DiarioFL/Biografie/Blondet/Blondet.txt Rag. Enrico Blondet Diario dei colloqui con Fra Leopoldo Premessa In questo Diario, Enrico Blondet riporta, con grande naturalezza e immediatezza, i colloqui che ebbe con Fra Leopoldo, frate francescano presso il Convento di S. Tommaso in Torino. Si tratta di conversazioni di carattere spirituale nelle quali si rivede e si ripercorre, quasi come in un filmato, la storia di una sorprendente ed eccezionale amicizia tra l'autore e il frate francescano. Enrico Blondet era un militare di Genova, probabilmente Attendente, poiché si prendeva cura anche dei figli del tenente. Era molto devoto della Vergine Consolata e quando era a Torino, faceva il possibile per riceve il Signore nel Santuario della Consolata. L'incontro con Fra Leopoldo fu un po' casuale: lo conobbe in occasione di una visita per conto dell'Ammiraglio Sery. L'Ammiraglio Sery, pur occupandosi da anni a proprie spese della diffusione della preghiera di Adorazione a Gesù Crocifisso ( la fece tradurre in diverse lingue e tentò di spedirla anche in Russia ), non era a conoscenza della particolare vita spirituale di Fra Leopoldo e ignorava del tutto l'esistenza dei suoi scritti. Enrico Blondet, inizialmente "un po' sbalordito" dalle cose di cui parla il frate, arriva ben presto a condividere la preghiera di Fra Leopoldo e la sua grande intimità con Dio e Maria SS.ma. Egli diventa un amico al quale Fra Leopoldo gradualmente confida la propria esperienza spirituale, incoraggiando in questo modo una crescente fiducia reciproca. L'amicizia particolare tra i due viene sostenuta e rinfrancata attraverso alcune rivelazioni divine avute da Fra Leopoldo e riportate in questo Diario. L'autore manifesta anche la propria crescita spirituale, riportando con grande naturalezza riflessioni sulla preghiera, la secolarità, la riparazione, la catechesi, la scelta vocazionale. Testimonia anche i propri turbamenti che appaiono chiaramente come azioni diaboliche, ma la sua grande confidenza con Fra Leopoldo e la sua intensa vita spirituale lo salvano più volte dalla tentazione di abbandonare la singolare amicizia. Nel Diario emerge anche in modo particolare la figura di Fratel Teodoreto, come scelto dal Signore e messo a capo del movimento spirituale per la diffusione del culto al Crocifisso. L'autore descrive numerosi incontri di Fratel Teodoreto con Fra Leopoldo, risultando così un prezioso testimone della santità di queste due persone. Nel Diario compaiono altre diverse figure di forte spiritualità, che l'autore riesce a descrivere in modo particolare nella loro personalità e nei loro stati d'animo, confrontandole sovente con la figura di Fra Leopoldo. Alcuni esempi sono la famiglia Natta, don Coiazzi, i figli del tenente Aroldo e Mario, la sorella, l'amico Carlo Cambiaghi ( che in parte aiutava Blondet nella stesura del Diario stesso ). Nei vari colloqui, Blondet parla sovente degli scritti di Fra Leopoldo, dandone un valore formidabile e sottolineando che sono destinati al bene delle anime, soprattutto di sacerdoti e religiosi. Marco B. Basta. Mamma mi scrive dell'abito che Silvio ha spedito. Io la ringrazio, ma, non era proprio il caso, poiché sa che non ci tengo... La ringrazio pure della cartella; tutti piccoli disturbi che portano via a lei del tempo, ed il tempo è cosa tanto preziosa. Da Silvio ho notizie spesso, e quelle di Umberto mi sono date da casa. Di salute bene, e di tutto il resto non mi lagno: sarei io un vero ingrato e temerei il castigo della Divina Provvidenza. Coraggio. Purtroppo, i piccoli e grandi doveri di ogni giorno reclamano a noi dei sacrifici. Ma Dio solo, che ne conosce tutto il valore, dà, se compiuti con animo sereno, forza, e muta spesso la sofferenza in una espiazione purificatrice che è fonte di gioia pura, intima, che redime. E se qualche volta avremo negli occhi il pianto, benediciamolo. Esso non permette mai che entri nel nostro animo l'egoismo, ed il dolore è l'unica via che ci fa amare chi soffre, senza ribellarci, a chi sfacciatamente gode offendendo ogni principio di carità. Filosofia? No: esperienza di ogni giorno... e naturali sfoghi di animo sdegnato. Torino, 4 Maggio 1918 Sabato - ore 20,15 Sono uscito con Cambiaghi per il solito passeggio. M'incammino verso via Pietro Micca per recarmi alla Chiesa dei Francescani per vedere se nel Convento vi è Fra Leopoldo, per sentire quando avrei potuto fargli una visita. Mi ha incaricato di ciò l'Ammiraglio Sery, pregandomi di raccontargli minuziosamente quello che il laico mi avrebbe detto. Entro. Facciamo una breve visita al Signore e vado in Sagrestia a chiedere quando avrei potuto parlare a Fra Leopoldo. Il Sagrestano guarda l'orologio: sono le 20,20. Mi risponde che se avessi avuto la bontà di aspettare sarebbe uscito presto, perché ha in convento la qualità di cuciniere. Ci fa passare in una stanza attigua e prega di accomodarmi. Dopo pochi minuti sento aprire la porta e pronunziare: "Deo Gratias" e ripetere più piano: "Deo Gratias". S'avvicina e chiedo se è Fra Leopoldo. È egli un uomo già anziano, semplice negli abiti come nello sguardo. La sua voce dapprima è quasi diffidente quanto lo sguardo e mi domanda se siamo Sacerdoti. Spiego il motivo della visita. Racconto come l'Ammiraglio mi avesse indirizzato a lui per ottenere delle preghiere a Gesù Crocifisso. Il suo sguardo allora s'accende. Gli parlo della bontà e della fede dell'Ammiraglio che egli non conosce e gli riferisco che egli desidera l'indirizzo perché desidera scrivere. Il laico mi fa sedere e chiede permesso di recarsi a prendere le pagelle. Ritorna ed alla mia domanda chi avesse composta questa preghiera che sapevo essere diffusa dai Fratelli delle Scuole Pie, Egli con una semplicità ed umiltà grande unita ad un profondo rispetto alle cose che raccontava, narrò essere dettata da una pia persona. Sono cinque anni, che N.S.G.C. manifestò il desiderio che si propagasse questa Divozione e che egli stesso dettò questa preghiera. Infinite sono le grazie ed i prodigi di questa preghiera. Accennando io a ........., all'Ammiraglio, egli mi disse che a Massa Carrara si è costituita una Unione per la diffusione di questa preghiera. La sua diffidenza andava diminuendo. Ci pregò di ritornare lunedì 6 alle ore 16. Ringraziammo. Entrò in quel momento il Predicatore del Mese Mariano. Spiegai il motivo della visita fatta al fratello ed il Predicatore disse: "Si tengano ben fortunati di aver avvicinato e conosciuto Fra Leopoldo". Parlai di nuovo dell'Ammiraglio, della sua fede, del bene che fa ed egli si augurò vi fossero tante di queste anime. Stavamo per congedarci quando, dopo un momento di riflessione, ci pregò a sederci ancora. Devo ricordare, che più volte prima di parlare si fermava un momento. I suoi occhi si fermavano: sembrava chiedesse quello che dovesse dire. E raccontò: mi sembra di averli sempre conosciuti ed è per questo che parlo con tanta confidenza. Sappiano, adunque, e non so perché senta il bisogno di dirlo a loro, poiché quantunque adesso abbia il permesso dei superiori, nella mia cella, ho un Crocifisso Miracoloso. Le consolazioni che io provo dinanzi a quel Crocifisso non posso esprimerle. Il Signore si rivela e comunica con lui e già per tante volte. Nel dire ciò la sua voce si era un po' mutata, il suo sguardo si era fatto più vivo, senza perdere tutta la semplice umiltà di un figlio di San Francesco. Disse come il Signore gli aveva manifestata la guerra e tante cose. Quando mi disse che non sapeva perché non aveva mai sentito il bisogno come dinanzi a noi di dire queste cose, mi passò un brivido, e lo notai sul viso di Cambiaghi. Lo disse quasi con calore. Io ripetei subito che certamente non ero degno di una tale manifestazione: forse il Signore lo permetteva perché lo avevamo ricevuto entrambi al mattino alla Consolata. Mi parlò di segni, di cose che io interruppi e non lasciai terminare. Lo pregai di ricordare al Signore l'Ammiraglio, la mia famiglia, noi soldati in mezzo a tanti pericoli, ed egli promise di farlo. Ci disse che era solito andare nella Cappella privata dopo i Padri a dire il Vespro e ci consigliò a fare una supplica che avrebbe posto ai piedi di Nostra Signora del Sacro Cuore e del Crocifisso Miracoloso. Mi accennò con speciale compiacenza all'efficacia della preghiera a Gesù Crocifisso, per ottenere grazia. Mi disse che i soldati che la recitano anche se al fronte sono risparmiati dalla morte; che sono più di 600 i soldati che gli scrivono, lo ringraziano, ed ai quali egli procura per quanto gli è possibile di rispondere. Era l'ora della funzione e mi sembrava abusare. Domandai se potevo scrivere quanto mi aveva esposto. Si fermò un istante come nelle altre rivelazioni. In queste pause sembrava che egli più che a se stesso domandasse consiglio. Tacque un momento, poi mi disse: aspetti ancora, poi vedremo. Ci accompagnò. Disse ancora che avrebbe pregato per noi perché il Signore avesse fatto due santi e additandoci la porta d'entrata per il colloquio di lunedì alle 16, con un ultimo "Deo Gratias" ci congedò. Le sue rivelazioni mi lasciarono un po' sbalordito. Cambiaghi non aveva aperto bocca. Ora che siamo qui entrambi a prendere nota della conversazione sentiamo maggiormente l'importanza di questa visita e la sua figura, la sua voce, il suo sguardo, e più le sue asserzioni diventano per noi interessanti e degne di considerazione. Torino, 6 Maggio 1918 Lunedì - ore 16,30 Avevo promesso che sarei ritornato oggi da Fra Leopoldo. Un giovane mi fa entrare ed avverte il religioso del mio arrivo. Fra Leopoldo entra subito nel parlatorio a destra col suo consueto "Deo Gratias". Mi riconosce e riprendiamo il discorso della visita di sabato. Gli leggo la lettera ricevuta dall'Ammiraglio dove parla di lui, egli esclama ad intervalli: "deve essere una santa persona". Mi dice di raccomandargli la Divozione al Crocifisso, che si farà santo, ma per ora mi consiglia di non riferire i colloqui che io ho con lui. Gli chiedo il perché a me manifesta con un sì grande privilegio queste cose di alto valore, ed egli mi ripete che se io ero andato a lui era certamente per volontà del Signore. Ogni suo dire è semplice, umile, ma spontaneo, non per umiltà velata, ma con una spontaneità e sicurezza che avvicina a parlare con franchezza come ad un confessore. Egli si chiama e si protesta sempre un povero frate, ma il suo dire ha dei momenti che si direbbero ispirati. Di esteriore, pochissimo: un uomo alto, robusto, con i capelli bianchi, due spalle forti, un viso regolare, con rughe; occhi non grandi, ma penetranti e dolci; ma soprattutto una semplicità, una bontà che conquide. Mi parlò di Gesù Crocifisso e della devozione alla Vergine Consolata, cosa che è molto in me. Mi accennò della guerra. Gesù glielo aveva rivelato prima questo immane flagello e nella rivelazione il Crocifisso aveva avuto dei movimenti quasi dolorosi. Dalla guerra ne sarebbe scaturito un bene ed è per questo che non termina perché gli uomini non si sono ancora ravveduti. La società precipitava e minacciava di diventare come Sodoma. Avevano tolto il Crocifisso dalle scuole della società, il Governo, invece di aiutare le buone associazioni, il clero perché allevasse dei giovani buoni, permetteva ed aiutava a condannarli ed il male dilagava orribilmente. Il suo dire in certi momenti si arresta. Alza gli occhi al cielo, sembra chieda consiglio. Sono tre mesi che Gesù non si rivela, punto ancora stamani, disse, nella mia cella, fissando il Crocifisso, ho dei momenti di paradiso: si dimentica il mondo, se non fosse che ho i miei lavori in Convento, starei sempre ai suoi piedi. In certi momenti non continua: sembra tema di spingere troppo il suo dire, ed allora la mia attenzione è arrestata. Poi, riprende. Mi raccontò la prima apparizione. Egli era allora ancora nel mondo. Divotissimo della Vergine Consolata, un giorno aveva dovuto ritornare a Casale perché aveva la mamma moribonda. A Casale si ammala: la malattia diventa grave ed anche lui va in punto di morte. É assistito, ha ricevuto i Sacramenti, ed il dottore alla sera gli aveva dato poche ore di vita. Egli ha un momento di tregua: la Madonna gli appare, gli dice di alzarsi che è guarito. I famigliari ne sono stupiti, ed il dottore che ritorna il domani, constata che è una vera grazia. Però è da notare che egli aveva chiesto alla Madonna di poter assistere la Mamma che desiderava spirare nelle sue braccia, cosa che dopo la sua guarigione si avverò e che venendo da Torino, aveva portato a Casale un quadro della Consolata. Mi disse che da soli 18 anni si trova in religione. Accennandomi alle rivelazioni del Signore, il suo viso sembrava rievocare visioni di cielo. Mi disse che tutto è scritto. Il Crocifisso, nelle sue rivelazioni, ha dei detti così consolanti da piangere di gioia. Questi detti sono tutti raccolti ed un giorno vedranno la luce. Domandai il perché la Divozione è diffusa dai Fratelli delle Scuole Cristiane. Mi rispose che questa era la Volontà manifestata dal Signore. Poiché questi si dedicano esclusivamente all'educazione ed istruzione dei giovani, che era stata volontà del Signore l'invio e la scelta del Prof. Teodoreto, delle Scuole Cristiane, uomo santo e pio, e mi narrò come questo religioso avesse cercato di lui perché mandato dal Signore e come a lui fossero note tutte le rivelazioni del Signore e come egli si dedicasse alla propagazione del culto a Gesù Crocifisso ed alla Pia Unione del Crocifisso. Mi accennò come doveva essere opera specialmente dei giovani, aiutati dal clero: motivo per cui il Signore aveva scelto i Fratelli delle Scuole Cristiane. Chiesi se un giorno queste rivelazioni vedranno la luce ed egli mi disse di sì. Sarà una grande festa allora e quante cose si sapranno, belle, grandiose e parve gustasse di una festa di luce, di anime, di Santi. C'è tutto raccolto, tutto scritto. Chissà se il Cardinale era a conoscenza di tutto e mi rispose affermativamente. Ed il Santo Padre Benedetto XV ? Anche. Alle mie proteste, vere, sincere, di essere indegno di ascoltare con tanto privilegio cose di così alto valore, egli mi diceva che c'è bisogno di giovani buoni e che santi non si diventa, come diceva S. Filippo, in un giorno. Accennando alla devozione mia alla Vergine Consolata, ne fu lieto. Dissi del mio amico Cambiaghi che attualmente con piacere si accosta a Gesù tutte le settimane. Egli mi disse di aver notato in lui molta bontà. "Preghino, preghino e dica anche al suo amico che dopo questa vita c'è un'altra vita, che io oltre crederlo, lo so, lo so e lo posso dire". In queste espressioni vi era una tale profonda convinzione come nessun libro e nessuna parola mi aveva fatto mai; la semplicità con la quale asseriva una tale verità così con certezza voleva dire che non mi poteva dire di più per oggi, ma che vi erano altre cose a comprovarlo. Non dica questo a nessuno, mi ripeteva spesso, perché non è ancora l'ora, ma scriva all'Ammiraglio che propaghi questa Divozione, che si troverà contento e si farà santo. Quando mi accennò alla Consolata, mi confidò pure che nella sua cella ha una statua della Vergine, dalla quale pure ha rivelazioni meravigliose. "Io sono un povero frate, ripete, che ai miei tempi non ho fatto che la terza". Pure, il suo parlare, sembra spesso ispirato. Egli allora parla con una rara predilezione del Prof. Teodoreto, quasi per nascondere la sua persona. Mi accennò a grazie ricevute dalla Divozione del Crocifisso. Una pia persona donò 24.000 lire. Una damigella Ferrero, dopo una malattia ad un ginocchio che la tormentava, dietro consiglio di Fra Leopoldo di fare una novena al Crocifisso, durante questa le uscì un ossetto dal ginocchio, guarì completamente offrendo 100 lire. "C'è tutto scritto, tutto raccolto, diceva". Il colloquio durò un'ora. Mi vietò di scrivere per ora all'Ammiraglio queste cose e mi indirizzò dal Fratello Prof. Teodoreto per avere le suppliche. Chiesi altre cose, quali la scelta dello stato, le incertezze che ci prendono e i pareri personali, disse che è bene che chi non sceglie la carriera ecclesiastica si accasi. Feci diverse obiezioni riferendomi a S. Paolo e lui mi rispose che la società ha bisogno di santi religiosi e Sacerdoti, ma altresì di secolari esemplari e di famiglie veramente cristiane. Mi disse che potendolo avrei potuto ritornare da lui ogni lunedì, a quell'ora, che avrebbe avuto piacere di ricevermi, e lo ringraziai della particolare grazia che mi faceva dedicando per me un tempo così prezioso. Quando suonò la mezza (le 17,30) si alzò per andare in coro alla Meditazione. Il suo passo è sicuro, la sua persona eretta e forte; un uomo di una tempra salda e robustissima quantunque di età avanzata. Mi disse di portare con me qualche volta il mio amico Cambiaghi, di salutarlo. Gli accennai che si sarebbe passati qualche sera, ma egli, come già mi aveva detto, era dopo quell'ora sempre occupato. Mi accompagnò alla porta. La sua umiltà e semplicità santa non si era scomposta mai. Volevo baciargli la mano. Senza che egli la ritirasse, pure non so, non vi riuscii. Presi allora il Crocifisso che ha al suo fianco, lo baciai ed egli: "Ecco, così". Mi disse qualche cosa ancora, guardai i suoi occhi che pareva riflettessero la luce emanata dalla rivelazione di Gesù, ed uscii, con la mente ed il cuore bisognoso di pensare e di meditare. Torino, 6 Maggio 1918 Ore 11 Ritorno ora da Prof. Teodoreto delle Scuole Cristiane. Fra Leopoldo mi aveva detto che è una santa persona, ma quantunque sia la prima volta che l'avvicini, pure me ne sono convinto. Mi accolse con seria cortesia e gentilezza. É questa una persona di una serietà buona, dalla quale trapela una vita austera per sé, indulgente per gli altri. Gli raccontai in breve le due visite fatte a Fra Leopoldo, lessi la lettera dell'Ammiraglio e le sue labbra abbozzarono sorrisi di religiosa compiacenza. Mi parlò della santità di Fra Leopoldo e mi disse, sempre con lo stesso tono di voce, che denotava una grande pace unita ad una profonda convinzione, il privilegio e la grazia grande che il Signore ci aveva concesso nell'avvicinare Fra Leopoldo. Mi parlò delle rivelazioni; della missione speciale di quest'uomo di far conoscere la misericordia e la bontà di Gesù, della semplicità e umiltà che ha veramente da santi. Mi spiegai e mi convinsi che Gesù aveva scelto per attore Fra Leopoldo e per esecutore lo stesso Fratello Teodoreto quale membro delle Scuole Cristiane. Mi spiegai le parole che mi erano rimaste dure nel colloquio del pomeriggio, quando cioè si sarebbe reso pubblico l'avvenimento. Il Prof. Fratello Teodoreto, sapeva di parlare di cose di importanza somma, quindi la sua parola era sobria, seria, misurata, semplice e chiara. Non dimenticherò mai questi colloqui. Il Professore, mi spiegò che era volontà del Signore che ogni cosa si sarebbe rivelata dopo la morte di Fra Leopoldo, che veramente le rivelazioni erano cose straordinarie. Lui aveva conosciuto, presso a poco nel modo mio, Fra Leopoldo da 4 anni e poteva dire forse, e senza forse, più intimamente di qualunque altro. Indubbiamente il Signore si serviva del suo Ordine per la Sua maggior gloria. Disse che a Torino erano pochissime le persone che conoscevano questi fatti straordinari ed appunto per questo riteneva opera di Dio l'aver permesso che noi ne fossimo ammessi a far parte. Ci spinse alla Divozione a Gesù Crocifisso ed alla Vergine Consolata. Entrò allora il mio amico Cambiaghi rimasto fuori. Si parlò ancora di questo argomento, ed egli ci spiegò della Divozione al Crocifisso, dei benefici, della Pia Unione, degli scopi, quali il maggiore, la santificazione dell'anima, la formazione di catechisti, di uomini che dovranno divenire buoni padri, buoni Sacerdoti o religiosi. Ci fece visitare la sala dove nel mezzo, sopra due cuscini, vi è un bellissimo Crocifisso, ci presentò dei soci, ci parlò del ritiro mensile e ci pregò di partecipare alle loro riunioni. Ritirai la pagella con la preghiera a Gesù Crocifisso, promettendo, nella mia prossima licenza, di farmi un divulgatore della pia pratica. Torino, 10 Maggio 1918 Ill.mo Signor Ammiraglio. Nella Sua pregiata del 27 Aprile u.s., tanto cara ed attesa, parla delle cause che molte volte contribuiscono a prolungare un silenzio "verso le persone che affettuosamente attendono da noi un qualche cenno palpabile del nostro affetto". Tralascio quindi di scusarmi se il pensiero che ogni giorno accarezza la mia mente e fa muovere il mio cuore per loro, non si traduce spesso "in una frase, una notizia, qualche cosa insomma che non sia l'inesplicabile prolungato silenzio". Ed eccomi senz'altro a parlarLe delle visite che grazie al Signore ho potuto fare alla Novizia ed a Fra Leopoldo. Lei mi dice che "mi invidia santamente" e credo abbia tanto e tanto ragione. Torino, 13 Maggio 1918 ore 20 Oggi ho avuto la terza visita a Fra Leopoldo: durò un'ora; vi ritornerò tutte le settimane. Torino, 13 Maggio 1918 ore 22 Oggi alle 16,30 sono ritornato, come ero d'accordo, da Fra Leopoldo. Egli mi attendeva di già e quando mi aprì l'uscio scorsi nei suoi occhi i segni di una vera gioia. Gli parlai della visita fatta al Prof. Teodoreto e delle preghiere spedite. Egli sempre con aria semplice, umile, mi parlò di Gesù, di Maria. Si vede che non è un uomo colto ed egli stesso lo confessa, pure si scorge in certi momenti l'ispirazione divina. Il suo viso ha una serenità che attrae, i suoi occhi sembrano vedere cose a noi ignote ed il suo labbro parla sempre della misericordia di Gesù, delle sue rivelazioni che sono meravigliose, della gioia che si gusta nell'estasi divina, che non si ritornerebbe più nel mondo. Io gli chiesi di nuovo perché il Signore aveva riservato a me un tale privilegio, io che in verità non lo merito, poiché le mie colpe anziché diminuire aumentano ogni giorno. Egli mi guardò con aria paterna, manifestandomi tutta la predilezione, direi l'affezione che ormai mi aveva data e dicendomi che gli era di sommo piacere intrattenersi a parlare della misericordia di Gesù e della bontà di Maria, poiché questa era la missione affidatagli, le sue labbra ebbero un sorriso di vera compiacenza, gli occhi un lampeggiamento nuovo ed il viso si trasformò in una dolcezza manifesta che mi raddoppiò in attenzione. " Così vuole il Signore, mi disse. Lei si stupirà delle confidenze che io sempre le vado facendo, ma sappia che il Signore in questi giorni si è rivelato per lei. Il Signore le vuole bene ed è contento di lei ". Mi sentii sgomento. Non potei convincermi come il Sommo Bene, Gesù avesse potuto occuparsi di un essere indegno e tanto peccatore quale io sono. Temendo aver frainteso, glielo feci ripetere e Fra Leopoldo, che lo esponeva con tanta semplicità, comprese il mio stupore. Insistetti perché mi spiegasse ciò che il Signore voleva da me, che io mi sentivo incapace di far qualche cosa e che il Signore mi facesse buono perché mi sentivo tanto indegno. Egli mi parlò allora della infinita misericordia di Gesù che vuol salvi tutti gli uomini e vuole che noi si lavori in questo campo. Mi promise di portarmi nella prossima visita le precise parole rivelate da Gesù, con la data, l'ora e il detto che mi riguardava. Continuando poi a parlarmi in confidenza, mi disse come Gesù si era manifestato a lui 6 mesi prima della conflagrazione europea. Il Crocifisso che tiene nella sua cella, quella volta si era mosso in modo straordinario, in modo strano, ed il suo atteggiamento era molto triste. Gesù si lagnò della corruzione della società, del modo nel quale gli uomini vivevano, e disse che era costretto a permettere questo flagello perché gli uomini ritornassero a Lui. Fra Leopoldo, assumendo un'aria triste, in tutte queste visite più volte ebbe a ripetere del dolore di Gesù nel vedere la pessima condotta della società ed il desiderio Suo ardentissimo che la generazione nuova cammini per la via della virtù. Sull'entrata in guerra dell'Italia ebbe anche una rivelazione dalla statua di Maria SS. Consolata che tiene nella sua cella. Una volta, ripeté più volte con aria crucciata: "O l'Italia, l'Italia!" e poi "l'Italia folleggia". Gli domandai se queste voci erano distinte ed egli, intuendo il mio pensiero, mi disse che erano celestiali, ed usava trascrivere ogni rivelazione con la data e l'ora precisa. Gli chiesi se la guerra sarebbe durata ancora, ed egli, stringendo le labbra, mormorò: " Forse sì e chi non sa che dopo la guerra non venga peggio. Gli uomini non si sono migliorati ancora ". Parlando delle rivelazioni mi disse che ve ne erano diverse riguardanti il Papa Benedetto XV, bellissime. Il Papa, mi disse, è veramente un Santo uomo e il Signore lo scelse fra tutti appunto per guidare la Chiesa in quest'ora tanto difficile. Gli chiesi se avrebbe avuto desiderio di andare a Roma da Sua Santità, ed egli stringendosi nelle spalle mi disse che è un povero frate, che a Roma vi era un Conte che si interessava di tutto e che tutto era a conoscenza del Cardinale. Mi parlò di nuovo delle grazie e miracoli ottenuti mediante la preghiera fatta a Gesù Crocifisso, e me ne narrò diversi. Mi disse che gradatamente mi avrebbe parlato di tante cose belle, perché il Signore voleva che si lavorasse per lui e ci si faccia santi. Lo supplicai a pregare il Crocifisso di illuminarmi sullo stato di vita al quale dovevo darmi, perché non avevo un'idea precisa. Mi disse che l'avrebbe fatto, poiché era cosa importante, ma di non turbarmi per nessuna ragione. Gli parlai pure per la conversione di due anime a me care ed egli troncandomi il discorso che facevo per narrargli lo stato dei due poveri infelici, mi disse di non disperare, che la misericordia di Dio è infinita, mi raccontò dei fatti e mi disse che per le conversioni avessi fatto una supplica che l'avrebbe posta ai piedi di N. Signora del Sacro Cuore e del Crocifisso. Mi disse come ogni sera solitasse recarsi quando i Confratelli erano in cella, nella Cappella di Nostra Signora a pregare. Mi disse come una volta, avendo messa una lettera di un soldato vicino alla Cappella, questa si mosse in modo strano, segno evidente della bontà del giovane. Egli mi raccontò tutta la storia di questo fatto, che io tralascio per brevità di tempo. Chiesi se mi avesse procurato il piacere di poter vedere il miracoloso Crocifisso. Fra Leopoldo sorrise, come una promessa. Mi parlò del mio amico Cambiaghi e della buona impressione avuta sulla sua bontà. Gli manifestai che forse si avrebbe potuto partire. Egli ne mostrò dolore, ma disse che avrei potuto sempre scrivere. Quando suonò il segnale del Coro, mi pregò di ritornare, dicendomi che il tempo che si trascorreva insieme passava troppo presto. Lo ringraziai della benevolenza, ed egli, alla domanda che gli avevo rivolto sulla preghiera al Crocifisso, perché mi sembrava un po' lunga, se si potevano saltare i Pater, Ave, Gloria, mi disse che questi era bene recitarli, piuttosto saltare le preghiere alle Piaghe, applicandovi l'intenzione. Mi disse come era desiderio del Signore di praticare questa pia pratica e di istituire queste Pie Unioni del Crocifisso, perché questa era la preghiera che doveva salvare e rinnovare il mondo. Prima di congedarmi mi consegnò una busta per il mio amico Cambiaghi con anche un'immagine della Consolata con delle sue parole e consigli. Mi accompagnò alla porta. Dimenticavo come mi disse, chiedendomi se l'Ammiraglio mi avesse scritto, che molte persone gli scrivevano, senza che egli conoscesse. Mi esortò alla Comunione frequente, come il mio amico, perché questo voleva il Signore e quando fui alla porta, mi pregò ancora di ritornare domenica o lunedì e sul suo viso contento, sereno, mi sembrò passasse un sorriso di cielo come quelli che era solito vedere nella sua cella. Torino, 19 Maggio 1918 ore 22 Questa sera alle ore 18,30 fui in via S. Tommaso da Fra Leopoldo. Non mi aspettava perché la visita era fissata per domani. Il primo pensiero, per una strana coincidenza, fu uguale: mi parlò di un libro da farmi leggere di un tenente morto al fronte, mi disse "in concetto di santità". Prima che egli terminasse dissi che l'avevo già avuto: intendeva dire del Tenente Filippo Natta. Indovinai. Mi raccontò della bontà del giovane, come egli l'avesse conosciuto pio e come egli presagisse la sua fine. Mi chiese se l'Ammiraglio mi aveva ancora scritto e risposi di no. Mi pregò di non fare per iscritto nessuna comunicazione di quanto egli mi viene narrando, poiché era necessario per ora tacere. Alla domanda mia, quando si sarebbe svelato tutto al mondo, mi rispose con la sua morte. Quando mi parlò del miracoloso Crocifisso, delle rivelazioni continue che egli va notando volta per volta e che conservava Fratel Teodoreto delle Scuole Cristiane, sembrava che i suoi occhi vedessero una luce a me nascosta. Il suo viso si atteggiò ad estasi ed alla mia domanda se Gesù si muove, apre gli occhi e se egli realmente lo vede, mi rispose di no, che soltanto lo sente con la voce e che si era agitato una volta sola, rivelandogli il tremendo flagello che doveva accadere. Mi disse che quei momenti sono di paradiso. Egli si dimentica di essere di questo mondo e prova degli abbandoni celestiali che gli danno gioia di cielo. Così ha dei rapimenti di spirito in adorazione al Santissimo nella Cappella di Nostra Signora. Anche là Iddio gli si manifesta continuamente. Poi, atteggiando un sorriso sulla bocca e negli occhi, mi ripeté: "Là, Iddio le vuol proprio bene". Io lo interruppi protestando. Gli chiesi che cosa volesse il Signore da me ed egli mi rispose che ci aiuti a promulgare il culto del Santo Crocifisso che dovrà rinsavire il mondo. Fra 26 anni il mondo migliorerà. Mi incoraggiò a perseverare nel bene, dicendomi di tenerlo bene a mente che il Signore fa i 99 e 3/4 e vuole almeno che noi mettiamo 1/4 di buona volontà per agire bene. Mi assicurò dell'esistenza della vita celeste, della bontà e misericordia infinita di Gesù che vuole tutti salvi. Mi disse come il Signore, vedendo come Fra Leopoldo chiedeva sempre per gli altri grazie e nulla per sé, per ben due volte gli chiese che cosa volesse per lui, ed egli rispose: "Che nessuna anima che era costata la Sua dolorosissima Passione andasse perduta". E mi ripete la soave dolcezza provata nei momenti di estasi ed il suo viso si trasforma. Gli parlo del mio amico Cambiaghi e mi chiede se realmente è buono. Mi parla poi delle persecuzioni che devono subire le anime elette dal Signore, le quali sempre sono oggetto di contraddizione, fino a che il Signore non interviene direttamente. Mi porta l'esempio della Beata Margherita Alacoque e delle due anime belle di Borgo S. Donato, alle quali hanno trovato il cuore trafitto, le quali hanno fondato il culto della visita di Adorazione giornaliera a Gesù Eucaristico. Mi spiega il perché non riceve quasi mai Sacerdoti e religiosi, perché generalmente vanno a lui per curiosità e non per religione. Mi dice come spesso questi sono causa di ritardare le pratiche buone per ragioni semplicemente umane. Mi ricorda di spargere intorno a me il seme della fede, perché un giovane franco e coraggioso può fare molto bene. Io mi impegno nella mia licenza di estendere il culto al Crocifisso. Mi parla del piacere che prova nel parlare con me di Gesù e mi raccomanda di tornarvi presto. Mi consegna il biglietto promessomi nell'ultima visita nella quale mi aveva comunicato che il Signore gli aveva parlato di me. Lo trascrivo, quantunque lo conservi come una reliquia. W. V.G. e M. SS.ma Al carissimo sig. Enrico nel Signore. Domenica mattina ore 5 - finito il SS.mo Rosario. Dico a Gesù cosa debbo dire al buon sig. Enrico? Che torni alla vostra gloria? Dopo breve preghiera Gesù mi disse dirgli - nel venire da te ne tragga profitto in bene. 12 Maggio 1918 F. L. M. Ricordiamoci a vicenda nel Costato SS.mo di Gesù Crocifisso come fanno gli angeli purissimi che si specchiano nel nome Santo di Dio fonte di ogni felicità e di ogni consolazione. Mi congedo. Mi raccomanda di farmi coraggio e mi accompagna svelto come un giovanotto alla porta, con un dolce sorriso sulle labbra e negli occhi, ripetendomi il solito "Deo Gratias". Dimenticavo di scrivere che quando mi parlò del culto al Crocifisso, alle mie insistenze sulla autenticità della preghiera, mi svelò che era stata scritta ai piedi del Crocifisso, per Sua volontà. Torino, 21 Maggio 1918 Ore 22,30 - di ritorno dall'Ausiliatrice. Questa sera alle 19,20 sono ritornato da Fra Leopoldo. Scorgo sempre in lui un'anima semplicissima, non colta, ma a volte ispirata. Mi conferma che il Signore mi vuole bene. Queste parole hanno somiglianza con altre che a più riprese mi va ripetendo Cambiaghi, dicendo che il Signore aspetta da me buone nuove. Mi dice che io sono la seconda persona con la quale usi tanta confidenza. Il primo è il Fratello Prof. Teodoreto, del quale ne esalta la virtù e la santità, e poi io, al quale egli stesso non si spiega il perché di tanta confidenza. Mi parla delle rivelazioni del Signore con crescente calore e mi dice che un giorno mi dirà cose meravigliose. Così mi parla delle rivelazioni della Vergine Consolata, della bontà di questa Mammina che è tutto amore e santità. Alla mia domanda in quale modo si manifesti la Madonna, mi risponde allo stesso modo del Crocifisso. Solo una volta vide lo sguardo vero della Vergine e disse che aveva tale potenza da accecare. Non si meraviglia quindi che Essa sia la debellatrice del demonio, perché lo sguardo aveva tanta forza da rimanerne ciechi. Così pure aveva rivelazioni nella Cappella di Nostra Signora. E facendomi leggere una grazia trascritta nel bollettino, mi disse come dopo la sua preghiera la Vergine lo aveva assicurato della guarigione dell'infermo. Non avvenendo questa egli ritornò a chiedere e la Vergine rispose: "Maria non cambia". Mi parlò di grazie altre e mi fece leggere una lettera di persone che raccomandavano alle sue preghiere due figli al fronte. "Lei sarà il mio confidente", mi disse. Alle mie proteste di indegnità, egli mi parla della misericordia infinita del Signore che non ha confini. Il nostro discorso cade nuovamente sul Tenente Filippo Natta. Mi parla della vita angelica di questo eroe, che non ha mai offeso il Signore e delle visite fatte durante la sua malattia nella cella. Aggiunge che se dovesse cadere ammalato, io solo forse potrei ottenere di andarlo a visitare. Io gli parlo della sua virtù, della sua santità e mi risponde che egli è sostenuto dalla bontà di Dio. Quando si alza, il discorso ricade sul Tenente Natta ed alla mia asserzione che in Paradiso ormai stava meglio di noi mi borbottò in fretta: "E mi è già venuto a trovare due volte dopo la sua morte". Io insisto perché si spieghi, ma egli sorride e mi risponde che sarà per un'altra volta. Mi invita a voler bene a Cambiaghi perché mi dice sembrargli timido ed a farmi apostolo presso gli amici e soldati per Gesù. Con una carità e semplicità unica mi accompagna alla porta, mi prega di ritornare sabato e con: "Sia lodato Gesù Cristo" prendo congedo. Torino, 25 Maggio 1918 Alle 19 sono stato da Fra Leopoldo. Egli continua a mostrarmisi sempre con una semplicità e carità grandissima. La conversazione dura sino alle otto. Mi parla della corruzione della società e del bisogno che ritorni a Dio. Anche se la guerra dovesse cessare, il mondo non ha voluto ancora sentire la voce di Dio, quindi ci sarebbero da temere altri guai. Però la società fra un periodo d'anni sarà molto migliorata. Mi parla delle meraviglie di Dio nelle sue rivelazioni; l'estasi che prova nel parlare col Signore e la Vergine Santa e mi dice che in uno di questi sublimi colloqui, la Vergine gli disse che aveva vicino Filippo Natta, per il quale Fra Leopoldo dimostra affezione e ammirazione. Questo per ben due volte si ripeté. Mi accompagna a pregare nella cappella di Nostra Signora, dove mette sull'altare una supplica e pone ai lati un vaso di fiori bianchi fatto da Lui. Torino, 9 Luglio 1918 ore 20 Dopo pranzo fui a far visita a Fra Leopoldo. Vi ero stato il giorno 6 di ritorno dalla licenza e avevo portato una lettera del sig. Ammiraglio. Avevo preso impegno di ritornarvi oggi per parlare circa il contenuto della lettera. Indubbiamente mi costava fatica entrare in un argomento tanto doloroso per me ed egli intuendolo mi dispensò di entrare in particolarità. Ma accennai con parole brevi e chiare la situazione, procurando di non dare tinte oscure, per un senso di rispetto e di dovere. Mi consolò moltissimo. Mi ricordo le prime parole dettemi la sera della mia prima visita. "Indubbiamente, mi disse allora e mi ripeté ora, il Signore vi manda da me per disegno suo, a noi ignoto, ma certo per far qualche cosa di bene". Mi parla con vero trasporto della infinita misericordia del Signore, che tiene conto di ogni nostro piccolo buon atto, di qualunque preghiera. Mi fa qualche domanda in merito, e poi, come si trattasse di cosa di piccolissima importanza e con grande confidenza e sicurezza, alzando gli occhi al cielo ( nel modo che solo a lui è dato ) mi ripete: "É cosa da nulla, non si sgomenti. Che cosa è mai? Oh, il Signore, stia tranquillo, stia tranquillo, lo esaudirà. Al Signore non mancano i mezzi, stia tranquillo, che metteremo questa intenzione nelle nostre comuni preghiere e fra poco tempo vedrà un miglioramento. Anzi da oggi avrò per lei maggiore affezione nel Signore e lo terrò come un fratello. Il Signore ha dato a lei questa missione di angelo, di salvare i suoi. Stia tranquillo. Sabato le farò il privilegio di venire nella mia cella e metteremo la supplica ai piedi di Gesù Crocifisso e lei bacerà le Sante Piaghe e riceverà la benedizione speciale. Reciti, reciti la preghiera ed abbia piena fiducia". Alle mie osservazioni sulla difficoltà, anzi impossibilità umana di riuscire, egli mi disse che quantunque i pareri degli uomini siano disparati, sopra i pareri anche se appoggiati sulla teologia, vi è la misericordia di Dio che vuole tutti salvi. Per maggiormente confortarmi mi parlò di giovani in condizioni ben più dolorose e che pure con la carità e costanza riuscirono a cose miracolose. Mi ripeté le meraviglie delle rivelazioni del Signore, anche di quelle del SS. Sacramento, della sua vita da secolare e da religioso. Mi parlò dell'Ostia ricevuta da giovane, delle due Ostie ricevute poche mattine or sono, per soddisfare al suo desiderio e mi congedò raccomandandomi la confidenza nella misericordia del Signore. Torino, 15 Luglio 1918 Questa sera fui da Fra Leopoldo per scusarmi della mancata visita di sabato. Mi accolse, come sempre, paternamente. Vi erano due giovani della Pia Unione. Dopo qualche minuto gentilmente li congedò, pregandomi di rimanere. Mi disse di aver fatto bene ad andare. "Le devo dire cose di grande importanza e consolazione". Torino, 16 Luglio 1918 Supplica. Io Vi prego, o SS. Gesù Crocifisso e Nostra Signora del Sacro Cuore di Gesù, per la Vostra infinita misericordia, di salvare l'anima di ................ per renderli degni del Paradiso. Torino, 17 Luglio 1918 Ieri sera, alle ore 19,30 fui da Fra Leopoldo. Sentivo in me un profondo senso di sgomento e di desiderio per il privilegio che mi concedeva di adorare il Santo Crocifisso miracoloso. Mi trattenne una mezz'ora in parlatorio, parlandomi di un'ultima visione avuta in sogno. "Purtroppo, mi disse, molti hanno creduto di aver visioni e non hanno che allucinazioni". Cosa vuole, io sono un povero frate ignorante e certe cose, certe meraviglie del Signore, non potrei nemmeno concepirle". Non si spiega perché il Signore usi verso lui tanta bontà e privilegi. Ritorna a parlarmi sulla confidenza fattagli l'ultima udienza e mi incoraggia con parole così sicure sull'esito che avremo, che mi consola alquanto. Verso le otto mi dice di seguirlo nella sua cella. Salgo le scale e su ogni piano vi è un Crocifisso. Dinanzi ad ognuno fa un inchino e mormora una preghiera; a quello del secondo piano, che ha il Costato Sacro aperto, bacia le Sacre Piaghe del Costato. Così nell'andata e nel ritorno. La sua cella, o meglio stanzetta, è semplicissima. Un letto, uno scaffale, un tavolino con dei libri e giornali. Nel fondo, vicino alla finestra, un vano vuoto, a forma di porta, nascosto da una tenda bianca. Io balbetto qualche preghiera, perché l'animo mio sente che è un momento solenne. Mi inginocchio e Fra Leopoldo sempre paternamente vuole che prenda nelle mie mani il Santo Crocifisso. Ubbidisco. Il pensiero di aver vicino questo Santo Crocifisso che continuamente fa rivelazioni all'umile frate, è per me di un piacere e di un timore grande. Contemplo tremando il suo Santo Volto sofferente, le Sue Sacre Piaghe rosse, il Suo Santo Costato aperto, le Sue Divine Membra lacerate, paonazze, i Suoi occhi semispenti e soprattutto la Sua Divina Bocca, che ha parlato tante volte in quell'umile stanza al povero francescano. Ed ho la santa fortuna e privilegio di tenere nelle mani il Santo Crocifisso, di accostarlo al mio cuore, di chiedergli vicino, piano, tremando, tante cose, di stringerlo con ardore a me, di contemplarlo, di adorarlo insieme a lui. Facciamo insieme l'adorazione alle Sante Piaghe, sempre tenendo io il Crocifisso, e poi, parlo, parlo io solo, inginocchiato, stringendo Gesù con maggior forza, pregandolo per i miei, per me, per mia sorella, per mio cognato, per la mia bambina, per i suoi parenti, per il mio amico Cambiaghi e famiglia, per il signor Ammiraglio e signora, perché benedica e moltiplichi la sua missione di bene, per Rollino, Ba..... ... per tutti i soldati, la Novizia, la famiglia e per tutte le persone raccomandate alle mie orazioni. Chiedo al mio Gesù il Suo Amore, la Sua Carità, la Sua misericordia e tante altre cose che il mio cuore in quel momento di supremo e ardente amore poteva chiedere e che ora mi sfuggono. Bacio, bacio ripetutamente le Sante Piaghe, il Santo Costato, lo adoro ancora e Fra Leopoldo mi sollecita il ritorno. Mi inginocchio ancora. Egli alza le mani sul mio capo, prega e mi concede la speciale benedizione. Allora mi fa vedere la piccola statua che è vicina al Crocifisso della Vergine Consolata. Nello sfondo vi è pure un grande quadro della Vergine Consolata. Prego un istante e Fra Leopoldo vuole che baci le mani alla buona Mamma che in quella cameretta tante volte si è rivelata al suo servo. Con l'animo ripieno di amore nuovo, con la mente piena di luce, Fra Leopoldo mi concede ancora un privilegio grandissimo. Mi fa leggere le ultime pagine del quaderno dove annota le rivelazioni del Signore. Portano date recenti con indicazioni precise dell'ora. L'ultima mi sembra del 10 Luglio. Precede la rivelazione una pagina e più di preghiera, o adorazione a Gesù, dove si sente un'anima ardente, direi un'ispirazione. Vi sono molti errori di ortografia, ma appunto per questo lo scritto acquista maggior valore, considerata la nessuna cultura del francescano. Dopo la preghiera dice press'a poco così: "Ho chiesto al Signore se avesse qualche cosa da dirmi e i disse: "Il mondo è troppo caduto nel male, bisogna che lo scuota"". Dimenticavo che nella lettura della pagina, descrive anche la visione avuta in un sogno. Avevo visto in adorazione la Santa Ostia, sopra un ostensorio dalla forma di calice, che si era mutata in un masso di pietre ( mi sembra, poiché trascrivo questo dopo aver letto questo una sola volta ). Non mi partirei più da quell'ambiente di Paradiso, ma Fra Leopoldo mi congeda. Ritornando, mi dice essere la seconda persona che ha avuto il privilegio di adorare il Santo Crocifisso: il primo il Tenente Filippo Natta, anima santa di giovane morto al fronte e la terza sarà il mio amico Cambiaghi. Ringrazio di cuore Fra Leopoldo, perché ho l'animo pieno di santi pensieri, ma egli si avvia verso la porta. Oso ancora chiedere, se quello che m'aveva detto circa la salvezza dei miei fosse stato rivelato dal Signore ed egli mi dice: "Vada, stia tranquillo, ne riparleremo sabato. Il Signore ha detto che lo aiuterà". Dimenticavo di dire che nell'udienza prima di salire, ha esposto il desiderio che nel mio paese sorgesse con la cooperazione del sig. Ammiraglio e del Parroco una Pia Unione. Io ho detto di sì, se possibile, dopo la guerra. Mi accennò pure alla bontà di Cambiaghi ed il merito, per opera del Signore che ne avremo, se ci conserveremo buoni. Sabato 20 corr. ritornerò in visita. "Grazie, grazie o Signore Santo, mio amato Crocifisso, del privilegio e grazie che concedete a questo indegno giovane che vi ha sempre offeso e mai ha corrisposto alle Vostre dolci e insistenti chiamate. Vi adoro, Crocifisso Signore. Vi amo e domando il Vostro perdono ed il Vostro Amore. Grazie, grazie." Torino, 27 Settembre 1918 Ore 18 - Oggi alle 16 sono ritornato da Fra Leopoldo. Da qualche tempo non trascrivevo più i colloqui avuti con il francescano e ricomincio di nuovo sia per l'importanza delle cose sentite che per l'incitamento avuto dal sig. Ammiraglio. Ho detto a Fra Leopoldo di questa mia abitudine, perché fosse consapevole, mi ha risposto che servivano per edificazione e gloria di Dio e ridendo mi ha aggiunto che mi potevano servire. Mi ha ripetuto le meraviglie del Signore, che un giorno vedranno la luce. Alla mia osservazione in che modo il Signore si manifestava e se la voce del Signore era chiara, distinta, direi umana, egli, alzando gli occhi al cielo, mi disse che anche questo era un mistero dell'anima e che non poteva esprimersi come fosse la voce del Signore, perché in quei momenti provava gioie di paradiso e sentiva chiara, distinta, soave la voce che ha tonalità mai sentite. Mi aggiunse anche che spesso il Signore stesso lo invita ad alzarsi e segnare quanto gli va dicendo. Detto ciò toglie dal taschino che ha sotto il colletto a forma di piccolo mantello un biglietto, dove è segnata una rivelazione avuta oggi stesso, stamani alle 4,30, riguardante il Prof. Teodoreto. Mi permette di leggerla, rileggerla, gliela domando ancora per tenerla a memoria, ma egli mi vieta di produrla qui ed ubbidisco, quantunque sia tentato di trascriverla. Mi dice che porterà grande conforto all'ordine dei Fratelli e ne è contento. Io gli chiedo circa un fatto che lo riguarda e che vi sarebbe l'intervento divino ed egli stupito come io lo sappia, non me lo nega, anzi mi dice avvenuto tre o quattro volte e mi vieta assolutamente di trascriverlo, perché riguardano la sua persona e trovasi già segnato nei quaderni ( porta ). Mi accenna ad altri due fatti ripetutisi nella cappella di N. Signora del Sacro Cuore ( che mi vieta di trascrivere ) per comprovare le verità da egli asserite ad una persona. Mi spiace non poter trascrivere qui questi fatti, ma lo faccio per ubbidienza ( luce cammino ). Mi accenna ancora ad una visione avuta ai primi di Settembre ( non ricorda la data precisa non avendo i quaderni ) mentre faceva la Santa Adorazione. In un momento di estasi ha visto la Divina figura di Gesù di una bellezza indicibile, tutta bianca candida, in mezzo ad una luce viva e Gesù gli ha detto che la dolcezza provata non era che piccolissima in ragione di quella che si gusta in Paradiso. Mi ha ripetuto come Gesù prima della guerra, muovendosi in modo strano, gli avesse rivelato il terribile flagello, come la Vergine Santa fosse addolorata per la cattiva condotta degli uomini e come tutte le rivelazioni si avverino. Mi dice di averne avuta una che con dolore non può ripetermi, perché era espressa volontà del Signore, di riferirla al solo Prof. Teodoreto. Gli chiedo che un giorno mi aveva accennato ad una specie di congregazione che sarebbe sorta per opera del Crocifisso ed egli, fissando il cielo e scandendo bene le parole, mi dice come è volontà del Signore che si propaghi in tutto il mondo la Divozione al Crocifisso e che il Signore gli aveva già manifestato tutto e lui già vedeva che sarebbe sorta un'opera come una specie del Cottolengo. La mia insistenza nel chiedere lo fa sorridere: allora io mi scuso dicendo che non era curiosità, bensì desideravo conoscere bene i fatti per notarmeli con precisione. Un campanello annunzia la visita del Prof. Teodoreto. Tento congedarmi, ma mi prega fermarmi un momento. La vista del Prof. Teodoreto anche questa volta, come sempre, mi suscita un senso così profondo di rispetto, e la bontà, umiltà, serietà che ha sul viso, nello sguardo sovranamente dolce, nella voce sempre calma, uguale, misurata, mi convince che sono dinanzi ad un santo. Dimostra piacere di vedermi. Mi chiede della mia licenza, del sig. Ammiraglio e gli esprimo il desiderio che ha di venire in Torino. Lo ringrazio del pacco inviato di preghiere e lo prego di scrivere all'Ammiraglio in merito all'iscrizione. Fra Leopoldo dice al Prof. Teodoreto della confidenza che dal primo giorno ha avuto per me e il Prof. Teodoreto mi ripete essere quella volontà del Signore. Il quale, dice, attende da lei qualche cosa e gli fa grazie straordinarie. Noi non sappiamo quello che il Signore ha per i suoi fini, ma è indubbio che ha per lei privilegi. Procuri di corrispondere per quanto può e vedrà che per il resto farà il Signore. Si parla ancora del bene che fa nella sua casa il sig. Ammiraglio e la sua signora e si mostrarono tutti e due contenti. Si discorre ancora di qualche cosa, e poi prendo congedo, tentando di baciare la mano del Prof. Teodoreto, il quale non permette e sento nella sua voce nel dirmi "Non lo faccia più" un desiderio di umiltà, che mi conquista. Mi accompagna Fra Leopoldo, sorridente e contento, ed io esco felice di aver visto e parlato a due anime così sante, convinto della mia indegnità, della mia nessuna corrispondenza alle grazie che il Signore mi fa, e smarrito per il conto che il Signore mi domanderà per non aver lavorato di più nel suo campo. Scrivo in fretta tutto ciò che il Signore permette che dica, senza forma letteraria, perché mi viene spontaneo e continuo senza fermarmi. Torino, 1 Ottobre 1918 ( Trascrivo il colloquio il 3 ottobre ). Fui a visitare Fra Leopoldo. Quantunque la visita sia durata più di un'ora, dopo aver parlato dello stato di salute attuale della città, mi ha ricordato come egli mi avesse detto queste cose. Ma ciò che ho voluto farmi confermare è stata una visione già raccontatami l'altra volta e solamente ora trascritta. Nei tempi della sua grave malattia aveva avuto in sogno questa visione. Aveva visto come una grande tenda, la quale apertasi, era apparsa in alto la SS. Trinità in atto di giudicare le anime. Vi era una moltitudine di persone, in maggioranza contadini , i quali salivano al cielo, ad eccezione di qualche anima che angeli impedivano di salirvi. In complesso, dice, furono 5 o 6, che vide andare all'Inferno, mentre le altre andavano al cielo, eccetto una che andò al Purgatorio. Fra le anime elette vide una sua sorella. Mi dice che quella che andò al Purgatorio fu per vera misericordia del Signore. Mi accenna parlando di Viale d'Asti, dove avvenne la visione di Gesù Crocifisso, a grazie ottenute. Esempio, quella che inauguratasi una statua alla Vergine di Lourdes ( per opera sua e di altri ) dopo tanto tempo che non pioveva, alla sera si vide sull'orizzonte una nuvola e piovve a dirotto. Altra volta, minacciando una grandinata, pregò il Signore di scongiurarla, perché i contadini non avrebbero subito con rassegnazione la prova e si rasserenò. Mi parlò poi del povero Tenente Natta. 15 o 16 giorni prima della morte, in un sogno ne aveva vista la fine. Dimenticavo che nella visione delle anime che salivano al cielo, ne vide fra le altre un numero più belle, che aleggiavano oltre più in alto della SS. Trinità. Chiesto chi erano, ebbe in risposta che erano quelle che in vita avevano conservato l'innocenza battesimale. Torino, 13 Ottobre 1918 Ieri alle 16 fui a visitare Fra Leopoldo. Sono 6 mesi che ho la fortuna di avvicinare il laico francescano e non ho mai notato nei colloqui con lui un carattere diverso, nemmeno la tonalità di voce diversa, né impazienza, né nervosismo, né tutte quelle miserie comuni ai mortali. Il suo sguardo è sempre sereno, tranquillo; la sua voce sempre uguale, dolce, affettuosa, penetrante; solo si accende senza incomposti accenti, quando parla dell'Amore di Gesù. É questo il suo tema preferito, il desiderio del Suo cuore, o come egli dice la missione che Gesù gli ha dato. E mi ripete sempre le meraviglie che Gesù gli rivela, che fanno piangere di consolazione e che lui è un umile strumento del Signore, perché queste meraviglie non sono soltanto per lui bensì per la salvezza di tutto il mondo. E allora nel suo viso francescano passa il lampo di una umiltà vera, sicura, non ostentata e traspare tutto l'amore che egli ha al Signore ed il desiderio di dargli gloria. Mi dice che qualche giorno fa facendo la Santa Adorazione, mentre era alla preghiera della Mano Sinistra, si ricordò di una piccola colpa commessa e ne domandò perdono al Signore con un atto di dolore, non ritenendo di doversene confessare subito. "Gesù, a me lo diceva sorridendo, sa che cosa mi ha detto?: "Senti, fra noi c'è molta intimità e queste cose è necessario che tu le dica al Confessore"". Mi fece notare, come già era passato nella mia mente, che quello era un metodo protestante e che questo confermava la verità e l'eccellenza della confessione. Parliamo dell'epidemia che invade la città ed egli mi ricorda quello già dettomi, cioè la rivelazione ( come egli la chiama ) della "Mammina". Alla sua preghiera insistente di qualche tempo fa per la pace, la Vergine rispose che la pace poteva venire, ma che il mondo sarebbe ritornato a Dio soltanto con la sferza. Entra a visitare un socio della Pia Unione. Mi fermo ancora qualche momento e poi prendo congedo. Torino, 29 Ottobre 1918 Ieri alle 16 fui a visitare Fra Leopoldo che non vedevo da 8 giorni. Mi accolse con bontà paterna con il solito "Deo Gratias" e mi intrattenni un'ora. Si parlò degli avvenimenti, dell'epidemia, e poi, accennando io al povero Brustenghi morto il 20 ( il quale avevo raccomandato alle sue preghiere ), mi disse deve essere stata un'anima privilegiata perché l'aveva sentito pregando. Chiesi poi informazioni sul quadro che è nella sala dove mi ha ricevuto ( ed egli mi ricordò che quella era la sala dove mi aveva visto per la prima volta ) e mi rispose che raffigurava le Sorelle Comoglio, due anime belle che avevano ricevuto l'ordine da S. Francesco di portarsi nella Chiesa di S. Tommaso per fondare l'adorazione quotidiana. Della Teresa, mi disse, si conserva in S. Tommaso il cuore trafitto, chiuso in un'urna, a triplice chiusura, le chiavi della quale sono tenute una dal Cardinale, una dal Presidente e una dal Curato. Gli manifesto poi il mio vivo desiderio di essere al fronte. Egli mi guarda e mi chiede se desidero morire. Gli rispondo che temo la morte perché soltanto non mi sento buono, per altro no. Gli apro il cuore su qualche dolore che mi travaglia ed egli scorgendo in me un po' di turbamento, senza assumere aria cattedratica, ma con un tono serio, ma molto dolce, insinuante, mi dice: "Guardi, è male questo. Si ricordi e lo ricordi bene, che non bisogna mai lasciarsi cogliere da questi pensieri che gettano nell'anima lo scoraggiamento, perché in questi momenti il diavolo vi lavora e fa cadere nel male. Non si preoccupi dell'avvenire. Il Signore al momento opportuno apre la via che è per il nostro bene. Lei, in ogni cosa, sempre ripeta: "Signore, come volete voi, sempre come volete voi" e vedrà che sarà sempre tranquillo." Gli esposi anche altre preoccupazioni per i miei ed egli con sapiente intuizione mi rispose: "Ma no, no, no, noi non dobbiamo insegnare quello che dovrebbe fare il Signore. Lui non ha bisogno di suggerimenti. Stia tranquillo, tranquillo e vedrà che otterrà quanto vuole. Il Signore vuole soltanto che si preghi". Ieri Fra Leopoldo mi sembrava più raccolto e ancora più sereno ( se così si può dire ) del solito. I suoi occhi, parlandomi del Crocifisso, si alzavano al cielo in atti d'amore come se Gesù gli sorridesse contento. Mi ripeté le meraviglie rivelate dal Signore. Ora da qualche tempo il Signore si rivela raramente, ma glielo aveva predetto, raccomandandolo di tenergli allora maggior compagnia. Un giorno chiesto al Crocifisso come mai non avesse nulla a dirgli, Gesù gli rispose avergli già rivelato tanto da far santo tutto il mondo. Mi accenna che le rivelazioni usava segnarle in ginocchio. E altra volta nello scrivere gli disse non curarsi dello stile, che a quello vi sarebbe stato chi lo avrebbe curato. Mi parla poi della Santa Eucarestia. Il suo dire allora, così dolce, diventa una musica d'amore. Mi dice che se il mondo conoscesse la gioia di amare Gesù, la Sua bontà, tutti cambierebbero vita. E con tono molto, molto serio, sempre però senza atteggiarsi a legislatore, mi dice, alzando gli occhi al cielo: "Guai se noi non si corrispondesse alle grazie e privilegi del Signore. A me ne renderà conto strettissimo, perché ha dato modo di sentire delle verità consolanti e dimostrato l'esistenza dell'altra vita. Così lei, al quale ha concesso il privilegio di sentire tali verità e bellezze, guai se non corrispondesse e dimenticasse queste cose". Torino, 8 Novembre 1918 ore 22 Ieri nel pomeriggio ed oggi sono stato da Fra Leopoldo. Visitare per due giorni consecutivi una tale persona non è cosa tanto facile, pure egli ogni volta che mi vede dimostra un tale piacere che mentre incoraggia stimola direi, ad andare da lui con maggior confidenza. Ieri gli avevo detto che ero andato da lui perché mi sentivo molto turbato, per il motivo che non mi sembrava di aver compiuto per intero il mio dovere da soldato. Gli esposi come avrei potuto andare anch'io al fronte e là, oltre il dovere di italiano, avrei potuto compiere anche quello di cristiano più di quanto feci a Torino. Egli mi ascoltò con cristiana attenzione. Così oggi ripetei con maggior calore le mie ragioni, non nascondendo il mio turbamento che mi toglieva la pace e mi rendeva sfiduciato. Gli accennai ieri della mia andata alla caserma per vedere se era possibile partire ancora per la Francia dove si combatteva oppure per il nostro fronte, per almeno provare i sacrifici, le sofferenze e offrirle al Signore in espiazione del mio male. Portai a corredo delle mie ragioni il bene fatto dal Borsi e dal Ten. Natta, morti gloriosamente al fronte. Già ieri, ma maggiormente oggi, sorridendo prima, ma poi con serietà senza assumere tono grave, mi disse essere il mio turbamento brutta tentazione del diavolo per sfiduciarmi e farmi cadere nel male. E in secondo luogo esservi una buona dose di orgoglio, se pure il desiderio mio vivo di morire non potesse considerarsi come un egoismo. Con la morte, mi disse, si liquida tutto, e si risparmia così di lavorare, di soffrire e di fare la volontà del Signore. Lei qui ha fatto tutto ciò che le hanno comandato. Lo ha forse chiesto? No, dunque sia tranquillo. Se lo avessero mandato certamente sarebbe partito e fatto lassù del bene, ma il Signore lo ha voluto serbare; non indaghiamo i Suoi progetti e facciamo sempre la Sua Santa volontà. A riguardo del Borsi ( del quale Fra Leopoldo ne è profondo e sincero ammiratore ) è vero che ha fatto molto bene ed ha lasciato ricca eredità, ma lei sa che prima non era buono ed il Signore ha accettato la sua espiazione per purificarlo. Lei no, il Signore lo ha detto a me, deve pregare, deve essere uomo di preghiera e fare del bene in un altro modo. E c'è molto, molto da lavorare e si ha bisogno di buon esempio. Se lei riuscisse nella vita a salvare una sola anima, potrebbe già essere contento; se poi lavora per il Crocifisso, stia tranquillo che sarà felice. E si ricordi che il Signore vuole molto da lei e come a me domanderà stretto conto per le grazie concessemi, per avermi fatto toccare con mano dell'esistenza dell'altra vita, delle meraviglie dettatemi, così a lei che ha permesso fossero note, domanderà conto se le dimenticherà. Il Signore desidera che lei lavori per la nostra Pia Unione e che ritornato al suo paese, d'accordo con il Parroco e con l'Ammiraglio, pensino primissimamente ai giovani ed ai ragazzi dai 12 anni in su, perché il Signore sono quelli che desidera si allevino alla religione, perché c'è tanta, c'è troppa ignoranza. Mi vieta assolutamente di parlarne ancora e di fare sempre la volontà del Signore e insiste perché mediti sulle cose dettemi, perché realmente vede che sono turbato e che continuando così non avrei fatto più nulla di bene. Egli ha una calma, una dolcezza sempre così uguale che io in 6 mesi e più che lo visito non lo vidi mai cambiato per nulla. E mi confessa che è sempre contento, che vengono certi giorni che è addirittura sfinito dal lavoro e ciò nonostante sente sempre una gioia, una contentezza, una tranquillità che non sa esprimere, perché, dice, fa sempre la volontà del Signore. Mi dice che vedendo quanta confidenza io abbia in lui, sente di trattarmi sempre con cuore più aperto e dirmi cose che non direbbe ad altri. Ieri sera, per esempio pregando per una damigella del suo paese morta, aveva provato come un senso sull'animo, un'oppressione. Rivoltosi alla Mammina ( così chiama la Vergine ) gli aveva detto di pregare per le anime del Purgatorio. Mi rivela che ora il Santo Crocifisso si rivela più raramente, ma per gli anni scorsi spessissimo ed egli scriveva tutto sempre in ginocchio con il Crocifisso. Mi dice che una delle sue rivelazioni recenti riguardava il Prof. Rostagno, anima tanto bella. Mi ripete la visione avuta nel castello di Viale d'Asti, in sogno, sul Crocifisso, lo strano aprirsi della porta della Cappella di Nostra Signora che ho accennato in altre pagine, ma non sviluppato per suo desiderio. Si tratta che Fra Leopoldo andava a pregare nella Cappella di Nostra Signora nelle ore che non vi erano i frati e di sera quando la Chiesa era chiusa. Ora avendo la chiave guasta, per entrare ed uscire, senza nessun sforzo la porta si apriva e si chiudeva. Una volta, mi disse, che ebbe rimprovero da Padre Curato perché diceva che avendo la chiave rotta ed entrando sforzando rovinavo la serratura. Altra volta, come ho accennato vagamente in altro colloquio, un Canonico, per credere a quanto asseriva Fra Leopoldo, disse che se era vero si dovrebbe illuminare la Cappella di N. Signora. Ebbene, trovandosi Fra Leopoldo in preghiera, si vide illuminata istantaneamente tutta la Cappella. Fra Leopoldo, temendo fossero dei contatti, per il movimento del tram, chiese al Signore di ripetere, se era la sua affermazione e dopo qualche giorno, nemmeno più pensandoci, si vide nuovamente illuminata la Cappella di Nostra Signora. Gli chiedo se ha avuto delle visioni o qualche fatto straordinario con la Santissima Eucarestia. Fra Leopoldo, sempre sereno, tranquillo, alza gli occhi al cielo e s'accende d'amor di Dio. "Oh, la grandezza dell'Eucarestia" mi dice. Prima di essere religioso ( e Fra Leopoldo ci tiene a far intendere che è felice di essere francescano, quantunque, mi dice sorridendo, per farsi frati bisogna aver vocazione, altrimenti vivere con tante teste ) solitava andare a fare spesso la Comunione e servire la Santa Messa nella Chiesa di S. Dalmazzo, perché era in qualità di cuoco da una famiglia di via Bogino e lui abitava una soffitta di proprietà dei frati di S. Dalmazzo. Ebbene nel coro, ebbe delle rivelazioni da un Crocifisso. Un giorno, facendo la Santa Comunione, sentì dirsi dal Signore: "Da oggi tra me e te vi sarà una maggiore intimità" e da quel giorno si sentì talmente del Signore da non desiderare altro che di parlare della misericordia di Dio e del Suo amore. Fra Leopoldo parla della Santissima Eucarestia con trasporto e rispetto grandissimo. Gli domando se non ha avuto altre prove straordinarie e mi risponde che dopo religioso a S. Tommaso aveva visto per una settimana continua al posto della Santissima Ostia nell'ostensorio la figura del Sacro Cuore, ma che questo non lo aveva segnato. Oso ancora chiedergli come avesse visto nelle sue visioni il Paradiso, se avesse visto il Purgatorio e l'Inferno. Torino, 20 Novembre 1918 ore 22 Signore, oggi è stato un giorno di eccezionali privilegi. Eppure stamani non sono stato buono, anzi cattivo e malgrado un mio brutto peccato, Vi siete degnato della Vostra infinita misericordia di scendere in me nel Sacramento d'amore e concesso durante il giorno privilegi immeritati. Nel pomeriggio ho avuto la desiderata fortuna di uscire con Fra Leopoldo per recarmi insieme a Padre Norberto e Cambiaghi a visitare la famiglia del Tenente Natta che ho nominato varie volte nei colloqui, o meglio, ad osservare un quadro rappresentante il defunto in divisa da ufficiale. Era qualche tempo che aspettavo questa occasione, per sentire da chi lo conobbe tanto vicino, le virtù intime familiari, già apprezzate dal libro scritto dal Padre e dai racconti di Fra Leopoldo. E mi ero formato del Tenente Natta un concetto così alto, che unito al Borsi, li invoco ogni giorno per poterli imitare. Incontriamo nel cortile il padre, il Cav. Avv. Natta, Consigliere della Corte d'Appello e dopo le presentazioni si scusa non potersi trattenere per ragioni d'ufficio. Saliamo, passiamo nel salotto, dove la mamma ancora a lutto e una sorella ci fanno vedere il quadro della grandezza naturale, ben riuscito, che noi ammiriamo, più che con curiosità, con un senso di rispetto perché sappiamo essere in cielo. La mamma ne parla con una affettuosità, un ricordo talmente caro che spesso mi provoca le lagrime. Mai, essa dice, ho sentito sul suo labbro la mormorazione, ma sempre la parola di scusa e bontà verso chi sbagliava. " Da lui non avemmo mai nessun dispiacere ". Molte cose dette, sono riprodotte nel libro scritto dal Padre e mi è impossibile ripetere ciò che passò fra noi in una visita che durò quasi due ore. La mamma parla con un dolore forte, come di cosa recente, ma con una rassegnazione, una calma, una gioia direi, che stupisce. E ne ha ben ragione. Da quanto ci fu raccontato oggi, ne risulta un'anima talmente singolare, da piegare le ginocchia e pregare. L'episodio sulla rassegnazione alla volontà del Signore è raccontato dalla mamma con semplicità, naturalezza tale che strappa le lagrime. Stava essa, durante la licenza, avvolgendogli le mulattiere e Nino ( così lo chiamano ) chiese alla mamma, se la Madonna non avesse ascoltato le sue preghiere e non l'avesse più fatto ritornare, se essa non sarebbe stata rassegnata. La domanda gliela rivolse tre volte. Alla prima e seconda la mamma non rispose evasivamente, rispondendo che era sicura che la Madonna lo avrebbe esaudito. Alla terza, più insistente, non ebbe più il coraggio di ripetere, lo guardò e le uscì: "Sì, sarei rassegnata" ed allora egli, soddisfatto, respirò, pronunziò un: "Oh!" e non ritornò più a chiederglielo. Anche prima di partire, preparava i suoi alla notizia della morte, perché diceva che alla guerra si va e non si sa se si ritorna. La mamma parla con una rassegnazione che atterrisce. Guarda ogni tanto la tela e sembra lo abbia vivo vicino e si mostra per nulla turbata. E così passa da episodio ad episodio per farne risultare sempre più netta, più bella nella sua verità la figura del figlio. Dice che in vita sua non disse mai bugie. Mi affermò Fra Leopoldo che prima di partire confessò a sua madre che non aveva commesso mai colpe gravi, ed egli dice che conservò la purezza battesimale. Quantunque studente di Università, la mamma loda la sua serietà, l'amore alla casa, allo studio, agli amici, la sua semplicità, la sua umiltà, tanto da nascondere cose buone per non far risaltare la sua persona. Nella scuola di religione alla Consolata ottenne dieci nello svolgimento del tema: "Il peccato originale ed il bisogno dell'uomo della sua redenzione", cosa che tenne nascosta per umiltà. Ma quello che impressiona è la lettura di una lettera di un suo amico, per un sogno fatto dopo la morte, sogno che date diverse circostanze, si potrebbe definire visione. Vorrei poter trascrivere la lettera, tanto è interessante, ma per non dimenticarmi dirò in succinto. Vide il Natta e gli chiese se era proprio lui per tre volte. "Sei tu, Nino?" E lui a rispondergli: "No", però con un sorriso che diceva non vedi se sono io? E allora lo abbracciò, gli si avvinghiò al collo, lo baciò. Gli narrò allora dei peccati gravi commessi a Milano ( perché si deve notare che chi sognò, dapprima buono, da militare aveva preso qualche via non dritta ) e gli chiedeva con ansia se il Signore lo avrebbe perdonato. E Natta con una dolcezza naturale a rispondergli: "Sì, il Signore perdona sempre" e questo per diverse volte. Poi, si trovarono in una stanzetta lurida, dove c'era una scopa, del fango, della segatura e una porta, dalla serratura della quale si scorgeva una grande sala, piena di luce, di una luce viva, intensa, una luce mai vista e additandogli la stanza lurida, disse: "Questa è la vostra vita; la nostra, la vera vita, è là" additando la sala illuminata. Restò con lui qualche minuto ancora, dicendo che in tutto aveva un quarto d'ora di tempo, prese del latte, e poi scomparve. Lo scrivente, dice, che si trovò con gli occhi aperti e provò una gioia, un rapimento tale, che soltanto la morte e l'unione con Dio potranno ridargli. Ho trascritto male, sciupando una pagina tanto bella e interessante, tralasciando cose che non ricordo più bene, felice se potrò averne una copia da allegare integralmente. Rientra il papà e un altro giovane, conoscente di Fra Leopoldo. Rilegge la lettera e ci fermiamo a fare commenti. Vi sono dei punti di contatto con delle parole del Vangelo. Natta chiamava certo a vita nuova l'amico suo che precipitava ed il sogno o visione avveniva appunto la sera dal 28 al 29, o dal 29 al 30 Dicembre 1917. Non mi è possibile riportare i commenti; certo il fatto ha dello straordinario, per l'intervento di Nino alla salvezza di un'anima. La mamma ne racconta di altri. Per un ricordo dirò del cesto di ignota provenienza, con entro fagioli, burro, lenticchie, stoffa, trovandosi in campagna dopo aver spedito tutto. Di dove veniva? Nessuno lo sa. Di un altro aiuto avuto da una persona mediante una preghiera calda rivolta a Nino. Si parla poi con il papà delle lettere di Nino e si paragonano a quelle di Borsi. Il primo è un'anima nata e cresciuta nel Signore e quindi calmo, sereno, rassegnato; il secondo invece è un'anima convertita al Signore e quindi più ardente e diremo più letterarie le sue. Quello che poi maggiormente stupisce in queste due anime del papà e mamma, è la completa rassegnazione nel Signore. Parlano del loro figlio come se l'avessero vicino, presente. Sono sicuri che è in cielo e confessano che nella loro casa, dal giorno della morte, egli è sempre stato presente, perché mai lo sentirono tanto vicino ed ebbero più aiuto che mai. Loro stessi ne sono stupiti e mentre ringraziano il Signore di conservare loro il dolore, lo ringraziano anche della forza avuta, perché prima non avrebbero mai potuto nemmeno supporre la morte del loro figlio senza rabbrividire, mentre ora, senza spiegarlo, sono sicuri, tranquilli, perché sentono, provano che è in Paradiso e che li aiuta in modo straordinario. Non trascrivo altro perché è tardi. Ne avrei ancora molte cose che le ho tutte nel cuore, che oggi mi hanno fatto piangere e che guardando il suo ritratto, ho chiesto a lui di benedirmi, di proteggermi, per poterlo imitare. Dinanzi a lui, che è vissuto da santo, che è morto da eroe, da martire ( e che come diceva il papà, il sangue di questi buoni, ha preparato la vittoria ), mi sono sentito tanto umiliato, tanto vile, da provare vergogna di me stesso. Sono uscito felice per le ore sante trascorse e con propositi di bene. Questa sera alle ore 20, sono andato con Cambiaghi a far visita al Prof. Teodoreto delle Scuole Cristiane. É un santo che avvicinandolo, dà un senso tale di rispetto e di venerazione che non so esprimere. La sua parola è l'espressione della bontà e della carità, il suo sguardo è dolce, penetrante, i suoi pensieri ordinati, seri, calmi, persuasivi. Non parla per dire, discorre per edificare. Ci ha accolti con la solita bontà, con il suo sorriso bonario, con una affabilità evangelica, con un desiderio di farci del bene ammirabile. Quando mi trovo dinanzi al Prof. Teodoreto i miei occhi lo fissano ed apro il cuore, la mente, tutte le mie facoltà, perché è una persona così piena del Signore, così santa, unitamente ad una cultura profonda della quale non ne fa mai sfoggio, che non si può a meno di riconoscere che è una persona speciale, una persona che vive ed opera guidata da Gesù. Direi che Fra Leopoldo ha una bontà più semplice, più serafica, Teodoreto unisce a questa una cultura che fa pensare e meditare. Gli abbiamo narrata la visita del pomeriggio non nascondendogli la nostra miseria, la nostra pochezza dinanzi a tanta virtù ed eroismo del Ten. Natta. Anche egli tesse le lodi di quest'anima bella che aveva slanci ardenti per il Signore e ci incoraggia a non sfiduciarci, perché era proprio volontà del Signore che molte anime offrissero la loro vita in olocausto e riparazione di tanti mali e tante altre rimanessero incolumi per propagarne poi il culto in mezzo al mondo. Ne rendano di cuore grazie e gloria al Signore che senza essere ricorsi a mezzi bassi, ma puramente per ubbidienza ai disegni di Dio, sono rimasti qui e ne esaltino il Suo nome. Continua asserendo che vi sono stati dei giovani che era proprio volontà del Signore che fossero risparmiati dalla guerra, mentre altri era nei suoi disegni che si offrissero. Anche la Pia Unione, prosegue, ha avuto un morto nel Cap. Magg. Castello Savino, anima bella e amante di Gesù. Le sue lettere sono un portento e si potrebbero paragonare a quelle del Borsi, se non mancassero di arte letteraria. E a dimostrare la verità su accennata, conclude dicendo come dopo questa morte, Fra Leopoldo ( e qui il Prof. Teodoreto santamente abbozza un sorriso ), nella sua buona semplicità e confidenza, pregando, domandò al Signore, perché privava la Pia Unione di un giovane tanto buono ed il Signore gli aveva risposto che certe anime era bene le avesse colte nel momento giusto. Il Prof. Teodoreto continua a dimostrarci che non tutti i fiori sono uguali, come non lo sono le anime. Ognuna ha la sua missione nel mondo. Loro, dice, ritornando alle loro case, si propongano di fare un po' di bene, di estendere la Divozione del Santo Crocifisso e soprattutto di lavorare nei giovani. Dice che lavora appunto a ricopiare i quaderni dove sono le rivelazioni di Gesù Crocifisso a Fra Leopoldo e nelle prime, il Signore desidera che si lavori intorno ai giovani, ai ragazzi, perché gli adulti hanno già un ordine di idee che a trasformarlo completamente è un po' difficile. Invece i ragazzi si possono e si devono formare diversamente. Quindi, loro prendano i bambini del vicinato, dicano qualche buona parola, insegnino a fare la Santa Croce, facciano un po' di catechismo, aiutino i Parroci in Chiesa ad insegnarlo e faranno tanto bene. L'amore si dimostra con le azioni e Nostro Signore vuole delle opere. Innanzi tutto riformiamo noi stessi, e poi credano, che quando i ragazzi hanno davanti un esempio buono, lo spirito di imitazione diventa potente. Mi parla poi del sig. Ammiraglio Sery, della premura ammirabile per la propagazione della Divozione al Crocifisso, degli ascritti per mezzo suo ed io spiego il modo nel quale il sig. Ammiraglio e Signore hanno trasformato la loro casa in una scuola di bene. Mi prega di salutarli e di ringraziarli. Ha un ricordo anche per Don Alberione. Ha ancora per noi, che si vorrebbe rimanere ancora lì a sentire la sua parola che è dolce, insinuante, calma, affettuosa, seria, ma sicura nella causa che vive, ma ci congeda. É una fra le rare persone che mi abbiano suscitato un senso tale: il Prof. Teodoreto. Fra Leopoldo e il Prof. Teodoreto sono due santi che lavorano per la stessa causa, eppure direi diversi. Nel primo vi è una semplicità, una carità francescana che attira e quantunque privo di cultura, si sta estasiati a sentirlo. Il secondo unisce a queste qualità una cultura che fa pensare e meditare. Termino che sono le 23,30 e scriverei ancora molto, perché ho sul tavolino il mio Crocifisso che mi guida e mi benedice. Grazie, Signore, grazie. Sante giornate queste, o Signore, giornate di misericordia e di amore, mentre io indegno non vi corrispondo. Perdono, Signore, Gesù Santo, datemi fede, volontà e amore per amarvi e farvi amare. Sia lodato Gesù Cristo. Torino, 28 Novembre 1918 Da 8 giorni non avevo visto Fra Leopoldo perché occupato in ufficio e con i bambini. Stamani mi ha fatto telefonare da Padre Norberto che dopo pranzo mi aspettava. E profittando della vacanza improvvisamente concessa, porto con me Cambiaghi. Fra Leopoldo, che fu chiamato dalla visita del Santissimo, dove si reca ogni giorno dopo il riposo, ci trattò con la solita carità. Si parla della festa d'oggi ed egli ne prende occasione per sciogliere lodi sincere a Wilson, del quale è entusiasta per il principio cristiano che informa la sua vita. Alla mia obiezione perché il Signore non aveva permesso ancora che Wilson si fosse convertito alla religione cattolica romana e se ciò fosse avvenuto, il buon francescano mi risponde che il Signore avrà certamente misericordia di un'anima che non si vergogna di parlare con tanta fede di Dio e che invita un popolo intero a rendergli grazie con un giorno di preghiere. Egli sempre parla delle meraviglie del Signore. Dice che fra le rivelazioni ne mancano diverse che s'accorge non aver segnato e che avrebbero potuto fare del bene. Ma ne cita qualcuna frammentata e non si stanca di parlare della bontà e misericordia di Gesù Crocifisso. Mi dice che il Signore usava chiamarlo il Suo "Segretario", il Suo "Portavoce" e continua a dire che egli è un povero strumento del Signore, che egli è niente, che tutto è il Signore. "Sicuro", ripete spesso ed i suoi occhi guardano in alto come se quella sentita espressione trovi affermazione in cielo. Mi ripete certe meraviglie avvenute in Viale d'Asti, dove mi dice che il Prof. Teodoreto si è portato personalmente per accertarsi di qualche fatto e prenderne nota. Una fra le altre, già da me citata, un temporale si direbbe improvviso, dopo qualche tempo di siccità; la benedizione speciale che il Signore ha concesso a quelle terre, formandone un terreno fertile. Parlandomi di rivelazioni me ne cita diverse interessantissime e mi dice che avrò agio di leggerle nei suoi quaderni. Una fra le altre è quella che: "Il Signore desidera che i Sacerdoti non pensino ad accumulare denaro, ma si diano una mano con i ricchi non per far male, ma per aiutare e sollevare il povero". Io che parlo con il Venerando Francescano con molta franchezza e direi con intimità, gli espongo un programma che il Signore il giorno 22, facendo la SS. Comunione e prima, mi sembrò mi avesse suscitato e benedetto. Consisterebbe, ritornato a casa, di radunare giovani e giovane, separatamente, per un lavoro intelligente, attivo, in seno ai giovanetti e giovanette principalmente in materia religiosa e che mi erano venute anche spontanee e note le persone che avrebbero potuto aiutarmi e aiutarmi bene. Gli espongo sommariamente le intenzioni, la scuola di religione, le conferenze, i catechismi con criteri nuovi, fatti da giovani e signore, con cultura vasta possibilmente, sotto la protezione del Crocifisso e tutto questo gli chiedo ( ben inteso diffondendo la Divozione alle Cinque Piaghe ) senza istituire per opera la Pia Unione. Egli loda i progetti e mi incoraggia, dicendomi alcune rivelazioni circa il desiderio del Signore di lavorare attivamente intorno ai giovanetti e giovani. Mi ripete che il Signore ha insistito su questo punto due o tre volte e che potrò rilevarlo leggendo i suoi quaderni. Gli domando ancora che avrei desiderato mi avesse ripetuto come è sorta l'idea e come è nata e propagata la Pia Unione, quale ne era il compito e se si era formata per espresso volere di Gesù Crocifisso. E mi ripetesse ancora l'origine della Divozione al Crocifisso stesso. Fra Leopoldo mi fissa, o meglio mi guarda con occhi dolci e penetranti e mi incoraggia a chiedere, perché io non domando per curiosità, bensì per averne un'idea precisa e con la benedizione del Signore fare qualcosa di concreto. Egli comincia a soddisfarmi ma viene interrotto diverse volte dal campanello. Incomincia a parlarmi del Prof. Teodoreto, che è stato inviato a lui, per volere del Signore, dal 1906. Mi dice che egli potrà darmi ragguagli in merito. É un'anima santa, è un'anima bella, un'anima tutta di Dio, mi dice, il Prof. Teodoreto. Gli domando se il Regolamento della Pia unione, come l'altra volta mi aveva accennato, era stato approvato da Nostro Signore. Sì, egli mi risponde, a S. Antonio. Anzi, continua, è a S. Antonio stesso che una sera, posato il rotolo di carta sull'altare e pregando, ho sentito Nostro Signore che era contento del Regolamento e lo approvava. Le spiegazioni non erano complete, ma, quantunque egli desiderasse ancora, prendo congedo, esprimendo il desiderio di recarmi in Duomo dove il Cardinale avrebbe festeggiato con il Te Deum la vittoria e la pace. Accondiscende e si rimanda alla prima visita la continuazione dell'argomento. Torino, 30 Novembre 1918 Sono ritornato oggi alle 16 da Fra Leopoldo. Mi sono portato da lui con l'animo pieno di gioia per manifestargli tante piccole soddisfazioni e ricevere da lui incoraggiamento. Vi era, da Fra Leopoldo, l'Ing. Sella, ma rimango con lui prestissimo. Gli espongo la mia gioia per la soddisfazione che ricavavo dai bambini, principalmente per le due piccole conferenzine fatte ieri e oggi sulla vita e virtù del Borsi. Anzi, ieri erano tre giovanetti ed oggi se ne era aggiunto un altro e la loro attenzione era stata intelligente e premurosa. Avevo letto alla piccola adunanza l'ultima lettera del Borsi alla mamma e l'avevano gustata. Fra Leopoldo, come tutte le altre volte, mi assicurò del bene grande che si faceva a quei bambini e al papà stesso, mi ripeteva: "Quando lei non ci sarà più, mi ripete sempre, quei bambini si ricorderanno di tante buone parole e vedrà che non saranno spese invano. E poi, crede che il Tenente stesso, non tragga motivo di pensare dal suo buon esempio, dalla sua carità in ufficio e fuori? Vada là, sicuro e continui". Vi era nella sua voce la stessa gioia che era nel mio animo e provavamo l'identica soddisfazione: "Tutto per Gesù..." Io volevo entrare nell'argomento tralasciato l'ultima visita, ma era tardi ed egli mi previene dicendomi che ne aveva parlato al Prof. Teodoreto e che avevano trovato il mio progetto tre volte buono e che mi fossi rivolto da lui che mi avrebbe suggerito il modo di attuazione. Ma quello che mi colpisce è una confidenza che io non avrei supposta. L'ultima volta mi aveva fatto telefonare e se io fossi andato solo, non avendo i Superiori, Fra Leopoldo mi avrebbe condotto nella sua cella e mi avrebbe lasciato solo con il suo Santo Crocifisso a pregare e adorare per tanto tempo. Ne rimango un po' addolorato ed egli mi dice che sarà per altra occasione. Ciò che gli interessa dirmi e mi ripete: "E lo racconti al sig. Ammiraglio" è questo fatto. " Ieri mattina, venne una Suora di S. Vincenzo, verso le 8 e chiese se poteva parlare con Fra Leopoldo. Io ero presente con Padre Curato e dissi che cosa desiderava perché in quel momento dovevo recarmi in Chiesa per il servizio di suddiaconato e se poteva ritornare dopo la Messa mi avrebbe fatto piacere. Ritornata mi disse che era venuta appositamente per ringraziarlo di una grande grazia, anzi di un miracolo avvenuto per intercessione del Santo Crocifisso ". Dice che i dottori l'avevano spedita, già si era rassegnata a morire in pace, quando ebbe dai Fratelli delle Scuole Cristiane la preghiera delle Cinque Piaghe di Nostro Signore. Stabilisce di fare una Novena al Santo Crocifisso e prima che fosse terminata era guarita completamente. Ora sentiva il bisogno di venirlo a ringraziare, perché sapeva che la preghiera era uscita da lui. Fra Leopoldo ne è raggiante e dice aver risposto alla Suora di ringraziare il Signore, non lui, che è niente e tutto è il Signore. Gli ho chiesto quale fosse la malattia e Fra Leopoldo mi rispose che per delicatezza non l'aveva chiesto alla Suora, ma che la Suora stessa avrebbe fornito i documenti per la pubblicazione sul bollettino della Pia Unione. Ella dice che è una grazia miracolosa, perché i dottori l'avevano dichiarato caso disperato. Torino, 2 Dicembre 1918 Oggi alle ore 16 ritornai a visitare Fra Leopoldo. Egli stesso che mi aspettava mi venne ad aprire, dimostrandomi subito una gioia sincera di vedermi. Da ogni parola, da ogni atto e soprattutto dalle confidenze che mi fa e dall'insistenza di visitarlo spesso risulta un affetto grande che ha per me, come egli dice nel Signore. Mi accoglie sempre con tale premura che non so esprimere e qualunque persona vi sia non mi fa mai attendere, ma mi fa passare subito. Egli ha sempre la stessa tranquillità, una dolcezza paterna, una carità grandissima, un'umiltà rara che danno alla sua semplicità una tale venerazione da renderlo già al di sopra degli uomini. Gli accenno alla cortesia di un mio collega che mi ha invitato a colazione, ne esalto l'armonia cristiana della famiglia e tante altre piccole cose, riguardanti un mio superiore e bambini. Egli si mostra lieto di certe cose che riferisce e mi incoraggia a continuare, perché, egli mi dice, quando sarà a casa, si ricorderanno di tante cose dette e sarà sprone al bene. Fra Leopoldo mi rivolge certe lodi ed in uno slancio di vero affetto, mi ripete che ha per me particolare confidenza perché vede che comprendo tante cose del Signore. I suoi occhi tanto buoni hanno dei lampeggiamenti vivi, il suo viso si atteggia spesso ad espressioni di gioia ed il suo dire si accende senza mai perdere il suo carattere di calma, tranquillità tanto ammirabile. Mi parla del bene che dovrò e potrò fare nel mondo e confessandogli certe mie idee, quali quelle del bisogno che sento spesso di parlare a tutti del Signore, di scrivere, di far conferenze, gli manifesto il dubbio che sia effetto di superbia ed egli sorride e mi dice che devo farlo. Gli chiedo qualche cosa del Santo Crocifisso. "Non mi dice più nulla", egli mi risponde e ne sarei preoccupato, se egli stesso non mi avesse preavvisato questo tempo. Allora Nostro Signore gli aveva detto che sarebbe venuto un periodo nel quale non avrebbe rivelato e che essendo più mesto, avrebbe avuto bisogno maggiormente della sua compagnia, perché gli fosse rimasto più vicino a pregare. Soltanto se il Prof. Teodoreto gli dimostrava necessità di conoscere qualche cosa per l'indirizzo della Pia Unione, il Santo Crocifisso, nell'adorazione, consigliava in proposito il francescano. "Appunto una settimana fa, mi dice, il Prof. Teodoreto mi aveva detto di pregare, perché ai Soci della Pia Unione era balenata l'idea di dedicarsi alla sera a fare scuola di lingue, elementari, disegno, ecc. Ora si era incerti se ciò era bene ed io pregando, il Santo Crocifisso così si degnò rispondere: "Ai giovani della Pia Unione darò purezza di cuore, volontà di lavorare e la gloria Celeste"". Fra Leopoldo interpreta favorevolmente detta risposta e la comunicherà domani al Prof. Teodoreto. Per bontà grande di Fra Leopoldo, io sono messo a parte anche di ciò che passa fra queste due anime sante ed il francescano, pieno di amore forte, mi dice di andare dal Prof. Teodoreto perché possa leggere le meraviglie che il Signore ha voluto dettargli. "Vedrà come si sentirà trasportato a fare il bene; proverà un tale godimento celestiale, come nessun libro di questo mondo può dare. Vada, poiché il Signore mi ha fatto capire che lei può leggerli, perché gli faranno molto bene". Fra Leopoldo ha dei momenti che si dimentica di essere dinanzi ad un francescano senza nessuna cultura, ad un povero frate, come dice lui, che non sa niente, perché il suo dire è così esatto, così ispirato che si presta più attenzione che non a qualunque uomo coltissimo. Gli accenno a discussioni avvenute in ufficio sulla religione, accertandolo che molte volte è il Signore che ci pone sulle labbra certe ragioni, pensieri indovinati che noi stessi stupiamo di averli concepiti. Si parla della ignoranza in materia di fede ed anche della ristretta idea che ne hanno una parte di Sacerdoti. Sul viso di Fra Leopoldo passa un senso di tristezza. I suoi occhi si socchiudono per un momento e abbassa la voce, conscio che la confidenza è dolorosa ma vera. "Purtroppo, mi dice, vi sono tante miserie, troppe miserie. Ma..." e si ferma. Tace un momento e poi continua: "Tante volte, egli dice, trovandomi nella Cappella di Nostra Signora, o dinanzi al Santissimo, inginocchiato, con la fronte a terra, protestando al Signore di amarlo tanto, tanto e confessandogli la mia nullità dinanzi la sua grandezza, sentendo che non ero nemmeno degno di rivolgere a Lui il mio pensiero, ho sentito tanta gioia, perché il Signore è contento delle anime che sono di Lui innamorate e che lo amano interamente". Mi dice che nel mondo ve ne sono molte anime belle innamorate di Gesù e che se il Signore ci ha concesso una pace vittoriosa è per le preghiere di queste anime unite al sangue di tanti buoni sparso. "Vi sono tante Suore, mi dice, che sono vere sante e nessuno lo sa". Riferendosi ancora ai Sacerdoti, di nuovo con atto confidenziale, abbassa la voce e mi racconta: "Come le ho già detto, alla sera sono solito prima di andare a riposare, di fermarmi nella Cappella di Nostra Signora, davanti al Santissimo a preghiera. Una sera ripetendo al Signore che gli volevo tanto bene, sento Gesù dirmi: "Lo so, ma gli altri frati dove sono, perché non vengono anche loro a pregare?". Fra Leopoldo sospira non scoraggiato, né in atto di rimbrotto, no, ma come semplice, dolorosa, ma vera constatazione di un fatto che si svolge sotto i suoi occhi. Alla mia domanda se il mondo si convertirà e perché il Signore non manda il suo regno, Fra Leopoldo constata che la guerra non ha portato ancora il benefizio sospirato, un po' l'epidemia, ma che certamente l'avvenire lo porterà. Egli ha piena certezza che la generazione nuova crescerà migliore e che grande e veramente di bene sarà l'opera dei Fratelli delle Scuole Cristiane unitamente a tante Suore e ordini diversi. Egli vede nei Fratelli delle Scuole Cristiane la salvezza, perché la loro opera mira specialmente alla gioventù. Ho ancora tante cose a chiedergli, ma è tardi e nonostante il desiderio di fermarmi ancora devo congedarmi. Gli ricordo i miei genitori e mia sorella, comunicandogli che vedo in lettera dei progressi morali. Egli se ne compiace e parlando dei miei, assume un tono così certo, nel ripetermi che si otterrà quanto si desidera che è un vero conforto. Fra Leopoldo, dal giorno che gli ho fatta la confidenza, non ha dubitato mai per un minuto della sicurezza favorevole dell'esito. "Stia tranquillo e sicuro" e me lo ripete con tale convinzione, come si trattasse di cosa semplicissima. "Soltanto preghi e preghiamo". Con quella bontà tutta sua mi accompagna alla porta. Mi sorride, mi ripete di ritornare fra due giorni, mi ricorda di ricordarmi a vicenda e sorridendo contento si inchina paternamente ripetendomi: "Sia lodato Gesù Cristo". Torino, 4 Dicembre 1918 Oggi alle 16 fui nuovamente da Fra Leopoldo. Vorrei poter dire il piacere che egli dimostra ogni volta che mi vede, le premure, la sua carità, la sua confidenza, ma mi è impossibile. La sua figura assume sempre più un aspetto ascetico e nonostante l'età che è vicina ai settanta, ha un aspetto robusto, sano, svelto. Per dimostrami la sua affezione mi ha autorizzato di andare da lui anche tutti i giorni e me lo diceva con spontaneità e piacere. Gli ho esposto qualche cosa che mi aveva demoralizzato nel giorno ed egli sempre sereno, afferma dicendo che sapeva tanto male, ma che sino a che saremo in questo mondo avremo sempre contrarietà e tribolazioni. Alla mia domanda come mai il Signore permetta tanta disonestà, tanto male, Fra Leopoldo ha alzato gli occhi al cielo, si è raccolto un momento e poi, con la sua voce così buona, mi disse che il mondo è guasto e la guerra che il Signore ha dovuto permettere è appunto perché gli uomini sono guasti, così l'epidemia e non passeranno i castighi sino a che non si migliorerà. Mi ricorda il modo strano, doloroso, nel quale Nostro Signore si era mosso sul suo Crocifisso miracoloso. Prima dello scoppiare della guerra, aveva visto il Santo Crocifisso assumere un atteggiamento triste e muovendosi in modo strano, gli aveva predetto il tremendo flagello che aveva dovuto mandare per salvare la società. Mi aggiunse che era volontà del Signore fosse comunicata ad un canonico predicatore perché nelle sue prediche parlasse più del Crocifisso e le sue parole non fossero superficiali. Chi ha salvato e salva la società continuamente dai castighi sono tante anime buone sante di Suore e di religiose come al Cottolengo e dappertutto, che pregano e soffrono, in riparazione dei peccati altrui. "Anzi, guardi bene, con l'aumentare della corruzione spuntano sempre più delle anime così elette che fanno stupire il mondo". Si parla del Borsi, del quale Fra Leopoldo ne è ammiratore e degli ultimi convertiti francesi. Mi parla delle sorelle Comoglio, Teresa e Giuseppina, coofondatrici della adorazione quotidiana perpetua, due anime tanto sante ed appunto per questo tanto contrariate e tribolate anche dagli stessi Sacerdoti. Due volte, mi dice, era apparso a queste anime S. Francesco, che le aveva indirizzate nella Chiesa di S. Tommaso per fondarvi questa adorazione. Conservano in S. Tommaso il cuore trafitto di Teresa Comoglio e quanto prima si procederà alla causa. Mi dice che mi manderà nella casa dove sono vissute per vedere e raccogliere dati. Mi ricorda ancora che un giorno il Prof. Teodoreto, gli aveva accennato il progetto di raccogliere in un oratorio gli alunni che sarebbero usciti dalle scuole e quelli che già andavano a lavorare per dare loro un buon indirizzo, ma avrebbe desiderato conoscere se il Signore ne fosse contento. Fra Leopoldo pregò e quando fu ad un certo punto della Santa Adorazione, sentì Nostro Signore Gesù Crocifisso dirgli presso a poco così: "Sì sono contento di questa idea, ma digli che non speri di ottenere troppo, perché il mondo è troppo guasto". Il venerando francescano insiste perché vada dal Prof. Teodoreto che mi lascerà leggere queste meraviglie del Signore ( così le chiama sempre ) e ne ricaverò un bene grandissimo. Fra Leopoldo quando parla così sembra nel suo animo passi un fuoco ed allora la sua favella, umile e semplice sempre, priva assolutamente di cultura, assume un tono, una convinzione, una sicurezza e si eleva talmente che nessun ragionamento di uomo colto né libro di filosofia è più capace di agire sul mio animo e nella mia mente. E mi soggiunge, da qualche tempo Nostro Signore mi dice più nulla, se non ciò che riguarda la Pia Unione, ma mi tiene sempre là con una tale forza, mi rapisce talmente, che io non mi ricordo più di essere in questa terra. Chiedo a Fra Leopoldo quali preghiere speciali fa a Nostro Signore, perché mi ricordai che un giorno mi disse che chiesto alla Vergine quale preghiera preferiva, gli aveva risposto: "Il Santo Rosario" e da quel giorno il francescano lo aveva recitato intero tutti i giorni. Egli mi risponde non averlo mai detto a nessuno, ma che a me aveva piacere dire della sua vita. Egli si alza sempre alle 4 del mattino, e prima di scendere ha già fatte tutte le sue preghiere, l'adorazione al Santo Crocifisso, la preparazione alla Santa Comunione, e poi attende con gli altri religiosi agli uffici del coro. Fra Leopoldo è chiamato da un'altra persona e tento di prendere congedo. Torino, 8 Dicembre 1918 Ieri fui a visitare Fra Leopoldo. L'ho già scritto diverse volte, ma non lo dirò mai a sufficienza, quanta pace, quanta calma, quanta semplicità e carità vi sia nel francescano, che mi riceve sempre con un'umiltà tale che si direbbe maggiore in lui il bisogno di vedermi del mio di trarne dalle sue visite motivi di bene. Vi è sempre nella sua voce la stessa bontà, nel suo dire lo stesso tono, nel suo amore a Gesù un ardore continuo, uguali; nella semplicità delle sue espressioni il vero senza nessuna ostentazione e soprattutto il desiderio di glorificare il Signore così pieno di misericordia e di carità. Gli domando di dirmi qualche cosa di Gesù, argomento suo preferito ed allora i suoi occhi si rivolgono in alto, si raccoglie un momento e si direbbe che non è più Fra Leopoldo che parla, ma un'anima privilegiata, il vero "segretario" il "portavoce" di Gesù, come il Santo Crocifisso lo chiama. Mi parla della sua vita prima di religioso; del Crocifisso di S. Dalmazzo dove solitava ogni giorno far la Comunione ed una mattina sentì la voce stessa del Crocifisso che lo invitava ad andare a servire la Santa Messa. Questo Crocifisso io stesso lo vidi e pregai insieme a Fra Leopoldo il giorno che andai con lui a visitare la famiglia del fu Tenente Natta. Mi ripete la dolcezza, la soavità provata un giorno ricevendo la Santa Comunione, quando il Signore estasiandolo d'amore gli aveva detto: "Fra me e te d'ora innanzi vi sarà una maggior intimità". Da allora era stata una continua confidenza celeste, un rapimento, ricevendo il Signore nella S. Comunione. E soltanto dopo la morte della Sua Mamma, Gesù Crocifisso lo aveva voluto religioso nella Chiesa di S. Tommaso. Gli chiedo come è nata la Divozione al Santo Crocifisso, o meglio di ripetermelo. Egli comincia a riparlarmi della visione avuta in sogno a Viale d'Asti. Aveva visto, come ho già detto altra volta, il Santo Crocifisso nello stesso modo che è riprodotto nella pagella della preghiera. Alla mia domanda su certe particolarità, risponde che ciò che risaltava maggiormente nella visione era l'anima inginocchiata alla Croce, ma sospesa da terra. Quell'anima era di bellezza straordinaria, paradisiaca e nessun artista potrà riprodurre anche lontanamente il candore e la perfezione di quei lineamenti. Da allora e dai fatti di S. Dalmazzo, gli erano rimasti nell'animo affetti ardentissimi verso Gesù Crocifisso e la Santa Comunione, cose però che non manifestava a nessuno. Ritirandosi in S. Tommaso, un giorno, il Padre curato ordina di togliere dalla cantina oggetti vecchi, legna ed altre cose. Fra queste, vi era un Crocifisso, sporco, pieno di polvere perché da tanto tempo abbandonato. Fra Leopoldo ( è da notare che questo Crocifisso era stato messo in disparte proprio vicino alla porta della sua cella ) visto quel Crocifisso chiede a Padre curato se era possibile averlo. Gli è concesso, lo pulisce bene e dato l'affetto grandissimo che sentiva per il buon Gesù Crocifisso, se lo porta in camera, lo pone sopra un cuscino, adora prostrato le sue S. Piaghe, poi lo riprende, lo stringe con ardore al cuore, ne è tutto invaso, estasiato, lo ripone sul cuscino e così in ginocchio, ai piedi del Crocifisso, ha scritto la preghiera alle Cinque Piaghe, senza sapere come e perché, ma guidato, inspirato da quel trasporto divino che è stato il vero compilatore di quella sublime pagina. Fra Leopoldo racconta tutto ciò senza nessuna enfasi, ma con umiltà, semplicità nascondendo la sua personalità, anzi per dimostrare che è tutta e completamente opera del Signore, dice con convinzione profonda, come poteva egli, povero ed ignorante frate soltanto concepire una preghiera così bella, egli che a stento sapeva appena scrivere. Da allora il Santo Crocifisso ha cominciato a fargli provare le ore di paradiso, i rapimenti completi, le gioie che non sa esprimere e si è degnato di rivelare a lui le sue misericordie, a lui come strumento della sua bontà. "Io sono niente, ripete Fra Leopoldo, niente, è tutto il Signore e solo grande è il Signore. Io sono un peccatore e basta". Dapprima egli si turbava quasi alle rivelazioni del Signore, alla voce chiara, che il Signore lo teneva là vicino, in godimenti celestiali. Poi, consigliatosi con Fratello Caneparo, un laico Sacramentino che io ho avuto la fortuna di conoscere, ebbe il suggerimento di trascrivere tutto ciò che il Signore gli andava dicendo. E cominciò su foglietti di carta, sino a che, visto che le rivelazioni erano quasi quotidiane e diverse, pensò di adottare il sistema dei quaderni. Fra Leopoldo mi ripete per la centesima volta che vi sono delle meraviglie che dovranno convertire il mondo. E mi ripete di andare dal Prof. Teodoreto perché aveva avuto permesso dal Signore di lasciarmele leggere, purché io facessi del bene. Mi dice come il Crocifisso gli abbia detto più di una volta che: "Tutto ciò che gli rivela non è solo per lui, ma per tutto il mondo". Mi fa notare la compiacenza di Nostro Signore per la Santa preghiera, manifestando che era tanto contento dell'adorazione alle Piaghe. Ancora il Santo Crocifisso aveva assicurato Fra Leopoldo che chi recita la Santa preghiera si sarebbe salvato. Che lo scopo della preghiera al Crocifisso era quello di portare delle anime a Gesù mediante la Santa Comunione: che la prima strada era quella di portare alla seconda, per arrivare poi in Paradiso. Mi racconta la sua prima visita al Cardinale, riuscita infruttuosa perché il Pastore gli aveva detto che divozioni ve ne erano già troppe. Fra Leopoldo, senza scomporsi, aveva chiesto allora umilmente la paterna benedizione e se ne era ritornato non sfiduciato. Gesù Crocifisso gli aveva detto allora che il tempo non era ancora venuto. Dopo non molto la preghiera aveva ricevuto la benedizione del Cardinale Richelmy, e la seconda visita fatta allo stesso Cardinale era riuscita ben diversa dalla prima. Grazie straordinarie sono state ottenute mediante quella preghiera, che va estendendosi in tutto il mondo. Fra Leopoldo mi parla di un Ordine che dovrà sorgere, ma non mi sa specificare nettamente. Mi accenna alla santità del Prof. Teodoreto, che il Signore stesso ha cercato per metterlo a capo di questo movimento spirituale, perché mi ripete: "Io ricevo dal Signore direttamente gli ordini ed egli ne è l'esecutore". Mi parla ancora di tante altre cose, del mondo pieno di invidie e di vizi, della grande bontà e misericordia del Signore, del suo amore per noi, della bella grazia di andare in Paradiso e come di lassù, se il Signore lo concederà, proteggerà tutti, principalmente i devoti del Santo Crocifisso. Mi ripete ancora le meraviglie delle rivelazioni che dice io avrò il privilegio di leggere e prendo congedo dopo più di un'ora di salutare visita. Sulla porta mi ripete il solito: "Sia lodato Gesù Cristo". Torino, 13 Dicembre 1918 Oggi alle 16 fui a visitare Fra Leopoldo, poiché ieri sera alle 18, passando da S. Tommaso, entrai per salutarlo dopo 6 giorni che non lo vedevo. Ieri sera mi aveva appena accennato che aveva da comunicarmi qualche cosa che mi interessava e quando oggi entrai, con paterna premura mi disse che mi aspettava già prima. Parlo di qualche cosa, dei bambini, e poi Fra Leopoldo, che mi dimostra una affezione, una confidenza, una intimità che raramente si trova, raccogliendosi un momento e usando il tono di voce delle confidenze del Signore, con una dolcezza, una carità francescana, mi dice: "Sa, il Signore Le vuol bene, tanto bene e vuole che lei ci aiuti per il bene delle anime." E mi accenna che due giorni prima, facendo la Santa Adorazione e pregando per me e per i miei genitori, il Santo Crocifisso si era degnato di comunicarmi cose che mi riguardavano. Io rimango stupito e sento tutta la mia pochezza, la mia ingratitudine verso la misericordia del Signore. Balbetto qualche parola e Fra Leopoldo con un dolce sorriso mi aggiunge: "Se non è buono, così mi costringe a dire, lo diventerà". Ecco il contenuto del biglietto di Fra Leopoldo: "Sia sempre nel Nome Santo di Dio. Mentre facevo la Santa Adorazione al SS. Crocifisso e nel raccomandare il buon Enrico Blondet con i suoi genitori e il permesso per leggere gli scritti, Gesù tutto concede a condizione di prestargli amore e benevolenza. Io concedo tutto riguardo ai genitori stia tranquillo e così dicendo soggiunge: non sono io il padrone delle anime? E quando pare impossibile le cose alla mente degli uomini a me tutto accomodo". La sera di mercoledì ore 22 nella SS.ma adorazione al SS. Crocifisso. Torino, 11 Dicembre 1918 Fra Leopoldo mi aggiunge che crede di interpretare in queste parole che il Signore salverà i miei anche se non avverrà quello che vorrebbero gli uomini. Mi dice di essere tranquillo, di pregare, di lavorare e stare sicuro. Fra Leopoldo mi ritorna a parlare con grande sicurezza delle meraviglie rivelate dal Signore. Egli ne parla con una compiacenza che dimostra un amore grandissimo al Signore e con un'umiltà straordinaria. Mi dice che il Santo Crocifisso gli ha ripetuto in merito a tutte le domande che io e gli altri si vanno ripetendo circa la preghiera, la voce delle rivelazioni, il modo di dire che la preghiera è stata guidata da Lui e che chi la farà si salverà. Poiché la Santa Adorazione ha per scopo di portare le anime alla Comunione Eucaristica ed è questo che vuole il Santo Crocifisso, il quale ha detto e ripetuto tante volte che quanto gli va dicendo non è solo per lui ma per tutto il mondo. Fra Leopoldo mi ripete queste cose per la centesima volta e la sua convinzione è così profonda, la sua parola così certa, la sua speranza così sicura che prova una felicità che si comunica a chi l'ascolta. Il libro che ne uscirà, mi ripete, insieme alla Santa Adorazione, dovrà convertire il mondo. "Ma se vedesse la grande misericordia del Signore, la sua bontà, il suo amore, è una cosa straordinaria. Sarà un libro che farà tanto bene. La prima copia andrà al Sommo Pontefice e al Cardinale. E lei, sarà dei primi ad averlo". Fra Leopoldo mi ripete che il Signore vuole che si vada ai bambini e giovanetti. La società presente è troppo caduta in basso, e dobbiamo preparare i ragazzi per avere un'altra generazione. Egli mi dice il bene che io posso e debbo fare in mezzo al mondo e se ne compiace. Mi ripete che il Signore vuole che i Sacerdoti si uniscano ai ricchi per il bene morale e materiale del povero. "Guai a quei preti, mi dice, che non faranno del bene". Fra Leopoldo mi parla del grande conforto di amare il Signore, della compiacenza di Gesù verso le anime di Lui innamorate, delle palesi manifestazioni che il Signore dà alle anime che lo amano e lo fanno amare. Egli mi dice di averlo sperimentato, nella preghiera, nella Santa Comunione, in tutto insomma. Abbassa la voce e mi fa come egli dice una confidenza che desidera la tenga solo per me. "Vede, mi dice, anche nei miei lavori, sento la vicinanza del Signore". Sorride e mi racconta che in cucina gli succede spesso di avere la quantità di generi sufficienti per i soliti conviventi e tante volte il numero raddoppia inavvertitamente ed egli vede che la quantità è sempre abbondante per tutti. Fra Leopoldo me lo dice proprio in confidenza senza dare importanza a ciò, ma visto che io unisco questi fatti, direi materiali, ad altri avvenuti nella Cappella di N.S., egli cerca di non dare valore, e non vuole che io dia importanza. Passa a parlarmi della sublimità della preghiera e come a Nostro Signore nulla sfugga, nemmeno un sospiro emesso per amor suo. Torino, 18 Dicembre 1918 Oggi alle 15 fui da Fra Leopoldo. Gli ho portato un Bambino Gesù per farmelo benedire, dovendolo portare a casa per la solennità del Natale. Il francescano sempre umile e premuroso e pieno di affettuosità grande verso di me, bacia un piede del Pargoletto e mi dice, dietro mia domanda, di star sicuro che lo metterà vicino al Santo Crocifisso miracoloso e la statuetta della Vergine Consolata e lo terrà vicino a sé, nella camera, sino alla partenza. Io mi mostro lieto, ringraziandolo del favore, dimostrandogli che da semplice oggetto diverrà per me e per tutti i miei cosa preziosa. Fra Leopoldo mi guarda con due occhi pieni di affetto e di bontà e mi parla con tale confidenza, con tale piacere, ripetendomi spesso che lui è contento quando io sono vicino a lui, che il tempo passa troppo presto. Di nuovo sorridendo, ma con un senso direi di rincrescimento, mi racconta, poiché egli mi dice che io sono il suo confidente, che stamani è andato alla portineria un Sacerdote ed aveva chiesto al Padre Curato se era in quel convento un Santo. Padre Curato e Fra Leopoldo ride di cuore, ha risposto che vi era un Santo che mangiava e dava da mangiare agli altri. Fra Leopoldo mi dice, abbassando la voce, che i Padri del convento non sapevano nulla delle meraviglie del Signore e gli spiacerebbe lo sapessero, temendo un atto di umiliazione. Alle mie parole di dubbio, dice di temere che sappiano qualche cosa, ma non tutto. Chiedo se il Signore si è rivelato in questi ultimi giorni e mi risponde negativamente, soggiungendo che il Signore è molto triste. Ritornando a parlare del Bambino Gesù e della mia speranza che farà del bene in casa mia, Fra Leopoldo, con il suo tono semplice, ma convinto, sicuro di ciò che dice, mi ricorda che il Signore mi vuole tanto bene e che glielo aveva già detto, come aveva già riferito a me altre volte. "Il Signore mi ha detto che vuole che lei preghi e guardi che quei detti dell'altro giorno sono chiari. Anche che i suoi [genitori] non dovessero compiere quello che è suo desiderio a me sembra di interpretare in quelle parole, che il Signore salverà i suoi [genitori]". Gli dico di parlarmi un po' del Signore nel modo che egli ne parla così bene. "É quello che vuole da me il Crocifisso. Una volta, mi dice, nella mia semplicità, ho chiesto al Signore di far presto a convertire il mondo, perché egli desiderava vedere tutti gli uomini ad amarlo". Fra Leopoldo sorride e mi dice: "Sa che cosa mi ha risposto il Santo Crocifisso? Che egli non ha fretta". Mi parla della SS. Eucarestia. Quando Fra Leopoldo entra in questo argomento io non ho più il coraggio di interromperlo e lo guardo fisso, come se avesse da irradiarsi d'amore e di luce. Mi dice che dal giorno che il Signore gli aveva rivelato che fra il Signore e lui vi sarebbe stata maggiore intimità, aveva sentito nell'animo un amore nuovo, diverso, un rapimento continuo, delle meraviglie indescrivibili e da allora il Signore gli aveva rivelato tante cose. Un giorno di maggiore degnazione del Crocifisso che gli aveva emessi detti in quantità superiore al solito, egli ingenuamente gli aveva chiesto come mai avesse tante cose da dire. Ed il Crocifisso gli aveva risposto che ne avrebbe avuto per tutta l'eternità. Fra Leopoldo continua a narrarmi dei rapimenti avuti nella Santa Comunione e dice che se gli uomini arrivassero a intendere cosa parla nei cuori l'amor di Dio, nessuno resterebbe senza amarlo. Mi ricorda che generalmente chi fa santamente bene la SS. Comunione la prima volta, nella vita continua bene. E mi porta il suo esempio. Gli spiace dover parlare sempre di sé, ma io lo prego di continuare. Dice che a due anni aveva dato il primo segno di voler bene al Signore e nella Prima Comunione gli aveva chiesto di farlo Santo. Ricordo io allora a Fra Leopoldo la mia Prima Comunione, che quantunque in casa nostra mancasse la fede, fu fatta con divozione e solennità. Ricordai che al dopo pranzo, nonostante avessi in casa molte persone invitate, uscii con un mio amico pur egli comunicando e mi portai in Chiesa. Alla sera stessa, andando come era di solito in una società, al ballo, io appena entrato mi sedetti e mi addormentai. Fra Leopoldo se ne compiace e mi ricorda la mano di Dio che voleva da me tante cose. Torino, 28 Dicembre 1918 Dopo pranzo fui a visitare Fra Leopoldo che mi aveva pregato di andare subito di ritorno dalla licenza. L'Ammiraglio aveva anche inviato da me, perché lo presentassi a Fra Leopoldo, l'Ing. Montessoro, ma prima mi reco solo in parlatorio, per avvertire della mia visita il francescano. Egli desidera prima di parlare un po' con me ed al mio accenno al lavoro per il Crocifisso fatto dal sig. Ammiraglio, egli se ne mostra lietissimo, aggiungendo che Nostro Signore gli aveva detto che Torino sarebbe stato l'albero magistrale di dove si sarebbero stesi tutti i rami. Fra Leopoldo s'interessa del sig. Ammiraglio, dei miei, di mia sorella, con gentilezza cristiana e mi dimostra la sua affezione in modo commovente. Ha qualche cosa da dirmi e dalle sue labbra la voce ha una dolcezza cara che penetra nel cuore, la sua umiltà è così profonda che si contempla con venerazione nonostante le sue continue proteste di ignoranza e di povero laico. Mi narra che il giorno di Natale, mentre era in cucina per i suoi lavori, come spesso fa, prega, sentendosi maggiormente trasportato verso il Signore, sentì un rapimento che lo fece dimenticare di essere al mondo ed il Signore nella Sua infinita bontà gli fece vedere un cielo sereno pieno di stelle. Ve ne erano delle grosse e delle piccole, ma anche queste ultime lucentissime. Le grosse rappresentavano la virtù della castità e le più piccole i sacrifici minori, ma che a volte costano un po', fatti per amore di Dio. Ad esempio aver sete ( sono piccole cose ) e rinunciare a bere per qualche ora, sentire qualche bisogno e non soddisfarlo, avere qualche curiosità e negarla e così via. Fra Leopoldo si mostra lietissimo di vedermi; mi domanda del Bambinello Gesù e vorrebbe che rimanessi anche col colloquio dell'Ingegnere. Lo faccio entrare e lo presento. Fra Leopoldo si mostra subito un po' tentennante e devo insistere perché dica qualche cosa che attende l'Ingegnere. Ma quando Fra Leopoldo vede la bontà del giovane, comincia a dire con dolcezza, umiltà, ma pieno di amor di Dio della misericordia di Gesù. E quando mi accorgo che l'Ingegnere ha da parlare di sé mi ritiro per dare maggior libertà al discorso. Ritorno dopo più di mezz'ora e mi accorgo che le due anime sono accese in viso e fra di loro c'è un'intesa. Ci congediamo, l'Ingegnere mi manifesta tutta la sua soddisfazione della visita e mi dice che Fra Leopoldo ha risolto certe domande con risposte così geniali che nessun professore sarebbe riuscito. Ci promettiamo, congedandoci, a vicenda di lavorare per il Signore. Torino, 29 Dicembre 1918 Oggi nel pomeriggio sono ritornato con Cambiaghi a visitare il Prof. Teodoreto. Ci accolse con la solita benevolenza e mi piace ripetere che sia questo Santo Professore che Fra Leopoldo in tutte le visite fatte, ho constatato l'identico, preciso stato d'animo, lo stesso trattamento, la stessa pace che comunicano in modo straordinario, lo stesso tono di voce, lo stesso sorriso, soltanto una cosa sempre maggiore: l'amore di Dio che li rende sempre più santi. Si è compiaciuto molto del lavoro che il sig. Ammiraglio fa per il Santo Crocifisso e dice che il Signore lo ricompenserà perché ha detto più volte a Fra Leopoldo che desiderava si propagasse la Santa Divozione. Mi ricorda il simbolo, cioè il palo sul quale Mosé aveva posto il serpente di bronzo perché chiunque lo guardasse fosse salvo. Questa figura è il Crocifisso. Se noi riusciamo in qualche modo a far conoscere, a far vedere il Santo Crocifisso a delle anime, noi a queste anime certamente in fin di vita avranno il conforto di essere benedette e salvate. Ricorda come Gesù sia fatto bersaglio a ingiurie e oltraggi. Appunto noi dobbiamo riparare con amore, lavorando per dargli gloria. Le sue parole hanno un accento soave, il suo viso è sempre atteggiato ad un sorriso angelico ed il suo sguardo si vede che è fisso in qualche cosa di Santo, perché non si scompone mai, ma parla con serietà nonostante un dolce sorriso, parla con convinzione, con tranquillità con serenità d'angelo più che d'uomo. Gli fisso un appuntamento per questi giorni se ne mostra lieto. Ci saluta con tanta benevolenza ed alla mia richiesta di avere la regola dei Fratelli delle Scuole Cristiane, con ammirabile correttezza non indaga il motivo e mi assicura di soddisfarmi. Torino, 30 Dicembre 1918 Oggi avrei desiderato recarmi solo da Fra Leopoldo, perché avevo tante cose a dirgli, ma penso essere bene portare i miei bambini ( Aroldo e Mario, i figli del mio Tenente ) a visitare il francescano. Egli li riceve con una carità commovente. Li bacia tutti e due in viso e nella sua voce c'è una commozione, poiché avevo già parlato molto di questi bambini e della loro condizione particolare. Sembra che oggi il Signore lo benedica in modo particolare. Vi è in ogni parola una fiamma di bontà e semplicità che commuove i bambini, che contemplano Fra Leopoldo senza che io li avessi prevenuti che era Santo, anzi non avevo loro mai parlato della sua virtù eroica. Il francescano raccomanda loro di voler bene a Gesù, di ricordare i miei insegnamenti, di pregare perché quando si ha la grazia di Dio, si è felici. Li esorta a pregare per il papà e la mamma e di non guardare alla loro virtù perché noi dobbiamo sempre la loro riconoscenza ed amore per averci dato la vita. Dona ai bambini dell'uva e delle preghiere che accettano con riconoscenza. Quando usciamo i bambini hanno poche parole. Sono commossi della bontà di quell'uomo che mi dicono non averne visto mai simile e dicono anche loro voler diventare buoni. Sono lietissimi della visita e per via mi prendono sotto braccio e discorrono come due uomini, tanto hanno avuto buona impressione dalla visita. Hanno promesso di ritornare a visitarlo. Torino, 2 Gennaio 1919 Ieri sera fui a visitare per un momento Fra Leopoldo, il quale mi aveva fatto telefonare che desiderava vedermi per una pratica. L'ultimo giorno d'anno lo trovai in condizioni non buone di salute, oggi invece era di nuovo allegro e stava bene. Come al solito si mostrò con me gentilissimo, anzi direi con un affetto come raramente si vede. Ed egli non me lo nasconde, quando gli rammento che fra poco andrò a casa, se ne mostra addolorato e mi ripete se gli scriverò. Gli manifesto il mio desiderio di rimanere a Torino e la mia simpatia mai sentita prima d'ora per l'ordine dei Fratelli delle Scuole Cristiane. Egli sorride e mi dice che non starò molto a ritornare. Non mi nasconde il suo consiglio sulla opportunità di non accasarmi e mi fa l'apologia dei Fratelli. Poi, con il suo tono delle grandi confidenze, si raccoglie un momento, abbassa la voce e mi dice: "Si ricordi bene che il Signore desidera delle anime che si diano completamente a Lui ed ora ve ne sono poche, molto poche". E abbassando ancor più la voce: "Anche negli stessi Sacerdoti, non tutti sono ottimi. Fanno bene sì, ma non sono completamente del Signore". Mi esorta di andare dal prof. Teodoreto per leggere i quaderni dove sono trascritte le rivelazioni del Signore ed io, che ne ho vivo desiderio, mi scuso proprio perché il diavolo mi toglie il tempo. Suonano ed entra Cambiaghi con un altro ragazzo del '900 da poco venuto in ufficio e ci intratteniamo ancora qualche minuto. Torino, 3 Gennaio 1919 Sono ritornato ieri sera alle 18 da Fra Leopoldo, per scusarmi che nemmeno in giornata avevo potuto visitare il Prof. Teodoreto a causa dell'ufficio che non me lo aveva permesso. Se ne mostra davvero spiacente e mi dice che il Professore ieri mattina mi attese tutta la mattinata. Teme che il demonio lo impedisca perché indubbiamente tale lettura mi farà molto bene. Fra Leopoldo nella sua grande bontà mi ripete per la centesima volta il suo affetto grande nel Signore per me e mi dice che sarà per lui un dolore quando non gli sarò più vicino. Io tento di dimostrargli che devo molto a lui ed egli mi ripete che è difficilissimo trovare due anime che si intendano completamente nell'amore al Signore. Mi dice che sarebbe suo desiderio che io fossi al suo letto di morte e assistessi le sue ultime ore ed io, ricordandogli che quel giorno sarò lontano, non gli nascondo che tale sarebbe pure il mio desiderio. Mi ricorda ancora che ha avuto per me confidenze celate agli altri e che il Signore permette che legga anche le sue meraviglie. Mi parla della bontà del Prof. Teodoreto e mi ripete: "Creda, è proprio un Santo". Mi dice che fra le rivelazioni ( e questo me lo nota incidentalmente ) ve ne erano diverse riguardanti il Sommo Pontefice e che una pia persona aveva portato a Roma. Ma le carte non giunsero al Papa ed egli, dice che si è dovuta constatare la verità del detto. Consisteva ( prima della guerra ) che il Papa non si fosse mosso da Roma e difatti ebbe sollecitazioni, mi dice, ma non si è mosso. Fra Leopoldo è sempre più umile, più francescano. Quando mi congedo, egli mi accompagna sempre alla porta, mi chiede quando ritorno ed oggi, in un momento di maggiore affezione, egli mi prende le mani e mi accarezza una volta in viso con paterna delicatezza. Torino, 5 Gennaio 1919 Ieri sera fui da Fra Leopoldo. Il buon francescano mi accolse con la solita benevolenza ripetendo: "L'aspettavo sa, l'aspettavo". Si parlò subito dell'ingiustizia umana, della disonestà, del male che aumenta ed alle mie parole, alle mie insistenze sulla correzione e come mai il Signore li sopporti, egli, sempre con carità grandissima, mi diceva che il male è enorme, che il mondo peggiora nonostante i continui avvisi del Signore. Mi ricorda le parole della Vergine, quando, alle sue insistenti preghiere per la pace, gli aveva detto che si poteva concedere, ma che allora occorreva la sferza e la sferza è questa epidemia che uccide milioni di persone e che purtroppo non è ancora finita. Difatti Fra Leopoldo, quando ancora infieriva la guerra, mi aveva detto questa rivelazione, come ho scritto in un altro colloquio e mi ripeteva che sarà un castigo peggiore della guerra. Egli che parla dei detti del Signore con una sicurezza comunicativa, ha piena fiducia nel miglioramento della società con la preghiera del Santo Crocifisso, che porta all'Eucarestia e con il libro che uscirà dopo la sua morte, dove sono segnate tutte le rivelazioni di Nostro Signore, il quale, mi dice, ama anche i peccatori in modo straordinario e li aspetta sin dopo la morte. Mi dice come il Signore gli abbia detto più d'una volta che i Sacerdoti si uniscano ai signori per il bene del popolo, altrimenti avrebbero subito ( e questo lo ha intuito ) le furie. Alla mia domanda se il Signore si è rivelato in questi ultimi giorni, egli mi ripete che da un periodo, come gli aveva predetto, è silenzioso e soltanto gli parla se si tratta della Pia Unione o di qualche altra cosa. Mi dice che invece prima non aveva tempo di scrivere che il Signore parlava appena si metteva in adorazione. I detti furono ricevuti e scritti sempre rimanendo in ginocchio. Mi ripete la bontà del Prof. Teodoreto, il quale è il beniamino del Signore, perché ha scelto proprio lui per tutto l'andamento della pia divozione e la correzione agli errori di ortografia di Fra Leopoldo. Mi esorta di andare dal Professore per leggere queste meraviglie che faranno tanto bene al mondo e mi dice che è per me un privilegio graditissimo, perché dice che il Prof. Teodoreto li legge come libri Santi. E dice sempre che tutto questo è tutta opera del Signore, perché, come mi ripeteva nell'ultimo colloquio di crederlo e ripeterlo a tutti egli è un povero minchione e tutto è opera del Signore. Per dimostrarmi l'infinita bontà del Signore mi dice che proprio in questi giorni, pregando, il Signore gli ha chiesto: "Leopoldo, sei contento di me?". Fra Leopoldo esprime tutto questo con una semplicità straordinaria. Egli è conscio della grande grazia del Signore, ma riferisce questo come cosa naturale, aggiungendo sempre che egli non merita un privilegio tale. Mi dice questo, ma non mi dà la risposta data a Gesù. Mi fa notare la profondità di questa domanda e mi dice che vi sarebbe da scrivere un volume. Un Dio che chiede ad una creatura se è contenta di Lui! Fra Leopoldo dice che nel suo quaderno ha notato il detto ed ha fatto seguire, di suo, delle considerazioni per gli Zelatori e Ascritti alla Pia Unione. Si parla poi della grazia del Signore e racconto a Fra Leopoldo che anch'io devo essergli gratissimo. Cito diversi fatti, che ascolta con attenzione, della mia vita ed egli allora mi dice che qualcuno lo ha consigliato a consigliarmi di scrivere cenni sulla mia vita. Io sorrido e sorride anch'egli. Ho trascritto questo punto per essere fedele a quanto è stato detto, non per orgoglio. Fra Leopoldo mi accompagna pregandomi di ritornare domani e mi congeda con il solito: "Sia lodato Gesù Cristo". Dimenticavo di un suo preavviso per la lettura delle rivelazioni. Mi conferma che indubbiamente è il diavolo che intralcia questo momento, ma di non preoccuparmi perché il Signore lo permetteva, quindi un giorno o l'altro sarebbe avvenuto. Mi ricorda che prima dei detti del Signore precedono dei cenni sulla sua vita, e poi seguono le rivelazioni ed i fatti straordinari successigli. É spiacente che non potrò leggerli tutti, perché il lavoro di copiatura è da poco cominciato e le rivelazioni ed i suoi scritti sono molti. Ad ogni modo per ora leggerò quanto è pronto. Fra Leopoldo dimostra quasi urgenza di questa mia lettura perché è certo ne trarrò molto vantaggio. Io gli ricordo che delle visite fatte a lui ne tengo sempre una relazione, la quale serve anche al sig. Ammiraglio. Fra Leopoldo parla volentieri del sig. Ammiraglio e mi dice che sono anime belle, amate dal Signore. Torino, 7 Gennaio 1919 Stasera alle 18 passai un momento a visitare Fra Leopoldo. Chiestoci a vicenda lo stato di nostra salute, Fra Leopoldo mi disse che ieri fu richiesto da un Sacerdote e da una Suora inviati dal Prof. Clementini. Il francescano non riceve troppo volentieri i Sacerdoti perché dice che essi sono già fin troppo Santi, che dovrebbero conoscere il Signore e se vanno da lui una buona parte sono spinti da curiosità e non da desiderio di amare il Signore. Mi racconta qualche non bello episodio fra religiosi e Sacerdoti, che non trascrivo, ma che egli mi racconta perché non mi scandalizzi mai e sappia giudicare. Mi dice che il Signore nella Sua bontà gli aveva fatto vedere delle cose che non poteva dire a questo riguardo. Entra l'amico Cambiaghi. Fra Leopoldo continua. Cambiaghi chiede l'età al francescano ed egli ripete: 70 anni e si mostra lieto, perché dice che è il Signore che fa tutto e che si stupisce egli stesso di riuscire a portare tante fatiche. Mi ripete e ne ho il piacere che lo senta Cambiaghi, come la bontà e Provvidenza del Signore lo aiuti in tutto, persino in cucina. Tante volte egli vede che, malgrado la limitazione dovuta, di cibo ve ne è per tutti, per bontà di Dio e si intuisce che vi sia la mano del Signore. Il francescano si affretta a dire che non è opera sua e cerca di non dare importanza a ciò. Ci dice poi che una volta il Signore gli fece sentire: "Per dimostrarti la mia benevolenza ti terrò come uno straccio". Fra Leopoldo teme che noi interpretiamo male questo e ci dimostra come le anime preferite al Signore siano state fatte segno sempre a gelosie, maltrattamenti e subire umiliazioni. Queste dice sono le prove, il segno che sono privilegiate da Dio: es. le Sorelle Comoglio. Nel congedarmi mi sussurra: Venga presto neh! Torino, 8 Gennaio 1919 Oggi alle 14 per bontà del mio caro amico Cambiaghi che si sacrifica per me, per concedermi di queste gioie, fui a visitare il Prof. Teodoreto in via S. Massimo. Il Fratello, dopo avermi ricevuto con molta cordialità, mi invitò di fare con lui una visita al Santissimo nella loro Cappella. Poi passeggiammo lungo il corridoio, avendo diverse cose a parlare. Sollecitai la preghiera al Crocefisso in inglese per il sig. Ammiraglio: chiesi informazione sulla scuola di religione, sul funzionamento degli oratori festivi e ci si dilungò su questo desiderando avere un'idea precisa. Lo scopo della visita era pure di usufruire del privilegio concessomi da Fra Leopoldo per leggere le rivelazioni di Nostro Signore al Santo Francescano, ma prima si incominciò a parlare della Regola dell'ordine dei Fratelli delle Scuole Cristiane, la quale mi espose con sì chiarezza e padronanza da averla impressa meglio di averla letta. Non la trascrivo perché ne avrò una copia, dico soltanto che lo scopo è l'educazione cristiana dei fanciulli e della gioventù e che ormai i Fratelli sono in tutto il mondo e ascendono a più di 15.000. Non mi è possibile enumerare le bellezze di quest'ordine, che vive di sacrificio e di soddisfazioni. E quantunque la regola imponga di alzarsi alle 4,30 del mattino, il lavoro e le occupazioni sono così ben distribuite che non un minuto rimane libero sino alla sera alle 21. Il Prof. Teodoreto si comprende che è entusiasta di appartenere a quest'ordine, pur tuttavia leggendo sul suo viso e nel suo sorriso di compiacenza, non altera di un tono la voce ed il suo dire è sempre sereno, calmo, serio, dignitoso. Quando egli mi dice che al mattino dopo la Messa ai bambini, si entra in classe e gli scolari, ancora con la cara impressione avuta, ascoltano per dieci minuti la parola del Maestro che parla su una verità di fede ( Comunione - Crocifisso, ecc. ) e si vede che penetra in quelle anime l'idea del Signore e vi lavora, i suoi occhi hanno un lampeggiamento di vera soddisfazione e senza enfasi, ma con vera dignità di uomo del Signore, si compiace del bene che i Fratelli fanno a gloria di Dio. Così pure fa risaltare il grande beneficio che ogni mezz'ora, cioè al suono dell'orologio, un bambino ripete: " Ricordiamoci che siamo alla Santa presenza di Dio ". Segue una giaculatoria e si continua a lavorare. Ai bambini viene rinnovata l'idea del Signore, al Maestro fa riflettere ciò che deve fare e offrire a Gesù il suo lavoro. Così nel meriggio, dalle 15,30 alle 16,30, vi è catechismo e generalmente i Maestri intrattengono gli scolari sopra un fatto, un racconto della Sacra Scrittura o del Vangelo, di modo che il bambino esca con un ultimo buon pensiero che lo faccia riflettere e avendolo interessato lo spinga a raccontare in casa e fuori. Non cito altre cose che sono davvero ammirabili, quali lo studio di perfezionamento di ciascun Fratello di una data materia, lo studio della religione continuo e l'ottimo sistema di patentarsi nella materia scelta, per poi nel caso riuscire atto per gli studi superiori. Non trascrivo altro perché avrò in una prossima visita in settimana altre spiegazioni e poi la regola. Entra in questo momento a chiedere del Professore un Sacerdote Sacramentino. Il Fratello Teodoreto è spiacente non potermi condurre sopra per la lettura, ma mi prega di ritornare. Mi dice che è espressa volontà del Signore che nell'Ordine non vi siano Sacerdoti, per ragioni giuste, perché il Sacerdote è sempre più alto in dignità e allora non vi sarebbe più uguaglianza nel lavoro e la scelta per questi sarebbe difficile. E poi anche non si potrebbe attendere alle mansioni di Sacerdote ed a quelle di educatore. La S. Comunione giornaliera non è imposta dalla Regola ma tutti i Fratelli vi si accostano. Prima di congedarmi si mostra lietissimo della mia visita e davvero delle domande gliene ho fatte e intuendo nel mio interesse per la regola che si trattasse di me, mi dice di pregare e di insistere presso Fra Leopoldo perché spesso il Signore in casi simili risponde a Fra Leopoldo con parole sicure, nette e precise. Mi stringe con deferenza e bontà la mano e mi ripete di ritornare. Sono le ore 16.00. Torino, 8 Gennaio 1919 Rientrato in ufficio alle 16,30 ho trovato Cambiaghi molto triste per un telegramma che gli annunciava la morte di una anziana zia sua. Alle 18 uscimmo perché anch'egli desidera recarsi da Fra Leopoldo per raccomandarla alle sue preghiere. Fra Leopoldo lo consola e così Padre Norberto, una bella figura di francescano tutto amore per il Signore e carità per le anime. Rimasto solo con Fra Leopoldo gli parlo della bontà di Cambiaghi veramente ammirabile, dell'affetto che mi porta e della soddisfazione perché ogni mattina si accosta alla S. Comunione. Non gli nascondo che oggi piangendo mi aveva manifestato il timore che lasciandomi non si sarebbe sentito forte di continuare, ma che lo avevo ricordato assicurandolo dell'aiuto del Signore. Fra Leopoldo assume subito il tono confidenziale e mi dice con una espressione mistica che debbo farlo ripetere che il Signore mi vuole tanto bene ed anche a Cambiaghi ed era per questo che ci aveva inviato a lui. Fra Leopoldo sente il bisogno di ripetermi che ha per me un affetto grande e che non sa capacitarsi al pensiero che presto andrò via, ma soggiunge che ha pregato il Signore a toglierglielo questo affetto e che il Signore ha cominciato. Io protesto, perché mi sarebbe doloroso essere privato di un tale benefizio una volta lontano e Fra Leopoldo sorride e mi dice che mi vorrà sempre bene nel Signore. Alle mie insistenze di pregare per la mia vocazione e nello stato di vita che mi vuole il Signore, egli mi dice di sì e mi dice di star tranquillo perché il Signore provvederà. Anzi mi dimostra che quando egli entrò in religione aveva quasi 50 anni e non pensava di entrarvi. Una mattina facendo la Comunione dai Crociferi, sentì una gioia insolita e sentì una voce nel cuore ripetergli: "Va a S. Antonio". Non vi badò, ma la mattina seguente la sentì più forte. Vi accompagnò allora per caso un giovane e al Padre disse scherzando: "E poi raccomando anche un posto per me". Il Padre domandò l'età e Fra Leopoldo rispose: "49 suonati" ed il Padre: "Dia 50". Il giovane non fu ricevuto subito, ma una settimana dopo, ricevettero entrambi un avviso ai Camillini di presentarsi in Convento. Il giovine non vi entrò e Fra Leopoldo che lo aveva detto scherzando vi entrò e ben felice, mi diceva raggiante, di esservi entrato. E abbassando la voce, mi diceva che il Padre Provinciale gli vuole molto bene, quantunque egli non lo umili. Mi ricorda che in Comunità la prima cosa da osservare è parlare poco e stringersi al Crocifisso. Mi racconta anche che pregando per un giovane del convento buonissimo ( Bastianin ), il quale voleva farsi religioso, il Signore gli aveva risposto: "Non insistere, io lo guido". Fra Leopoldo dice che non bisogna avere fretta e pregare e vedere se è vera vocazione. Ripetendomi il detto del Signore: "Leopoldo, sei contento di me?" mi dice che una di queste sere, pregando, ripeteva al Signore che nemmeno abbassandomi mille e mille metri sotto terra, egli e nessun uomo si sentiva capace di chiedere al Signore se egli fosse contento di lui. E fatta la solita pausa, socchiusi gli occhi, strettosi un po' alle spalle e mettendo nella voce tutta la semplicità della sua mente e del suo cuore veramente santo continua: "Sa che cosa mi ha risposto il Signore? No, non è vero, sai ( presso a poco così ), perché sono molti gli uomini che non mi amano". Fra Leopoldo mi esorta a pregare, a pregare, a pregare. Mi ripete che il Signore glielo ha detto chiaramente e di stare tranquillo che in qualunque modo dovessero morire i miei genitori il Signore li avrebbe salvati. Continua: "Non mi ha forse detto che è Lui il padrone delle anime? Ma Lei preghi, preghi, preghi". Debbo ricordare che al principio del colloquio, rimasti soli, Fra Leopoldo ha avuto delle parole che quantunque io abbia fatto ripetere non sono riuscito a capire, eppure parlava chiarissimo. E sono stati gli unici momenti che Fra Leopoldo mi ha trattato con il tu, sino a che non ha terminato il suo pensiero, riprendendo poi quasi inavvertitamente il lei. Quello che ho afferrato è che parlava dell'amore e privilegio del Signore verso di me e mi sembra verso Cambiaghi. Ma parole che non compresi bene, nonostante gliele abbia fatte ripetere e per quanto vi rifletta non riesco a ricordare. Rientrato Padre Norberto rimase a parlare del Signore in modo edificante sino alle 20 e congedandomi Fra Leopoldo mi raccomandò di ritornare il giorno dopo. Torino, 9 Gennaio 1919 Ieri sera fui nuovamente da Fra Leopoldo. Egli sapendo che sono le ultime visite mi intrattiene più lungamente e insiste perché vi ritorni ogni giorno. Vi trovai pure Padre Norberto e ci fermammo più del solito a discorrere di cose sante comunicandoci a vicenda le idee che erano uguali. Fra Leopoldo è spiacente che non riesca ad andare dal Prof. Teodoreto per leggere le meraviglie del Signore. Mi ripete il fatto avvenutogli a Castiglione ( Torinese ) qualche anno prima di farsi religioso. Si trovava in collina con i suoi signori e accostandosi una mattina alla S. Comunione, mentre il Sacerdote stava distribuendo il Santo Corpo di Nostro Signore, l'Ostia si partì mentre il Sacerdote distava da lui di due persone e si posò sulla sua lingua. Fra Leopoldo stupito quando il Sacerdote giunse a lui non sapeva che fare e ricevette nuovamente Nostro Signore. Confessatosene gli fu detto aver fatto bene. Fra Leopoldo mi racconta queste cose con tale semplicità da far stupire. Mi ripete, parlando poi di me, di andare tranquillo e di pregare. Mi dice che l'altra mattina aveva detto alla Vergine che avrebbe avuto caro averla vicino quando avrebbe ricevuto Gesù. E nella Santa Comunione ebbe due Sante Ostie e ne offrì una alla Mammina. Mi dice che le mie preghiere giovano moltissimo per i miei. Mi ripete che il Santo Crocifisso glielo ha detto chiaramente che avrebbe salvato i miei e raccogliendosi maggiormente soggiunge: "E se anche il suo papà il Signore permettesse morisse diversamente da quanto lei desidera, non abbia timore, il Signore li salva". Queste parole sono per me di un conforto eccezionale e Fra Leopoldo le ripete con una tale sicurezza da far realmente pensare. Il colloquio dura più di un'ora e mezzo e quando mi congedo mi accompagna e mi dice che mi attende domani. Torino, 10 Gennaio 1919 Oggi alle 13,15 fui da Fra Leopoldo per avvertirlo che non ero potuto andare dal Prof. Teodoreto. Mi intrattiene sino alle 13,45 con Padre Norberto. Torino, 10 Gennaio 1919 Questa sera alle 18,15 sono ritornato da Fra Leopoldo. Saluto un momento Padre Norberto ma poi rimango solo con il francescano. Sarebbe inspiegabile il suo affetto e la sua carità verso di me se non sapessi che è un Santo. La sua semplicità, umiltà, tranquillità d'animo, il suo spirito d'ubbidienza, la sua completa sicurezza di essere niente perché tutto è opera di Dio lo rendono addirittura un uomo non comune. Stasera mi ha detto qualche cosa che non avevo sentito ancora, ma che egli desidera che io le legga per capirle meglio nei suoi quaderni che il Signore permettendolo, li vedrò lunedì 12 corr. Mi accenna ad una visione avuta in sogno di Maria Addolorata, tutta vestita in nero, la quale gli aveva detto semplicemente: "Ricordati quanto ha sofferto mio figlio". Poi dell'altra del Paradiso fatto tutto di nuvole candidissime che ai raggi del sole diventavano d'oro. Mi racconta molti episodi della sua vita, impossibili da trascrivere perché appena accennati e dice li leggerò. Uno fra i quali trovandosi a servizio in qualità di cuoco presso dei nobili in via Bogino 12, trovandosi egli in cucina ed essendo la famiglia religiosissima, si mise a recitare il Santo Rosario dinanzi ad una statuetta di Maria Ausiliatrice e poco dopo sentì una gioia straordinaria, si sentì gradatamente diventare leggero, leggero, alzarsi e provò un gaudio tale da mettersi a piangere di contentezza. Fra Leopoldo mi dice questo in confidenza, perché come egli sottolinea, a nessuno ha mai detto certe cose. Ma si intuisce che spesso il Signore lo deve privilegiare di questi doni, perché lo si intuisce nel suo dire. Difatti spessissimo egli mi dice che il Signore Gesù Crocifisso lo tiene legato a sé, ma dandogli delle estasi, delle gioie celestiali, tanto da dimenticarsi di essere nel mondo. Mi spiace che mi sfuggano tante cose importantissime che mi ha accennato stasera e che forse dimentico per stanchezza di mente. Egli mi parla dell'amore di Dio con una tale profondità, con un tale trasporto che non ha enfasi, no, ma è fatto di purezza, di continuità, di sicurezza e sembra abbia in tutti i colloqui e sempre nelle sue azioni Iddio che lo guidi e lo illumini. Difatti me lo confessò all'ultimo. Parlandomi della SS. Eucarestia Fra Leopoldo, pur conservandosi nella sua naturale calma, diventa eloquentissimo. Mi dice che le gioie che egli prova nel ricevere Gesù è impossibile esprimere. "E poi ( e si sofferma un istante, alza gli occhi al cielo, si raccoglie, come nei momenti di maggior confidenza, abbassa la voce ) è una vera confidenza, soggiunge, la stessa voce che sento del Santo Crocifisso, la odo pure ai piedi del Santo Tabernacolo. Anzi Le dirò di più, che diverse volte ho sentito dentro degli ........... Io non comprendo la parola, chiedo spiegazioni ed egli ( che per scusarsi mi dice più di una volta di scusarlo perché non sa parlare italiano ) si spiega meglio con la parola movimenti, come cose che si muovono. Fra Leopoldo espone con ingenuità semplice queste meraviglie ma si vede che è conscio della importanza della cosa. Egli mi dice che ciò che il Signore gli va ripetendo in quei momenti è la parola di Paradiso perché lì manifesta tutto il suo amore infinito. Alla mia domanda come gli riusciva possibile segnare tutto ritornato in camera, egli mi risponde che scriveva tutto ciò che ricordava e generalmente faceva seguire le sue impressioni perché mi dice che: "Occorreva una penna d'angelo che scorresse velocemente". Fra Leopoldo a intervalli rende grazie sentite a Gesù per queste grazie ricevute e sentendo non per fine superbia ma per Santa umiltà la sua indegnità, egli riesce con sincerità così simpatica a dimostrare che egli è un povero strumento della bontà di Dio, che aumenta l'ammirazione della sua virtù. Anzi stasera, mi ripeteva che tante meraviglie deve tacerle perché riflettono troppo la sua persona alla quale si potrebbe dare troppa importanza, invece di dar gloria a Dio. Questo pensiero non lo turba e mi dice che non ne parla francamente perché sa che tutto rivolgiamo a manifestare la gloria di Gesù. E davvero in queste occasioni ho dovuto constatare una virtù eroica di annientamento di lui, un rimpiccolirsi non perché gli altri lo esaltassero, ma spesso anzi sempre, quando il mio labbro pronuncia la parola Santo, sul suo viso passa un senso di disgusto, una convinzione non ostentata, ma profonda di essere nulla. E difatti tutto egli ripete è opera del Signore. Mi dice che molte persone gli ripetono che vanno via da lui contente, soddisfatte. Sorride e soggiunge con bonarietà angelica: non sono mica io sa, che so parlare perché sono ignorante, ma è il Signore che parla, che illumina, che mi aiuta. Difatti, dice, che il Signore glielo aveva detto questo e questa è la convinzione della sua nullità. Fra Leopoldo ogni tanto mi lascia un momento per accudire alla sua cucina. Quando ritorna mi dice che ha una novità: è l'ultima confidenza. E mi dice, con una santa gioia, una tranquillità mai vista in altri, così assoluta, che egli sia che lavori, che preghi, che vada o venga, che passeggi, sempre insomma, è come una catena con il Signore, cioè è sempre alla santa presenza di Dio e dappertutto vede il Signore, in qualunque azione compia o discorso faccia. Mi dimenticavo che parlandomi di detti del Signore, un giorno pregando con amore intenso aveva fatto dei confronti e Gesù con bontà lo aveva ripreso: "Il Signore non si paragona". Mi dice che tutti i detti del Santo Crocifisso sono così laconici, ma chiari, divini. Torino, 11 Gennaio 1919 É giunta nel pomeriggio mia sorella. Me lo ha annunziato stamani un suo espresso. Io ne sono felice perché lo scopo della sua visita è fare omaggio di preghiere alla Vergine Consolata, visitare il Cottolengo, Fra Leopoldo e Suor Traverso. Da tempo essa lo desiderava ed io pregavo perché si effettuasse, convinto che ne avrebbe tratto molto bene. Nel pomeriggio, appena arrivata, visita alla Suora, una sosta alla Chiesa del Sacro Cuore di Maria che ha entusiasmato mia sorella per la serietà e ricchezza del Tempio, una breve passeggiata lungo corso Vittorio e ritorno a casa, perché mia sorella ha avuto anche il grande favore di alloggiare in una camera vicino alla mia, evitando così la seccatura dell'albergo. A cena vicino all'Ausiliatrice, dove mia sorella si è trovata benissimo con mia grande soddisfazione. Oggi è stata una giornata meravigliosa e prima di coricarmi, una breve conversazione con la mia padrona di casa che si è mostrata molto cortese e premurosa. Torino, 12 Gennaio 1919 Stamani, con mio grande piacere, ho trovato un sereno meraviglioso. Sono andato con mia sorella e Mary a fare la Santa Comunione alla Consolata. Ho pregato con ardore e trasporto ed ho sentito con piacere da mia sorella che anch'essa aveva pregato con trasporto. Mia sorella si è interessata della Consolata e ne è rimasta contentissima. Siccome in ufficio sono solo perché il mio amico Cambiaghi è a casa causa la morte di una zia, ho dovuto recarmici, cosicché mia sorella per attendermi si è portata alla Chiesa dei S. Martiri dove alle 10 vi era la solita conferenza di Padre Oldrà. Ne è rimasta entusiasta. Alle 11 andiamo a visitare il Palazzo Reale, dove per cortesia della guida lo visitiamo attentamente e con comodo, con vera soddisfazione. Dopo colazione visita alla Suora, poi al Museo egiziano, alla Pinacoteca e ritorno a benedizione dalla Suora in S. Salvario, dove mia sorella è edificata dal modo di pregare e di cantare delle Suore. Visita ancora alla Suora, alla Chiesa di S. Filippo, alla Chiesa al Miracolo, al Duomo, passeggio in Via Roma, visto di fuori l'Ambrosio, il Ghersi, la Chiesa di S. Carlo, la piazza e ci rechiamo dove mia sorella desiderava: da Fra Leopoldo. Annunzio al francescano il desiderio di mia sorella e Fra Leopoldo con una rara premura vuole la faccia entrare subito e la tratta con una tale carità e semplicità cristiana che mia sorella ne è commossa. Entra pure Padre Norberto che in assenza momentanea di Fra Leopoldo spiega a mia sorella ed a Mary la santità del francescano. Mia sorella, quando ci congediamo, è entusiasta di Fra Leopoldo, del quale non trascrivo le sante parole udite in questo colloquio per brevità. Cena e ritorno a casa. Torino, 13 Gennaio 1919 Ci alziamo per tempo ed andiamo a fare la Santa Comunione all'Ausiliatrice. Mia sorella è entusiasta e fa la S. Comunione con vera edificazione. Usciamo e ci rechiamo al Cottolengo a deporre sulla tomba fiori e accordarci per la visita del pomeriggio. Suor Maria Silvini ci accoglie con molta deferenza e ci aspetta dopo pranzo per la visita. Io vado in ufficio e mia sorella va dalla Suora. A mezzogiorno colazione e alle 14 visita al Cottolengo. Non trascrivo le impressioni di mia sorella perché mi sarebbe impossibile. Io che ho visitato non so quante volte la Piccola Casa, ne sono sempre uscito con commozione crescente e buona. Mia sorella, nel vedere tanto dolore, tante miserie lenite, tanta carità, tanto miracolo di sacrificio, tanto spirito di abnegazione, osservava tutto con una tale commozione da non potersi dire. Visitammo la cucina, dove si provvede a ben 8.000 persone e mia sorella contemplò quel luogo come un miracolo di ordine, di pulizia, non potendo capacitarsi che le donne riuscissero a fare tutti quei lavori con tanto ordine, con un silenzio così ammirabile, senza nessuna costrizione né lamentela da parte di nessuna. Visitammo la Cappella delle Reliquie, la camera ove viveva il Venerabile, il reparto dei bimbi orfani, degli invalidi, dei buoni figlioli, delle sordomute ed ovunque mia sorella è rimasta commossa per l'organizzazione, la carità e mai come ora ha sentito la necessità delle Suore. Abbiamo visitato il pastificio e soprattutto il forno dove stavano facendo e cuocendo il pane, non potendo visitare gli ospedali causa l'epidemia, per ordine prefettizio. Mia sorella l'ho sentita dire parole di tale ammirazione che mi rendevano felice pensando al bene di quella visita. Ancora dalla Suora e poi da Fra Leopoldo, che ci vide di nuovo con vero piacere. Le sue parole, ardenti di amore per Gesù, ci edificarono e quando uscimmo mia sorella mi disse non sapere perché, ma si sentiva così felice, così bene vicino a quel religioso, che ci sarebbe stata sempre. Fra Leopoldo la esortò a praticare la Santa Divozione e le regalò diverse pagelle. Torino, 14 Gennaio 1919 Ci alziamo per tempo e facciamo con nostra grande soddisfazione la SS. Comunione alla Consolata. Io vado in ufficio e mia sorella dalla Suora. Nel pomeriggio piccole commissioni, e poi, mia sorella vede con suo grande piacere Cambiaghi che tanto desiderava, e poi una visita alla Cappella della S. Sindone, dove mia sorella è rimasta entusiasta e quindi partenza alle 16,30. Torino, 15 Gennaio 1919 Ho visitato Fra Leopoldo con Cambiaghi. Vi abbiamo trovato altro giovane della Pia Unione. Torino, 19 Gennaio 1919 Giornata meravigliosa. Gita a Superga ( vedi a parte ). Torino, 20 Gennaio 1919 Oggi è il mio compleanno. Stamani mi sono portato al mio caro Santuario della Consolata ed ho ricevuto Gesù con un trasporto veramente grande. Il Signore nella sua misericordia permette che ogni anno in questo giorno io provi una gioia grandissima, una letizia insolita e stamani ai piedi della mia cara Mamma Consolata, nel ricevere Gesù vivo nel Sacramento d'Amore, ho sentito un gaudio tale, un rapimento così intenso da provare per ore intere una tale contentezza da sentirmi Gesù presente nel cuore e pensare con trasporto a Lui anche in mezzo ai rumori del mondo. Ed ho sentito stamani una tale gioia sovrumana, un tale bisogno di agire, di pregare, di comunicare, di ringraziare il Signore, di vederlo presente in tutto, da sentire una felicità incomparabile, una felicità completa, un'assenza direi da questo mondo e godere gioie celesti. Dopo la S. Comunione e la preghiera fervorosa, ardente, sincera, completa, ho sentito il Signore che mi rendeva allegro gaio e mi spingeva ad andare dal Prof. Teodoreto per leggere le meraviglie del Signore. Passai prima da Fra Leopoldo per comunicargli la mia gioia, il mio trasporto ed egli si mostrò felice e volle offrirmi il caffè e pregando di ritornare la sera mi disse che: "Certo il Signore preparava qualche cosa". Alle 9,30 sono dal Prof. Teodoreto. Facciamo una breve visita al Santissimo ed il Professore prende il quaderno sul quale trascrive i detti rivelati dal Signore a Fra Leopoldo per leggermeli. Io rivolgo ancora un'ardente preghiera a Gesù perché prepari il mio animo, una preghiera mentale, ardente e mi raccolgo perché la lettura s'imprima nel mio cuore e nella mia mente. Sono conscio dell'importanza del momento e mi passa un fremito per la responsabilità di corrispondere ed ascolto con devota attenzione. Fra Leopoldo inizia il suo scritto dedicandolo al Padre, al Figlio ed allo Spirito Santo, cioè alla SS. Trinità. Dà alcuni cenni della sua vita in quanto ha valore e relazione alla sua unione con Gesù, quanto vale a dimostrare diversi punti che maggiormente illustrano episodi della sua vita. Egli dice che fa questo semplicemente per ubbidienza e sotto consiglio del teologo ed ora canonico Bracco e del Fratello Caneparo Sacramentino ( l'ultimo dei quali ho avuto il piacere di conoscere e il primo di sentire ). Egli ricorda che non è uomo di lettere e per questo invoca il Veni Sante Spiritus, perché le sue parole diano soltanto gloria a Dio. Cita quello che io ho già scritto circa la prima apparizione avvenuta nel 1887 nel sogno di Maria Addolorata, la quale lasciandogli nel cuore una dolcezza grandissima gli aveva detto: "Ricordati di quanto sofferse il mio Figlio". Poi della visione in sogno del Santo Crocifisso con ai piedi sfolgorante e bella un'anima; quella della SS. Trinità pure citata, nella quale aveva visto una immensa cortina che dalla terra saliva al cielo e gli angioli aprendola gli avevano fatte vedere le persone della SS. Trinità. Molte anime in maggior quantità poveri salivano al cielo, altre destinate al Purgatorio e qualcuna all'Inferno ed a chi si ricusava, degli angioli rigettavano con delle forche. Vi erano poi delle anime che salivano più in alto della SS. Trinità e queste erano quelle che avevano in vita conservata la stola del candore battesimale. Parla poi della sua vita in casa di nobili in qualità di cuoco ( non ricordo il nome dei conti ), le tentazioni del demonio; le sue giornate trascorse a Viale d'Asti, i fatti più salienti, uno fra i quali, nonostante i suoi padroni fossero ottimi cristiani, il demonio cercava ogni modo per fargli del male. Fra Leopoldo nelle ore libere, d'accordo con un ottimo giovane agiato, aveva preso della stoffa per addobbare una cappella dedicata a S. Rocco e lavorava in casa per quella Chiesa. Il padrone accortosi lo sgridò che occupandosi di altro avrebbe trascurato la cucina, tutto per opera del diavolo. E proprio in quei giorni facendo dei crostini per la minestra, sentì una voce che gli diceva: "Guarda che nei crostini vi è un vetro", Fra Leopoldo guarda e non trova. La voce ripete e Fra Leopoldo, vede davvero fra i crostini un vetro, il quale se non visto poteva far del male e procurargli il licenziamento. Quello che scrivo io, ricordando appena qualche cenno, è sconnesso e toglie tutta la bellezza, la semplicità, l'interesse di quelle pagine che sono divine. Così parla della benedizione della Chiesa nel cimitero mediante il suo intervento, della pioggia caduta dopo due mesi di siccità dopo l'inaugurazione di una statua a Nostra Signora di Lourdes. Ricorda la sua divozione a Gesù nella Chiesa di S. Dalmazzo, dove aveva il suo Direttore spirituale in Padre Cozzi; le prime rivelazioni di Gesù ai piedi del Santo Crocifisso dove lo esorta ad andare a servire la S. Messa. Ricorda l'episodio che invitato a portare l'ombrello in un viatico, prima rifiutò preso da rispetto umano poi vintosi, gli aveva detto a Gesù che sarebbe stato contento di averlo avuto così vicino nel Santo Paradiso. Parla del suo ritorno a casa presso la mamma inferma da 18 anni e come prima di lasciar Torino avesse presa un'immagine anzi un quadro della Vergine Consolata, lo avesse posto sull'altare nel suo Santuario e qui ripeté l'orazione inspirata fatta allora alla Vergine e poi lo avesse fatto benedire dal Cardinale. E racconta come ritornato a casa lo avesse colto male e viatico, fosse andato in fin di vita e come miracolosamente, fissando la Vergine, questa le fosse venuta raggiante vicino al letto e gli avesse detto che era guarito, nonostante il dottore gli avesse dato poche ore di vita. Narra come la sua mamma che desiderava morire nelle sue braccia fosse vissuta ancora un anno ed è addirittura una pagina inspirata, sublime, il colloquio di Fra Leopoldo con la mamma negli ultimi momenti della vita. La mamma è avvertita dal cielo della sua partenza e lo annunzia al figlio. Parlano del Paradiso ed alla mamma che spiace di lasciarlo solo egli annunzia il suo desiderio di darsi tutto al Signore facendosi religioso. Questi ultimi momenti sono addirittura parole di un Santo. Dice con una semplicità, una rassegnazione angelica, che la sua mamma ha messe le braccia sul petto in segno di croce, ha abbandonato il capo, chiusi gli occhi e si è addormentata placidamente senza nessun strepito. In questo punto ha un'invocazione sublime. Io che conosco Fra Leopoldo ed ho la fortuna di avvicinarlo quasi ogni giorno e sono messo a parte da lui di tutte le confidenze possibili, non stupisco di nulla, perché sapendo quanto sia la sua cultura limitata, so pure quale grado di virtù egli abbia. Tuttavia ascolto questa lettura con crescente interesse, con le mani giunte, con la mente ed il cuore assorti compreso dal miracolo palese di Gesù. Mentre sento che in quello scritto vi è tutto Fra Leopoldo, nella sua semplicità, carità, santità, ingenuità francescana, schiettezza che attira, nel suo ardente, immenso amore a Gesù, sento pure che vi è la mano di Dio che ha inspirato la mente e guidato la penna. Dopo la morte della mamma ritorna a Torino e dopo poco viene ammesso nei francescani, dove si trova ancora, nella Chiesa di S. Tommaso. E qui lo scritto assume un altro carattere, un altro tono. Non è più Fra Leopoldo che racconta, ma è Gesù che parla, ed è un Santo che ha delle elevazioni mistiche, delle estasi d'amore, adoperando un linguaggio da angeli che il sentirlo riempie l'animo di una dolcezza infinita come una soave melodia di Paradiso. Io ascoltavo e leggevo cose mai sentite e provavo un senso tale di sicurezza, il Signore operava in me in modo che nessun dubbio veniva nella mia mente. Sono bellezze che la mia mente è impossibilitata di ripetere senza perderne tutta la meraviglia, sono detti laconici, precisi, chiari di Nostro Signore ed espansioni, proteste di amore, accenti d'un ardente cuore innamorato di Gesù. Ed è ammirabile la continuità progressiva delle parole di Gesù in ragione dell'amore e della perfezione dell'anima del francescano. Le rivelazioni cominciano nel 1906 ed è notato il giorno, l'ora, come e quando Gesù ha parlato. I primi detti sono laconici, direi quasi freddi. Gesù domanda se vuol farsi santo e quantunque vi sia poco tempo pure poteva ancora benissimo. Da allora i detti si succedono con una continuità che confonde. Né Gesù parla a Fra Leopoldo nella sua cella, ma ancora e molto sovente dal Tabernacolo e nella SS. Comunione. Né meno interessanti sono le aggiunte ai detti del Signore fatte da Fra Leopoldo sotto ispirazione del Signore. Vi sono delle osservazioni, delle esortazioni, degli impeti di amore degni dei Santi Padri della Chiesa, di S. Paolo e di tutte le menti più elette. Gesù si compiace in modo grandissimo dell'amore del suo servo e gli dice spesso che gli sarà vicino, che non tema e gli parla con ardore della Santa Adorazione del desiderio che si propaghi e lo esorta spesso a pregare ed una volta glielo ripete tre volte di pregare, pregare, pregare. Il Signore si compiace pure dei sacrifici che Fra Leopoldo fa, e una volta leggendo nel suo cuore qualche dubbio gli dice cosa vorrebbe da Lui? Se forse desidererebbe vederlo sfolgorante di gloria come in Paradiso, se non gli basta sentire la Sua voce. Altra volta, Fra Leopoldo dopo la Santa Comunione, non sentendosi bene, domanda al Signore di liberarlo dal male che gli impediva di fare il ringraziamento e Nostro Signore gli ricordò che era sufficiente a ringraziarlo fare la Sua Santa Volontà. Lo esorta spesso a stare in silenzio, parlare poco e le sue parole siano di edificazione. In un punto mirabile dice che quelli che sono nel mondo devono comportarsi con dignità e vivere con spirito di cristiano cattolico, perché molti sono i pericoli in mezzo al mondo e senza la grazia di Dio nulla si può fare ed i Sacerdoti devono amare la preghiera, il ritiro, la solitudine. In altro punto si compiace dell'amore del suo servo e dice che a lui piacciono le anime che abbandonano cose e persone e diventano poveri come San Francesco d'Assisi, ma sono pochi, molto pochi, questi tali. Così in altro punto dice che a molti Sacerdoti concederebbe più grazie, ma che purtroppo lo trattano troppo materialmente. Parlando della Santa Divozione il Signore assicura che sarà vicino a chiunque la farà e darà la salvezza eterna. Così dice a Fra Leopoldo che quantunque egli non lo veda e senta soltanto la sua voce, ogni volta che nella sua cella fa la Santa Adorazione egli gli è vicino e gli angioli lo guardano. Così in una aggiunta Fra Leopoldo dice che la Santa Adorazione gioverà anche alle anime più impenitenti e chi la farà potrà salvare anche quelle. Misericordioso e ammirabile è Gesù quando Fra Leopoldo rivolge calda preghiera per i peccatori moribondi e Gesù gli dice che quando sarà in Paradiso vedrà quante anime sono salve per queste sue preghiere. Così Fra Leopoldo si rivolge a Gesù Crocifisso per la conversione di tutto il mondo e Gesù gli dice che anche in questo sarà esaudito, perché gli vuole bene tanto bene. Il Signore lo esorta a gettare pure il seme che verrà a raccogliere Gesù stesso. li dice come vi sia ancora molto lavoro da fare. Gli ricorda che il tempo che impiegherà a parlare di Lui con le anime buone non è tempo perduto e lo sprona. Gli dice come egli sia suo strumento per far conoscere la sua misericordia e dopo morte sarà invocato specialmente come protettore contro la bestemmia. A Fra Leopoldo che domandava quando sarà di vederlo svelato Gesù rispondeva che andava preparandolo ma che non era ancora tempo. Gli aveva detto che molte persone sarebbero andate a lui a chiedere grazie e che Gesù avrebbe concesso, ma di non insuperbire. Che guai a lui se fosse ritornato indietro ora che gli aveva dato il suo amore; Gesù si sarebbe rivoltato sdegnato e avrebbe dovuto adoperare la sferza. A Fra Leopoldo che chiedeva di potersi saziare nella preghiera, Gesù rispondeva che se si fosse saziato non avrebbe trovato il paradiso come il suo cuore non è mai sazio dell'amore delle anime. Fra Leopoldo solitava recarsi a far la preghiera nella Cappella di Nostra Signora dopo gli altri ed un giorno che era salito in cella prima del solito, Gesù gli chiese il perché ed egli rispose che desiderava recitare il suo Vespro e le preghiere vicino a Lui. Gesù lo riprese dolcemente dicendogli che nella Cappella di Nostra Signora vi è Lui pure vivo nel Sacramento dell'altare. Lo ammonisce un'altra volta di non guardare e di non sentire le cose che gli danno disgusto, ma di stare unito a Lui, alla sua Croce. Altra volta egli dice di non temere, che in qualunque posto i superiori lo mandino, di fare l'ubbidienza, che egli gli sarà sempre vicino. Egli raccomanda di non lasciarsi mai turbare, perché se qualche volta ritorna in cella non tranquillo allora avrà disunito il suo cuore da quello di Gesù e non comprenderà più i suoi detti. Gesù Crocifisso lo chiama Santo Fra Leopoldo e gli dice che fra i Santi avrà un posto privilegiato. In altro punto gli dice che quando sarà in cielo dispenserà grazie e allora sarà nel gaudio e felicità. Ricorda poi che un giorno avendo parlato con il Segretario di S.E. il Cardinale Richelmy per il visto alla sua divozione, fosse stato invitato di andare in Arcivescovado. Prima però sgomento nella sua semplicità chiese a Gesù quello che doveva dire al Cardinale. Ed è stupenda la parola di Gesù. Gesù gli dice di esporgli di aver ricevuto dal Santo Crocifisso doni e fatti straordinari e di aver fede speranza e carità e di parlargli della Santa Adorazione. Di non sgomentarsi se il sig. Cardinale non lo approvasse, che sarebbe giunto il tempo che lo avrebbe fatto. Fra Leopoldo si presenta con semplicità e umiltà, è ammesso in udienza ed esposto il motivo, viene dal Pio Cardinale congedato dicendo che divozioni ve ne erano già basta. Fra Leopoldo chiede la sua benedizione e se ne ritorna. Dopo qualche anno Padre Fedele di Moncalvo, allora curato in S. Tommaso, uomo di molta fede, ritorna con la divozione dal Cardinale ed ottiene il visto. Fra Leopoldo, dopo la visita al Cardinale, ha una protesta d'amore a Gesù che è sublime e dice fra l'altro che i fatti straordinari e le grazie ricevute egli sente di manifestarli anche dinanzi a tutta la Corte Celeste. Sono anche diversi i detti che qua e là a intervalli si leggono di Maria Santissima. In uno si compiace dell'amore di Fra Leopoldo che brucia di ardore e della sua volontà. Gli altri non ricordo bene. Come sono moltissimi i detti che riguardano la Santa Divozione e come prometta il Signore a chi la pratichi la salvezza eterna. Moltissimi sono quelli avuti nella Santa Comunione, ma che purtroppo ora mi sfuggono e che trascriverò man mano che ricorderò. Le rivelazioni lette comprendono dal 1906 al 1908 e l'ultima letta dice che quando Fra Leopoldo morrà la sua anima sarà trasportata oltre le sfere celesti, ad occupare in cielo il posto tra le anime privilegiate. Torino, 21 Gennaio 1919 Ieri sera fui da Fra Leopoldo. La sua figura già per me tanto degna di ammirazione, ieri mi apparve degna di venerazione, dopo la lettura dei detti meravigliosi del Signore e la compiacenza di Gesù verso quell'anima. Gli feci subito notare che mentre ringraziavo il Signore del favore e privilegio concessomi, riconoscevo la sua santa disposizione benché soltanto oggi riuscissi a conoscere le sue rivelazioni e che ora mi sentivo indegno di visitarlo con tanta confidenza. Fra Leopoldo sorrise e con la sua semplicità che è virtù tutta sua, mi disse che ora voleva che avessi maggiore confidenza in lui e mi chiese l'impressione avuta. Io gli narrai quanto potei, soltanto mi era impossibile dire con parole l'immenso bene ricavato da quella santa lettura. Egli si compiaceva del bene che ne aveva avuto e con umiltà serafica, come se lui non facesse parte di ciò, quando dissi che io lo credevo un'anima molto in alto, ma che perdonasse la mia franchezza, non lo ritenevo ciò che il Signore lo chiama diverse volte Santo, e che fra i Santi avrebbe un posto privilegiato, egli, con un atto che io non dimenticherò mai, non volle che continuassi, mi disse di no, che tutto è opera del Signore, che egli è niente e così via. Nella sua voce, nel suo gesto, nell'atteggiamento del suo viso non vi era ostentazione, ma una profonda, sicura certezza della sua nullità, non una umiltà morbosa che è più colpevole della superbia, ma socchiudendo gli occhi e direi quasi con disgusto lessi in lui una tale serafica umiltà che compresi davvero a quale alto grado fosse la sua santità. Fra Leopoldo si compiacque nel sentirmi felice di aver letto tante meraviglie e mi ripeteva di ringraziare il Signore perché ero il primo, dopo il prof. Teodoreto e il Prof. Rostagno, che ero messo a parte di tali bellezze. "Nemmeno Sua Santità, mi soggiunse, soltanto Lei, ha avuto questo vero privilegio e rendiamone lode al Signore". Fra Leopoldo ascolta quello che io dico intorno ai detti del Signore ed alle sue elevazioni mistiche, come non si trattasse di lui, solo si compiace quando gli accerto che quel libro farà tanto bene nel mondo. Gli chiedo poi una spiegazione circa il Santo Crocifisso miracoloso, perché avevo trovato una differenza da quanto avevo notato io. Ma differenza non c'è. Nei miei scritti è trascritto più esteso, e devo aggiungere una cosa che manca. Quel Crocifisso che venne da Padre Fedele di Mirabello, allora curato di S. Tommaso, permesso di prendersi Fra Leopoldo, prima era stato esposto alla adorazione dei fedeli e detto Padre glielo fece notare, pregandolo di fare la prima adorazione a beneficio della sua anima. Chiedo a Fra Leopoldo se mi sarà concesso di rileggere ancora una volta questo santo quaderno e Fra Leopoldo mi risponde subito affermativamente, spiacente che non sia trascritta che una piccola parte, perché negli anni successivi Gesù si era rivelato molto di più. É entrato in questo momento il mio amico Cambiaghi con un altro ragazzo ( Grosso, nostro collega ). Torino, 21 Gennaio 1919 Ore 21,30 - Questa sera sono ritornato da Fra Leopoldo e vi potei rimanere di nuovo un periodo solo. Fra Leopoldo mi disse che in quel giorno aveva sentito da anime tante miserie, ma ciò che lo aveva maggiormente addolorato, era sentirne qualcuna che si ribellava al Signore. E mi spiegò come. Ritornammo a parlare della mia gioia provata ieri e che ancora tutt'oggi mi ha invaso in modo straordinario, procurandomi un pensiero continuo al Signore ed una allegria, una pace nuova in me. Fra Leopoldo mi guarda e mi ascolta con paterna compiacenza e vi è sul suo viso una dolcezza, una calma, una santità che invitano a star sempre vicino a lui. Mi ripete che la grazia che il Signore mi ha concesso è certamente grande poiché sono l'unico che conosco questi segreti, che il Signore vuole si serbino sin dopo la sua morte. E me lo dice con tanta carità che le nostre anime si fondono in una e mi guarda e mi sorride così con dolcezza, che io tante volte sono tentato di inginocchiarmi e pregare. Egli mi chiama spesso coi più dolci nomi e mi dice che sono il suo amico confidente, il suo prediletto, che il tempo quando gli sono vicino e parliamo del Signore passa velocemente e si direbbe, tanta è la sua carità, che mentre vado a lui per imparare pare che anche lui abbia bisogno di me. Fra Leopoldo mi dice che quantunque il Signore gli avesse detto di segnare tutto qualche cosa purtroppo è sfuggita. Per esempio, ( e qui parla con tanta sicurezza e convinzione da non far sorgere mai nessun dubbio ) se io fossi riuscito a trascrivere tutto quello che Gesù mi ha detto dal SS. Tabernacolo, le meraviglie, le meraviglie ( e lo ripete come se sentisse ancora qualche cosa ) avrei scritto cose impossibili a dire. Alle mie dichiarazioni che vi sono delle pagine sue dopo i detti del Signore, che sono inspirate e sono elevazioni mistiche di alto valore, tutte ardenti d'amore per Gesù, egli quasi non capisce il mio linguaggio, mi ripete "Ah sì, ah sì, oh, ma davvero!" e non si compiace di sé perché non è capace, ma pensa al grande bene che faranno nel mondo. Fra Leopoldo non ha bisogno di dimostrare che è opera del Signore perché questo pensiero è così profondo in lui, che ascolta come non si trattasse di sé, ma di un altro lui. E con un tono semplice, caro, sincero, mi dice che ormai io lo conosco bene e che so che egli è un povero frate ignorante, che quelle cose non avrebbe nemmeno saputo pensarle se non fosse opera del Signore. Mi dice che negli anni successivi le rivelazioni del Signore aumentano e riguardano religiosi, Sacerdoti e secolari. Ciò che riguarda lui non lo avrebbe voluto segnare ma fu costretto. Ma quello che maggiormente mi rende felice è la seguente dichiarazione che Fra Leopoldo che mi ripete già per la terza o quarta volta. Io avevo detto a Fra Leopoldo che mi sentivo da qualche tempo proprio tranquillo perché mi aveva assicurato della loro salvezza. Fra Leopoldo, senza assumere il tono cattedratico, ma sempre con quella sincerità, convinzione, sicurezza, umiltà, come se ancora il Signore gli sussurrasse le parole, mi dice: "Guardi, me lo ha detto Nostro Signore Gesù Crocifisso, che in qualunque modo i suoi genitori ( il papà e la mamma ) dovessero morire, che egli li avrebbe salvati, aggiungendomi come a dimostrazione: "Non sono forse io il padrone delle anime?". Purché lei continui a vivere così e a pregare". E soggiunse: "Questa rivelazione è certamente una cosa straordinaria, l'unica avuta in questo genere sinora, che ho quasi 70 anni e che certo le deve fare piacere". Le sue parole, che mi ripete per già diverse volte, hanno una tale sicurezza che mi mettono nell'animo una gioia straordinaria. Fra Leopoldo parla con me con una confidenza che non so esprimere, ed io ho per lui ciò che non ho mai sentito e non sento per nessun altro. Non è solo venerazione, non è affetto solo, non è ammirazione, non è sentimento umano, è una unione che non sa di terra, non ha moti incomposti, ma è un'unione di paradiso, un bisogno di vederlo, di sentirlo senza sentire però nessun turbamento umano. Egli è per me tutto: maestro, amico, consigliere e mi vuol tanto bene nel Signore, tanto da chiamarmi il suo amico intimo, il suo prediletto. Mi ricorda che la missione che il Signore gli ha dato è di propagare la Santa Divozione e far conoscere la Sua misericordia, ma molte anime vanno a chiedergli cose alle quali non può rispondere. Esempio su persone al Purgatorio, Paradiso. Io però gli faccio notare che qualche volta il Signore gli aveva concesso di sapere per qualche anima e mi risponde affermativamente, sempre però mi dice, trattandosi di cose chieste da anime sante e che ciò si era verificato soltanto due o tre volte. Fra Leopoldo mi dice come anche nella Pia Unione il diavolo abbia tentato di mettere lo zampino, ma che il Signore gli aveva rivelato di dire al Prof. Teodoreto di non portare modificazioni al regolamento e continuare così. Mi accenna nuovamente, come già altre volte aveva fatto, che dovrà uscire un Ordine... Io sto maggiormente attento sperando finalmente questa volta si spieghi, ma proprio in questo momento entra il mio amico Cambiaghi. Tento fargli riprendere il discorso e Fra Leopoldo mi ripete che dovrà uscire un Ordine come..., ma il suo discorso non è terminato. Ci congeda dopo aver discorso con Cambiaghi, che gli prospetta un caso suo e mi prega di ritornare domani. Discorrendo sulla scelta dello stato Fra Leopoldo dice che è bene che ognuno si decida a rispondere alla chiamata del Signore, perché il rimanere soli non è consigliabile. Io però gli faccio notare che non tutti sono chiamati a vita religiosa o al matrimonio e vi sono dei casi di Santi che sono vissuti nel celibato volontario. Fra Leopoldo sorride e mi cita ad esempio il Perazzo e dice, sorridendo, come lei che aspira a cose grandi, a elevarsi. Ci accompagna alla porta con la sua abituale bontà e carità. Dimentico che mi espose il desiderio che a nessuno facessi leggere le impressioni e raccontassi le meraviglie del Signore, per non dover negare agli altri che desidererebbero vederle, ciò che il Signore vuole sia nascosto. Torino, 22 Gennaio 1919 Oggi fui a visitare Fra Leopoldo due volte. Prima alle ore 16, di ritorno dai bambini, per trasmettere nel suo cuore la mia impressione dolorosa eppur cara che avevo ricevuta da un colloquio intimo o dirò meglio da una vera confessione fatta dai bambini. Oggi ero stato pregato di trovarmi alle 14 da loro e la donna di servizio mi raccontò qualche cosa che addolorò il mio cuore. Ho lasciato giocare un po' i bambini, e poi ho condotto nella camera solo Mario, me l'ho seduto vicino, ho appoggiato la sua testa al mio petto e gli ho detto di dirmi la causa perché non era contento. Il bambino pensò un momento e siccome il loro affetto per me non ha confini e quindi la loro confidenza è completa, si mise a parlare con una tale serietà che io non credetti ai miei sensi e raddoppiai l'attenzione perché nulla mi sfuggisse. Quel bambino, che pochi minuti prima giocava con tanta spensieratezza, parlava con la gravità di un uomo. Si accusò di non essere buono, di meritare delle sgridate, ma con risolutezza che mi stupì disse di non credere di meritare i titoli continui di cretino, asino, bestia che il papà gli somministrava insieme ad altri castighi, e qualche volta busse. Egli era stanco ed aveva risoluto di affrontare il papà ad ogni costo. Desiderava qualunque cosa, andare in collegio, fare il facchino, venire via con me, purché andasse via da quella casa. Mi diceva che nessuna cosa lui era capace di far bene e che si sentiva così avvilito di vedersi maltrattato da non poter oltre seguitare una tale vita. Io cercavo di fargli vedere certi suoi difetti e mettere in buona luce il papà. Inutile. Egli mi parlò di una relazione che definì oscena, perché in loro presenza erano stati fatti atti e parole tali e mi disse che dopo la visita fatta a Fra Leopoldo e la scena di Aroldo, non aveva messo più piede in casa, ma che se vi fosse tornata l'avrebbero mandata via mal concia. Mi disse che da quando non veniva più tutte le sere il papà usciva e una sera vide questa tale che l'aspettava sull'angolo. Vi è nella sua voce ribellione e dolore. La requisitoria continua, accusando il padre di continue bestemmie e imprecazioni, della paura di farsi veder pregare e del non sentirlo dire mai una parola buona, né avere in tutta la casa un quadro religioso. Mi continua dicendo che il padre crede di dominarli con il bastone, ma non si accorge che ormai dinanzi a lui stanno zitti, ma appena andato via si fanno beffe. E poi, povero ragazzo, mi domanda il perché suo papà e la sua mamma non sono insieme, perché la sua casa non è come le altre. E qui Mario si mette a piangere e mi dice con convinzione che mi commuove: "Creda sig. Blondet, preferirei cento volte che la mia mamma fosse morta e il mio papà la ricordasse con buone parole, che saperla viva e sentirla disprezzare". E così continua la requisitoria, parlandomi del perché è andata via l'altra domestica, di un fatto in materia di religione, del suo sentimento e desiderio di farsi buono e cristiano, mentre io lo esorto a pregare, a essere ubbidiente e chiamo da solo Aroldo. Aroldo viene sorridendo non sapendo il perché e dopo aver riso un po', gli domando perché fra lui e Mario non vi era quella cordialità che tante volte avevo raccomandato. Aroldo, che mi si era seduto vicino credendo di giocare e mi aveva messe le sue gambe sulle mie, mi guarda. E quando gli chiedo con tenerezza, se era contento del modo che il papà trattava lui e Mario, Aroldo non parla, ma gli prende un singhiozzo, che non freno, sapendo che era bene. Ed il povero ragazzo mi dice l'ingiustizia del papà verso Mario, dei brutti titoli che continuamente gli dà, del modo burbero che sempre li tratta in casa e la requisitoria è profonda quanto quella di Mario. Egli mi racconta la scena del capodanno contro la giovine che non volevano vedere in casa e mi dice tutto il suo desiderio della mamma. Mi racconta che una di queste sere, uscendo, erano passati davanti la casa della loro mamma e Mario correva avanti. Il papà lo appellò con il solito titolo di cretino e si mise a ridere. Aroldo ( sono le sue parole ) impressionato di essere passato vicino alla mamma, non poté ridere ed il papà vedendolo serio gli dette come un pugno. Il ragazzo lo racconta indignato e continua la requisitoria che io non trascrivo. Li ho chiamati entrambi, li ho supplicati di recitare ogni giorno la preghiera al Santo Crocifisso, li ho esortati a pregare per il papà e la mamma ed a volersi bene almeno fra di loro. Poco dopo i due bambini erano felici. Mi saltavano intorno, mi prendevano per le braccia e mi pregarono di ritornare ancora domani. Fra Leopoldo ascoltò tutto questo mio dire con foga con le lagrime agli occhi, non potendosi capacitare che due bambini giungessero a tanto. Egli dice che è opera del Signore, che io sia contento, che è proprio il Signore che aveva disposto tutto questo. I bambini, mi dice, si ricorderanno di lei per tutta la vita e ciò che dispiace è che lei vada via, perché ne farebbe due ottimi cristiani. Mi dice che i due bambini se pregheranno saranno la salvezza dei loro genitori. Si impegna di pregare e dice che ogni cosa si risolverà bene. Entra il Prof. Teodoreto e si mostra lieto di vedermi. Io lo ringrazio del piacere procuratomi il 20 e gli dico che l'impressione avuta è stata tale che da due giorni non mi ha più lasciato. Egli se ne compiace unitamente a Fra Leopoldo e mi dicono di star tranquillo, che essa rimarrà e che se il Signore lo ha permesso questo privilegio, aveva certamente i suoi fini. Prima dell'arrivo del Prof. Teodoreto, Fra Leopoldo mi aveva accennato, che oggi il Signore era molto triste, ma che sembrava volesse dirgli ancora. Invece gli fece capire, che non era contento e temeva venisse qualche altro flagello. Gli chiedo quale, ma Fra Leopoldo non mi spiega. Dice che l'epidemia purtroppo continuerà e teme ancora qualche cosa d'altro. Torino, 22 Gennaio 1919 Questa sera alle 18,30 fui nuovamente da Fra Leopoldo, come lui me ne aveva mostrato desiderio. Mi dice che mi aspettava. E con me Cambiaghi. Si parla di un predicatore. Fra Leopoldo mi parla del Prof. Teodoreto ed io gli domando se ha chiesto se posso ancora rileggere i detti del Signore. Fra Leopoldo mi risponde subito affermativamente ed io me ne mostro felice. Difatti l'impressione avuta fu tale che da tre giorni io vivo continuamente alla presenza di Gesù Crocifisso e la mia fede si è talmente rinforzata da non sentire più nessun dubbio, mentre sento un grande desiderio di comunicare agli altri questo mio stato d'animo per rinvigorire la fede. Anzi, gli esposi che nel mattino mi era balenata l'idea insistentemente di radunare i Sacerdoti del paese e parlar loro, senza accennare dove e come, ciò che il Signore desidera da loro per il bene delle anime. Fra Leopoldo trova buona l'idea, ma prudente, dice che prima pregherà per vedere se era giunta l'ora. Cambiaghi osa chiedere a Fra Leopoldo se sarebbe stato possibile anche lui godere di questo privilegio di leggere i detti del Signore. Fra Leopoldo si raccoglie un momento, alza i suoi occhi puri, innocenti al cielo in atto di richiesta, tace un momento, e poi con quella sua carità che non offende mai perché è schietta, spontanea, affabile, gli dice di essere contento di avere avuto il privilegio di averle sentite raccontare da me, di sentire tante cose ogni sera, ma che era volontà del Signore che rimanessero segrete sino alla sua morte. Mi dice che il Prof. Teodoreto è molto riservato in questo e mi ripete che il privilegio concesso a me era grandissimo, perché nessuno aveva potuto leggerli, nemmeno i suoi superiori, né i superiori delle Scuole Cristiane, nessuno sapeva di queste meraviglie. Mi esorta a non favellare con nessuno, nessuno perché si andrebbe contro la volontà del Signore e questo sarebbe male. Fra Leopoldo ci fa diverse confidenze, con una semplicità, una carità, un'affezione così pura, così santa che il mio animo sente crescere per questo Santo una venerazione tale da non potersi dire. Mai sulle sue labbra una parola di mormorazione, mai un cenno di sfiducia, mai una ostentazione, mai un minimo senso di superbia, mai, ma una profonda, sicura convinzione di non essere che uno strumento del Signore. Egli dice che se potesse dire ciò che ha provato e prova nella Santa Comunione e quando è vicino al Santo Tabernacolo, sono cose così divine, tali trasporti che non è possibile manifestare. E vi è nel suo dire una tale sincerità, una così profonda sicurezza, che si vede, si è sicuri, che per lui ormai sono cose di ogni giorno. E confessa spontaneamente la sua ignoranza e sorride e dice che tutto è opera del Signore. Mi ricorda come un giorno la Vergine Consolata gli avesse detto di chiamarla in quel giorno "Mater amabilis". Dice che il libro che uscirà farà tanto bene. Quando io gli dico diverse cose lette nei Santi detti, egli mi guarda e mi dice che nel sentirli ripetere se li ricorda. Ma quando dico che ciò che riguarda i suoi scritti, è tutta una elevazione mistica e si riscontrano passi che sembrano uguali alla Imitazione e altri che quantunque molto superiori ricordano pallidamente i colloqui del Borsi, Fra Leopoldo dice che è tutto il Signore ciò che egli ha scritto, perché lui non ne era capace e che ha scritto nei momenti che Gesù Crocifisso lo inondava di amore. Dice che lui ha compreso molto bene i colloqui del Borsi e se ne mostra ammiratore, dicendo che quell'anima è certamente in Paradiso. Certe elevazioni si comprendono da chi ama il Signore e quell'anima deve averlo amato molto. Mi parla di un mio Crocifisso e mi dice piano di ritornare domani che mi doveva dire una cosa. Ci accompagna alla porta e ci congeda, mentre Cambiaghi, pieno di venerazione, bacia la mano a Fra Leopoldo. Torino, 23 Gennaio 1919 Questa sera alle 18 fui da Fra Leopoldo. Mi chiese subito il perché non fossi andato lì dopo pranzo e mi scusai dicendogli che ero uscito con i bambini e mi ero recato a Valsalice per parlare con il Dott. Coiazzi Salesiano, per chiedere sulla vita del Borsi e Psichari e non aver fatto ritorno che verso le 17. Fra Leopoldo mi parla del mondo, delle miserie e mi dice che quantunque lontano vede e sente attraverso tante cose un disordine, uno scontento generale che addolora. Mi ripete delle meraviglie del Signore e si compiace nel sentirmi riaffermare che quella lettura mi ha fatto tanto bene. Mi dice che il Prof. Teodoreto, il quale è uomo molto prudente, serio e pondera ogni parola e ogni atto, si è sempre mostrato restio in queste cose e " nessuno sa di questi quaderni ove sono raccolti i detti meravigliosi del Signore e solo lei ha avuto il privilegio di vederli ". Io lo ringrazio e mi protesto indegno, ma Fra Leopoldo dice che lo aveva permesso il Signore. Dico a Fra Leopoldo che alla sera qualche volta mi accade di trascrivere quanto egli mi va dicendo, sino verso le 23 o più, ed egli si stupisce della mia memoria. Ma quando gli racconto che sovente esco dal suo parlatorio dimentico di molte cose, allora, come sempre, prendo il Crocifisso, lo prego, me lo pongo dinanzi perché il mio scritto sia vero e sincero, e comincio ad annotare senza più fermarmi, Fra Leopoldo mi dice come già altre volte: "Chissà che il Signore non voglia da lei qualche cosa". Io protesto ancora ed egli dice che tutto è opera del Signore. Fra Leopoldo si raccoglie, prende il suo tono dolce e mi accorgo che ha qualche confidenza. Comincia un po' titubante, ma poi dice che bisogna pure che me lo dica. Mi dice che una volta, proprio nel posto dove si è sempre, mentre parlava con il Prof. Teodoreto, vide come un'ombra, e poi un braccio posarsi sul Prof. Teodoreto. Fra Leopoldo si affretta a dire che non vuole che siano cose straordinarie e non si sa spiegare e desidera che non lo sappia nessuno. Poi si ferma ancora e mi accorgo che ha un'altra cosa da dirmi. Sembra ancora un po' titubante, ma poi ripete: "Eppure bisogna che la dica". Si raccoglie un momento, assume quel tono che non potrò mai far capire, perché generalmente vi sono solo quando mi parla così, ma è una dolcezza che mi prende tutti i sensi, tutte le mie facoltà si concentrano in quelle parole. E continua: "Ieri sera è successo qualche cosa qui". Si ferma, io intuisco e gli chiedo di indovinare. Gli dico che più volte ho pensato che quando si allontana un momento egli qualche volta va in cucina, ma spesso ha bisogno di ritirarsi un momento con il Signore. Fra Leopoldo non lo nega, i suoi occhi mi sorridono e continua. Quando ieri sera si parlava del Signore, io ho sentito che aleggiava su di noi lo Spirito del Signore, perché mi ha preso una gioia intensa che non so esprimere, perché è un mistero anche per me e ho capito che avevamo con noi il Signore presente". Io non stupisco, soltanto resto commosso. Fra Leopoldo continua: "Il Signore è tanto contento quando parliamo di Lui e già tante volte mi è successo questo anche qui, di accorgermi non solo della Sua presenza, ma di sentirlo vicino. Ieri sera non mi ha detto niente, ma l'ho sentito". Quantunque queste cose facciano sul mio animo un senso profondo, pure io ne sono talmente certo che egli sia sempre vicino a Dio, da non stupirmi. Egli non è un uomo comune e forse pochi come me hanno avuto la fortuna e grazia di sentirlo parlare con tanta confidenza, di avvicinarlo quasi ogni giorno e ogni giorno sentire dalla sua bocca narrare quanto avveniva tra il Signore e lui. Ripeto che non mi stupisce, anzi mi stupirebbe il contrario. E la sua umiltà è tale che quando stasera si parlava egli mi diceva come farà quando io sarò lontano e non potrà più conversare santamente sulle cose del Signore. Alle mie sentite dichiarazioni che chi aveva da perdere ero io, ma che mi confortavo al pensiero di ritornare presto a vederlo per continuare la lettura dei detti del Signore che egli mi dice interessantissimi dopo quelli letti, mi ripete come il Signore non sia contento per la condotta di tanti Sacerdoti che hanno poca fede e come se ne lagni nei detti come di tanti religiosi. Siccome io sono solito parlare a Fra Leopoldo con molta schiettezza ed egli se ne compiace con dei sorrisi ed esclamazioni, gli dico di perdonarmi, ma che dovevo esporgli un desiderio. Ed era che avrei ritenuto grazia se, quando e come il Signore vorrà, molto tardi, dovesse venire ammalato, di recarmi al suo capezzale. Fra Leopoldo mi guarda con molta dolcezza e mi dice con semplicità da stupire: "Ah, quando dovessi morire, bell'anima, grazie, il Signore gliela pagherà questa carità". Queste parole ultime contengono tutto il suo cuore tanto sono espresse con sentimento cristiano sentito. Mi dice che quando andrò via gli sarà tanto doloroso, ma si abbraccerà più stretto al suo Crocifisso, pregheremo e ci scriveremo. Alla mia domanda se fra diversi mesi ritornando mi sarà concesso ancora leggere i detti susseguenti, Fra Leopoldo mi risponde subito affermativamente ripetendo che ormai il Signore lo aveva permesso. Quando io gli dico che desideravo rileggerli qualche giorno prima di partire per portare via il ricordo fresco e duraturo, egli mi ripete che ormai l'impressione buona non si cancellerà più e sarà duratura. ueste parole mi confortano molto. Mi dice che oggi ha pensato quasi tutto il giorno a me ed al sig. Ammiraglio. Mi ripete che desidererebbe conoscerlo, ma che ora non saprebbe come poterlo ricevere. Io gli ripeto il bene che la lettura dei detti del Signore ha esercitato su di me in questi quattro giorni; bene immenso che mi ha privato di qualunque dubbio, regalandomi una fede consolante e sicura. Entra il mio amico Cambiaghi, con il collega Grosso. Fra Leopoldo ha per loro parole dolci di incoraggiamento, per Cambiaghi quando sarà lontano da Torino e gli domanda se continuerà per la via tanto bene cominciata. Esorta senza tante parole, ma con semplicità umile, anche l'altro e quando ci congeda, mi raccomanda di ritornare domani dopo le 15. Dimenticavo che parlando dei Sacerdoti e religiosi, mi disse che molti credono che siano basta quelle poche preghiere d'obbligo, ma che invece se il Sacerdote e il religioso vogliono mantenersi degni del loro stato devono pregare e pregare molto. Mi dice pure con piacere come in questi ultimi tempi tanto d'incredulità sia stato un fiorire di anime sante in numero consolante anche in Torino. Il Beato Cottolengo, il Ven. Don Bosco, Cafasso, le sorelle Comoglio, il Perazzo e la Rosa Ferro, la quale aveva un Crocifisso che nel venerdì sudava vivo sangue. Egli stesso conserva nella sua camera dei pannolini intrisi di sangue e mi dice che il Fratello Caneparo ( che io conosco personalmente ) Sacramentino, rimase un venerdì intero presso il Crocifisso, per accertarsi del fatto e proprio quando era l'ora della Passione di Nostro Signore, cominciava il sangue a trasudare dalle ferite e bagnava pannolini e gocciolava. Questo Crocifisso si conserva in Roma presso il Vaticano. Torino, 24 Gennaio 1919 Oggi alle 16,30 mi recai da Fra Leopoldo spintovi dal desiderio di vederlo, poiché queste visite mi fanno tanto piacere. Quando egli entra nella stanzetta e dice il suo solito "Deo Gratias", mi vede, sorride e mi ripete che mi aspettava, perché il tempo passato insieme è di paradiso. Mi ripete di tornare a visitare la famiglia dell'Avv. Natta che mi aspettano ed in proposito gli riferisco che stamani alla Consolata la Signora ci ha pregato di andare. Fra Leopoldo mi dice che ci vedono molto volentieri e che una visita farebbe loro piacere. Gli racconto della visita fatta oggi al Cimitero sulla tomba del mio povero amico Brustenghi, morto l'ottobre scorso di epidemia ed insieme a Cambiaghi abbiamo lasciato sulla sua tomba preghiere, lagrime e fiori. Così pure abbiamo pregato sulla tomba di una nostra maestra d'inglese, la signorina Anandini, indiana, di religione non cristiana ma buona, che poco tempo fa aveva avvicinato per lezioni d'inglese un missionario della Consolata e le erano state esposte le basi della nostra fede: speriamo che negli ultimi momenti il Signore abbia avuto misericordia, anch'essa è morta di epidemia il 10 corr.. Fra Leopoldo, sempre con la carità francescana, con una semplicità e dolcezza che non dirò mai abbastanza e che non saprò mai definire perché è virtù degli angeli, mi dice che il Signore tiene conto anche di questa carità. Entra in questo momento il Prof. Teodoreto. Fortuna più grande non potrebbe essere riservata a me. Mi alzo per lasciarli soli, ma i due Santi mi invitano a rimanere e ben felice rimango. Vorrei poter descrivere i Santi, soavi minuti passati vicino a quei due religiosi, ma occorrerebbe altra penna della mia. Non strepito di parole, non voci alterate, non detti inutili. La loro voce aveva una tonalità soave, il loro pensiero era rivolto tutto al Signore e si sentiva una pace, una calma, una serenità che io mai avevo provata nelle sedute o riunioni del mondo. Lo stesso sguardo penetrante, dolce, mansueto, aveva lampeggiamenti di carità; provavo una gioia, un senso tale di riposo che mai, uscendo da qualunque anche buona riunione, mai avevo sentito. Dissi al Prof. Teodoreto che mi trovavo lì a prendere lezioni da Fra Leopoldo, il quale sorridendo protestava di aver bisogno lui di lezioni. Ripetei l'impressione soave avuta dalla lettura delle meraviglie del Signore, del modo nel quale la mia fede si sente rinforzata, e del desiderio mio di continuare a sentire questi benefici effetti anche quando sarò a casa. Non nascondo che dopo la lettura il mio dolore di abbandonare Torino è un po' diminuito sentendo che in qualunque posto mi bastava Gesù Crocifisso. Espongo ancora che prima di conoscere Fra Leopoldo io avevo pochissima Divozione al Crocifisso, ma che ora è una cosa che non posso farne a meno. Il Prof. Teodoreto, con quella serenità che lo distingue, con una umiltà e carità profonda, dice che il Crocifisso è indispensabile nella vita. La Santa Eucarestia è il nostro pane dell'anima, il nostro primo alimento spirituale ed i religiosi possono ogni momento adorare Gesù vivo nel Sacramento dell'altare nella loro stessa abitazione, ma i secolari è bene portino con loro il Crocifisso, perché durante il giorno, sul lavoro, nelle tristezze, sempre portando una mano sul cuore, sentano il Santo Crocifisso e sia una preghiera di aiuto e di conforto. Fra Leopoldo afferra questo e dice che sarà il Santo Crocifisso che riformerà il mondo e che la Santa Divozione è nata sul Calvario stesso con la Passione e Morte di Nostro Signore. Dice che difatti si va estendendo in modo meraviglioso. Il Professore Teodoreto continua dimostrando che il Signore lo abbia rivelato a Fra Leopoldo e noi lo abbiamo letto come la Santa Eucarestia e il Crocifisso siano le due vie regie che portano al cielo. Dice che noi dobbiamo amare il Signore nella gioia e prepararci da questa al dolore, perché purtroppo il Signore non ci lascia senza e nel dolore ricordarci di soffrire per Lui perché verrà la gioia. Fra Leopoldo dice che quando lui ha quei momenti straordinari di gioia celestiale pensa poi alle prove alle quali sarà sottoposto nella giornata che non mancano. Il Signore, dice il Prof. Teodoreto, lo ha dato come distintivo ai suoi servi di soffrire e Fra Leopoldo ne può dire qualche cosa. Io domando se tutti si va soggetti a delle desolazioni e aridità di spirito ed entrambi mi rispondono affermativamente. Il Prof. Teodoreto mi dice che il Signore non abbandona mai, ed io dico loro che ritornando al mio paese cercherò di propagare non solo la Santa Divozione, ma di procurare che essa venga recitata ogni giorno. Quantunque siano per me momenti di vero gaudio, mi alzo per congedarmi onde permettere loro di conversare da soli. Il Prof. Teodoreto mi stringe la mano con un sorriso di compiacenza che mi commuove ed al mio preavviso che sarei andato presto a trovarlo, se ne mostra lieto e mi invita a farlo pure con libertà. Fra Leopoldo invece si alza e mi accompagna tutto contento alla porta, parlandomi ancora con sì grande affetto, confidenza, piacere, come a persona carissima alla quale si vuol tanto bene. Alla porta gli raccomando di parlare al Prof. Teodoreto per un Crocifisso, ed egli sfiorandomi le mani con una bontà da vero Santo, mi prega di ritornare domani nel pomeriggio che mi aspettava. Torino, 25 Gennaio 1919 Oggi alle 13 sono salito con Cambiaghi a Valsalice per intervistare il Dott. Coiazzi, Salesiano del liceo, professore di lettere e filosofia, e abilitato all'insegnamento delle lingue inglese e francese, sulla sua opera intorno alla vita e colloqui di Giosuè Borsi. Vi ero già stato due volte, ma non ero riuscito perché la prima era il dì dell'Immacolata e lo trovai impegnato nella Cappella per l'Oratorio festivo e la seconda lo incontrai lungo il viale che usciva. Oggi, invece, quando gli fu annunziata la visita, il Dott. Coiazzi, un'anima ardente di fede e di cultura soda, ci venne incontro con cordialità e premura. Dopo la presentazione, egli ci condusse a passeggio sul terrazzo sopra la tomba del Venerabile ed esposi i punti sui quali desideravo spiegazioni: Giosuè Borsi, Psichari, Oratorio festivo. Ed entrò senz'altro a parlare di Giosuè Borsi. La sua parola è semplice, penetrante, ardente. Ci dice che si è recato ultimamente a Firenze presso la mamma di Giosuè e si è fermato là 20 giorni per raccogliere materiale onde completare in una nuova edizione la vita dell'eroe cristiano. Ed il materiale non gli è mancato. Tra i fatti salienti avvenuti dopo la morte del Borsi, ne cita quattro o cinque con dati e documenti che certo mi impressionano. Mi spiace non aver notato le date e quindi mi sono sfuggite, come i nomi delle persone, ma verranno prossimamente pubblicati nel suo libretto. Una conversione importante è quella di Gualtiero Tumiati, lo scrittore brillante, il quale è già ormai praticante. Egli che era amico di Borsi, ha sentito, lo stesso giorno della morte, la voce distinta di Giosuè che gli diceva: "Dunque deciditi, è l'ora". Contemporaneamente, nella stessa ora, la voce si faceva sentire mentre erano a tavola al suo amico ..............., il quale, rivoltosi alla moglie, le domandò se aveva sentito Giosuè dire distintamente: "Dunque deciditi, è l'ora". La voce poco dopo ripeté le parole e non sapevano a che attribuirla, soltanto dopo, quando si sparse la voce della morte, compresero tutto. L'unione di quell'uomo era illegale con quella donna. Sistemarono la loro posizione, riconobbero i bimbi ed ora vivono cristianamente. Importante pure è il fatto di una signora, la quale sembra avesse avuta relazione nella vita libera di Giosuè. Poiché è bene osservare, come ci tiene a risaltare il Prof. Coiazzi, che Borsi non è stato mai un ateo nel vero senso della parola. Egli ha sempre sentito la verità della fede nella mente, ma la sua vita è stata tutta diversa anche dai più elementari principi di questa fede. Ebbene, facendo un giorno prima di partire per la guerra una discussione sulla immortalità dell'anima e sostenendo egli questa verità, la signora gli aveva risposto che essa non credeva e vi avrebbe creduto soltanto quando uno morto glielo avrebbe detto. Ebbene Borsi, con lo spirito allegro e con colorito speciale alle parole rispose sorridendo che egli sarebbe partito per la guerra, sarebbe morto sul campo ed egli stesso le avrebbe annunciato tale verità. Giosuè parte, muore il 15/11/1915 e quella signora si sente invitata da una voce a leggere un brano di un libro ( un libro di Seneca ), sente additarsi il comma da leggere, nel quale vi era un richiamo di altro libro in fondo alla pagina. E così di voce in voce, di libro in libro, Giosuè conduce quella signora come guida sulla via del Signore. Altro fatto. Ad una signora ( e mi dispiace non avere i nomi e dati che mi sono sfuggiti, ma li chiederò di nuovo in una prossima intervista ) era venuto in mano il testamento spirituale di Giosuè. Lo legge, e poi con aria di disprezzo lo mette sotto i piedi e lo calpesta ripetendo: "La solita letteratura, anche tu non senti ciò che scrivi". Ebbene quella signora diventa cieca. Impensierita di quell'oltraggio, pensa riparare e prendendo il documento, se lo pone sugli occhi e gradatamente le ritorna la vista. La signora è fuori di sé dalla gioia e va pellegrinando alla casa di Giosuè dalla mamma. Non osa entrare. La domestica annunzia alla mamma che vi è una signora che piange e non vuole entrare. La signora Diana corre, prega di entrare e la signora racconta, mettendosi a disposizione completa della mamma. Un ufficiale cieco scrive alla mamma di Giosuè una lettera di riconoscenza e fra l'altro dice: "Leggo col sistema Braille il testamento spirituale di Borsi con gli occhi spenti e con il cuore illuminato". Altro fatto. Un ufficiale che era vissuto in trincea con Borsi, edificato dalla condotta, dalla carità, dalla purezza, dall'entusiasmo di quel giovane ufficiale, aveva per Borsi un'ammirazione grande. Il Prof. Coiazzi parla con molta facilità e semplicità di questi fatti e dice che non siamo obbligati a crederli miracoli e nemmeno pretendere che gli altri li credano tali, perché la Chiesa non si è pronunziata ancora. Quello che è certo è che questi fatti sono avvenuti perché le persone che li attestano sono vive e si tratta di tutti convertiti viventi e non di persone morte. Certo, dice, sono cose che, per noi che crediamo, portano consolazione e le persone che si interessano di questi fatti meritano tutta la nostra stima. Dice che le lettere che ormai giungono alla mamma di Borsi non si contano più; né egli ha potuto leggerle tutte. É certo però cosa straordinaria la quantità di anime che leggendo i colloqui di Giosuè si sono convertite, altre rinvigorite nella fede, altre messe nella buona strada. Racconta il fatto avvenuto anche nella Chiesa di S. Maria al Fiore, dove il Prof. Don Benedetto Galbiati, valente oratore di Monza, leggendo un giorno dal pulpito il testamento spirituale di Borsi, esortò ad una piccola offerta i presenti per rendere pubblico e distribuire diffusamente questo documento, che avrebbe fatto tanto bene. Sceso dal pulpito, si presenta all'oratore un signore e dice che pensava lui per la spesa occorrente alla pubblicazione di questo benefico documento. Il Prof. Coiazzi che ci intrattiene a parlare del Borsi già per un'ora, ci invita a salire nella sua camera per prendere visione dei documenti. É una cameretta da religioso e ci colpisce la semplicità di quest'uomo di tanta cultura e di una carità veramente di un figlio di Don Bosco. Il Prof. Coiazzi parla con calore, ma si sente sicuro di quanto va dicendo per uno studio profondo fatto sulle opere del Borsi, sui documenti che con squisita cortesia ci fa passare, sulle visite fatte a Firenze alla mamma, al Cardinale Maffi, a Padre Alfani ed a quanto si scrisse su Giosuè. Ci fa vedere il libro "Prime fons" del Borsi, l'altro "Scruta obsoleta", una lettura dantesca e un'infinità di altre opere minori, novelle, conferenze, ecc. compresa quella del Prof. Romagnoli e di Paolini. Ma ciò che maggiormente attira l'attenzione è un libricino in pelle usato dal Borsi e con la sua firma autografa, la "Divina Commedia" che la mamma ha donato al Prof. Coiazzi. Prendo nelle mani, leggo, direi con venerazione, un foglietto scritto in matita dal Borsi. É il foglietto con il quale trasmette al Cappellano Don Ezio Barbieri l'ultima lettera alla mamma, quel documento tanto prezioso. In quel foglietto scritto in matita e con calligrafia affrettata, lo prega di consegnare alla mamma la lettera dopo la sua morte. É di poche parole, ma commoventi. Questo documento il Prof. Coiazzi lo farà pubblicare nella nuova vita che lui scriverà e lo ritornerà al Card. Maffi dal quale lo ebbe. Ed è con vero desiderio e piacere che il Dott. Coiazzi mi permette di esaminare la corrispondenza di due illustri persone del quale il Prof. Coiazzi ne è stato stupito nel vedere in due eminenti persone tali tanto spirito di apostolato e tanta carità e semplicità evangelica: il Card. Maffi di Pisa e l'illustre Padre Alfani. Mi dice che in quest'ultimo ha trovato una fede tale, una cura d'anime così ardente, come non avrebbe creduto. E mi legge queste lettere, questo epistolario fra i due personaggi nelle quali vi sono comunicazioni consolanti. Una è il documento della Cresima del Borsi del Cardinale Maffi che commuove. E ve n'è un fascicolo che mi fa scorrere in fretta perché il tempo fugge. Interessantissima è una del Padre Alfani al Card. Maffi sulla conversione di anime avvenute dopo la morte del Borsi, sia perché abbia agito direttamente o per mezzo dei suoi colloqui e della vita. In questa lettera vi è un segno e spiega che è una fermata indipendente da lui, perché era stata richiesta l'opera sua di Sacerdote da un ufficiale che lo chiamava per mettersi a posto con Dio, per azione del Borsi. E dice che in poco tempo erano stati molti, uomini dell'alta società, ufficiali, ecc. che avevano richiesto la sua opera per conoscere il Signore e convertirsi. Si sente leggendo questi documenti un senso profondo di evangelica soddisfazione da parte di queste elette persone, e passa nei nostri cuori un'onda di gioia per la grazia che il Signore ci ha fatto donandoci la fede. Vi sono anche e queste verranno pubblicate, lettere scritte all'amico suo del cuore, Massimo Bontempelli , per alcune volontà testamentarie e pubblicazione di opere. Per fortuna, o meglio per grazia di Dio, i colloqui e le lettere si riuscì a pubblicarle noi, altrimenti sarebbero state deformate e mutilate nella loro forma, perché era decisione dell'animo di pubblicarle come saggio e valore letterario, non come scopo cristiano, o meglio elevazioni dello spirito di Giosuè. In una copia di lettera che il Prof. Coiazzi permette per cortesia che noi prendiamo visione, diretta a Massimo, vi è un'esortazione così ardente, un'intimazione così affettuosa perché creda alle verità della fede, perché creda, si converta, preghi, che fa pensare e il Borsi assicura Massimo che è certissimo della verità che pratica e che esorta pure lui. Il Bontempelli, scrittore del secolo, non si è ancora convertito. Entra a parlare poi di Ernesto Psichari. Dice che come persona di cultura è forse superiore al Borsi, ma è un altro carattere, più studioso, più profondo nel pensiero. E la sua conversione è veramente una grazia straordinaria. Per sua estrema bontà e cortesia ci fa leggere una lettura in francese ricevuta dalla mamma del Psichari, protestante, la quale viva tuttora divisa dal marito greco, e si firma col cognome di Renau, figlia di Ernesto l'apostata, non Psichari. Essa ringrazia Coiazzi della vita scritta sul suo figlio e dice che quantunque pensasse e pensi diversamente dal suo figlio morto, pur tuttavia la relazione con Ernesto era ottima sotto ogni rapporto. Mi dà diverse spiegazioni per gli Oratori festivi, regolamenti, una vita sul Borsi, riviste dei Salesiani e ci accompagna con continua premura e cortesia sino alla porta, giù nel cortile, ringraziando non noi lui, ma lui noi e pregandoci di ritornare ancora. Torino, 25 Gennaio 1919 Oggi nel pomeriggio fui un momento da Fra Leopoldo e vi trovai un giovane della Pia Unione. Gli accennai ad una visita fatta dal Prof. Coiazzi Salesiano ( vedi relazione a parte ) e che gli avrei avuto a raccontare molte cose. Mi fermo qualche tempo, e poi mi congedo, promettendogli che il domani, domenica, avrei visitato la famiglia Natta, e poi avrei fatto una scappata da lui. Torino, 26 Gennaio 1919 Oggi alle 16 sono andato dalla famiglia dell'Avv. Cav. Natta. Ho trovato in casa la sola signora, essendo gli altri usciti. Era con me Cambiaghi. La signora ci ricolmò di gentilezze, ci parlò tanto del suo Nino, con affetto caro e rassegnato. Io non ho sentito mai parole più cristiane uscire dalla bocca di una mamma, che non ha un lamento perché il Signore le ha tolto il suo adorato figlio. Essa ne parla con una rassegnazione da commuovere ed è così convinta che le virtù del figlio lo abbiano portato in Paradiso da provarne un conforto che essa stessa non si spiega. Dice che diverse volte ha dovuto constatare il suo intervento palese. Dice che dopo la sua morte ha sentito una tale forza, una tale misteriosa energia, da esserne stupita essa stessa. E non le sembra che il suo Nino sia morto, ma lo sente sempre vicino come prima. La sua rassegnazione cristiana commuove. Io glielo dico, non stupisco, perché Fra Leopoldo mi aveva detto subito che per mezzo della Vergine sapeva che il suo Nino era in Paradiso e non le nascosi che da allora, pur senza conoscerlo, mi sembrava di averlo avuto sempre per amico e che ogni giorno, dopo aver fatto per lui una preghiera, mi rivolgevo a lui stesso perché chiedesse al Signore di darmi la bontà che lui aveva avuto in terra. La mamma si compiace di queste mie parole, e mi dice che è costretta a palesarmi che sente per noi un affetto così forte come al suo stesso Nino, un affetto che non sa come esprimere e che quando ci vede al mattino fare la Santa Comunione alla Consolata, chiede per noi una protezione speciale. E ci racconta dei fatti che essa non vuol dire soprannaturali, ma che di fatto hanno dovuto convenire vi fosse l'aiuto del loro Nino. Mi racconta la sua peregrinazione per la costruzione della Cappella Votiva ancora quando Nino era vivo, l'interessamento di Fra Leopoldo che aveva avuto preavviso un periodo prima della morte che sarebbe avvenuta, le sue ultime lettere, ed il rumore sentito una notte, prima della sua morte, nella porta d'ingresso. Mi ripete che persone che si sono rivolte alla sua protezione hanno ottenuto esaudimento. ripete che essa, ormai è tranquilla, quasi contenta, perché sa che Nino è in Paradiso. Una Suora visitata al Cottolengo, tenuta in concetto di santità, le aveva detto "Signora se vedesse dov'è come sta bene, non lo vorrebbe più". Racconta ancora il sogno già da me descritto, la bontà del suo figliolo, la sua virtù, i suoi usi e se ne compiace. Il nostro interessamento, le nostre parole di fede, la nostra santa invidia di saperlo già in Paradiso sono per quella mamma, di tale gioia che non sa come manifestarcela. La visita è durata un'ora. La signora ci offre una bibita e dolci. Prima di andare via chiede il permesso e ci inginocchiamo dinanzi alla tela dove è riprodotto in grandezza naturale, per pregare. La mamma risponde alla nostra preghiera, e poi si allontana. Rimaniamo assorti qualche momento dinanzi a quell'eroe della Fede e della Patria e quando la mamma ritorna prendiamo congedo. Essa ci ringrazia della visita, ci prega di ritornare presto, e dice di ricordarci che ora e sempre la sua casa è a nostra disposizione. Mi spiace non poter ripetere le sante parole udite da questa madre cristiana per ripeterle alla mia, insieme ai fatti da essa raccontati circa l'intervento del suo Nino. É un esempio di famiglia cristiana modello e vorrei poterlo ripetere a mia madre ed a tutte le madri cristiane del mondo, essa che nel dolore si raccoglie, piange, prega, ma si solleva al pensiero che suo figlio è in Paradiso ed il Signore premia la sua fede con grazie straordinarie. Torino, 26 Gennaio 1919 Dopo la visita alla signora Natta, siamo andati alla funzione al Santuario dell'Ausiliatrice, dove vi era solennità per la pace. Poi visita a Fra Leopoldo alle 18,30. Raccontai la visita del sabato fatta al Dott. Coiazzi ( vedi relazione a parte ) e quella odierna alla famiglia Natta. Egli ha parole di vera lode per questa famiglia cristiana e dice che il Signore la benedice continuamente. Alle ore 19 prendiamo congedo. Torino, 27 Gennaio 1919 Ritorno a visitare alle 18 Fra Leopoldo. Fra Leopoldo mi parla come ogni sera delle meraviglie del Signore con sicurezza e semplicità da attirare talmente la nostra attenzione come in nessuna altra cosa. Mi dice come il Signore gli abbia detto che dalla Pia Unione sorgeranno molti Santi. Alle mie parole che diverse volte, in momenti di gioia non comune e in condizioni diverse, sento nel cuore e nella mente una forza insolita ed un vivo bisogno di scrivere, egli mi dice di non trascurare questi momenti che il Signore ispira, perché queste sono sue certezze. Io rido e sorride egli pure con paterna bontà, quando gli dico che sono ben lontano da questo stato di cose. Fra Leopoldo è di una serenità, di una calma ammirabile. Egli nonostante i 70 anni ha una forza virile che egli stesso riconosce opera del Signore perché altrimenti non potrebbe soddisfare a tutte le occupazioni della sua qualità. E parla ed attende ad intervalli alla sua cucina, proprio come un giovanotto ed è così svelto, che nessuno darebbe più di 50 anni. Sul suo labbro vi è un dolce sorriso, una parola semplice, buona, una carità straordinaria e mai, mai, mai ho sentito da lui la minima mormorazione. Quando dice che il Signore non è contento di tutti i Sacerdoti e religiosi, perché non tutti corrispondono alla sua chiamata, egli espone con dolore, ma senza ... Torino, 28 Gennaio 1919 Oggi alle 16 fui da Fra Leopoldo. Nonostante vi fossero in parlatorio due signore, ha voluto farmi passare lo stesso presentandomi come un suo caro amico. Le signore si congedarono subito e rimasi solo con Fra Leopoldo, il quale si mostrò lietissimo di vedermi. Anzi oggi mi parve più contento e più allegro del solito, se così si può dire. Se potessi descrivere la compiacenza che mi dimostra nel vedermi, sarebbe sempre inferiore a quanto egli realmente sente e mi esterna più che con parole vane, che egli non sa nemmeno concepire, ma con sorrisi di paradiso e soprattutto discorsi edificanti. Notifico subito a Fra Leopoldo il ricevimento di una cartolina del sig. Ammiraglio, nella quale mi annunzia con sua grande consolazione che mio papà si era inscritto il 26 corr. nella Pia Unione del S. Crocifisso. Gli leggo la cartolina e Fra Leopoldo ne prova vivo piacere, e mi ricorda subito che Gesù Crocifisso glielo aveva detto e che questo non era che il principio. Verranno altre grazie ed il suo volto si accende di santa letizia. Io gli dico che da qualche tempo sono tranquillo per la salvezza dei miei per l'assicurazione avuta da lui. Egli mi ripete che il Santo Crocifisso gli aveva detto che lui solo era padrone delle anime e che continuassi a pregare che io avrei contribuito alla loro salvezza. Si compiace anche che mia sorella faccia la Santa Comunione dopo la venuta a Torino ogni mattina, e dice che bisogna riconoscere in tutto la mano di Dio. Si interessa anche della bambina Anita e dice che è opera di vera carità. Egli mi parla della soddisfazione grande di amare Gesù. Fra Leopoldo ha assunto la dolcezza di voce delle confidenze, il suo sguardo si è rivolto in alto, si è chinato più verso di me e mi ha parlato come usa fare quando siamo soli, con una intimità, una dolcezza, una affettuosità così semplice, che io non potrò mai descrivere né raccontare, ma che ho viva nel cuore e nello sguardo. Mi dice che se il mondo potesse capire anche lontanamente quello che si gode nell'amare il Signore, il mondo non andrebbe così. E mi parla dei suoi trasporti, delle meraviglie che il Signore lo ha privilegiato con tale semplicità e ardore, da sentire nel mio animo un senso tale di spiritualità da dimenticare ciò che ero, tutto compreso dalle sue parole. Mi dice di sentire per me un affetto grandissimo nel Signore, e che malgrado il Signore non voglia, abbia affetti particolari; pure, dice che sente una cosa così spirituale per me da sentirmi unito a lui nel Santo Crocifisso. Fra Leopoldo dice spiacergli non sapersi esprimere con parole un po' meglio, ma di compatirlo perché non ha istruzione. Questa sua attestazione così semplice e così sentita, questa sua confidenza così completa, che quantunque di età più avanzata di molto, mi tratta con intimità da consolare, il pensiero che un Santo suo pari ha per me un affetto che raramente ho trovato uguale sulla terra, mi commuovono e mi strappano delle parole di così alta ammirazione ed affetto che Fra Leopoldo rivolge al Signore con atto edificante. Mi dice che il Signore ha certamente i suoi disegni su me. Il fatto di avermi concesso l'alto, il sommo privilegio di aver permesso di leggere i suoi Santi detti, è dimostrazione di ciò. "Pensi che nessuno sa che esistono queste meraviglie e il Signore ha permesso esplicitamente che lui le veda, mentre non sono ancora note né ai miei Superiori né a quelli dei Fratelli delle Scuole Cristiane e a nessuno il Signore ha permesso siano rese note". Quando questo libro uscirà farà un immenso bene. Mi ripete che gli spiace io abbia a partire senza poterle leggere tutte, ma io prometto di ritornare appositamente. Mi ripete ancora che il Signore vorrà qualche cosa da me. Io inavvedutamente l'interrompo, chiedendo che cosa potevo fare, se non propagare la Santa Divozione ed egli mi dice in primo luogo quella e poi... Qui si sofferma e non si spiega. Quando gli dico che alla sera sono solito trascrivere quanto egli mi viene dicendo, procurando di essere il più esatto possibile e mettendomi dinanzi sul tavolino il Santo Crocifisso perché mi aiuti, egli mi ripete ancora: "E il Signore vuole qualche cosa da lei, continui pure, è una buona cosa, fa bene". Fra Leopoldo oggi è di una vivacità giovanile e mi comunica parlando del Signore una tale gioia che io non so esprimere. Mi ricordo che qualche tempo fa e lo notai in un colloquio, egli mi aveva detto che avrei visto un miglioramento presto in casa mia e la domanda di mio papà e la maggior fede di mia sorella credo siano la realtà delle promesse profetiche di Fra Leopoldo. Sia ringraziato il cielo. Egli mi dice aver notato in mia sorella una grande bontà e quando gli faccio notare che mio cognato, pur non essendo cattivo, non pratica la fede e causa qualche brutta abitudine, genera qualche dispiacere a mia sorella, egli mi dice che la preghiera di essa gioverà a farlo cambiare. Mi consiglia a proporle una supplica. Mi riferisce di aver parlato con il Prof. Teodoreto per il mio Crocifisso e che questi aveva ricevuto con piacere l'incarico di procurarmelo. Mi dice che questa sarà una vera grazia averlo in dono dal Prof. Teodoreto e di tenerlo caro, perché questo Santo Crocifisso mi farà delle vere grazie. Fra Leopoldo mi dice tutto questo con una bontà da commuovere i sassi e non dirò mai a sufficienza l'affezione che egli mi dimostra, il piacere che prova nel comunicarmi il suo amore verso Gesù, nel confidarmi quanto il Signore gli va ripetendo nei momenti di rivelazione e di estasi. Quando egli mi dice ciò che prova in quegli istanti i suoi occhi si alzano al cielo, le sue braccia si incrociano e sembra provi ancora qualche cosa di paradiso. Ma tutto questo con una semplicità che chi non l'ha veduto non può credere, con una sicurezza tale di essere nulla e che tutto è opera del Signore, da confondere qualunque voglia fargli un appunto. Quando egli mi dice ciò che io ormai so in parte, che il Signore gli dice con compiacenza per lui, egli procura di far sparire la sua persona e dice che il Signore gli ha pure detto che non lo dice a lui solo, ma lo dice a lui per tutto il mondo. E quando esce dal mio labbro qualche parola di lode per lui, noto sul suo viso quasi un dispiacere e mi accorgo che non gli faccio piacere e senza ostentazione, ma con profonda sincerità ripete che tutto è opera del Signore e noi non siamo che poveri peccatori. Mi racconta qualche fatto e si compiace poi della bontà del mio amico Cambiaghi. Una suonata di campanello annunzia la visita del Prof. Teodoreto. Fra Leopoldo ne è felice ed il Fratello entra con il suo solito sorriso moderato, con la sua umiltà da religioso e mi chiede premuroso notizie. Fra Leopoldo, trattandomi proprio centomila volte superiormente a quanto merito, tratta in mia presenza delle cose alte del Signore, dandomi così testimonianza continua di affezione nel Signore. Si parla delle rivelazioni. Racconto poi della cartolina ricevuta dal Signor Ammiraglio e della notizia dell'iscrizione di mio papà alla Pia Unione avvenuta spontaneamente e dico al Prof. Teodoreto in poche parole, conoscendo la sua santità, serietà e benevolenza verso di me, lo stato dei miei, non completamente in ciò che concerne la pratica della fede. Dico che il lavoro che il Signore esercita in quelle due anime è lento e data di venti anni circa. Il professore si interessa non per curiosità e senza aprir bocca, ma quando io cito diversi fatti della mia vita il suo sguardo si posa dolcemente su me, il suo interesse ha assunto carattere di carità e mi ripete che vi è la grazia di Dio che lavora gradatamente. Dico che spero ritornando di poter continuare e di vedere un giorno completare l'opera del Signore. Fra Leopoldo e il Prof. Teodoreto mi parlano con tanto amore, con tanta carità come si trattasse affari loro e mi incoraggiano con parole sì dolci senza spenderne troppe, perché il loro dire è limitato ma serio, sicuro, confortante. Fra Leopoldo parla e raccomanda ancora al Prof. Teodoreto il mio Crocifisso che io desidero tanto ed il Professore spera potermi soddisfare. Non nascondo il piacere mio di poter possedere un tale dono, poiché alla sera e sempre pregando con i miei, mi sentirò vicino a loro. Fra Leopoldo che ascolta tutto con vivo interesse, si compiace e sembra sempre benedirmi con gli occhi, mi ripete in un momento di gioia: "Vedrà, vedrà quante grazie, queste non sono che il principio". Queste parole mi colpiscono per il senso che non capisco bene, come per altre ripetute in diversi colloqui e oggi diverse volte, su ciò che il Signore vorrà da me. Quantunque il piacere di rimanere fra quei due Santi è forte, pure credo opportuno congedarmi. Saluto il Professore promettendogli una visita e Fra Leopoldo mi accompagna alla porta. Mi dice di aspettarmi presto, mi stringe appena la mano ( contrariamente al suo uso ) e ci salutiamo tutti e tre con il: "Sia lodato Gesù Cristo". Sono già diverse volte in queste mie ultime visite che vi incontro il Prof. Teodoreto. La mia fortuna non potrebbe essere maggiore. Trascorrere un periodo così soave in mezzo a due Santi, che mi vogliono tanto bene e mi prediligono contro mio merito. Non ho mai sentito da loro una parola che non sia di Dio, senza morbosità di sentimento, ma con una fede, una sincerità, una carità da stupire. E ripenso ora ai benefizi straordinari che mi concede il Signore, anzi dirò meglio, a questa grazia straordinaria, poiché non è cosa comune sentir parlare due sante anime del Signore. Il loro parlare è umile, direi allegro sempre, senza nominare mai la prima persona, la loro figura scompare e tutto si aggira nel bene delle anime, nella santificazione loro e nell'amore di Dio. Sono due fuochi ardenti, due anime che vivono solo per Gesù e lavorano per portare a Lui delle anime. E riflettendo ora di esser rimasto tante volte a lungo colloquio con loro, di aver sentito i loro discorsi e di aver partecipato alle loro sante conversazioni, l'animo mio si riempie di vera riconoscenza e mi inginocchio e adoro il Santo Crocifisso in quest'ora di notte e lo ringrazio. Torino, 29 Gennaio 1919 Questa sera alle 18 sono andato con Cambiaghi a visitare Fra Leopoldo. Torino, 30 Gennaio 1919 Questa sera alle 18,30 ritornammo da Fra Leopoldo. Mi scusai del ritardo, perché egli mi aspettava nel pomeriggio, dicendo che mi ero dovuto recare dai bambini, i quali tenni con me per 4 ore, provandone soddisfazione grandissima, poiché oltre l'aiuto nello studio, riuscivo ormai a incantare la loro attenzione sulle verità della Fede, sulla Religione, sul Borsi, destando in loro un vivo desiderio di diventar buoni. Fra Leopoldo se ne compiace e mi ripete che questi princìpi rimarranno nella mente dei bambini per sempre e di continuare a raccomandar loro la Santa Divozione al Crocifisso. Difatti e lo scrivo non per orgoglio, ma per ricordarmene, oggi è stata per me una giornata di vera soddisfazione. Sia nel passeggio che durante lo studio, sono riuscito a impadronirmi completamente della mente e del cuore dei miei due bambini, i quali si interessarono talmente della vita del Borsi, delle verità della fede, da farmi discorrere per quattro ore. E quando, dopo più di un'ora di religione pura, passai alla spiegazione della Gerusalemme liberata, riuscii a destare talmente la loro attenzione che dopo un'altra ora, mi pregarono di continuare. Torino, 31 Gennaio 1919 Oggi alle 16 ritornai solo da Fra Leopoldo. Egli fu lieto di vedermi e mi disse che quando sono solo parla con me più confidenzialmente. Mi dice con gran piacere che il Signore è contento che si parla di Lui, e che è presente nei nostri colloqui. Io gli chiedo che cosa dice il Signore e Fra Leopoldo mi risponde che è sempre mesto e che lo tiene vicino dandogli dei piaceri e delle gioie grandissime, ma parla poco. Ed alla mia domanda, se tutti siamo soggetti a dei periodi nei quali non sappiamo, non siamo capaci di offrire un pensiero più caro a Gesù, egli mi risponde affermativamente. Anzi, mi dice, pochi giorni fa, il Signore mi chiese se io gli volevo bene e mi disse che nei giorni che non mi rivela niente mi è maggiormente vicino. Le sue gioie ce le dà per incoraggiare, ma non dobbiamo rimanere sempre con le consolazioni del Signore. Fra Leopoldo si compiace molto che io sia solo e mi dice che il Signore mi vuole tanto bene e che la mia è una vera grazia, una fortuna. "Ma non sa, mi dice nel tono massimo della sua semplicità e della sua piena confidenza, che nessuno mai ha sentito tutto quello che ho detto a lei? E poi il privilegio di leggere i detti del Signore, è una grazia straordinaria. Nessuno sa nemmeno che vi siano ed il Signore ha permesso che lei solo li legga. E il Signore indubbiamente ha i suoi fini, lei dovrà fare molto bene. Anche il Prof. Teodoreto, che è molto restio, ha detto che è un vero privilegio del Signore, poiché nessuno dei suoi Superiori e né dei miei, sanno che esistono queste meraviglie del Signore, ed il Signore stesso desidera che siano celate fin dopo la mia morte". Dice che il libro che uscirà farà tanto bene e che egli stesso rileggendo qualche suo scritto non si ricorda più e gli sembrano tali meraviglie che fanno un ricordo di bene anche a lui. Continua sempre con un tono così soave da rapire in attenzione che il Signore gli ha detto qualche cosa sulla sua morte ma che è bene tacerla. Che desidera che io non dica mai a nessuno di aver letto queste meraviglie, per evitare che qualcheduno sia spinto da questo desiderio a chiederlo e sentirsi rispondere negativamente per non andare contro alla volontà del Signore che non lo permette. Mi dice di non dirlo nemmeno al sig. Ammiraglio, che quantunque debbo essere grato per avermi indirizzato a lui, sarebbe uno spingerlo a desiderare di venire anche per questo e con dolore si troverebbe nella necessità di non poterlo soddisfare. Mi ripete che il Signore ha i suoi fini di avermi mandato da lui e alla mia domanda sulla conversione dei miei, egli mi risponde per la centesima volta che il Signore glielo ha promesso, dicendogli che era egli il padrone delle anime. Mi dice che il primo passo era fatto con l'iscrizione del mio papà alla Pia Unione e che fossi certo che le mie preghiere li avrebbero salvati. Mi dice che il Signore gli avrebbe fatto sentire, che se anche non avessero ricevuto quello che noi desideriamo, pure il padrone delle anime era lui. Fra Leopoldo mi parla della Santa Comunione. Mi dice che se avesse potuto scrivere quanto il Signore gli ha detto nella Santa Eucarestia sarebbero pagine sublimi. E sorride. Si ferma un istante, sorride ancora, e poi continua: "Adesso le dico una cosa che non ho detto mai e sono sicuro che lei la segna subito". La sua semplicità è al colmo in queste spontanee, confidenziali, affettuose parole e dagli occhi suoi che hanno fissato già il Santo volto di Gesù, partono dolci sguardi di benevolenza per me, che dimostrano quanto Fra Leopoldo mi voglia bene nel Signore. E mi dice che oltre la Santa Comunione gli sta a cuore un'altra cosa ed è che venga presto il mattino per rimanere con il suo Santo Crocifisso. Si, perché egli e me lo dice lui, alle 4 è già alzato e fa prima di scendere tutte le sue preghiere con il suo Santo Crocifisso, dove ( io credo ) deve avere delle estasi e si prepara alla Santa Comunione, perché dopo la Santa Messa, egli è subito occupato in cucina e non ha più tempo. Mi ricorda che il Signore lo ha chiamato suo segretario, suo portavoce; suo segretario per scrivere, suo portavoce per raccontare le sue misericordie. Io gli domando come devo comportarmi, ritornando a casa e gli accenno a qualche progetto. Egli lo approva pienamente dicendo che farò tanto bene e mi dà autorizzazione a dire che la preghiera è una rivelazione de Signore con tutto ciò che crederò più opportuno, purché taccia assolutamente del suo nome e di quanto il Signore non vuole. Entra un fratello e gli porta un vaglia con un'offerta. Me lo porge per leggere. É una Signora che invia una modesta offerta per ringraziare il Signore che mediante le preghiere di Fra Leopoldo ha permesso che il suo figlio ufficiale ritornasse sano a casa. Egli pensa un istante e si ricorda della persona e mi dice di altri salvati che gli serbano riconoscenza e fra gli altri un capitano di Poirino e mi dice che gli hanno detto che tutti quelli che gli hanno scritto e che egli ha raccomandato sono quasi tutti vivi. Mi dice che tutto è il Signore e che è Lui che lo aiuta sempre. Ha parole di lode per Padre curato, Padre Vallaro, che ha per lui tanto riguardo ed è anima tutta del Signore. Purtroppo, dice, vi sono state anime che gli hanno fatto guerra, ma il Signore lo ha sempre aiutato. E per darmi un'altra prova, grandissima, della sua speciale confidenza per me, perché non lo fa con nessuno, proprio con nessuno, mi dice, vuole che gli legga una lettera che egli estrae da una tasca che ha sotto il grosso colletto del suo abito. É una lettera di una Suora che lo supplica a interrogare il Santo Crocifisso perché nella Cappella dove sono mi sembra nove Suore non riescono ad avere il Santo Sacramento dell'Eucarestia. Che è per loro un dolore e promette molto amore a Gesù. E riempie due pagine. Mentre sto per terminare è annunziata la visita del Prof. Teodoreto. Fra Leopoldo mi dice di non muovermi ed alla mia delicata insistenza, mi ripete che quello che dicono posso sentirlo e non devo muovermi. Io ubbidisco. Più che un'ubbidienza è per me un vero piacere. Sapevo che doveva venire anche il Prof. Teodoreto e questo pensiero mi faceva piacere. É una vera grazia rimanere per qualche ora in mezzo a queste due anime privilegiate del Signore. Il loro viso è sempre raggiante di Santa pace, le loro labbra non hanno che parole del Signore e non ho sentito mai un minimo accenno a cose che non siano di gloria al Signore e di edificazione per le anime. Loro si compiacciono di avermi vicino, ma sono io che sento nel profondo dell'animo quanto siano soavi e fortunati questi momenti. E sento in quell'ambiente un profumo tale di virtù, che il mondo scompare, nessuna cosa più ha valore se non la santità, l'umiltà, Gesù che è la base, il centro, il fine di ogni parola, di ogni sentimento, di ogni desiderio. Si parla della necessità di conservarsi umili, perché altrimenti il demonio, profitta per trarci a male. Il Prof. Teodoreto, dice che anche nei detti il Signore dice che se noi staremo con lui, egli sarà con noi. Accenno quanto si debba lottare per vivere meno male, e il Prof. Teodoreto, afferma che la vita è una battaglia continua e che purtroppo la nostra condizione è ancora più difficile. Difatti, io faccio notare che anche nei detti del Signore in un punto lo dice come maggiormente siano in pericolo coloro che sono in mezzo al mondo. E davvero, principalmente a militare, la vita è dura e bisogna saper navigare per non cadere. d è difficile maggiormente saper conservare l'integrità della vita senza irritare gli altri, dimostrare di essere buoni cristiani senza essere deboli, come ben afferma il Prof. Teodoreto, conservarsi umili, senza diventare minchioni e dimostrare senza montare in superbia che si può valere qualche cosa. Fra Leopoldo il quale è raggiante di gioia di vederci uniti noi tre, sorride, ascolta e fa una splendida esortazione alla preghiera. Io non so ripeterla, ma so che l'ascoltai così religiosamente che mi parve una elevazione mistica. Dice che non è vero come vanno ripetendo anche tanti Sacerdoti o religiosi che non importa pregare molto, ma che purtroppo principalmente a chi si dà alla vita ecclesiastica, deve stare a cuore di pregare molto. Difatti le giornate migliori sono quelle che si impiegano maggiormente alla preghiera, anche lavorando. Il Prof. Teodoreto approva, dicendo che la preghiera è la chiave di tutto e ripete che il Signore nelle sue rivelazioni ha detto a Fra Leopoldo che avrebbe gradito anche nella giornata, lavorando, anche delle semplici giaculatorie, come: "Signore mio misericordia", ecc. Io intervengo pure affermando che in un altro punto, parlando della preghiera, il Signore esorta tre volte Fra Leopoldo a pregare, a pregare, a pregare. Fra Leopoldo ricorda che tre anni fa, quando è stato abbastanza ammalato, aveva detto al Signore che a costo di morire voleva visitarlo. E a volte si trascinava davanti al Tabernacolo, ma voleva, desiderava ardentemente adorarlo. Ebbene il Signore ha accettato e lo ha ancora guarito. Ripete come la nostra Santa Mamma Consolata gli aveva detto di chiamarla in quel giorno: "Mater Amabilis". Dice con grande soddisfazione che rileggendo i suoi quaderni e principalmente nel punto dove il Signore gli aveva annunziata la guerra, ha dovuto constatare con i fatti che tutto quanto il Signore gli aveva predetto è avvenuto. Si parla poi della Divozione alla Mamma Consolata. Ed è davvero una santa consolazione combinare tutti e tre completamente su questa divozione. E si va a gare a chi esalta maggiormente la bontà della Vergine ed il fascino portante che esercita sulle nostre anime quel caro Santuario. È una santa impressione che ci comunichiamo a vicenda, prima di congedarmi perché sono le 17. Mi alzo, saluto il Prof. Teodoreto e Fra Leopoldo, che si affretta ad accompagnarmi alla porta è felice dell'ora passata. Mi prega di ritornare domani presto presto. Vorrei poter descrivere il piacere provato in questa Santa ora di soave e confortante colloquio. L'anima mia è uscita da quella stanza così trasformata da passare per le vie senza accorgersi che mi trovavo in mezzo al mondo, sempre con la dolce visione di Gesù Crocifisso negli occhi, nel cuore, nella mente, con l'eco dolce delle sante parole sentite e con il desiderio vivo di vivere cristianamente. E ripensando ancora alle grazie straordinarie che il Signore mi concede sento un profondo compiacimento e non mi abbandono al timore di non corrispondere, ma chiedo, chiedo insistentemente in quest'ora alta della notte di completare, il Signore, la grazia, benedicendo alla mia volontà, suscitando nel mio cuore affetti santi ed ardenti di amore per lui, di venirmi in aiuto nella mente, sulle labbra, perché il suo amore ardente lo comunichi alle anime e lo estenda a tutto il mondo. Gesù Crocifisso così sia! Torino, 4 Febbraio 1919 Oggi alle 16 fui da Fra Leopoldo. Si parlò delle meraviglie del Signore. Il suo dire è sempre così semplice, così spontaneo, che nessuna parola lo potrà mai definire. E con quella semplicità così cara, dopo avermi dette diverse cose, mi diceva quale interesse avrebbe per mentire, e come avrebbe da temere maggiormente il giudizio di Dio, se quanto mi viene esponendo non corrispondesse a verità. Ed anche in queste dichiarazioni vi è una tale spontaneità da meravigliare. Egli dice non sapersi esprimere, e termina sempre glorificando il Signore, dicendo la sua felicità di amare il Signore, e raccomandandomi di stare a Lui unito, perché col Signore si sta tanto sempre bene. Già diverse volte si è toccato il problema dopo la sua morte. Fra Leopoldo per sua umiltà cerca di tacere, quantunque si scorge benissimo che egli sa ciò che avverrà. Difatti, mi dice in tono di tanta confidenza, che il Signore nella sua misericordia, gli ha rivelato qualche cosa che non ancora mi dice. Io gli aggiungo che ho letto nel quaderno già qualche cosa di ciò che avverrà, ed egli mi aggiunge che il Signore gli ha detto che farà di più dopo morto. Dice pure che dopo la sua morte si estenderà il culto del Santo Crocifisso, ed il libro che uscirà dei detti del Signore farà molto bene. Dice pure che il Signore provvederà perché possa essere inviato gratuitamente o per poco ai Parroci, Sacerdoti, perché vedano ciò che il Signore vuole. Fra Leopoldo non parla volentieri di sé, difatti mi cela qualche cosa per nascondere la sua persona, e la sua umiltà, tranquillità, me lo fanno apparire sempre più grande, più santo. Torino, 5 Febbraio 1919 Oggi alle 16 fui da Fra Leopoldo. Quando mi vide si mostrò come al solito lietissimo, e tutto sorridente mi disse che è sempre un piacere per lui avermi vicino e che ad ogni campanello sperava fossi io. Mi chiede del mio raffreddore, del mio amico Cambiaghi, del quale io lodo la bontà, e Fra Leopoldo se ne mostra lieto, dicendo che era opera del Signore averci messo insieme, permettendo così che io abbia anche il tempo di poterlo visitare. Mi domanda l'impressione del detto del Signore consegnatomi ieri nel biglietto. Gli rispondo che ha portato al mio cuore profonda e santa consolazione, sia per quanto riguarda me che per mio papà. Che indubbiamente io non merito una tale grazia che il Signore si degni interessarsi così di me, ma Fra Leopoldo mi riprende che è cosa straordinaria come Gesù si interessi talmente di una persona al punto come se non ve ne fosse un'altra. E mi aggiunge che mentre pregava facendo la Santa Adorazione alle sacre Piaghe, e ricordandomi al Santo Crocifisso con particolare fervore, questi gli abbia detto "Voglio che tu me ne parli sempre di questo figlio". E soggiunge avergli fatto capire che desidera gli ripeta il mio nome, e mi spiega queste parole dicendomi che Gesù vuole che egli preghi per me nominandomi ogni volta. Fra Leopoldo già varie volte mi ha detto che il Signore mi vuole tanto bene, e questo credo sia la causa per cui egli mi dimostra tanta benevolenza quanto non ne ricevetti mai da alcuno. Lo ringrazio vivamente dopo aver ringraziato Gesù anche per quanto mi dice di mio papà. Ecco le parole "Nel raccomandare il padre suo, Gesù disse: "A tal riguardo penso io"". Gli dico quanta consolazione portino all'animo mio queste parole, e Fra Leopoldo, con quel suo atto di paterna confidenza, alzando gli occhi al cielo e con il tono soave di uomo inspirato, mi ripete di star tranquillo che è questa la seconda volta che Gesù gli fa intendere la sua misericordia per i miei e che le mie preghiere li avrebbero salvati. Mi esorta a continuare, a essere loro di esempio e "creda pure, mi dice, otterrà quello che desidera". Mi dice che presto vedrà ancora dei forti miglioramenti in casa mia, e sarò contento. Io gli domando per carità di non ricordare il mio papà solo, urgendomi anche la mamma ed egli mi risponde che parlando di uno intende anche l'altro. Si parla della vita passata in famiglia, dei dolori, delle umiliazioni subite, ed il venerando francescano con una carità così affettuosa, mi dice che è proprio il Signore che mi ha tratto da uno stato così perché facessi del bene. Io non ho nessuna soggezione a parlare con Fra Leopoldo poiché è tale la dignitosa confidenza che ha dato a me, che per me è un bisogno manifestarmi. Non gli nascondo il mio dolore di doverlo abbandonare, di dover riprendere una vita che non è la mia, e Fra Leopoldo che è doloroso anche per lui non avermi più vicino, perché ( e questo me lo ripete sempre ) "è tanto difficile trovare due anime che combinino come noi che con nessuno ho detto e voluto bene nel Signore come a Lei. Ebbene, continua, quando Lei sarà solo, come lo rimarrà io, si stringa maggiormente al Santo Crocifisso, e vedrà che gli darà un tale amore che sarà contento. E poi lei può fare tanto e tanto bene. Vedrà che le verranno le occasioni senza andarle a cercare, propaghi la Divozione, ed il Signore, per le preghiere fatte, le darà grazie particolari". Fra Leopoldo mi parla dell'amor di Dio con un trasporto edificante. Mi parla delle meraviglie del Signore con una tale calma, una tale tranquillità, una sicurezza così totale da invadere così fortemente il mio cuore da farmi dimenticare di me stesso. Devo notare che Fra Leopoldo desidera molto parlarmi da solo, ed ho notato che quando lo visito da per me, la sua confidenza è così completa, la sua semplicità è così aperta da non celarmi nulla, nulla, nemmeno le cose più intime, sempre però non si tratti di persone. Ebbene io gli chiedo se il Signore gli si è mai svelato, e se lo ha visto. "No, mi risponde Fra Leopoldo, se non nella visione del sogno. Soltanto, prosegue, lo sento parlare così chiaro, così bene, proprio come in questo momento noi due". Io gli domando il moto, la voce, e Fra Leopoldo continua: "É impossibile dirlo, è una cosa misteriosa, è una dolcezza che non si può esprimere, e poi, quando mi parla, io rimango così trasformato, così con una gioia che io non sono più in questo mondo, ma provo una felicità di Paradiso". Gli chiedo pure, come egli diverse volte mi ha detto, che cosa prova quando, anche essendo a parlare con me, sente che vicino a noi è il Signore. Fra Leopoldo alza gli occhi, si concentra, come per chiedere al Signore le parole che diano una pallida spiegazione di quanto egli ha nella mente, che dice tante volte non sa significare. Mi risponde che sente in sé una cosa insolita, è invaso da una gioia, da un ardore straordinario, e sente allora più forte, più palese la vicinanza del Signore. Dice che nessuna parola sarà ormai capace di dimostrare quello che fa provare il Signore. Così pure davanti al SS. Sacramento. Fra Leopoldo si ferma un istante, sorride, si raccoglie, e mi dice, si capisce, in intima confidenza: "Stamani ricevendo la Santa Comunione, ho sentito la Sacra Ostia girarmi sulle labbra e poi il Signore dirmi: "Ti ho purificato le labbra"". E soggiunge che gli ha fatto intendere che purificava le sue labbra perché la sua preghiera fosse pura come il suo dire. Fra Leopoldo mi ripete che i privilegi dei quali il Signore continuamente lo fa partecipe, sono veramente grandi, e che guai a lui se non corrispondesse. Così, mi accenna, quasi con un po' di esitazione perché la cosa è appena avvenuta dell'intervento del Signore per una importante questione dei Fratelli delle Scuole Cristiane. Fra Leopoldo vorrebbe spiegarmi di più, ma mi dice soltanto che domenica vi era stato il Prof. Teodoreto mandatovi dai Superiori, per vedere se il Signore si degnava rispondere su una questione che non era per la Pia Unione, bensì per l'andamento dei Fratelli. Fra Leopoldo titubava un po' perché non era affare di sua spettanza, e come egli lo chiama, un po' fuori binario, perché non nello scopo che il Signore lo ha chiamato. "Ebbene, mi dice, mi ero appena prostrato in Adorazione che il Santo Crocifisso, mi aveva già risposto chiaramente, nettamente, ciò che dovevano fare i Fratelli". Fra Leopoldo ne è stupito egli stesso, mi dice che il Signore predilige tanto i Fratelli appunto perché abbiano da toccare con mano e abbiano le prove per diffondere ovunque la Santa Divozione. Così altra volta, trattandosi di questione che interessava i Fratelli, e pregatolo di chiedere in merito al Santo Crocifisso, facendo la Santa Adorazione, Gesù, essendo all'Adorazione della Mano Sinistra, mi sembra, gli aveva sillabato lentamente: fa-vo-re-vo-le. Si trattava di pratica riguardante mi sembra, il Ministero, per esami da dover passare i Fratelli presso istituti femminili, mentre a loro ripugnava. Impugnata la questione, il Ministero accoglieva la domanda e rispondeva esito favorevole. Dimenticavo che Fra Leopoldo parlandomi della voce del Signore, mi fa notare che chiesto a un teologo su ciò, gli fu risposto che questo era il sistema ottenuto più sicuro per le manifestazioni del Signore, più ancora delle visioni. Mi racconta diversi fatti già esposti. Esempio quello avvenutogli in Via Bogino dai Conti Caisotti di Chiusano, quando una volta, chiusosi in cucina e messa una statuetta della Vergine sulla tavola, incominciò a recitare il Santo Rosario. Ad un certo momento provò una gioia insolita, gradatamente si sentì sollevato da terra, il suo corpo diventare leggero, provò un gaudio di paradiso, e poi una tale forza si sentì nell'animo che lo invase tutto, e quando finì quell'estasi, si trovò che piangeva di consolazione. Così mi ripete il fatto del portinaio di Via Orfane 5, che io conosco perché fui a casa sua, e una volta con Fra Leopoldo. Ammalatosi gravemente i dottori, riconosciutolo inguaribile, lo fecero entrare a Cottolengo. La povera moglie, rimasta sola, si portò da Fra Leopoldo per raccomandare di pregare, perché se moriva il marito sarebbe stata mandava via e stata male. Fra Leopoldo pregò tanto Nostra Signora, e questa si degnò di rivelarle: "Gioacchino verrà a casa sua". Entrato al Cottolengo peggiorava, e tutti temevano prossima la fine, ed invece, gradatamente migliorò, tanto che guarì, ed un giorno ritornò da lui stesso a casa sua. Fra Leopoldo narra tutto ciò con tale semplicità, e procura di nascondere senza ostentazione la sua persona, e termina sempre: "É tutto il Signore, diamo gloria al Signore, noi siamo poveri peccatori, altro che Santi". Mi ripete la grazia che il Signore concede anche a me, e di procurare di fare del bene. Riguardo ai miei, e me lo dice con tanta calma, crede opportuno andare adagio, non far pressione di sorta, altrimenti si farebbe un male. "Lei lavori col suo esempio, che vale più di 100 prediche, il resto lo farà il Signore". Mi dà ancora un consiglio: "Se vuol vivere spiritualmente, viva con purezza, semplicità, faccia del bene e sarà sempre contento". Mi racconta ancora della sua vita a Viale d'Asti, del bene fatto, e come il Signore si servisse di lui per appianare certe cose. Egli mi ripete altre cose di Viale d'Asti che io ho già letto nel quaderno dove sono i detti meravigliosi del Signore, e mi ripete il bene che andrà facendo quel libro dopo la sua morte. Mi dice anche che la preghiera si estenderà dopo la sua morte, e qui ancora ripeto ed egli accetta il mio pensiero, di essere presente. Fra Leopoldo ha ancora una cosa importante da dirmi, e me ne accorgo perché si ferma un momento, e poi parla. Mi piace a questo punto notare la strana coincidenza avvenuta. Stamani essendo a letto indisposto ho pensato lungamente al modo per avere una fotografia di Fra Leopoldo, e la maniera di convincerlo per lasciarsi fotografare. Era un vivo desiderio di averne una, e proprio oggi egli stesso me ne parla. E comincia così: "Quel Padre Fedele che le ho già parlato che era curato, e mi ha aiutato per propagare la Santa Divozione, un giorno mi ha tanto pregato di avere una mia fotografia, ma non potei con mio dolore soddisfarlo perché non ne avevo che una, con una dedica del Vescovo Castrense che mi benediva, e che questa andrà ai Fratelli delle Scuole Cristiane. Cosa vuole, stamattina frugando, non so come e perché, ne ho trovato una che proprio ero sicuro di non averla, e ho pensato subito che questa era per il mio carissimo Enrico". Io esco in esclamazioni di gioia, racconto i miei progetti del mattino su ciò, e Fra Leopoldo sorride, ripetendo: anima bella. È suonata la campana del coro. Ci alziamo. Fra Leopoldo, lieto, contento, mi prende sotto braccio, mi accompagna alla porta, con una bontà, un'amicizia così affettuosa, da non sentire che egli è un Santo, ed io un peccatore, egli già vecchio di anni, ed io ancora abbastanza giovane, ma come due uguali, per lui che è tanto umile, ma io tanto inferiore per la mia pochezza. Mi ripete il "sia lodato Gesù Cristo", mi sorride ancora, ed esco. Dimenticavo che le fotografie le aveva fatte accompagnato dal cav. Cavallotti, forse per insistenze avute ( mia supposizione ). Dimenticavo un altro fatto che Fra Leopoldo non ammette soprannaturale. Fra Leopoldo ebbe in dono da Sua Santità uno zucchetto. Ebbene un giorno, portandolo da un'inferma, essa lo baciò, e gradatamente guarì nonostante la sua età di 80 anni. Dica che questa è una pia benefattrice dell'Unione. Non dà importanza alla cosa, perché non vuol dare carattere miracoloso. Me lo cita così, ed io lo trascrivo, perché mi sono prefisso di scrivere tutto. Torino, 8 Febbraio 1919 Oggi alle 16 fui da Fra Leopoldo. Mi aspettava nel pianerottolo, dicendosi lieto di vedermi, e mi fa passare. Il francescano sorride soddisfatto, e comincia subito con una confidenza. Mi dice che ormai io sono il suo amico più intimo che ha al mondo, che mi vuole tanto tanto bene unito a lui nel sacro Costato di Gesù Crocifisso e che quindi non ha più per me nessun segreto. Mi racconta della rivelazione fattagli dal Signore a favore dei Fratelli delle Scuole Cristiane pochi giorni fa. Si tratta di una cosa importantissima. Il Prof. Teodoreto era venuto a nome dei Superiori per vedere se Fra Leopoldo pregando avesse avuto dal Signore una risposta. Non appena Fra Leopoldo si mise a fare la Santa Adorazione il Signore disse chiaramente ciò che i Fratelli dovevano fare e come potevano comportarsi. "È una cosa meravigliosa, continua soddisfatto Fra Leopoldo, ma vede, il Signore quando si tratta dei Fratelli, è tutto bontà, per testimoniare loro di prendere a cuore la Santa Adorazione, e aiutare i giovani della Pia Unione". Io domando spiegazioni circa il biglietto avuto ieri riguardante un detto del Signore a mio riguardo. Fra Leopoldo mi domanda se sono contento, ed io rispondo affermativamente, soltanto mi occorrevano delucidazioni su qualche punto. Fra Leopoldo sorride, e mi fa leggere due volte il detto. Esso dice: "Mentre raccomandavo a Dio Gesù Crocifisso il caro confratello terziario Enrico Blondet nella Santa Adorazione, Gesù ci rispose: "Se lui farà la Santa Adorazione, Io tuo Gesù, disse, ti farò provare una bella cosa, e nel momento mi fece provare tanto amore e se lei l'avesse a provare, lui non potrebbe più proseguire più nessun lavoro, tanto lo terrei incatenato nel suo diletto e santo amore"". - La mattina del giorno 6 Febbraio 1919 - ore 5. Gli chiedo qual è il detto proprio del Signore, e Fra Leopoldo dice la prima parte, ed io insisto di spiegarmelo non intendendo bene l'ultima parte. Fra Leopoldo sorride e mi dice che è impossibile. Pensa un momento, e poi dice che quando il Signore gli disse le prime parole, gli fece provare un tale amore, una gioia tale di paradiso impossibile a spiegarsi, ed intese che avrebbe fatto provare altrettanto a me se avessi fatto la Santa Adorazione, poiché mi vide in quel momento tanto stretto al Signore. "Gesù Crocifisso, ripeté, le vuole tanto e tanto bene". Io rimango confuso da tanta bontà del Signore, e dico che non capisco ciò che il Signore voglia da me che sono tanto peccatore. Fra Leopoldo sorride, guarda in alto, rivolge gli occhi su di me, e sorridendo con tanta carità mi dice: "Il Signore vuole, vuole, e la sua voce diventa seria, vuole grandi cose da lei, vuole che si faccia Santo". Io ho un fremito che Fra Leopoldo percepisce, sorride, e mi dice se ho paura di dar del lavoro al Santo Padre, e di far delle grazie. Fra Leopoldo con la massima serietà e semplicità sua mi risponde di non dirlo, ma mi ripete: "Lei si farà Santo. Il Signore aggiungerà ancora qualche cosa, me è già sulla via, e continui così, e stia tranquillo, lei sarà Santo". Non scrivo le impressioni di queste parole, né ciò che ripetei a Fra Leopoldo. Fra Leopoldo, per tre volte prima di congedarmi, mi fa questa dichiarazione con una sicurezza da far tremare. Il Santo Francescano mi ripete che è felice quando può parlare così da solo con me perché se c'è qualcun altro sente di non poter dire tutto ciò che con tanta confidenza mi dice da solo. E non mi nasconde il suo desiderio che nessuno venga durante la mia visita. Fra Leopoldo mi dice con tristezza della mancanza di fede nel mondo, anche in mezzo ai Sacerdoti e religiosi. Mi dice che anche nei conventi bisogna vivere molto stretti al Crocifisso, avere molta pazienza e carità per vivere felici. Mi cita una cifra abbastanza rilevante di Sacerdoti che abbandoneranno il sacerdozio dopo la guerra, e se ne mostra addolorato ( 4.000 ). Gli domando come mai il Signore permetta ciò, e mi risponde che Gesù ha dato a ciascuno la volontà di fare il bene e il male, ed ha dotato principalmente i Sacerdoti di intelligenza e di cultura per saper distinguere e praticare. Io ringrazio Fra Leopoldo di tutto il bene che mi ha fatto, ed il francescano guardandomi con tanta carità sorride, mi dice che davvero è una fortuna e di ringraziare il Signore. Rievoca le prime visite, e si compiace di tutto. Mi dice che il Signore ha voluto servirsi di lui per portare un po' di pace e tranquillità nella mia anima, e farmi conoscere tante cose belle per incoraggiarmi nel bene. Riguardo ai miei mi dice con una sicurezza ispirata di star tranquillo che sarebbero andati salvi e che andando a casa avrei trovato un gran miglioramento. Non si pronunzia sul mio stato, perché il Signore non si è ancora espresso, ma dice che il Santo Crocifisso mi guida Lui. Io gli faccio notare che nei quattro detti che il Signore si è degnato rivelare a mio riguardo vi è un interesse direi graduale, e spero ne seguiranno altri. Così spera Fra Leopoldo. Fra Leopoldo mi dice le preghiere che fa al mattino prima di scendere, alzandosi sempre prima delle quattro. Anche stamani, ricevendo la Santa Comunione, il Signore gli ha detto una sola parola, ma è stata sufficiente a renderlo contento tutta la giornata. Entra il Prof. Rostagno, e Fra Leopoldo se ne compiace perché da molto tempo desiderava che io lo conoscessi. Dopo la presentazione, e scambiate delle idee sul lavoro da farsi, mi consiglia ad istituire nella parrocchia i "Paggetti del SS. Sacramento". Si discorre di azione sociale, e poi io cerco di congedarmi, temendo di impedire loro un colloquio. Fra Leopoldo si oppone e rimango. Il Prof. Rostagno rimane ancora qualche momento e poi si congeda desiderando avere il mio indirizzo per corrisponderci. Fra Leopoldo lo accompagna, e ritorna soddisfatto che il Prof. aveva riportato della mia conoscenza ottima impressione. Alle mie proteste sorride sempre. Essendo appena le 16,30 Fra Leopoldo se ne compiace per poter rimanere ancora un po' insieme. Gli domando come posso fare ritornando a casa, in un ambiente diverso, in un brutto ufficio, e non gli nascondo la mia tema di non poter continuare. Fra Leopoldo si raccoglie, alza gli occhi, e poi mi dice: "Guardi, per un po' di tempo si troverà spostato, ma non si turbi. Adagio, adagio, si metterà a posto, e coll'aiuto del Signore sarà contento. Subito continui a fare ciò che faceva prima della guerra, procurando di migliorare sempre. Per qualche anno non si metta in vista, e faccia il bene a mano a mano che le si presenta l'occasione. Le occasioni non mancheranno, stia tranquillo. Soprattutto in casa e fuori lavori coll'esempio che fa tanto bene. Non si metta in vista, aspetti che il Signore lo metta Lui. Stia tranquillo, il Signore lo aiuterà in tutti i modi per lei e per i suoi". Fra Leopoldo mi dice della sua felicità di essere religioso, dell'amore completo, totale che in quello stato si ha per il Signore, e la sua contentezza traspare dagli stessi occhi. Mi ripete che trovando l'altra mattina l'unica fotografia ha pensato subito di donarla a me quale suo più intimo e caro amico. Io lo ringrazio dicendo che per me sarebbe un grande regalo, e la metterò nella mia camera insieme al Santo Crocifisso. Gli dico sorridendo, ma con sicurezza, che quando sarò a casa mi rivolgerò a lui per ottenere grazie, e che quando sarà in cielo, sono certo mi proteggerà in modo speciale e mi aiuterà nella via della virtù. Fra Leopoldo congiunge le mani, alza gli occhi al cielo, poi li china e mi dice: "Sicuro, se il Signore ci farà questa bella grazia, sicuro che lo aiuterò e proteggerò sempre". Fra Leopoldo mi raccomanda di non dire a nessuno del privilegio avuto di leggere le rivelazioni del Signore. Mi dice che quando vado scrivendo e leggendo servano a me di meditazione per mia edificazione e per gloria al Signore. Mi dice che il Signore mi ha concessa una grande grazia, e me la continua a cedere mettendomi vicino un buon amico di modo di poterlo visitare ogni giorno. "Il Signore ha i suoi disegni, che noi non conosciamo". Fra Leopoldo mi ripete per la terza volta che il Signore mi vuole Santo. Gli domando il permesso di far vedere il detto al Prof. Teodoreto, e Fra Leopoldo mi dice di farlo pure che ne sarà contento. Così gli notifico di averlo fatto leggere a Cambiaghi, il quale non lo comprendeva. Fra Leopoldo sorride e dice che è davvero misterioso, come lo sono altri per i quali ricorre ad una interpretazione del Prof. Teodoreto. Fra Leopoldo mi parla ancora di altre cose, e quando sono le cinque esclama: "Come vola il tempo!". Mi accompagna prendendomi sotto braccio alla porta, mi ripete le solite cose di ogni giorno di pregare a vicenda, ed io gli raccomando i miei, me, Cambiaghi, e ci si congeda col saluto a Gesù Crocifisso. Torino, 10 Febbraio 1919 Oggi alle 16 fui da Fra Leopoldo. Appena entrai mi disse che mi aspettava già. Sul suo volto vi era la solita pace, e sul suo labbro un sorriso sì dolce che esprimeva quanta gioia avesse nel cuore. Anche ieri sera fui a visitarlo con Cambiaghi, e quantunque vi fosse un giovane della Pia Unione e non si sia entrati nell'argomento delle meraviglie del Signore, pure fu una lezione per noi salutarissima. Durante la nostra visita Fra Leopoldo si dovette alzare almeno una ventina di volte per andare ad aprire la porta, ebbene non lo sentimmo mai una volta dire una parola d'impazienza, mai un lamento, ma ritornava sempre ilare per dirci una buona parola. E così oggi. Io non ho mai sentito una volta sola Fra Leopoldo lamentarsi di nessuno, né del lavoro, né del sacrificio, di nulla, ma ho notato sempre un sorriso che nascondeva anche qualche contrarietà e tutto faceva per amor di Dio. Vorrei saper dire l'affezione nel Signore che Fra Leopoldo ha per me, il piacere che mostra nel vedermi, il desiderio che ha di comunicarmi tante intime cose del Signore per edificarmi, e le premure per dimostrarmi il suo sentimento d'amico. Mi racconta tutto, e mi parla con tale confidenza che mi spinge sempre ad aprirgli tutto il mio cuore. Con una parola si potrebbe definire questo religioso: un Santo. Ma noi studiandolo solo come uomo, dobbiamo attribuirgli delle virtù così alte da terminare ad appellarlo tale. Non lo vidi mai irato, mai la sua voce sentii più alterata, eppure egli è il perno del convento, perché oltre la cucina s'interessa della biancheria, della pulizia, dell'ordine, di tutto insomma. Infatti per tutto si chiama Fra Leopoldo, come io ho potuto constatare. Condizione di più per essere messa a prova la sua pazienza, umiltà, carità, virtù che esercita tutte al massimo grado. Spesso Fra Leopoldo mi guarda con un caro sorriso di compiacenza, poi alza gli occhi al cielo, e ripete: "Ma, tutto per amor di Dio". Ritornando alla visita d'oggi, mi domanda del mio raffreddore, e poi mi racconta un fatto di una ragazza morta in concetto di santità, sentito raccontare oggi da un Padre. Dopo morta, avrebbe aperto le mani che stringevano il Crocifisso per poterla mettere nel feretro. Mi dice che nonostante un'indifferenza religiosa da sgomentare il Signore crea sempre le sue anime, ed anche in questo periodo di guerra ne ha suscitate molte. È contento delle mie visite perché io gli rivolgo sempre delle domande che gli fanno molto piacere. Fra Leopoldo mi consegna una busta, e mi dice che vi è la sua fotografia unica che possiede, fatta quattro anni fa circa, cedendo a pressione fattagli dal Cav. Cavallotti e da pie benefattrici, e che se non è pentito di averla fatta, pure ora non la farebbe più. Perché gli sembra una cosa vana, e poi il Signore vuole che si tenga nascosto, ed il Signore ha i suoi disegni, quindi mi prega di non farla vedere a nessuno, eccetto che al sig. Ammiraglio e mia famiglia. La mia gioia è grande, né sfugge a Fra Leopoldo che sorride, ed alle mie calde parole di grazie, dicendo che la terrò come cosa preziosissima vicino al mio letto, e mi rivolgerò ad essa per ottenere grazie, Fra Leopoldo china la testa. Ho toccato un punto assai delicato. Io vi ritorno, e gli dico che certamente Fra Leopoldo che tanto mi aiuta ora mi aiuterà ancora dal Paradiso, dove andrà subito dopo la morte. Fra Leopoldo parla della morte non con ostentato o non sentito desiderio, ma con una tranquillità che fa stupire. E mi dice con semplicità e calma: "Oh sì in Paradiso subito. Il Signore vede delle macchie negli angeli, figuriamoci che cosa troverà in questo povero peccatore". Poi, alza gli occhi al cielo, segno che ha qualche cosa di importante da comunicarmi, e mi dice: "Certo che il Signore mi ha già detto qualche cosa a questo riguardo". Fra Leopoldo già diverse volte mi ha fatto qualche accenno a ciò, ma non si è mai spiegato, certamente per umiltà, per non parlare di sé. Ma nei detti che io ho già letto, e lo facevo notare oggi a lui, in un punto il Signore gli dice che appena morto attraverserà le sfere celesti, per andare ad occupare il posto tra le anime privilegiate. Fra Leopoldo mi dice che tutti i detti del Signore sono basati sulla sua misericordia, che il Signore aspetta sempre i peccatori, sin dopo morte. Già altra volta mi aveva detto questo, ed oggi mi dice del fatto di Don Bosco, che ha risuscitato da morte un bambino, morto senza potersi confessare per sua assenza, e confessatolo dopo, salvatolo. E mi parla di queste meraviglie con tanta sicurezza e con tanta gioia, e mi dice che rileggendole gli fanno tanto bene. Si discorre per un momento sulla predestinazione che io combatto, e Fra Leopoldo è pure dello stesso parere, perché ammettendola si distrugge la misericordia di Dio, il libero arbitrio, e non c'è più incitamento né merito alla perfezione, riuscendo inutile ogni nostro sforzo. Fra Leopoldo mi ripete ancora con grande sicurezza che il Signore mi vuole tanto bene, e che mi aiuterà sempre. Alle mie titubanze per la vita nuova che avrò in casa mi dice che avrò un periodo che sarò spostato, ma che poi mi ritroverò bene. Mi dice che in casa troverò molto miglioramento, e di stringermi sempre più a Gesù Crocifisso, formando della mia camera un ambiente di Paradiso. Mi ripete che il Signore mi farà delle grazie, e me lo ripete con sicurezza come ispirato, che vedrò che me ne farà tante e che sarò contento. Alla mia richiesta del Crocifisso, mi dice che lo dirà di nuovo al Prof. Teodoreto, e che spera mi darà quello sul quale facevamo la Santa Adorazione nella Cappella: sarebbe per me un vero regalo. Dimenticavo che nella busta con la fotografia vi era pure un foglietto con due quartine in versi di Fra Leopoldo. Vi sarebbe da fare qualche correzione, e lo faccio notare a Fra Leopoldo, il quale non si offende, ma nella sua umiltà si compiace del mio giudizio, e mi dice che ne ha molte. Gli domando se verranno pubblicate e mi risponde che questo non sa perché era in facoltà del Prof. Teodoreto. Si sente però leggendoli una spontaneità che non si spiega in un uomo che non ha nessuna cultura. In merito al mio ritorno a casa mi dice che sarà anche per lui doloroso, perché ormai mi ritiene come il suo più intimo amico, tanto da avermi sempre presente anche nella sua stanza, e pregando nella Santa Adorazione, e poi perché è difficile trovare anime che si intendano così santamente. Mi accenna a qualche detto del Signore, che non trascrivo perché non ricordo bene, e mi dice come fra lui e il Prof. Teodoreto vi siano due corpi, ma un'anima sola per il Santo Crocifisso. Ancora mi dice come la Vergine Santa, un giorno, temendo egli di peccare ecc., rivolgendosi a Lei la pregasse, Essa gli avrebbe detto: "Finché reciti il Santo Rosario, non temere". a quel giorno, mi dice Fra Leopoldo, prima di scendere dalla cella, procura di averlo già recitato. Suonano le cinque. Mi accenna ad una apparizione di Nostra Signora del Sacro Cuore, ma è suonata la campana del coro. Fra Leopoldo ripete: "Come passa il tempo quando ci sei tu! Ebbene venga domani che gliela racconto". Fra Leopoldo oggi per la prima volta si era permesso di passarmi una mano sulla fronte come una carezza paterna, tanto affettuosamente mi prende sotto braccio, e mi accompagna. Prima però abbiamo parlato del mio amico Cambiaghi, del quale si interessa Fra Leopoldo. Raccomando caldamente a Fra Leopoldo di chiedere al Signore ciò che vuole da me, e Fra Leopoldo sorride, perché anche già altra volta mi disse che il Signore non ha premura. Dimenticavo una raccomandazione di Fra Leopoldo. Ritornando a casa, non aver premura di lavorare subito, ma prima preparare il terreno, e fare intanto quel poco gradatamente che se ne presentano le occasioni. Io gli dico il mio timore per l'ufficio e Fra Leopoldo mi incoraggia, dicendo che avrò l'aiuto del Signore. E non mi nasconde il beneficio di avere vicino il Sig. Ammiraglio. A documentare le parole di non aver fretta nel lavoro, mi porta l'esempio di Suore andate in un paese. Il Parroco aveva detto di non fare subito, ma continuare la vita come prima, lavorando gradualmente. Dopo un anno cominciarono, e divennero padrone del paese. Accompagnandomi alla porta, mi raccomanda di tornar presto domani e mi saluta col "Sia lodato Gesù Cristo". P.S. Sulla fotografia nella dedica vi era un piccolo errore che ho fatto notare a Fra Leopoldo "ambi" invece di "entrambi", e la mancanza della data. Fra Leopoldo mi ha autorizzato di correggere, e di mettere la data del 09/02/1919, perché la scrisse ieri. Torino, 11 Febbraio 1919 Dopo pranzo alle ore 16,10, fui da Fra Leopoldo. Si parlò subito di vocazione. Mi disse che parlando stamani con un padre di me, questi gli aveva consigliato non insistere per il matrimonio, perché vi sono delle anime che è bene vivano totalmente per il Signore. Più di una volta mi aveva accennato al suo desiderio che rimanessi nel mondo per poter fare del bene, oggi invece mi sembrò proclive che io mi facessi o francescano o Fratello. Io gli ripetei che avrei fatto tutto ciò che voleva il Signore in qualunque modo, sia per lo stato ecclesiastico sia per quello del matrimonio, purché fossi in quello che voleva il Signore. Mi parla ancora della sua fotografia. Poi gli ricordo che ieri sera mi aveva accennato ad una visione di Nostra Signora del Sacro Cuore di Gesù, e Fra Leopoldo è contento di parlarmene. Mi dice che fu tre anni prima circa di farsi religioso. Era allora in casa della Mamma, la quale poverina rimase inferma più di 20 anni. Bisogna notare che Fra Leopoldo parla della Mamma con un affetto così vivo, con una pietà così forte, con una dolcezza così figliale, come se ancora fosse viva e vicina a lui. Ebbene, mi racconta che un giorno un po' triste, scoraggiato di vederla soffrire, si era adagiato su un sofà, e vi si era addormentato. In quel breve riposo ha una visione. Vede la Vergine col Bambino tutta luminosa e di una bellezza da Paradiso, la quale gli dice: "Abbi pazienza, tua madre è una Santa", e poi scomparve. Fra Leopoldo mi dice che non avrebbe abbandonato mai la sua povera Mamma, la quale aveva sofferto tanto cristianamente, e si decise a farsi religioso soltanto dopo la morte. Ebbene, venuto a S. Tommaso, un giorno vide in un corridoio un bel quadro e si fermò stupito. Riconobbe in quel quadro la stessa, identica figura di N.S. del Sacro Cuore, che gli era apparsa. Chiese che quadro fosse a Padre Curato, ed ebbe in risposta che fu il primo quadro che si pose in Chiesa per la divozione a Nostra Signora. Si ritorna a parlare ancora sullo stato, e Fra Leopoldo mi dice, con il tono delle confidenze, che il Signore mi vuole tanto bene, e che quello che ha sentito per me, non lo ha provato mai per nessuno, pregando. "Ne è testimonio quel biglietto che le ho dato l'altro giorno. Quello che mi ha fatto provare il Signore per lei, è cosa che non ho sentito mai per gli altri, e quel detto le deve servire di guida. E poi stia tranquillo che il Signore mi ha fatto sentire che lo avrebbe guidato lui, illuminato, ed il Signore non ha fretta". E mi dice di ricordarmelo bene. Mi racconta la guerra che il diavolo gli ha sempre fatto anche palesemente sia prima che dopo che è religioso. E sorridendo mi dice che quando abitava nella soffitta di S. Dalmazzo, ma che era a servizio dei Conti Mella ( mi pare ), solitava andare al mattino a fare la S. Comunione. Ebbene doveva una mattina, d'accordo con altri amici, andare all'Ausiliatrice, e svegliandosi non trovò le calze che solitava mettere ai piedi del letto. Gira e rigira le calze non si trovano, perde tempo e così è costretto a rinunziare, andando però lo stesso a S. Dalmazzo invece, senza calze, tenendo la sua roba presso il Conte. La mattina dopo gli succede altrettanto e avendo messo alla sera le sue calze sotto il guanciale per vedere il giuoco, la mattina trovò le tre paia di calze stese ai piedi del letto. Fra Leopoldo sorride, e mi dice che potrebbe citarmi altri fatti. Fra Leopoldo si raccoglie un momento, alza gli occhi al cielo, ed esce in una di quelle sue espressioni così piene di amor di Dio, così sicure di quanto sente che si fa ascoltare con attenzione e devozione: "Come si sta bene col Signore! Io poi, continua, che senza nessun merito il Signore mi ha chiamato a cose così sante, commetterei colpa grave, se soltanto con un pensiero offendessi il Signore. Ma non sa le meraviglie che il Signore mi ha fatto provare!". Mi dice che in questi ultimi detti dei giorni scorsi il Santo Crocifisso lo consigliasse di scrivere sempre subito e tutto quanto gli andava dicendo. Negli ultimi esortava anche i Vescovi ad aiutare perché si estenda in tutti i paesi del mondo la Pia Unione, che avrebbe la casa madre in Torino presso i Fratelli delle Scuole Cristiane. Fra Leopoldo mi dice che mi sta preparando un regalo, che mi sarebbe stato guida quando sarei stato a casa. Gli domando curioso che cosa è, ma non me lo vuol dire. Dice che forse se fosse morto prima sarebbe stato destinato ad altra persona, ma che ora desidera venga a me. Gli domando ancora il Santo Crocifisso. Fra Leopoldo, con una sicurezza da far tremare, mi dice che il Santo Crocifisso parlerà anche a me, mi dirà tante cose, e che vedrò. Non è questa la prima volta che Fra Leopoldo mi conferma queste cose, e nel pronunziarle sembra che il suo sguardo veda lontano, nell'avvenire, e lo dica per ispirazione, tanto è sicuro. Alle mie proteste, egli chiude gli occhi, e sembra rinforzarsi in quanto ha detto e ripete: "Continui così, vedrà". Mi dice che il Signore non è contento che egli abbia delle affezioni, e che tutte le volte che potevano sorgere delle occasioni il Signore non le ha permesse mai, perché il suo cuore fosse unito, interamente unito a quello di Gesù. La sua amicizia con me, essendo tutta spirituale, il Signore la permette. Mi dice che sin da ragazzo e poi da giovane ha sentito questo amore per il Signore, che allora non sapeva spiegarsi quello che sentiva. Fra Leopoldo ha una felicità nell'animo, che mi è impossibile esprimere. Egli mi dice la gioia che si prova, la contentezza, divenendo vecchi, di aver amato il Signore. E parla della morte, del Paradiso come io non ho sentito mai nessuno, con una certezza dell'aldilà non retorica, ma come se egli avesse già fatto un viaggio, ed attendesse di ritornarvi. E me lo dice spesso, come potrebbe avere un solo dubbio dopo tutto quello che il Signore gli ha rivelato, e le gioie ineffabili che gli ha fatto provare quaggiù. Ripeto: si esce da quelle visite con il cuore pieno di Fede, e si passa per le vie dimentichi di essere nel mondo. Quando suonano le 17, Fra Leopoldo mi chiede se è la mezza, ma quando sente la campana del coro, giunge le mani ed esclama: "Sembra impossibile che il tempo con lei, parlando del Signore, fugga così. Domani venga presto, ma davvero". Mi prende sotto braccio, mi accompagna all'uscio, dove mi raccomanda di pregare per la mia vocazione, per la salute, per i miei, ed egli mi accomanda di salutare Cambiaghi, mi sorride e ripete: "Sia lodato Gesù Cristo". Torino, 12 Febbraio 1919 Oggi alle 15 fui all'Ospedale Principale a visitare una signora di Terruggia, paese di Fra Leopoldo, pregato da lui di recarmici, non potendo andare lui stesso. Vi rimasi un po' cercando di consolarla nelle sue sofferenze, ma imparai più io, vedendo una rassegnazione evangelica straordinaria. Uscito, verso le 16, mi recai da Fra Leopoldo, dove vi trovai la signora Borzone, una benefattrice della Pia Unione, che desiderava conoscermi, con Cambiaghi e mio cugino Giacomo che mi era venuto a cercare per salutarmi, perché andava a casa. Uscii un momento con lui, e ciò che mi stupì, furono poche parole di ammirazione che mio cugino ebbe per Fra Leopoldo, avendolo visitato soltanto per cinque minuti. Ritornai ancora, per trattenermi con Fra Leopoldo e la signora Borzone, parlando del Signore e di cose sante. Si parlò pure della famiglia del Cav. Avv. Natta, e la signora Borzone mi disse che la signora Natta ci aveva preso talmente affezione perché ricordavamo il suo Nino, da arrivare al punto di esprimere il desiderio di tenerci come figli. La ringrazio della bontà. La conversazione si protrae fino alle 17, parlando della Pia Unione, delle grazie ricevute dalla signora Borzone per intercessione di Fra Leopoldo. Io rimango solo ancora un po' con Fra Leopoldo che proprio non sa come dimostrarmi la sua affezione per me, e mi raccomanda, mi prega di ritornare domani presto. Mi prende sotto braccio e mi accompagna all'uscita, sorridendo, col "Sia lodato Gesù Cristo". Torino, 13 Febbraio 1919 Oggi sono andato presto da Fra Leopoldo alle 15,10. Egli se ne mostra lietissimo, e si discorre sul mio stato e mi dice che quantunque a lui potesse piacere di vedermi religioso - nel mondo - pure è bene fare sempre ciò che vuole il Signore. Mi disse cose ottime, ma ciò che mi colpì, per dimostrarmi il suo affetto nel Signore, mi dice che ormai egli mi ha presente tutto il giorno, anche in cucina, e che ha posto prima il Signore, poi io, e poi lui, di modo che io fossi nel mezzo. Riguardo al dono che mi aveva promesso, chiedo se è una lettera, consigli, e Fra Leopoldo mi dice di no, che vedrò sarà una cosa che mi servirà di guida, e se non capisco male, è un dono che egli ha avuto dal Sig. Cardinale. È chiamato da una signora. Io tento di congedarmi, ma Fra Leopoldo non vuole assolutamente, la fa passare in un'altra sala, e mi dice di attendere. Quando ritorna dopo pochi minuti, si vede che sul suo volto è passato un dolore, e mi racconta parlando in generale che la vita è una vera miseria, e molte sono le anime che soffrono. Mi dice di aiutarlo a pregare. Ma abbiamo una visita graditissima. Entra il Prof. Teodoreto. Mi saluta con tale cordialità e compiacenza da farmi tanto piacere. Egli oggi, è sicuro e tranquillo come sempre, ma sul suo labbro vi è un sorriso più dolce, direi, se fosse possibile, del solito. Si vede che ha da comunicare felici risultati a Fra Leopoldo di cose accennatemi. Fra Leopoldo si mette a parlare, e si rivolge al Prof. Teodoreto per dirgli che in mia presenza dica tutto lo stesso, perché ormai non vi è per Enrico nessuno segreto. Il Prof. Teodoreto, il quale con vero piacere mio mi chiama semplicemente Enrico, acconsente, e Fra Leopoldo notifica l'arrivo di due vaglia di persone per grazie ricevute, ma che essendo arrivati a S. Tommaso non ha creduto bene ritirarli per la Pia Unione, ed il Prof. Teodoreto sorridendo approva, aggiungendo che il Signore aiuta sempre. Il Professore porge a Fra Leopoldo il Bollettino della Pia Unione, ed il francescano vuole prima che ne abbia io una copia. Ed il discorso cade sul Bollettino. Dire la dolcezza del colloquio che si va svolgendo in quella cameretta è impossibile. L'animo mio è tutto preso da una soavità grandissima, la mia gioia non è più terrena, e provo in mezzo a quelle due anime una tale santa atmosfera come non ho sentito mai in vita mia. Il loro favellare è tranquillo, interessante, nessuno tronca il discorso dell'altro, ma ascolta con deferenza, con un dolce sorriso di compiacenza, e si parla con una tale spontaneità, sincerità, ardore di fede, con una carità così alta, che l'animo ne esulta tutto e, bisogna che lo dica, si sente che Dio è lì presente, che li ispira, e rende santo il loro parlare. Ritornando al Bollettino, il Prof. Teodoreto si compiace di farmi osservare che anche in quello c'è la mano e la volontà del Signore. E mi fa notare che soltanto sulla copertina, vi è l'immagine che fu una visione, e poi con un sorriso che non si scorge sul labbro degli uomini comuni: "Ed il titolo è pure voluto dal Signore". Esso dice: "L'amore a Gesù Crocifisso". Fra Leopoldo interviene con quel suo sguardo che aveva seguito con interesse grande le parole del Professore, ed afferma con decisa parola che è verissimo. Il Professore dice che era un po' dubbio il titolo da mettere sul Bollettino, e diverse le proposte, ed allora si pensò di pregare Gesù Crocifisso. Fra Leopoldo pregò ed il Signore disse: "L'amore a Gesù Crocifisso". Fra Leopoldo non comprese bene e scrisse: "L'amore di Gesù Crocifisso" ed il Signore a correggerlo insistendo sulla a e non di. I due Santi religiosi sorridono, ripetendo che nel quaderno vi sono tutte queste meraviglie. Il Prof. Teodoreto mi fa notare la terza iscrizione che è dettata da Maria Santissima, e si trova a metà del foglio ed è questa: "Il Bollettino è inviato gratis, ma la carità di chi voglia venire in aiuto all'Associazione non si rifiuta". Questo detto, ripete, è stato rivelato da Maria Santissima, ed è quindi volontà del Signore. L'ultima è una verità che mi è sfuggita, e che se non me la fa osservare il Professore io non avrei mai pensato. "Guardi un po' si trova la lista degli oblatori?". Io guardo in fondo, e non vi è davvero. Me ne compiaccio fortemente, dicendo che è forse l'unico Bollettino che manchi di questa colonna così materiale, rendendolo in tal maniera più spiritualmente conforme allo spirito della Pia Unione. Fra Leopoldo è a sua volta entusiasta della mia approvazione, e dice che è contento di vedere e sentire come si accettano i detti del Signore, e si mostra in questo momento così contento che traspare dai suoi occhi una soddisfazione così forte da comunicarla a tutti. "Ebbene ( prosegue il Prof. Teodoreto, con quella sua calma imperturbabile e con una dignità ammirabile ) questo non è a caso, o per deliberazione nostra, ma per espressa volontà del Signore. Il Signore disse a Fra Leopoldo che gli oblatori non voleva venissero pubblicati, ma che li avrebbe scritti lui nel libro d'oro in Paradiso". Queste sue dichiarazioni mi riempiono l'animo di santa gioia, la quale si vede che è comunicativa, perché tutti e tre ne siamo presi ed invasi guardandoci a vicenda con una santa allegria. Fra Leopoldo dice che tutti i detti si sono sempre avverati, e rileggendo i quaderni sente sempre più la bontà del Signore, e la lettura gli fa bene, perché gli ricorda quanto il Santo Crocifisso vuole da lui. Constatiamo a vicenda il beneficio grande che il Signore ha fatto a tutti e tre, ed ogni parola è rivolta a nostra edificazione ed a gloria del Signore. Il Prof. Teodoreto nota con piacere che la Santa Adorazione si va diffondendo dappertutto, ed è confermato da Fra Leopoldo. Si accenna a diversi detti di ciò che vuole il Santo Crocifisso, e che anche io ebbi il piacere o meglio la grazia di leggere. Le parole che escono dal loro labbro sono di incoraggiamento, di sprone alla fede ed al bene. Fra Leopoldo è sfavillante di compiacenza, sul volto del Prof. Teodoreto è manifesta una gioia di Paradiso. Io guardo l'uno e l'altro con una ammirazione, direi con divozione grande, e quando per educazione li lascio soli, vorrei poter protrarre ancora a lungo questo santo colloquio. Esco felice, e Fra Leopoldo, accompagnandomi alla porta, mi prende sotto braccio, mi accarezza la testa, e dopo aver stesa la mano al Prof. Teodoreto che mi sorride con paterna bontà, lascio i due Santi religiosi col saluto: "Sia lodato Gesù Cristo". Torino, 18 Febbraio 1919 Oggi alle 16,15 fui da Fra Leopoldo. Avanti ieri Fra Leopoldo non stava bene, ma tuttavia ci tenne presso di sé quasi un'ora, e mi disse che il Signore si era degnato di nuovo di rivelargli qualche cosa per me. "Poche parole, mi dice, ma che voleva io gli volessi bene". Mi dice che mi trascriverà tutto in un biglietto. Fra Leopoldo mi dice che teme un po' che ritornando a casa mi abbia a intorpidire, ma spera di no. Ieri poi fummo con Cambiaghi a visitarlo, ma il francescano si trovava a letto, e ci fece rispondere, ringraziandoci, di ritornare domani nel pomeriggio che avrebbe richiesto a Padre Curato il permesso di farci salire. Oggi mi recai da lui alle 14,15 essendomi fermato sino a quell'ora dai bambini, ed entrai insieme al Prof. Teodoreto. Lo salutai, ed egli salì in camera, aspettando io un momento dabbasso per sentire sue notizie. Ma il giovine che era salito col Prof. Teodoreto, discese subito dicendo che Fra Leopoldo desiderava che io salissi immediatamente. Lungo la scala vi è un Crocifisso ad ogni piano ed io seguo l'esempio di baciare le Sacre Piaghe come usa fare Fra Leopoldo. Quando entro nella camera Fra Leopoldo è cortesissimo, e mi dice che è da qualche ora che mi aspetta. Mi accomodo vicino al letto col Prof. Teodoreto, e dopo aver chiesto notizie al francescano parliamo un po' dei miei bambini. Fra Leopoldo è raggiante e dice che la nostra visita lo fa guarire. E ci guarda l'un l'altro con tale compiacenza da dimostrare con lo sguardo quanto dice con le labbra. I miei occhi si posano un po' su Fra Leopoldo, un po' sul Prof. Teodoreto, e vedendoci radunati in quella camera dove il Signore si degna di scendere a conversare col Santo francescano, e dove Maria Santissima lo onora delle sue parole, ascolto e taccio con religioso raccoglimento. Vorrei potermi ricordare una minima parte di quanto ho sentito da queste due anime elette, ma mi è impossibile. La visita dura un'ora col Prof. Teodoreto e quasi tre ore con Fra Leopoldo. Ad un certo momento Fra Leopoldo mi guardò, sorrise, e poi mi disse: "Enrico, oggi sarà contento, hanno portato quello che tanto desiderava". Io penso un momento, e poi capisco che allude al Santo Crocifisso. Ed allora il Prof. Teodoreto si alza, svolge un giornale, e col suo sorriso solito, con quella dolcezza serena, è felice di avermi contentato. Fra Leopoldo, con vera compiacenza, mi dice che anche questa è una grazia e se non avevo potuto trovare in Torino un Crocifisso era soltanto perché il Signore mi aveva destinato quello. "È un'opera d'arte, continua, ma soprattutto un Crocifisso che ha una storia. Io non credo che il Prof. Teodoreto gli portasse questo, ma è bene che venga nelle sue mani". Il Prof. Teodoreto, con quella sobrietà di parola che fa pensare, con quella calma che è frutto di riflessione, mi dice che davvero è contento che quel Santo Crocifisso venga nelle mie mani, e che davvero è un Crocifisso che ha una storia, e che ha un valore anche artistico, e che desidererebbe che giunto a casa potessi farlo fotografare, tanto è bella e rara l'espressione del viso, e la struttura del corpo. Dice che difficilmente se ne troverebbe uno ora così, e mi raccontano la storia di quel Crocifisso. Un tenente, Fratello delle Scuole Cristiane, entrato in Gorizia, dopo la caduta della città, visitando gli avanzi di una Chiesa colpita, aveva trovato questo Crocifisso ( così bello ed espressivo nel viso, e che ha i caratteri di uno studio anatomico del corpo ) mutilato di un braccio e di una gamba, e staccato dalla croce. Lo prese, e ritornato lo portò a vedere a Fra Leopoldo, il quale si incaricò di farlo aggiustare. L'ottiene, ed incarica il Fratello Caneparo, conoscitore e capace di tali lavori, di rifare il braccio e la gamba, e di aggiustare il resto e applicarlo sulla croce. Il Religioso Sacramentino, uomo di ardente amore per Gesù, che io ho avuto la fortuna di conoscere e di parlargli da Fra Leopoldo, lo aggiusta bene, lo cura come opera, e lo riporta a Fra Leopoldo che lo fa benedire da un Sacerdote nel Convento, con le indulgenze in articulo mortis, e lo ritorna ai Professori delle Scuole Cristiane. Il Crocifisso passa allora al Prof. Teodoreto, il quale lo ha tenuto sino ad oggi, ed oggi lo porta a Fra Leopoldo, perché sia donato a me. Questo racconto, detto con piacere dai due Venerandi Religiosi, mi rende maggiormente felice, e davvero non so esprimere parola, ma quando dico al Prof. Teodoreto se lo staccarsi da un'opera d'arte, e passata da una Chiesa dove forse era già esposto alla adorazione, in mani di Santi, gli riusciva giustamente doloroso, di non privarsene; il Prof. Teodoreto, con il suo sorriso di cielo mi risponde: "No, sono contento che vada in buone mani, e lo aiuterà". Io ringrazio, e i due Santi religiosi si vedono raggianti nel vedermi felice. Vorrei poter ricordare le sante cose udite da quelle due anime Sante, ma mi è impossibile. Si parlò dell'amore del Signore, della corruzione del mondo ed il Prof. Teodoreto disse che, ora a mantenersi buono ci vuole un vero miracolo. Parlando di un fatto si fa accenno al Bollettino. Io dico che è fatto veramente con arte e che non vi è una parola inutile. Fra Leopoldo ha trovato sparsi negli articoli dei detti del Signore, ed il Prof. Teodoreto sorridendo dice di sì, senza però farne cenno. Il francescano è contento che quell'opuscolo faccia del bene. Il Prof. Teodoreto ricorda che il primo Bollettino uscito conteneva un articolo dove esortava i giovani a non vivere più con le mezze misure, e cioè servire a Dio e qualche volta il mondo, di darsi totalmente alla vita cristiana. Vi era anche poi un fatto di S. Francesco di Sales, mi sembra. Il Bollettino fu allora spedito a molti Sacerdoti, Canonici, e anzi nel collegio di questi ultimi se ne era parlato, ed era stato commentato in modo vario, ma non troppo favorevole, quell'invito ad una vita più austera rivolto ai giovani. Un canonico, buona persona, che conosceva personalmente il Prof. Teodoreto, un giorno, incontratolo, non esitò ad accennargli che egli aveva dovuto sostenere le ragioni del Bollettino contro le osservazioni dei canonici per il nuovo appello ai giovani che sembrava un po' troppo azzardato. Il Prof. Teodoreto ne rimase un po' impensierito, temendo di non aver trovato la giusta strada per arrivare allo scopo prefisso. Ne parlò a Fra Leopoldo e questi, messosi a pregare il Signore, gli disse subito: "Dì al Prof. Teodoreto che il Bollettino così va bene, e continui". Il Prof. nel raccontarlo è contento e dice che ormai a me lo può dire, perché sono unito a loro nel Signore. Fra Leopoldo osserva che tutti i detti del Signore si sono sempre avverati e che molte volte il Signore gli rispondeva non appena egli si prostrava in Santa Adorazione, prima ancora che chiedesse. Fra Leopoldo accenna che è arrivato un vaglia di L. 50 da Sestri da Genova forse per una grazia ricevuta dal S. Crocifisso, ma che essendo indirizzato a lui, le aveva ritirate Padre Curato, e che lui non aveva fatto caso per averle, perché erano intesi così, per evitare di parlare delle meraviglie del S. Crocifisso coi Superiori. Il Prof. Teodoreto approva, dicendo che il S. Crocifisso provvede sempre. Fra Leopoldo è contento di Padre Curato ( Padre Vaccaro ), anima bella e devota, e indubbiamente è venuto a sapere di queste meraviglie per mezzo del Cav. Cavallotti, ed il Signore lo lavora perché sarà l'anima destinata a far conoscere all'ordine francescano le meraviglie del Signore e propagare la Santa Adorazione. Fra Leopoldo ed il Prof. Teodoreto parlano di queste meraviglie con una sicurezza, e direi libertà, da rendere veramente invidiabile la mia sorte, o meglio questo privilegio del Signore. E ne parlano come se io non fossi presente, e quando cerco di uscire per rendere loro più comodo discorrere, non vogliono assolutamente, dicendo che per me non vi sono più segreti. Io chiedo se si conservano i quaderni originali di Fra Leopoldo, ed il Prof. Teodoreto mi risponde affermativamente per il confronto. Fra Leopoldo dice che la sua ignoranza sarà una dimostrazione maggiore che è tutta opera del Signore, perché nel primo quaderno principalmente, egli ripete, vi sono un'infinità di errori, non avendo egli istruzione. Il Prof. Teodoreto domanda a Fra Leopoldo il permesso per fare l'adorazione insieme alle Piaghe Sacratissime, dinanzi al Crocifisso Miracoloso. Ci inginocchiamo, dinanzi al Crocifisso, e il Prof. Teodoreto incomincia. Dire ciò che ho provato in quel momento non mi sarà mai possibile. Il Prof. Teodoreto ha messo le mani sul petto, ha abbassato gli occhi fissandoli ogni tanto sulle Piaghe del Signore, e sul suo viso, fatto serio, è passata un'onda di Paradiso, tanto ha assunto un'espressione di fede e di raccoglimento. Non agitazioni, né incomposti sospiri, no, ma un atteggiamento così serio, dignitoso, illuminato, da dimenticarmi di essere su questa terra. Ed in verità non era quella cella un piccolo Paradiso? Non era forse lì dove Nostro Signore scendeva, direi ogni giorno, con la SS. Vergine a favellare col suo Servo Leopoldo? Ho pregato, pregato con ardore di animo, con fede sentita, dinanzi a quel Crocifisso che mi son fisso bene negli occhi, ho sentito la mia pochezza, quanto sia peccatore, facendo in comune una preghiera per diventare Santi. Dopo aver pregato per gli ascritti, per i vivi e i morti, il Prof. Teodoreto passa nelle mie mani il Santo Crocifisso, e ne adoro ancora le Piaghe, il Costato aperto, lo bacio con riverenza, e chiedo per me, per il mio papà, la mia mamma, la mia sorella, per mio cognato, per la mia bambina, per Cambiaghi e famiglia, per il Signor Ammiraglio e signora, e per altri, chiedendo salvezza d'anima, purezza, pace, salute, umiltà, fede, e soprattutto il suo amore santo. Rimango così per qualche minuto a conversare col Crocifisso vicino al mio cuore e la bocca accostata vicino vicino, lo bacio ancora, e poi mi prostro dinanzi alla Statuetta della Vergine Consolata, che tante volte si è rivelata a Fra Leopoldo, la prego e ne bacio i piedi. Alle 17,30 il Prof. Teodoreto prende congedo, salutandoci con così carità, da sentire nel cuore una tale affezione nel Signore da non potersi esprimere. Fra Leopoldo desidera che io rimanga ancora un po' ed io accetto volentieri. Ringrazio nuovamente il Prof. Teodoreto, il quale non vuole, e rimango solo con Fra Leopoldo. Fra Leopoldo è contento. Mi dice se discorrendo non ho sentito battere nel quadro della Consolata. Io rispondo di no, ed egli mi spiega, che è lo stesso colpo che sente nel Santo Tabernacolo, e capisce che il Signore è presente, ed ascolta ogni nostro discorso. Mi dice che molti non crederebbero a queste meraviglie, e che pure il Santo Crocifisso gli ha detto che quantunque di legno, è lì vivo, presente. Io gli domando se la voce è chiara, distinta come la mia, ed egli mi risponde che è chiarissima, ma misteriosa, che non saprebbe definirla, perché è voce del Signore. Continua dicendomi che facendo la Santa Adorazione insieme, mentre io ero chino sul Santo Crocifisso, gli ha chiesto di farmi Santo. Parlandomi della Statuetta della Consolata, mi fa notare che era rotta, e che la tenne così per un pezzo. Un giorno decise di portarla a fare aggiustare bene, ma sentì una voce che non aveva sentito mai che gli dice di no, che desiderava l'avesse aggiustata lui, e così fece. Viene un Padre soldato e si ferma qualche minuto. Fra Leopoldo mi racconta altre cose di carattere così intimo di persone benefattrici che non trascrivo. Mi fa cercare in un armadio delle fotografie e l'ultimo quaderno dove trascrive i detti. Mi fa vedere la sua fotografia con la dedica del Vescovo da Campo, e in una scatola in pelle, ha uno zucchetto legato con un nastro di seta bianca portatogli da Roma dal Cav. Cavallotti, recatosi insieme col Vescovo da campo da Sua Santità. Lo zucchetto bianco fu usato da Sua Santità Benedetto XV, e gli fu inviato in dono, come si legge sulla scatola scritto: "Dono di Sua Santità Benedetto XV". Lo bacio. Fra Leopoldo prende il nastro bianco che è nella scatola insieme allo zucchetto, e me lo dona dicendo di tenerlo in ricordo. Nel quaderno dei detti vi è un foglietto, dove sono segnate due rivelazioni avute il giorno 16 Febbraio corr. alle 4,30 di mattina. Li ho appena potuti scorgere, e non ne ricordo che metà di ciascuno. Il primo diceva presso a poco così: "Tu sei un'anima privilegiata...." ed il secondo: "Molti eppure i cattivi mi vogliono togliere dal mondo ma....". Non ricordandoli bene ho chiesto a Fra Leopoldo di rileggerli, ma egli mi rispose che se li avevo dimenticati era segno che non era tempo ancora di averli letti. Avevo notato sul tavolino una cartolina con l'immagine di Gesù. Fra Leopoldo mi dice che era di mia sorella. Ha parole di vera lode per essa, e mi dice aver capito subito che era veramente buona. Io mi compiaccio di sentire e vedere che ricorda la mia sorella ed egli mi risponde che la raccomandava ogni giorno al Signore con i miei. Mi dice di star tranquillo che le preghiere arrivano al cielo, e vedrò che sarò contento per i miei, e mia sorella per mio cognato. Sono le 19, ma Fra Leopoldo mi prega di fermarmi ancora un po'. Mi prostro ancora davanti al Santo Crocifisso e lo bacio. Fra Leopoldo tiene pure sotto il cuscino un Crocifisso da Missionari, e mi dice che la notte lo mette al collo per difendersi dal mostro di Satana, che però da qualche tempo il Signore non permette gli faccia dei brutti scherzi. Gli domando permesso di congedarmi. Fra Leopoldo pensa un momento e poi mi dice di inginocchiarmi. Mi dice che mi dà la Santa Benedizione del Crocifisso per me, per Cambiaghi, per i miei e la famiglia di mia sorella. Mi inginocchio, Fra Leopoldo alza le sue mani sopra il mio capo, recita una preghiera, e poi mi benedice. Io gli bacio la mano, e Fra Leopoldo, prendendomi la testa, mi bacia sopra l'occhio sinistro, augurandomi ogni bene dal cielo. Torino, 19 Febbraio 1919 Oggi alle 16,30 fui da Fra Leopoldo. È ancora a letto causa un raffreddore. Mi aspettava dalle 15, e gli spiegai il perché del ritardo. Ero stato con Cambiaghi a Valsalice a salutare il Dottor Coiazzi, dal quale fummo ricevuti e trattenuti per più di un'ora a parlare di Giosuè Borsi, e su Firenze, ricevendo dal Prof. Coiazzi consigli per ben visitarla. Fra Leopoldo non è troppo contento si vada a Firenze per non poterci vedere ogni giorno, mentre è soddisfatto che Cambiaghi venga a visitare i miei. Fra Leopoldo, parlando di ieri, mi dice di essere stato invitato dal Prof. Teodoreto a chiedere al Signore se era vero circa le voci di disordini che corrono. Il Santo Crocifisso ha risposto subito. Ma non ripetendomi la risposta chiedo soltanto se non è imprudente metterci in viaggio. Ed egli mi risponde di pregare, ma non credeva. Poi mi dice, col tono delle confidenze, che quel piccolo Crocifisso che tiene al collo di notte o sotto il cuscino ( un Crocifisso da Missionari ), gli aveva risposto così: "Digli che stiano strettamente uniti a me". Io mi stupisco che anche quel piccolo Crocifisso abbia rivelazioni ed allora Fra Leopoldo mi dice che un giorno gli fu chiesto se solo il suo Crocifisso miracoloso aveva dei detti, ma il Santo Francescano rispose di no. Difatti mi dice che quel Crocifisso che è nella scala del Convento al 2° piano, dipinto da lui, lo ferma per parlargli. Leopoldo ritiene ciò come maggior sicurezza che la voce non viene da uno solo, ma il Signore è ovunque. Parlando poi della Statua della Consolata che tiene vicina al Santo Crocifisso, mi dice che circa un anno fa gli rivelò che Essa è presente in tutte le immagini benedette. Fra Leopoldo mi dice che non può più aspettare sino alla mia partenza, e vuole che prenda dal suo cassettone un involto dove c'è una statuetta. Mi dice che è la Statua della Vergine Consolata portata a lui dal Cav. Cavallotti a nome del Cardinale Richelmy ( così egli dice avergli asserito il Cav. Cavallotti ). Io dimostro la mia compiacenza e lo ringrazio soddisfacendo così ad un altro mio desiderio di avere un'immagine nella mia camera della Vergine Consolata che mi ha protetto tanto. Anche Fra Leopoldo è contento perché dice che così sono provvisto del Santo Crocifisso e della statua della Vergine Consolata come lui. Accosto la statuetta al Sacro Costato e alle Piaghe Sacratissime del Crocifisso Miracoloso, e poi Fra Leopoldo desidera farla benedire di nuovo da Padre Curato per essere più sicuro. Guardiamo ancora insieme il Santo Crocifisso donatomi da Fra Leopoldo e dal Prof. Teodoreto e Fra Leopoldo mi consiglia di mettere un piedistallo per tenerlo quando scrivo sul mio tavolino. Mi dice che mi farà tante grazie, e di essere contento di avere un Crocifisso di valore per la storia, l'arte e le persone che lo tennero. Così pure accosto al Sacro Costato e alle Piaghe del Crocifisso Miracoloso il nastro di seta bianca che teneva legato lo zucchetto di SS. Benedetto XV e Fra Leopoldo mi dice di tenerlo come un pio ricordo, e di donarne un po' a Cambiaghi. Fra Leopoldo non sa come dimostrarmi tutto il suo affetto, e mi parla delle meraviglie del Signore, accennandomi a tutto ciò che ha di caro per dar gloria al Signore e per edificazione mia. Egli quantunque a letto, ha una tranquillità, una serenità ammirabile. Parla della morte con tale indifferenza che fa tanto pensare: soltanto desidererebbe ricevere prima i Santi Sacramenti. Mi parla con tale piacere, e con tanta affezione che da qualche giorno mi tratta spesso col tu, ed anche oggi rimango nella sua cella più di tre ore, con sua grande consolazione perché dice può rimanere con noi più del solito. Mi parla molto con trasporto del Signore, delle grazie che il Signore mi ha fatto, del bene che mi vuole nel Signore, e che il Signore è contento, altrimenti mi avrebbe già allontanato dal Convento. Viene a visitare Fra Leopoldo Cambiaghi. Il francescano si mostra lietissimo di vederlo, e lo tratta con particolare cordialità ed affezione. Dona a Cambiaghi una reliquia di S. Francesco. È molto contento della nostra amicizia e dice di continuarla anche lontani. Dopo aver discorso, facciamo insieme a Fra Leopoldo la Santa Adorazione al Crocifisso Miracoloso. Dire il nostro trasporto dinanzi a Gesù Crocifisso che ha dettate al Santo Francescano tante meraviglie, la nostra commozione, la nostra confidenza, sicuri di ottenere, ci è impossibile. Soltanto dirò che è tale una gioia di adorare Gesù Crocifisso nella camera di Fra Leopoldo che è una cosa da non dire. Terminata la preghiera Fra Leopoldo vuole che passi nelle braccia di Cambiaghi il Santo Crocifisso che lo riceve con piacere e divozione e vi prega sulle Piaghe con trasporto. Poi Fra Leopoldo lo desidera lui e quando lo metto nelle sue mani, bacia con trasporto il Sacro Costato ripetendo: "Oh il mio Gesù, il mio Gesù!". Io metto le mie coroncine, il mio piccolo crocifisso, la statua, sul Sacro Costato del Crocifisso; rimango vicino al letto di Fra Leopoldo fin dopo le 19,30, discorrendo sempre di cose sante ed ascoltando i suoi consigli e ammaestramenti. Poiché è da notare che ogni parola, ogni atto sono motivo di riflessioni e di ammaestramento. Fra Leopoldo non prende né medicine, né cibo, né inizia nessuna cosa senza prima fare il segno di Croce, e una preghiera. Così non nomina cose di fede senza mettere l'aggettivo "Santa", né persona senza farla precedere dal titolo ecclesiastico o civile. E così, volando il tempo, rimaniamo sin dopo le 19,30. Prima di congedarci, chiediamo a Fra Leopoldo la sua Santa benedizione ed egli ben di cuore, vedendoci inginocchiati vicino al suo letto, stende le sue mani sui nostri capi, elevando al cielo una preghiera di protezione e ci benedice. Noi gli baciamo la mano e Fra Leopoldo, prendendoci la testa, bacia ciascuno di noi sul viso. Ci raccomanda domani di ritornare presto. Torino, 20 Febbraio 1919 Oggi dovevamo partire per la licenza, ma causa un inconveniente doloroso riguardante i bambini, la rimandiamo a domani. Alle due fui da Fra Leopoldo a comunicarglielo ed ebbe piacere di rivedermi. Gli raccontai l'increscioso incidente dei bambini col papà, la parte che potevo averne io, ed egli sorridendo mi dice di non turbarmi che io ho fatto tutto per il bene, e che questi erano richiami del Signore, e che guai se il Tenente non avesse dato ascolto. Mi dice che Padre Curato mi ha dato con piacere la statua della Vergine Consolata, e che pregata concederà delle grazie. Fra Leopoldo è contento della mia visita a casa, e mi parla dell'ammiraglio dicendo chissà quante cose avrà da chiedermi. Anzi ieri, dietro mia insistenza per la centesima volta di dirgli le meraviglie lette e di lasciargli scorrere le mie impressioni, per la prima volta acconsentì, col patto però che anche in caso di una visita a Torino del Sig. Ammiraglio egli non avrebbe chiesto di leggere i quaderni, spiacendo a Fra Leopoldo doverglielo negare. Entra il Cav. Avv. Natta, padre del Tenente Nino. Dopo i saluti di uso, mi dice che forse potrà donarmi un ritratto del figlio. Si parla di cose di religione, ed io rimango sino alle 2,40, assicurando Fra Leopoldo che sarei tornato più tardi. Ore 18,30 Ritorno da Fra Leopoldo con Cambiaghi. Fra Leopoldo è felice di vederci, e vuole che ci sediamo vicini al suo letto. Egli è di una serenità sorprendente. Ci parla e racconta volentieri del Signore ed il discorso si prolunga sui bambini e sul padre. Fra Leopoldo mi incoraggia a essere contento, dicendo che è il Signore che opera così per il suo bene. Facciamo insieme la Santa Adorazione. È con sommo piacere che i nostri occhi fissano lungamente il Santo Crocifisso miracoloso, che le nostre labbra si accostano alle Piaghe Sacratissime, e che conversiamo con la Vergine Consolata che tante volte ha estasiato col Suo amore e coi suoi detti il Santo Francescano. Ho già parlato di un quadro antico della Consolata che è nel fondo e Fra Leopoldo crede sia quello che molto anticamente fosse dove attualmente trovasi nella Cappella quello di N. S. delle Grazie. Mi consegna la statuetta della Vergine Consolata dopo averla accostata ancora al Costato e alle Piaghe del Crocifisso ed al labbro della statua miracolosa della vergine Consolatrice, pure quella antica. Discorre ancora di cose Sante, tutto felice e premuroso per noi, ci raccomanda tante cose, e rimaniamo nella sua cella sino alle ore 8. Prima di lasciarlo ci inginocchiamo presso il suo letto ed egli, ponendoci le mani sul capo, mormora delle preghiere e ci dà la sua benedizione non come fanno i Sacerdoti, ma facendosi lui il segno della croce. Gli baciamo la mano, e contenti, felici, prendiamo congedo. Torino, 6 Marzo 1919 Oggi alle 14 siamo andati a visitare Fra Leopoldo. Appena il francescano ci vide ci abbracciò e ci baciò con affetto grande. Ci fece poi passare nella sala dove erano la signora Natta e la signora Borzone. Vi rimanemmo sino alle 15 e ci recammo poi al Duomo con le Signore per la predica di quaresima. Alle 18 ritornammo da Fra Leopoldo, e desiderò essere informato del nostro viaggio, compiacendosi della nostra visita a Padre Alfani, ma soprattutto della lunga visita alla signora Borsi, madre di Giosuè, mostrandosi lietissimo che io avessi parlato della Divozione al Crocifisso e che avessi promesso di inviarne delle copie. Fra Leopoldo ne è soddisfatto, dicendo che è stata veramente una grazia del Signore. Alle ore 19 ci congediamo. Torino, 7 Marzo 1919 Oggi alle 15,15 sono andato solo da Fra Leopoldo. Mi accolse con la sua solita carità e benevolenza. Mi parla delle meraviglie del Signore e mi dice che anche in questi giorni il Santo Crocifisso ha fatto rivelazioni che non mi può dire per i Fratelli delle Scuole Cristiane. Siccome ieri mi aveva fatto qualche allusione sul mio stato di vita, oggi gliene chiedo spiegazioni, confessandogli prima ciò che da qualche tempo sentivo, delineandosi sempre più nettamente nessuna vocazione per la vita religiosa di convento. E Fra Leopoldo mi dice che pregando il Signore gli aveva detto, non ricordando bene se pronunciando il mio nome o cognome: "Sarà religioso". Io gli chiedo spiegazioni, e vedendomi un po' turbato per quanto gli avevo esposto prima, e quanto mi veniva dicendo, Fra Leopoldo sorride e mi dice che si può benissimo interpretare, e che anzi lui interpretava proprio così, dato il mio carattere, che io potevo essere un religioso in mezzo al mondo. Il francescano aggiunge che ve n'è molto bisogno di anime di apostoli nel mondo, che forse sarebbe stato bene non mi fossi sposato, tuttavia, vedendomi ancora turbato, mi impose di continuare la mia vita come prima, senza pensarci, e se anche avessi sentito il bisogno di accasarmi sarei divenuto un buon padre di famiglia. Non vedendomi ancora tranquillo mi impose di continuare così, prendendosene egli tutta la responsabilità. Mi dice andando a casa di continuare la mia vita come prima, raccomandandomi però la comunione quotidiana. Mi esorta a stringermi al Santo Crocifisso, fare ogni giorno la Santa Adorazione, mettendomelo sul cuore come usa lui, e poi di star tranquillo che sarà Egli la mia guida. Fra Leopoldo non vuole vedermi turbato, perché questa è opera diabolica, e allora il Signore si ritira. Egli è di una umiltà e carità straordinaria. Accennandogli io alle miserie della vita di clausura, in contrasto con la mia natura troppo indipendente e piena di libertà, Fra Leopoldo mi dice che il pieno dovere è l'ubbidienza e la sommissione. E accennando io a dei fatti, egli copre tutto, scusa tutti, attribuendoli a cause diverse e procurando di diminuirne la gravità per scolparne le persone. Fra Leopoldo, parlando delle meraviglie del Signore, mi dice che non ha ancora capito perché il Santo Crocifisso desideri che egli parli di me pregando. Mi dice che il Signore mi vuol tanto bene. Mi ripete per la 2° e 3° volta in quest'ora come il Signore gli avesse detto di star tranquillo riguardo al mio papà, perché in qualunque modo sarebbe morto, egli l'avrebbe salvato. "È una grazia grande, mi ripete, e lei ne può essere contento". Mi ricorda la mia fortuna nell'aver letto le meraviglie del Signore e mi esorta a fare del bene nel mondo. Entra il mio amico Cambiaghi, e dopo poco il Prof. Teodoreto, il quale si compiace del nostro viaggio, si rallegra delle visite fatte a Padre Alfani, alla signora Borsi, al sig. Ammiraglio, chiamandole benedizioni del Signore. Io gli consegno una lettera del sig. Ammiraglio e prendiamo congedo alle 17. Torino, 8 Marzo 1919 Oggi alle 16 fui da Fra Leopoldo. Si parlò subito su quanto mi disse ieri, quantunque Fra Leopoldo l'avesse risolta definitivamente ieri. Ma visto che io non ero ancora tranquillo perché temevo che il detto del Signore si dovesse eseguire in modo come io non sentivo, mi dice per tranquillizzarmi che ieri sera pregando il Signore gli ha detto che "non devo turbarmi per nessuna cosa, di continuare, che egli sarebbe stato la mia guida". Fra Leopoldo insiste ancora nell'interpretazione data ieri, che egli ritiene sia un bene, perché si può essere veri religiosi in mezzo al mondo come il Perazzo e fare molto bene che essere tiepidi Sacerdoti. Vuole che stia allegro, che faccia ogni giorno la S. Comunione, e su questo insiste, e poi di andare avanti così, che il Signore mi avrebbe aiutato. Mi parla della bontà e delicatezza di Nostro Signore verso le anime. E quando io mi lamento perché da qualche tempo mi sento cattivo, e direi arido, Fra Leopoldo mi ricorda che durante il mese di gennaio era rimasto freddo come un marmo, cercando però di continuare tutto come il solito. Ebbene un giorno il Signore gli aveva chiesto "se gli voleva ancora bene" perché non gli aveva detto più niente, e che pure in quel periodo gli era sempre stato vicinissimo. Gli parlo delle tentazioni continue del demonio, ed egli è contento di sentirmi parlare con tanta franchezza sia per il mio stato di vita come pure su questo. E mi ripete le lotte che ha dovuto sostenere col demonio, lotte, direi, a corpo a corpo, e mi racconta dei veri dispetti che Satana gli ha fatto anche in cucina, trovando smosse tutte le mattonelle senza guastarle. E mi tace di altre perché troppo orribili. Mi dice che Nostro Signore è più forte e vince sempre. Mi ripete pure come qualcuno dubiterà che il Santo Crocifisso possa parlargli, perché glielo aveva detto egli stesso, essendo di legno, eppure gli aveva ripetuto il Crocifisso "sono proprio io che ti parlo, vivo e vero". Dice che le gioie, le estasi che Nostro Signore gli dà non è possibile dirle. Mi ripete la rivelazione meravigliosa fatta per il mio papà che in qualunque modo dovesse morire egli si sarebbe salvato e chiedendo io se ciò era per il solo papà mio oppure anche per la mia mamma, Fra Leopoldo mi dice che crede di sì, che forse il Signore non la nomina perché ne aveva meno di bisogno, ma certamente riguardava entrambi. Mi parla ancora di una rivelazione che non conosce nemmeno il Prof. Teodoreto circa i Fratelli delle Scuole Cristiane, e che doveva celarla anche a me. Io gli raccomando di pregare perché possa realmente diventare buono, e non solo superficialmente, e Fra Leopoldo sorride dicendo che certo dobbiamo migliorare sempre. Torino, 10 Marzo 1919 Oggi alle ore 18,15 fui da Fra Leopoldo, il quale appena entrato col suo "Deo Gratias" mi baciò in segno di grande affetto, esprimendo una vera gioia di vedermi. Alla mia domanda che cosa aveva di importante da dirmi, risponde che il Signore mi voleva tanto bene, e che gli aveva rivelato "che mi aveva nell'abisso del Suo Costato, che mi voleva tanto bene, e che desiderava che io pure lo amassi tanto". Fra Leopoldo mi aggiunge che non sapeva ciò che il Santo Crocifisso volesse da me, ma è certo che desiderava cose grandi, e che era convinto che mi avrebbe guidato, che avrei compiuto dei miracoli. Oggi Fra Leopoldo parlava con una tonalità di voce così calma, sicura, angelica, da convincere il più scettico uomo. E davvero ne avevo bisogno. E, come intuendo quanto aveva agitato e si agitava nella mia mente, continua: "Riguardo a quanto si aveva detto, il Santo Crocifisso mi disse ieri sera che tu devi rimanere calmo, tranquillo, che nessuna cosa ti deve turbare perché religioso, io credo tu debba esserlo in mezzo al mondo, e poi il Signore ha detto che ti avrebbe guidato Lui". Ripeto, Fra Leopoldo oggi deve essere doppiamente ispirato perché la sua parola è così calma, dolce, persuasiva da farmi un mondo di bene, come si vedrà appresso. Io colgo l'occasione, e narro a Fra Leopoldo quanto segue: " Da due giorni che Lei mi riferì che il Santo Crocifisso aveva detto: "Enrico sarà religioso", io non avevo avuto più pace. Mi sembrava una menomazione della mia volontà, non solo, ma sentivo un'avversione per questo, e non mi sembravo più libero di scegliere a mio talento. Stamani poi, appena ricevuto il Signore, mentre Gesù-Ostia era ancora sulla mia lingua, sentii una tale ira, un sentimento così violento contro Fra Leopoldo, da non essere capace di formulare una preghiera e lo ritenni come una persona che mi avesse fatto tanto male. Non solo rimasi distratto, irascibile, ma dubitai di tutto quanto mi aveva raccontato, accusandolo di finzione, ecc. e manifestando il mio risentimento a Cambiaghi, il quale pregai di recarsi nel dopo pranzo da lui, per spiegargli il mio stato d'animo, promettendo a me stesso di non andare mai più, perché dicevo che quanto mi aveva detto erano parole sue e non del Signore ". Fra Leopoldo ascolta questa accusa contro di lui con serietà e umiltà non umana, e quando termino questa astiosa dichiarazione, con una carità angelica mi dice che è tutta opera del demonio, che ho fatto bene a dirglielo, di non cedere, altrimenti era un guaio. Mi ripete che è sempre stata ed è tuttora sua convinzione che io sia nato per agire in mezzo al mondo dove potrò fare tanto bene, e che difatti il Signore non aveva specificato se dovevo ritirarmi in un convento, e che lui desidera e vuole, come gli ha detto il Signore, di andare tranquillo a casa, continuare a fare la vita di prima, vivere contento col papà e la mamma. Mi dice che se anche dovessi accasarmi di stare tranquillo perché diventerei un bravo padre di famiglia, e si può essere veri religiosi in tutti gli stati. Soprattutto però mi raccomanda ( e questo me lo ripete da diversi giorni ) procura di non lasciare mai la Santa Comunione. "Ogni giorno se ti è possibile ricevi il Signore, e non lasciarlo se non per seri motivi". E questo me lo raccomanda di nuovo alla fine. "Quando andrai a casa, continua, ti porterai il Santo Crocifisso, farai ogni giorno la Santa Adorazione, e poi vedrai che Gesù ti guida lui, stai tranquillo". Mi dice che io sono il beniamino del Signore, il quale vuole sempre che gli parli di me, e che mi vuole tanto bene. Fra Leopoldo, vedendomi tanto schietto nel raccontargli il mio stato d'animo, assume il tono delle confidenze, e mi dice cose che non ha mai detto a nessuno per confortarmi. E con una semplicità e schiettezza da commuovere mi dice che interesse avrebbe lui a passare delle ore e delle ore rubate al sonno per trascrivere quanto gli va dicendo il Santo Crocifisso. Riguardo alla lotta del demonio non se ne stupisce, e mi dice che lui è stato persino assalito in letto, ha dovuto lottare, gettarsi a terra, e mi racconta questo fatto che conosce solo il Prof. Teodoreto ed io ora. Una mattina, accostandosi a fare la Santa Comunione, egli sapeva, o intuì, che il Sacerdote non era in grazia di Dio. Tremò, ma appena fu il suo turno, egli vide l'Ostia diventare nera. Non osò staccarsi, ma appena ricevutala, gli venne una tentazione diabolica di toglierla di bocca. Ma per un rispetto a Gesù che sapeva essere realmente presente non lo fece, si sentì mancare, fu portato nella sala ed a Fra Guido disse che nella Santa Comunione era stato avvelenato. Poi si riebbe, e capì che era stato un gioco anche del diavolo nel tentarlo di togliersi di bocca la Sacra Ostia. Non volle che si dicesse per un riguardo a quel Padre. Mi racconta poi delle lotte che ebbe a sostenere nel Convento dove era tenuto senza riguardi da qualche religioso, ed egli, come fosse aiutato dal Signore, il quale gli diceva come doveva comportarsi. Mi dice che sofferse molto, ma che il Signore non lo abbandonò mai. Mi dice di star tranquillo, che stasera avrebbe pregato sia perché il Signore specificasse meglio su quanto voleva da me, sia perché mi aiutasse perché mi ritornasse la calma. "Ma sin d'ora voglio che tu sia tranquillo e di continuare a vivere bene, perché tu dovrai fare molto e molto". Mi aggiunge di fare stasera un atto di contrizione su quanto ho potuto dubitare e di rimanere tranquillo. "Nessuno ha avuto il privilegio tuo, e lo dice anche il Prof. Teodoreto, di conoscere cose che sono nascoste agli stessi suoi Superiori". Dice che i Fratelli delle Scuole Cristiane faranno un archivio dove metteranno le grazie strepitose ottenute da Gesù Crocifisso. E parlando della necessità di anime Sante nel mondo mi dice che crede che la Pia Unione avrà questa missione, di formare dei giovani religiosi in mezzo al mondo, che diventeranno poi molti dei Santi padri di famiglia. Torino, 12 Marzo 1919 Oggi alle 16 fui da Fra Leopoldo. Appena entrato mi baciò in segno di affetto, e mi dice contento di vedermi perché dopo il mio turbamento che fu proprio opera del demonio, non aveva più potuto dimenticarmi un momento e oggi poi non mi aveva lasciato un minuto e desiderava vedermi. Vedendomi più tranquillo si conforta, e mi dice di stare attento perché il diavolo tenta tutto per distogliermi, ed egli ne sa qualche cosa, ma che adesso mi darà un biglietto che mi sarà di molta consolazione. Io a mia volta gli do una supplica per Gesù Crocifisso, nella quale chiedo degnarsi precisare il detto, e Fra Leopoldo lo accetta, sorride, e mi dice di star tranquillo, che mi accontenta in tutto. Entra la signora Borzone. Fra Leopoldo parla di diverse cose, e dicendo il suo dolore per la mia partenza, e parlando di un suo cugino, mi esorta a continuare e sorridendo dice alla signora Borzone: "Perché quest'anima è molto avanti ed alta". Mi congedo, e Fra Leopoldo mi consegna il foglietto. Torino, 13 Marzo 1919 Oggi alle 16,30 andai da Fra Leopoldo. Alle 15,30 vi era andato Cambiaghi e li trovai entrambi. Fra Leopoldo aveva già detto a Cambiaghi che ero davvero un beniamino del Signore perché si era degnato rispondere subito a quanto desideravo. Quando entra, il francescano si mostrò contento, e mi disse di star tranquillo che il Signore, che è tutto bontà e misericordia, aveva risposto al mio biglietto. Non mi poteva consegnare il detto sino a domani perché non l'aveva potuto trascrivere. Mi parla ancora della tentazione del demonio, e mi mette in guardia di star tranquillo perché egli conosceva molto bene questi giochi, e ne aveva parlato anche al Prof. Teodoreto, il quale anche per lui non sono novità. Mi conclude dicendo di star tranquillo che il Signore aiuta sempre. Alle cinque lasciamo Fra Leopoldo, che va in coro, e ritorniamo alle sei. Fra Leopoldo è sempre di una bontà e carità impossibile a dirsi. Il suo sguardo è sempre sereno, la sua parola sempre dolce, di pazienza, umile, buona, senza mormorazioni, lamentele di sorta. Dimenticavo che prima di uscire ha desiderato che io gli leggessi la lettera diretta alla mamma di Giosuè Borsi che avevo visitato a Firenze il 1° Marzo e ne è veramente soddisfatto. Egli mi tratta con una tale affabilità, confidenza, da rendermi con lui famigliare. Dice che noi uomini ci turbiamo per un nonnulla, e non pensiamo, non capiamo che è Dio che guida in tutte le nostre cose. Fra Leopoldo si ferma un momento, guarda in alto, e poi con una sicurezza che interessa moltissimo dice: "Se lei vedesse... quello, come vedo io, starebbe tranquillo, perché è tutto il Signore che fa", e la sua voce ha tremato leggermente nell'asserire ciò, e mi ripete ( e questo me lo ha detto altre volte ) che quanto dice il Signore lo sente perché è lì presente. Parla poi del bene che lui ritiene possa e debba fare nel mondo, e mi raccomanda di fare possibilmente la Comunione ogni giorno. Fra Leopoldo mi vuole troppo bene ed è soltanto per questo che vede in me una stoffa per fare qualche cosa. Ed è inutile che protesti con lui perché non vuole. Più volte gli ho ripetuto che egli si sbaglia, ed egli continua a dirmi: "Va avanti così, e cerca di migliorare". Parlando di se stesso, dice che teme sempre di offendere il Signore, e che un giorno, temendolo maggiormente, si era rivolto alla Vergine in aiuto. E la Vergine gli aveva detto di andar tranquillo, che sino a che egli avrebbe recitato il Santo Rosario sarebbe stato sicuro. Il suo amore per Gesù è immenso. Ne parla con un trasporto edificante. Il suo pensiero costante è di non offendere Gesù, e di essere sempre unito a lui. E ne parla sempre, non con enfasi declamatoria, ma come un bisogno ardente del suo cuore innamorato. Dice che Gesù Crocifisso glielo aveva già detto prima, ma che ultimamente lo aveva assicurato che nel punto della morte sarebbe venuto lui stesso ad assisterlo. Fra Leopoldo dice tutto ciò con la massima calma e sicurezza. Si parla poi per fare Terziario Cambiaghi. Lo dico a caso, Fra Leopoldo lo afferra, e Cambiaghi acconsente; volendo prima conoscere gli obblighi, alle 19 Fra Leopoldo ci accompagna alla porta, raccomandandoci di tornare domani. Torino, 14 Marzo 1919 Oggi alle 16,15 sono andato da Fra Leopoldo e vi trovai il Prof. Teodoreto. La gioia mia e quella di Fra Leopoldo è grande perché ieri sera era venuto un Socio della Pia Unione ad avvertire il francescano che il Professore si era dovuto mettere a letto, causa un nuovo attacco della nefrite. Alla notizia Fra Leopoldo aveva detto spontaneamente: "Ma se il Signore volesse preferirei morire io, perché del Professore ve ne è troppo bisogno ora". Il Fratello delle Scuole Cristiane ripete diverse volte che è contento di avermi trovato, e sorride con vera compiacenza. Egli mi chiama semplicemente Enrico e con un'affettuosità molto confortante per me. Dice che il Dottore gli ha ordinato il riposo, e si rassegna alla volontà del Signore. Sentendo che il discorso cade su cose intime della Pia Unione, cerco di ritirarmi, ma Fra Leopoldo e il Prof. Teodoreto insistono perché rimanga, non essendovi per me segreti. Fra Leopoldo mi aveva già parlato di un incarico avuto dal Superiore dei Fratelli per cosa di alta importanza da chiedere a Gesù Crocifisso. Gesù aveva risposto così bene, così soddisfacentemente, che Fra Leopoldo ne era contentissimo. Ora il Prof. Teodoreto, che aveva avuto l'incarico ed aveva trasmesso in busta chiusa la domanda e la risposta senza conoscerne il contenuto, dice che il Superiore aveva detto per tre volte di ringraziare Fra Leopoldo, tanto la risposta si vede gli avesse fatto piacere e conforto. Si parla poi dei turbamenti e tentazioni che il diavolo dà alle anime che servono il Signore, ed il Prof. mi dice che un Santo ( mi sembra Santa Teresa ) per distinguere se il lavoro nello spirito è opera di Dio o di Satana insegna di osservare se porta pace, gioia o turbamento. Nel primo caso è Gesù, nel secondo Satana. Mi esorta a continuare perché riconosce che sono sulla buona via ed il demonio vuole distogliermi. Fra Leopoldo ricorda ancora il fatto della S. Comunione sua, quando vide l'Ostia nera, e vi trova opera del diavolo, quando fu tentato togliersi dalla lingua il Corpo di Gesù. Il Professore parla del Paradiso, ed invita Fra Leopoldo a dirci qualche cosa. Egli, che ha già gustato quaggiù dolcezze straordinarie, e sentita la voce e la potenza dell'amore di Gesù nelle sue meravigliose estasi. Fra Leopoldo, pur conservando la sua calma, rivolge gli occhi al cielo, il suo sguardo passa ogni ostacolo, e dice con parole angeliche quanto si stia bene con Gesù, quanto sia potente il suo amore, immensa la sua bontà, e che nessuno può comprendere quanto ami le anime. Dice che non sarà mai capace di esprimere ciò che ha provato e che prova, e si compiace di trovarci insieme. Si parla del bene che fa il sig. Ammiraglio e del modo ammirabile nel quale si propaga la Santa Divozione. Si parla ancora di altre cose, che purtroppo non metto giù, di Firenze, di Borsi, della bellezza della Fede, del timore di un prossimo castigo del Signore per la corruzione della società, e alle 17 lascio i due Venerandi Religiosi che mi colmano di gentilezze e di buone parole. Alla porta Fra Leopoldo mi raccomanda di ritornare alle 18 dopo la predica del Duomo. Ore 18,30 Siamo ritornati ancora. Fra Leopoldo ci ripete diverse cose sulla sua Comunione dell'avvelenamento, e si ferma maggiormente a parlare sul mio turbamento chiamandolo veramente opera del demonio, e mi dice che ha per me un foglietto di detti del Signore che mi faranno tanto bene ora e quando sarò a casa. Si parla ancora del Terz'ordine, e Fra Leopoldo si compiace ed è contento che Cambiaghi si faccia Terziario prima di andare a casa. Mi raccomanda ed insiste lungamente per dimostrarmi che devo rimanere tranquillo, e mi dice che il Signore gli ha fatto sentire chiaramente che io devo rimanere in mezzo al mondo, e fare tanto bene, come Perazzo, Ferrini, Borsi, e mi dice, o accenna ad opere meravigliose. Io lo ringrazio di tutto, ed alle 19,20 usciamo. Fuori ho letto i detti del Signore che sono meravigliosi, ma siccome mi rimane ancora qualche cosa non chiara rimetto a domani la delucidazione. Torino, 15 Marzo 1919 Ieri sera il demonio mi ha tentato di nuovo di ribellione contro Fra Leopoldo. Non posso esprimermi la violenza con la quale mi tenta per non visitare più Fra Leopoldo e come questo religioso sia la causa del mio male. È una forza che devo fare fortissima, ed io invece corro subito a lui per manifestargli quanto mi passa contro di lui perché mi aiuti, perché altrimenti è un guaio. Stamani ci recammo con Cambiaghi a S. Tommaso perché i Signori Natta ci avevano invitati di assistere alla funzione nella Cappella del Sacro Cuore di Maria, dove il loro figlio Nino, tenente morto al fronte il 15 Maggio 1917, aveva fatto la Consacrazione al Sacro Cuore di Gesù. Accettammo ben volentieri, e vi assistemmo con loro, facendo la Santa Comunione secondo l'intenzione della Mamma. Terminata la funzione, mentre gli altri stavano ancora in Cappella, mi recai un momento di là da Fra Leopoldo per dirgli del turbamento, e vidi nel suo sguardo un vero dispiacere. Mi esortò ad essere tranquillo, di ritornare da lui, di andare avanti che il Signore mi vuol bene. Volle offrirmi il caffè. Io insistei che capivo che era il demonio, ma che soffrivo, e lo supplicai di pregare ancora il Santo Crocifisso di degnarsi dire ancora una parola che portasse la tranquillità nel mio povero animo. Fra Leopoldo mi guarda con occhio un po' scontento, e poi mi dice che andava nella sua cella a fare la Santa Adorazione e che se il Signore si degnava, mi avrebbe detto qualche cosa stasera. Io esco più tranquillo, prego il Santo Crocifisso che lo ispiri ed i signori Natta ci pregano, anzi insistono, di andare a prendere un po' di latte a casa loro. Accettiamo, e provai un grande piacere di rimanere due ore a tavola a parlare del loro Nino, della Fede, compiacendomi soprattutto del sig. Cavaliere, che ha idee molto larghe, moderne, mentre per sé fa vita veramente e santamente cristiana. Hanno per noi parole così affettuose da commuovere, ci pregano, insistono, di ritornare a colazione, e ci regalano una bella fotografia di Nino. Prima di prendere congedo ci inginocchiamo a chiedere la benedizione di Nino che ci guarda. Il papà e la mamma parlano di questo giovane con un entusiasmo commovente, della sua forza fisica e più delle eccezionali virtù morali. Torino, 15 Marzo 1919 Alle 16,15 sono ritornato da Fra Leopoldo. Vi era la signora Borzone e un Padre Francescano già Missionario in Terra Santa. Andato via il Padre Fra Leopoldo mi dice che mi aspettava prima. Mi dice che ha una cosa importante da comunicarmi. Si parla della bontà della famiglia Natta, e poi chiesta a Fra Leopoldo una preghiera per spedire alla signora Borsi ( del Santo Crocifisso ), Fra Leopoldo mi prega di volergli leggere ancora la lettera che egli chiama di Paradiso, perché la possa sentire anche la signora Borzone. Ci si ferma poi sino alle ore 17, ora che Fra Leopoldo va in coro, ed io alla Predica della Consolata. Ore 18,15 Ritorno con Cambiaghi da Fra Leopoldo. Egli è molto contento di vederci, e mi dice se sono più tranquillo perché stamani mi trovò molto agitato, e gli avevo fatto dispiacere. Fra Leopoldo oggi ha lo sguardo più vivo, ma direi più assorto. Le sue parole sono accompagnate da una dolcezza grande, e riflette bene, come se quanto va dicendo gli fosse suggerito da qualcuno. Mi dice che stamani dopo manifestatogli il mio turbamento è salito in cella, ha fatto per me la Santa Adorazione, ma Nostro Signore non proferì parola. Strinse più fortemente al cuore il Santo Crocifisso, ricominciò con ardore maggiore la adorazione, e quando fu verso la fine, il Crocifisso gli rivelò quanto stava sul foglietto che mi consegna. "È una vera grazia, mi dice, ma adesso non insista più, lì c'è tutto". Io chiedo se il Signore si è irritato, e Fra Leopoldo socchiudendo gli occhi e con tono di voce molto dolce ma serio, mi riprende: "Il Signore non si irrita mai". Anzi mi dice che una volta lui, pregando, gli aveva detto che gli voleva bene più di qualunque cosa al mondo, e Gesù Crocifisso gli aveva risposto: "Non dire così, Gesù non si paragona". Io mi scuso di essere stato seccante, noioso, ma lo facevo per togliermi quel turbamento diabolico, e Fra Leopoldo sorridendo, mi dice: "Sta tranquillo, non sei stato noioso, hai fatto bene, perché io so che cosa si soffra in questo stato". Visto che avevo desiderio di leggerlo, mi dà autorizzazione, perché così sarei stato più tranquillo. Leggo il biglietto che è del tenore seguente.......... Quando termino di leggere la mia soddisfazione è completa. Sono fuori di me dalla gioia e non so come ringraziare il Santo Crocifisso e Fra Leopoldo. Anche lui è contentissimo di vedermi contento, così pure Cambiaghi, e si ammira senza limitazione la bontà e misericordia del Signore verso i peccatori. Fra Leopoldo soggiunge che ha capito che il Signore mi vuole così nel mondo, dove potrò fare tanto bene, come il Perazzo, Ferrini, Borsi, ecc. Mi incita ad andare avanti, avanti, avanti, fare ogni giorno la Santa Comunione, e poi non temere, che si possono veri miracoli. Fra Leopoldo insiste sul buon esempio e parla con tanta bontà, ardore, umiltà, semplicità che io gli bacerei le mani, l'abito, tanta gioia mi ha procurato nel cuore. Esco alle 19,30, veramente trasformato da un piacere non umano. Oggi Fra Leopoldo mi ha ripetuto che tornando a casa vedrò e constaterò nei miei un nuovo miglioramento che mi farà tanto piacere. Deo Gratias! Torino, 16 Marzo 1919 Oggi alle ore 15, dopo la funzione nella Cappella delle Suore, chiesi di parlare alla novella Suora Felici Traverso, soltanto da ieri sposa del Signore. Quando venne in parlatorio la vidi un po' ansiosa e mi spiegò il perché. "Lo aspettavo, mi disse la Suora, ma alle 13. Non credevo ora fosse lei, e creda che è proprio una grazia che non mi spiego, ed è per questo che mi sono un po' turbata, perché non potevo venire in parlatorio per due ragioni, e vedendomi mandare, ho creduto fosse qualcuno dei miei. Il ritiro non termina che stasera, e poi in quaresima non è permesso venire a parlare con nessuno. Ma sono proprio contenta di vederla, e ringraziamo il Signore che ci concede tanti benefizi". Mi parla del suo ritiro, della benedizione ricevuta dal suo papà e mamma che è stata per essa la cosa più cara, dei regali, delle lettere, cartoline ricevute, e se tutto questo le fa piacere, pure il suo pensiero è più alto: il Signore che l'ha voluta sua, l'abito benedetto che lo porterà sino alla tomba, il nuovo ministero che le si apre, le grazie ricevute, il desiderio di fare del bene, e soprattutto la rinunzia completa, totale al mondo per servire unicamente al Signore. Essa è felice, ed a completa disposizione dei Superiori. Mi dice che ieri ha provato un leggero turbamento per la responsabilità del nuovo ministero che le si apriva, ma quando si abbandonò completamente a Gesù nell'offerta spontanea di se stessa, sentì una forza, una pace grande che la fece forte, sicura, tranquilla, pronta alla nuova vita. Mi ricorda tante cose della nostra vita di testé, del lavoro del Signore per averla Suora, della sua felicità. Mi dice che ha deposto la cuffia per le cornette, e deporrà le cornette per la corona in Paradiso. Le raccomandai la Divozione al Crocifisso ed essa mi rispose che la faceva ogni giorno con sua grande soddisfazione. Le feci leggere l'ultimo biglietto consolantissimo di Fra Leopoldo su ciò che il Signore aveva rivelato desidera da me, e ne rimase contenta. Mi disse che sarebbe stata una vera grazia se anche io mi fossi fatto religioso. Mi dice di farci Santi, ma di far presto, perché aveva bisogno delle grazie. Rimasi dalla Suora sino alle 17. Il congedo fu davvero commovente. Offersi un piccolo Crocifisso tenuto da Fra Leopoldo, che gradì molto, ci promettemmo a vicenda di ricordarci nel Signore, mi raccomandò i miei, i suoi, il bene, le virtù, e di lavorare per il Paradiso. La sua voce si era velata maggiormente venendo la fine, mi sorride proprio con affetto, mi dice ancora altre cose, e quando mi saluta, sembra chiudersi in se stessa, sotto la protezione delle ali della carità, e mi parve un angelo sotto veste di Suora a prodigare il bene alle anime sofferenti e abbandonate. Torino, 16 Marzo 1919 Oggi alle ore 18,30 andai con Cambiaghi da Fra Leopoldo. Vi erano altre persone, e mi accorsi che desiderava rimanere solo con noi. Mi disse che il Signore gli aveva chiesto se mi aveva contentato, e Fra Leopoldo sorride, glorificando la misericordia infinita e la bontà del Signore. Mi ripete che io sono davvero un beniamino del Crocifisso, e davvero mi dice che il Signore non ha fatto con nessuno come per me. Mi dice di esserne grato e contraccambiare. Ha parole di incoraggiamento anche per Cambiaghi e gli dice che il Signore vuole molto bene anche a lui. Mi conferma la volontà del Signore di volermi in mezzo al mondo come un religioso, e come ve ne sia molto bisogno di buon esempio. Mi dice che quando scrisse l'ultimo detto, dopo aver fatto due volte la Santa Adorazione, e temeva non aver risposta, sentito il Signore, lo strinse forte, e mise tutta l'attenzione per far bene. Fra Leopoldo mi guarda con occhi dolci e buoni, e non sa come dimostrarmi tutta la sua affezione, che è grande, grande, grande. Io gliene sono gratissimo e procuro contraccambiare, e penso con dolore quando verrò privato di un favore e benefizio così grande. Alle 19,30 prendiamo congedo. Torino, 18 Marzo 1919 Quantunque ieri abbia scritto nulla, fui due volte in giornata a visitare Fra Leopoldo. Oggi alle 16, appena entrato, mi si dice che è a letto, preso dal suo disturbo al cuore, e salgo subito in camera. Lo vedo un po' sofferente, ma egli dice che vorrebbe saper soffrire per offrire qualche cosa per il Signore. Benedice la mano di Dio che lo scuote, e dice che desiderava fare un fioretto a S. Giuseppe, ed il Signore ha permesso di farlo. Mi dice di andare a baciare il Santo Crocifisso, e poi mi parla molto dei miei, di lui, ed alle 17, sapendo che volevo andare al Duomo, mi dice di far pure, ma se fossi rimasto gli avrei fatto molto piacere. Rimango a tenergli compagnia ed egli gratissimo mi consegna una corona del Santo Rosario, che usava lui, una reliquia di S. Leopoldo ed un piccolo Crocifisso, perché rimetta il tutto a Cambiaghi. Alle 18, quantunque non si senta bene, si alza per andare in cucina a fare il suo lavoro. Mi inginocchio, mi dà la sua benedizione, ed esco. Torino, 19 Marzo 1919 Oggi alle ore 16 ritorno da Fra Leopoldo e lo trovo alzato e guarito. Egli sorride, e dice che le malattie sono benedizioni del Signore per richiamarci sulla via buona. Mi raccomanda di conservare bene la statuetta della Vergine Consolata che mi donò il 21 febbraio p.p. che avrebbe fatto a me e famiglia e in casa tante grazie. Torino, 20 Marzo 1919 Oggi alle 16,30 ritorno da Fra Leopoldo. È molto contento come sempre, tranquillo, sereno, pieno di amor di Dio, di carità, di umiltà. Mi parla di nuovo dei miei, in modo speciale del mio papà che desidererebbe tanto conoscere, principalmente ora che Cambiaghi glielo descrive buono e allegro. Mi dice di andare tranquillo, di pregare sempre e ritornando a casa vi troverò ancora un miglioramento molto confortante. E insistendo di pregare per mio cognato, ancora lontano dalla fede, mi dice che lo farà volentieri, ma di ricordare a mia sorella che saranno le sue preghiere che riusciranno a ottenerlo. Torino, 20 Marzo 1919 Uscendo dal Duomo la signora Natta mi invita a fare una visita alla signora Conti di Meana, donna virtuosa, inferma da 6 anni, ammalata da molti. Accettiamo volentieri e saliamo volentieri al 4° piano. È una signora sulla sessantina ed entrando nella camera, dove sono quadri, reliquie, si respira un'aria di vera pace. Io non voglio dire quanto asseriscono queste signore, che è una Santa, dico soltanto che fa impressione vedere un'anima da tanti anni a letto, gonfia, e vedere tanta rassegnazione, dirò meglio tanta gioia nella sofferenza. Ella scrive, legge, prega e parla con calore, avendo una buona istruzione, specie in materia religiosa, e ride come fosse in un salotto e non nel letto. A tratti ferma il suo dire, chiude gli occhi, perché si vede torturata da qualche sofferenza atroce, ma appena cessa continua il discorso, sorride e dà gloria al Signore. Racconta aneddoti graziosi su grazie ottenute, specie quella per avere nella camera il Santissimo Sacramento. Ricorda grazie speciali avute da Don Rua. Parla poi con venerazione grande del Pontefice Pio X. Racconta una visita fattagli a Roma quando già era inferma, e che Sua Santità, sapendola da un Monsignore in un albergo, disse di presentarsi pure. Quello che stupì la signora fu che Sua Santità dimostrò di conoscerla non solo, ma entrò subito nell'argomento per il quale era venuta a Roma. La rassicurò e la benedisse. Essa disse a Sua Santità: "Santità sono verso il tramonto, i miei occhi stanno per chiudersi e ho bisogno di luce" ( scopo ottenere di avere il Santissimo ). Racconta l'opera diabolica che si intromise in curia per la concessione, e poi, dopo un periodo di tempo, viene espressamente da Roma inviato un Sacerdote per certe cose. Partito, il diavolo fece dubitare di tutto, e turbata, dopo venti giorni, ritorna ancora a celebrare il Sacerdote, e senza che essa parlasse. Sua Santità mandava una risposta che la tranquillizzava. Ciò che maggiormente mi stupì fu che l'inferma, con molta gentilezza, ma con ferma volontà, ripeté diverse volte parole che rispondevano direi ad un'incertezza della mia mente. Nel mattino non avevo fatto per istigazione diabolica la S. Comunione, per togliermi una soddisfazione un po' mondana, rimettendo al domani un tanto bene. E quando l'inferma ripeté, guardandomi negli occhi: "Il Signore non vuole si aspetti domani, ma vuole oggi, subito, con uno sforzo di volontà, perché domani non sappiamo come possiamo trovarci". Fu caso? Io non discuto, trascrivo il fatto. Mi ripeté a tal uopo dei versetti latini, e mi sentii sgomento di questa intuizione. L'inferma disse che già ci conosceva, perché siamo anime del Signore, e nell'esortarci alla preghiera ci disse di fare il nostro cuore Pisside del Corpo del Signore. All'uscire mormorò che ci faremo Santi. La visita durò quasi due ore. Torino, 21 Marzo 1919 Oggi alle 16,30 fui da Fra Leopoldo. Niente di notevole. Torino, 22 Marzo 1919 Stamani alle 11 accompagnai in S. Tommaso la famiglia Sommariva, incontrata alla Consolata. Ore 16,30 Sono stato da Fra Leopoldo. Si è mostrato spiacente di non aver potuto fermarsi maggiormente coi Sommariva. Mi fa vedere una lettera del sig. Ammiraglio. Entra il Prof. Teodoreto. È un vero piacere per entrambi. Parlano di molte cose, dello stato attuale della società, della corruzione, e Fra Leopoldo espone i suoi timori per un nuovo castigo. Ricorda delle parole della Vergine, e dice che il Signore è sempre triste, non è contento del suo popolo, e che lo tiene vicino facendogli provare delle gioie grandi, ma parla poco. Fra Leopoldo ha nelle sue parole una semplicità, una dolcezza tale che incanta. Eppure parla proprio alla buona, con una semplicità che non sa esprimersi, ma in tutto si sente la sua bontà. Rimango con loro in dolce colloquio sino alle 17. Torino, 23 Marzo 1919 Oggi alle 18,15 sono andato con Cambiaghi da Fra Leopoldo. Quando entra dopo il suo "Deo Gratias" ci bacia entrambi, dicendoci che ci attendeva già da un po'. Fra Leopoldo è sorridente come al solito, ci parla con tanta affezione, e gli spiace molto che fra pochi giorni Cambiaghi partirà. Gli chiede se è pronto per farsi Terziario e Cambiaghi gli risponde affermativamente. Il francescano ne è contento. Mi dice poi che deve darmi un altro biglietto di un detto del Santo Crocifisso a mio riguardo di questi giorni. Mi conferma e ripete che sono davvero un beniamino del Signore, che davvero è cosa straordinaria, e procuri di corrispondere a questa grazia, perché a nessuno è stato permesso di leggere le rivelazioni del Santo Crocifisso, proprio a nessuno. E poi mi parla della supplica inviata dalla signora dell'Ammiraglio. Messala vicino al Santo Tabernacolo, sentì un colpo, segno che è anima privilegiata, come altre volte ne aveva sentito, due o tre, ma poi, nella Santa Adorazione a Gesù Crocifisso, non sentì nulla. Ripeterà la preghiera. Fra Leopoldo ci raccomanda di stare uniti a Gesù, il quale ci aiuterà sempre, e di voler bene a Gesù, che sarà sempre la nostra guida. Torino, 24 Marzo 1919 Oggi alle 16 Cambiaghi si è recato da Fra Leopoldo desiderando parlargli, ed io vi andai alle 16,30, ma vi trovammo la signora Borzone, la quale, congedatasi qualche minuto prima delle 17, dette agio a Fra Leopoldo, che mi avrebbe portato il detto del Signore con un'aggiunta. Perché ieri pregando, gli apparve la mia figura e la Consolata ebbe un detto proprio allora, che riguarda me e tutti. Si parla poi per la cerimonia di Cambiaghi per il Terz'Ordine, lasciando a lui ampia facoltà di farsi o no, perché non vi deve essere imposizione. Egli ne è contento, e forse domani farà la professione. Torino, 25 Marzo 1919 Oggi alle 14 sono andato con Cambiaghi da Fra Leopoldo per accompagnarlo dal Prof. Teodoreto. È stato per me un vero piacere accompagnare il Santo Francescano lungo la via, e trattenermi poi con lui il dopo pranzo. È davvero una grazia del Signore quella di potere ogni giorno lasciare l'ufficio per visitare Fra Leopoldo. Cambiaghi ci accompagnò sino alla porta e poi ritornò in ufficio. Dopo una visita al Signore il Prof. Teodoreto ci accompagna in Direzione e quantunque io mi fossi accorto che Fra Leopoldo desiderasse io rimanessi, insistei per lasciarli soli. Allora il sig. Direttore, su proposta dei due Santi, mi consegnò il quaderno dove vengono trascritti i detti del Signore, e mi accomodò da solo nella sala attigua alla direzione. Chi leggesse questi fogli, non ne proverebbe alcuna impressione, ma chi avesse avuto come me nelle sue mani quei quaderni che contenevano tutte le rivelazioni del Signore fino al 1908, avrebbe provato quello che non si può scrivere. Eppure il diavolo mi venne a tentare, ed in un modo così molesto da darmi noia. Malgrado ciò lessi con piacere immenso le ultime pagine non lette ancora, e rilessi quanto avevo letto il 20 Gennaio 1919. L'ultima rivelazione riguardava la Santa Comunione e diceva presso a poco così: "Un senso moderno insegna che non è necessario dopo la Santa Comunione fare il ringraziamento, ma ciò dipende da poca fede. Tu fallo sempre per quelli che non lo fanno". Ne ho rilette altre dove parla della "preziosa" adorazione, e Gesù manifesta il desiderio di essere adorato come nel Venerdì Santo ( cioè deposto a terra sopra un cuscino o tappeto ). Non trascrivo malamente i detti perché ho avuto autorizzazione la prossima volta di trascriverne i più importanti integralmente. Torino, 26 Marzo 1919 Oggi alle 18,15 fui da Fra Leopoldo con Cambiaghi. Cambiaghi vi era già stato nel pomeriggio, e mi disse che mi attendeva perché aveva da dirmi diverse cose. Difatti appena entrato Fra Leopoldo ha sul viso una gioia di Paradiso. Mi dice subito che ieri era stata una giornata straordinaria di grazie, e che ieri sera nella sua cella gli sembrò di ritornare agli anni scorsi tanto il Signore lo tenne legato al Suo amore. Mi dice che cominciò l'adorazione alle 21 e terminò dopo le 23, e durante tutto quel tempo il Signore gli fece segnare 15 o 16 detti. "Una cosa straordinaria, dice Fra Leopoldo, non speravo più tanti detti". Egli attribuisce alla soddisfazione provata da Nostro Signore per la vestizione a Terziario fatta ieri dall'amico Cambiaghi. Anzi mi dice che Gesù Crocifisso ha avuto parole anche per lui che gli saranno di guida nei turbamenti quando sarà a casa. Chiedo se ha qualche cosa anche per me e Fra Leopoldo sorridendo affermativamente, dicendomi che il Signore aveva detto cose per entrambi che avrebbe dovuto mettere i nostri nomi nei detti perché sarebbero stati per tutti i Terziari del mondo. Mi dice che non ricorda più bene i detti, ma che li aveva segnati tutti e me li avrebbe fatti leggere. Soltanto mi dice che non si ricordava di aver passato una notte così felice, perché il Signore gli comunica una gioia di Paradiso tale che non sa come dire ma vorrebbe si provasse. Dice che un momento pregando gli era venuto alla mente di chiedere a Gesù come andrà il mondo, ma non osò temendola una curiosità. E Gesù Crocifisso intuendolo gli disse che lui desiderava sapere come andrebbe il mondo, ma: "Io solo tengo tutti gli uomini stretti in un pugno". Un altro momento, pregando, gli era sorto un dubbio da demonio, ed il Signore intuendolo ancora a dirgli: "Tu dubiti che in quanto ti dico vi sia opera del demonio, ma ricordati che questa è opera mia perché quanto ti dico sono cose belle e fanno bene, mentre ciò che fa il demonio è brutto e fa male" ( questo almeno è il senso, non avendo ancora letto i foglietti ). Fra Leopoldo è lietissimo di quanto è successo e ne parla con entusiasmo e piacere. Mi dice che il Signore si è rivelato per quanto ieri ha chiesto il Direttore delle Scuole Cristiane e per quello di Vercelli, e domani porterò io i foglietti. Così pure per i consigli chiesti dal sig. Ammiraglio. Dopo le 23 il Signore, vedendo che Fra Leopoldo era stanco, tacque, dicendogli che aveva ancora tante altre cose a dire. Torino, 27 Marzo 1919 Stamani alle 11,30 fummo da Fra Leopoldo, il quale ci consegnò due lettere da portare al Prof. Teodoreto, contenenti detti del Signore per i Fratelli, più una per Cambiaghi del tenore seguente. Ore 13,30 Siamo andati dal Prof. Teodoreto, il quale ci accolse col solito sorriso e con un piacere grandissimo. Ci dice la gioia provata avanti ieri dal sig. Direttore per la visita di Fra Leopoldo. Ci ripete che è una vera grazia aver avvicinato Fra Leopoldo, e constata e rileva che nessuno ha avuto il privilegio nostro di avvicinarlo ogni giorno, quindi si può dire che siamo gli unici, vivendo Fra Leopoldo molto ritirato in umiltà. Constata pure che l'avvicinarlo è sempre un piacere e lo spirito di semplicità col quale racconta le meraviglie del Signore, fa sì che noi stessi ne siamo invasi. Davvero noi non conosciamo il valore di questo privilegio, perché se lo spirito nostro medita un istante sulla santità di questo uomo ci accorgiamo che l'avvicinarlo così sovente dovrebbe darci occasione di farci Santi. Sì perché il Signore ci domanderà conto di questi privilegi, e noi dobbiamo procurare il corrispondere ai benefizi che il Santo Crocifisso ci concede. Le meraviglie che il Santo Crocifisso detta a Fra Leopoldo sono consolantissime, e la lettura fa molto bene allo spirito. Il Prof. Teodoreto quando parla della semplicità di Fra Leopoldo sorride, e dice che lui ha imparato dalla sua umiltà, semplicità, carità, bontà a compiere meglio il suo dovere ed amore a Gesù Crocifisso. Sapendo della partenza di Cambiaghi ci esorta a continuare nel bene, e ci raccomanda di accostarci spesso alla Santa comunione perché in essa siamo uniti tutti nel Cuore di Gesù. Perché mentre il cibo materiale è trasformato dal nostro organismo in sangue, la Santa Comunione trasforma noi nell'amore di Gesù. E come ricordo regala ad entrambi un Vangelo. Ore 14 Usciti dal Prof. Teodoreto ci rechiamo a visitare la famiglia del Cav. Avv. Natta, e ci intrattengono a parlare del loro Nino, facendoci leggere lettere, narrandoci della sua vita, sino alle ore 17. Nel congedarci regalano ad entrambi un bel ritratto del loro caro Nino. Ore 18,30 Siamo stati a visitare Fra Leopoldo. Ci aveva atteso tutto il dopo pranzo. Raccomandò a Cambiaghi di tenere caro quel detto del Signore, perché era molto prezioso. Fra Leopoldo ci dice che la sera del 25 il Signore gli aveva dato tanta gioia, lo aveva talmente imparadisato da sentirla tutta la notte, sino a tutto il mattino del giorno seguente. Dice che non può descrivere quello che il Signore gli fa provare. Ed io vorrei essere capace di trascrivere la sicurezza, la semplicità con la quale questo Santo religioso viene narrando queste cose meravigliose. Egli parla dell'amore di Dio non con enfasi, senza ostentazione, ma con parola così dolce, che basterebbe lo sguardo che egli alza al cielo, da convincersi di quanto dice. Quando la sua parola non sa più esprimersi, dice: "Son cose da Paradiso, ecco", e si raccoglie tutto con un bel sorriso angelico. Mi ripete il detto del 25, nel quale Nostro Signore, intuendo il suo dubbio che fosse opera del demonio, glielo aveva rimproverato, e questo comprova maggiormente la presenza del Signore. Poi dice che il Signore gli aveva parlato di noi. "Il Santo Crocifisso era contento che Fra Leopoldo ci trattasse così confidenzialmente, e disse che quando ci separeremo, sarebbe avvenuto tra noi quanto avvenne quando Gesù lasciò i suoi discepoli per salire al cielo". Fra Leopoldo trova divina questa rivelazione, e ci dimostra quanto il Signore ci voglia bene. Ci raccomanda vivamente di fare spesso la Santa Comunione, e ci esorta a non aver mai nessun dubbio sulla Santa Eucarestia. Ci dice che egli lo può attestare perché il Signore gli aveva fatto provare in quell'atto che è l'opera più bella del Signore delle cose straordinarie. Così ci esorta a vivere santamente, perché egli può attestare come sia vera l'esistenza di un'altra vita. Torino, 4 Maggio 1919 Ore 15,30. Oggi sono andato a trovare Fra Leopoldo, dopo 15 giorni che non lo vedevo perché ero in licenza. Mi ha abbracciato e baciato con affetto, chiedendomi subito notizie di me, dei miei, di Cambiaghi. Gli ho narrato la disgrazia avvenuta in casa, ed egli, senza nessuna curiosità, è stato a sentire, dolendosi dell'increscioso incidente. Se ne mostrò molto spiacere per il lato morale, e le conseguenze che potevano derivare, ma per il lato materiale non vuole assolutamente che mi sgomenti perché il Signore rimedia a tutto. Vi è nel suo dire tanta carità e semplicità da recare un vero conforto. Mi dice che a lui è successa identica cosa, ma che non l'ha mai detto a nessuno. Dice che ai nostri genitori dobbiamo sempre rispetto ed affetto, e dice che essi fanno per il nostro bene anche quando sbagliano. Mi dice che anche lui aveva gli stessi sentimenti di ordine, di economia, ecc. e poi una volta, non per colpa della madre sua inferma, ma di quelli che l'avvicinavano, ha dovuto pagare ciò che non sapeva. Ma egli lo fece senza muovere nessun rimprovero alla mamma. Mi dice che da questo il Signore ne trarrà profitto in bene. È l'ora di andare in coro e ci si ferma ancora un momento a parlare sulla vocazione. Non gli nascondo il mio turbamento anche su questo punto, specie su quanto pensa anche il sig. Ammiraglio e che proprio è contrario alla mia volontà. Fra Leopoldo mi sta a sentire con attenzione, e mi ripete che io devo stare tranquillo, che il Signore mi guiderà lui, perché si può far tanto bene anche rimanendo nel mondo. Ore 18,30 Ritorno da Fra Leopoldo. Vi è un giovane della Pia Unione e mi fa passare un momento da solo nell'altro parlatorio. Mi dice che ha pregato in modo speciale per me ed i miei nella benedizione e di stare tranquillo perché il Signore aggiusta tutto lui. Mi dice di voler bene a mia mamma e di scrivere per aiutarla. Mi aggiunge di star tranquillo perché sicuramente dopo questa prova il Signore mi aprirà una via. Mi esorta a sopportarla con rassegnazione, perché oltre a farsi dei meriti, il Signore mi aiuta maggiormente. Mi trattiene un quarto d'ora e poi passiamo di là, dove c'è un giovane della Pia Unione. Fra Leopoldo parla, come sempre, del Signore, e ci esorta a continuare nel bene. In un momento, con raccoglimento e sicurezza, ci dice che il Signore lo fa scrivere molto di nuovo, principalmente per quanto riguarda la Pia Unione. Dice che in questi giorni il Santo Crocifisso gli ha detto "Preparati", e poi gli ha detto di rivolgersi alla Vergine Santissima. Aggiunge che non gli ha specificato se alla morte o ad altro ( e diceva tutto questo con una calma e semplicità straordinaria ), se presto o fra qualche anno. Il fatto è che sono uscito molto più tranquillo di quando entrai. Vi rimasi sino alle 19,30 e quando mi congedò mi pregò di ritornare domani alle 13. Torino, 5 Maggio 1919 Oggi all'una sono ritornato da Fra Leopoldo, e l'ho atteso un momento perché era in cappella a pregare. Appena mi vide si mostrò molto lieto, e mi disse che ieri sera ha visto con piacere che sono uscito più tranquillo. Mi ripete che anche a lui è successo proprio uguale a quanto è avvenuto a me e mi ha detto che il Signore lo ha benedetto sempre. Mi dice, e lo ripete, di scrivere a mia mamma tranquillizzandola, perché chissà quanto soffre. Nel suo dire vi è sempre una carità grandissima, e si sente una bontà non comune. Quando si siede, sospira, e gli domando se è stanco. Non l'ho mai sentito una volta lagnarsi. E notare che, oltre la cucina che lo occupa moltissimo, si interessa dell'ordine della biancheria, del bucato, lavora a far fiori per la Madonna, serve all'altare spessissimo come Suddiacono e riceve molta gente. E conta ormai 70 anni. Oggi mi diceva con una semplicità, ma senza ostentazione, che nella sua vita non ha mai soddisfatto al sonno. Nemmeno quando era a casa. Adesso si alza alle 4 e va a riposare alle 23, però al dopo pranzo si riposa un poco. Io non ho mai incontrato un'anima che esprima le cose con tanta semplicità, e quando deve accennare a se stesso non fa come tanti che ostentano umiltà, egli accenna con sincerità a tutto, e se poi deve parlare di cose che riguardano la sua persona, dice che bisogna dar gloria al Signore, ma lo dice con tanta sicurezza, che fa piacere sentirlo. Rimango da lui sino alle 13,30, e poi vado dal Prof. Teodoreto per consegnare il ritratto del sig. Ammiraglio e delle lettere. Fra Leopoldo ha gradito moltissimo questo ritratto e pensa di contraccambiare. Mi raccomanda di tornare dopo pranzo. Ore 14 Sono andato dal Prof. Teodoreto. Ha gradito moltissimo la fotografia dell'Ammiraglio. Mi ha parlato con molto piacere di Fra Leopoldo, della virtù, della bontà, carità di questo religioso. Mi dice che è una vera fortuna per noi averlo conosciuto, anzi mi aggiunge che il Direttore, il Prof. Isidoro, va a trovarlo ed osserva che da quelle visite ne esce migliorato. Mi raccomanda di ricordare bene quanto dice Fra Leopoldo, perché certamente dovremo testimoniare sulle sue virtù. Domando se si farà la causa, ed egli mi risponde affermativamente. Alla mia richiesta se fossero già avvenuti fatti straordinari per mezzo di Fra Leopoldo egli mi risponde che non crede, ma i miracoli possono avvenire anche dopo morte. Ma ciò che si può affermare, mi dice, sono le virtù praticate in grado eroico, quale la carità, la pazienza, l'umiltà, la fede, la speranza ecc. Difatti, non parla egli sempre del Signore? Non sprona continuamente a praticare la virtù, la fede? Non ha egli parole di conforto per tutti, e non manifesta continuamente il suo desiderio di conforto per tutti, e non manifesta continuamente il suo desiderio perché si salvi tutto il mondo? Rimango mezz'ora a discorrere col Prof. Teodoreto. Ore 18,30 Sono ritornato ancora da Fra Leopoldo. Il religioso mi ha accusato dei disturbi, ma con una serenità straordinaria mi ha detto che era pronto a morire. Preparato, contento di andare col Signore, soltanto desiderava di ricevere prima tutti i Santi Sacramenti. La pace che traspira dalle sue parole è straordinaria. Accennando io a delle vergogne e disonestà vedute in ufficio, Fra Leopoldo mi esorta caldamente a rimanerne estraneo, preferendo passare dinanzi a queste persone immorali per stupido che sporcare la coscienza. Parla poi della bontà del Signore, e accennando ai detti dice che dovranno fare molto bene. Egli mi dice che desidera soltanto che tutto il mondo ami il Signore che è tanto buono, che soltanto questo egli desidera. Mi ripete che se gli uomini sapessero che cosa è l'amore di Dio, non potrebbero più vivere così, e che tutti gli amori del mondo messi insieme non danno un'idea di che cosa sia l'amore di Dio. Parlando della mia scelta del mio stato, egli vuole che io rimanga calmo, perché il Signore mi guiderà. Mi dice che il Signore ha detto che dalla Pia Unione usciranno dei Santi, ed è sorta anche perché sorgano dei Santi padri di famiglia. Mi ripete che è sempre stato suo parere che io viva nel mondo perché potevo fare del bene, ed è convinto che questa sia la mia missione. Continua osservando che è da condannarsi chi entra nello stato religioso senza vocazione, ma semplicemente per far piacere a qualcuno, o per imposizione di altri. Mi dice di non turbarmi mai perché questa è opera diabolica, ma di continuare così per uno o due anni, e di star tranquillo che il Signore mi avrebbe aiutato. Torino, 15 Maggio 1919 Stamani alle ore 9,15 sono stato a visitare Fra Leopoldo. In tutto questo tempo che non ho scritto ho visitato il religioso quasi ogni giorno, ma per pochi minuti. Stamani mi ha accolto come il solito, e con la sua calma e tranquillità, mi ha detto poi alla mia richiesta se aveva novità che ieri sera ha avuto molti detti meravigliosi. Mi dice che si farà un gran Tempio dedicato a Gesù Crocifisso, e sorgerà molto probabilmente dietro la Chiesa della Gran Madre di Dio, sulla collina, e sorgerà pure il ritiro per i giovani della Pia Unione che rimarranno nel mondo. Fra Leopoldo dice non chiaramente che sorgerà come un Terz'Ordine del Crocifisso. Alla mia domanda se sia proprio volontà di Nostro Signore che si edifichi questo Tempio oppure progetto di uomo, Fra Leopoldo mi risponde che il terreno è di proprietà dei Fratelli delle Scuole Cristiane. Capisco che loro hanno fatto il progetto, e hanno fatto pregare per vedere la volontà del Signore. Ieri sera Fra Leopoldo mi dice che ha pregato molto prima davanti al Santissimo Sacramento, e poi si è ritirato in cella, e si è preparato prima dell'Adorazione al Crocifisso, recitando il Rosario alla Vergine Consolata, e poi ha preso il Santo Crocifisso e Gesù ha risposto che prima si estenda in tutto il mondo la Santa Divozione, e poi si metta pure all'opera che sorgerà un Tempio. Fra Leopoldo dice che questo Tempio sembra sia volontà del Signore venga costruito col concorso delle offerte del popolo ( e non dei milionari ) ed il Signore farà grazie e miracoli. Fra Leopoldo mi ripete che sono il primo che sente questi detti perché li ha avuti ieri sera, e li dice soltanto perché mi conosce. "Nostro Signore non vuole che ne parli a nessuno perché conosce la malafede di molte persone anche buone, mi dice, e poi vengono a farmi delle domande che io non so rispondere, e guai se io mi fossi messo in pubblico. Gesù Crocifisso vuole da me questo". Mi dice che non dice agli stessi Padri del Convento nulla, perché poi chiedono cose che non può rispondere. Parlandomi dei detti mi dice che sono meravigliosi che fanno stupire e mi dice che fanno persino venire il dubbio su queste verità. Io ripeto che non dubito, ma certo qualche volta certe cose mi riescono un po' dure, e non posso crederle. E gli ricordo che egli stesso ha avuto dei dubbi e che Nostro Signore glieli aveva visti nell'intimo e lo aveva dolcemente rimproverato. Trascrivo qui, che qualche giorno ( e mi sono dimenticato di dirlo a Fra Leopoldo ).... Torino, 19 - 20 - 21 Giugno 1920 Sono giunto a Torino il 19 alle ore 19,30 e provai un senso vivissimo di piacere nel ritrovarmi nella città a me tanto cara. Mi portai subito da Fratello Leopoldo dove trovai ad attendermi Cambiaghi giunto qualche ora prima. La mia gioia è completa. Fra Leopoldo tutto felice mi abbraccia e mi bacia ripetutamente, e nei suoi occhi c'è tanta gioia. Mi offre con tanta premura due volte il caffè, si informa di tutto e di tutti, disponendo anche per avere l'alloggio presso una famiglia. Ha vivissimo desiderio di intrattenerci come noi di rimanere, ma desideriamo visitare il Santuario della Consolata perché l'ora è tarda e prendere un po' di cibo. Impossibile dire il piacere di trovarmi insieme a Cambiaghi ai piedi della Vergine nel Santuario più caro al mio cuore. È tutto un popolo, malgrado l'ora tarda, che prega, canta, implora. Più volte ho pianto di consolazione. Poi con Cambiaghi abbiamo passeggiato per raccontarci tante cose. Al mattino del 20 ci portiamo per tempo al Santuario per la Santa Comunione. Lo spettacolo è commovente. È dall'una che si distribuiscono le Comunioni. Celebra Sua Eminenza il Cardinale che lo rivedo volentieri. La Chiesa è talmente stipata da far fatica. Andiamo all'Altare maggiore al nostro antico solito posto, e mi trovo vicino ai Missionari della Consolata che ci salutano con sincero piacere. Rimaniamo due ore in preghiera ed ho rivisto tanti giovani ai quali il mio ricordo non li aveva lasciati senza conoscerli. Ho pregato, ho pianto di gioia dinanzi a tanta fede e non potrei spiegarmi come mi senta felice in quel Santuario. Visitiamo poi subito Fra Leopoldo. Egli già ci aspettava. Da ogni sua parola traspare un affetto grandissimo. Rimaniamo presso di lui due ore. Ha molto desiderio di parlarci. Mi spiace non ricordare quanto mi ha esposto considerato il movimento di questi giorni di permanenza. Mi parlò della volontà del Signore espressa perché siano ormai palesi le sue opere. Soltanto ora, mi dice Fra Leopoldo, capisco tutto quello che non riuscivo prima, dove il Signore volesse arrivare. Il Signore vuole che si istituisca, per ora in Torino, una "Casa di carità Arti e Mestieri" e questa sarà un'opera talmente grandiosa che contribuirà a salvare la società. Fra Leopoldo ne parla con semplicità ma con calore francescano. Egli, che non ha nessuna cultura, e lo dice con tanta umiltà, non avrebbe nemmeno potuto concepire un disegno così vasto senza la volontà del Signore. Si tratta di istituire questi immensi laboratori in tutti i generi di arti e mestieri, adottando gli ultimi sistemi di lavorazione con macchine, arredati bene, sotto la direzione dei Fratelli delle Scuole Cristiane, nei quali verrebbe insegnato, oltre la parte tecnica, un insegnamento profondamente religioso unito alla Divozione del Santo Crocifisso. Il Signore mi ha detto, dice Fra Leopoldo, che per i poveri sarà gratis, e quelli che possono pagheranno qualche cosa. Fra Leopoldo mi ripete come ora solo capisce la preparazione del Signore, ed io ricordo che nelle mie visite precedenti il francescano mi spiegò, come il Santo Crocifisso desiderasse che la divozione uscisse dall'Ordine francescano per essere diretto dai Fratelli delle Scuole Cristiane, e come questa nuova istituzione sia attinente allo spirito dei Fratelli delle Scuole Cristiane. Fra Leopoldo insiste sulla necessità di questa opera, e come si sia espresso chiaramente che i ricchi devono aiutare, altrimenti si scaveranno la fossa. Egli chiama questa la prima opera dell'albero magistrale e come il Signore gli abbia detto che egli doveva essere il sole per illuminare. Ha in sé una fiducia ed una calma ammirabile. Quando mi parla del Comitato costituitosi per studiare il da farsi, e come la relazione importa una spesa di 17.000.000 ( diciassette milioni ) io faccio una esclamazione e chiedo come sarà possibile, ma egli senza nemmeno alterare la voce, dice che i soldi verranno, perché il Signore lo vuole. Si procederà gradatamente. Per ora, si comincerà da poco. Intanto sono sorte delle difficoltà. Vi sono persone nobili e ricche che si sono poste all'opera, ma il Municipio per ora non vuol cedere Santa Croce, con annesso i locali dove dovrà sorgere l'opera, ma Fra Leopoldo mi sembra convinto che sorgerà in quella località. Ne parla con una dolcezza tale che incanta. Egli è soddisfatto quando io ammiro incondizionatamente il progetto, come idea veramente moderna, adatta per la società. Vedi, mi dice, molti non credono a queste cose, a queste voci, ma voi che sapete tutto ed avete fede, non mettete in dubbio. Anche dei Sacerdoti e Religiosi mancano di fede. Mi dice che in questi giorni, dovendo parlare in Municipio l'Ingegnere, disse a Fra Leopoldo di pregare il Signore per avere una ragione da addurre, e che il Santo Crocifisso ha risposto: "Per salvare l'Italia". All'Ingegnere sembrò poco, ma è molto. Recatosi il Prof. Teodoreto col Direttore, dal Cardinale ( poiché per ora non era possibile effettuare trattative col Municipio per Santa Croce ) si informò dell'idea progettata, e ne fu entusiasta. Per ora si comprerà la Chiesa di Santa Pelagia con annesso fabbricato, che è finita con il n° 21, la casa dei Fratelli, e poi gradatamente si svolgerà, come ha fatto Don Bosco e Cottolengo. Il Signore, dice Fra Leopoldo, mi ha fatto vedere che sorgerà un'altra Opera simile, vicino alla Chiesa dei Francescani agli Angeli, e quella sarà così grandiosa da prendere tutta Torino. Poi si spargerà nel mondo. Il Signore ha prevenuto Fra Leopoldo che i Fratelli delle Scuole Cristiane, una volta istituita l'opera, saranno presi di mira per il gran bene che faranno e dovranno subire delle vere lotte. Io domando se questa istituzione assorbirà quell'altra del Santuario con la casa per i giovani della Pia Unione che vivono come religiosi nel mondo, ed egli mi dice di no, che quella verrà dopo. Parla anche di un Ordine Crociato, dietro mia interrogazione, ma su questo non ha ancora l'idea precisa. Fra Leopoldo mi dice che sta ordinando tutte le rivelazioni del Signore, e che avrà molto da lavorare. Pochi mesi fa era stato gravissimo, ma il Signore gli aveva detto che non era l'ora sua. Fra Leopoldo sorride un po' e poi mi dice: "Vivrò forse ancora due anni", e poi con la sua semplicità che invade, mi dice che egli è contento di morire, perché il Signore sarà tanto glorificato dopo la sua morte. Viene un giovane nostro conoscente della Pia Unione, un santo giovane, a comunicare a Fra Leopoldo che era morta la sorella di 24 anni. Ha una fede ed una rassegnazione cristiana che commuove. Pochi minuti dopo viene il Fratello Teodoreto. Il piacere di rivederlo è immenso e di rivederlo insieme a Fra Leopoldo è grandissimo. Si parla della divozione, della Pia Unione, dei miei Esploratori che Fra Leopoldo ammira ed encomia, del sig. Ammiraglio, del bene che fa. Io rivolgo diverse domande per il sig. Ammiraglio. La prima è che il dubbio sorto che gli iscritti al Partito Popolare possono far parte della Pia Unione. Fra Leopoldo ha aperto tanto d'occhi non afferrando tale domanda, ed il Prof. Teodoreto, lodando lo spirito del sig. Ammiraglio, mi ha confermato non esservi nessuna difficoltà, poiché i giovani della Pia Unione sono iscritti al Partito. Però è bene che il lavoro per il Partito, per conferenze e propaganda, non li distolga dal Catechismo domenicale e dalle loro pratiche, ma che per il resto non c'era ragione di vietarlo. Fra Leopoldo invece, è un ammiratore del Partito, perché dice che il Papa è contento e lo benedice, e che è quello che farà del bene, perché impedirà delle leggi dannose alla Chiesa ed al bene, come invece sono avvenute nel periodo che non abbiamo partecipato alla vita politica. Fra Leopoldo non vede nessuna difficoltà. Il Prof. Teodoreto, sorridendo perché io affermavo così la mia convinzione, dichiarandomi un entusiasta, diceva che anche nei giovani ve ne era qualcuno, e sorrideva, un po' spinto. Il colloquio si protrae ancora in modo edificante e noi rimaniamo ancora, dopo che il Prof. Teodoreto si è congedato, con Fra Leopoldo il quale è contento del bene che si fa con gli Esploratori ed è entusiasta che si faccia del bene. Ricorderà i miei giovani e pregherà per loro.