Sotto il campanile di S. Tommaso Introduzione Sua Santità Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica "Tertio Millennio adveniente" scrive: "( le canonizzazioni e le beatificazioni ) manifestano la vivacità delle Chiese locali". Esorta quindi a "non lasciare perire la memoria" di quanti con la loro vita esemplare hanno testimoniato la fede. La Chiesa "una - santa - cattolica - apostolica" è il frutto copioso della Redenzione. Mettersi sulla scia dei Santi è "dimostrazione dell'onnipotente presenza del Redentore" ( n. 37 ). Per questa esortazione del Papa mi sono chiesto se non fosse il caso di richiamare alla memoria dei miei parrocchiani, degli amici dell'Arciconfratemita e dei numerosi terziari francescani tante persone che, all'ombra del campanile di S. Tommaso, hanno scoperto Gesù-Eucaristia come "fonte e apice" della loro santità, guidati dall'esempio della Madonna e dei Santi. Ogni Santo riproduce una particolare sfaccettatura della figura poliedrica di Gesù. Ogni Santo, per qualche verso icona di Gesù Redentore, è un testimone credibile, che smuove dall'indifferenza ed invita ad assumersi le proprie responsabilità, derivanti dal Battesimo. È il motivo per cui, con semplicità e senza pretese letterarie, nella veridicità storica ( per quanto possibile ) e senza precedere il giudizio definitivo della Chiesa, ho pensato di offrire ai fedeli questo piccolo servizio pastorale, augurandomi che lo Spirito Santo muova l'intelligenza e la volontà dei lettori nella via del bene. Ferrero don Giuseppe La Chiesa di S. Tommaso in Torino ( ripercorrendo il passato ) Nel cuore di Torino, a poca distanza dalla Cattedrale di S. Giovanni, con l'annessa Cappella della Sindone, e dal Palazzo Reale, è situata la Chiesa parrocchiale di S. Tommaso. L'attuale chiesa è stata costruita su una precedente chiesa del 1100 circa, diroccata nel 1445. Su questa chiesa i Frati Minori nel 1584 ponevano la prima pietra per la costruzione di una nuova chiesa. Verrà consacrata l'8 maggio 1621. La storia ci ricorda che i Frati Minori, lasciati i confratelli "Conventuali" in S. Francesco, si erano trasferiti in S. Maria degli Angeli, situata negli attuali giardini reali. Lì, oltre alla chiesa, con i suoi 18 altari, era stato costruito un grande Convento, testimone, tra gli altri, della santità del B. Angelo da Chivasso. Appena terminato da 50 anni, questo Convento venne distrutto a causa della guerra tra Francesi e Spagnoli. A ricordo resta il "Bastione degli Angeli". I Frati Minori, dispersi con la distruzione del Convento, cercarono rifugio anche in S. Tommaso. Dopo una convenzione con il Can. Buschetti ( nel 1545 ), con pubblico strumento, il 18 agosto 1576, i Minori presero possesso della Parrocchia di S. Tommaso. Da allora iniziò un cammino, segnato da tanta santità. La chiesa, frequentata tra gli altri dalla Serva di Dio Lucia Bocchino ( di cui si dirà in seguito ), aveva una facciata rettilinea a tre porte e, con i suoi 11 altari, si prolungava fino ai limiti dell'attuale Via P. Micca. Vi si accedeva mediante un'ampia gradinata. Sulla porta centrale campeggiava un grande orologio, mentre sulle due porte laterali erano poste le due statue di S. Francesco e di S. Antonio, ora collocate sui fianchi. Alla fine del 1800 volendosi costruire "la diagonale", già era stato decretato che S. Tommaso fosse abbattuta ( come venne abbattuta la chiesa parrocchiale dei SS. Processo e Martiniano, posta all'incrocio dell'attuale Via P. Micca e Via S. Francesco ). Con il compromesso, proposto dal parroco P. Antonio Turbiglio e dell'influente Arch. Carlo Ceppi, la chiesa di S. Tommaso fu in parte salvata. Decurtata degli otto altari laterali ( con gli annessi sepolcreti ), la chiesa da croce latina divenne costruzione a croce greca. Il progetto della Salute di Venezia parve al Ceppi il modo migliore per salvaguardare le proporzioni della chiesa, salvata in extremis. Non può essere dimenticato il grande Convento annesso, che per molti anni fu "Provincia francescana". Ospitava oltre 100 frati, per cui ogni mattina in S. Tommaso venivano celebrate circa 80 Messe ... fino al momento della soppressione degli Ordini religiosi a causa delle note leggi eversive degli anni 1860-1870. S. Tommaso fu dunque un grande centro di spiritualità. Qui si formarono autentici campioni nella fede, mentre qua e là nella Torino liberale-massonica stavano crescendo altri Santi. I "Santi sociali": Cottolengo, don Bosco, Murialdo, E. Dominici, F. Albert, C. Marchisio, G. M. Boccardo, ecc. I "Santi missionari": Allamano, Francesca M. Rubatto, C. Caravario, ecc. I Santi dalla profonda spiritualità, che fece lievitare tutta la massa del popolo piemontese ... e non solo ...: G. Cafasso, Faà di Bruno, D. Savio, M. D. Mazzarello, ecc. Non a caso Torino è chiamata "Città dei Santi". Vero che qualcuno ha cercato di far credere che Torino è la "Città del diavolo", indicando anche il "triangolo diabolico". In realtà Torino è la Città del miracolo Eucaristico, è la Città della Madonna con i suoi bellissimi santuari: Consolata, Ausiliatrice, Gran Madre di Dio, N. Signora del Sacro Cuore ... ( e quanti altri! ... ), mentre dall'alto del Monte dei Cappuccini la grande statua in bronzo di Maria, circondata dalla cancellata, che a suo tempo fu a Lourdes, pare difendere la Città di Torino, quale vigile sentinella. Molti personaggi del secolo scorso, in particolare, attendono il riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa della loro santità. Alcuni di questi riposano in S. Tommaso: il Ven. Paolo Pio Perazzo, le Serve di Dio Lucia Bocchino Rajna, Giuseppina e Teresa Comoglio, il Servo di Dio Lepoldo Musso. Si santificarono, vivendo il carisma francescano. Oggi ancora parlano con la loro vita esemplare, innamorati di Gesù Cristo. Per cui, iniziando un nuovo millennio, pare utile proporre alcuni aspetti di queste belle figure, a chi intende seguire più da vicino Gesù Salvatore, come "nuova creatura". S. Tommaso Apostolo In un antico documento del 1115 l'abate di S. Solutore, certo Willelmus, fa donazione di un "sedime" di proprietà del monastero, posto "infra civitatem Taurini prope ecclesiam S. Thomae" ( ossia nei pressi della Chiesa di S. Tommaso ). Si tratta di una chiesa precedente l'attuale, caduta in rovina con il campanile e la casa canonica nel 1445. Così una testimonianza del 13.11.1447 di Michele da Rivarolo. La chiesa attuale ( nella parte antica ) è stata consacrata l'8 maggio 1621. Alla fine dell' 800 venne abbattuta fino alla cupola e ridisegnata nella forma attuale dall'illustre architetto Ceppi, come già scritto precedentemente. Il culto dunque verso l'apostolo Tommaso risale in Torino a tempi assai remoti. Tommaso con il suo stupore: "Signore mio e Dio mio" ( Gv 20,24 ) è l'uomo di sempre, che cerca i segni della presenza di Dio e che ha bisogno della sua parola per scoprire nella proposta di salvezza del Signore l'unica risposta esauriente ai suoi interrogativi esistenziali. Toccando il costato del Signore Risorto, Tommaso passa dal dato esperienziale terrestre alla fede. È stato un salto di qualità. Modello per l'uomo positivista di sempre ... Per cui S. Gregorio Magno non esita nell'affermare: "L'incredulità di Tommaso ha giovato a noi molto più, riguardo alla fede, che non la fede nella risurrezione degli altri Apostoli" ( Omelia 26 ). S. Tommaso è sempre stato amato forse perché l'uomo trova in lui rispecchiata la sua immagine. L'archeologia come l'iconografia cristiana si sono sbizzarrite nelle varie "Incredulità di S. Tommaso": dal Caravaggio al Guercino ed ai tanti pittori di minor calibro. La tradizione popolare lo ha seguito dopo la Pentecoste nei suoi viaggi apostolici in Media ( attuale Iran, tra il Mar Caspio, l'Armenia, la Mesopotamia e la Persia ) fino all'India attraverso la storica "Via della seta". Anche dopo il martirio, avvenuto ( secondo la tradizione ) a Mjlapour, in Coromandel ( attuale Madras ), i fedeli hanno seguito religiosamente lo spostarsi delle sue reliquie: da Edessa a Scio in Grecia, ad Ortona ( 6.9.1226 ), dove sono oggi custodite con tanta venerazione. Il 21.12.1983 fu eseguita una scrupolosa, scientifica ricognizione della salma. Emerse che S. Tommaso morì tra i 60-70 anni, era alto circa m. 1.60 e che soffriva di malattia di tipo reumatico, anchilosante alla spina dorsale. A di là di questi dati sommari, è stata per me avvincente una testimonianza. Parlando recentemente con un sacerdote indiano ( P. Thomas ... ), sono stato commosso quando mi sentii dire: "Nei nostri paesi siamo cristiani da 2000 anni. Ci ha evangelizzati S. Tommaso ...". I testi apocrifi: "Il Vangelo di Tommaso, gli Atti, l'Apocalisse di S. Tommaso" attestano il culto diffuso in Oriente, ma anche quale veicolo è stato per la diffusione del messaggio cristiano. S. Tommaso con la sua fede recuperata continua, come tutti i Santi, ad avere una carica d'attualità. Il martirio l'ha stabilizzato in una giovinezza perenne. Le Serve di Dio Teresa e Giuseppina Comoglio terziarie Francescane Le sorelle Teresa e Giuseppina Comoglio, terziarie francescane, furono anime elette, privilegiate di particolari o esperienze mistiche. Quasi due fiammelle, unite dallo stesso desiderio, per brillare più in alto. Camminarono infatti insieme nella via della santità dall'età della ragione fino al 2.6.1891, ... quando cioè Teresa, all'età di 47 anni, viene chiamata alla Casa del Padre. Scrivere quindi dell'una è leggere in filigrana la vita dell'altra. Teresa era nata il 27 giugno 1843 a Piobesi ( Tetti Cavalloni ) da Giuseppe Comoglio e Rosa Perello. I genitori furono grandi modelli per le figlie: entrambi devotissimi del SS. Sacramento e della Madonna. Il papà prestava la sua opera nelle varie ville come giardiniere, mentre accudiva un suo campicello a Pecetto Torinese. Era un uomo di fede e di tanta carità. Si dice che una domenica, trovandosi in regione Vanchiglia, vide Don Bosco attorniato da molti giovani vaganti. Offrì la chiave del suo giardino, perché potesse andarvi liberamente. Tra i due nacque così una grande amicizia. Rimasto vedovo con una bambina, Giuseppina ( morta all'età di cinque anni ), sposò in seconde nozze Rosa Perello. Una donna, che Virginio Gallo additò come modello di mamma in un libro intitolato: "Un modello delle donne cristiane" ( Tip. Salesiana, S. Benigno Canavese, 1894 ). Lo stesso Perazzo scriverà un libretto ( "La cristiana restaurazione della società - sotto la guida della Gran Madre di Dio" ) dove propone la famiglia Comoglio ( mamma Rosa in particolare ) come esempio delle famiglie. Giuseppina. Questa prese il nome della sorellina morta. Era nata a S. Vito, sulla collina torinese, il 17 marzo 1847. Di indole sensibile, aperta e intelligente. Nel frattempo papà Giuseppe trovò impiego come segretario di una manifattura, poco distante dal "Convitto Vedove-Nubili". Tale impiego gli permetteva di continuare piccoli lavori di giardinaggio, oltre alla coltivazione del campo di Pecetto. Si stabilì in Via Monte dei Cappuccini 27. Il 13 ottobre 1848, assalito da forte febbre e dopo aver subito due salassi, ritornava al Padre, lasciando Rosa con le due figlie. Rosa che in passato già aveva prestato la sua opera presso il "Convitto Vedove-Nubili" si trovò nella miseria. Singolare il fatto che un giorno non aveva i soldi per comperare il pane. Si fermò a pregare davanti alla Madonna del Pilone. Lì trovò tra i sassi 3 monete e 40 centesimi, con cui poté comperare il pane. Insegnerà alle figlie a portarsi spesso davanti a quel pilone, che diventerà punto di ritrovo per molti fedeli per la recita del Santo Rosario. Tanto che i Frati acconsentirono più tardi ad allargare la piazzetta antistante, vista l'affluenza dei devoti. Lì Teresa e Giuseppina si fermavano a pregare fino a tarda ora. Mamma Rosa condusse anche spesso le figlie alla Basilica del Corpus Domini, incentivando la loro devozione eucaristica. All'età di 14 anni Teresa ottenne di essere ammessa tra le Figlie di Maria della Parrocchia della Gran Madre di Dio in Torino. Qualche tempo dopo il parroco don Pajranis accolse nella Compagnia anche Giuseppina e, considerando la sua profonda pietà, la dispensò dall'anno di probandato. Da allora le due sorelle si alzarono alle quattro e trenta del mattino per il canto delle lodi e per partecipare alla S. Messa, prima di riprendere il lavoro. Erano infatti diventate eccellenti fioraie sotto la guida di una brava maestra del "Convitto Vedove-Nubili": in particolare Giuseppina possedeva un vero talento artistico. I suoi fiori di seta e di altri materiali ( anche in oro e in argento ) erano venduti in un noto negozio torinese: il negozio Zeano. Precedentemente le due sorelle avevano tentato l'apprendistato come modiste, ma dovettero presto lasciare per la salute cagionevole. Il lavoro di fioraie permetteva invece loro di attendere agli impegni casalinghi e ad opere di carità. La statuetta della Madonna In questo periodo le sorelle avevano acquistato in un negozio una statua della Madonna, raffigurante la Gran Madre di Dio. Le accompagnerà per tutta la vita ... Davanti a questa statua "miracolosa" si alterneranno in preghiera tanti devoti a recitare il Rosario, prima in casa Comoglio in Via Moncalieri, poi a S. Massimo e infine a S. Donato, per essere collocata su apposito altare nella Casa delle Figlie di Maria. Circa questa statua si interesserà addirittura certa stampa massonica ... poiché in Torino troppi parlavano di "statua miracolosa"... Le due sorelle l'avevano comperata per sistemarla in casa, in modo che i devoti della Madonna del Pilone potessero essere riparati dalle intemperie. Quella Madonna in casa Comoglio divenne in seguito un punto di riferimento spirituale per le tante grazie ottenute ... Un documento del 21 novembre 1899, sottoscritto dal curato di S. Donato don Griva e da Maria Fogliaro, procuratrice della Casa dell'Immacolata, completa la volontà testamentaria di Giuseppina che cioè: "altare e nicchia vengano trasportati alla sede dell'Adorazione Quotidiana, quando questa potrà avere una cappella, in cui esporre la Madonna alla pubblica venerazione. Prima di questo eventuale trasporto le Figlie di Maria della Casa dell'Immacolata hanno il semplice uso ...". Il quadro del Sacro Cuore E ancora, nel 1863, Teresa, con il consenso della mamma, aveva comperato sotto i portici di Piazza Vittorio Veneto una oleografia del S. Cuore. Questo quadro diventerà la scintilla, che infervorerà il cuore delle due sorelle a promuovere la riparazione al S. Cuore di Gesù, vittima di amore nell'Eucaristia. Diventerà per loro il "Divin Prigioniero". Terziarie francescane Le sorelle Comoglio, abitando ai piedi del Monte dei Cappuccini, sovente si recavano in quella chiesa, attraversando il bosco sottostante. Lungo questa straducola avvennero tanti episodi di sapore francescano ... Proprio nella chiesa dei Cappuccini il 14 novembre 1883 Teresa e Giuseppina facevano la vestizione del Terz'Ordine Francescano. Più tardi il 1° novembre 1886 le sorelle furono aggregate alla Fraternità di S. Tommaso, dov'era ministro il Ven. Paolo Pio Perazzo. Inquiline della casa canonica di San Massimo in Torino Morto papà Giuseppe, la famiglia Comoglio si era prima trasferita in Via Moncalieri 2, quindi in due fredde stanzette dietro la chiesa della Gran Madre, infine, per interessamento del gesuita P. Enrico Vasco, loro direttore spirituale nella casa parrocchiale di S. Massimo ( Via dei Mille 28, secondo piano ). Non era un'abitazione ideale, trattandosi di due stanzucce semibuie, ma avevano il grande vantaggio di comunicare con una piccola tribuna, prospiciente l'altare maggiore. Era quanto di meglio potevano sperare per la visita diurna e notturna, anche prolungata, al SS. Sacramento. In questo tempo si intensificò in loro la devozione al S. Cuore "sofferente" nel tabernacolo. Durante le lunghe veglie eucaristiche notturne, se si accorgevano che la lampada ad olio si spegneva in chiesa, accendevano una candela della tribuna e intensificavano la loro preghiera. Piccoli segni di un grande amore. In S. Massimo pensarono alla pratica del "Nove Uffici" in riparazione dei peccati contro il Cuore Eucaristico di Gesù, che in breve assunse larga diffusione. Per ben 15 volte, nel 1882, Teresa, andò con la mamma dall'Arcivescovo di Torino, Mons. Gastaldi, perché indicesse pratiche riparatorie al S. Cuore ardente di amore nell'Eucaristia e perché invitasse i parroci a tenere aperte le chiese durante il giorno. Non riuscì nell'intento. Ormai però il germe dell'Adorazione Quotidiana stava per germogliare. Addirittura le due sorelle ebbero il coraggio di scrivere al Papa Leone XIII, perché approvasse l'opera dell'Adorazione Quotidiana. Probabilmente in questa supplica al Papa non fu estraneo il Ven. Paolo Pio Perazzo, a giudicare dallo stile della lettera. Morte di Teresa Comoglio Nel 1891 Teresa si offerse vittima al Signore per l'Opera dell'Adorazione. Il Signore l'accolse. Da allora subentrarono nel suo corpo, alquanto gibboso, violente contrazioni, unite a molte e gravi pene morali. Fu costretta a letto, fin dal maggio 1891. Il pio e valido medico curante, il Dott. Bonelli, terziario francescano, dopo averla vegliata fino a tarda notte del primo giugno '91, era rincasato, trovando Teresa più tranquilla. Il mattino seguente aveva preso parte ai funerali dell'Arcivescovo di Torino, Card. Alimonda. Quando tornò, Teresa già era spirata. Aveva 47 anni. La sepoltura avvenne alle ore 7 del 4 giugno 1891, partendo da Via dei Mille 28. Grandissima la sofferenza di Giuseppina, pur nella cristiana rassegnazione. Grande folla prese parte alle esequie, poiché Teresa era considerata come santa. Di lei scrisse ampiamente Paolo Pio Perazzo, esaltando la sua devozione eucaristica, il suo amore per la Madonna e per le anime del Purgatorio, il suo spirito di mortificazione, la sua trasparenza interiore, la sua umiltà e semplicità francescana, il suo spirito di servizio per il prossimo e per i poveri in particolare. Nella sua semplicità disse un giorno Teresa: "Io prego come pregava Gelindo, quando seppe che era nato il Santo Bambino. Gli portò quel poco che aveva e si offerse di cuore al Bambino e a Maria SS. Egli non sapeva dir loro belle parole, ma desiderava che Essi gli dicessero quello che da lui volevano, perché avrebbe fatto tutto. Così quando io ho da pregare, dico al Signore e alla Madonna che mi ispirino quello che ho da dire, perché io non so nulla e poi dico quello che mi sento di dire". Perché vuota di sé, il Signore la dotò di particolari esperienze mistiche. Tanto che il Dott. Bonelli, acconsentendo al suo desiderio, la sera seguente al suo decesso, alle ore 22, estrasse il cuore di Teresa e lo portò al laboratorio Riberio, consegnandolo al flebotomo Ballario. Questi dopo averlo ben lavato, disse: "Ma in questo cuore c'è una ferita al ventricolo destro! ... si tratta forse? ...". Il silenzio attendeva come risposta: "... una pugnalata ...". Il responso necroscopico rilevò una ferita della larghezza di circa nove millimetri, databile dai sette ad otto anni di età di Teresa e portata fino alla morte. Il cuore, ora immerso nella formalina, giace in un loculo appositamente preparato nella Sacrestia di S. Tommaso. Ultimi anni di vita di Giuseppina Comoglio Morta Teresa, il parroco di S. Massimo il 28 luglio 1891, scaduta la locazione, licenziò Giuseppina dall'alloggio, intendendo sopprimere la tribuna, sovrastante l'altare maggiore e liberare la chiesa da tale servitù. Giuseppina ne fu molto dispiaciuta, non per l'alloggio in sé, che era bruttissimo, ma perché forse non ne avrebbe trovato altro così comodo per fare la visita a Gesù Sacramentato. Invece Paolo Pio Perazzo e Giovanni Caneparo ( più tardi sacramentino ) trovarono in S. Donato un alloggio, sotto tutti gli aspetti migliore di quello di S. Massimo. Gli operai Cattolici, con il consenso del parroco don Griva, cedettero la loro sede ( anche perchè ormai conoscevano per fama Giuseppina, mentre il loro presidente Giovanni Caneparo faceva pressione per concludere positivamente ). Così il giorno 8 ottobre 1891, con la sua Madonnina "miracolosa" ( collocata provvisoriamente sull'altare di S. Giuseppe in San Donato ), Giuseppina Comoglio entrava in San Donato, accolta con tanta gioia dalle Figlie di Maria. La nuova abitazione, attraversata una cappellina, si apriva sull'altare maggiore. Qui resterà per otto anni e di qui partirà per l'eternità. Subito fece profonda amicizia con una terziaria, Maria Fogliano, la quale acquistò il terreno ( con una piccola casetta ) per costruire la "Casa dell'Immacolata" destinata ad accogliere le Figlie di Maria. Giuseppina la incoraggiò, dicendole che la sorella Teresa aveva predetto la costruzione di una casa per le Figlie di Maria. Infatti il 24 marzo 1892 veniva abbattuta la casetta, mentre l'Arcivescovo di Torino, Mons. Davide Riccardi di Netro il 21 maggio poneva la prima pietra dell'erigenda casa delle Figlie di Maria. In questa nuova casa verrà a suo tempo collocata la statua della Madonna, che accompagnò le sorelle Comoglio nelle varie peregrinazioni e davanti a cui si prostrarono in preghiera tante persone. Il 21 dicembre 1892 avvenne un fatto increscioso: mentre la Madonna era provvisoriamente collocata all'altare di S. Giuseppe, sul mezzogiorno, un ladro spogliò la Madonnina di tutti gli oggetti in oro ed argento. Giuseppina ebbe molto rincrescimento, però proprio in quei giorni ebbe la gioia di sapere che il parroco di San Tommaso, P. Antonio Turbiglio, apriva la chiesa per tutta la giornata. Intanto dalla sua nuova abitazione Giuseppina faceva pressione su P. Candido Mondo e su P. Turbiglio, perché si potenziasse l'Opera di Adorazione Quotidiana. Da parte sua Paolo Pio Perazzo non faceva da meno. Appena insediatasi, il Curato di San Donato elesse Giuseppina superiora delle Figlie di Maria e della Congregazione del S. Cuore. Incominciò anche il Calvario di Giuseppina: critiche, calunnie, pettegolezzi giornalistici circa la statua della Madonnina ... il pagamento delle rate della casa in costruzione delle Figlie di Maria ... Giuseppina però non si arrese e continuò a diffondere l'Opera dell'Adorazione, a collaborare alle varie forme di apostolato parrocchiale, in particolare il catechismo ed il mondo del lavoro. Per queste intenzioni offriva al Signore le sue sofferenze, che andavano sempre più accentuandosi. Anche la Comunione però le diventava difficoltosa, poiché non poteva osservare il digiuno eucaristico. Solo più tardi le verrà concessa la dispensa per una volta alla settimana e poi per tre volte la settimana. Particolare testimone di tali sofferenze fisiche e morali fu il Dott. Francesco Bonelli ( che già aveva seguito la sorella Teresa ). Costui era uomo pio, studioso, attento osservatore dei fenomeni particolari manifestatisi nelle due sorelle ( si era anche specializzato nei fenomeni mistici e nello spiritismo ). Seguì da vicino Giuseppina, come già aveva seguito Teresa. Ci riferì di Teresa un fatto analogo a quello capitato alla Bernardetta: la sera del 25 febbraio 1891 mentre pregava in ginocchio con le mani appoggiate alla tavola, su cui ardeva una candela, fu rapita in estasi. Le mani si inclinarono al contatto della fiammella e vi rimasero parecchio tempo senza bruciarsi. Il Dott. Bonelli registrava accuratamente i dati così come si manifestavano durante le estasi e ne faceva ampie relazioni. Addirittura il Dott. Bonelli confidò a P. Pio Perazzo di aver chiesto di poter sperimentare in se stesso le sofferenze di Giuseppina. Gli fu concesso ... Non poté trattenersi dal gridare per il dolore. Più volte Giuseppina parve prossima alla fine ... e più volte, rivolgendosi al Signore o alla Madonna si sentiva miracolosamente guarita. Nella settimana santa del 1893, offertasi per l'ennesima volta vittima di riparazione eucaristica, versò sangue per tre ore, restando sfinita. Interrogata dal Dott. Bonelli, rispose che, avendo meditato sulla sete di Gesù in croce, gli aveva chiesto di morire per Lui. Le parve in quel momento di morire, intimamente unita al Signore, mentre il Dott. Bonelli costatava che le pulsazioni erano cessate. Solo ponendo un'immagine della Gran Madre di Dio sul cuore, cessarono le lancinanti trafitture al cuore. Fatti analoghi si ripeterono spesso. Il giorno di S. Chiara ad esempio del 1893 - ore 7 - entrò in estasi e si sentì il cuore come trafitto da uno stilo. Il dolore violento si ripeté per tre volte in quel giorno. Il giorno seguente si arrestò d'improvviso il cuore, mentre le mani divennero cianotiche. Pur nella sofferenza, Giuseppina si dimostrava serena e confortava chi a lei si rivolgeva, ma non cessava di raccomandare l'Adorazione Quotidiana e la S. Comunione. Un consulto medico del 1892, l'aveva dichiarata prossima alla morte. Sopravvisse invece altri 7 anni, sempre tormentata da mali intensissimi. Un giorno confidò che il Signore le aveva chiesto se preferiva morire nell'ottava del Corpus Domini o sopravvivere nella sofferenza per consolidare l'Adorazione Quotidiana ... L'inverno del 1899 fu una continua agonia. Dopo breve miglioramento, per sette mesi fu costretta a letto, senza un attimo di tregua, senza potersi nutrire, senza trovare nel letto una posizione di riposo, gomiti e ginocchia piagate, mentre ogni movimento le lancinava il cuore. Eppure non proferiva un lamento. Era contenta di essere vittima con Gesù, vittima d'amore. A chi si informava sullo stato della sua salute, rispondeva che tutto volgeva al termine. Ed era contenta, non per non soffrire oltre, ma per unirsi tutta a Dio nell'eternità. Pur tra le tante prove mistiche, non le mancarono aridità di spirito e tentazioni del demonio ... Il Dott. Carlo Dematteis veniva spesso a visitarla. Essendo un medico-chirurgo, ha lasciato relazioni precise circa l'andamento delle cose. Il 1° maggio chiese il Viatico. Il 2 maggio - ore 3 - spirava. Aveva 52 anni. Si fece la sepoltura il 5 maggio 1899, alle 7.45. La salma venne tumulata il giorno dopo verso le 19, dopo l'autopsia. Fu deposta nel sepolcro, dove già riposavano la mamma e la sorella Teresa. Vi resteranno fino al 25 gennaio 1930. I resti mortali delle due sorelle furono poi trasportati in loculo apposito nella chiesa di S. Tommaso il 30.1.1930. I medici Bonelli, Dematteis e Borgialli rilasciarono ampia documentazione necroscopica. Essi non esitarono a parlare di stimmate, invisibili, ma reali. Di queste sorelle scrissero ampiamente sul "Bollettino Eucaristico" il Dott. C. Dematteis, Virginio Gallo, il Dott. Bonelli e soprattutto il Ven. Paolo Pio Perazzo. Concludendo Il sepolcreto di S. Tommaso con la grande lapide marmorea, che racchiude le spoglie delle sorelle Comoglio, è alquanto nascosto, come umile fu la vita delle due sorelle. Eppure continua ad essere un grande richiamo a chi conosca, anche poco, la vita cristallina di queste due creature celestiali. Esse si consumarono, come candele, per ringraziare il Signore dell'incommensurabile dono dell'Eucaristia, per rendere tutti i battezzati consapevoli di tale inestimabile dono e invitare tutti a corrispondere con la Visita Quotidiana. Anche noi ringraziamo il Signore, perché, secondo il suo stile, continua a scegliere "i piccoli" per rivelare cose grandi "ai sapienti" di questo mondo. Teresa e Giuseppina Comoglio, "sempliciotte" agli occhi del mondo, furono privilegiate di doni sublimi, incomprensibili però a chi ha gli occhi annebbiati dalla materia, per portare un grande messaggio di amore. Compresero che il Paradiso non è in questo mondo. Preferirono soffrire accanto al Martire-Salvatore. Accettarono il crogiuolo della sofferenza per spogliarsi totalmente di sé e diventare docili strumenti per comunicare l'amore eucaristico. Le sorelle Comoglio continuano ad essere maestre di preghiera, soprattutto di preghiera di meditazione, di contemplazione e di unione con Dio, attraverso a Gesù sacerdote e vittima nell'Eucaristia. Ci richiamano alla onnipotenza della preghiera, magari mediata dalla presenza di Maria e dei Santi. Non era certo la statuetta "miracolosa", che le accompagnò per tutta la vita, a compiere i miracoli ( alcuni di genuino sapore francescano ). Le sorelle Comoglio divennero preghiera, perché corrisposero alla grazia del Signore di rivivere in se stesse il mistero dell'Incarnazione del Verbo di Dio ... fino all'annientamento eucaristico. In questa luce diventa comprensibile anche il mistero della sofferenza ( il grande scandalo per chi superbamente rifiuta Dio ). Le sorelle Comoglio diedero un "perché" alle sofferenze fisiche e morali. Così giorno dopo giorno salirono con Gesù l'erta del Calvario ... senza scandalizzarsi della sua sofferenza. Attraverso a strumenti poveri ed insignificanti, come le sorelle Comoglio, il Signore ricorda all'umanità moderna, chiusa nella sua autosufficienza, edonistica al parossismo ed alla nausea, che la vita non è circoscritta al basso orizzonte dell'oggi. Ricorda anzi che la stessa sofferenza è un valore ( e per questo comporta un suo prezzo! ... ) se non è finalizzata a se stessa, ma se diventa riscatto liberatorio. Non a caso Gesù 2000 anni fa scelse la via della sofferenza per la salvezza dell'umanità. Ancora oggi fa a certe anime più generose la proposta della "via crucis" come "via lucis". Con l'annichilimento eucaristico ci ricorda che se Lui è il grande ed unico Salvatore ( con lettera maiuscola ) si degna associare a Sé altri ( noi tutti! ... ) a diventare con Lui salvatori ( con lettera minuscola ). In ogni caso però ... sempre "salvatori". Come già scritto, i resti delle sorelle Comoglio giacciono ora nella chiesa parrocchiale di S. Tommaso, in attesa della resurrezione finale ... e prima ancora, ce lo auguriamo di cuore, del riconoscimento ufficiale dal parte della Chiesa circa le virtù, praticate in modo eroico durante la vita. La pratica delle virtù cristiane ed il fervore eucaristico, che le ha contraddistinte, saranno certamente un valido esempio per tutti i cristiani. Venerabile Paolo Pio Perazzo "il Ferroviere santo" 1846-1911 "Tu ci lasci nel più acerbo dolore. Ma verrà un giorno che i nostri nipoti ti accoglieranno lieti. Tu ritornerai trionfalmente da Santo a Torino" - così, quasi profeticamente, gli aveva rivolto il discorso il burbero amico Giovanni Caneparo, prima che la bara di Paolo Pio Perazzo lasciasse Porta Nuova per Nizza Monferrato. Le spoglie del "ferroviere santo" sono ritornate a Torino il 19 marzo 1953, portate trionfalmente dalla stazione di Porta Nuova attraverso Via Roma, alla chiesa parrocchiale di S. Tommaso, dove riposano, meta di molti pellegrini. Infanzia Paolo Pio Perazzo era nato a Nizza Monferrato il 5 luglio 1846. Fu battezzato il giorno seguente nella parrocchia di S. Siro in Nizza. Fu chiamato Paolo in ricordo del nonno materno ( Paolo Massuero ) e Pio in onore di Pio IX appena eletto Papa. Nel 1856 partecipò alla Messa di Prima Comunione, preparato dalla stessa mamma e il 6 ottobre 1857 ricevette il dono dello Spirito Santo nella Cresima. Ebbe come guide particolari la mamma e lo zio don Carlo, professore di ginnasio. Paolino seguì lo zio nei vari trasferimenti di cattedra: Moncalvo, Villafranca Piemonte e Pinerolo. In famiglia, per il suo senso di responsabilità, lo chiamarono fin da bambino "l'omino". Addetto alla stazione ferroviaria di Pinerolo A Pinerolo si decide il destino della vita di Paolo Pio. Sotto la guida dello zio don Carlo frequenta la quinta ginnasiale. La salute è malferma. Lo zio lo consiglia di lasciare gli studi, appena ottenuto il diploma della scuola ginnasiale. Sia pure con tanto rammarico, accetta il consiglio, anche per fare fronte a nuove necessità economiche di famiglia. Continuerà a studiare varie materie per proprio conto. Intanto, resosi vacante un posto nella stazione ferroviaria di Pinerolo, Paolo Pio vi entra come volontario. Dopo un anno di volontariato viene assunto come bigliettario di IV classe ( 1862 ). Successivamente avanzerà come bigliettario di II classe ( 1865 ). Occorre però comprendere cosa voleva dire per Paolo Pio esercitare la funzione di bigliettario. Si trattava di gestire la biglietteria, la segreteria del capostazione, i bilanci di consumo, i riassunti degli introiti delle stazioni di linea, oltre il conteggio della cassa generale. Anzi spesso durante le numerose e protratte assenze del capo-stazione, fungeva egli stesso da capostazione. Tutto ciò senza qualifica né compenso equivalente. Aveva solo 16 anni, quando entrò in ferrovia. Però già allora si distinse tra i coetanei. Trasferimento a Torino Porta Nuova Si può affermare che le ferrovie italiane nacquero con Paolo Pio Perazzo. Il Regno Sardo era collegato da poche migliaia di chilometri. Per di più il funzionamento e l'amministrazione erano in stato pietoso. Per questo motivo Paolo Pio passò dall'amministrazione statale alla Società Alta Italia, quindi alla Società Mediterranea e infine alle Ferrovie dello Stato. Di privata iniziativa Paolo Pio progettò un piano per un migliore funzionamento delle stazioni. Questo studio giunse tra le mani di qualche funzionario, che apprezzò altamente il progettista e lo chiamò a Torino come collaboratore più diretto. Paolo Pio resterà a Porta Nuova per 41 anni. Darà sempre il meglio di se come lavoratore e come testimone della fede. A Porta Nuova trovò il suo altare ed il campo del suo martirio. Lo sottolinea il "decreto sulle virtù". La persecuzione venne soprattutto da parte della Massoneria, cui peraltro si opponeva con volto franco. Avrà come risultato il pre-licenziamento, con due giorni e mezzo di preavviso ... nonostante non avesse ancora raggiunto il limite di età pensionabile. Non valse neppure il ricorso al Consiglio di Stato ... Qualcuno ha ipotizzato: la sua carriera, se fosse stata svolta in modo normale, egli avrebbe raggiunto la qualifica di Capodivisione o, nella peggiore delle ipotesi, di Ispettore Capo. Rimase invece per tutta la vita il semplice Capoufficio senza avanzamento di categoria e con minima variazione di stipendio. Secondo i Dirigenti massoni, non era il caso di aumentare lo stipendio al Perazzo, poiché i maggiori introiti sarebbero finiti nell'Obolo di S. Pietro ... La motivazione per il mancato aumento di stipendio era, ai loro occhi ..., più che legittima ... Pio Perazzo - uomo del dovere Il Ven. Paolo Pio Perazzo ebbe un concetto sacro del contratto di lavoro. Era vivissimo in Lui il senso della giustizia, per cui, come era intransigente con se stesso, altrettanto, come capoufficio, non tollerava che si contravvenisse al dovere. Ogni giorno maneggiava un centinaio di lettere, eppure non si permetteva un foglio di carta per uso personale. Nel suo ufficio teneva sulla scrivania un quadretto del Sacro Cuore di Gesù. Non voleva essere una sfida, ma una ricarica personale contro ogni stanchezza. Il lavoro di Pio Perazzo non era semplice, poiché mancavano i Regolamenti. Le tre gestioni, presso cui Paolo Pio diede la sua opera, furono sempre in un caos spaventoso. Paolo Pio cercò di dare il suo apporto per portarvi un rimedio, senza badare a straordinari e a festività, senza pretendere un compenso economico relativo. Più tardi Paolo Pio Perazzo, ormai pensionato coatto, lamenterà questo lavoro straordinario, non per vendetta esasperata, ma perché in questo modo aveva preterintenzionalmente, danneggiato la giustizia sociale verso gli operai. Resta pur vero che molti Regolamenti, stilati da Paolo Pio Perazzo, ebbero incidenza determinante nel futuro delle ferrovie. Alle difficoltà tecniche si aggiunsero le difficoltà di ordine morale: la persecuzione laico-massonica. Paolo Pio non nascondeva il suo amore per il Papa e per la sua Fede. Subì l'umiliazione di vedere salire ai gradini superiori giovani, che lui stesso aveva introdotto nel mondo del lavoro ... si erano adattati alle arrampicate massoniche ... Però ad onore del vero, Paolo Pio ebbe a mietere anche tanta solidarietà da parte di persone da lui beneficate, soprattutto nell'ambiente del lavoro. Eppure Paolo Pio non fu mai un "rasségnato". Non lo era affatto quando ne andava di mezzo la giustizia. Non esitò a portarsi a Rivarolo in mezzo agli operai in sciopero, come non esitava a difendere i diritti dei terzi contro le stesse ferrovie: "Quando si difende il diritto di chi ha pagato, non si danneggiano le ferrovie e si difende la giustizia". Questo era il suo principio. Azione sociale di Paolo Pio Perazzo Pio Perazzo non si esaurì a Porta Nuova. Appena giunto a Torino, diede la sua adesione al "Circolo Giovanile Sebastiano Valfré". Era una accolta della migliore gioventù torinese. Vasta l'attività svolta dal Circolo: biblioteca circolante, pellegrinaggi, oratori, catechismo, Buona Stampa, Obolo di s. Pietro, recite ed accademie ... Qualcuno dei membri definì Paolo Pio "un vulcano di voleri e di proposte". Ebbe modo di interessarsi dei poveri ( attraverso alle Conferenze di S. Vincenzo ) e degli Operai Cattolici. Anima di tanta attività era la preghiera, la meditazione della Parola di Dio, l'Adorazione al SS. Sacramento in S. Secondo, in S. Tommaso, a S. Maria di Piazza. Vivissima poi era in Lui la devozione alla Madonna, sotto i titoli di "Gran Madre di Dio, la Consolata, Nostra Signora del Sacro Cuore". Il segreto del suo impegno sociale stava nella preghiera. Lo statista, convertito, Donoso Cortes ebbe ad affermare: "Il mondo va male, perché vi sono più battaglie che non preghiere". Paolo Pio Perazzo divenne preghiera vivente: "Prima Dio, poi la nostra anima e poi tutto il resto ...". Era il suo principio. Paolo Pio Perazzo fu ben convinto dell'importanza della "buona stampa". Per questo diede tutta la sua collaborazione a S. Leonardo Murialdo per la fondazione del settimanale torinese "La Voce dell'Operaio". Il giornale era il mezzo più efficace per lanciare messaggi e per far sentire la voce della Chiesa, in particolare i principi della "Rerum Novarum". L'argomento della "buona stampa" meriterebbe una più approfondita sottolineatura. Se è vero quanto affermava il Tommaseo che "anche nella virgola c'entra l'arte", per Paolo Pio Perazzo la parola stampata non ha una funzione artistica, è piuttosto il mezzo per giungere a colloquiare con tantissime anime. Pensa alle Biblioteche circolanti e ad un bollettino mensile: "Biblioteca Circolante Cattolica Torinese". Era un modo per far conoscere le iniziative cattoliche circa la cultura cattolica ( libri, giornali, conferenze, cronaca religiosa, punti di incontro culturale e di preghiera ... ). Questo bollettino ( pubblicato il 1° e 3° sabato del mese ) divenne: "L'indicatore cattolico" e nel 1885 fu chiamato: "Crociata". Sentì il bisogno di concentrare gli sforzi degli scrittori cattolici, per cui promosse una "Lega Mondiale degli Scrittori Cattolici", suddividendo gli aderenti in tre categorie: scienze, lettere ed arti, giornalismo. In questo progetto, quanto mai coraggioso, è facile comprendere la capacità organizzativa di Paolo Pio, oltre al suo zelo apostolico. Non si possono contare gli scritti di Pio Perazzo, molti dei quali furono pubblicati anonimi. La maggior parte degli articoli del "Bollettino Eucaristico" uscirono dal cuore del nostro Venerabile. Oltre al campo della formazione interiore, meriterebbe particolare attenzione l'impegno caritativo nella "San Vincenzo", tra i colleghi di lavoro, nelle varie situazioni della vita quotidiana. Per non evadere l'intento di questo scritto, basti il semplice accenno. Paolo Pio Perazzo, terziario francescano Paolo Pio Perazzo, avendo compreso che doveva imitare Gesù, se voleva essere veramente cristiano, non trovò altro modello migliore che San Francesco. Così il 19 marzo 1875 emise il suo impegno come terziario nelle mani del parroco P. Candido Mondo. Non fu una formalità, ma un vero impegno di vita. Lo compresero i confratelli, per cui lo vollero loro Ministro. Occorre ricordare che la Fraternità di San Tommaso era la più consolidata e la più organizzata di Torino, potendo disporre di molti Padri francescani. S. Tommaso infatti fu per molti anni sede provincializia. Se al Terz'Ordine francescano appartennero personaggi illustrissimi ( Dante, Petrarca, Tasso, Pellico, Ozanam, musicisti, pittori, scienziati, esploratori, 15 Papi, Cardinali e Vescovi, circa 730 tra Santi e Beati, Imperatori e Principi, ecc. ), la Fraternità di San Tommaso poteva vantare confratelli della statura di Don Bosco, Marianna Nasi ( Ministra della Fraternità e poi cofondatrice con S. G.B. Cottolengo delle Suore Cottolenghine ), S. Leonardo Murialdo, le Serve di Dio Lucia Bocchino Rajna, le sorelle Comoglio, ecc. Paolo Pio Perazzo visse appieno lo spirito francescano: povertà assoluta, semplicità, trasparenza interiore adamantina, umiltà senza pari, abbandono totale in Dio ... Cose tutte, che cercò di inculcare ai confratelli con pazienza e disponibilità senza soste. Era troppo convinto della bontà del sistema. Sacrificava tempo, denaro e anche la salute per promuoverlo in molte parrocchie di Torino, del Piemonte, dell'Italia ... e oltre .... Il "pace e bene" fu per lui gioia di un ideale, grandezza di amore, bene nello spirito di povertà, carità verso i fratelli, devozione all'autorità della Chiesa ed al Papa in primo luogo: "Parola del Papa ... parola di Dio, sulla quale non si discute ... Circa il suo amore per il Papa, forse è bene sostare per qualche istante. Paolo Pio Perazzo e l'amore per il Papa Il periodo storico della vita di Paolo Pio Perazzo fu contrassegnato da grandi tensioni. Senza soffermarci più di tanto in un'indagine storica, Paolo Pio, come cattolico, imitatore di Francesco, a viso aperto, si schierò per il papa, proprio per chi rappresenta. Un'affermazione di Paolo Pio rivela l'anima del suo amore per il Papa: "Non guardiamo al Papa-uomo, ma al Papa-Cristo ... Non c'è Papa senza Gesù Cristo" "Se tutti oppugnassero la Religione, io sempre crederò e lavorerò per essa, purché io sappia di essere con il Papa". Lo dimostrò con i fatti. Infatti, quando la Massoneria impedì che si collocasse il busto di Pio IX sulla facciata della Chiesa di S. Secondo, egli sempre così mite, si dichiarò pronto a venire alle vie di fatto per l'oltraggio fatto al Pontefice. Diceva: "Parola del Papa, parola di Dio, sulla quale non si discute ...". Perciò lamentava la disubbidienza di troppi cattolici: "Tutti vogliono comandare, dirigere, vedere più in là di lui e quasi imporgli le proprie idee ... Ma chi è più competente del Papa, illuminato e diretto dallo Spirito Santo, nelle cose di Religione? ...". È spiegabile allora l'impegno per l'Obolo di San Pietro: era il doveroso contributo dei figli verso la carità del padre comune. Il suo nome compariva tra i maggiori offerenti negli elenchi ufficiali, pubblicati ogni anno. Questo suo zelo non poteva sfuggire ai settari e in effetti divenne una motivazione per non aumentare il suo stipendio, con il passare degli anni ... Il "papalino Paolo Pio Perazzo" avrebbe devoluto l'aumento di stipendio al Papa. Fu devotissimo a Pio IX, a Leone XIII ed a S. Pio X. Ebbe addirittura con loro una certa familiarità. Ad esempio quando la mamma di Paolo Pio si trovò in pericolo di morte, telegrafò al Papa Leone XIII ( 27 maggio 1894 ), informandolo sulla gravità del caso. Questi immediatamente rispose, tramite il Segretario di Stato: "S. Padre compatendola nella sua sventura benedice di cuore sua madre inferma e prega per guarigione". La mamma sopravvisse fino al 24 marzo 1895. Paolo Pio amava necessariamente il Papa, perché era francescano nel profondo del cuore. Paolo Pio Perazzo "serafino eucaristico" Il "Decreto delle virtù" così si esprime: "Rapito di amore per l'Eucaristia, che sempre fu il centro e fonte dell'ardente sua vita interiore, il Servo di Dio, accogliendo il desiderio delle sorelle Teresa e Giuseppina Comoglio, diede vita ad una nuova Associazione, denominata 'Adorazione Quotidiana Universale Perpetua', così da aprire a tutti la fonte del vero spirito cristiano". Paolo Pio Perazzo ebbe in effetti un particolare amore verso Gesù, presente nel Sacramento Eucaristico. Dopo l'incontro con le sorelle Comoglio nella parrocchia di S. Massimo, vide Gesù come il "Divin Prigioniero" del tabernacolo. In un articolo del 1° agosto 1890 lanciò sul giornale cattolico "La Crociata" l'invito alla riparazione al Cuore Eucaristico di Gesù. Programmando l'Opera dell'Adorazione, Paolo Pio Perazzo, intese due intenzioni ( contemplate nel primo articolo dello Statuto ): "risarcire Cristo delle offese, di cui è fatto segno e placare la divina giustizia". La prima intenzione è legata a S. Margherita M. Alacoque ed alla devozione al S. Cuore: "Consolare il Cuore di Gesù". I teologi possono discutere sull'ortodossia di tale espressione. L'adoratore, con la grazia dello Spirito Santo, può comprendere che la sua vita può immergersi in Cristo, tanto da poter immedesimarsi in Gesù e vivere con Lui ogni momento della sua vita storica. Si innesca così nell'orante un processo irresistibile di santificazione e di sintonia piena con i sentimenti di Gesù, oltre i limiti del tempo e dello spazio. La seconda intenzione: "placare la divina giustizia". Paolo Pio Perazzo parla spesso della necessità di allontanare i castighi, che sovrastano l'umanità. Vero che i teologi sospettano che sia presuntuoso da parte dell'uomo presentarsi a Dio come mediatore ( infatti l'unico mediatore è Gesù ), come pure sembra riduttivo considerare la sofferenza e la croce come conseguenza dell'ira di Dio. Però Paolo Pio Perazzo, collegando l'intenzione riparatrice al culto eucaristico, afferma che la salvezza dell'uomo è tutta e solo riposta in Gesù e nel sacrificio della Croce. D'altra parte la riparazione è legata alla visione di Dio misericordioso, sempre pronto al perdono. Senza questa prospettiva ogni tentativo di "placare la giustizia divina" non avrebbe senso. Paolo Pio Perazzo fece sua la dicitura, coniata dalle sorelle Comoglio, "divin prigioniero" e quindi "l'attesa ansiosa di essere visitato nel carcere volontario del Tabernacolo". Paolo Pio Perazzo vuole evitare una devozione eucaristica fredda, priva di ogni sentimento del cuore. Specialmente nel Bollettino Eucaristico avrà modo di manifestare questi sentimenti interiori. Dall'esuberanza del suo amore per Gesù Eucaristia nascerà l'Associazione dei Paggi del Ss. Sacramento. Ma c'è di più ... Solo il suo illimitato amore per l'Eucaristia poteva permettergli di scrivere gli "Umili appunti e pensieri per un'Enciclica sulla SS. Eucaristia". Lo scritto, naturalmente inedito, giungerà sul tavolo di Leone XIII, tramite il Card. Rampolla. Lo stesso Cardinale attestò in seguito che il Papa li usò nella compilazione dell'Enciclica "Mirae caritatis", sintesi magistrale del mistero eucaristico come sacrificio, come sacramento e come presenza reale, secondo lo schema tridentino. Leggendo infatti i due scritti, è possibile reperire punti di convergenza. In occasione dei Congressi Eucaristici ( es. Anversa, Napoli, Torino -1815, Orvieto, Bruxelles, Londra, Roma, Colonia, Madrid, ecc. ) Pio Perazzo faceva in modo di far giungere la voce del caro sodalizio dell'Adorazione Quotidiana. Ad un amico, che bonariamente gli diceva: "Quando cesserai di tormentare tutti con la tua Adorazione Quotidiana?". Rispondeva: "Per il Signore e per le anime non è mai troppo". Tappe del cammino dell'Arciconfraternita dell'Adorazione La zelante terziaria francescana Teresa Pacchiotti nel 1989 scriveva su "Presenza francescana": "Tutte le prerogative di Paolo Pio Perazzo sono ravvivate dall'intensa vita eucaristica, come dalla luce sono suscitati e ravvivati i colori dei fiori e delle foglie. L'Arciconfraternita è frutto maturato lentamente da questa sua vita e certo fecondato dal sacrificio della stessa, che viene stroncata in modo imprevedibile, quasi una immolazione, alcune ore dopo che a Roma è stato firmato il decreto di approvazione della 'sua' Opera". Può giovare il ricordare le tappe più significative dell'Arciconfraternita: Le sorelle Teresa e Giuseppina Comoglio già dal 1870, attratte da particolare devozione all'Eucaristia, cercano di diffondere tra il popolo cristiano il pensiero che Gesù nel tabernacolo è come un prigioniero di amore: occorre riparare e "placare" la giustizia divina. Nel 1890 Paolo Pio Perazzo si incontra con le due sorelle. Si convince che l'Operà dell'Adorazione è nata per ispirazione divina. Mette allora a disposizione della stessa tutte le sue energie. Tramite il Vicario Generale della Curia torinese, Mons. Revetti, ottiene il benestare, seguito quasi subito dall'approvazione di Leone XIII, il quale alla denominazione propostagli ( Adorazione Quotidiana Universale ), aggiunge "Perpetua". Nel 1891 il Card. Gaetano Alimonda, Arcivescovo di Torino, benedice l'Opera, nominando presidente lo stesso Paolo Pio Perazzo. Il nuovo Arcivescovo di Torino, Mons. Davide Riccardi approva il nuovo Statuto, stilato dallo stesso Perazzo, nominando il parroco di S. Tommaso, P. Bonaventura Enrietti, direttore dell'Opera e stabilendo la parrocchia di San Tommaso sede primaria dell'Arciconfraternita. A questo punto Paolo Pio Perazzo inizia una metodica campagna di sensibilizzazione presso il Clero torinese e piemontese. Fu sorprendente la diffusione dell'Opera. Il 21 agosto 1894 Leone XIII eleva l'Opera alla dignità di Arciconfraternita con possibilità di aggregazione di membri in tutta Italia. Ormai lo zelo di Paolo Pio Perazzo è inimmaginabile: lettere, circolari, colloqui a singoli sacerdoti, a Vescovi ed Istituti religiosi, ottenendo numerose ed entusiastiche adesioni. Il 15 maggio 1905 il Santo Padre Pio X autorizza la Primaria di Torino ad aggregare Diocesi straniere, previo ricorso alla Santa Sede ( clausola abolita nel 1909 ). Restava da ottenere dalla Santa Sede l'approvazione definitiva dello Statuto di un'opera divenuta ormai internazionale. Il Ven. Paolo Pio Perazzo, recatosi a Roma il 28 ottobre 1911, fu ricevuto in udienza dal Papa Pio X, ottenendo l'assicurazione dell'approvazione. Non ebbe la gioia di vedere il coronamento delle sue aspirazioni, poiché la morte lo colse il 22 novembre 1911. L'Opera dell'Adorazione continua oggi ancora e cerca di diffondere lo spirito del Perazzo; il colloquio quotidiano con Gesù Eucaristico, in qualsiasi chiesa, in qualsiasi modo, per qualsiasi tempo, secondo le proprie possibilità. Diceva Paolo Pio Perazzo: "Al limite è sufficiente anche una visita brevissima, consistente nella recita di una giaculatoria". In caso di impossibilità fisica è sufficiente portarsi spiritualmente davanti al tabernacolo ... È possibile iscriversi ( gratuitamente ) all'Arciconfraternita, guidata dalla zelante Presidente Maria Teresa Berardo. I membri sono tenuti legati da un Bollettino trimestrale ( inviato pure gratuitamente ). Nel citato articolo la Dott. Pacchiotti scriveva: "Forse il francescano secolare Paolo Pio Perazzo avrà inteso l'invito del suo Signore 'Va e ripara il mondo che va in sfacelo', invito inteso tanti secoli prima dal Padre San Francesco: 'va e ripara la mia casa'. Per questo Egli si è dedicato con tutte le energie a quest'opera, che supera di gran lunga tutto ciò che ha fatto - e non è poco - di impegni sociali ... Forse noi non possiamo fare molto per collaborare al sorgere di un mondo più vivibile, più giusto, più in pace. Possiamo presentarci fiduciosi a Gesù e dirgli: 'Ho solo pochi pani e pochi peschi, ma li metto nelle tue mani, perché, come quella volta a Betsaida, Tu li benedica, li moltiplichi e sazi questa umanità, che rischia di venir meno lungo il cammino'. Questa è l'adorazione che Ti offro, atto di riparazione verso di Te e preghiera che Tu ripari il nostro mondo". Paolo Pio Perazzo e la Madonna "Maria Madre di Dio è come un sacramento, per cui Gesù Cristo si dà continuamente a noi da venti secoli. Chi non ha Maria per Madre, non potrà avere Gesù per fratello e Dio per padre". È una equivalenza molto semplice, ma anche molto concreta, su cui poggia tutta la devozione mariana di Paolo Pio Perazzo. Il giorno dell'Immacolata era diventato giorno festivo da quando Pio IX ( 8.12.1854 ) aveva proclamato il dogma dell'immacolato concepimento di Maria. La solenne proclamazione aveva determinato un forte impulso di devozione mariana. Paolo Pio aveva allora 12 anni. Non era ancora così maturo, era però in grado di percepirne i benefici influssi. Vennero poi le apparizioni de "La Salette" e di Lourdes. Certamente Paolo Pio ne fu influenzato. Infatti più tardi diventerà anima di pellegrinaggi a questi ed altri Santuari mariani ( Oropa, Pompei, Loreto, ecc. ). Personalmente ogni sabato faceva un piccolo pellegrinaggio al Santuario della Consolata, dove tra l'altro aveva modo di incontrarsi con ottimi sacerdoti, in primo luogo con il Beato G. Allamano. Sarà l'Allamano, che alla sepoltura del Perazzo raccomanderà ai familiari di raccogliere tutti i suoi scritti, perché sarebbero serviti per la causa di beatificazione. Amava invocare la Madonna come Madre di Dio. Così forse amava invocarLa con le sorelle Comoglio. Era stata mamma Rosa Perello Comoglio ad insegnare alle figlie la giaculatoria: "Maria, Vergine prima del Natale, nel Natale e dopo il Natale, liberateci da ogni male". Paolo Pio aveva interessato un Cardinale a Roma per elevare la festa della Maternità di Maria al grado di festa solenne. Il voto si è avverato dopo il Vaticano II. Per divulgare la devozione mariana scrisse due libretti: "La cristiana ristaurazione della società sotto la guida della Gran Madre di Dio" e "La Gran Madre di Dio Maria SS.. regina dell'universo". Partecipò attivamente a vari Congressi Mariani. Anzi, dopo il Congresso Eucaristico di Torino del 1895, fece la proposta all'Arcivescovo di Torino di indire un Congresso Mariano. Fu tenuto in Torino nel settembre 1898. Simpatico l'episodio capitato al nostro Venerabile durante il grande avvenimento, che fu il pellegrinaggio a Lourdes. Il treno era giunto a Tarbe con moltissimo ritardo. Qui era stata programmata una tappa. Per cui i pellegrini erano discesi dal treno. Anche Paolo Pio in compagnia di un amico sacerdote era disceso tranquillamente. In una trattoria avevano comandato qualcosa di caldo e avevano pagato. Ecco però dopo pochi istanti il segnale della partenza del treno. Fu un accorrere generale sul treno. Paolo Pio dovette rinunciare a quanto già aveva pagato. Ci scherzerà sopra, dicendo: "Non abbiamo mangiato, ma in compenso abbiamo pagato". Terminato il pellegrinaggio, Paolo Pio non aveva parole per raccontare a tutti le meraviglie di Lourdes ... Si fece promotore di un altro Congresso Mariano nel 1904, in occasione del Centenario della Consolata. Fu indetto nel 1905. Paolo Pio intervenne con moltissime proposte. Devoto della Madonna per tutta la vita, sul letto di morte concludeva: "Vado in Paradiso a vedere e godere per sempre la nostra cara madre Maria". Per lui Maria fu veramente la via più breve per giungere a Gesù, come insegnava San Giovanni Grignion de Montfort. Quando nell'Albo dei Santi ... ? Il 6 aprile 1998 il Santo Padre ha chiuso il processo di beatificazione, iniziato nel 1925. La sua vita di laico animato dalla fede può essere veramente proposta all'imitazione di tutti i cristiani. Di animo trasparente ( si confessava anche due volte la settimana ), ha cercato di imitare Gesù povero, umile, casto. Si è costantemente nutrito di Eucaristia ... tanto da poter ripetere con S. Paolo: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me". La via percorsa da Pio Perazzo, come quella di Gesù, fu cosparsa di croce e di sofferenza. Con il suo esempio continua a ripeterci: "Lavoriamo, lavoriamo incessantemente per il Signore e a suo tempo avremo il frutto del nostro lavoro ... Lavoriamo con coraggio, perseveranza e fiducia nel Signore, e saremo consolati ...". Dal Paradiso intercede per noi, poveri pellegrini affannati ... Lo desideriamo presto agli onori degli altari, additato come modello a tutti i fedeli dall'autorità suprema della Chiesa. Attendiamo un miracolo ... E per questo deve essere invocato. Chi ricevesse grazie particolari, è pregato di notificarlo all' Arciconfraternita Adorazione Quotidiana - Via Monte di Pietà 11, 10121 Torino, tel. 011.544667. Fra Leopoldo Musso Nel secolo scorso operarono in S. Tommaso tre personaggi di particolare rilievo, sia pure a titolo diverso: il Ven. Paolo Pio Perazzo con l'istituzione dell'Opera dell'Adorazione Quotidiana, il parroco Padre Antonio Turbiglio con la diffusione in Torino della devozione a Nostra Signora del S. Cuore, l'umile cuoco del Convento di S. Tommaso, Fra Leopoldo Maria Musso, che mentre diffondeva la devozione alle cinque Piaghe, diventava il grande animatore della Casa di Carità Arti e Mestieri. Fu il Ven. Fratel Teodoreto a mettere in atto il comando imperioso, raccolto da Fra Leopoldo in un colloquio interiore con il Crocifisso: "Voglio che si creino Case di Carità ...". I confratelli dell'Unione del Crocifisso con zelo ammirevole hanno portato avanti fino ad oggi e continuano in scala crescente a diffondere il meraviglioso progetto, in collaborazione con i Fratelli delle Scuole Cristiane. Torino, Grugliasco, Susa, Ivrea, Ovada, Novi Ligure, Giaveno, Bassano del Grappa, Olzai ( per limitarsi all'Italia ) sono città che beneficiano dell'opera preziosa, nata nel piccolo Santuario di Nostra Signora del Sacro Cuore in S. Tommaso. In questo Santuario, quasi a continuare la sua incessante preghiera, riposano le spoglie mortali del Servo di Dio Fra Leopoldo. Su questa tomba ogni anno nell'anniversario della morte viene in pellegrinaggio una folta rappresentanza di alunni delle Case di Carità a dire il ringraziamento a Fra Leopoldo per aver accolto il comando del Crocifisso. Fratel Leopoldo Musso - Infanzia Era nato il 30 gennaio 1850 a Terruggia nel Monferrato, diocesi di Casale. I genitori Giuseppe Musso e Maria Cavallone, persone di profonda fede, temendo per la vita del loro piccolo, vollero che la levatrice stessa al momento della nascita del bambino amministrasse il battesimo. Fu chiamato Luigi. Superato il pericolo, Luigi crebbe robusto e sereno nel piccolo borgo rurale. Frequentò a Terruggia la terza elementare. A sette anni ricevette il sacramento della Confermazione. Deve averlo ricevuto con una certa maturità se, proprio in quegli anni, in un brutto incontro con un malvagio, preferì gli schiaffi al macchiare la propria innocenza. Ultimato il terzo anno delle elementari, Luigi fu collocato dal papà presso il medico di Terruggia. Vi rimase fino ai 18 anni, quando dovette cercare un posto più lucroso. Cuoco a Vercelli Fu un riccone di Vercelli ad offrirgli lavoro, ma ben presto Luigi si accorse di essere capitato nella tana di un lupo ... Non esitò a lasciarlo. La Provvidenza lo condusse in casa di Mons. Giuseppe Miglione, canonico della Collegiata di Trino. Vi rimase per poco, perché nel 1884 il Canonico morì. Nuovamente alle prese nella ricerca di un lavoro, fu assunto come cuoco presso i Conti Arborio Mella. Rimase in quella casa per 5 anni, riscuotendo piena ammirazione dai datori di lavoro. Nel 1889 rimase vacante il posto di capo-cuoco presso il Collegio Del Pozzo di Vercelli. Essendo molto vantaggiosa l'occasione e dovendo provvedere alla mamma, rimasta vedova e sola, fece domanda di assunzione. Fu assunto. Nell'interno del Collegio cerca di continuare la sua formazione cristiana, mentre, appena libero dagli impegni di cucina, si intratteneva con i ragazzi per fare loro il catechismo. Spesso li riuniva in camera sua per insegnare loro le verità della fede. Come capo-cuoco non si sottraeva al dovere di richiamare i colleghi di fronte ai sotterfugi a danno del Collegio. Questi si indispettirono e per prevenire i richiami dei Superiori, misero in giro certe calunnie nei confronti di Luigi ... calunnie smentite in seguito da documenti e testimonianze incontestabili, ma che intanto ottennero l'effetto desiderato. Il capo-cuoco infatti il 23 luglio 1890 veniva licenziato, senza la possibilità di un'autodifesa ... Alla fin fine si trattava di un semplice cuoco squattrinato e senza cultura ... non valeva la pena preoccuparsi più di tànto della sua fama ... Indescrivibile la ferita apertasi nel cuore di Luigi! ... Cuoco a Torino Il buon Manzoni nel suo grande romanzo afferma che il Signore non permette un male se non per un bene maggiore. In effetti il Signore, che sa ricavare il disegno perfetto dai punti storti dell'uomo, intendeva "trapiantare" a Torino Luigi Musso per l'attuazione di un suo grande progetto di amore. A Torino, Luigi Musso doveva diventare "Il Segretario del Crocifisso". "Tra Me e te, in avvenire, ci sarà una grande intimità" si sentirà dire dopo la S. Comunione dal Crocifisso del coro di S. Dalmazzo in Torino. Parole che il futuro fra Leopoldo avrà lo scrupolo di registrare nel suo "Diario". Luigi Musso giunse a Torino nel 1890 e alloggiò in Via Mazzini 44. I Conti Caisetti di Chiusano lo assunsero come cuoco. Vi resterà fino al 1897. Luigi si farà apprezzare come cuoco ( lo definirono un "autentico artista di cucina" ), ma anche come autentico cristiano. Non desistette dall'impegno di riunire nei momenti liberi i ragazzi di S. Massimo per fare loro il catechismo. Trasferitosi tre anno dopo in Via Consolata 1, Luigi trovò in questo tempo un'ottima guida spirituale nel barnabita P. Cozzi di S. Dalmazzo. Nella parrocchia di S. Dalmazzo iniziò per Luigi Musso il cammino di perfezione nella devozione verso l'Eucaristia e verso il Crocifisso. Si iscrisse all'Unione Uomini Cattolici di S. Dalmazzo e fu sempre attivissimo nel gruppo. Non mancava all'adorazione notturna eucaristica nella chiesa della SS. Trinità. A questa adorazione partecipava spesso lo stesso Arcivescovo di Torino, Mons. Davide Riccardi. In questo periodo, preparato dal gesuita P. Zampieri, si consacrò al Cuore di Gesù nell'Oratorio della SS. Annunziata in Via Stampatori 1. I Conti Caisotti nei quattro mesi estivi andavano in villeggiatura a Viale d'Asti. Luigi nel suo "Diario" scriverà con entusiasmo di questo soggiorno estivo. Nella "fortunata regione di Viale", con il consenso del parroco, svolgeva un intenso apostolato tra quei buoni cittadini. Oltre ad abbellire le cappelle di S. Rocco e del Cimitero, fuori delle funzioni parrocchiali riuniva i vialesi per la recita del Rosario. L'accordo con il parroco era perfetto. Luigi da parte sua cercava di mettersi in ombra per far risaltare la figura dell'Arciprete. Ritorno a Terruggia La mamma di Luigi si aggravava sempre più, tanto da non essere più autosufficiente. Nel maggio 1897 Luigi, con grande dispiacere da entrambe le parti, dovette congedarsi dai Conti Caisetti e ritornare a Terruggia. Anche nel suo paese natale, mentre accudiva la mamma, si dedicava all'insegnamento del catechismo ai ragazzi e riuniva i compaesani per la recita del Rosario nella Cappella di S. Grato, di proprietà dell' Arciconfraternita. Però, a causa di vecchia ruggine fra il parroco ed i membri della Confraternita, il parroco intervenne e proibì le riunioni di preghiera. Luigi accettò in silenzio, anche se in quel momento stava subentrando in lui una forma di deperimento organico generale. Annota sul suo "Diario" ( 8 maggio ) che la mamma era moribonda, mentre egli era fuori dei sensi. In un momento di lucidità prega la Madonna. Subentra in lui una grande calma e si assopisce. Sogna la Madonna, che gli dice: "Alzati, la grazia della tua guarigione è fattal ...". Era vero per lui, ma anche per la mamma, che visse ancora per un anno. Cuoco a Casale 1899 - Le risorse economiche di Luigi Musso sono agli estremi. Deve pensare ad un lavoro, che gli consenta di essere quanto possibile vicino alla mamma inferma. Lo trova a Casale presso i Camilliani. Vi rimane per un anno, facendo la spola tra Casale e Terruggia, finché non giunse il fatidico 11 maggio 1900 con la morte della mamma. Nel "Diario" scriverà con accenti toccanti le vicende di quel giorno. Paiono eco del colloquio di Agostino con la mamma Monica alla vigilia della morte. Cuoco a Torino Dopo la morte della mamma, Luigi rimase ancora qualche mese a Casale, presso i Camilliani, finché un Padre Camilliano non gli propose di condurlo con sé nella Comunità di S. Giuseppe in Via dei Mercanti. Accettò, avendo di mira una possibile consacrazione in qualche Ordine Religioso. Nulla rivelò nel "Diario" circa la scelta dell'Ordine. Solo si sa che, venuto a Torino, nel novembre 1900, si presentò al Convento di S. Antonio per essere accettato come converso tra i Minori. Il Ministro Provinciale, P. Borgialli, non lo accettò subito nel Primo Ordine. Lo aggregò al Terz'Ordine come periodo di prova, mentre avrebbe continuato ad esercitare la funzione di cuoco presso i Camilliani. Frate Minore a S. Tommaso Il 18 gennaio 1901 Luigi Musso ebbe la gioia di essere accolto nell'Ordine Francescano. Incominciò a chiamarsi Leopoldo Maria. Rivestito l'abito di S. Francesco, dopo tre giorni, fu inviato nel Convento di S. Tommaso. Sarà il cuoco del Convento fino alla morte. Per necessità di servizio fece il noviziato in S. Tommaso, anziché a Belmonte. Nel 1906 emise i Voti Semplici e nel 1909 i Voti Perpetui. Come primo incarico apostolico ricevette l'obbedienza di distribuire i foglietti dell'Adorazione Quotidiana nelle Case Religiose e nei Collegi. La cucina, la Cappella-Santuario di Nostra Signore del S. Cuore, la cella al terzo piano sono i luoghi dove si va perfezionando la sua santità. La morte Aveva predetto: "Appena mi ammalerò in modo da dovermi mettere a letto, sarà per morire". Il 20 gennaio 1922 salì per l'ultima volta le scale del Convento. Il medico sentenziò che si trattava di polmonite. Il 26 gennaio chiese a fra Bernardino Boria: "Che giorno è oggi?". "Giovedì" - rispose il fraticello. "Giovedì, venerdì, sabato è l'ultimo. Che grande grazia mi ha fatto il Signore. Questa volta vado in Paradiso", replico fra Leopoldo. Il Curato P. Vallaro gli era quasi continuamente vicino. Venne Fratel Teodoreto, vennero i Catechisti ... Chiese a P. Vallaro la carità di una benedizione a tutti i Catechisti. E rivolgendosi ad uno di loro, il rag. Cesone: "Porti una benedizione a tutti i Catechisti presenti e futuri". Venne il fatidico venerdì. Ore 0,30. Mentre fuori del Convento la neve cadeva a larghe falde, fra Leopoldo lasciava questa terra. Tantissima la gente alla sepoltura, nonostante i 30 cm. di neve. Profilo interiore di Fra Leopoldo "Umile segretario del Crocifisso" Scrisse il domenicano P. Ceslao Pera: "Se Fra Leopoldo avesse seguito il suo istinto 'carismatico' e, piantate le marmitte, avesse preso l'atteggiamento del 'fondatore' avrebbe combinato una bella frittata ...". Qui è tutta la santità di Fra Leopoldo: si è messo a disposizione di Cristo nella sua cucina ... come un umile servo di Cana ... Dopo aver scoperto Gesù Cristo come esperienza viva, diventa amico intimo e confidente di Cristo Crocifisso. Da buon segretario, si farà scrupolo di trasmettere fedelmente quanto Cristo gli rivela. La stessa docilità vuole da lui la Madonna. Si legge nel "Diario" ( 24 ottobre 1908 ): "Tu scrivi, figlio mio, di me e io ti saprò ricompensare ... In avvenire io sarò la tua maestra ... Tu sei il mio segretario angelico ... Sei contento, figlio, di fare il segretario anche per me?". Fra Leopoldo, per essere fedele a questo compito, soffrirà il martirio del cuore. Fu sempre consapevole di essere un puro strumento ( per di più illetterato! ... ) nelle mani del Signore, anche quando lo incaricheranno di chiedere cose importanti al Signore ... È la logica di sempre del Vangelo: "Ti benedico, Padre, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli" ( Mt 11,25 ). Dio va a cercare la propria laurea dove più gli piace, perché le sue strade non sono le nostre. Equilibrio interiore Il "mistico" Fra Leopoldo fu una persona molto normale ( come tutti i mistici ... ). Gli stessi confratelli, che vissero con lui per molti anni, non si accorsero mai che in lui vi fosse qualcosa di straordinario. Sono concordi nell'affermare che non lo videro mai in collera. Un giorno un Superiore, entrato in cucina, lo apostrofò acerbamente, perché sembrava non dargli retta. In quel momento il povero cuoco non poteva abbandonare le pentole, che teneva sul fuoco ... Un signore, presente alla scena, prese le difese di Fra Leopoldo, mentre questi taceva. Allontanatosi il Superiore, intervenne Fra Leopoldo: "Lei non doveva sgridare il mio Superiore. Aveva ragione a sgridarmi. Sembra burbero, ma è molto buono". Per il profondo convincimento interiore della sua pochezza, riverberava dal suo volto e dal suo costante sorriso un atteggiamento di grande modestia. Il Processo diocesano potrà concludere: "Fra Leopoldo praticò l'umiltà eroica anche prima di farsi religioso" ( Art. 88 ), documentando largamente tale affermazione. Umiltà è verità. Fra Leopoldo fu umile perché aveva una chiara visione interiore di se stesso. Padre Vallaro ed il Guardiano del Convento portarono larghe affermazioni della sua umiltà. Un giorno il Guardiano gli chiese sorridendo: "Che è questo che tante gente viene a cercare te e a consultarti, mentre nessuno viene da me, che sono il guardiano?". Rispose pacato Fra Leopoldo: "Che vuole, Padre? La gente non sa che io sono uno sciocco". Non era fittizia la sua umiltà. Spirito di mortificazione Un confratello nel Processo Diocesano poté affermare: "Tutti quelli che lo conobbero da vicino sono unanimi nell'affermare la sua temperanza eroica nel cibo e nel sonno ... sembrava che non avesse mai appetito ... a lui bastavano abitualmente due o tre ore di sonno, il resto lo passava in preghiera o, quando occorreva, nell'assistere gli infermi della casa. Durante l'estate portava tonache molto 'pesanti' ( Art. 78 ). Frutto di questo spirito di mortificazione è stata la sua illibatezza interiore ed un totale spogliamento di sé, tanto da sentirsi terribilmente solo ... della solitudine di Gesù sulla croce ... Sono drammatiche certe ultime pagine del suo "Diario". Proprio negli ultimi tempi della sua vita qualcuno è riuscito nell'intento ... ed il Superiore ha imposto a Leopoldo di tacere circa le Case di Carità. Egli tacerà con tutti ... ma sul suo "Diario" scriverà il 14.12.1921: "0 mio Gesù, perché povero, perché non nobile, perché semplice ... tutti mi hanno abbandonato". Ebbe addirittura l'impressione ( errata ... ) che anche il suo confidente più intimo ( Fratel Teodoreto ) si fosse allontanato. Rimaneva però il Crocifisso con cui sfogarsi ... anche Lui aveva provato la desolazione della solitudine. Il Signore non lo abbandona e proprio in quel momento gli fa scoprire la preziosità della croce: "Leopoldo, sei contento di Me?". ... Contento di Dio ... cosa poteva pretendere di più? ... Era stato lo scopo di tutta la sua vita ... anche se trovare Gesù voleva dire trovare la croce ... Leopoldo comprende che Gesù ama e salva mediante la croce: non rifiuta dunque di essere Cireneo accanto a Gesù per essere con Gesù portatore di salvezza. Pur nella tempesta il suo cuore ritrova uno squarcio di sereno. Pietà filiale Il dono della pietà ( dono dello Spirito Santo ) è stato una costante della vita di Fra Leopoldo. La pietà eucaristica e mariana dell'infanzia lo porterà gradualmente ad una matura pietà verso il Crocifisso. Con tanta semplicità insegnava agli altri: "Preghé 'd coer ...": già prima lo praticava egli stesso. Quanti Rosari recitati in privato e con altri fedeli ... Quanti colloqui interiori con il Crocifisso e con la Madonna nel Santuario di Nostra Signora del Sacro Cuore, parte dei quali registrava nel suo "Diario", inginocchiato per terra nella sua nuda cella, appoggiato sulla sedia ... fino a quando non dirà al Curato P. Vallaro: "Questa è l'ultima mia malattia e vado a trovare la Mammina". E quante "affettuose" meditazioni sul Crocifisso ... Fra Leopoldo aveva trovato tra gli oggetti fuori uso del Convento un vecchio crocifisso, per di più rovinato in più parti. L'aveva riparato ed esposto in S. Tommaso il Venerdì Santo del 1906. Era poi stato appeso nel corridoio del Convento. Chiese al Superiore il permesso di tenerlo in cella per devozione privata. Da quel giorno incominciò la sua quotidiana adorazione a Gesù Crocifisso, soprattutto notturna. Devozione eucaristica C'è un punto di convergenza tra Caterina da Siena e Fra Leopoldo. Caterina innamorata del "Sangue" di Cristo lo annunzia agli uomini del suo tempo come bagno di vita. Leopoldo nel nostro "oggi" innamorato delle "piaghe" del Cristo, le addita come parte della vita. È sintomatico che questo avvenga in una Città distratta, eppure custode di una preziosa reliquia, che porta impresse le Piaghe del Salvatore. Crocifisso ed Eucaristia sono due poli, che plasmano l' "intimità spirituale" di Fra Leopoldo: "Com'è bello conversare con Dio nel SS. Sacramento nelle ore silenziose" ( 28 ottobre 1908 ) "Ti adoriamo, o Sacramentato Gesù, in quest'ostia consacrata ... per la tua misericordia ed amore ci hai fatto il dono di rimanere sempre con noi, su questa povera terra, fino alla fine del mondo ..." ( 20 gennaio 1909 ). Fra Leopoldo, che è innamorato della "Sorgente", trova nell'Eucaristia la testimonianza continua e dolorosa del Crocifisso: "si fa memoria della sua Passione" come recita l'antifona della Liturgia. Leopoldo non fa distinzione tra Croce e tabernacolo. Il Cristo è il Cristo. E per Leopoldo si tratta di un "Qualcuno" che soffre in una terrificante solitudine. Un "Qualcuno" che ha paura del freddo e della notte e che invoca un po' di compassione ... La Croce ed il tabernacolo "incollano" Leopoldo in una delicata vicinanza. All'umile frate di S. Tommaso non interessano i grandi concetti dogmatici: la sua è una "teologia per vivere". Gli interessa la piccola fiamma, che arde nel silenzio della chiesa di S. Tommaso: quella indica la presenza fisica di "Lui" ed il suo sconfinato soffrire. L'Eucaristia ha portato Fra Leopoldo ad innamorarsi della Croce. Da quando il barnabita P. Cozzi l'ha indirizzato alla Comunione quotidiana, non ha più cessato di accostarsi al banchetto eucaristico, a costo di fare ogni giorno 3 km di strada da Terruggia a S. Germano ( come capitò nel secondo ritorno al suo paesello ). Specialmente nel periodo di permanenza in S. Tommaso, sovente nella giornata è ai piedi del tabernacolo. Nell'interno della sua anima ripercorre lo spasimo della crocifissione. Allora l'adorazione diventa totale, perché in quei momenti unisce in sé tutto il dolore provato dal suo Divin Maestro. Così l'eco dell'Eucaristia si propaga ad ogni gesto e ad ogni pensiero di Fratel Leopoldo. Devozione a Gesù Crocifisso Nel "Diario" Fra Leopoldo accenna ad un sogno avuto a Vercelli nel 1887. Vide in sogno l'Addolorata, che gli diceva: "Ricordati di ciò che ha sofferto mio figlio". Più tardi a Torino in S. Dalmazzo: "Fra Me e te, in avvenire, ci sarà una grande intimità". È un'espressione, che arriva dal cuore stesso del Crocifisso ... Fra Leopoldo ne è felice ... Probabilmente ignora cosa voglia dire questa intimità. Per intanto è felice ... Ai cristiani "normali", abituati alla logica fredda, può creare fastidio ed imbarazzo questo "sentire" che Dio comunica quasi fisicamente con qualcuno. Si ricorre allora alle parole: allucinazioni, turbe psichiche, ecc. Abituati al puro raziocinio ( non sempre! !! ... ) torna difficile accettare le parole "tenerezza-debolezza" nei confronti di Dio. Si stenta a capire che Dio agisce in modo diverso da noi. In questo caso si preferisce non parlarne oppure fare ironia ... Così è capitato a Lourdes, a Fatima ... alle anime privilegiate in genere ... La devozione a Gesù Crocifisso prende corpo in Fra Leopoldo negli anni 1905/1906 nel periodo del noviziato. Avuto il Crocifisso dal Superiore, di cui già scritto, Fra Leopoldo ogni mattina si alza alle ore quattro per meditare e adorare le Piaghe di Gesù Crocifisso. Alle ore sei è in chiesa per la Santa Messa e Comunione. Durante la mattinata ripete l'adorazione ed il ringraziamento. Ordinata la cucina, alle 15 è davanti al SS. Sacramento in adorazione. Dopo cena è ancora davanti a Gesù Sacramentato fino a buona parte della notte. Salito in camera è in un'ultima adorazione al Crocifisso prima del breve riposo. Il resto della giornata è passato in cucina. Frutto delle sue meditazioni sul Crocifisso fu la nuova formula di preghiere alle cinque Piaghe. La formula è inquadrata nel Santuario di Nostra Signora del Sacro Cuore. Gli "Angeli" sono la bellissima coreografia, che l'Arch. Gallo ha voluto porre in alto attorno alla Madonna; i "Santi" sono le tele del pittore Stura, raffiguranti i Santi Patroni dei Francescani. La preghiera fu composta dal Servo di Dio e ritoccata dal terziario Giovanni Caneparo e dal P. Fedele Provera. Fu presentata al Card. Agostino Richelmy e approvata il 31.7.1915. Non solo. Tramite il grande ufficiale Achille Cavallotti, che aveva accompagnato al Conclave il Card. Richelmy, era stata offerta copia della devozione alle cinque Piaghe al nuovo Papa Benedetto XV ( di cui Fra Leopoldo aveva preconizzata l'elezione ). Il Papa la indulgenziò direttamente, donando una sua grande fotografia con autografo. La preghiera venne inserita nel volume "Preces et pia opera" della S. Penitenzieria nell'edizione del 1938. L'immagine fu preparata dal pittore Luigi Guglielmino. Vuole riprodurre al meglio la descrizione fatta da Fra Leopoldo secondo un sogno, che fece a Viale nel 1893. Venne stampata e diffusa in un milione di copie dall'Unione del Crocifisso, dai Fratelli delle Scuole Cristiane, dai Frati Minori e dal Terz'Ordine. Anima della diffusione fu Fratel Teodoreto. I foglietti raggiunsero i soldati in trincea nella guerra del 1915/18. Per amore di cronaca si può ricordare che Ambrogio Fogar nell'aprile 1983 nella sua storica salita solitaria al Circolo Polare Articolo impiantò un' immagine dell'adorazione su un mucchio si ghiaccio ( si conserva fotografia ). Molte sono le anime buone, che continuano la pia pratica, soprattutto i giovani cresciuti nelle varie Case di Carità. Nel "Diario" ( 18 gennaio 1915 ) si legge: "È mio desiderio che passi ai Fratelli delle Scuole Cristiane ciò che ho cooperato per mezzo tuo". Qualcuno si è chiesto il motivo di questo volere del Crocifisso. Da quanto si sa, Fra Leopoldo non ha mai dato spiegazioni né mai fu richiesto di un chiarimento. La domanda pare oziosa, perché il Signore sceglie gli strumenti che vuole. Piuttosto si può costatare un fatto più che chiedersi dei "perché": da un piccolo seme si è sviluppata una grande pianta. Le Case di Carità Fratel Teodoreto aveva in animo di fondare un'opera per tenere uniti gli ex-allievi di S. Pelagia. In realtà gli uscì di mano un Istituto Secolare, riconosciuto dalla Chiesa: la Pia Unione di Gesù Crocifisso e di Maria SS. Immacolata. È singolare come il Signore si serva di un umile francescano per stimolare attraverso Fratel Teodoreto un piano culturale di formazione dei giovani, che assumerà enorme portata. Le pagine del "Diario" sono perentorie: « Lunedì 24 novembre 1919, sera, ore 9,30. Nella santa Adorazione-Divozione al SS. Crocifisso, quando incominciai l'adorazione alla Piaga della mano sinistra, Gesù disse: "Per salvare le anime, per formare nuove generazioni, si devono aprire Case di Carità per far imparare ai giovani arti e mestieri ..." ». Fra Leopoldo farà conoscere a Fratel Teodoreto questa volontà del Signore. Ne parlerà pure all'Ing. Rodolfo Sella, al Conte Avogadro, all'Ing. Carlo De Matteis. Il metodo cristiano educativo proposto da Fra Leopoldo, si concretizza nelle Case di Carità: un metodo che inculca una cultura per vivere più che per il puro sapere. Ha una centralità: il recupero della conoscenza dell'amore irradiante dal Crocifisso. Il crocifisso è congiunzione dell'umano e del divino. Il palo verticale innesta l'uomo in Dio, il braccio orizzontale spinge l'uomo a espandere tutta la potenzialità ricevuta dall'alto. Le Case di Carità diventano un grande messaggio al mondo moderno: se manca una dimensione non c'è la croce e dove manca la croce non c'è cristianesimo. Profeticamente Fra Leopoldo vede nella Casa di Carità un modo per conquistare la pienezza dell'uomo ... Ma in realtà Fra Leopoldo non è che un segretario illetterato ... È Cristo che detta il Suo metodo: amare l'uomo ed i giovani in particolare come Lui ha amato ... È la cultura dell'amore che si fa "debole con i deboli" ( 1 Cor 9,22 ). Paolo VI nel suo stupendo documento "Evangelii nuntiandi" dirà che l'evangelizzazione non si identifica con le culture, ma è capace di impregnarle tutte. Il dramma della nostra epoca è la rottura tra Vangelo e cultura. Ecco magnificamente delineato il servizio della Casa di Carità ...: sapere e far sapere cosa vuol dire vivere, secondo l'insegnamento di Gesù. Fra Leopoldo si strugge di portare tutti ad un'esistenza cristiana in pienezza. Per lui la Casa di Carità sarà una fucina capace di far giungere ai giovani le ricchezze del Calvario. Il suo non è un metodo studiato a tavolino: è un'esperienza di vita. È soprattutto un amoroso progetto di Dio. È meraviglioso pensare che Fra Leopoldo occupa una precisa dimensione culturale nel Corpo Mistico ... E come non pensare alla stupenda vocazione dell'Unione Catechisti del SS. Crocifisso? ... E come segno di speranza per il futuro, non si può dimenticare che Fratel Leopoldo ha pagato in prima persona per le Case di Carità. Le opere di Dio sono di Dio e si affermano nonostante i contrasti. Anzi gli stessi contrasti sono sigillo dell'opera di Dio. Quando Fra Leopoldo il 27 gennaio 1922 chiude gli occhi alla luce di quaggiù, era in pieno sviluppo una battaglia interna riguardante proprio le Case di Carità. Per questo Leopoldo visse gli ultimi giorni della sua vita segregato da tutti ... L'obbedienza glie lo aveva imposto ... Amareggiato scrive nel suo "Diario": "Perché povero ... tutti mi hanno abbandonato". Cos'era capitato? La denominazione della nuova istituzione ... E non si trattava solo di una denominazione; voleva dire scegliere un metodo. Qualcuno affermava che occorreva dimenticare la parola "Carità" e affidarsi a solide basi economiche con tanto di rette e di operazioni economiche. Invece l'umile frate di S. Tommaso aveva sentito diversamente dal Crocifisso ... e il mite Fra Leopoldo si schierò decisamente contro tale impostazione ... finché l'obbedienza gli permise di parlare ... Dopo sceglierà la via del silenzio e della solitudine interiore, unendo la sua sofferenza a quella del Crocifisso. Sul letto di morte non potrà più scrivere quanto il Crocifisso gli suggerisce: lo dirà a voce. Rivolto infatti a P. Vallaro, lo prega di benedire tutti i Catechisti della Pia Unione, presenti e futuri. Accanto al suo letto di morte sono tutti rappresentati in Fratel Teodoreto ... Oggi le Case di Carità si sono moltiplicate, non solo per la dedizione esemplare dell'Unione Catechisti e dei Fratelli delle Scuole Cristiane, ma perché opera del Signore. Dalla prima scuola serale in Via Delle Rosine e dalla scuola festiva nei locali di Nostra Signora della Pace, si passò all'Istituto Arti e Mestieri in Corso Trapani e alla Casa di Carità in Via Feletto 3. Nel 1939 si potevano contare 800 alunni. Per venire incontro alle nuove esigenze si costruì su un'area di 10.000 mq la nuova sede in Corso Benedetto Brin. All'alba del nuovo millennio l'Istituzione conta un gran numero di Case di formazione, sparse in Italia e all'estero. A tutt'oggi sono circa 5.000 gli allievi. L'8 settembre 1998 si è costituita con atto notarile un'Associazione avente come scopo un preciso progetto educativo di recupero e di reinserimento sociale. Tale progetto nell'anno formativo 1997/98 contava ben 637 allievi, tutti detenuti. Fratel Leopoldo, il fedele segretario del Crocifisso, riposa oggi nel Santuario di Nostra Signora del Sacro Cuore, testimone di tanta preghiera e di tanta adorazione alle Piaghe del Signore. Non ha più la preoccupazione di lasciare la preghiera per attendere alla sua mansione di cuoco del Convento. Ormai la sua adorazione è perenne: non più nella sofferenza, ma nella luce e nella gioia della Casa del Padre. Nella grande ammirazione della sua meravigliosa vita ci auguriamo il riconoscimento, da parte della Chiesa, delle virtù praticate in modo eroico. Intanto, umile frate assetato di Assoluto e ricercatore dell'essenziale, oggi dalla tomba pare continuare a ripetere: "Preghé 'd coer ...". Angela Cotterina Lucia Bocchino ved. Nem ( 1737-1768 ) Nella navata sinistra della chiesa di S. Tommaso vi è l'altare dell'Immacolata. In passato era l'altare della Compagnia delle Figlie di Maria. Quante preghiere e quante "Comunioni generali" sono state fatte davanti al quadro dell'Immacolata del Reffo ... A fianco di quest'altare una grande lapide riporta il nome di un'umile terziaria francescana della Fraternità di S. Tommaso: Angela Catterina Lucia Bocchino ved. Rajna. La lapide la ricorda "povera di sostanze e di gioie domestiche, ricca di virtù cristiane". Infanzia Era nata a Torino il 9 gennaio 1737. Era stata battezzata appena nata, poiché si temeva che non potesse sopravvivere. Le cerimonie furono poi completate in S. Filippo il 27 gennaio 1737. Era la primogenita di sei fratelli. Tutti morirono nell'infanzia. Il papà era al servizio della Marchesa Anna Maria Rovere, la mamma sarta. Lucia restò presto orfana dei genitori, poiché la mamma morì all'età di 28 anni. Appena 13 giorni dopo moriva anche il papà all'età di soli 30 anni. Entrambi furono sepolti in S. Filippo ( 1748 ). Dopo la morte dei genitori, Lucia si trasferì presso gli zii paterni in Via dei Mercanti 30. Aveva 10 anni e mezzo. In questo tempo ebbe come guida spirituale il camilliano P. Pejron. La casa, in cui abitavano gli zii, era di proprietà dei Ministri degli Infermi subentrati ( nel 1678 ) alle monache agostiniane del Monastero del Crocifisso. In questi anni Lucia fece la Prima Comunione nella sua Parrocchia dei SS. Processo e Martiniano, posta all'incrocio di Via S. Francesco d'Assisi e l'attuale Via P. Micca e demolita per costruire la "diagonale". Sposa Zio Vitale e zia Giovanna Francesca pensarono subito di impegnare Lucia nel lavoro di sarta presso una boutique. Altrettanto presto, e quasi a sorpresa, le proposero il matrimonio con Ignazio Domenico Rajna. Costui era proprietario di un'oreficeria in Via Dora grossa ( attuale Via Garibaldi ). Purtroppo però era anche devoto di Bacco e incallito nel gioco ... Carattere melanconico e sospettoso, rendeva difficile la vita coniugale della povera Lucia Catterina. Un raggio di sole entrò nella famiglia Rajna quando nacquero le figlie Margherita e Maria Teresa. Gradualmente però la casa si spogliava di tutto, fino al fallimento. Ignazio cercò di evadere dalla triste situazione, ricorrendo al vino ... Alla povera Lucia non restavano che dispiaceri e ... spesso anche le bastonate. La madre stessa di Ignazio la consigliò di cercarsi una soffitta, in cui trovare un po' di pace per sé e per le figlie in tenerissima età. Non volle separarsi dal marito. Nonostante tutto, si rifugiò con lui e con le figlie in una soffitta di Piazza Carlina. Una sera Ignazio arrivò a casa stravolto, dopo un'ennesima rissa. Un coltello, attraversato il giubbotto e la camicia, si era fermato a fior di pelle. E venne il momento della conclusione della sua vita il 9 settembre 1759, come ci attestano i registri di S. Filippo. Aveva solo 28 anni. Vedovanza Rimasta vedova, iniziò per Lucia Catterina un nuovo cammino sulle orme di S. Francesco. Lasciata Piazza Carlina, si stabilì con le figlie nel Condominio S. Aventino ( oggi Via S. Tommaso 22 ), aprendo una piccola merceria in un seminterrato, che i vicini chiameranno "La Grotta". La botteguccia si trasformerà presto in una succursale di "Opera Mendicità" ( oggi si direbbe "San Vincenzo" ). Lucia Catterina, pur appartenendo alla parrocchia di S. Martiniano, cominciò a frequentare S. Tommaso, dove trovò un grande aiuto spirituale nella guida del francescano P. Pier Vittorio Doglio. Divenne terziaria francescana. Rifiutò di risposarsi. Con il consiglio di P. Vittorio si impegnò con il voto annuale di castità. La sua vita serena e impegnata nel bene fu scossa dalla morte delle due figlie: Maria Margherita nel 1765 ( all'età di 9 anni ) e Maria Teresa nel 1766 ( all'età di 7 anni e mezzo ). Furono sepolte in S. Martiniano. Si disse che Catterina Lucia abbia avuto una visione della Madonna in atto di benedire lei e le sue figliuole. Sul posto i vicini vollero dipinto un quadro dell'Immacolata, ancora oggi visibile ( anche se non in ottime condizioni ). Terziaria francescana Morte le figlie, Catterina si diede a vita austera, spogliandosi non solo del superfluo, ma spesso anche del necessario. Unico ornamento della sua casa fu un ruvido crocifisso in legno. Potendo ormai disporre di se stessa, praticò, come consacrata nel Terz'Ordine, una povertà estrema nel vestire, nel vitto, dando ai poveri senza calcolo. Attenta nel praticare le opere di carità, accorreva presso gli ammalati e dovunque fosse utile la sua presenza, incurante delle stesse ingratitudini. Nelle varie forme di povertà sapeva scoprire la presenza di Gesù Cristo. Così fortificata interiormente, non ebbe difficoltà nel superare le insidie, tesele da certi ... cavalieri dell'alta società torinese. La sua grande forza era l'Eucaristia. Appena libera dalle occupazioni, correva in S. Tommaso, davanti al tabernacolo. Fu quello un periodo di intenso fervore, ma anche di laceranti aridità di spirito e di interiore combattimento spirituale. Anche sotto questo aspetto rivisse in sé la storia del suo serafico Padre Francesco. Infermità e morte Il 27 aprile 1768 Catterina Lucia fu colta da febbre violenta, prodotta da polmonite. Il 29 aprile volle tuttavia portarsi in S. Tommaso per la Confessione e per ricevere la Benedizione Eucaristica. Ritiratasi in casa, si mise a letto. La sua stanza da letto era diventata una stamberga di cenci, perché tutto aveva donato, materasso compreso. Dopo qualche tempo fu chiamato P. Vittorio, perché l'ammalata delirava ... "Padre, vi ho sempre ingannato! ...", disse nel delirio. Il buon francescano ebbe la sensazione che non si trattasse solo di febbre ... Rivolto all'ammalata, quasi raccogliendo in sé le energie interiori: "Vi comando, disse imperiosamente, di pronunciare il nome di Gesù e di guardare il Crocifisso ...". L'ammalata si ricompose lentamente, baciando con trasporto il Crocifisso. Dopo questo episodio, lottò ancora per 13 lunghi giorni contro il male fisico e soprattutto contro tante tentazioni. Quando le riferirono che in S. Tommaso si stava pregando per la sua buona morte, Catterina Lucia "esultò di gioia". La mattina del 10 maggio ebbe ripetute violente convulsioni. Le sue ultime parole furono un ringraziamento cordiale al confessore P. Vittorio. Nel pomeriggio, alle ore 14, la Serva di Dio Catterina Lucia Bocchino chiudeva la sua esistenza terrena. Aveva 31 anni. Fu rivestita dell'abito terziario. Desiderava essere sepolta senza alcuna esteriorità, nelle "ore più bruciate" ( come si diceva nel dialetto piemontese ). Fu accontentata ( forse anche con eccessivo zelo ). Alle 14 del giorno seguente venne tumulata in S. Tommaso nel loculo riservato ai Terziari. Alla fioraia di Via Dora Grossa, che aveva portato un gran mazzo di gigli per la sepoltura, dopo il diniego del parroco P. Ireneo Bonardelli, sentenziò P. Vittorio, direttore della Fraternità, e li fece portare a S. Carlo davanti alla Madonna di Coppacavana, dove Catterina Lucia si portava spesso da bambina a pregare. L'immagine di Maria ( copia della celebre Madonna di Coppacavana - Perù, era stata donata dal Marchese di Castel Lodvigo, viceré di Valenza, alla parrocchia di S. Carlo ) riscuoteva molta venerazione. Le esequie furono brevissime. Non si diede neppure un segno di campana. Eppure, nonostante questa sepoltura semiclandestina, fatta alle 14 dell'11 maggio 1768, grandissimo fu il concorso di popolo, tanto da rendersi difficile l'ordine in chiesa. La fama della sua santità non si spense con la morte. Il direttore spirituale P. Pier Vittorio Dogli da Mondovì, un anno dopo la sua morte, raccolse le sue memorie. Il processo di beatificazione è aperto, con i tanti altri dell'Ordine francescano. Le reliquie giacciono in apposito loculo. Una laconica epigrafe dice: "Qui giace Lucia Bocchino ved. Rajna da Torino, sorella del Terz'Ordine francescano, morta il 10 maggio 1768". Nel 1911 il parroco di S. Tommaso P. Vincenzo Vallaro fece murare, come già scritto, una grande lapide di marmo bianco, che dice: Qui riposano le spoglie mortali di Angela Catterina Lucia Bocchino ved. Rajna terziaria francescana che povera di sostanze e gioie domestiche fu ricca di grandi virtù cristiane abbellite dal crogiuolo delle avversità nata nel gennaio 1737 morì in concetto di santità il 10 maggio 1768. La vita di questa convinta discepola di Gesù, che cercò di amare il suo Signore con il cuore di S. Francesco, povero, obbediente e casto, continua ad essere fulgido esempio non solo a chi, come Lei, si è impegnato a seguire Cristo nel Terz'Ordine, ma a tutti coloro che vogliono essere autenticamente discepoli del Signore. Devozioni particolari coltivate in S. Tommaso La chiesa parrocchiale di S. Tommaso, con gli 80 frati dell'annesso convento, fu terreno fertile per il radicarsi di varie devozioni, quasi corona al grande mistero eucaristico ed alla devozione alla Madonna. In ogni ora della mattinata i fedeli avevano la possibilità di assistere ad una o più Messe, di confessarsi e di praticare devozioni varie, non ultima la Via Crucis, che dal sec. XVIII veniva celebrata comunitariamente il venerdì e la domenica pomeriggio. Nel corso dell'anno poi quasi ogni domenica si riunivano gruppi corporativi di arti e mestieri per invocare il loro Patrono e per rinsaldare i vincoli associativi di ordine spirituale e di mutuo soccorso, quando la comunità civica quasi ignorava i problemi sociali. Erano una ventina i gruppi, che annualmente si ritrovavano in S. Tommaso. Dai vetturini, che ricordavano la fuga in Egitto del Bambino Gesù, ai materassai, che invocavano S. Biagio contro una malattia professionale, agli ortolani di Porta Nuova, di Porta Susa e di Porta del Po, che si riunivano la domenica in Albis e nella festa di S. Grato il 7 settembre, mentre i garzoni degli ortolani festeggiavano S. Pietro in Vincoli. E poi ... i cocchieri ( S. Vittorio ), i cardatori di seta, i bottonai, i serraglieri, i sellai, i cappellai, le lavandaie, i fornai padroni, i fabbricanti di passamani, gli indoratori ( S. Luca ), i sarti operai, gli osti, gli ottonai, gli scalpellini, i calzolai, i becchini ed i fossori, i pellicciai ... Una particolare sottolineatura è doverosa circa i cuochi con il loro Patrono: S. Pasquale Bajlon È il patrono dei Congressi Eucaristici. Dal 1722 è anche patrono dei cuochi piemontesi. È tradizione che alcuni commilitoni di Pietro Micca, dopo un ritiro spirituale, guidato dal Beato Sebastiano Valfré, decisero di riunirsi in associazione. Fu lo stesso Sebastiano Valfré a indirizzarli a S. Tommaso, mettendoli sotto la protezione del Santo spagnolo, che fu cuoco e portinaio del Convento francescano di Valencia. L'Associazione fu approvata dalla Curia di Torino e poi dallo stesso Pontefice Innocenzo XIII. La prima bandiera dell'Associazione portava la data 1722. Tra alterne vicende l'Associazione è giunta fino a noi e ogni anno i cuochi continuano a riunirsi in San Tommaso per festeggiare il loro Patrono ( 18 maggio ) nella loro tipica divisa bianca. L'Associazione ha funzionato anche come società di mutuo soccorso con tanto di regolamento per il tempo di malattia e per gli stessi funerali. Corre voce che i cuochi piemontesi abbiamo voluto dedicare al loro Patrono la ricetta dello "zabajone", ricetta già menzionata nella rivista "Il cuoco piemontese" nel 1766. L'umile francescano, cuoco e portinaio, continua a ricordare che la santità si può raggiungere anche nell'esercizio degli umili servizi quotidiani. S. Francesco d'Assisi Grazie ai "minori" dell'Ordine Francescano, ebbe sempre un culto primario e preferenziale tra i Santi, venerati in San Tommaso. Non poteva essere che così! ... A questa figura si ispirarono e continuano ad ispirarsi tanti ottimi confratelli e consorelle del Terz'Ordine Francescano. La vita e le virtù di questo grande santo, eletto patrono d'Italia, sono troppo conosciute. Per approfondire la grandezza di questo testimone dell'amore di Gesù Cristo e la risonanza della sua testimonianza, non c'è che riferirsi ad uno dei tanti studi pubblicati. Santa Gaudenzia Sotto l'altare della cappella dedicata a S. Francesco, è posta l'urna contenente le reliquie di S. Gaudenzia. Si sa che la ricca urna di vetro fu murata durante l'epoca napoleonica per sfuggire il pericolo di trafugamento. Persene le tracce, fu ritrovata al momento dell'abbattimento delle mura perimetrali della chiesa. Per cui il poeta dialettale piemontese Angelo Brofferio in una sua poesia parlerà di Torino come città strana, che emette santi anche dai suoi muri ... Non possediamo notizie certe sul tempo e sulla provenienza in San Tommaso di quest'urna. Il Martirologio Geronimiano ricorda la Santa il 30 agosto come vergine e martire. Nell'urna la giovane martire è raffigurata vestita di una preziosa veste bianca e di un manto di velluto rosso. Tiene tra le braccia la tipica palma del martirio ed alcuni gigli della donazione a Dio. Da ricerche fatte, risulta che potrebbe trattarsi di una reliquia proveniente dalle catacombe di Santa Domitilla in Roma. Nel sec. XVI grandissima era la venerazione per le reliquie. S. Gaudenzia ricorda il dovere della testimonianza e che la strada per la salvezza passa attraverso all'innocenza o alla penitenza. Nostra Signora del Sacro Cuore La devozione alla Madonna sotto il titolo di "Nostra Signora del Sacro Cuore" ha avuto inizio in San Tommaso per opera del parroco P. Antonio Turbiglio. Molto più tardi una parrocchia torinese verrà consacrata alla Madonna con questo titolo. La devozione suscitò subito tanta simpatia tra i torinesi. La prima statua fu collocata il 31 maggio 1872 presso l'altare delle Anime del Purgatorio, di patronato della nobile famiglia Bardesono. Fu l'abate Bardesono a spronare il P. Turbiglio a mutuare questa devozione dalla Francia, precisamente da Issoudun. L'effigie rappresentava la Vergine, che teneva davanti alle ginocchia, in piedi, il fanciullo Gesù, dell'apparente età di dodici anni. Questa immagine, certo espressiva, fu più tardi proibita dalla Sacra Congregazione dei Riti. Fu quindi sostituita con l'attuale immagine: la Madonna con il Bambino in braccio che presenta il cuore con i raggi. Nel 1880 la statua venne solennemente incoronata dall'Arcivescovo di Vercelli Mons. Celestino Fissore, in sostituzione dell'Arcivescovo di Torino Mons. Lorenzo Gastaldi, ammalatosi improvvisamente. Si costituì un'Associazione, cui volle iscriversi lo stesso Pio IX con un biglietto di accompagnamento: "Pio IX che desidera di amare la Beata Vergine Maria". Nei due giorni seguenti l'incoronazione, si susseguirono due pontificali da parte di Mons. Rosaz, Vescovo di Susa e di Mons. Davide Riccardi, allora Vescovo di Ivrea. Venne il 1899 con la decisione di abbattere la chiesa di San Tommaso per risanare materialmente e moralmente il borgo e per costruire la "diagonale", che da Piazza Castello portasse alla Cittadella. Disperato, P. Turbiglio fece voto alla Madonna che avrebbe costruito una Cappella, se fosse riuscito a salvare almeno in parte la chiesa di San Tommaso. Con i buoni auspici del valente architetto Ceppi, consigliere comunale, riuscì nell'intento. Con il progetto dell'Ing. Gallo diede subito mano a costruire il Santuario di Nostra Signora del Sacro Cuore. Il Santuario riuscì in modo stupendo. Grande l'accorrere dei torinesi e molte le grazie attestate dai quadri votivi: tanto da essere invocata come "La Madonna dei disperati". Intanto nel cuore della Torino, che alcuni spregiudicati hanno definito la "Città del diavolo", c'è Lei, che continua a vigilare e a richiamare a conversione. In questo Santuario è nata la "Casa di Carità", qui si è plasmata la santità di Fra Leopoldo, di P. Pio Perazzo e di tanti semplici fedeli. Qui Maria continua ad attendere per dispensare le sue grazie. Per non dimenticare alcuni Terzieri Francescani di San Tommaso Dopo aver ricordato alcuni terziari francescani in particolare: il Ven. Paolo Pio Perazzo e l'Arciconfraternita della Visita quotidiana a Gesù Sacramentato, il Servo di Dio Fra Leopoldo Musso con le "Case di Carità" e la devozione alle Cinque Piaghe, le Serve di Dio sorelle Comoglio e Caterina Bocchino Rajna, è bene ricordare alcune figure di Terziari, che emersero alla scuola di San Francesco. Assodato il principio che la santità non consiste nelle opere esterne, per cui oggi ancora anime elette stanno formandosi con il carisma francescano, pare tuttavia doveroso ricordare alcuni terziari della Fraternità di San Tommaso: Madre Marianna Nasi ( Pullino Anna Maria Teresa ) - Serva di Dio È soprattutto ricordata perché fu cofondatrice con S. Giuseppe Benedetto Cottolengo delle Suore "Cottolenghine". Era nata in Torino il 6 luglio 1791 da genitori benestanti. Era figlia unica di famiglia. Fu battezzata il giorno stesso della nascita nella Parrocchia di S. Filippo. Il 4 luglio 1812 sposava nella Parrocchia dei SS. Processo e Martiniano ( più tardi unita a S. Teresa ) il giovane commerciante Carlo Nasi. Questi gestiva un negozio nei pressi della chiesa del Corpus Domini. Ebbe due figli, però sopravvisse uno solo: Giovanni. Anche il marito morì presto: era il 27 febbraio 1817. Marianna decise di continuare da sola la gestione del negozio. Intanto stava maturando la sua nuova vocazione. Attraverso alla lettura della vita di S. Francesca Fremiet di Chantal, che lasciò tutto per una nuova vocazione .. soprattutto per la direzione spirituale del giovane canonico del Corpus Domini, il teol. Giuseppe Benedetto Cottolengo, che la esortò ad essere "religiosa" in casa propria. Oltre alla Comunione quotidiana, erano frequenti le visite a Gesù Sacramentato. Si era iscritta alla "Società per la perpetua adorazione", mentre la vicinanza del negozio alla chiesa del Corpus Domini le permetteva di visitare sovente nella giornata Gesù in Sacramento. In questo periodo cominciò a frequentare S. Tommaso ed il can. Cottolengo le permise di iscriversi al Terz'Ordine Francescano. Fece la vestizione il 27 giugno 1819 e la professione il 6 luglio 1820. Si distinse nell'esemplarità di vita e nel campo della carità, per cui nel giro di pochi anni venne eletta Ministra per ben due volte. Nel 1821 chiese pure ed ottenne di diventare Terziaria Carmelitana. Nel 1827 il Cottolengo iniziava l'Istituto in Via Palazzo di Città 19 ( Casa della "volta rossa" ). Marianna, lasciato il negozio e collocato in pensione il figlio a Chieri presso il fratello del Can. Cottolengo, venne nominata direttrice del "Deposito della Volta Rossa". Lo sarà per 4 anni, servendosi di persone precarie per la gestione della Casa. Dopo lunga meditazione, il Cottolengo il 30 novembre 1830 inizia una nuova Istituzione di ragazze, che si dedichino stabilmente ai malati. Sono alcune signorine della campagna di Virle, accolte in casa da Marianna Nasi. Presto le nuove "sorelle" diventeranno 25 e Marianna incomincerà ad essere la loro "Madre". Ma inizieranno anche per Lei le persecuzioni ( parenti compresi ). È però sostenuta dalla "fede" del Cottolengo ... Prudentissima sempre, nonostante tutto ilare e serena, prima di ogni decisione interpellava sempre il Cottolengo. La bufera scatenatasi sull'Ospedaletto, toccò da vicino anche "Madre Nasi". Rifugiatasi presso le Orsoline, dovette sobbarcarsi il peso della Casa, mentre, in attesa di tempi migliori, mandava le sue "Vincenzine", a curare i malati nelle soffitte e nelle carceri. Venne finalmente il 27 aprile 1832 con l'apertura della "Casa della Divina Provvidenza" a Valdocco. Mentre la sua vita spirituale si rassodava sempre più tra le molte difficoltà, il 13 novembre 1832 alle ore 20 Madre Nasi chiudeva la sua laboriosa vita terrena. Il mattino seguente saranno i suoi Terziari, che verranno a Valdocco a cantare l'Ufficio dei Morti. Dott. Comm. Carlo De Matteis Fervente terziario francescano ( dal 1897 ), successe al Ven. Paolo Pio Perazzo nella guida dell'Arciconfraternita dell'Adorazione. Fu esemplare e zelante finché la salute glielo permise. Infatti, dal 1899 dovette ritirarsi dalle molteplici attività a causa di una grave arteriosclerosi. Era nato a Revello il 31.7.1848. Si laureò in medicina e chirurgia nell'Università di Torino con ottima votazione. Esercitò per pochi anni la professione medica, poiché nel 1880 si dedicò alla grande industria dei legnami, divenendo presto un importante punto di riferimento nel settore, a livello nazionale. Quando ancora l'assicurazione antinfortunistica degli operai era facoltativa, egli si distinse nella tutela degli operai, tanto che fu eletto presidente generale dell'Unione Operaia Cattolica in Torino. Nel 1883 si era laureato a pieni voti in Scienze Naturali nell'Università di Genova. Ottenne in quell'anno uno speciale diploma di merito dal Municipio di Genova per l'assistenza volontaria prestata agli ammalati di colera a Sestri Ponente. A Torino fu Consigliere Comunale, presidente della Lega del riposo festivo, consigliere della Cassa di Risparmio e di varie società operaie. Con il Teol. Olivero attese, con i consigli e con cospicui soccorsi pecuniari, all'erezione della chiesa del Sacro Cuore di Maria, progettata dall'Arch. Ceppi. Fu pure eletto Conciliatore del V Mandamento di Torino. Nel 1898 perdette la sua diletta consorte Irene Ferrato. Con il Dott. Bonelli, pio terziario, seguì la vicenda di Giuseppina Comoglio, lasciandoci pure una dettagliata cartella clinica delle sue sofferenze. Il referto non ha solo l'impronta tecnica, ma il tocco di una profonda spiritualità. Con altri due medici fu presente alla seconda ricognizione necroscopica di Giuseppina Comoglio. Il testamento di Giuseppina ricorda che l'altare di Via Saccarelli fu donato dal Dott. Carlo De Matteis, pertanto potrà essere asportato nell'eventuale nuova sede dell'Arciconfraternita. Il 6.10.1899 venne collocata sul nuovo altare la Madonna delle sorelle Comoglio. Tra gli altri era presente il figlio del Dott. Carlo De Matteis, l'Ing. Filippo. Ing. Prof. Filippo De Matteis Terziario Francescano, fu membro attivissimo dell' Arciconfraternita. Era nato a Bene Vagienna l'11 giugno 1876. Laureatosi in Ingegneria, divenne stimatissimo professore del Politecnico Torinese. Per le sue benemerenze fu meritatamente decorato con la croce di cavaliere dal Governo. Dai genitori non ereditò solo grandi ricchezze, ma soprattutto grandi esempi, che lo aiutarono a maturare sempre più nella vita spirituale. Trovò nella sua sposa Cerruti Elvira Adele un valido appoggio per approfondire lo spirito dell'Arciconfraternita. È doveroso ricordare con riconoscenza il Prof. Filippo De Matteis per l'esemplarità della sua vita, ma anche perché volle che la sua cospicua eredità fosse devoluta all'Arciconfraternita, in modo da poter diffondere lo spirito eucaristico. L'Arciconfraternita poté così acquistare "l'Asilo Turbiglio", che funzionò per molti anni come asilo e come sede delle opere femminili della parrocchia San Tommaso. Mutata in seguito la composizione demografica del quartiere e le sue esigenze, il Consiglio dell'Arciconfraternita, dopo lunga e matura riflessione, deliberò di fare donazione all'Arcidiocesi dello stabile di Via Monte di Pietà 5, destinato poi dall'Arcivescovo Card. Saldarini a sede di alcuni Uffici della Curia Metropolitana. Cav. Luigi Gullino Amico intimo di Paolo Pio Perazzo e delle sorelle Comoglio, promosse con grande zelo l'Opera dell'Adorazione sia con la parola incisiva sia con gli scritti. Fu vice-presidente del Consiglio Centrale dell'Opera dell'Adorazione e in seguito presidente. Ricoprì la carica di Consigliere Comunale della Città di Torino. Fu pure presidente della Società degli Operai Cattolici di Torino. Legò fraternamente con il Prof. Filippo De Matteis. Negli ultimi tempi della sua vita fu colpito da grave infermità che lo rese paralizzato. Mori nel 1929. Giovanni Caneparo Terziario Francescano e più tardi Sacramentino, amico intimo del Ven. Paolo Pio Perazzo e delle sorelle Comoglio. Di carattere ruvido e intransigente quand'era convinto della "giusta causa". Possedeva però anche la semplicità del bambino, soprattutto quando si trovava davanti all'Eucaristia o alla statua della Madonna. Da semplice operaio falegname riuscì ad avviare un laboratorio con alcuni operai. Non nascondeva la sua fede, mentre i "socialisti" facevano la voce grossa. Per molti anni fu presidente della sezione operaia cattolica della sua parrocchia, promotore di pellegrinaggi, opere di pietà e di beneficenza. Si distinse particolarmente nella devozione eucaristica. Ogni giorno faceva la S. Comunione, iniziò con alcuni amici l'Adorazione notturna presso i Padri Sacramentini e con tutto zelo cercò di diffondere l'Adorazione Quotidiana. Mentre la salma di Paolo Pio Perazzo stava per lasciare Porta Nuova, pronunciò parole profetiche: "Tu ci lasci nel più acerbo dolore. Ma verrà un giorno che i nostri nipoti ti accoglieranno lieti. Tu ritornerai trionfalmente a Torino da santo". La profezia in parte si è realizzata il 19 marzo 1953. L'amore grande a Gesù Sacramentato lo spinse a lasciare tutto, famiglia compresa, e ad entrare nella Congregazione dei Sacramentini. Assumendo il nome di Fra Giuseppe Maria. Morì nell'ottobre 1919. Giuseppina Durando ( 1848-1915 ) Giuseppina Durando entrò molto giovane nella Fraternità di San Tommaso, dove ebbe modo di stringere una forte amicizia con le sorelle Comoglio e con Paolo Pio Perazzo. Era nata a Torino il 19 febbraio 1848: malaticcia, trascorse buona parte dell'infanzia a Viù. Solo dopo la morte del papà si trasferì definitivamente a Torino per attendere al lavoro di sarta. Anima eucaristica, si portava spesso nella nuova Cappella-Santuario di N. Signora del S. Cuore, dov'era conservato il SS. Sacramento, ai piedi della "Madonna dei disperati" ( come la chiamavano i torinesi di quel tempo, per le tante grazie concesse ). Altrettanto frequenti erano le visite di adorazione, protratte in S. Maria di Piazza presso i Sacramentini. Morì in C. Peschiera 29, conosciuta come la "santa della Crocetta". Giuseppe Bigatti ( 1878-1936 ) Nel 1908 nacque in Torino ad opera dei Gesuiti l'Opera dei Ritiri-Operai. Il tranviere Giuseppe Bigatti, terziario francescano, fu tra i primi ad aderirvi. Nato a Torino nel 1878, ebbe profonda vita interiore, alimentata dalla direzione spirituale ( aveva il direttore spirituale all'Annunziata ) e dai frequenti ritiri spirituali alla Villa S. Croce in San Mauro. Come operaio militò costantemente nel "sindacato bianco", mentre in quegli "anni rossi" ( come scriveva P. Righini, S.J. ) dominavano i "sindacati rossi". Era ben radicato nei principi cristiani e non si vergognava di parlare apertamente di Gesù Cristo. Alquanto rude di carattere, lo si notava sensibilissimo quando al sabato si recava alla Consolata per il suo piccolo pellegrinaggio o davanti alla grotta di Lourdes, mentre prestava il suo servizio agli ammalati come barelliere dell'Unitalsi, incurante della stanchezza delle 26 ore di viaggio. Uomo di grande equilibrio interiore, era pronto a difendere apertamente i diritti del lavoro, ma nell'agosto 1922, per protestare contro gli abusi di sciopero, non ebbe timore di uscire dal Deposito con la vettura tranviaria. Era una persona in vista, tanto da essere proposta al Parlamento. Per questo fu molto osteggiato dagli avversari, tacciato come "impostore" e una volta anche picchiato. Era però molto stimato dai compagni di lavoro. Dopo un turno di Esercizi Spirituali a Villa S. Croce ( 1927 ), predicati dal gesuita P. Picco, iniziò il reclutamento dei tranvieri torinesi e riuscì a iscrivere all'Apostolato della preghiera ben 400 amici, compagni di lavoro. Nel 1929, in occasione dell'Anno Santo, organizzò il pelleginaggio a Roma dei tranvieri torinesi, collegandosi con i colleghi romani. Nel 1935 ebbe la gioia di trovarsi per l'ultima volta con i tranvieri alla Consolata per la Messa, celebrata dall'Arcivescovo Cardinale Maurilio Fossati in occasione del precetto pasquale. Da due anni i Padri Francescani di S. Tommaso l'avevano incaricato di seguire un'Associazione caritativa, sotto la protezione di Nostra Signora del Sacro Cuore e del Servo di Dio Paolo Pio Perazzo. Anche lì diede il meglio di se stesso. Il 24 aprile 1935, presenti due figli, che si erano consacrati al Signore, chiuse la sua laboriosa vita terrena. Geom. Germano Maranzana ( 1899-1984 ) Nella visita guidata della basilica inferiore di Assisi è d'obbligo una sosta di fronte alla riproduzione del Lorenzetti. È sempre commovente l'interpretazione del colloquio, che intercorre tra la Madonna ed il Bambino Gesù: "Chi ha amato di più? ... Giovanni Evangelista ( posto alle spalle del Bambino ) o Francesco ( posto alle spalle della Madonna )? ...". Con il pollice della mano riverso verso Francesco, pare dire: "Ha amato di più Francesco". Si tratta di una delicata interpretazione, bene ambientata in quel luogo. In realtà, ieri come oggi, sono molti quelli, che cercano di imitare S. Francesco sulla strada dell'amore. Ancora oggi è di casa la santità nell'Ordine Serafico. A 16 anni dalla morte è bello rievocare la figura del geom. Germano Maranzana. Entrato sedicenne nella Fraternità di San Tommaso, ne divenne più tardi ministro mantenendo l'incarico per molti anni. Fu pure presidente della Fraternità maschile Paolo Pio Perazzo, del Consiglio regionale del Terz'Ordine e membro del Consiglio nazionale. Come presidente del Consiglio regionale piemontese dell'Ordine francescano secolare appoggiò la richiesta dell'Ing. Filippo De Matteis di affidare al Terz'Ordine la responsabilità diretta dell'Arciconfraternita dell'Adorazione, cui oggi aderiscono molti Terziari Francescani di Torino e del Piemonte. Come successore di Paolo Pio Perazzo nella presidenza dell'Arciconfraternita dell'Adorazione, si prodigò, con affettuosa venerazione, per il rientro della salma del Servo di Dio dal cimitero della natia Nizza Monferrato alla chiesa di S. Tommaso in Torino ( 19 marzo 1953 ) per una più adeguata tumulazione in considerazione dell'avviata causa di beatificazione. Dopo un'intensa attività operativa presso le Ferrovie dello Stato ( dove ebbe modo di prendere visione di manoscritti, documenti e ordini di servizio del Perazzo ancora vigenti negli anni dell'anteguerra ), fu collaboratore dell'illustre e ben noto ing. Guala; indi avviò uno studio professionale tecnico che resse praticamente fino alla morte. Chi ebbe la grazia di avvicinarlo, lo ricorda con la sua sposa Lina, entrambi anime profondamente eucaristiche. Del caro geometra molti ancora rammentano le sue parole vibranti di commozione, accompagnate dagli occhi luccicanti di lacrime, mentre parlava del mistero eucaristico. Lasciò questa terra il 2 marzo 1984. Di fronte alla mirabile santità di Dio, che rifulge nelle sue creature, non resta che pregare con San Francesco: "Laudate et benedicite mi Signore et rengratiate et serviateli cum grande humilitate" Postfazione In questo anno giubilare, in cui il Santo Padre Giovanni Paolo II ci invita a riscoprire e seguire più da vicino Gesù Redentore, seguendo le orme di coloro, che non hanno avuto paura di imitare il Divin Maestro, ho redatto il presente opuscolo, senza presunzione di approfondimento, mettendo in evidenza alcuni tratti di figure, che, proprio tra le mura della chiesa parrocchiale di San Tommaso in Torino, nella quotidianità, hanno cercato di realizzare la loro vita cristiana. Si tratta di uno scritto privo di ogni artificio, oggettivo ( così come risulta dalle fonti consultate ), semplice, che, senza anticipare il giudizio della Chiesa, è diretto alla glorificazione di anime grandi, che in San Tommaso trovarono incentivo per la loro santificazione e a nostra comune edificazione. Pertanto il contenuto è di fede umana, sottoposto devotamente in ogni sua parte all'autorità della Chiesa. Torino, 2 febbraio 2000 festa della Presentazione del Signore Can. Giuseppe Ferrero, Parroco di S. Tommaso Direttore dell'Arciconfraternita dell'Adorazione Bibliografia Paolo Pio Perazzo, Il ferroviere santo, P. Giorgio Racca Paolo Pio Perazzo, P. Mariano Manni Un apostolo di Gesù Crocifisso, P. Francesco Maccone Processo Informativo Diocesano di Fr. Leopoldo Musso Il segretario del Crocifisso, Fratel Teodoreto Fratel Teodoreto, Fr. Leone di Maria I servi di Cana, P. Renato Vasconi Santità Serafica, P. Giuliano Gennaro Parrocchia e Convento francescano, P. Francesco Maccone Nostra Signora del Sacro Cuore di Gesù, Armando Bracco Sorelle Teresa e Giuseppina Comoglio, P. Mariano Manni Giuseppina Comoglio, Dott. Carlo De Matteis La Gran Madre di Dio, Paolo Pio Perazzo Madre Marianna Nasi, Can. Bernardo Chiara S. Tommaso apostolo, Bruno Sammaciccia Lucia Bocchino Rajna, Attilio Vaudagnotti Catechismo Chiesa Cattolica Tertio Millennio Adveniente, Enciclica di Giovanni Paolo II