Orientalium ecclesiarum

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Patrimonio spirituale delle Chiese orientali che deve essere conservato

6 Non si introducano mutamenti arbitrari nei riti

Tutti gli orientali sappiano con tutta certezza che possono sempre e devono conservare i loro legittimi riti e la loro disciplina, e che non si devono introdurre mutazioni, se non per ragione del proprio organico progresso.

Pertanto, tutte queste cose devono essere con somma fedeltà osservate dagli stessi orientali, i quali devono acquistarne una conoscenza sempre più profonda e una pratica più perfetta; qualora, per circostanze di tempo o di persone, fossero indebitamente venuti meno ad esse, procurino di ritornare alle avite tradizioni.

Quelli che per ragione o di ufficio o di ministero apostolico hanno frequente relazione con le Chiese orientali o con i loro fedeli, secondo l'importanza dell'ufficio che occupano siano accuratamente istruiti nella conoscenza e nella pratica dei riti, della disciplina, della dottrina, della storia e delle caratteristiche degli orientali.6

Si raccomanda inoltre caldamente agli istituti religiosi e alla associazioni di rito latino che prestano la loro opera nelle regioni orientali o tra i fedeli orientali, che per una maggiore efficacia dell'apostolato, fondino, per quanto possibile, case o anche province di rito orientale.7

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6 Benedetto XV, Motu proprio Orientis catholici, 15 ottobre 1917;
Pio XI, Enc. Rerum orientalium, 8 settembre 1928
7 La prassi della Chiesa Cattolica, sotto i pontificati di Pio XI, Pio XII e Giovanni XXIII, sta a dimostrare abbondantemente l'esistenza di un movimento in tal senso