Una storia a due: Gesù Crocifisso e Fra Leopoldo

Casa di Carità?

Attorno all'umile frate di S. Tommaso, c'e sempre, in questi giorni del 1920, un gran movimento di uomini illustri, che si ispirano a lui ricevendone consiglio e luce, che si impegnano a dare inizio alla scuola da Gesù proposta per Torino e per altrove: i già citati ingegneri Sella e De Matteis, il Conte Emiliano Avogadro di Collobiano, il Conte Arborio Mella ... il Canonico Capitani, che è un avvocato ...

Ma soprattutto c'è Gesù che continua a rivelarsi a lui in un'intimità straordinaria: intimità che gli fa superare ogni difficoltà, anche le più grandi.

Il settembre 1920, a Torino, è rovente: vengono occupate le fabbriche dai socialcomunisti e sui tetti della FIAT sventola bandiera rossa.

C'e da aver paura, ma Gesù non teme nulla.

Il 18 ottobre 1920, nei locali preparati durante l'estate, si apre la scuola con corsi diurni e serali: 60 allievi di giorno, 70 alla sera.

L'insegnamento in parte viene affidato ai Catechisti del SS.mo Crocifisso.

La disciplina e la serietà del piano di studi lasciano prevedere fin dal primo anno un ottimo avvenire all'opera.

Si sente presto la necessità di estendere l'Opera e si tratta per avere i locali dell'albergo Castelvecchio.

Gesù spiega che la scuola deve chiamarsi "Casa di Carità" in quanto la carità teologale, intesa come Gesù che continua a vivere e a amare e a irradiare attraverso docenti, istruttori, animatori, allievi, dovrà essere al centro di tutto.

Ma questo titolo, espresso negli scritti di Leopoldo, viene compreso solo in parte.

Gesù dice: "Non vorrei che la Casa di Carità venisse ostacolata per opera d'uomo" ( 27 ottobre 1920 ).

Il 7 e l'8 novembre 1920, si svolgono a Torino le elezioni amministrative per il Comune.

I socialcomunisti sono sicuri di vincere.

Anzi hanno già assicurato che innalzeranno la bandiera rossa anche sul convento di S. Tommaso, ma Leopoldo sa direttamente da Gesù, che non vinceranno.

La sera dell'8 novembre, giungono da Leopoldo, fratel Teodoreto e fratel Isidoro, direttore delle scuole di S. Pelagia, a domandargli: "Che faremo ora, riguardo alle nostre opere, ora che i socialisti hanno vinto?".

Leopoldo risponde: "Gesù mi ha assicurato la vittoria".

Martedì 9 novembre 1920, si apprende che hanno vinto i popolari di don Sturzo!

Dunque l'amministrazione civica della città è in grado di favorire l'orientamento cristiano-cattolico delle istituzioni, scuola compresa.

Il 17 dicembre 1920, nel verbale dell'adunanza del Consiglio di Amministrazione viene scritto: "Si stabilisce di chiamare la scuola Istituto di Arti e Mestieri".

E la carità? C'è il rischio di dimenticarla!

Il 17 febbraio 1921, Leopoldo sente da Gesù Crocifisso: "Concedo alla loro mano tutto ciò che abbisognano per portare avanti la scuola della Casa di Carità Arti e Mestieri, ma si ricordino sempre di domandare la carità".

Esaminati gli scritti del frate, ormai settantenne, il 4 marzo 1921, si propone la nuova denominazione dell'opera "sorta per volere di Dio, come ci venne partecipato da un religioso laico francescano che è in comunicazione con il Signore, il quale l'ha appunto così denominata".

Viene anche affermato lo stretto nesso tra l'Unione Catechisti e le Scuole.

La proposta incontra numerose opposizioni …

Gesù raccomanda a Leopoldo : "Di' loro che Io non voglio un'opera umana.

Voglio un'Opera divina; e un andamento, nella Casa di Carità, secondo il mio Cuore" ( 10 marzo 1921 ).

Ancora: "Se stanno ai detti che sono preparati, tutto andrà bene; ma se vogliono fare diversamente, si lamenteranno dopo.

Tutto è compreso, Scuole, Arti e Mestieri: da quelli che vogliono offrire denaro, lo prendano pure, non a scopo di paga, ma di carità" ( 28 aprile 1921 ).

Che nome dunque dare all'Opera ormai nata? Seguono discussioni su discussioni.

Leopoldo insiste che essa è opera di Dio e come tale dovrà avere il nome da Lui proposto ed essere animata dalla carità, cioè dal Cristo che ama, serve, irradia nelle anime, a cominciare da quelle giovanili che vi verranno.

Così contrastato, fra Leopoldo ne soffre moltissimo; i più gravi dispiaceri, ormai che si avvicina al tramonto della sua vita.

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