presentate al Signore durante la messa, siano offerti in sacrificio solo il pane e il vino misto ad acqua.

Non si deve, infatti, offrire nel calice dei Signore o il vino solo o l'acqua sola, ma l'uno e l'altra insieme, perché l'uno e l'altra, cioè il sangue e l'acqua, si legge essere sgorgati dal fianco di Cristo"; ( Gv 19,34 ) ciò esprime anche l'effetto di quello sacramento: l'unione del popolo cristiano con Cristo.

L'acqua, infatti, significa il popolo, secondo l'espressione dell'Apocalisse: acque molte, popoli molti. ( Ap 17,15 )

E papa Giulio, secondo dopo il beato Silvestro, dice: Il calice del Signore dev'essere offerto, secondo i canoni, con acqua e vino mischiati insieme, perché l'acqua prefigura il popolo e il vino è il sangue di Cristo.

Perciò quando si mischia nel calice l'acqua col vino, si unisce il popolo a Cristo, e la schiera dei fedeli si congiunge con colui, nel quale crede.

Se, dunque, sia la santa chiesa e romana, istruita dai beatissimi apostoli Pietro e Paolo, che tutte le altre chiese latine e greche, nelle quali fiorirono splendori di santità e dottrina, hanno conservato quest'uso fin dall'inizio della chiesa nascente, e lo conservano ancora, sembrerebbe sommamente sconveniente che qualsiasi altra nazione differisca da questa pratica universale e ragionevole.

Stabiliamo, quindi, che anche gli Armeni si conformino a tutto il resto del mondo cristiano, e che i loro sacerdoti nell'offrire il calice aggiungano un po' d'acqua al vino.

Forma di questo sacramento sono le parole del Salvatore, con le quali lo offrì.

Il sacerdote, infatti, lo compie parlando nella persona di Cristo.

E in virtù delle stesse parole la sostanza del pane diviene corpo di Cristo, e quella del vino sangue; in modo che tutto il Cristo è contenuto sotto la specie del pane e tutto sotto la specie del vino e in qualsiasi parte di ostia consacrata e di vino consacrato, fatta la separazione, vi è tutto il Cristo.

L'effetto, di questo sacramento, che si operi nell'anima di chi lo riceve degnamente, è l'unione dell'uomo col Cristo.

E poiché per la grazia l'uomo viene incorporato al Cristo, e viene unito alle sue membra, ne consegue che per mezzo di questo sacramento, in quelli che lo ricevono degnamente, la grazia viene accresciuta, e che tutti gli effetti che il cibo e la bevanda materiale producono nella vita del corpo, sostentandolo, aumentandolo, rigenerandolo, dilettandolo, questo sacramento li produce nella vita spirituale; esso nel quale, come dice papa Urbano IV, commemoriamo la grata memoria del nostro Salvatore, siamo preservati dal male, rafforzati nel bene e progrediamo accrescendo le virtù e le grazie.

Il quarto sacramento è la penitenza, di cui materia sono gli atti del penitente, distinti in tre categorie: prima è la contrizione del cuore, che consiste nel dolore del peccato commesso, col proposito di non peccare in avvenire.

Seconda, la confessione orale, nella quale il peccatore confessa integralmente al suo sacerdote tutti i peccati di cui si ricorda; terzo, la soddisfazione dei peccati, ad arbitrio del sacerdote.

Si soddisfa specialmente con la preghiera, col digiuno e con l'elemosina.

Forma di questo sacramento sono le parole dell'assoluzione, che il sacerdote pronuncia quando dice: "Io ti assolvo".

Ministro di questo sacramento è il sacerdote che ha il potere di assolvere, ordinario, o delegato dal superiore.

Effetto di questo sacramento è l'assoluzione dai peccati.

Quinto sacramento è l'estrema unzione; sua materia è l'olio d'oliva benedetto dal vescovo.

Questo sacramento non si deve dare se non ad un infermo di cui si teme la morte.

Egli dev'essere unto in queste parti: negli occhi, per la vista; nelle orecchie, per l'udito; nelle narici, per l'odorato; nella bocca, per il gusto e la parola; nelle mani, per il tatto; nei piedi, per camminare; nei reni, per il piacere, che vi ha la sua sede.

Forma del sacramento è questa: "Per questa unzione e per la sua piissima misericordia, il Signore ti perdoni tutto ciò che hai commesso con la vista".

E similmente nell'ungere nelle altre parti.

Ministro di questo sacramento è il sacerdote.

Effetto è la sanità della mente, e, se giova all'anima, anche quella del corpo.

Di questo sacramento dice S. Giacomo: Si ammala qualcuno fra voi? Chiami gli anziani della chiesa; questi preghino su di lui, ungendolo con olio nel nome del Signore.

La preghiera della fede salverà l'infermo e il Signore lo solleverà. E se avesse peccato, gli sarà perdonato. ( Gc 5,14-15 )

Il sesto sacramento è quello dell'ordine: Materia di esso è ciò con la cui consegna viene conferito l'ordine.

Cosi il presbiterato viene conferito con la consegna del calice col vino e della patena col pane; il diaconato con la consegna del libro degli Evangeli; il suddiaconato, con la consegna del calice e della patena vuoti.

E cosi per gli altri ordini, con la consegna delle cose che sono proprie del ministero relativo.

Forma del sacerdozio è questa: "Ricevi il potere d offrire il sacrificio nella chiesa, per i vivi e per i morti, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo".

E cosi per le forme degli altri ordini, come sono ampiamente riferite nel pontificale romano.

Ministro ordinario di questo sacramento è il vescovo.

Effetto è l'aumento della grazia, perché si possa essere buoni ministri di Cristo.

Settimo è il sacramento del matrimonio, simbolo dell'unione di Cristo e della chiesa, secondo l'apostolo, che dice: Questo sacramento è grande; lo dico in riferimento al Cristo e alla chiesa. ( Ef 5,32 )

Causa efficiente del sacramento è regolarmente il mutuo consenso, espresso verbalmente di persona.

Triplice è lo scopo del matrimonio: primo, ricevere la prole ed educarla al culto di Dio; secondo, la fedeltà, che un coniuge deve conservare verso l'altro; terzo, la indissolubilità del matrimonio, perché essa significa la unione indissolubile di Cristo e della chiesa.

E quantunque a causa della infedeltà sia permesso separarsi, non è lecito, però, contrarre un altro matrimonio, poiché il vincolo del matrimonio legittimamente contratto è eterno.

In sesto luogo, diamo agli ambasciatori la norma sintetica di fede composta dal beato Atanasio, il cui contenuto è questo: [E,segue il simbolo Atanasiano, che inizia con le parole: Chiunque vuole salvarsi ... ]

Settimo, diamo ad essi il decreto d'unione coi Greci, già promulgato in questo sacro concilio ecumenico fiorentino.

Esso inizia con le parole: Si rallegrino i cieli ...

Ottavo. Tra le altre cose si è anche disputato con gli armeni in quali giorni debbano celebrarsi le festività dell'annunciazione della beata vergine Maria, della natività di S. Giovanni Battista, e, conseguentemente, della natività e circoncisione del signore nostro Gesù Cristo e della sua presentazione al tempio, cioè della purificazione della beata vergine Maria; ed è stata dimostrata abbastanza chiaramente la verità, sia con le testimonianze dei santi padri, che con l'uso della chiesa romana e di tutte le altre sia latine che greche.

Perché, dunque, nella celebrazione di cosi grandi solennità il rito dei cristiani non sia diverso e non si dia occasione di turbare la carità, stabiliamo, conforme alla verità e alla ragione, che, secondo l'uso di tutto il resto del mondo, anche gli Armeni debbano solennemente celebrare

la festa dell'annunciazione della beata vergine Maria il 25 marzo;

la natività di S. Giovanni Battista, il 24 giugno;

la nascita carnale del nostro Salvatore, il 25 dicembre;

la sua circoncisione, il primo gennaio;

l'epifania, il 6 dello stesso mese;

la presentazione del Signore al tempio, cioè la purificazione della madre di Dio, il 2 febbraio.

Spiegate tutte queste cose, i predetti ambasciatori degli Armeni, a nome proprio, del loro patriarca, e di tutti gli Armeni, accettano, ricevono e abbracciano con ogni devozione e obbedienza questo salutarissimo decreto sinodale, con tutti i suoi capitoli, dichiarazioni, definizioni, tradizioni, precetti e statuti ed ogni dottrina in esso contenuta e tutto quello che ritiene ed insegna la santa sede apostolica e la chiesa romana.

I dottori, inoltre, e santi padri che la chiesa romana approva, li approvano anch'essi con riverenza: Qualsiasi persona, e qualunque cosa essa disapprova e condanna, la considerano riprovata e condannata anch'essi.

E promettono, come veri figli d'obbedienza di obbedire agli ordini e ai comandi della sede apostolica.

Letto, poi, solennemente alla presenza nostra e di questo santo sinodo il decreto suddetto, subito il diletto figlio Narsete, armeno, a nome degli stessi ambasciatori lesse nella lingua armena, pubblicamente, quanto segue: e il diletto figlio Basilio, dell'ordine dei Minori, comune interprete nostro e degli Armeni, lo lesse immediatamente dallo Scritto, in pubblico, nella lingua latina, in questo modo: Beatissimo padre e santissimo sinodo, tutto questo santo decreto, ora letto pubblicamente in latino alla vostra presenza, ci è stato esposto e tradotto ieri nella nostra lingua, parola per parola; e ci è piaciuto e ci piace sommamente.

Per una più chiara espressione del nostro pensiero, ne ripetiamo sommariamente il suo contenuto.

In esso si dice: primo, che consegnate al nostro Popolo armeno, perché almeno nelle domeniche e nelle maggiori festività si debba leggere o cantare, durante la messa, nelle nostre chiese, il santo simbolo costantinopolitano con l'aggiunta del Filioque.

Secondo, la definizione del quarto concilio universale di Calcedonia, sulle due nature nell'unica persona del Cristo.

Terzo, la definizione delle due volontà ed operazioni di Cristo, promulgata nel sesto concilio universale.

Quarto, voi dichiarate che lo stesso sinodo di Calcedonia e il beatissimo papa Leone hanno definito rettamente la verità delle due nature in una sola persona nel Cristo, contro le empie asserzioni di Nestorio e Eutiche.

E comandate che veneriamo lo stesso beatissimo Leone come santo e colonna della fede e che non accettiamo solo questi tre sinodi: Niceno, Costantinopolitano, Elesino primo, ma che riconosciamo con riverenza anche tutti gli altri sinodi universali, celebrati per autorità del romano pontefice.

Quinto, una breve esposizione dei sette sacramenti della chiesa: battesimo, cresima, eucaristia, penitenza, estrema unzione, ordine e matrimonio, dichiarando quale sia la materia, la forma, e il ministro di ciascun sacramento; e che nel sacrificio dell'altare, quando si offre il vino, vi si debba mischiare un po' d'acqua.

Sesto, un breve riassunto della regola della fede: quello del beatissimo Atanasio, che comincia: Chi vicolo salvarsi ...

Settimo, il decreto dell'unione conclusa con i Greci, promulgato già in questo santo concilio, in cui si spiega come lo Spirito santo procede ab eterno dal Padre e dal Figlio, e come l'aggiunta del Filioqtte al simbolo costantinopolitano è stata fatta lecitamente e ragionevolmente.

Che il corpo del Signore viene consacrato nel pane di frumento, sia azzimo che fermentato; e che cosa bisogna credere delle pene del purgatorio e dell'inferno, della vita beata e dei suffragi che si fanno per i defunti.

Cosi pure della pienezza del potere della sede apostolica, trasmessa da Cristo al beato Pietro e ai suoi successori, e dell'ordine delle sedi patriarcali.

In ottavo luogo, stabilito che per il futuro gli Armeni debbano celebrare le seguenti festività, nei giorni indicati sotto, come tutto il resto della chiesa universale e cioè: l'annunciazione della beata vergine Maria, il 25 marzo; la natività di S. Giovanni Battista, il 24 giugno; la nascita carnale del nostro Salvatore, il 25 dicembre; la sua circoncisione, il primo gennaio, l'epifania, il 6 dello stesso mese; la presentazione del Signore al tempio, o purificazione della beata Maria, il 2 febbraio.

Noi ambasciatori, quindi, a nome nostro, del nostro reverendo patriarca e di tutti gli Armeni, come anche la santità vostra attesta nello stesso decreto, accettiamo, accogliamo, e abbracciamo con ogni devozione e obbedienza questo salutarissimo decreto sinodale con tutti i suoi capitoli, dichiarazioni, definizioni, tradizioni, precetti e statuti, e tutta la dottrina in esso contenuta ed inoltre, tutto ciò che ritiene ed insegna la santa sede apostolica e la chiesa romana.

Accettiamo anche con riverenza i dottori e santi padri che la chiesa romana approva; mentre consideriamo riprovata e condannata qualsiasi persona e qualsiasi cosa che la stessa chiesa romana riprova e condanna, dichiarando, come veri figli d'obbedienza di obbedire fedelmente agli ordini e ai comandi della stessa sede apostolica.

Indice

73 Simbolo niceno-costantinopolitano, con l'aggiunta del Filioque
74 Seconda parte della definizione di Calcedonia
75 Seconda parte della definizione del Costantinopolitano III