DiarioFL/Biografie/StoriaDUe/StoriaDue.txt Una storia a due: Gesù Crocifisso e Fra Leopoldo Paolo Risso Presentazione L'Autore di quest'agile profilo biografico, l'amico Prof. Paolo Risso, sperimentato "cultore dei santi", mi ha chiesto di premettervi brevi parole di presentazione. Gli sono fraternamente grato. Innanzi tutto perché, con il suo avvincente stile e dopo approfondite ricerche, narra la vicenda di un singolare Frate Minore, la cui Causa di beatificazione è curata da questa Postulazione. E poi, perché questa sua meritoria fatica, sollecitata dalla devozione dell'Unione Catechisti di Torino, intende promuovere nuovo e più vasto interesse per il caro Fra Leopoldo Maria Musso e per il "Messaggio" di cui fu costituito "confidente" e testimone. Scorrendo con vivo interesse le pagine di questo volumetto, nasce la speranza che saranno veramente tanti non solo i lettori, ma soprattutto i generosi discepoli della Croce e del suo messaggio di redenzione e di vita. Fra Leopoldo Maria ci ripete, con la forza persuasiva della sua eroica testimonianza, che se Dio si è donato a noi in Gesù, fino alla morte e alla morte di croce, così anche noi non possiamo più vivere per noi stessi, ma solo per Lui e con Lui, fatti dono d'amore per i fratelli. Alla sorgente della vita, cioè alla Croce del Signore, guidato da Fra Leopoldo, attinse l'ardore della santità eroica il Venerabile Fr. Teodoreto Garberoglio, fervente Fratello delle Scuole Cristiane di Torino, scelto dal Crocifisso per dare vita, nella Chiesa, ad una schiera d'apostoli coraggiosi, l'Unione Catechisti. Auguro perciò che questo pregevole profilo abbia la più ampia diffusione, nella speranza che il "messaggio" recato dall'umile francescano di Terruggia trovi generosa e dinamica accoglienza, e la "storia a due" continui feconda nel tempo, per nuovi traguardi di santità! Roma, via S. Maria Mediatrice, 15 luglio 2007, festa di San Bonaventura, vescovo e dottore della Chiesa. Cronologia 30 gennaio 1850: nasce Luigi Musso a Terruggia Monferrato (AL). Viene battezzato lo stesso giorno, per il timore che fosse in pericolo di vita. 24 maggio 1857: riceve la Cresima da S.E. Mons. Luigi Nazari di Calabiana, Vescovo di Casale. Probabilmente non si tarderà molto ad ammetterlo alla Prima Comunione. 1858: dopo la scuola elementare, è collocato dal padre presso il medico del paese, dott. Boltri, che lo impiega nei servizi di casa. 1869: lascia la famiglia e si mette al servizio di un ricco proprietario vercellese, in seguito riconosciuto pessimo per la sua riprovevole condotta morale. Viene poi accolto da Mons. Miglione, Canonico del Duomo di Vercelli. 5 agosto 1870: muore il papà e provvede ad aiutare la mamma vedova entrando come cuoco a servizio della famiglia dei Conti Arborio Mella di Vercelli. Novembre 1887: in sogno ha la visione di Maria SS. Addolorata, che gli rivolge queste parole: "Ricordati di ciò che ha sofferto mio Figlio". 1889: fa domanda e ottiene il posto di capo-cuoco nel Collegio Dal Pozzo in Vercelli. 23 luglio 1890: in seguito a calunnie, deve lasciare il Collegio; si trasferisce a Torino, trova lavoro come cuoco presso la famiglia del Conte Emilio Caisotti di Chiusano ( dove rimarrà per 7 anni ) e alloggia presso la famiglia dei fratelli Vacca, in Via della Consolata 1, sotto la parrocchia di S. Dalmazzo. Suo padre spirituale diventa il barnabita P. Cozzi. Estate 1893: a Viale d'Asti, nel periodo della villeggiatura della famiglia, ha in sogno la visione dell'anima abbracciata ai piedi di Gesù Crocifisso, staccata da terra: è l'immagine che viene riportata sulla "Adorazione a Gesù Crocifisso". 1893: a Torino nella Chiesa di S. Dalmazzo, appena ricevuta la santa Comunione, sente questa voce: "Tra Me e te, in avvenire, ci sarà una grande intimità". 1897: torna a Terruggia per assistere la madre inferma. 8 maggio 1899: guarigione miracolosa di fra Leopoldo, dalla polmonite, e di sua mamma, entrambi in punto di morte. Prende servizio presso i Padri Camilliani a Casale. 11 maggio 1900: muore la mamma. Nei giorni successivi ha in sogno la visione della Madonna, della Trinità e della gloria eterna. 17 dicembre 1900: è accettato nell'Ordine dei Francescani Minori a Torino, nel convento di S. Antonio da Padova. 18 gennaio 1901: veste l'abito francescano come terziario col nome di Leopoldo Maria. 21 gennaio 1901: viene destinato al convento-parrocchia di S. Tommaso. 1° aprile 1905: vestizione religiosa e inizio del Noviziato. 6 aprile 1906: professione religiosa semplice ( voti temporanei ). 2 agosto 1906 ( festa della Madonna degli Angeli ): ha origine la pratica della Adorazione. Dal Diario: "Il mio buon Gesù mi fece intendere: si faccia l'Adorazione come nel Venerdì Santo, e molte grazie e favori concederò a tutti quelli che in grazia di Dio si prostreranno ad adorarmi". 7 luglio 1907: approvazione della Adorazione a Gesù Crocifisso da parte di Mons. Castrale della Curia di Torino. 26 aprile 1909 ( festa della Madonna del Buon Consiglio ): professione religiosa solenne ( voti perpetui ). 25 ottobre 1912: conosce il ven. fr. Teodoreto. 23 aprile 1913: riceve un messaggio per fr. Teodoreto: "Dirai al fr. Teodoreto che faccia ciò che ha nella mente". "Abbia fede in tutto ciò che Gesù gli fa sentire" ( dal Diario ). 17 maggio 1914 ( festa di S. Pasquale Baylon ): inaugurazione della Unione del SS.mo Crocifisso, il cui Regolamento è approvato dal Card. Agostino Richelmy. 18 gennaio 1915: Papa Benedetto XV approva la Adorazione a Gesù Crocifisso e scrive: "Preghiamo il Signore di colmare di grazie il direttore e gli ascritti alla Pia Unione del SS.mo Crocifisso canonicamente eretta in Torino, perché i sacerdoti colla voce e con l'esempio e i secolari con la santità della vita debbono sempre predicare Jesum et hunc Crucifixum". Luglio 1917: esce il primo numero del Bollettino "L'amore a Gesù Crocifisso". 24 novembre 1919: l'ispirazione della Casa di Carità. Dal Diario: "Nella santa Adorazione, alla piaga della mano sinistra, Gesù disse: "Per salvare le anime, per formare nuove generazioni, si devono aprire Case di Carità per far imparare ai giovani arti e mestieri" ". 11 ottobre 1920: in sogno ha una visione, con la seguente spiegazione: "I Vescovi che hai veduto sono tutti quelli che devono impegnarsi a far erigere nelle loro diocesi Scuole di Arti e Mestieri modellate su quelle di Torino, per la riforma del mondo, cominciando dalla gioventù educandola cristianamente". 27 gennaio 1922: Fra Leopoldo muore. Alle esequie, celebrate il giorno dopo, vi è un concorso imponentissimo di folla, nonostante la mancanza di avvisi e cadesse molta neve. 24 gennaio 1941: inizio presso la Curia di Torino della inchiesta diocesana per la sua beatificazione che termina il 4.6.1943. 26 aprile 1948: la salma del Servo di Dio viene traslata dal cimitero monumentale di Torino alla Chiesa di S. Tommaso, nella Cappella di N.S. del S. Cuore, dove Fra Leopoldo adorava l'"amabilissimo Signore Gesù Crocifisso, con Maria SS.ma e tutti gli Angeli e Beati del Cielo". Nato e subito rinato Una collina ridente, coperta di vigneti, invasa di sole e di luce. Le case raccolte attorno alla chiesa dall'aguzzo campanile, quasi due mani giunte rivolte al Cielo. Terruggia Monferrato ( diocesi di Casale ) in provincia di Alessandria. L'anno appena iniziato - 1850 - a metà dell'Ottocento dovrebbe essere "Anno santo". Papa Pio IX, esule a Gaeta fin dal 24 novembre 1848, a causa dei rivoluzionari che a Roma hanno stabilito la repubblica con l'intento di allontanarvi per sempre il Vicario di Cristo, non ha indetto il Giubileo. Anche a Terruggia si è pregato per il Papa esule. Anche nella famiglia di Giuseppe Musso e Maria Cavallone, che abitano nella casa colonica - Via Roma, n.5 - dell'intendente di finanza ing. Noè, come giardinieri. Il 30 gennaio 1850, nasce un bambino piccolo, fragile di salute, e si teme riguardo alla sua vita. Per questo viene subito battezzato e lo si chiama Luigi. È la realtà più grande: esser nato e subito rinato dall'acqua e dallo Spirito Santo, ad immagine di Gesù. Luigi cresce nella casa di campagna, imparando dai suoi genitori, in primo luogo dalla mamma, a conoscere Gesù e a pregare. Si rivela intelligente, assai sveglio, osserva e ricorda tutto, i discorsi e gli esempi buoni dei suoi. In casa c'è il Crocifisso alla parete, davanti al Quale papà si toglie il cappello e la mamma lo indica con la mano. Un ago contro i manigoldi Nel cortile della casa, nel giardino che il padre lavora per conto dell'ingegner Noè, Luigi, con i fratelli, si sazia di sole e di luce, gioca, canta, si apre alla vita. Di pochi anni, già attira l'attenzione su di sé. Ha sempre qualcosa di bello e di nuovo da dire. Sa giocare e parlare, tacere e ascoltare. Impara, dalla mamma, molte cose grandi e utili. Si accorge che, al di là del piccolo mondo del suo paese, c'è un mondo diverso e meraviglioso: "il mondo di Dio". Un giorno, la mamma gli dà un libro con le immagini della Via Crucis, il percorso di dolore e di amore che Gesù, carico della croce, fece dal pretorio di Pilato al Calvario, la sua crocifissione, la sua morte. La mamma gli narra la Passione di Gesù, facendogli scorrere davanti agli occhi quelle immagini ... Luigi ne è commosso, segnato dentro, così da non dimenticarlo più. Gesù - gli ha spiegato la mamma - ha sofferto tutto per noi, per espiare il peccato degli uomini: "Anche i tuoi peccati, Luigino. Lo dobbiamo ricambiare con il nostro amore". Il bambino ha un'idea: vuole sollevare subito Gesù dalle sue pene. Cerca un ago e comincia a pungere i manigoldi che maltrattano il divino Innocente, perché smettano subito di farlo soffrire. La mamma gli domanda: "Ma che fai? Perché tutti quei buchi?". Luigi risponde: "Non voglio che quei cattivi maltrattino Gesù". Per la formazione cristiana ricevuta dai genitori, il Crocifisso è entrato nella sua vita. Luigi ha già cominciato a guardarlo. Attorno ai sette anni, frequenta la scuola elementare: soltanto le prime classi, sicuramente la prima e la seconda, forse la terza, quanto basta per imparare a leggere, scrivere e fare i conti, l'indispensabile per l'esistenza. Nei brevi anni di scuola, Luigi impara molto: saprà scrivere bene, appassionarsi alla lettura. Nel frattempo, in casa, apprende a lavorare: un po' per volta saprà svolgere diversi incarichi, nel giardino, nei campi, in cucina, sempre pronto a togliersi da ogni necessità, con buon senso e concretezza. Con i genitori, frequenta la parrocchia: la Messa e i Vespri alla festa; spesso anche nei giorni feriali va a Messa con la mamma, al Rosario, in chiesa. Ascolta le istruzioni che il parroco tiene a tutti con un linguaggio semplice e pratico. Si prepara a ricevere la Cresima, frequentando il catechismo in parrocchia, imparando a diventare, come si dice nel suo tempo, "soldato di Gesù Cristo". Nel giorno in cui la Chiesa celebra la festa della Madonna Ausiliatrice, voluta dai Pontefici affinché il popolo cristiano affronti il buon combattimento della fede e proceda sicuro fra le tempeste del mondo fino alla patria celeste, il 24 maggio 1857, Luigi Musso, sette anni, riceve la Cresima da Mons. Luigi Nazari di Calabiana, Vescovo di Casale. Avrà presto da lottare, anche lui, e da vincere. L'Ostia che attrae La più grande scoperta di Luigi, in quegli anni della sua fanciullezza è che Gesù - Gesù immolato al Padre, come ha imparato ad amarlo, guardando il Crocifisso - è vivo, proprio Lui, vivo e vero nell'EucarIstia. Sull'altare Egli continua a offrirsi in sacrificio al Padre e a donarsi ai fratelli come Pane di vita. Ascolta - a bocca aperta - il racconto meraviglioso di Gesù che, durante l'ultima cena con i suoi apostoli, ha lasciato il Sacramento della sua presenza reale, del suo Sacrificio, cambiando il pane e il vino nel suo Corpo sacrificato, nel suo Sangue sparso. Gli nasce dentro il desiderio, sempre più intenso, di andare a riceverlo nella prima Comunione; poi, in seguito, ogni volta che vorrà. Nel suo tempo, i ragazzi non sono ammessi alla prima Comunione, che verso gli undici - dodici anni. Luigi si prepara, frequentando il catechismo con i coetanei, pregando mattina e sera con i suoi genitori, assistendo sempre ogni domenica alla Messa, "scappando" di frequente a visitare Gesù, il suo grande Amico, nel Tabernacolo, contemplando con amore l'Ostia santa durante la benedizione eucaristica. Un giorno, alcuni muratori che lavorano nel cortile della sua abitazione, lasciano della calce e del cemento. Luigi - decenne - usa quel materiale per modellare un ostensorio. Lo mette a seccare, sperando di aver così in casa un segno che gli ricordi ogni momento Gesù - Ostia. L'ostensorio gli riesce così bene che i suoi genitori lo espongono sopra un mobile nella camera più bella. Lì Luigi innalza un altarino alla Madonna, lo orna con i fiori, si ferma a pregare, lì porta i suoi fratelli, anche quelli più grandi, che a volte non hanno voglia di pregare: sebbene sia il terzogenito, si impone con i suoi modi insinuanti e forti allo stesso tempo, li raduna e li fa pregare devotamente. Lì ama ritirarsi, per evitare i compagni più turbolenti, e pregare in serenità. Al catechismo impara "la storia sacra" - Dio che fa alleanza con il suo popolo, manda i patriarchi, i profeti, finalmente il Figlio suo - assimila lo spirito che devono avere i suoi amici. Finalmente è ammesso alla prima Comunione. Non sappiamo la data precisa, ma è una grande gioia unirsi a Gesù, Uomo-Dio, entrare in intimità con Lui. D'ora innanzi non ha che un desiderio: essergli fedele, osservare la sua Legge, amarlo, farlo amare. I suoi di casa, quelli che lo conoscono, vedono che Luigi, dopo la prima Comunione, cambia, diventando sempre migliore. Qualcuno dopo essere stato un po' in sua compagnia e sentito i suoi discorsi, commenta: "Le cose che dice sono cose da santo!". Gesù - Ostia lo ha affascinato, ha attratto il suo cuore e, ora, penetrando spesso in lui, lo modella a sua immagine e somiglianza: vero, puro, forte, lieto, come Lui. Si avvia ormai alla adolescenza, Luigi, con il fascino e l'irrequietezza dell'età che sale. Ma ha le idee chiare, la luce per distinguere il bene dal male, l'energia per scegliere il bene ed essere gradito a Dio. Sa che la virtù più bella, in particolare per la sua età, è la purezza, che un intimo di Gesù è prima di tutto puro. Un giorno, si incontra con un malvagio che vuole indurlo al male. Luigi gli resiste e smaschera le sue cattive intenzioni. Quello gli si scatena addosso con una serie di schiaffoni. Comincia "davvero bene", come si addice al vero discepolo, che non è mai di più del divino Maestro: schiaffeggiato per Gesù. La nipote Luigia, figlia di Vincenzo, fratello di Luigi, confermerà un giorno: "La pietà di Luigi era così singolare che sebbene fosse il terzo-genito, riusciva a raccogliere i suoi fratelli per la preghiera; quando non ne avevano voglia, li induceva con le sue dolci maniere a pregare". Precoce lavoratore L'8 dicembre 1854, Papa Pio IX ha proclamato il dogma dell'Immacolata Concezione di Maria: ella è la Tutta - Santa e non c'è mai stato in lei neppur l'ombra del peccato originale. Tra il popolo cristiano, si diffonde un'intensa devozione alla Madonna. Luigi, ragazzo, impara a voler bene alla Madonna. A Lei, con gioia dell'anima, offre spesso il Rosario, come ha imparato dalla mamma, e il canto di laudi sacre: la mamma gli ha insegnato a cantare e lui si serve del canto per attirare gli amici alla preghiera. Impara a suonare la chitarra discretamente bene. Ma ora è giunta per lui l'ora di andare a lavorare. Luigi è sistemato dal padre, presso il dottor Boltri, medico condotto del paese, dove si impratichisce in tanti servizi: aiutante, giardiniere, commissioniere e, quando avrà qualche anno in più, vetturino, cuciniere ... Il lavoro è così simile a quello del padre che è a servizio del sig. Noè intendente di finanza, la qual cosa è, ai suoi tempi, un buon impiego. Come lo è altrettanto lavorare presso il medico che assume Luigi, proprio per le sue buone qualità. È laborioso, fidatissimo, simpatico e affabile con tutti, assai più giudizioso di quanto potrebbe far pensare la giovanissima età. Avviandosi verso la giovinezza e l'età adulta, Luigi, diversamente da altri, non lascia Gesù, anzi approfondisce la sua conoscenza, cresce nel suo amore. Famigliari e amici lo vedono occupatissimo tutto il giorno, senza mai stare in ozio, e fedelissimo alla preghiera quotidiana, alla Messa festiva, con la Confessione e la Comunione frequentissime e regolari. Ama intrattenere gli amici con la chitarra e il canto e in amabili e liete conversazioni. Non solo i suoi, ma molti, a Terruggia, lo considerano un modello di ragazzo. Nel suo conversare, entra spesso Gesù. È un "piccolo servo" di campagna, ma è distinto come un signore. Un giovane, ad immagine di Gesù, venuto non per essere servito, ma per servire e far della vita un dono. In cerca del pane 1869. Luigi Musso ha 19 anni. È un giovane limpido e buono. Da dieci anni, lavora nella sua Terruggia, da dove non si è mai allontanato. Il giovane lascia il paese e si stabilisce a Vercelli, portando in cuore la sofferenza per il distacco dal suo ambiente natìo. Nella casa che lo ospita a Vercelli, passa breve tempo e Luigi si accorge che il padrone non è come si era creduto, anzi è un pessimo soggetto per la sua condotta. Luigi lo lascia subito, pur sapendo di trovarsi "in mezzo alla strada". Senza scoraggiarsi, cerca un altro lavoro ... È accolto in casa da Mons. Giuseppe Miglione, canonico della cattedrale, come cuoco. Lì si sente subito a suo agio e rimane per diversi anni, non solo come cuciniere ma come "uomo di fiducia" affezionato e premuroso per tutte le necessità. Nel 1870, il 5 agosto, a Terruggia muore suo padre. Sarà Luigi più di tutti, a pensare alla mamma, sino alla fine. Mons. Miglione prende ad apprezzarlo sempre di più per l'impegno e la precisione nel servizio, per la bontà e la pratica cristiana. Tutte le mattine, prestissimo, Luigi va a Messa e spesso si confessa e si accosta alla Comunione. Al ritorno, fa la spesa e le commissioni per la casa. Durante la giornata, lavora senza risparmiarsi, in umiltà e nascondimento. Prima di sera, dovendo uscire per altre necessità, si reca in qualche chiesa per far visita a Gesù Eucaristico. Nel silenzio della sua stanzetta, prolunga la preghiera: il Rosario alla Madonna, della quale è devotissimo. Appena può "scappa" a Terruggia per qualche ora di compagnia alla mamma e per portarle gran parte del frutto del suo lavoro. Non è un isolato. Oltre alle buone relazioni mantenute al suo paesetto, a Vercelli si lega con diverse persone. Fin dai primi giorni, ha scoperto che in città ci sono diversi monferrini, quasi suoi conterranei: commercianti, albergatori, addetti a diversi impieghi. Una mattina, andando al mercato per fare la spesa quotidiana, incontra un altro cuoco, come lui, Giuseppe Necco, di Casale Monferrato, il quale è occupato in una famiglia. Costui lo porta a conoscenza di altri cuochi: ne nasce un gruppo di amici affiatati, che si incontrano, dopo il lavoro, per qualche ora di svago. Ma dal suo arrivo a Vercelli, sono già passati alcuni anni. Luigi si è fatto un giovane uomo con gli occhi apertissimi su quanto lo circonda. Ha solo frequentato le prime classi elementari, ma ha sempre continuato a istruirsi: la "storia sacra", il Vangelo di Gesù, buone letture che gli fanno conoscere la vita della Chiesa. Sicuramente Mons. Miglione lo aggiorna sui fatti del tempo: il Concilio Vaticano I e l'impegno della Chiesa per portare il Vangelo alla gente del tempo, le lotte di certuni contro la religione, la nascente Azione Cattolica, l'ostilità contro il Papa, ma anche il raccogliersi dei cattolici migliori attorno a lui, che proclamato il dogma dell'infallibilità come maestro della fede e della vita cristiana, appare sempre di più come il Maestro e il Pastore universale. Preghiera, lavoro ... Diventato amico di Giuseppe Necco, nella stagione di lavoro 1878/79, Luigi frequenta per qualche tempo altri giovani occupati nel medesimo suo lavoro. Vi porta il suo stile semplice, fermo e disinvolto di vita cristiana. " Luigi - dirà il Necco - fu sempre nel nostro gruppo di giovani il più moderato nei sollievi che prendevamo dopo le fatiche dell'impiego. Egli aveva un contegno modesto e non prendeva parte a tutti i divertimenti, come, per esempio, il ballo. Di sentimenti profondamente religiosi, era di grande esempio a tutti noi, imponendosi con i suoi modi affabili, ma riservati ". Nessuno riesce a trascinarlo dove lui non vuole. Sa andare controcorrente, anzi, con diverse persone che incontra è lui che trascina. Ha subito impressionato tutti la sua presenza ogni mattina, prestissimo, alla prima Messa in duomo: orante, raccolto, fervoroso, spesso partecipe alla Mensa eucaristica. Si presta a servire la Santa Messa. Non conosce rispetto umano: vive il Vangelo a fronte alta. Dopo un po', non piacendogli più le compagnie che ha iniziato a frequentare, le lascia: con cordialità e cortesia verso tutti, ma con estrema decisione, consapevole di vivere nel mondo, ma non del mondo, come gli amici veri di Gesù. Rimane solo? Non proprio. A Messa, Luigi è presto notato da Fratel Basilio, delle "Scuole Cristiane", direttore della vicina scuola gratuita dei poveri. Basilio lo invita nella sua comunità, ne conosce l'anima luminosa. Lo propone ad esempio ai suoi allievi. Ora Luigi approfondisce la lettura e la meditazione. Si prepara così a diventare apostolo di Gesù nel mondo, con maggior sicurezza. È lui stesso a narrarlo: " Sbrigati i miei lavori di cucina, mi dedicavo alla lettura, ma quella da me preferita era La buona settimana ( un periodico religioso, stampato per 50 anni a Torino ), che nel 1887, pubblicava la vita del Servo di Dio Tommaso Moro, che mi confermava sempre di più nella fede e nella pratica delle virtù ". È da notare che Tommaso Moro è il primo ministro di re Enrico VIII, re d'Inghilterra, nel momento in cui costui, ribellandosi al Papa, inizia lo scisma anglicano. Tommaso Moro, rifiutando la sua approvazione al malaffare del re, finì decapitato: martire della fede, con l'Arcivescovo di Londra Cardinale John Fisher. Esempi come questi, attinti nel periodico popolare e alla portata di molti, ma ricco di idee e di progetti cristiani, fortificano Luigi nella fede e lo animano a impegnarsi per condurre gli altri a Dio. Un sogno, una visione Dalle letture quotidiane, semplici e dense, Luigi apprende la sapienza dei santi. È rassicurato nella sua ascesa dalla voce dei buoni sacerdoti che avvicina in confessione. Medita e prega e diventa presto un contemplativo, secondo quanto scrive l'Imitazione di Cristo: " Se non sai meditare cose alte e celesti, fermati alla Passione di Cristo e abita volentieri nelle sue sacre Piaghe " ( II,1,4 ). Grazie alla meditazione e alla preghiera, Luigi ha ormai imparato a inserire il Vangelo, lo stile e lo spirito di Gesù, negli incontri e nei discorsi con le persone che avvicina. Chi lo ascolta, ne rimane illuminato, penetrato, scosso in profondità. Sa dire le parole giuste, citando il Vangelo, le vite dei Santi, l'esempio buono che trascina. Qualcuno sorride ironico, ma molti lo ascoltano volentieri, anzi lo ricercano come l'amico buono. Nel 1884 - Luigi ha 34 anni - è morto Mons. Miglione, ma lui non rimane senza lavoro. La sua fama è così buona che subito è accolto come cuoco nella famiglia dei Conti Arborio Mella nella stessa città di Vercelli. Ama intensamente la Madonna, che lo custodisce per il Figlio suo Gesù e per sé. Abbiamo visto il ritratto di Luigi Musso in questi anni: è un giovane uomo distinto, dallo sguardo nobile e puro, i capelli ondulati spartiti in mezzo al capo, i baffetti folti, secondo la moda del tempo, assai elegante. Ma è l'uomo di un solo unico Amore: Gesù Cristo. Poteva amare ed essere riamato, farsi una famiglia sua, avere dei figli. Nulla di tutto questo. C'è Gesù solo nella sua vita: Luigi vive solo per Lui. Forse fin da bambino pensava a consacrarsi a Lui nella vita religiosa, ma finora, o per necessità di assistere la madre o per il dissesto delle comunità religiose causato dalle leggi dello stato ( 1854/55 e poi ancora 1866 ) che le hanno soppresse, è rimasto nel mondo. Il suo cuore, la sua vita, il suo essere appartiene però a Uno solo: Gesù Cristo. Forse Dio lo ha lasciato 50 anni per le vie del mondo, per far di lui un modello anche per i christifideles laici, per i buoni cattolici chiamati a essere luce e sale della terra nelle cose del "secolo". " Nel mese di novembre 1887 - scrive Luigi nel suo Diario - ebbi in sogno una visione di Maria SS.ma: vidi la Vergine Addolorata, in atteggiamento mestissimo, con il capo nobilmente chino, e dolcemente mi disse: "Ricordati di ciò che ha sofferto mio Figlio". Sebbene non intendessi tutto il significato di queste parole, tuttavia mi rimasero impresse nella mente. Disparve la visione e nel mio povero cuore andavo meditando la bontà, la pietà, la misericordia di Maria SS.ma verso i poveri peccatori. Non dimenticherò più l'invito della Madonna " . Ora l'invito di Maria SS.ma gli appare "come la chiamata di Dio ad un apostolato, specialmente tra i laici, per richiamare gli uomini alla fonte della vita cristiana. Contro lo spirito del mondo, contro la smodata ricerca dei piaceri e dei divertimenti, contro le infinite offese a Dio, nulla poteva di più che il richiamo alla meditazione, all'amore al SS.mo Crocifisso che versa il suo sangue per redimerci dal peccato". Testimone del Signore Ora si avvicina una prova dolorosa. È rimasto a lavorare per quattro anni, come cuoco, in casa dei Conti Arborio Mella, ma nel 1889 resosi libero il posto di capocuoco al Collegio del Pozzo di Vercelli, ne fa domanda e lo ottiene. Con lui ci sono alcuni collaboratori, cuochi e persone di servizio dell'Istituto. Presto Luigi si trova ad avere un discreto ascendente su di loro. Egli pensa di poter dar vita a un gruppo di buoni cristiani e per questo si rivolge ai più giovani: li raduna, li illumina con le sue istruzioni catechistiche, i suoi esempi. Prega con loro. C'è un giovane di 15 anni, Antonio Averone, che prende a seguire Luigi, come un discepolo il suo maestro. Grazie a Luigi, Antonio approfondisce il catechismo e si rafforza nella vita cristiana. Ma la rettitudine del capocuoco dà fastidio. Racconterà Antonio Averone: "Il direttore del collegio era molto contento del servizio di Luigi, Io alla sera pregavo con lui, ma essendo giovane mi stancavo e lo lasciavo solo per andare a dormire. Quando mi svegliavo, preso dalla curiosità, andavo a controllare se ancora pregava. A qualunque ora di notte, lo trovavo intento alla preghiera, dopo che aveva già pregato con me fino a mezzanotte. Ogni mattina assisteva alla Santa Messa e faceva la Comunione quasi tutti i giorni. Attendeva pure alla pratica della Via Crucis". La sua condotta è coerente a tanta preghiera? Continua a narrare Antonio: "Evitava i divertimenti e non lo vidi mai entrare in un'osteria. Teneva in camera l'immagine della Madonna e mi invitava a recitare con lui ogni giorno il Rosario. Sapeva distinguere i buoni dai cattivi e teneva relazioni solo con i buoni. Era sempre corretto, riservato. Nelle opposizioni e difficoltà che incontrava, era calmo, tranquillo e sereno. Si accontentava del puro necessario in fatto di cibo e bevanda. Si privava piuttosto personalmente affinché nulla mancasse agli altri. Teneva in massimo conto i giorni di digiuno e di astinenza che osservava con molta diligenza. Quanto riceveva per suo stipendio, lo spediva alla mamma, non tenendo per sé che il puro necessario. Non udii mai una parola e non notai mai un gesto, un atto men che corretto: tutto in lui era ispirato allo stile della santa purezza". L'innocente provato Ma capita a Luigi di dover riprendere certuni dei suoi collaboratori: nel collegio, per merito suo, non può esserci posto per trascuratezze e disordini. Il portinaio e il magazziniere, però, lo detestano con tutto il cuore, perché non riescono ad aver Luigi complice delle loro malefatte, come ottenere da lui una parte di derrate alimentari che egli ha in consegna, per utilizzarle per se stessi. Quelli cominciano a sparlare di lui e a deriderlo per la sua pratica cristiana; poi pensano di liberarsene, accusandolo di aver commesso atti indecenti con ragazzi del Collegio. Ma non hanno alcuna prova per sostenere l'accusa che è una vera e propria calunnia. Il direttore dell'Istituto fa un'inchiesta, ma a chiare lettere risulta che Luigi è innocente. Tutti i ragazzi interrogati, compreso Antonio Averone, confermano che "da lui hanno sempre ricevuto esempi edificanti". Ma il direttore, temendo che le voci calunniose dilagando in città danneggino il buon nome del Collegio, lo licenzia rapidamente. Ora è davvero il giusto messo alla prova, di cui parla il libro della Sapienza: "Siamo da lui stimati - dicono gli empi - come degeneri: sta lontano dai nostri costumi come dalle immondizie, reputa felice la morte dei buoni e si vanta di aver Dio per padre. Vediamo se le sue parole sono veritiere ed esaminiamo quale sarà la sua fine, poiché se il giusto è figlio di Dio, Egli lo aiuterà e lo libererà dalle mani dei suoi avversari". ( Sap 2,16-20 ). L'innocenza di Luigi appare subito nella sua verità. Lo stesso giovane Antonio, da lui indirizzato al bene, e gli allievi del Collegio, edificati dai suoi esempi, soprattutto la sua vita illibata di sempre gridano la sua innocenza al mondo. Ed egli appare ad immagine di Gesù perseguitato e calunniato - Gesù vittima dalla nascita alla croce - che sfida i suoi avversari, con divina sicurezza: "Chi mai mi accuserà di peccato?" ( Gv 8,46 ) Attraverso quella prova, Dio gli apre un'altra via che lo porterà sempre più vicino alla meta cui da tutta l'eternità egli è destinato. A Torino, nuovo inizio Ha l'amarezza in cuore, Luigi, quando lascia il Collegio dal Pozzo a Vercelli, ma ha perdonato i suoi calunniatori. Quelli che gli hanno fatto del male, due anni dopo, perderanno il loro posto di lavoro. Lui si stabilisce a Torino, dove, nel 1890, è assunto come cuoco dalla nobile famiglia dei Conti Caissotti di Chiusano, i quali, pochi giorni dopo, scoprono di aver accolto un vero "artista" nel suo lavoro. Secondo l'uso austero del tempo, la spesa giornaliera per il vitto di ciascuno - padroni o persone di servizio - è fissa e non è possibile andare oltre. Capita così che Luigi Musso deve far fronte alle necessità con quanto di denaro gli viene messo a disposizione, rigorosamente, tuttavia, senza scontentare alcuno. Ricorre a tutti gli accorgimenti della sua "arte", ma qualche volta, per venir incontro ai suoi colleghi di lavoro, si accontenta dello stretto necessario per se stesso. Intanto, ha affittato una camera in via Mazzini 44, dove trova il silenzio e la calma per la preghiera, e presto comincia a radunare i ragazzi del vicinato, ai quali insegna il catechismo, e a pregare, continuando e sostenendo l'opera del Parroco di S. Massimo. A loro, è lui stesso il primo esempio con la sua intensa vita cristiana. Torino è la città di molti santi, dei quali è vivissimo il ricordo: don Cottolengo, don Cafasso, don Bosco, il prof. Don Faà di Bruno ... Molti di questi santi sono ancora vivi e operosi nella città: don Murialdo, don Rua, don Allamano, il Canonico Luigi Boccardo, Paolo Pio Perazzo. Il Santuario mariano della Consolata è luogo di irradiazione di vita cristiana e apostolica, di santità. Luigi Musso comincia a frequentare "la Consolata" e le chiese di Torino, dove è più intensa è la preghiera, l'adorazione eucaristica, la devozione alla Madonna. Ogni mattina va a Messa - spesso con la Comunione - e ritorna in chiesa verso sera per la visita a Gesù Eucaristico. Per tre anni, è apostolo tra i piccoli della parrocchia di S. Massimo. Nella primavera del 1893, conosce la buona famiglia Vacca, di origine monferrina come lui, in cui la madre Carolina, esercita buon apostolato tra i giovani del Monferrato residenti a Torino per lavoro. Luigi si stabilisce in via della Consolata n. 1, presso la medesima famiglia, offrendo e ricevendone aiuto. Viene così a trovarsi nella parrocchia di S. Dalmazzo, dove esercitano il loro ministero i Padri Barnabiti. A "S. Dalmazzo", incontra il Padre Giulio Giuseppe Cozzi - futuro superiore provinciale della sua Congregazione - che diventa il suo direttore spirituale - e subito intraprende a guidarlo con sapienza sulla via della santità. " Un'anima bellissima ... " Dopo qualche anno - scriverà Luigi nel suo Diario - presi per mio Padre spirituale, il rev. P. Cozzi: la chiesa officiata dai Barnabiti ( S. Dalmazzo ) divenne la mia prediletta, e non tralasciai di frequentare ogni giorno quella casa di Dio ... La squisita bontà e pietà con cui il mio benemerito Padre spirituale aveva cura dell'anima mia, lo indusse a consigliarmi di fare la S. Comunione ogni giorno; io gli dissi: "È mio desiderio, ma sono tanto peccatore, che non avrei mai osato ... ". Luigi obbedisce al Padre: " La bontà di Dio venne in mio soccorso cosicché non lasciai più passare giorno senza cibarmi del Pane degli Angeli, fuorché se ero impedito da malattia. ". Cammina decisamente verso la vetta: " Non per i miei meriti, ma per la bontà del suo cuore, il medesimo Padre spirituale mi prese a così ben volere che mi vedevo considerato come un "fratello" del suo Ordine. Mi deliziavo nel servire la S. Messa alle ore cinque e mezzo ". Luigi si perfeziona ogni giorno, alla sua "scuola", o meglio, alla "scuola di Gesù", con la serenità in cuore di camminare sulla via buona, la migliore per lui. Cresce nella fede e nell'amore alla S. Messa e sa che in essa si compie il medesimo sacrificio di Gesù sulla croce. Il Crocifisso che egli ama da quando è nato, è lì, ripresentato nella Messa. Prova sempre più gioia a intrattenersi con Lui davanti al Tabernacolo. Una mattina, il sacrestano, fratel Giuseppe, gli chiede : "Vorresti, per favore, portare l'ombrello per accompagnare il SS.mo Viatico a un'ammalata?". Luigi accetta. Per strada, lieto di trovarsi vicino a Gesù in Sacramento, mentre si recita il Salmo Miserere, prega in cuor suo: "Gesù dolcissimo, per la tua infinita misericordia, fa' che dopo la mia morte, io mi trovi vicino a Te, lassù in Paradiso, come mi trovo adesso qui". Le sue giornate sono piene di lavoro a casa Caissotti, e nel medesimo tempo, di preghiera e di apostolato, sempre più intenso. Durante l'estate, a volte fino ad autunno inoltrato, Luigi si trasferisce con la famiglia dei Conti in campagna, nel loro castello di Viale d'Asti. È ancora lui che racconta: " Ogni anno si andava a passare alcuni mesi di villeggiatura nel castello di Viale e là ogni giorno facevo il possibile per avvicinarmi sempre più a Dio con la preghiera; con la grazia del Signore, imploravo la divina benedizione sopra di me e e sopra le mie azioni. Ebbi per mio direttore spirituale, durante il tempo della campagna il reverendo don Antonio Gambino, Arciprete locale, anima cara e pia, il quale sempre mi incoraggiò al bene e alla virtù. Ma non dimenticavo i consigli del Padre Cozzi, cioè di avere divozione non solo alla Vergine SS.ma, ma anche al suo divin Figlio Gesù ". A Viale, riesce ad avvicinare molte persone, con le quali apre il discorso sull'amore di Dio, la devozione alla Madonna, la preghiera, la salvezza eterna dell'anima. Lì riceve un grande dono dal Signore, che davvero un passo alla volta, gli indica la sua missione nel presente e ancora di più per il prossimo futuro: " Nel 1983, ebbi una visione, in sogno, nel castello di Viale: vidi in alto Gesù Crocifisso; stava abbracciata ai suoi piedi un'anima bellissima, dal volto nobilissimo, teneva gli occhi modestamente, un po' chino il capo; e la veste era come luminosa: il tutto mi imparadisava. Fissai lo sguardo su quella visione dolcissima, dopo pochi minuti sparì e mi lasciò una dolcezza inenarrabile, che non dimenticherò per tutto il tempo della mia vita ". È soltanto un cuciniere sconosciuto per ora, quasi sperduto tra Torino e un piccolo borgo dell'astigiano, ma verrà il giorno, in cui quella visione sarà nota al mondo. " Tra Me e te ... " Luigi comincia a godere di vera familiarità con Gesù. Scrive: " Con il cuore e l'anima allietata dall'amore santo di Dio, bontà infinita, trascorsi un anno, e con la grazia divina continuavo le mie pratiche religiose ( dunque siamo nel 1894 ). Una mattina nella chiesa di S. Dalmazzo, ero ansioso di ricevere la S. Comunione e appena l'ebbi ricevuta, sento il buon Gesù dirmi: "Tra Me e te in avvenire, ci sarà una grande intimità". A questo tratto della misericordia di Dio, andavo meditando, nella mia semplicità dentro di me: "Come è possibile che un Dio voglia abbassarsi fino a me povero peccatore?"; eppure si vedrà in appresso quanto sia grande la bontà e la misericordia di Dio verso di noi poveri mortali ". È l'invito di Gesù a Luigi ad avvicinarsi sempre di più a Lui, a vivere sempre di più "uno con Lui". È la profezia - anzi l'inizio - di una meravigliosa "vita a due" tra Gesù e Luigi: la "familiaritas stupenda nimis" ( = l'intimità troppo stupenda ), di cui tratta l'Imitazione di Cristo ( II,1,1 ). " Con il trascorrere dei giorni - continua a narrare egli stesso - la grazia del Signore operava sempre maggiormente in me, indegno di così gran favore, e infondeva nel mio povero cuore tanta dolcezza da farmi dimenticare le amarezze della vita ". Gesù gli rivolge presto di nuovo la parola: " Per quanto mi deliziassi nel servire la Santa Messa, che suscitava pure in me sante memorie delle cose eterne, un giorno tratto dolcemente ai piedi del grande Crocifisso, scolpito in legno, nel coro della chiesa di S. Dalmazzo, là solo con il mio Gesù e inebriata la mente nei gaudi del Paradiso, mi scioglievo tutto in lacrime né sapevo come allontanarmi dalla croce. In quel momento il buon Gesù Crocifisso mi disse: Va' a servire la Santa Messa, non farti aspettare ". Dunque è Gesù stesso che già guida il suo amico Luigi. Non era ancora passato un minuto che si presentò Padre Cozzi, dicendomi di andare subito a servire la S. Messa, e mi fece come un dolce rimprovero del mio ritardo". " Nel vedermi da Dio favorito, mi risolvetti di rimettermi interamente in Gesù Crocifisso, anima e corpo, perché solo in Dio si trova la sorgente di ogni virtù. Il demonio però non stava inoperoso e si mise a farmi guerra spietata. Io tutto acceso di amor santo di Dio, risolsi, come già dissi, di darmi interamente a Lui, mettendo risolutamente sotto i piedi il rispetto umano, le derisioni, le beffe degli uomini, pensando che non sono essi che mi devono giudicare, in punto di morte, ma Dio solo ". Apostolo del Signore Nell'estate 1894, ritorna a Viale con i Conti per la villeggiatura. Sempre occupatissimo, a Torino come in campagna, nel suo umile lavoro e nelle "faccende domestiche" della famiglia che lo ospita, Luigi vive ormai a un livello piuttosto alto di intimità con Dio. Dalla ricchezza interiore, il suo cuore trabocca. Racconta: " Ebbi il bene di rivedere il mio buon Signor Arciprete; con il suo permesso, la domenica alle ore due, finite le mie faccende di cucina, di nascosto dal signor Conte, mi portavo in una chiesuola dedicata a S. Rocco, e là, in mezzo alla campagna, poco lontano dal paese, davo il segnale con la campanella: in breve la chiesa era piena di fedeli, e devotamente si recitava il Santo Rosario in onore della Gran Madre del Salvatore Gesù. E così si continuò ogni festa, finché ebbi il bene di rimanere in quella cristianissima famiglia ". Dunque, nel piccolo borgo di campagna, Luigi non rimane solo, ma diventa così autorevole con il suo stile di vita, che ancora oggi, - oltre il 2000, a più di cento anni dal suo passaggio - ivi è vivo il suo ricordo. " Anime di buona volontà - ha potuto scrivere - Dio ne suscita in tutti i paesi, e là nella fortunata regione di Viale, ebbi il bene di conoscere un certo Pietro Conti, anima semplice, tutta del Signore: quando avevamo occasione di vederci, la nostra conversazione cadeva sempre su cose che riguardano la nostra santa Religione Cattolica. Pietro era persona benestante, molto caritatevole, che nulla risparmiava, quando si trattava di concorrere ad abbellire la casa del Signore: la chiesuola di S. Rocco era poverissima e io gli suggerii di procurare di renderla più decente. Pietro, anima generosa, come già s'è detto, mi disse di andare dal mercante Andrea Franzone: "Prendi quanto di stoffa bisogna, senza lesinare, che per il Signore si deve esser larghi, tanto più che quello che posseggo me l'ha dato Iddio". Così feci, pigliai quanta tela era necessaria e me la portai a casa ". Alla fine dell'estate 1894, "prima di lasciare la campagna, la chiesa di S. Rocco era addobbata nel miglior modo che s'era potuto". Nell'Azione Cattolica Ha un buon gruppo di amici, tra i quali è di fatto animatore e modello. Si è iscritto all'Unione Uomini Cattolici, nella nascente Azione Cattolica, promossa da Papa Pio IX, e incoraggiata nel suo sviluppo da Leone XIII. Ne frequenta le riunioni con impegno nella Parrocchia di S. Dalmazzo. Luigi non è né sarà mai un uomo di cultura. Ma è consapevole e lucido della situazione del suo tempo e vi porta, nell'ambiente e tra la gente in cui vive, la sua presenza di fede. Trascina gli altri alla verità e al bene. Riesce a preservare diversi dagli errori del tempo, dall'indifferenza, dal rifiuto di Dio. Il signor Luigi Vacca - presso cui vive e che condivide la sua vita e il suo impegno tra gli Uomini Cattolici - dirà: "Negli anni in cui avevamo la grande fortuna di ospitare nella nostra casa quel sant'uomo, abbiamo imparato a viver bene". Ha il dono di rendere amabile e piacevole la vita cristiana con le sue virtù e i suoi sacrifici. Continua a spiegare Luigi Vacca che lo ha conosciuto da vicino: "Era sempre di buon umore e gioviale con i nostri compatrioti ( la gente del Monferrato emigrata a Torino ) e con tutti: osservava veramente il motto: "Servite il Signore in letizia" . "Fece arrivare da Terruggia un piano a coda, una specie di vecchia spinetta, che lui stesso, nelle ore di riposo, suonava facendo sentire melodie religiose. La nostra casa era frequentata da bravi amici del Monferrato, che ascoltavano volentieri la buona parola di Luigi e restavano edificati dai suoi buoni esempi e dalle sue esortazioni volte a risvegliare l'amore a Dio, la devozione alla Madonna, la frequenza ai Santi Sacramenti e la preghiera assidua. Egli era di una straordinaria gentilezza ed elevatezza di modi e sapeva fare le esortazioni con tanto garbo, che tutti gli volevano bene e lo obbedivano con grande venerazione. Diffondeva la Fede e faceva conoscere a quanti l'avvicinavano la bontà e la misericordia di Dio". Il suo segreto, sta nella Messa - Comunione quotidiana, in cui a contatto di Gesù vivo e offerto in sacrificio, riceve "la vita in abbondanza" ( Gv 10,10 ), così che può diffonderla agli altri. Innamorato di Gesù Crocifisso ed Eucaristico, partecipa più spesso che può all'adorazione eucaristica nella chiesa della SS. Trinità in via Garibaldi. Riesce a condurre con sé diversi amici, lo stesso Luigi Vacca che veramente fatica un po' a scendere dal letto all'una o alle due di notte. Sono gli anni in cui l'adorazione eucaristica, a Torino, si diffonde in modo singolare, grazie all'opera delle Sorelle Comoglio e di un ferroviere, umile, colto e santo, Paolo Pio Perazzo ( 1846-1911 ), coinvolgendo persone di ogni ceto, bambini, giovani, adulti, gente del popolo e uomini di cultura. Luigi Musso diventerà amico di Paolo Pio Perazzo - davvero un'amicizia tra santi - mentre all'adorazione notturna, qualche volta, ha la gioia di incontrare Mons. Davide Riccardi, Arcivescovo di Torino, zelante adoratore di Gesù nel SS.mo Sacramento. Dopo un furto sacrilego in una chiesa di Torino, gli Uomini Cattolici organizzano un pellegrinaggio di riparazione. Luigi vi porta diversi suoi amici. Diffonde la devozione al Sacro Cuore di Gesù e conduce parecchi alla "consacrazione" a Lui, dandone lui per primo l'esempio, insieme a chi lo ospita, nella chiesa della SS. Annunziata, nelle mani del Padre Zampieri, Gesuita. Il suo è un apostolato continuo che penetra a fondo. Non trascura il suo lavoro di cuciniere nella casa dei Conti Caissotti, che riconoscono la sua massima diligenza, la sua "arte". Con qualcuno più intimo, manifesta la segreta speranza di poter un giorno farsi religioso. Ma, per il momento, il suo posto è nel mondo, umile apostolo del Signore. L'invito di Dio, la profezia, la visione: tutto si compirà. Un uomo biblico Nell'estate 1895, Luigi Musso con la famiglia dei Conti Caissotti, ritorna in villeggiatura a Viale d'Asti. Racconta: " Appena arrivato, mi porto all'amico Pietro, ansioso di rivederlo, e ringrazio il Signore di trovarlo in pieno di salute. Dopo esserci dette tante cose, ci viene in mente di acquistare per la chiesetta di S. Rocco, un bel simulacro della Vergine, venerato sotto il titolo della Madonna di Lourdes. Nel mese di luglio, con il permesso del sindaco locale, si fece un'apposita nicchia e per il giorno 5 agosto ( 1895 ) dedicato alla Madonna della Neve, il Reverendo signor Arciprete ( Don Gambino ), invitò tutti i suoi buoni parrocchiani a prendere parte, a "S. Rocco", per festeggiare Maria SS.ma, Madre delle celesti grazie, affinché proteggesse, benedicesse le nostre famiglie e le nostre campagne ". Luigi prova una grande gioia: " Tutta la popolazione rispose all'invito del Sacerdote: si benedisse il simulacro della Vergine secondo il rito e si cantò la Messa solenne: come sono belle le feste religiose! L'anima nostra esultava di santa gioia, di soavità, d'allegrezza nel vedere la Gran Madre di Dio venerata da molte centinaia dei suoi servi fedeli, certamente quanti amavano la nostra cara Mamma celeste, piangevano di consolazione nel vedere tanti devoti piegarsi ad onorarla e benedirla. Ma la Vergine non tardò a premiare la fede dei suoi figli che l'invocavano ". A Viale e dintorni, in quell'anno c'è una terribile siccità. Da giugno a luglio e oltre, imperversa la canicola, senza che cada una sola goccia d'acqua: tutto è arido e bruciato dal sole. Sono in pericolo i raccolti della campagna. Tutti desiderano la pioggia, ma nell'imminenza dell'inaugurazione della statua della Madonna di Lourdes, la buona gente ripete: " Ah, se questa Madonna facesse un miracolo e ci mandasse un po' di pioggia! ". Luigi dice loro: " Abbiate fiducia nella Gran Madre del Salvatore, Ella è Madre pietosa e non tarda a venire in aiuto a chi confida in Lei e l'invoca ". Suggerisce di pregarla per questo, durante la festa del 5 agosto. Lo fa anche il Parroco. Tutti pregano. Continua a narrare Luigi: " Ed ecco il medesimo giorno della gran festa, alle ore cinque di sera, si vide in lontananza una nuvoletta, e a poco a poco, s'alza un gran temporale, che pareva il finimondo, ed ecco si vide cadere beneficamente tant'acqua da riempire ogni cosa. È un fatto molto notevole che la pioggia cadde solo nel territorio di Viale ". Più di vent'anni dopo il fatto, il 12 settembre 1917, don Gambino, ancora parroco a Viale, racconterà a fratel Teodoreto Garberoglio, delle Scuole Cristiane, questo fatto straordinario, in cui era stato protagonista, accanto alla Madonna, Luigi Musso, con la sua preghiera. Don Gambino aggiungerà che alcuni Parroci dei paesi vicini, essendo andati alcuni giorni dopo a Viale per una festa, trovarono, con loro meraviglia, una vegetazione lussureggiante, mentre nelle loro parrocchie, permaneva ancora la siccità. Conclude Luigi, sottolineando ciò che più lo ha colpito: " Quei buoni parrocchiani, nel vedersi così favoriti, accrebbero la divozione a Maria SS.ma che nelle calamità sempre invocano come loro patrona ". Il 19 novembre 1895, finita la villeggiatura, è di nuovo a Torino, sempre impegnato nel suo lavoro e nell'apostolato. Orante per i defunti La santità è perfezione della carità: verso Dio prima di tutto, e per suo amore, per il prossimo, per i vivi e per i defunti. Mosso da questa carità, prega per la salvezza di vivi e in suffragio dei defunti, affinché liberi dalle pene del Purgatorio, possano al più presto vedere Dio. Ritornato nell' estate 1896, di nuovo a Viale, per la solita villeggiatura, si accorge che la chiesa edificata nel 1875 nel cimitero del paese e dedicata a S. Andrea, non è ancora stata benedetta, pur essendo trascorsi più di vent'anni. Ne discorre con i suoi amici, con la gente di Viale, che lo stima. Alcuni gli suggeriscono: "Lei, Luigi, che è in ottima relazione con il Parroco, gli dica di far venire il Vescovo a benedirla". I medesimi rinnovano più volte la richiesta a don Gambino. Luigi li sostiene presso di lui. Sembra sordo all'invito, il buon prete, fino a quando Luigi, un giorno, gli dice: " Quando lei sarà morto, non verrà anima viva a recitare un requiem: il camposanto è pieno d'erba da sembrare un prato e la chiesa è inutile, perché non è benedetta ". L'argomento addotto è piuttosto forte e il prete si smuove: " Il Signore picchiò forte alla porta del suo cuore - annota Luigi - ecco, detto fatto, scrive a Mons. Giuseppe Ronco, Vescovo di Asti; in tre giorni giunse la risposta che delegava il signor Arciprete a benedirla lui stesso ". Sono tutti contenti a Viale. Pietro Conti, con i soldi che non gli mancano mai, invita Luigi Musso a preparare gli addobbi come già aveva fatto per la chiesetta di S. Rocco: lui avrebbe pagato il necessario. Luigi si mette subito all'opera: è la terza chiesa a cui provvede. È l'esercizio della virtù che comprende tutte le virtù: la religione che dà gloria a Dio e trasforma la vita a sua immagine e somiglianza e assicura il Paradiso. È missione grande, - la più grande - dei santi, dagli apostoli a S. Francesco d'Assisi ... a Luigi Musso. Non si vive per altro che per incontrare Dio. Il resto è fumo, anzi è nulla. Alla virtù della religione, si oppone, chi per primo si oppone a Dio. Racconta Luigi: " Il demonio non riposava, incominciò di nuovo a farmi guerra ... Una sera, era l'ora di servire il pranzo, avevo fatto dei crostini per la minestra. Nel momento di portarli in tavola, sentivo in cuor mio una voce che mi diceva: "Guarda, in mezzo ai crostini, c'è un pezzo di vetro". Guardo minutamente e trovo realmente un pezzo di vetro ... La bontà somma di Dio mi venne in aiuto ". Nelle ore libere dal lavoro, prepara gli addobbi e si reca spesso anche al cimitero. "Non ha paura - gli domanda una volta, una buona vecchietta - che i morti la prendano per le gambe?". Risponde: " Mi fanno più paura i vivi che rimangono lontani dalla Chiesa. Io godo della compagnia dei defunti per mezzo della preghiera, prego il Signore che liberi le loro anime dal Purgatorio " . Lavorando senza risparmiarsi, come cuoco al suo posto, e nel tempo libero per la chiesa del cimitero, compie l'opera: " Venne poi il giorno in cui si benedisse la chiesa di S. Andrea, s'andò processionalmente, si fece una bella festa, fu giorno di giubilo, molte preghiere si innalzarono in quel giorno per le anime dei trapassati, ai quali il Signore, nella sua misericordia, conceda la pace e la luce eterna! ". La solennità di "Tutti i Santi" di quell'anno - 1° novembre 1896 - per suo merito, è particolarmente solenne, con processione e molte preghiere di suffragio al cimitero. Il Parroco, anche per l'invito di Luigi, in quell'occasione "ha esortato e preparato quei popolani ad accostarsi ai Sacramenti". Luigi annota, con il cuore in festa: "Un numero grandissimo s'accostò a ricevere il Pane degli Angeli ... "Quante anime saranno salite alla gloria celeste per le preghiere di quei semplici popolani! ". Se l'anno precedente, è stato simile ad Elia nel far scendere la pioggia, adesso ha imitato Giuda Maccabeo che promosse il suffragio per i giovani caduti in guerra contro i dominatori pagani, perché "è santo e salutare il pensiero di pregare per i defunti affinché siano liberati dai loro peccati" ( 2 Mac 12,45 ). Piccole storie di santità Non solo di queste iniziative note a tutti, rimarrà ricordo a Viale fino ai giorni nostri, ma molti di quelli che lo incontrano nei mesi della villeggiatura, negli anni in cui vi giunge con i Caissotti, narreranno di lui diversi episodi da cui emerge la vita singolarmente esemplare di Luigi. Dunque, non si limita ai gesti di carità per soccorrere alle necessità materiali, ma con la carità più alta, si preoccupa di condurre le anime dalla fuga del peccato alla vita in grazia di Dio, alla salvezza eterna, mediante i Sacramenti: un vero apostolo del Signore, per il suo e il nostro tempo. L'influsso benefico sui fratelli, a Torino come a Viale, è dunque assai intenso, avvalorato dal suo esempio. Chi, a Viale, piccolo borgo di campagna dove tutto è noto a tutti, lo vede ogni giorno alla Santa Messa, ad accostarsi alla Comunione, e poi immancabilmente alla sera, orante davanti al Tabernacolo con la fede semplice e grande di un bambino, sente in sé il fascino di Dio che emana da lui. Lo riconoscerà anche don Gambino: un santo era passato nella sua parrocchia, diventata grazie a Luigi Musso, "la fortunata regione di Viale". Ritorno a casa Il 19 novembre 1896, Luigi ritorna a Torino dove continua il suo solito lavoro per alcuni mesi, fino a primavera 1897. Intanto a Terruggia la sua mamma, sola e anziana, è sempre più fragile di salute e bisognosa di assistenza e di cure. Decide di tornare a casa. Nella primavera 1897, ad assicurarsi la protezione della Madonna, si reca spesso a servire la Santa Messa nel Santuario della Consolata a Torino. Racconta: " Feci pure acquisto di una grande immagine della Consolata e in compagnia di un mio amico, Angelo Gemelli, andai dal Card. Agostino Richelmy ( Arcivescovo di Torino ), per farla benedire. Non contento, volli metterla sull'altare, mentre servivo per la S. Comunione nel santuario e dissi confidenzialmente alla nostra cara Mamma, Maria SS.ma Consolata: 'Dolcissima Vergine, tu conosci le nostre miserie, che in ogni momento della nostra vita, sempre abbiamo bisogno di soccorso: avrò ancora giorni difficili in questa valle di pene e di dolori; o Vergine purissima, in questi momenti stendi il tuo manto di misericordia, ottieni dal tuo Figlio Gesù la celeste pace, che brillino sempre nel mio cuore i Nomi santissimi di Te, o Maria, e del mio Gesù, tuo divin Figlio dolcissimo! ". Nel maggio 1897, saluta i Conti Caissotti e, portando con sé il quadro della Consolata, ritorna a casa sua a Terruggia, la sua mamma è malata e, anche se al paese natio lo accoglie la campagna in fiore nel paesaggio luminoso del Monferrato, Luigi ha nel cuore una grande pena. Intronizza il quadro della "Consolata", nella sua camera e a lei affida il suo presente e il suo avvenire. Ha 47 anni, ormai, e il suo avvenire, a vista solo umana, appare incerto. Non si è fatto una famiglia sua, non è entrato in convento: che pretende di fare ormai? Il suo unico Amore, il suo unico Tesoro è Gesù, l'Immenso, l'Eterno, l'Infinito che appaga il cuore umano e lo dilata all'amore verso Dio e verso i fratelli, che rende "padre di numerosa famiglia", le anime che, grazie a Lui, si conducono a Dio. Luigi vive nel mondo, non del mondo, uomo di un solo Amore, Gesù. Non ha paura nell'avvenire, anzi è in pace, pervaso di un'intima gioia, che il mondo invidia, ma che rapir non può. Si prende cura della mamma come un figlio buono e premuroso, e si propone di vivere nell'intimità con Dio - come e meglio che a Torino, ora che non deve rispondere del suo tempo, a padroni e a orari - e di essere apostolo. È tornato dalla mamma terrena, ma confida tutto alla Mamma celeste, sicuro che Ella, giorno per giorno, sulla via che è soltanto sua, l'avrebbe condotto sempre più a Gesù, a essere una cosa sola con Lui. Come? Non sta a lui saperlo, ma Ella sicuramente l'avrebbe fatto, senza mancare all'appuntamento. Come era solito a Torino, tutte le mattine, va a Messa, ma quando il parroco, don Girolamo Robba, si accorge che vuole ricevere ogni giorno la Comunione, gliela nega, dicendogli: "Se vuoi fare la Comunione quotidiana, va' a farti religioso". Per Luigi è "un affronto", un notevole sacrificio, ma, visto il Parroco per il momento irremovibile nella sua decisione, ogni mattina, si reca a S. Germano Monferrato, a tre chilometri di distanza, dove può ricevere la Comunione. Non perde la tranquillità e la pace. Per un anno così, fino a quando don Robba cambierà idea. Intanto, alle persone che avvicina con la sua amabilità, lascia le parole e lo stile del Vangelo di Gesù. Catechista tra piccoli e adulti In silenzio, come al solito, Luigi prega molto, a casa e in chiesa. Si raccoglie spesso nella chiesetta di S. Grato, a metà costa del paese, dove è esposto un Crocifisso, ritenuto miracoloso: lì, davanti al suo grande Amico, medita e prega, anche di notte. Non si chiude nella sua casa dove pure si occupa della mamma sempre più fragile di salute, ma si presta ad assistere i malati e a offrire la sua opera di cuoco, là dove ce n'è bisogno, sempre gratuitamente, solo per amor di Dio. Tutti presto si convincono che è un vero uomo di Dio, anche il parroco che ha diffidato di lui. Circa un anno dopo il suo ritorno a Terruggia, il parroco lo invita a impegnarsi nell'apostolato in parrocchia. Luigi raccoglie un gruppo di giovani e di uomini e con loro fonda la "Compagnia del SS.mo Sacramento" e li istruisce nella fede e nella pratica della vita cristiana. La terza domenica di ogni mese, d'accordo con il parroco, li raduna in chiesa per prepararli alla Confessione e alla Comunione. Insieme pregano con il Rosario. Tutte le domeniche, "la Compagnia", resa sempre più viva dall'opera di Luigi, si raduna, verso sera, per i Vespri e l'adorazione eucaristica. Don Robba ne è assai contento e incarica Luigi di dar vita al "Comitato parrocchiale per l'attività cattolica" e lo nomina Presidente. È l'Azione Cattolica che, grazie a lui, nasce in un piccolo paese del Monferrato, come sta avvenendo nei medesimi anni, un po' dappertutto. A Terruggia, ora è diventato un vero leader. Il parroco lo incarica di insegnare il catechismo ai ragazzi: li istruisce con bontà e sapienza, usando linguaggio semplice e piacevole, ricco di esempi. Li invita alla preghiera ben fatta: "Pregate di cuore" - ripete loro spesso. Ogni domenica dopo i Vespri, raduna molti nella chiesetta di S. Grato e al cimitero per recitare il Rosario e suffragare i defunti: in breve sono circa duecento persone che si uniscono per pregare con lui. Come presidente degli uomini di Azione Cattolica, non sentendosi in grado di tenere conferenze o istruzioni, ascolta con gli altri la parola di chi è invitato a parlare, poi ne trae le conclusioni pratiche, affinché tutti possano vivere più intensamente la propria fede. Con lui, nasce e si sviluppa a Terruggia qualcosa che non si è mai visto prima. "Era davvero un uomo tutto di Dio - diranno quelli che l'hanno conosciuto - quando lo si incontrava ci parlava di Lui". "Era un santo". "Parlava solo per attirare gli altri alla fede o per confortare chi ne aveva bisogno". "Ispirava negli altri moltissima confidenza cristiana e innumerevoli sono le persone che lui ha attirato a Dio". Nel medesimo tempo, si dedica con ogni premura al curare la mamma anziana e ammalata. Ne soffre molto, ma si dimostra sempre sereno, amabile con tutti, segno della pace del cuore posseduto da Dio. " Sarò tutto di Gesù " All'inizio dell'anno 1899, Luigi Musso non sta bene e non riesce a venir fuori dal malessere che lo tormenta. La mamma è sempre più malata e lui ogni giorno che passa, è sempre meno in grado di occuparsi di lei. " Dopo due anni che ero con la mia buona mamma - racconterà nel suo diario - mi colse una polmonite, che mi tenne a letto più di quaranta giorni, la febbre non mi lasciava mai, consumavo lentamente cosicché dopo tanto tempo di queste condizioni, venni in fin di vita. Anche la mia povera madre era moribonda: quel giorno, per grazia di Dio, aveva ricevuto il Santo Viatico, ma io ero incapace di ricevere il mio Gesù, trovandomi continuamente fuori dai sensi. Il giorno appresso, il vice-parroco don Ernesto Bertana, sacerdote zelantissimo che non mi abbandonava mai, approfittò di un momento opportuno, in cui per la bontà divina, ebbi la mente limpida, per farmi ricevere i Santi Sacramenti. Dopo ritornai nel più profondo assopimento. Il giorno 8 maggio 1899, il dottor Fano disse a quei buoni uomini della Società cattolica, che per la loro pietà mi assistevano nel corso della notte: "State attenti che questa notte muore, non c'è più alcuna speranza" ". Sembra che la sua vita ormai sia alla fine, a soli 49 anni di età. Ma nel suo "Diario" continua, imperterrito, a narrare: " Anche quando una persona è agli estremi, Dio le concede d'intendere le condizioni in cui si trova: a tratti mi ricordavo della mia povera mamma che era agli ultimi momenti della sua vita, e con il cuore sempre angosciato adoravo però i decreti di Dio per fare la sua santissima volontà. Mi ricordai ciò che avevo domandato alla Vergine Consolatrice prima di lasciare Torino e mi rivolsi con il cuore e con la mente alla Gran Madre di Dio, domandandole la grazia di non permettere che la mia povera mamma morisse senza che io non la vedessi più su questa terra. Era il giorno 8 maggio 1899, come già dissi: mi addormentai e dormii un'ora, dalle otto alle nove di sera ( da 40 e più giorni non riposavo più ) ed ecco vidi maestosamente avvicinarsi Maria SS.ma tenendo in braccio il suo divin Figlio Gesù, e mi disse queste parole: "Alzati, la grazia della guarigione è fatta". "Appena fatto giorno, mi alzai: tutto il male era scomparso, senza che con l'aiuto di nessuno andai a inginocchiarmi davanti all'effigie della Vergine Consolatrice ( il quadro portato da Torino ) e le promisi che in avvenire per la grazia ricevuta, avrei consacrato il rimanente della mia vita tutto a Gesù e alla sua SS.ma Madre, sempre con il suo santo aiuto". Ormai la decisione è presa: "Sarò tutto di Gesù". Attraverso le umili vicende della sua buona vita, Maria Santissima sta conducendo Luigi a Gesù, all'offerta totale di se stesso a Lui. Un passo alla volta, tenendolo per mano, aprendogli orizzonti sempre nuovi di dedizione, portandolo a servire Dio nel modo sempre più perfetto. Ora Luigi ringrazia la Madonna: " Ah, se potessi avere la penna di un Angelo per scrivere e narrare le grazie e le meraviglie che la Gran Madre di Dio ottiene dal suo divin Figlio Gesù a chi a Lei ricorre con viva fede! Date ascolto a questo povero peccatore, a quanto io scrivo. Io invito il mondo intero a tenere per nostra gemma preziosa la Gran Madre del nostro Salvatore ... e nelle nostre necessità alziamo gli occhi al Cielo e invochiamo la Vergine Santissima confidandole tutte le nostre miserie. Le nostre preghiere giungeranno certo al trono dell'Altissimo se le faremo passare per le mani della Madre di Gesù Crocifisso ". In quel mese di maggio 1899, non solo Luigi guarisce miracolosamente, ma anche la sua mamma si riprende in salute. Verrà il giorno in cui non solo sarà tutto di Gesù, ma, benché illetterato, gli sarà data la "penna di un angelo" per farlo conoscere e amare. La vita riprende Maggio in fiore rivede Luigi Musso per le strade di Terruggia. Man mano che riacquista le forze e anche la sua mamma migliora, egli riprende il suo apostolato di christifidelis laicus nel mondo. Assai riconoscente alla Madonna, per farla amare, acquista una sua grande statua a sue spese e la fa collocare su un altare per Lei costruito nella chiesa di San Grato. Davanti alla sacra immagine e al cimitero, ogni domenica, egli raduna di nuovo numerosi fedeli a pregare con il Rosario, il Miserere e il De profundis. Sono circa duecento, attirati dalla sua fede, dal suo fervore, toccati dentro quando lui dice loro: " Preghé 'd coeur " ( pregate di cuore ! ). In "S. Grato", partecipa alla preghiera anche il Vice-parroco, che termina con una breve predica. Ma a un certo punto, s'introducono, nella funzione, alcune persone in disaccordo con il Parroco. Questi, temendo che ne vengano delle discussioni, proibisce le riunioni di preghiera a S. Grato e si fa portare la chiave della chiesetta. Luigi obbedisce. In pace e letizia, continua a svolgere il catechismo tra i ragazzi e i giovani, la sua azione benefica presso gli adulti, come buon cristiano e presidente dell'Azione Cattolica. Nell'estate 1899, il Parroco si assenta per tre mesi dalla parrocchia e viene un altro prete a sostituirlo. Luigi riprende la recita del Rosario al cimitero, in suffragio dei defunti. A casa sua, dedica molto tempo alla preghiera. Ogni giorno - lo vedono in tanti a Terruggia - verso sera, ritorna in chiesa per intrattenersi a lungo in preghiera davanti al tabernacolo. Come sempre, al mattino ha già partecipato alla S. Messa con la Comunione quotidiana. Dal suo stile, dalla sua conversazione, traspare la luce che lo illumina, il suo amore al Signore Gesù, al Papa e alla Chiesa, la fiducia di raggiungere il Paradiso. Molti si avvicinano a Dio, nella preghiera e nei Sacramenti, per la sua opera, il suo esempio. E il lavoro? Come vive Luigi ora che si è ristabilito? Anno Santo 1900 Durante la malattia sua e della mamma, ha dovuto affrontare notevoli spese. Per questo, alla fine dell'estate 1899, Luigi, ormai ristabilito, riprende il suo lavoro di cuoco. A Casale, a pochi chilometri da Terruggia, trova impiego dai Padri Camilliani, che hanno il loro convento presso la chiesa di S. Paolo. È la prima volta che si trova a lavorare in una comunità religiosa e ciò gli consente di vedere con i suoi occhi, di sperimentare quel tipo di vita. Si trova assai a suo agio. Per la vicinanza a Terruggia, può, assai spesso, ritornarvi per prendersi cura della sua anziana mamma, per continuare il suo apostolato in parrocchia. Proprio a Casale, Luigi incontra, assai da vicino, i Francescani - i Minori - che officiano la chiesa di S. Antonio Abate: ogni settimana, vi si reca per confessarsi e trovarvi guida spirituale. Nello stesso tempo, indugia a pregare nella chiesa. I Frati imparano a conoscerlo e ad apprezzarlo per la sua fede. Lui conosce, de visu, i Frati e se ne sente attratto. Un giovane frate laico, fra Bernardo, incaricato di far cucina e non essendone troppo esperto, vedendo spesso quell'uomo che viene in chiesa per confessarsi e per pregare, fa amicizia con lui: dopo averlo invitato a visitare il convento, gli chiede di insegnargli a cucinare meglio per i suoi confratelli. Luigi accetta e, nei momenti liberi, addestra fra Bernardo nell'arte dei fornelli e delle pentole. Da parte sua, conosce da vicino lo stile e lo spirito di S. Francesco e se ne appassiona. Il 24 dicembre 1899, il Santo Padre Leone XIII, novantenne, apre la porta santa e inaugura il Giubileo del 1900. In giugno, il Papa ha consacrato la chiesa e il mondo al Cuore di Gesù, per chiedere a Lui , unico Salvatore, la luce e la grazia per ogni uomo, affinché Gesù regni dovunque. Luigi Musso, vive intensamente il clima dell'Anno Santo, prolungando la preghiera, crescendo nell'amore per il Signore Gesù, cercando di comprendere a fondo qual è la sua volontà per la vita che gli rimane. Il 1900 - è l'anno che orienta la vita di Luigi verso il suo posto definitivo. In primavera del 1900, sua madre è di nuovo ammalata e presto è gravissima. Egli racconta: " La mattina dell'11 maggio 1900, Anno Santo, dopo aver ricevuto i Sacramenti della nostra Santa Religione, alle ore sette, con la mente e a voce chiara, mi disse: "Caro Luigi, prima di notte, io sarò passata all'eternità". "Perché, buona mamma, mi dici così?" "Ho visto in quei momenti Gesù Crocifisso con una grande moltitudine di Angeli, i quali mi hanno fatto cenno di seguirli". A queste parole, io prendo il Crocifisso e glielo do da baciare, dicendole: "Guarda un po', mamma, quanto è buono Gesù Crocifisso! Preghiamolo che ti assista negli ultimi momenti della carriera, al passo dell'eternità felice". Ci mettemmo a discorrere delle realtà celesti, del Paradiso e delle anime che hanno amato molto Gesù; oh, come sono dolci gli ultimi momenti della vita di queste anime ". Dalla morte, la vita Riprende Luigi a parlare alla sua mamma morente: " "Ti ricordi, mamma, le dicevo, che quando i tuoi dolori erano insopportabili, invece di lamentarti cantavi inni alla Madre di Dio e così calmavi le tue sofferenze?". La incoraggiavo a morire contenta, facendo la volontà del Signore. "Il fedele Angelo Custode, che avesti in tutto il corso della tua vita, ti accompagnerà alla eterna felicità; sì, lo vedrai tutto luminoso e nobilmente genuflesso dinanzi alla Maestà divina, presentandole il libro d'oro sul quale si trovano segnate le sofferenze sopportate pazientemente per amore di Gesù Crocifisso, in tanti anni. In quel sublime momento, sentirai dire: Vieni, mia serva fedele, che tanto mi hai amato con le tue sofferenze, vieni nella mia dimora, che ho preparata, vieni con me, per sempre. " La nostra mente non può immaginare ciò che avverrà quando vedrai per la prima volta la bellezza di Dio, la gloria di Maria SS.ma in compagnia di tutti gli Angeli e i Beati del Paradiso. Oh bellezza infinita!. La mia povera mamma espresse il rincrescimento di lasciarmi perché solo; io le dissi di non pensare a me: "Sebbene io non sia più giovane, tuttavia confido nella Provvidenza, che la bontà di Dio mi vuole religioso. Fin da fanciullo ho sempre desiderato questo stato così sublime. Soprattutto le mie speranze sono fondate sulla protezione di Maria SS.ma Madre del mio Gesù, il mio tesoro, il mio tutto. Preghiamo dunque, mia buona mamma, benediciamo il Re dell'eterna gloria, affinché per la sua infinita misericordia, l'anima tua voli al bacio del Signore". ". Mentre Luigi sta parlandole così, la sua mamma incrocia le mani sul petto e senza fare il minimo movimento, chiude serenamente gli occhi per riaprirli in Paradiso. Luigi aggiunge: "per i meriti di Nostro Signore Gesù Crocifisso". Ora più nulla lo trattiene. La morte conduce la sua mamma alla Vita eterna, e Luigi alla consacrazione totale a Dio in convento. Luce e ancora luce Scrive nel suo diario: " Stanco e abbattuto dalle intere notti passate al capezzale della mia mamma defunta, presi riposo per qualche giorno; ed ebbi una visione in sogno. Vidi Maria SS.ma che mise le mani sopra una tenda che dalla terra arrivava al Cielo; la separò e allora vidi la SS.ma Trinità ... oh, meraviglia! E mi disse di non disgustare mai il Padre, il Figlio e lo Spirito santo. ". La visione, in sogno, si allarga: " Dolcissima e mesta contemplazione: dolcissima, perché vidi una immensità di anime andare al possesso dell'eterna gloria. Un numero grandissimo era di poveri. Vidi delle anime sopravanzare altre di grado; io domandai chi fossero; mi fu risposto che erano le anime di quelli che avevano portato in Cielo, immacolata, la stola battesimale. Mesta contemplazione, quando vidi andare anime in Purgatorio e alcune di queste afflittissime, ansanti, mio Dio! Che momento di pena per queste poverette! Momento poi raccapricciante per quelle anime infelici che in vita non solo si diedero al mondo pieno di ogni miseria, ma fecero tutto il possibile per opporsi per quanto c'è di più santo, cioè tentarono di cancellare dalle menti degli uomini Dio santissimo: nessun mostro vi riuscirà, perché Dio è verità infallibile. Ebbene, vidi pure queste infelici anime pretendere con audacia di entrare in Paradiso; ma all'ingresso, stavano due angeli alti e fieri, che tenevano in mano un'arma, con cui le ricacciavano nel precipizio infernale. ". È la visione dell'aldilà, la medesima, che nei secoli ha convertito molti a Dio da una vita di peccato, e altri li ha condotti a consacrarsi a Lui per sempre, per trovare più facilmente la via della salvezza eterna. Annota ancora Luigi, consapevole che Dio lo chiama ormai in modo irresistibile: " La bontà somma di Dio bussava dolcemente al mio cuore, e io stavo intento alla chiamata del Signore. Rimasi nel mondo pochi mesi: andavo meditando ogni giorno le promesse fatte alla Gran Madre del Salvatore, cioè di consacrare a Lei anima e corpo per tutto il resto della mia esistenza, percorrendo con la grazia di Dio, una vita veramente cristiana. ". La luce di Dio, dunque, scende ormai a grandi ondate sulla sua anima. Alla meta per partire Luigi ritorna a Casale, dai Camilliani, dove rimane a lavorare come cuoco fino a tutto ottobre del 1900. Frequenta ancora il convento dei Francescani, per confessarsi e pregare. Si intensifica il desiderio di entrare da loro per farsi religioso. Comprende che quella è la via di Dio, la sua via. C'è un chierico in convento, a Casale, Francesco Maccono, che un giorno, scrivendone la biografia, dirà: " Ricordo di aver visto Luigi Musso durante l'ottobre 1900 ... Aveva già manifestato il desiderio di entrare nell'Ordine di S. Francesco. Vestiva un abito grigio ... Aria sorridente, modesto, disinvolto, distinto e gentilissimo di modi. Noi chierici lo osservavamo con un po' di curiosità, perché, oltre aver saputo che egli sarebbe forse entrato nell'Ordine, ci avevano detto che era un cristiano fervente e fra Bernardo ( cui aveva insegnato a cucinare ) non aveva parole bastanti per cantarne le lodi " ( F. Maccono, p. 61 ). Modello per il laicato cattolico per i primi 50 anni della sua esistenza, ora lo sarà anche per i consacrati. Seguirà Gesù, povero, casto e obbediente, sulle orme di S. Francesco d'Assisi, in semplicità e letizia. " La divina Provvidenza mi portò a Torino, nel medesimo anno della morte della mamma, ai primi giorni di novembre 1900. Giunto a Torino, mi recai presso i Padri Francescani e supplicai il Padre provinciale di volermi fare la bella carità di prendermi tra i suoi figli di S. Francesco. ". È alla meta, là dove lo vuole Dio. E parte, perché ora tutto comincia. La sua singolare missione. " Gesù al centro " Novembre 1900, autunno inoltrato. La vendemmia è compiuta sulle colline del Monferrato, quando Luigi Musso scende a Torino. Nel capoluogo subalpino, lungo le vie e i corsi, ci sono le prime foglie cadute dagli alberi. È ancora Anno Santo, un grande Anno Santo. Il 1° novembre, Papa Leone XIII pubblica l'enciclica Tametsi futura in cui indica al nascente secolo XX, Gesù, Via, Verità e Vita. Gesù solo dovrà essere posto al centro della vita dei singoli e della società. Luigi lo conosce bene, Gesù, l'unico Salvatore, e da quando è nato, nella vita laicale, è vissuto soltanto per Lui, per amarlo e farlo amare. Ora con l'invito del Papa nel cuore, chiamato da Gesù che lo affascina da anni, chiede di entrare in convento, di consacrarsi totalmente a Lui. Nel convento di S. Antonio a Torino, in quel tempo è provinciale il P. Luigi Borgialli, il quale lo accoglie con bontà, ma gli dice di tornare, perché in quel momento non può accettarlo. Luigi non si arrende. Ogni giorno si reca al santuario della Consolata per supplicare la Madonna di ottenergli "questa bella grazia". Intanto non smette di bussare come povero alla porta del convento. Finalmente il 17 dicembre viene accettato come umilissimo "postulante". Si trova subito a suo agio. Si rende utile con le sue capacità di cuoco: lavora, ubbidisce, osserva il silenzio e ogni norma della Regola, che si propone di conoscere. Soprattutto prega: la Messa al mattino con la Comunione, le preghiere comuni, il Rosario alla Madonna. Nel tempo libero dagli impegni richiestigli, prolunga per conto suo la preghiera. Il Natale del 1900, per lui è proprio un bellissimo Natale, con il proposito di farsi bambino come Gesù, per essere vittima con Lui. Racconta: "Il giorno 18 gennaio 1901, con sommo giubilo, vestivo, come terziario, le ruvide lane del Poverello d'Assisi nel Santuario di S. Antonio in Torino". Prova una grande gioia e durante l'austero rito della vestizione, si sente dire dal superiore che lo accoglie: "Voi che nel mondo vi chiamavate Luigi Musso, ora in religione vi chiamerete fra Leopoldo Maria". Dunque, "è nato" fra Leopoldo, il protagonista di questa "storia d'amore" con Gesù, che stiamo narrando. Vita nuova Gli hanno pure scattato la foto quel giorno, forse l'unica che abbiamo di lui, frate minore. È lì, finalmente, dove lo ha voluto Dio, da tutta l'eternità, pago di vivere nel lavoro, nella preghiera, nel nascondimento, ignoto al mondo, noto a Dio solo, lieto di essere disprezzato e ritenuto un nulla per suo amore. Ora anche l'abito proclamerà a tutti che appartiene a Gesù solo. Con un nome nuovo, comincia vita nuova: la vita del consacrato, dell'uomo tutto di Dio. Per ora è in prova, un piccolo terziario, un "fraticello" laico: ma lui è venuto per questo: per farsi tutto "vittima" ( "ostia"! ) non sacerdote. Il Signore gli indicherà passo passo la via. Il 21 gennaio 1901, fra Leopoldo viene mandato nel Convento-parrocchia di S. Tommaso, nel centro di Torino: lì avrebbe lavorato come cuoco a servizio della comunità e avrebbe compiuto il suo noviziato. Lì sarebbe rimasto sino all'ultimo giorno. Alla sua età - 50 anni - è osservato con maggiore attenzione: come farà ad adattarsi a una regola piuttosto rigorosa, quando per tanto tempo nel mondo ha goduto di piena libertà su se stesso? Si vedrà. Intanto lavori e faccia il suo dovere. Non è neppure novizio, è soltanto un terziario che fa il postulante in attesa di essere accolto in noviziato. Che fa fra Leopoldo? Lo dice lui: "Facevo con l'aiuto di Dio quanto mi era possibile per osservare la santa regola del Padre S. Francesco". I confratelli di "S. Tommaso", si rendono conto che è un uomo di preghiera, e molto laborioso. Si trovano ad avere un cuoco eccezionale, come non c'era mai stato. Si pensa pertanto di aver acquistato "un buon elemento", assai utile alla comunità. Nel mondo ha già compiuto un lungo cammino di santità. Gesù lo chiama a salire ancora: sali più in alto. Inizio di secolo Per circa due anni, fra Leopoldo vive così: "Attendevo ai miei lavori in convento", come egli scrive con semplicità. Preghiera, lavoro, silenzio. Ma a Torino, fra Leopoldo ha gli occhi aperti sulla Chiesa e sul mondo. È il tempo in cui si avvia la grande industria e aumenta la classe di coloro che vivono, o faticano a vivere, soltanto del loro lavoro, il proletariato urbano, costituito spesso da gente che viene dalle campagne in cerca di lavoro. Si diffonde di più l'istruzione e una nuova consapevolezza individuale e sociale. Dilagano le idee, da una parte del liberalismo, dall'altra del socialismo, accomunate in una visione laica della vita e del mondo, in cui non c'è posto per Dio. L'infanzia e la gioventù, secondo i nuovi sedicenti maestri, dovrebbe essere educata nel rifiuto del Cattolicesimo, considerato un relitto del passato, nel culto dell'uomo come unica regola per se stesso. L'emigrazione diffusa, da parte di singoli e di famiglie, in cerca di fortuna, oltre i confini d'Italia e d'Europa, verso le Americhe, sradica numerosi credenti dalla Tradizione cattolica in cui sono vissuti per buttarli nell'indifferenza verso Dio. Torino riceve però il benefico influsso di numerosi santi che annunciano Gesù e il suo Vangelo, la fedeltà al Papa e alla Chiesa, in modo assai efficace nei tempi nuovi. Molti di questi santi, tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, sono ancora vivi e operosi: sacerdoti illustri come don Leonardo Murialdo, i fratelli Canonici Giovanni e Luigi Boccardo, i salesiani don Rua, don Rinaldi, don Cojazzi, con il loro amore intenso alla gioventù. Laici come Paolo Pio Perazzo. Sono solo alcuni nomi. È difficile trovare un'altra città come Torino, una regione come il Piemonte che abbia tanti santi operosi quasi nel medesimo periodo. Nell'estate 1903, dopo un lungo luminoso pontificato torna a Dio Leone XIII. Il 4 agosto 1903 viene eletto Papa Pio X, il quale, con il programma di "ricapitolare tutte le cose in Cristo", richiamerà la Chiesa alla difesa della Verità del Credo Cattolico, al Catechismo ai piccoli e ai grandi, in chiarezza e semplicità. Sarà il santo Pontefice che porrà in modo straordinario Gesù Eucaristico al centro della vita sacerdotale e cristiana: sacerdoti, religiosi e fedeli, dovranno essere santi e apostoli per Lui, per amarlo e adorarlo, per farlo conoscere, amare e adorare. Fra Leopoldo è al corrente degli avvenimenti della Chiesa e del mondo del suo tempo e vi porta il suo contributo più alto che ci sia: un'intensa vita di unione con Gesù. Prega, offre, ama, si immedesima con Lui, in sintonia, in modo singolare con il Papa Pio X. Più ancora di quando era nel mondo, il suo grandissimo unico Amore è Gesù Crocifisso e Eucaristico. " Mi sento spingere fortemente " A Torino è cresciuto, in quel tempo, un vasto movimento eucaristico che promuove e diffonde il culto all'Eucaristia per la santificazione delle anime e della società. Ispirate da Dio stesso, le sorelle Teresa e Giuseppina Comoglio, verso la fine dell'800, avevano propagato privatamente l'adorazione quotidiana, invitando un gran numero di persone a una visita anche brevissima, giornaliera, al SS.mo Sacramento. Nel 1890, le buone sorelle l'avevano manifestata a Paolo Pio Perazzo, ferroviere di Porta Nuova, cattolico di primo piano, impegnato nell'Azione Cattolica e nel Terz'Ordine Francescano, affinché la facesse conoscere con le parole e con gli scritti, come subito aveva fatto. Rapidamente l'adorazione quotidiana si era diffusa a Torino, in Italia e all'estero, con frutti grandi di bene. Approvata dalla Chiesa, l'associazione aveva sede nella chiesa di S. Tommaso, annessa al convento francescano, cui appartiene fra Leopoldo. Il buon frate si trova presto coinvolto, come egli stesso scrive: "Dopo due anni, il Padre Guardiano mi incaricò di andare nelle case religiose e educandati a distribuire i foglietti per l'adorazione quotidiana. Continuai tutto maggio, giugno, luglio e agosto; alla fine del mese di luglio ( 1904 ), andai nelle case religiose sui colli di Valsalice; nel ritorno, strada facendo fui sorpreso da malore e oppresso dal caldo soffocante tanto che non potevo reggermi; mi portai a stento nella chiesa delle Sacramentine, là dove si trova ogni giorno Gesù Sacramentato esposto per le "40 ore"; speravo che Gesù mi prendesse con Sé in Paradiso, ma non era ancora l'ora. Come Dio volle, mi portai in convento, dove mi ricordai che dovevo ancora soddisfare l'obbligo della preghiera; mentre recitavo il Vespro, mi prese sonno contro la mia volontà; rimasi così dieci minuti; a un tratto sento spingermi fortemente, mi desto, apro gli occhi e vedo un Frate che sale in alto con grande rapidità; la figura somigliava del tutto a quella di S. Francesco; mi scomparve ogni malanno e stanchezza; mi trovai così bene come se nulla fosse accaduto, cosicché il giorno appresso continuai di bel nuovo a distribuire i foglietti della visita a Gesù Sacramentato, opera voluta da Dio". È evidente, da questa pagina autobiografica, che fra Leopoldo vive in un ambiente dove converge l'opera dell'adorazione eucaristica e operano dei veri apostoli dell'Eucaristia, quali lo stesso Parroco, P. Vincenzo Vallaro, e altri confratelli buoni e operosi, e numerosi laici alla ricerca della santità. Tra questi laici, si distingue Paolo Pio Perazzo, diventato assai presto amico personale di fra Leopoldo, appena quest'ultimo è entrato in convento. Fra Leopoldo si fa apostolo dell'Adorazione Eucaristica. Lo fa assai volentieri, anche quando gli costa fatica - da quando era stato in fin di vita a Terruggia, non aveva più goduto di salute eccellente - lo fa per obbedienza, lieto di poter dichiarare: "Finita la mia missione, attendevo ai miei lavori del convento". La volontà di Dio lo vuole frate cuciniere e lì tra pentole e fornelli, non altrove, dovrà santificarsi. Intanto, ha ricevuto "una spinta" misteriosa per andare avanti. Finalmente religioso Per circa quattro anni, fra Leopoldo è soltanto "postulante": veste l'abito francescano, a titolo di "terziario", ma non è ancora entrato ufficialmente nell'Ordine: è rimasto "in prova", all'ultimo posto. Finalmente il 1° aprile 1905, a 55 anni di età compiuti, è accettato in noviziato. Il P. Vincenzo Vallaro, Curato ( = Parroco ) di S. Tommaso e definitore provinciale, gli consegna ufficialmente il saio francescano, a nome della Chiesa. Ora fra Leopoldo può cominciare finalmente la sua preparazione ai voti religiosi. Secondo la regola avrebbe dovuto compiere il noviziato al convento di Belmonte, presso Valperga Canavese, ma a "S. Tommaso" i confratelli hanno pur sempre bisogno di un cuoco. Pertanto gli viene ottenuto dalla S. Sede il permesso di compierlo a "S. Tommaso", continuando a lavorare in cucina "per il bene comune". All'inizio, ha come maestro lo stesso P. Vallaro, poi il P. Stefano Panizzini, vice-curato, neppure trentenne. Costui ha ben poco da insegnargli. Può solo costatare le ottime virtù di Leopoldo, incoraggiarlo a proseguire ogni giorno. Spesso ha molto da imparare da lui. Da parte sua, scriverà nel suo diario: "Fu un anno di ritiro, di preghiera e di meditazione". Il 6 aprile 1906, fra Leopoldo offre a Dio i voti temporanei di castità, obbedienza e povertà, nelle mani del Ministro Provinciale, P. Ludovico Bertana. Finalmente è religioso professo. Ha 56 anni. La sua missione, quella che lo farà conoscere a migliaia di fratelli, comincia ora. Tutto di Dio: fra Leopoldo di Gesù Crocifisso. " Quel caro Crocifisso " Nell'anno del suo noviziato, fra Leopoldo ha riparato un Crocifisso che era stato lasciato tra gli oggetti fuori uso. Il venerdì santo, 13 aprile 1906 era stato di nuovo posto all'adorazione dei fedeli presso un altare della chiesa di S. Tommaso. Dopo quel giorno, era stato collocato nel corridoio del convento, accanto alla camera di fra Leopoldo. Il quale, da allora è solito fermarsi lì qualche istante, prima di entrare nella sua camera, a pregare. Racconta: "Già da giorni vedevo vicino alla mia cella un Crocifisso che mi infondeva nel cuore grande venerazione. Mi faccio coraggio e dico al Padre Guardiano, P. Fedele Provera: "Quanto desidero quel caro Crocifisso!" "Lo vuole?" mi disse, "lo prenda pure, ma si ricordi che quella sacra effigie è stata alla venerazione moltissimi anni, all'adorazione che i buoni fedeli venivano riverentemente a fare, genuflessi e prostrati ai suoi piedi, il venerdì santo". E soggiunse: "E lei, la prima adorazione che farà, la prego di volerla fare per me". Leopoldo prende il Crocifisso e lo porta nella sua cella. Qui inizia davvero una storia singolare e meravigliosa, che lasceremo in gran parte narrare a lui stesso: "Così feci e da quel giorno in poi, non lasciai passare giorno senza fare l'adorazione a Gesù Crocifisso, alimento dolcissimo dell'anima mia. Passati due mesi, giugno e luglio, il 2 agosto ( 1906 ), Madonna degli Angeli, il mio buon Gesù mi fece intendere: "Si faccia devotamente l'adorazione come nel venerdì santo e molte grazie e favori concederò a tutti quelli che in grazia di Dio si prostreranno ad adorarmi". Ecco, il colloquio tra Gesù e Leopoldo è iniziato: non finirà più su questa terra e avrà la sua pienezza in Paradiso. Leopoldo, alla voce di Gesù, nel silenzio della sua cella, annota: "Il pensiero, il mio primo sguardo è volto a Roma, e pregai con tutto l'affetto dell'anima mia e dissi a Gesù: "Dolcissimo Gesù, volgi il tuo sguardo pietoso, consola e difendi il nostro Santo Padre il Papa ( Pio X ), dai nemici suoi in questi tempi di empietà tanto amareggiato, da' la pace alla tua Chiesa, per la tua misericordia concedile giorni di prosperità e il ritorno dei fratelli erranti". Una grande luce scende nell'anima di Leopoldo: Gesù lo illumina, lo affascina, lo attira a Sé in modo singolare. Gli dà uno sguardo lucido sulla situazione della Chiesa, in quel momento, percorsa dalla crisi del modernismo. Lo richiama alla fedeltà al Papa e a farsi apostolo di verità e di amore, "in tempi di empietà". Gli affida una grande missione, che gli sarà sempre più chiara nel passare del tempo. Passano pochi giorni. Il 18 agosto 1906, Gesù Crocifisso gli dice: "Una grande confidenza passerà tra Me e te". Leopoldo rammenta quanto gli aveva detto Gesù, dodici anni prima, nella Chiesa di S. Dalmazzo, dopo la Comunione. Annota subito nel diario, rivelando qual è d'ora in poi, il suo stile di vita: "Il Crocifisso è un gran libro di istruzioni santissime. Maestro esemplare, divino: io starei giorno e notte a ascoltare un linguaggio così dolce: l'ora è tarda e mi licenzio dal mio Gesù e gli domando la grazia di passare il rimanente della notte santamente, di prendere con la sua benedizione riposo e di servirlo, svegliandomi, fin dalle prime ore, più fervoroso con più fede e amore, tanto da passare i momenti più difficili". D'ora in poi, la vita di Leopoldo, passerà tra la cucina e la chiesa, come prima, nella fedeltà ai suoi doveri ... e i colloqui con Gesù nell'intimità col Crocifisso, nella sua cella. Ogni sua ora, sarà un'attesa di quei colloqui, che egli annoterà in un diario, che è una mirabile storia d'anima con Gesù: "Le anime che amano il loro dolce Gesù - Gesù dice ( 19 agosto 1906 ) - Io le amo di amore immenso". "Chi sono io, mio buon Gesù, per usarmi tante finezze? Dolce mio Dio io mi veggo solamente un piccolo verme di terra. Tu, Maestro santissimo, insegnami come devo fare per piacerti". " La Divozione " Davanti al Crocifisso, Leopoldo medita sul suo sacrificio offerto in adorazione al Padre, in espiazione dei peccati del mondo. Guarda con amore il corpo straziato e sanguinante di Gesù, le sue piaghe alle mani, ai piedi e al costato. Rinnova a Lui un continuo contraccambio di amore ( la "redamatio", di cui parla S. Tommaso d'Aquino ): a Gesù che ama così, si può, si deve rispondere solo con l'amore. Atti d'amore. Colloquio dolcissimo, sempre più ardente. Leopoldo aggiunge le preghiere vocali del buon cristiano, il Pater, l'Ave, il Gloria. Porta a Gesù la Chiesa, i peccatori, i sacerdoti, le anime del Purgatorio, coloro che si raccomandano alle sue preghiere. Il 10 settembre 1906, Gesù Crocifisso gli dice: Sei tu che devi spingere questo e quello per propagare questa "divozione": non mancheranno anime buone che mi amano e che verranno in tuo aiuto; sappi, caro figlio, che ho dei fratelli laici che mi vogliono molto bene, se tu sapessi quanto Io li amo". Tre giorni dopo, Leopoldo scrive: "Il mio dolce Gesù mi fece intendere che Egli ama chi fa questo santo esercizio di adorazione; fosse pure il più gran peccatore del mondo, se prometterà di servirlo sinceramente per tutto il tempo della vita, non solo Egli ne dimenticherà le iniquità e i peccati commessi, ma ne renderà l'anima bella, innocente". E ancora: "Per questa santa "divozione", disse Gesù, mi servo di te, e desidero che esca dall'Ordine di S. Francesco, guardati di non venir meno". È la prima volta che Gesù parla a Leopoldo - che lo narra nel diario - dell'adorazione a Lui Crocifisso secondo la forma di una "divozione", e lo invita a praticarla e a diffonderla, promettendo grandi grazie. Si tratta non solo di una formula nuova di preghiera, ma di uno stile di vita, della vita stessa offerta come adorazione al Crocifisso, per amarlo, e farlo amare. Seguendo le pagine di fra Leopoldo, trascriviamo questa "divozione", così come lui l'ha scritta sotto ispirazione di Gesù: Alla piaga della mano destra: Amatissimo mio Signore Gesù Crocifisso, io adoro profondamente prostrato con tutti gli Angeli e i Beati del Cielo, la piaga SS.ma della vostra mano destra. Vi ringrazio dell'amore infinito con cui voleste sopportare questi atroci dolori in isconto dei miei peccati, perciò li detesto con tutto il cuore, e Vi domando la grazia di liberare il Sommo Pontefice dai suoi nemici e che oggi tutti i sacerdoti del mondo abbiano a celebrare santamente. Alla piaga della mano sinistra: Amatissimo mio Signore Gesù Crocifisso, io adoro profondamente prostrato con tutti gli Angeli e i Beati del Cielo, la piaga SS.ma della vostra mano sinistra, e vi domando grazia per i poveri peccatori e per i moribondi specialmente per quelli che non vogliono riconciliarsi con Dio. Alla piaga del piede destro: Amatissimo mio Signore Gesù Crocifisso, io adoro profondamente prostrato con tutti gli Angeli e i Beati del Cielo, la piaga SS.ma del vostro piede destro e vi chiedo grazia affinché in tutti gli Ordini e Congregazioni religiose germoglino molti santi. Alla piaga del piede sinistro: Amatissimo mio Signore Gesù Crocifisso, io adoro profondamente prostrato con tutti gli Angeli e i Beati del Cielo, la piaga SS.ma del vostro piede sinistro, e vi prego per la liberazione delle anime del Purgatorio, specialmente per quelle che molto sperano in questa devozione. Alla piaga del sacro Costato: Amatissimo mio Signore Gesù Crocifisso, io adoro profondamente prostrato con tutti gli Angeli e i Beati del Cielo, la piaga SS.ma del vostro Costato e vi prego affinché vi degniate di benedire l'Angelo della nostra Arcidiocesi e tutte quelle anime che si raccomandano alle nostre preghiere. Gesù Crocifisso, avvalorate queste preghiere con i meriti della vostra Passione; concedeteci la santità della vita, la grazia di ricevere i santi Sacramenti in punto di morte e la gloria eterna. Sia lodato, benedetto, amato e adorato ogni momento il mio Crocifisso Gesù nel SS.mo Sacramento. Amen. A leggerla in modo superficiale, questa "divozione", sembra nulla più che una pia preghiera, come possono esisterne tante, in fondo una "piccola cosa". Ma Leopoldo ha la certezza che Gesù voglia fare grandi cose, per mezzo di essa, come è solito fare Lui che sceglie i piccoli per confondere i forti. Una "divozione", come stile di vita e missione da compiere: la sua missione, che Gesù gli svelerà un passo dopo l'altro. Intanto, in quei giorni di settembre, Gesù Crocifisso gli ha pure detto che "ha dei fratelli laici nel mondo che gli vogliono molto bene". Chi sono costoro? Leopoldo pensa ai "frati laici" dell'Ordine che fanno vita eremitica sul monte della Verna, dove S. Francesco ebbe le stimmate di Gesù nel suo corpo, ma non sono costoro. Lo capirà più avanti, quando il disegno di Gesù gli sarà un po' alla volta spiegato. Intanto Gesù gli chiede amore, riparazione, attaccamento sempre più intenso a Lui. Come propagare la "divozione"? Occorre dirlo all'Autorità, perché è soltanto un piccolo frate converso, che lavora in cucina. L'Arcivescovo approva Il 25 settembre 1906, fra Leopoldo scrive: "Ieri manifestai la preziosa "divozione" a don Pons, Segretario del Cardinale Richelmy, Arcivescovo di Torino, che mi disse di scriverla su un foglio di carta, chè l'avrebbe accettata ben volentieri e mi consigliò di portarmi da sua Eminenza, manifestando a lui la cosa per ottenere il permesso di darla alle stampe e per farla indulgenziare. Io gli risposi che non osavo presentarmi per la troppa soggezione; ma lui mi incoraggiò ad andarci, assicurandomi che mi avrebbe ricevuto ben volentieri. Intanto io pregavo il mio buon Gesù dicendogli: "Se vado da sua Eminenza, non so proprio come comportarmi". Gesù mi disse: "Comportati semplicemente: dirai che il Crocifisso Gesù, oltre a molte grazie e favori che ti ha fatto, ti dà una grande fede, speranza e carità e un immenso amore. Va' e non temere: se non sei ascoltato dal Cardinale, fra poco tempo gli metterò in mente di darti ascolto, affinché la santa "divozione" faccia strada". E così fu. Quando mi portai dal Cardinale ... appena inteso il motivo, non volle nemmeno udirmi dicendomi che di devozioni ce ne erano già tante e mi licenziò". Per ora, ha fatto "un buco nell'acqua". Gesù però lo sostiene e lo istruisce: "Se hai momenti di tentazione, ricordati che dal maligno serpente sorge il male; tu non dare ascolto: appena te ne accorgi, rivolgiti subito a Me che sono la tua forza" ( 26 sett. 1906 ). "L'adorazione più accetta è quando ti vedo, disimpegnati i tuoi lavori materiali, correre nella tua cella, perché tu lo sai che Io ti aspetto. Non guardare né sonno né stanchezza. Nel silenzio, nella solitudine, posso dirti ciò che Io bramo. I tuoi sacrifici saranno centuplicati" ( 5 ott. 1906 ). "Vivi da buon religioso; non t'accorgi che Io comincio a prepararti? Che il passaggio da questa vita all'eternità, gli ultimi momenti saranno per te di gioia, di amore e di gaudio?" ( 5 ott. 1906 ). "Io sono sempre con te e non temere mai nulla che ti possa avvenire, nemmeno la morte. Anzi sappi che dopo la tua morte, lavorerai più di ora. Mi servo di te, non ti insuperbire, tieniti umilissimo. Quando non ci sarai più su questa terra, la mia divozione, per mezzo di anime buone, farà strada con il mio aiuto" ( 13 ott. 1906 ). In fondo, il "problema" di Leopoldo è salvarsi l'anima, anzi farsi santo, e di salvare molte anime. Gesù gli ha detto che ciò avverrà per mezzo della "divozione": "Il mio buon Gesù Crocifisso mi fece intendere quante anime sarebbero salvate per questa santa adorazione, specialmente peccatori" ( 7 ott. 1906 ). Se il Cardinale lo ha licenziato, Leopoldo non si arrende. Prega e spera: la Chiesa non potrà dire di no al suo Signore. Tutto contento, Leopoldo narra: "Il 7 o 8 luglio 1907, il P. Fedele di Mirabello ( il suo Guardiano ) si portò da Sua Eminenza per ottenere l'approvazione alla "divozione" per poterla dare alle stampe. Così fu approvata per mezzo del Vicario generale, Mons. Vescovo Castrale, e in questo modo potei con più facilità propagare la santa "divozione" a Gesù Crocifisso". Vengono stampate migliaia di pagelline, con il Crocifisso e l'anima avvinta a Lui, così come Leopoldo "ha visto" a Viale alcuni anni prima, e il testo come l'abbiamo riportato. Il Crocifisso ancora una volta invade il mondo. " Leopoldo del mio Cuore " L'adorazione al Crocifisso - e all'Eucaristia, che è il sacramento del Crocifisso, come insegna S. Tommaso d'Aquino - è tutto per fra Leopoldo. Egli vuole che sia tutto per ogni anima che incontra. La vita vissuta, come Maria SS.ma e Giovanni, il discepolo prediletto, sul Calvario. Gesù lo chiama a una grande intimità con Lui. Così gli chiede ogni giorno, ed è meraviglioso seguire questo colloquio: "Il mio Crocifisso Gesù ci aspetta per abbracciarci, per darci il bacio di pace, per chiamarci fratelli, parlando un linguaggio tutto di paradiso ... trasporta lo spirito a sentimenti di serafino, rende l'anima nostra così bella che la mente d'uomo è troppo piccola per comprendere. ( 12 ott. 1906 ). "Per qualunque pena tu abbia a soffrire, non voglio che tu ti turbi; avvicinati a me sempre con l'animo quieto, perché ho molte cose da dirti ( 12 luglio 1908 ). "Io sono l'amore di tutti i santi. Quando fai l'adorazione nella tua cella, Io sono con te e una moltitudine di Angeli ti guardano" ( 13 luglio 1908 ). "Quando il mio Gesù chiama con i nomi più innocenti me, povero peccatore, non so come rispondere; gli dico così: Tu, Gesù sei il mio Paradiso sulla terra, sei il Cielo mio, sei tutto il creato mio!". ( 15 luglio 1908 ). "Per l'amore che ti porto, o Gesù mio, voglio vedere tutto il mondo avvicinarsi a Te, Bontà infinita" ( 19 luglio 1908 ). Sono soltanto sprazzi di luce di questo colloquio ... Il colloquio si fa sempre più intenso. Gesù istruisce, chiama, trasmette una missione da compiere: "Ciò che sempre mi fa orrore, che mi fa drizzare i capelli, è il sentire maltrattare il mio Gesù con bestemmie, imprecazioni. Gesù mi dice: "È tuo dovere di amare e di benedire, di riparare". ( 9 agosto 1908 ) "Ama il ritiro, la solitudine, vivi solo per Gesù, e io ti manifesterò la mia bontà: vivrai come se Io solo avessi te cui profondere le mie grazie" ( 10 agosto 1908 ). "Tu sei il mio Leopoldo del Cuore trafitto del tuo Gesù Crocifisso: voglio far di te ciò che voglio io" ( 12 agosto 1908 ). "Avrai da Me grande amore e grazia, in cambio di certi religiosi che pretendono di calpestarmi, negando ciò che per fede dovrebbero credere. Tu invece amami". ( 17 agosto 1908 ). "Il Mio e il tuo cuore in avvenire bruceranno di amore santo ... Sai bene che sei troppo piccolo. Sono Io che ti detto tutto quello che scrivi, affinché la Mia misericordia risplenda più del sole, per tutto il mondo ... Prega, non perdere un minuto di tempo" ( 18 agosto 1908 ). Il discorso di Gesù sembra non avere limiti così da mettere a disagio il piccolo frate: "Ricordati che amo molto che tu, prima di finire il giorno, venga a salutarmi come fai nel SS.mo Sacramento dell'altare; ricordati che Io sono l'Agnello che cancella i peccati del mondo. Non devi turbarti per qualunque tentazione: con la mia potenza, rendo angelica la tua anima: Io sono il tuo Gesù" ( 25 agosto 1908 ). "Leopoldo, prendi il mio Cuore: se non l'avessi lo creerei per donartelo, tanto è l'amore santo che tu mi dai, che tu mi contraccambi, finché puoi, rimani con me. Nel lavoro, il tuo spirito non si distacchi dal mio: incatenato a Me" ( 27 agosto 1908 ). "Preferisco essere crocifisso un'altra volta piuttosto che tu smettere di amarmi" ( 28 agosto 1908 ). Ormai la vita di fra Leopoldo è un continuo colloquio, una "storia a due". Ogni momento della giornata, sembra che Gesù e il piccolo frate si dicano l'un l'altro: "A noi due! Tocca a noi, volerci bene!". Leopoldo, con il passar del tempo diventa sempre di più "un tutoyeur de Dieu", uno che dà del tu a Gesù. Il quale Gesù è davvero Dio, che sazia la sete e la fame di infinita comunione, di intimità divina che ogni uomo porta con sé dalla sua nascita. " Tu sei il mio segretario " Molto presto si viene delineando una missione da parte di Gesù a Leopoldo. Non solo, quella grandissima, di stare con Lui, ma anche di farlo conoscere, di farlo amare, quindi di dare vita a un'opera. Un passo dopo l'altro. "Molti verranno a raccomandarsi a te, che tu preghi per ottenere loro grazie; e io ne concederò abbondanti, che sarà il trionfo della nostra santa Religione cattolica" ( 18 luglio 1908 ). "Hai da lavorare ancora molto; ti resta da guadagnare ancora parte del Paradiso; il lavoro è questo: di formare molte anime, coltivarle per bene per trapiantarle in Cielo. Quando ti chiamerò in Paradiso, vedrai la meraviglia di tutte le meraviglie" ( 3 agosto 1908 ). L'invito a una missione si fa più specifico, più preciso: "Quante grazie e favori potrei dare ai miei sacerdoti, ma in gran parte non posso, perché mi trattano troppo materialmente" ( 25 luglio 1908 ). "Per 8 giorni consecutivi, la S. Comunione la faccio per il Santo Padre il Papa, affinché la bontà divina del mio Gesù lo voglia consolare, suscitando anime generose, sante, per combattere contro lo spirito moderno, affinché la nostra fede risplenda limpidissima come cristallo nei cuori dei fedeli" ( 1 sett. 1908 ). Gesù richiama Leopoldo a guardarsi attorno, a quanto c'è nella Chiesa e nel mondo, ai problemi gravi che assillano il Papa e i buoni Pastori di anime. La sua azione di preghiera, offerta, riparazione, l'opera cui lo chiamerà Gesù, sarà risposta a questi problemi, il suo contributo alla salvezza delle anime, in primo luogo alla santificazione dei consacrati. "Dunque, figlio mio - gli dice Gesù il 2 settembre 1908 - ti piace di essere il mio segretario?". Tre giorni dopo: "Ti voglio bene, perché sei il mio segretario. Vogliamoci ambedue un gran bene". "Se ogni tanto incontri spine e qualche volta ben pungenti, non ti turbare, fa' coraggio; il ricordo del tempo brevissimo che ti resta da rimanere su questa terra, ti aiuterà a sopportare pazientemente tali miserie; unisci sempre il ricordo di un Dio crocifisso. Prega, ripara". Non si tratta tanto di uscire dal convento, per andare per le strade o sulle piazze a compiere qualcosa di eccezionale, ma di rimanere al suo posto, "rimanere nell'amore di Gesù", crescere nell'amore, rendere più intensa l'offerta, e Gesù, per mezzo suo, compirà una piccola grande opera: "Alcuni religiosi, se sapessero ciò che avviene fra Me e te, ti darebbero la baia, ma tu sta' sempre fermo". Quindi: "Amo molto i secolari, perché hanno fede, sebbene certi religiosi, quelli che hanno la scienza poco umile, cieca da non vedere neanche il sole in pieno meriggio, dicono che sono troppo creduloni" ( 10 sett. 1908 ). Che cosa vuole, dunque, Gesù da lui? Intimità e ancora intimità con il suo Cuore divino: "A tanti santi ho donato scienza divina e altre virtù, ma l'intimità come con te, mio Leopoldo, non l'ho mai avuta con altri" ( 10 sett. 1908 ). Il 12 settembre 1908, c'è un colloquio intenso, struggente: "Tu, mio Leopoldo, quando ti chiedo di domandarmi qualcosa per te, mi dici che vuoi la salvezza di tutto il mondo; è molto gradito al mio cuore questo desiderio, ma ora voglio proprio che mi domandi qualcosa per te". Ebbene, Gesù, dammi la grazia di non separarmi mai più da Te, amor mio Crocifisso. "Voglio dirti di più: non solo per tutta la vita, ma per tutta l'eternità felice. Il tuo cuore è incatenato al mio, nessuna forza potrà mai sciogliere le catene divine ". Gesù gli indica la via, nel silenzio, nel nascondimento, in una singolare fecondità di apostolato: "Tutti i santi ho scelto come tanti fiori di grato profumo, ma di diversi profumi, e te, mio Leopoldo, ho scelto per darti il mio immenso amore, sofferenza e lavoro: questa è la via che hai da proseguire per arrivare nella terra dei viventi, là dove il tuo Gesù amorosamente ti attende. Ora che ti ho fatto segnare tutto ciò, avresti il coraggio di dubitare che tu sei il mio segretario? Ora va' a lavorare, affinché nulla manchi al tuo dovere". ( 14 sett. 1908 ) Non trascura neppure uno dei suoi doveri quotidiani nella cucina del convento. I confratelli sono assai contenti di lui, perché pranzo e cena sono da lui preparati con competenza e amore. Essi si accorgono che dal fornello, brucia per loro tanta carità, il servizio di un fratello vero. Leopoldo vive in Cristo: " Gesù mi ha detto: "Tu sei l'amore degli amori". Io a Gesù: "Tu sei il mio Paradiso". Gesù: "Io non posso più stare un momento senza di te". Leopoldo: "Dio mio, io pure quanto Ti amo!". Gesù: "Non sai il bene che verrà tratto da questa cella benedetta?". Leopoldo: "Dimmi qualcosa che mi consoli!". Leopoldo: "Mio buon Gesù, io ti ripeto sempre la stessa cosa: io vorrei perdermi non solo nel tuo Cuore trafitto, ma in Te stesso, mio Cristo, Gesù Crocifisso, vero Figlio del Dio vivo, che nessuno più mi trovi: solo il mio Gesù!" ". ( 25 sett. 1908 ) Immerso in tanta intimità con Gesù, il piccolo frate estenderà la regalità di Gesù sul mondo: "Io, il tuo Gesù, sono simile a un re, il quale quando prende qualche uomo di compagnia, si compiace di avere vicino uno che lo ama e fa di tutto per onorarlo, conferendogli alti titoli, onorifici gradi, perfino di principe e di duca" ( 29 sett. 1908 ). Ecco, Leopoldo vive all'ultimo posto nel convento, occupato nei lavori più umili, ma in unione con Gesù quell'ultimo posto è un regno: servire a Lui è regnare. " Il Crocifisso ha sempre trionfato " Dai detti di Gesù a fra Leopoldo, si ha il sentore di un tempo di crisi: è il suo tempo in cui si diffonde "il modernismo" a grandi ondate e colpisce, in primo luogo la vita dei religiosi, dei preti e, di riflesso, la vita del laicato cattolico, quello più colto. Tutto era iniziato alla fine dell'Ottocento, negli ultimi anni del pontificato di Leone XIII, il quale già aveva illuminato le anime e condannato gli errori. Si tratta di una nuova interpretazione del Cattolicesimo, che vorrebbe aggiornare, "modernizzare": secondo questa nuova visione, spiegata in modo più o meno subdolo o aperto, secondo la convenienza, le Verità della fede - il dogma cattolico - non esprimono più la realtà oggettiva della Rivelazione divina, ma sono soltanto l'espressione della coscienza religiosa dell'uomo. Gesù non è più l'Uomo-Dio, venuto in mezzo a noi, crocifisso e morto in espiazione dei nostri peccati, risorto il terzo giorno, glorificato dal Padre e fondatore della Chiesa, ma un genio religioso che ha saputo esprimere una coscienza più alta degli altri uomini. Quello che viene da lui non è più Verità immutabile, ma evolve con l'evolversi dei tempi. È evidente, che in questo modo, nulla più resta del Cattolicesimo, come Verità assoluta e eterna: non c'è più la realtà immensa dell'Incarnazione e della Redenzione, della Chiesa, come opera mirabile di Dio per la sua gloria e per la salvezza dell'uomo, ma soltanto più un umanitarismo che tutto riduce all'uomo, alla società. Tutto finisce per essere negato e distrutto: i Sacramenti, in primo luogo l'Eucaristia, come presenza reale e ripresentazione del Sacrificio di Gesù; la legge di Dio, tutte le Verità della fede. Le conseguenze sulla vita consacrata e sacerdotale, sulla vita cristiana-cattolica sono gravissime: nulla più regge, tutto si sgretola e finisce nell'ateismo. Il Santo Padre Pio X vide la gravità enorme del modernismo e con un atto di magistero e di governo, l'8 settembre 1907 lo fulminò con l'enciclica Pascendi dominici gregis che definì il modernismo "il collettore di tutte le eresie". All'enciclica, aveva fatto precedere il decreto Lamentabili, in cui condannava una per una le proposizioni ereticali, fra cui quella che affermava che il sacrificio di riparazione offerto da Gesù sulla croce per la salvezza del mondo, sarebbe soltanto un'invenzione dell'apostolo Paolo. Come facilmente si vede, il modernismo nega la redenzione operata da Gesù sulla croce. In una parola, è la negazione del Crocifisso. Gesù parla a Leopoldo in questo clima e lo illumina in profondità, rendendolo singolarmente lucido, lui piccolo frate laico, della situazione in cui si trova a vivere. Anche Leopoldo, nella cucina del convento di S. Tommaso, era stato raggiunto dagli errori del modernismo, ma Gesù gli dice: "Quando sentirai discutere di cose tanto sublimi, è segno che il troppo preteso sapiente ( sicuramente è un modernista! ) vorrebbe negare qualche punto della nostra santa Religione: non ti turbare, ma abbi fede nel tuo Crocifisso, che è il tuo conforto, la tua guida" ( 27 sett. 1906 ). Non è una pia esortazione, ma la Verità: la fede nel Crocifisso è il compendio di tutta la Verità del Cattolicesimo. Leopoldo lo sa e ne sarà sempre più consapevole, man mano che Gesù lo illumina e lo chiama a compiere la sua missione. Il 19 maggio 1907, solennità di Pentecoste, Leopoldo annota: "Il Papa ... conceda a tutto il mondo cattolico di fare la santa adorazione a Gesù Crocifisso, a sostegno e difesa della nostra santissima religione cattolica, concedendo le più alte indulgenze. Una turba immensa nel mondo vorrebbe schiacciare, cancellare perfino il Nome SS.mo di Dio, Gesù Crocifisso, nostro Creatore e Benefattore, Provvidenza infinita; tutto spero nel nostro Santo Padre, il Papa, affinché si faccia la santa adorazione in riparazione di tanto scandaloso affronto che si reca all'augusta Croce della nostra Santa Redenzione". Davvero il quadro che ha davanti agli occhi è gravissimo, ma purtroppo è tristemente vero: proprio così, una congiura di protestanti, massoni, spretati, sedicenti sapienti e falsi teologi, di uomini della cultura delle tenebre "vorrebbe schiacciare, cancellare perfino il Nome SS.mo di Dio, Gesù Crocifisso". Era vero al tempo di fra Leopoldo Musso nel primo decennio del secolo XX, è più vero ancora oggi a cento anni di distanza, così che il "discorso" del piccolo frate comincia a essere più attuale che mai. Come vedremo. Bene ha fatto a sperare nel S. Padre Pio X, che proprio in quell'anno, di lì a poche settimane, pubblica la Pascendi e inizia la battaglia contro il modernismo, rivolta con tutte le sue energie a sradicarlo dalla Chiesa. Anche Leopoldo ne soffre assai, prega e offre. Gesù lo rassicura: "Non ti inquietare, la causa è di Dio: la Croce in tutti i tempi più difficili ha sempre trionfato. Ora sono dei momenti così perversi contro la fede, contro di Me, Gesù Crocifisso, ebbene ora si manifesta di nuovo più forte, più gagliarda a combattere il morbo pestifero delle eresie nuove, che tendono a sorgere ...". "Poveretti! Si credono con le loro piccole astuzie di detronizzare la mia fede cattolica; a loro insaputa rifulgerà di nuova vita" ( 25 giugno 1908 ). " Rivolgerai in bene tutto il mondo " Dunque Leopoldo ha una grande certezza, la medesima dei santi: "Il Crocifisso ha sempre trionfato e trionferà". "In hoc signo - quello della Croce - vinces". Ma dev'essere consapevole dell'enormità degli errori, per combatterlo e per amare di più Gesù e compiere la missione cui Egli lo chiama. Così prega: "Dammi, o Signore, la grazia che io ti adori; da' a me tutti i Crocifissi che un giorno erano esposti all'adorazione e che ora con tanto disprezzo non vogliono più; dà a me tanta grazia, o mio Dio Crocifisso, che adorandoti, ti adori pure continuamente sopra tutte le croci disprezzate". Così si lamenta con Gesù: "Vogliono perfino farti dimenticare dai credenti e farti odiare, strappandoti ciò che è più sacro, cioè l'aureola della divinità. Dio mio, che orrore! Mio Signore, suscita anche oggi in questi giorni, anime generose come S. Bernardino, S. Antonio e altri Santi a confusione dei tristi affinché al tuo Nome Santissimo venga fatta giustamente riparazione" ( 7 agosto 1908 ). Egli sa che tra i modernisti ci sono dei consacrati: "Figlio mio, gli dice Gesù il 17 agosto 1908, avrai da Me grande amore e grazia, in cambio di certi religiosi che pretendono calpestarmi negando ciò che con fede dovrebbero credere, e mentre dovrebbero consolare il mio Vicario in terra, gli danno invece dispiacere, non volendo piegarsi a ubbidirlo in ciò che ha diritto". Ma lui è soltanto un piccolo frate: che cosa può fare, lavorando tra pentole e fornello? Che cosa c'entra lui? Gesù lo rassicura: "Rivolterai in bene tutto il mondo!" "Come rivolteremo? Sei Tu, mio buon Gesù, che lo volti; io non sono che una canna che ogni movimento d'aria meno forte atterra". "Sì, ma tu devi aiutarmi. Ritorneranno i tempi dei primi cristiani: se la persecuzione fa capolino, la forza, la fede infusa da Dio fa miracoli" ( 25 agosto 1908 ). Questa riforma del mondo "in bene", comincia dalla sua preghiera e dalla sua offerta, ma presto farà spazio a una piccola grande opera: " Durante la santa adorazione, quando raccomandavo tutti i sacerdoti del mondo, affinché celebrino santamente, il mio Gesù mi disse il numero di quelli che sono al contrario: "Ciò mi affligge il cuore, anzi me lo trafigge" ". Leopoldo comprende ogni giorno di più, alla scuola del Crocifisso, qual è la sua missione, che cosa gli chiede Gesù. Da Lui gli è stato posto tra le mani uno strumento semplice e grande, una piccola cosa, che tuttavia avrà un grande risultato nelle anime e nel mondo: "la Divozione", cioè l'adorazione al Crocifisso. Innanzitutto, si impegna a diffonderla, senza fermarsi mai: tutti possono adorare il Crocifisso, chiedere a Lui l'esaltazione della Chiesa e del Papa, la sua vittoria sui nemici, a cominciare da quelli più subdoli, al suo interno. Quindi chiedere la conversione dei peccatori, la santificazione dei sacerdoti e dei religiosi, la liberazione delle anime del Purgatorio, tante grazie per tutte le anime. Gesù gli ha promesso grandi cose, a lui e a tutti coloro che diffondono "l'adorazione". Leopoldo è certo che Gesù mantiene la sua parola: comincia a vedere i malati che guariscono, i lontani da Dio che tornato a Lui ... Gli adoratori del Crocifisso, a cominciare da lui, non praticheranno solo una preghiera in più, ma avranno uno stile di vita diverso, di adorazione, di offerta, di oblazione con Gesù, di partecipazione al suo sacrificio, sul Calvario e sull'altare. Convertiranno le anime, le più lontane. Sosterranno il Papa nella sua missione. Leopoldo è il primo a vivere santamente tutto questo. Vinceranno il modernismo. Gesù gli dice: "Figlio mio, il tuo Gesù, il mio Vicario e tu, siamo uno spirito solo, a confusione dei miei religiosi che, pur sapienti secondo loro e superbi in ciò, invece di stare con Me, tuo Gesù, cercano di allontanarsi col loro indagare inutile sulla Fede e verità rivelata ai miei Apostoli, e vanno a rapire e turbare le coscienze dei credenti e a cancellare con le loro pretese di sapere, la fede che rimane nelle anime e la fanno perdere del tutto. Alzati e va' a scrivere a confusione di questi ciechi che hanno gli occhi e che non vogliono vedere" ( 28 ott. 1908 ). Ora Leopoldo sa che cosa deve fare: ha un compito grandissimo, quello di ricondurre costoro alla Verità: "Ah, modernismo diabolico! Cancellate subito dalla vostra mente turbata da immaginazione le vostre pretese diaboliche; il vostro lavoro è turbolento, è fatica gettata ai quattro venti. Pregate Dio Santissimo che vi cambi il cuore con farvi scendere a miglior consiglio, e vedrete che la misericordia d'un Dio sapiente vi farà grazia di vedere il dolce sereno, la luce più abbagliante della nostra Fede Cattolica, come al tempo degli Apostoli" ( 28 ott. 1908 ). Lui amerà Gesù non amato, Gesù tradito, lui riparerà le offese contro la Fede, contro la Verità. Gesù lo chiama, anche se è illetterato ed è solo un piccolo frate: "Scegliendo te, semplice frate, per mio aiutante, sia smascherato il bugiardo, superbo modernismo. Io sono il tuo Gesù Crocifisso " ( 2 dic. 1908 ). A lui toccherà "rialzare la Croce", far regnare Gesù. " L'Ordine che sorgerà ... " Fin dall'inizio del suo colloquiare con Gesù, il divino Maestro gli ha detto che nel mondo Lui ha degli amici laici che molto lo amano. Quindi, via via, gli ha fatto notare che diversamente da certi religiosi che lo dimenticano e lo tradiscono, ci sono dei cattolici laici che gli sono fedeli e lo fanno conoscere e amare, che per questo sono considerati degli ingenui. Ebbene, proprio per questo, Gesù ha una grande predilezione per loro e intende chiamarli a diventare suoi intimi amici e farli partecipi della sua opera di redenzione delle anime e del mondo. Anche Leopoldo deve sapere che costoro sono i suoi prediletti ed è chiamato, dal silenzio della sua cella, a formare gli amici più veri per Gesù. L'umile frate cuciniere comincia ad avere il sentore che Gesù vuole servirsi di lui per dare inizio a una sua "opera", nella Chiesa e nel mondo: qualcosa di nuovo, di inedito, per cui Egli entrerà più a fondo nella società e porterà anime alla Verità della Fede, alla comunione con Dio. Il 29 agosto 1908, finalmente Gesù parla chiaro: "Dal mio cuore, dalla croce, non devi svincolarti mai". "L'Ordine che sorgerà sia coltivato prima di tutto con la pietà, con la reciproca assistenza e umiltà, con l'attività e modestia e grande carità fraterna: in unione con me, Gesù Crocifisso, portare la Croce con gaudio". Dunque, lui, dalla cucina di "S. Tommaso" darà vita a un "Ordine" religioso!? Ma come è possibile? Come farà? Che cosa vorrà da lui Gesù di concreto? Intanto, a due anni dall'inizio del colloquio con Gesù, ci sono tante persone che sono state raggiunte dall'"adorazione al Crocifisso" e l'hanno diffusa. Molti vengono in convento per conoscere fra Leopoldo e parlargli, raccomandarsi alle sue preghiere, domandargli un consiglio. Incredibile, ma vero, vanno più da lui, che dagli altri frati che sono sacerdoti, più da lui che dal superiore della comunità. Ha acquistato già una singolare autorevolezza sulle anime, che crescerà sempre di più, anche se non esce mai dal suo nascondimento. Così, il 29 settembre 1908, Gesù ribadisce: "Quanti desiderano di conoscerti e di parlarti a viva voce, sapendoti mio segretario della Divina Provvidenza; il mondo è scomposto, non voglio che vada in sfacelo: l'Opera che sorgerà è per salvarlo. I miei figli più intimi, che hanno la prudenza celeste, desiderano conoscerti, sapendoti mio inviato". È un po' sconcertato, il fraticello, ma rimane sereno, perché sa che Gesù può tutto e lui, come Gesù vorrà, compirà la sua "opera"; almeno farà la parte che gli sarà richiesta. Questo "Ordine" di cui parla Gesù, sarà "l'Ordine del Crocifisso": "Dirai al Sommo Pontefice, che estenda la Divozione in tutte le famiglie del mondo, l'adorazione a Gesù Crocifisso: chi deve salvare il mondo è la Croce, il Crocifisso" ( 11 nov. 1908 ). I membri di questo ordine, saranno i primi adoratori del Crocifisso e vivranno per Lui, per estendere l'adorazione a Lui, per "rialzare la Croce". Saranno con - redentori con Gesù. Quale compito meraviglioso! Sarà Gesù a cercare e a formare questi "amici". " Il mondo sia riformato " Gesù Crocifisso continua a formare il suo prediletto per la sua santificazione e per compiere la sua Opera. Leopoldo dovrà crescere sempre di più nell'intimità con Gesù e sentirsi mandato al mondo, per una grande missione, anche se vivrà sempre a lavorare nella cucina del convento. Il colloquio con Gesù si fa sempre più intenso. Ne cogliamo solo alcuni sprazzi: "Ho scelto te, perché sei piccolo nel sapere, ma hai molta fede e mi ami molto a confusione di certuni che in queste cose sante di Dio dovrebbero essere i primi a aiutare Gesù: invece persistono nella loro indifferenza e biasimano l'opera voluta da Dio" ( 14 nov. 1908 ). Leopoldo si prostra con la faccia a terra, adora e prega: "O Signore, illumina la mente di questi che Tu hai chiamato al Tuo servizio. Essi ci chiamano esaltati perché Tu, o Signore, ci fai scrivere della tua Opera. Fa' che concorrano con il loro aiuto alla salvezza del mondo". "Per l'amore che porti, o Gesù, alla povera umanità da Te redenta, fa' che gli indifferenti si riducano a miglior consiglio per farli ben contenti in punto di morte. Meglio essere uno sguattero di cucina che essere stato grande nel mondo e aver fatto nulla per Gesù. L'onore del mondo infastidisce e passa" ( 14 nov. 1908 ). Tre giorni dopo, Gesù gli parla ancora più chiaro: "Dirai al Sommo Pontefice che se non si emendano dopo stabilita la santa Adorazione - divozione mia del SS.mo Crocifisso, mando loro un castigo tremendo". "Il mondo è guasto: invece di amare la virtù, amando Dio e la sua SS.ma Madre, si dà ai vizi più turpi, più deformi, che muovono sdegno e rendono gli uomini così bassi da non poter vedere la più minuta luce e rialzarsi". "Ripeto ancora una volta che se non danno ascolto al mio Vicario, alla sua chiamata per mezzo della Croce, il mezzo più sicuro per ricondurli tutti intorno al Santo Pastore che fa le mie veci, se a questa divina chiamata si rendono sordi, un tremendo castigo li aspetta". Sono affermazioni forti, terribili - "politicamente scorrette" - ma scaturiscono dall'amore di Cristo che vuole sempre salvare l'umanità, servendosi della misericordia, ma anche della giustizia. È sempre un mirabile progetto d'amore. Passano davanti ai nostri occhi le tristi ideologie del laicismo, del socialcomunismo, della massoneria, accomunate dalla lotta contro Gesù Cristo e contro la sua Chiesa, insieme al modernismo che sovverte la Chiesa dal suo interno fino a sostituire il Cattolicesimo con un umanitarismo che finisce di essere ateo. La negazione della Redenzione del Cristo, il rifiuto del Crocifisso. Il mondo dovrà uscirne sconvolto, l'uomo completamente sregolato, lo scardinamento di ogni ordine razionale e cristiano, per un "novus ordo saeclorum", che sarà il sovvertimento di tutto: l'uomo al posto di Dio. Gesù chiede di emendarsi, di raccogliersi attorno a Lui Crocifisso, dal Quale viene l'unica salvezza del mondo. Il Crocifisso è il compendio della Fede, così come lo è l'Eucaristia, "Sacramento della Passione del Signore", e lo è il Papa, Maestro infallibile della fede. Contemplando e adorando il Crocifisso, l'uomo ritrova tutte le grandi Verità: Dio Creatore e Signore, il peccato originale e personale dell'uomo che l'offende in misura infinita, la necessità dell'Incarnazione del Figlio di Dio, la sua predicazione per illuminare la mente e orientarla a Dio, il suo Sacrificio sulla croce in espiazione del peccato e la redenzione dell'uomo e del mondo, la Chiesa per portare la salvezza al mondo, i Sacramenti, canali della Grazia santificante, e l'elevazione dell'uomo alla dignità di figlio di Dio, l'impegno per la nostra santificazione e la fuga dal peccato, la vita eterna ... "Rialzare la croce", adorare il Crocifisso, diffondere questa adorazione come "divozione" e come stile di vita, porterà alla salvezza anche nel secolo XX. Diversamente, l'uomo, l'umanità attirerà su se stessa il castigo di Dio: in questa vita, sicuramente nell'altra. Ma è proposta di Verità e di amore. Gesù insiste con il suo prediletto: "A qualunque costo, voglio che il mondo sia riformato" ( 18 nov. 1908 ). Il giorno dopo: "Sai perché Io ti voglio tanto bene? Perché, oltre che tu mi ami con la preghiera e con l'esempio, mi fai amare per quanto puoi dalle persone con la mia Divozione e, quando verrà il tempo di far noto al S. Padre il Papa che estenda per tutto il mondo l'adorazione al SS.mo Crocifisso, ripeto di nuovo, se il mondo non darà ascolto, manderò un grande flagello" ( 19 nov. 1908 ). Leopoldo, che tempo prima si era sentito dire da Gesù: "Figlio, tu ami Me, Io amo te ... in modo da formare un amore solo" ( 21 ott. 1908 ), risponde alla Voce che gli parla: "Per me, voglio Te solo, Gesù, solo il mio Gesù, non voglio saper altro che Te; il Tuo Nome dolcissimo risuoni sempre nella mia mente, nella mia bocca, nel mio cuore; io voglio il mio Gesù, voglio morire con il mio Gesù Santissimo" ( 19 nov. 1908 ). Di Gesù, per sempre Lasciamo per ora che Gesù parli al suo amico Leopoldo. Questi, ormai verso la fine del 1908, si sta preparando alla sua professione solenne: finalmente a 59 anni sarà tutto di Gesù. I mesi della preparazione ai voti perpetui sono ancora densi di colloqui con Gesù: "Io - annota Leopoldo - trovandomi nascosto al mondo, perfino ai miei fratelli di religione, nella mia cucina, segretamente parlo con il mio Gesù, al quale mando come saette infuocate dal suo divino amore; e il mio amore purissimo, il mio SS.mo Gesù Crocifisso, mi corrisponde con la sua grazia, con la sua carità, tanto che io non muoverei da questo santo luogo per tutti gli onori del mondo" ( 4 gen. 1909 ). Gesù a lui: "Io voglio vita innocente, voglio che si pratichi la castità per rendersi degni delle mie grazie ... Chi vuol consacrarsi tutto al Signore, chi vuol essere tutto di Dio, anima e corpo, deve sempre stare vicino a Gesù" ( 5 gen. 1909 ). "Con l'amore e la preghiera devi sempre tenerti penetrato in Dio, in unione intima; così dev'essere il rimanente della tua vita". Leopoldo prega: "Da' a me, o bontà di Dio, l'amore, la fede in cambio di quei sacerdoti modernisti, che vorrebbero stendere sopra di Te, vero Figlio vivo di Dio, un velo fittissimo da non lasciare più vedere neppure più la tua effigie santissima; da' a me, o mio Gesù Crocifisso, l'amore, la fede che dovrebbero professare con alto onore, da veri ministri di Dio". Gesù a lui: "Tu pure, figlio mio, da questa gente verrai disprezzato come il tuo Gesù, ma tu ricorderai che tu sei sempre con Me" ( 7 gen.1909 ). "Dopo gli onori passerai per la via del Calvario, molti sorgeranno: sorgeranno degli eredi di Caifa e di Pilato, e tu soffrirai con pazienza somma; il pensiero dei beni eterni ti farà dimenticare un po' le grandi miserie di questa terra" ( 9 gen. 1909 ). Gesù gli fa provare una grande gioia: "Oh mio Dio! Come si sta bene con Gesù, che paradiso! Se il mondo sapesse chi c'è nel Tabernacolo, tutti andrebbero da Gesù: è il tesoro, la gemma più preziosa, il dono di Dio Altissimo che ha fatto e ha voluto per sempre la sua misericordia infinita rimanere con noi" ( 10 gen. 1909 ). Gesù gli fa intravedere la sua missione davvero grande. "Io invito tutto il mondo": è la sete grandissima che ha di Dio, Gesù Crocifisso, di vedere le anime amarlo e adorarlo. "Chi ama di cuore, veramente di viva fede e non ha altra mira che il suo Gesù, io lo faccio re del mio Cuore trafitto che racchiude ogni varietà di grazie" ( 15 gen. 1909 ). "Maria SS.ma sarà patrona dell'Ordine del SS.mo Crocifisso, otterrà grazie, favori, miracoli per chi ha fede in questa divozione, e quando il Vicario di mio Figlio l'avrà comandata, bandita in tutto il mondo, sarà calmata la collera divina, avendo essa riformato i costumi" ( 16 gen. 1909 ). Il 17 aprile 1909 comincia la novena in onore di Maria SS.ma sotto il titolo del Buon Consiglio, che coincide con il giorno della sua professione solenne. È ancora il medesimo superiore provinciale P. Ludovico Bertana ad ammetterlo alla professione. Gesù gli dice: "Il giorno 26 aprile, rivestirò la tua anima in modo da renderla in tutto simile agli angeli. Unito a vita angelica, verrai ogni sera ai piedi del mio altare a visitarmi e là benedirò le fatiche della tua giornata sopportate in pace per amore del tuo Gesù e ti istruirò nella via della virtù" ( 20 apr. 1909 ). "Domani, la Mamma del Buon Consiglio ti otterrà l'anima bianca come il giglio e nel giorno della tua solenne professione, avrai il dono dolcissimo dell'orazione" ( 25 apr. 1909 ). Leopoldo risponde: "Dolce mio Dio, mi offro tutto a Te, sebbene indegnissimo di tenere tanto linguaggio; fa' di me quello che vuoi, certo però io muoio dal desiderio di vedere milioni e milioni di anime avvicinarsi al tuo Cuore divino" ( 25 apr. 1909 ). Lunedì 26 aprile 1909, nel Santuario della Madonna, presso la chiesa del convento di S. Tommaso, fra Leopoldo offre a Dio i suoi voti solenni: è di Gesù per sempre. Qualche giorno dopo, il 14 maggio 1909, la Madonna gli dice: "Figlio, tu hai fatto la tua professione il 26 aprile ... e oggi, in questa cella nascosto al mondo e a tutti, se reciterai il mio Rosario, ti prometto di farti un bel dono". Leopoldo accondiscende subito. E la Madonna: "Ora che mi hai dato ascolto, ricevi l'anello di sposo del mio divin Figlio Gesù Crocifisso: l'anima tua sia legata a Lui per sempre. Da me continuamente avrai grazie e favori grandi per la recita del SS.mo Rosario". Gesù completa: "Figlio mio, oggi 14 maggio, venerdì, è il più bel giorno della tua vita, perché il tuo Gesù Crocifisso, per le suppliche di mia Madre, conferma lo sposalizio con me, tuo Gesù Crocifisso e l'anima tua". Restano a fra Leopoldo dodici anni di vita. Saranno un incendio di amore a Gesù. Vedrà nascere l'opera che Gesù gli ha promesso. Avrà molto da soffrire e da offrire. Nell'azione, soprattutto nella preghiera e nel silenzio. Quindi, per lui, tutto sarà compiuto. Comune e già singolare Nel silenzio della cella, fra Leopoldo scrive i "detti di Gesù Crocifisso" e i "detti di Maria SS.ma", in un diario che cresce ogni giorno. Lui non vorrebbe scrivere tutto, perché ha il pudore dell'intimità con Gesù che gli è data, e per umiltà vuole nascondere gli elogi che il Redentore gli fa. Ma Gesù gli ordina di scrivere e gli promette che "il suo diario sarà uno dei libri più belli del mondo": una vera storia d'anima, anzi una mirabile storia d'amore della sua anima con Gesù, che sarà rivelata solo dopo la sua morte. Così lo scrivere diventa per lui come pregare, come colloquiare con il suo divino Amico e la Madre sua. Al di fuori della sua cella, in convento, la vita di Leopoldo appare molto ordinaria. È, sì, religioso esemplare, molto pio, fedele alle preghiere comuni e all'osservanza della regola, ma nulla di più. Lo straordinario non trapela, anche perché lui si industria per non lasciarlo trapelare. Lo si vede sempre calmo e sorridente, mai impaziente o imbronciato, sempre pronto a soddisfare i desideri buoni dei suoi confratelli. Attende alla cucina e spesso alla portineria. Con tutti ha sempre una parola buona da dire e buoni consigli da diffondere, quasi senza farsi accorgere, così, con estrema naturalezza. È molto premuroso con i religiosi di passaggio a "S. Tommaso", che riceve con cordialità e gentilezza. È un buon religioso, un buon fratello laico, come si desidera trovare nei conventi. Ma attorno al 1909/1910 comincia a esserci un movimento in crescita attorno a lui. Non stupisce troppo, specialmente all'inizio, perché il convento di S. Tommaso, in quel tempo di fine '800 - inizio '900, è luogo di intensa vita cattolica, eucaristica e mariana. Quando era entrato in convento, Leopoldo era già un leader dell'Azione Cattolica e aveva attorno a sé una cerchia di amici e di conoscenti che guardavano a lui come un modello di vita. Costoro, in molti, da Torino e da altrove, avevano continuato a frequentarlo, nel rispetto della regola che lui professava. "S. Tommaso", come già abbiamo scritto era il centro dell'adorazione eucaristica quotidiana, propagandata con fervore di apostolo, con la stampa e con i congressi, con l'esempio e la parola dal "ferroviere santo" Paolo Pio Perazzo. Dell'adorazione erano apostole ardenti le sorelle Comoglio, con altre anime generose raccolte, proprio a "S. Tommaso" nel Terz'Ordine Francescano, guidato dal Perazzo, come "ministro". Guida e anima di questo movimento sono i parroci succedutisi nella medesima chiesa, P. Luca Turbiglio, il costruttore della Cappella - santuario della Madonna, P. Bonaventura Enrietti, precocemente rapito dalla morte, e infine il P. Vincenzo Vallaro. Attorno a questi buoni pastori francescani, si sviluppa e cresce un'accolita di laici esemplari e santi, fra i quali si distingue Paolo Pio Perazzo. Leopoldo è suo amico, da quando era nel mondo, e continua a essere legatissimo a lui anche in convento: l'uno è il consolatore dell'altro. L'adorazione al Crocifisso, così come l'ha scritta fra Leopoldo fin dal 1906, comincia a diffondersi per mezzo di queste anime viventi nel mondo, ma non del mondo. Altro suo amico, tra i frequentatori di "S. Tommaso", è Giovanni Caneparo, un falegname ardente, pugnace, che non ha paura di nessuno, capace di andare allo sbaraglio per "la causa di Gesù" e di estasiarsi in preghiera davanti al Crocifisso e al Tabernacolo. Un altro innamorato dell'Eucaristia e del Crocifisso, amico di Leopoldo, è il Cav. Luigi Gullino, consigliere nel Comune di Torino, presidente degli Operai Cattolici di Torino, attivissimo nella carità. Altri suoi amici sono Agostino Balma e Enrico Balbo, i quali, con altre anime ardenti, terziari francescani, sono come lo "stato maggiore" di un esercito militante per il trionfo di Gesù Eucaristico e della Madonna. Ci saranno presto tra i suoi amici uomini di chiesa e della nobiltà. La cosa farà in seguito stupire assai. Fra tutti costoro, Leopoldo per condizione sociale, per cultura e per possibilità, è l'ultimo. È vero che come religioso appartiene all'ordine della perfezione cristiana superiore al laicato, ma l'ufficio di cuoco e portinaio lo lascia in una posizione molto umile. Eppure, senza volerlo, diventa quasi subito il centro intorno al quale si muovono gli antichi e i nuovi suoi amici, mentre altri si aggiungono in seguito. "È da notarsi il fatto - scrive il suo primo biografo P. Francesco Maccono nel volumetto "Un apostolo di Gesù Crocifisso" - che fra Leopoldo, sia nel secolo come in convento, mai sia stato il discepolo di un altro, un trascinato, ma sempre un maestro e un trascinatore ... Senza intralciare l'opera altrui, anzi coadiuvandola alacremente, senza rumore, eccolo di nuovo iniziatore e mente di opere sante, eccolo maestro di discepoli affezionati". Ma neppure quelli che vivono con lui notano cose eccezionali, anche perché "S. Tommaso" è luogo di incontro e di lavoro apostolico di numerosi laici. Ma ci sono già molte persone che giungono e chiedono di conversare con lui in parlatorio. Non si dà importanza, ma il movimento comincia a crescere. Maestro di vita spirituale, impressiona che nessuno mai trovi fra Leopoldo disorientato, qualunque sia l'argomento che gli si propone. La risposta ai problemi e alle domande viene subito, semplice, chiara, a proposito. Solo quando lo Spirito interiore che gli detta le risposte non lo illumina abbastanza, risponde che avrebbe pregato e risposto un'altra volta. Non si scompone mai. Parla con naturalezza, senza enfasi, come se il discorso fosse di un Altro che parla in lui. Ma affascina e incatena. Il tempo passa troppo presto per chi ascolta. C'è chi è abituato a dettar legge e a chiedere ascolto agli altri, e davanti a lui rimane immobile per ore ad ascoltarlo. Fra Leopoldo intuisce che tra i numerosi laici che vengono da lui, e tra gli altri ancora a lui ignoti, Gesù Crocifisso ha molti amici. È Gesù che glielo ha detto e ripetuto da alcuni anni: l'"Opera" di cui Gesù gli parla, l'Ordine del Crocifisso, nascerà di mezzo a loro. Gesù stesso glieli manderà e li farà conoscere. Saranno la perla del suo cuore, la pupilla dei suoi occhi. La vita con il Crocifisso Gesù continua a istruire Leopoldo, il suo amico prediletto, e lo viene preparando a compiere la sua "Opera". Dovrà crescere ancora nell'intimità con Lui, fino a immedesimarsi in Lui, nonostante tutte le difficoltà e le persecuzioni. Il 25 marzo 1910 è venerdì santo e la Madonna gli dice: "Oggi praticherai il silenzio e se ti occorre parlare, fallo sottovoce unito al mio Cuore addolorato ai piedi della Croce ... Da questo Cuore trafitto di Gesù, non devi più separarti, fin quando tu muori. Ricordati del tuo Crocifisso Gesù in ogni evento come fai nel tempo prezioso di questo momento. Figlio mio, vi sarà chi ti farà guerra atroce, ma ci sarà la tua Mamma SS.ma ai piedi della croce". Lo sa, ormai, Leopoldo: la sua vita dev'essere sempre lassù, sul Calvario, in un'offerta perenne: la vita come continuo venerdì santo, sulla terra, in attesa della vita eterna, della gloria. Così, la sua vita acquista un tono singolare, pur nell'ordinarietà di ogni giorno. Qualcuno lo guarda con compatimento e commiserazione: "Beati quelli - annota Leopoldo - che furono creduti sciocchi! In cambio sono i più furbi di tutto il mondo ... La SS.ma Vergine, per il pochissimo tempo che impiego nell'orazione ai piedi di Gesù Sacramentato nel suo santuario prediletto, più volte mi diede segno certissimo della sua presenza consigliandomi: vedo, come lampo, aprirsi l'intelligenza soavemente al mio avvenire, che mi appariva tanto amareggiato e io trasformarmi come per incanto dolcissimo, proseguendo la via di fortezza e di perdono verso i miei amareggiatori, che mi furono di inciampo alla preghiera" ( 20 agosto 1910 ). In quei giorni ha ancora qualcosa di suo nel mondo, ma lo lascia tutto ai suoi parenti, i quali "disputando, mi tacciavano di pazzo, perché lascio quella poca cosa che possedevo, che avrei potuto stare bene restando in famiglia, ossia con loro". Così solo Gesù è il suo unico possesso, la sua sola eredità. Null'altro, come ha fatto il suo padre S. Francesco d'Assisi. Gesù lo colmerà ancora di più di grazie, di tutto Se stesso. Tornato da un rapido soggiorno a casa del fratello Vincenzo ammalato, può scrivere con sicurezza e gioia incontenibile: "Il vero religioso ... deve considerare il convento come un luogo beato sulla terra, in cui Gesù, per la sua infinita misericordia, ci lasciò il SS.mo Sacramento; luogo più che mai prediletto da Dio, là dove più da vicino è più adatto per esporre i nostri bisogni ed è più facile sentire la sua voce dolcissima ... Là ... un buon religioso più volte al giorno deve portarsi, là dov'è la fonte della vita, delle grazie senza misura ...". Ma se il religioso non mette le sue compiacenze ai piedi del Santo Tabernacolo, anticamera del Paradiso, con la preghiera, dove volete che attinga tanta forza e tanto esempio, l'amore e la preghiera al Sommo Bene di tutti i beni? E questo valga pure per tutti i cattolici del mondo!" ( 25 sett. 1910 ). Nel tempo in cui, anche tra i credenti e i consacrati, si comincia a dare la preferenza alle cose da fare, all'impegno sociale, ai valori umani, il piccolo fraticello della cucina di "S. Tommaso", illuminato da Gesù stesso, vive con Gesù Crocifisso e Eucaristico, il suo "paradiso sulla terra", certissimo che da Lui verrà ogni grazia per le anime, per il mondo intero. Basta pregare, intercedere, offrire con Lui. Nell'ottobre 1910, segna un colloquio bellissimo con Gesù: "Signore, vedi bene quanto sono meschino, illetterato, ma se Tu vuoi che ti glorifichi, dammi un po' di scienza, affinché la mia voce possa parlare per la tua gloria! Gesù risponde: "Non fa bisogno che tu sia grande davanti agli uomini: sei piccolo? Fa' la mia volontà, diverrai grande!". "Fa' attenzione, quando preghi, che la tua preghiera sia retta, affinché sia glorificata in cielo" ( 8 ott. 1910 ). "Signore, come potrei far risplendere la vostra gloria e verità, io, povero di tutto?" "Tu farai quello che i superiori ti diranno di fare". "Ti sei offerto vittima, ebbene io, Gesù, accettai e ciò sarai. Ti assicuro il mio aiuto e la felicità eterna". "Sei sempre un po' angustiato, perché voglio che tu stia sempre presso di Me, Gesù Crocifisso". "Questo mio Cuore batte continuamente per Te, Leopoldo; alzati, e va' a segnarlo" ( 9 ottobre 1910 ). Ha il sentore, anzi la certezza, che Gesù lo chiama a grandi cose, ma come sarà possibile? Gesù gli risponde: "La tua fede fa miracoli". "Io sono un poverissimo e logoro strumento nelle mani della divina Provvidenza". "Tu ami Me, Io amo te: vedi che sei sempre stato il pensiero del mio Cuore" ( 9 ott. 1910 ). Un inno a Cristo Lo ripeterà sovente, fra Leopoldo, questo detto, stupendo atto di amore tra lui e Gesù: "Tu ami me, io amo Te". Non lascerà passare ora senza dirglielo a Gesù. La sua esistenza si gioca tutta qui, come, del resto, l'esistenza di ogni uomo: fare della propria vita un unico, continuo atto di amore a Gesù. Un giorno, Gesù chiese ai suoi amici: "E voi chi dite che io sia?", cui Pietro rispose, come sappiamo: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!" ( Mt 16,16 ). Tu sei il Cristo: cioè Tu, Gesù, sei tutto per me. Leopoldo si sente interpellato da Gesù: "Chi sono Io per te, dopo tanti anni che ci conosciamo e viviamo insieme, in intimità?". Leopoldo, nell' avvicinarsi del Natale 1910, risponde così a Gesù: "Mio Dio, Tu sei manna deliziosa dei beni eterni; o mio Gesù, Tu sei l'unico mio desiderio! Dammi la bella grazia che mi perfezioni, mi trasformi sempre di più. "Mio Signore, potessi consumarmi in Te, o mio Dio, con amore intenso, infiammato dalle piaghe del mio Crocifisso Gesù. Fa' del mio cuore un nuovo cielo, un nuovo amore alla Croce del mio Gesù". "Tu, mio bel Gesù, sei il nostro dono divino, il libro santissimo da cui i santi appresero professione di sapienza; tutto il mondo dovrebbe studiare il preziosissimo libro che ci insegna a deporre i vizi, a adornarci delle più belle virtù e ci rende l'anima libera di portarsi dovunque con sommo gaudio inneggiando alle bellezze di Gesù Crocifisso, cantando in dolci melodie le glorie del Signore" ( 8 dic. 1910 ). Sì, ora davvero la sua vita, sempre tra pentole e fornelli, è un vero inno a Gesù Crocifisso, alla sua gloria. Così fra Leopoldo esplode in un'estasi di amore a Lui: "O splendore del mio Dio, chi non brama di amarti? Tu sei vittima per la nostra salvezza, Tu sei degno di tanta gloria, Tu sei tutta bontà, Tu sei la vera perfezione di ogni grandezza, di nobiltà, di ammirazione. Tu sei la potenza, la maestà, Tu sei la sapienza infinita, Tu sei il nostro amore, Tu sei la vera santità, la divinità, Tu sei modello di umiltà, Tu sei la perfetta innocenza, Tu sei splendore di carità, Tu sei continuo sacrificio per il nostro bene, Tu sei gaudio e consolazione nostra, Tu sei la potenza e la verità, incancellabile promessa ai giusti in cielo. "Tu sei la nostra difesa, Tu sei luce e verità, Tu sei supremo su ogni cosa, Tu sei la nostra grazia, Tu sei la sorgente delle più belle eccelse virtù, Tu sei il Re eterno, Tu sei pascolo dei beati, Tu sei il nostro cielo, Tu sei la nostra grandezza, Tu sei il vero Dio altissimo, Tu sei la nostra vita in noi, Tu sei il nostro premio, Tu sei il nostro Paradiso, Tu sei il nostro tutto". ( 22 dic. 1910 ). Questi è Gesù per fra Leopoldo. Questi dev'essere Gesù per ogni uomo, tanto più per ogni consacrato, per ogni sacerdote. Ma nel tempo del modernismo d'inizio secolo XX, peggio ancora nel neo-modernismo del nostro tempo di confusione somma, non è così. Gesù, Gesù Crocifisso è messo da parte, è dimenticato, è negato, così che persino in documenti di uomini di Chiesa, spesso è difficile trovare il suo Nome. Si preferisce la solidarietà, l'impegno sociale, l'ecologia e quanto di simile: questo sarebbe il nuovo cristianesimo, ma è soltanto umanitarismo senza Cristo, senza Dio. Ai tempi di fra Leopoldo, l'abbè Alfred Loisy, l'esponente più emblematico del modernismo, scriveva: "Io non credo alla divinità di Gesù ... e considero l'incarnazione personale di Dio come un mito filosofico. Se io sono qualcosa in religione, sono piuttosto panteo - positivo - umanitario che cristiano. Storicamente parlando, io non ammetto che il Cristo abbia fondato la Chiesa e i Sacramenti; professo che i dogmi sono sorti gradualmente e che perciò non sono immutabili; lo stesso ammetto per l'autorità ecclesiastica, di cui faccio un ministero di educazione umana" ( A. Loisy, Memoires pour servir l'histoire religieuse de notre temps, Paris, 1930-1931 3 voll. ). È la negazione, prima subdola e camuffata, poi aperta dell'Incarnazione del Figlio di Dio e dell'opera della Redenzione da Lui compiuta sulla croce. Anche in Italia - in Piemonte, a Torino - c'è chi la pensa, più o meno apertamente, come Loisy. Fra Leopoldo, dalla sua cucina lo sa benissimo, e illuminato da Gesù, conosce sempre più chiaramente qual è il suo compito: innalzare sempre di più la Croce, richiamare anche i sacerdoti alla fedeltà al Crocifisso, alla Messa, Sacramento della passione del Signore ( Sum. Th. 73,3,3 ): "Tu, ministro del Dio vivo e vero, che hai ricevuto un potere tanto nobile, di cui non sono nemmeno rivestiti gli Angeli, che cosa risponderai nell'ultima ora della tua vita sul letto del dolore? Perché non vivesti sempre mortificato, non temi di essere accusato? Perché privasti la Trinità SS.ma di tanta gloria, togliendo gaudio al cielo e rimedio alle anime sante del Purgatorio?". Leopoldo si rivolge a preti che celebrano malamente - o non celebrano affatto - la S. Messa, e li richiama alla loro identità e alla loro missione, al primato dell'Eucaristia, presenza reale e Sacrificio del Cristo: "Non vogliate chiudervi la fonte delle più belle grazie che Gesù Crocifisso meritò con il suo martirio, che ci ha aperto la via di santificazione per mezzo del Santo Sacrificio dell'altare. Preghiamo il Signore che ci rianimi lo spirito con la sua potenza e bontà, e della vita che viviamo faccia un santo esemplare con la meditazione e preparazione al Santo Sacrificio della Messa e con il ringraziamento al buon Dio, affinché sfavilli eternamente la misericordia e la gloria del Signore" ( 25 dic. 1910 ). In una parola: la sua vita, la sua missione, l'opera che da Lui nascerà, dovrà essere ancora di più, per allontanare le tenebre dell'errore e dell'eresia modernista, una mirabile, incandescente e radiosa affermazione e glorificazione del Cristo Crocifisso, unico Salvatore, compendio e garanzia di tutta la Fede. " Con Lui, sarai sapiente! " Non ha studiato teologia, Leopoldo, ma ha le idee chiarissime sulla chiamata di Dio e sulle urgenze del suo ( e nostro ) tempo, e scrive: "Tu, o modernista, che pretendi di riformare il mondo e vai affaticandoti a cercare la verità, che con testarda e superba pazienza non vuoi piegare il capo alla luce vivissima, allo splendore della Croce ( questa è veramente la sapienza di Dio, che estende il suo regno, riformando e santificando le anime, il mondo, questa è la vera sapienza del Signore ), non temere di troppo umiliarti, mettiti ai piedi del Santo Crocifisso e con riverenza, umiltà e fede prega piuttosto Dio che sani il tuo cuore dalle piaghe nocive che ti sono d'impedimento a vedere chiaro, studia attentamente e dimostra pietà, e vedrai quanta utilità e sapienza troverai nella Croce santa, ci troverai la Verità santissima. Piega il capo, fanne tesoro e diverrai un grande sapiente da riformare te stesso e da ringraziare l'altissimo Dio di aver dato lume e fede al tuo intelletto, e sarai per grazia del Signore l'esempio altrui e avrai pace e gaudio nel cuore e nell'anima tua" ( 26 dic. 1910 ). I novatori del suo ( e nostro ) tempo, cercano la sapienza? Ebbene, suggerisce loro, pregando, fra Leopoldo, la cerchino soltanto in Gesù Cristo, in Lui Crocifisso, perché non ce n'è un'altra: "Dolce Gesù, dallo splendore della Croce, Tu infondi nell'anima nostra fede salda e profonda. L'uomo di buona volontà più studia il Santo Crocifisso, più si diletta a sfogliare un libro tanto prezioso e più il buon Gesù l'accarezza e gli apre la via di santità, come fecero i santi" ( 28 dic. 1910 ). "Da questo libro santo - il Crocifisso - non esce mai il mio spirito; l'immagine del mio Signore, del mio Dio Gesù Crocifisso, sia questo mio nutrimento, mia consolazione, mia preghiera, mia meditazione, mia contemplazione. Tu, Gesù, sei la vera pienezza del sapere, salute delle anime, fonte dei più sublimi meriti, delizia del nostro cuore, prodigio nostro santissimo: oh, sapere Te, mio Signore, mio regno, mio tutto!" ( 30 dic. 1910 ). Alla luce di questa sapienza della Croce, gli appare sempre più chiara la situazione in cui è chiamato a dar vita alla sua "opera", la quale nascerà proprio da questa sapienza, dal Cuore trafitto e dalle piaghe aperte del divino Martire del Calvario. Gesù dice a Leopoldo: "Quanto preferisco te in confronto di certi preti! Voglio dire non di tutti, ma pochi sono in confronto del grande numero dei miei ministri che si perdono, che si allontanano dal mio amore, anzi gli oltraggi che mi fanno, oltrepassano la misura". "Figlio mio, cammina sempre così in preghiera: in questo modo saremo così intimi come te lo promisi anni fa nella S. Comunione nella mia casa - la chiesa di S. Dalmazzo, dei PP. Barnabiti" ( 12 febb. 1911 ). La preghiera del piccolo frate si fa ardente a chiedere la realizzazione dell'"Opera" del Signore: "Mio Signore, mio Dio, suscita presto anime generose nell'Ordine tuo futuro, perché vedi bene, mio Gesù, che in questi tempi di tenace incredulità, in questo mondo, di Te l'uomo superbo non ne vuol più sapere e cercano ognor più di scrutinare nel libro divino dove nascondi i tuoi segreti: la scienza superba non si contenta più delle prove fedelissime che diedero gli Apostoli per mezzo tuo, nostro divin Maestro, i santi e i martiri. Di penitenza il mondo non ne vuol più sapere, anzi peggio il mondo ama onori e ricchezze, di far trionfare il vizio e s'ingolfa nelle cose oscenissime, esecrande, tendendo a scoronarti della aureola della tua divinità; un delitto più orrendo non potrebbe l'uomo inventare!" ( 4 marzo 1911 ). In breve, Leopoldo ha detto tutto: "l'Ordine futuro" sarà interamente del Crocifisso e lo esalterà, lo glorificherà fino all'ultimo, contro l'immoralità del mondo e la scienza superba, contro la nuova esegesi e la nuova teologia, che negano il Cristo. Farà brillare lo splendore del Cristo Crocifisso e raccoglierà le anime e il mondo attorno a Lui, nella sua pedagogia, nella sua mirabile attrattiva di luce e di amore. Gesù stesso manderà a Leopoldo coloro che daranno vita a questo "Ordine". Non c'è da temere. Gesù chiama ancora "Dolce Gesù mio Crocifisso, - prega fra Leopoldo il 15 marzo 1911 - se i malvagi tentano di scoronarti della tua divinità santissima, io voglio incoronarti della più bella e splendida corona, con la preghiera, con la fede, con l'amore al mio Bene, al mio Gesù, il mio bel Paradiso, e voglio invitare il mondo tutto a aiutarmi a innalzarti alla più alta gloria celeste". Davvero ora Gesù lo chiama a compiere la sua "opera", che sorgerà per la gloria di Dio, per affermare la divinità del Cristo in un ambiente di negatori, per il trionfo regale del divino Crocifisso. La grave malattia del 1899, da cui è stato guarito, lo ha tuttavia lasciato fragile di salute, con disturbi al cuore, che ogni tanto lo fanno soffrire. Ma che importa? Ci penserà Gesù! Nel maggio 1911 fra Leopoldo per obbedienza si reca per qualche settimana a prestare il suo servizio di cuoco nel Convento di S. Maria degli Angeli a Cuneo, in occasione del 400° anniversario della beatificazione di fra Angelo Carletti da Chivasso, un fraticello laico come lui, colà sepolto. Confeziona un giglio di carta e lo porta sulla tomba del beato, al momento della ricognizione del suo corpo. Il P. Filippo di Cuneo, gli dice: "Ha fatto molto bene, fra Leopoldo, che quando fu scoperta la cassa del Beato, gli fu trovato un giglio nato di fresco in segno della sua verginità". Leopoldo prega il B. Angelo di liberarlo "dal batticuore" se vuole che compia il suo servizio. Viene esaudito e trascorre un tempo di singolare serenità. Gesù gli fa ancora altre confidenze: "Quando un Papa è eletto da Dio, tutto va bene; non così se è eletto umanamente" ( 17 giu. 1911 ). "L'amore di Gesù Crocifisso e della sua SS.ma Madre è la via della verità e della vita" ( 10 ott. 1911 ). "Io sono tutto bello, dolce e santo, io Gesù, e fuori di me l'uomo non può nulla" ( 29 nov. 1911 ). "Non aver paura, Leopoldo, né per la vita né per la morte: va' avanti con Dio" ( 2 dic. 1911 ). Il 22 novembre 1911 muore il suo amico Paolo Pio Perazzo, "il ferroviere santo" di Porta Nuova, apostolo dell'adorazione eucaristica, animatore di numerose iniziative sociali e apostoliche, noto ai Papi Leone XIII e Pio X. Fra Leopoldo, per conto suo, scrive su di lui qualche nota biografica. Gesù gli dice: "Il mio servo Perazzo è nella gloria e ti aspetta". ( 11 dic. 1911 ) "Dirai alle sue sorelle, per loro maggior conforto, che appena giunto in Paradiso, me lo strinsi al mio cuore ... tu consola quelle anime che sono tutte mie, così consoli me stesso". "Il mio servo Perazzo implora che tu sia vicino a lui in Paradiso e ti ringrazia dei conforti usati" ( 11 dic. 1911 ). L'ultimo giorno del 1911 - l'anno in cui l'Italia ha ricordato con orgoglio il 50° anniversario della sua unità sotto la monarchia dei Savoia ( 17 marzo 1861 ) - Gesù spiega a Leopoldo: "La divozione del Crocifisso coprirà di misericordia tutto il mondo", "Grandi cose avverranno all'Italia, affinché ritorni nella giusta via", "Per tutto il tempo della tua vita, vivrai della mia vita. Voglio infonderti tanta intimità giorno e notte che sarà il pane della tua vita interiore" ( 31 dic. 1911 ). L'indomani, all'inizio del nuovo anno, Gesù lo illumina ancora: "Va' avanti in pace e santità! Questo sia l'anno per te". Leopoldo gli domanda, pregando a mezzanotte con il Rosario alla Madonna: "Mio Dio, fa' che il 1912 sia un anno fecondo di preghiere e di benedizioni per tutti quelli che praticheranno la santa Divozione a Gesù Crocifisso e per i visitatori di Gesù Sacramentato". In fondo, ha una sola preoccupazione per sé: "Fa', o Signore, che questa giornata che mi concedi, sia in preparazione alla mia morte, sia feconda di amore per Te, mio Gesù". Incontro con Teodoreto In quel tempo, presso l'Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane, in via delle Rosine 14, a Torino, è assai attivo nell'apostolato in mezzo alla gioventù, fratel Teodoreto, al secolo Giovanni Garberoglio, nato a Vinchio d'Asti, nel 1871. Da alcuni anni, precisamente dal 1906 - l'anno in cui Gesù Crocifisso ha iniziato i suoi colloqui con fra Leopoldo, - fratel Teodoreto, sta pensando a realizzare qualche iniziativa per la santificazione dei giovani migliori, affinché siano testimoni e apostoli di Gesù nel mondo Teodoreto è dotto e saggio, fervente religioso, educatore esemplare, ardente di amore al Signore Gesù, attento alle domande del mondo in cui vive. Nel novembre 1911, alcune terziarie francescane che diffondono la Divozione a Gesù Crocifisso, che fra Leopoldo ha scritto e fa diffondere, si presentano a fratel Teodoreto e gli dicono: "Ecco una pratica di pietà molto efficace; è stata scritta da un Frate sotto la guida di Gesù Crocifisso, che gli parla familiarmente nell'orazione: se lei ha bisogno di qualche grazia, pratichi questa Divozione e ne sperimenterà l'efficacia". In quell'anno scolastico 1911-1912, Teodoreto si trova nel pericolo di perdere il diritto di dare in casa gli esami con valore legale ai 1050 alunni delle elementari del suo Istituto: "Pensai quindi - scriverà Teodoreto - di mettere alla prova quella Divozione e ricorsi al mio superiore per praticarla nella comunità e nelle scuole". Il 31 gennaio 1912, il Superiore generale consente alla richiesta. Così i Fratelli delle Scuole Cristiane cominciano a praticare la Divozione a Gesù Crocifisso e a propagarla tra i confratelli, nelle classi, nelle famiglie. La grazia degli "esami in casa con valore legale" è subito ottenuta e insieme altre numerose grazie assai importanti, come il dono di una villa a Pessinetto in Val di Lanzo, che sarà in seguito luogo di villeggiatura per i religiosi stessi, e anche assai adatto ad aprire un oratorio festivo per i ragazzi della zona e per portarvi gruppi di giovani per ritiri ed esercizi spirituali. In quei mesi fratel Teodoreto sente parlare con ammirazione del piccolo Frate laico privilegiato da Dio, ma senza saperne né il nome né la residenza. Il 25 ottobre 1912, durante un funerale che riunisce i diffusori della divozione al Crocifisso, Teodoreto sente un tale che dice: "Sono stato al convento di S. Tommaso, ma fra Leopoldo non è potuto venire". Intuisce che quello è il Frate in questione e desidera conoscerlo. Non sapendo decidersi, entra nella chiesa di S. Francesco d'Assisi e fa la "divozione" davanti al Crocifisso. Ogni perplessità svanisce e Teodoreto si reca subito a "S. Tommaso" a chiedere di Leopoldo. È il primo incontro: cordialissimo, ma di poche parole, perché il frate cuciniere è occupato. Gli fissa però un incontro per il 30 ottobre 1912 alle ore 16. Nel frattempo, Gesù dice a Leopoldo: "Sii umile e abbi confidenza". Il 30 ottobre 1912 segna il primo lungo incontro tra Leopoldo e Teodoreto, presso il convento di S. Tommaso. Scriverà Teodoreto: "La sua conversazione, in quel colloquio e in quelli che seguirono, ebbe sempre un'unzione speciale e un'efficacia soprannaturale da potersi paragonare a quella prodotta da un corso di esercizi spirituali ben fatti". ( Nella intimità del Crocifisso Cap 14,3 ) Da questo momento comincia l'amicizia, la comprensione, la fusione e la santa alleanza di due anime elette che il Signore destina ad un apostolato speciale sotto il vessillo del Crocifisso, così che la storia che stiamo scrivendo, potrebbe intitolarsi "Leo e Teo... e Gesù, storia di tre amici!". Ma lasciamo la parola a fratel Teodoreto: "Nella primavera del 1913, pensai di approfittare dell'intimità che avevo con fra Leopoldo per esporgli un'idea che ebbi fin dal 1906, al secondo Noviziato, quella cioè di formare un'associazione di giovani veramente buoni e zelanti nell'apostolato catechistico, come quelle istituite dai miei confratelli a Madrid, a Parigi e a Lione". "Il giorno 23 aprile 1913, alle ore 17, gli esposi l'idea sopra accennata e aggiunsi: "Abbia la bontà di pregare il Signore, perché si degni di far conoscere se un'opera di tal genere può sussistere, chè mi spiacerebbe iniziarla e poi dopo breve tempo doverla sciogliere". " Fra Leopoldo pregò con molto fervore e la stessa sera alle ore 21, mentre pregava Gesù Sacramentato, udì queste parole: "Dirai al Fratello Teodoreto che faccia ciò che ha in mente" " (da: Fr. Teodoreto, Nella intimità del Crocifisso Cap 14,4. Fra Leopoldo Musso, Torino, 1944, p.120). L' " opera " inizia Ecco, dunque, che fra Leopoldo ora scopre chi sono quegli amici laici che Gesù ha nel mondo e che ama molto, i quali verranno a iniziare l'"Opera" di cui Lui gli ha parlato, l'Ordine del Crocifisso che gli ha fatto intravedere, vivendo nell'intimità con il suo Cuore divino. Quel che avviene, mentre fra Leopoldo continua a parlarne con Gesù e a chiedergli consiglio, per offrirlo a fratel Teodoreto e ai giovani che ora vengono, lo lasciamo narrare da Teodoreto stesso, così come ha fatto nella citata biografia: " Vennero subito scelti tre - quattro alunni per ognuna delle classi superiori tenute dai Fratelli nella città di Torino, nonché delle sei classi tecniche, e la domenica seguente, 27 aprile 1913, si tenne la prima adunanza in via delle Rosine 14. In quell'adunanza, dopo le funzioni religiose, si parlò ai giovani della Divozione a Gesù Crocifisso che divenne poi, sia per la pratica sia per la propaganda, una delle principali attività dell'erigenda Associazione. Intanto, fra Leopoldo pregava per la buona riuscita della pia Società e nell'orazione dell'11 ottobre 1913 diceva a Gesù: "Signore, benedite i Fratelli delle Scuole Cristiane e la vostra benedizione si propaghi ai figli da loro educati nel tuo santo timore in modo da renderli forti, con la tua grazia, quando disgraziatamente avessero a incontrare qualche lupo traditore della loro anima". In quel momento udì queste parole: "Sì, vieni qui vicino; tutto quello che mi hai chiesto per te e per i Fratelli delle Scuole Cristiane ... verrà ... sarà". Si continuarono per tutto l'anno 1913 le adunanze settimanali dei giovani e nell'anno scolastico seguente, 1913-1914, si fece pure la scelta dei migliori alunni delle Scuole Serali Tecniche Commerciali degli adulti. ( Nella intimità del Crocifisso Cap 14,4 ) Il 6 marzo 1914, mentre fra Leopoldo stava in preghiera, udì queste parole di Gesù: "Benedico i primi frutti della santa Divozione - Adorazione, cioè i Figli congregati e tutti quelli che cooperano e promuovono l'adorazione a Me Crocifisso". E ancora: "Si faccia sapere ai Fratelli del Belgio, ossia ai superiori, per il santo incoraggiamento". Il 14 marzo 1914, in un'adunanza di tutti i giovani scelti nelle scuole diurne e serali, presieduta dal compianto Fratel Assistente Candido Chiorra, fu proclamato all'unanimità il titolo di Unione del SS.mo Crocifisso e, dopo aver discusso e approvato alcune norme essenziali di vita per gli associati, fu affidato a me l'incarico di compilare il Regolamento " ( Fr. Teodoreto, op. cit. pp. 118-121 ). Ora si compie, per dono di Dio, quanto Gesù ha promesso a fra Leopoldo da alcuni anni e ha ancora specificato il 3 novembre 1912, alle ore 9,30: "Volgono duemila anni dacché venni sulla terra a far salvo il mondo: ora è in decadenza; susciterò anime che mi confesseranno, riempiendo il mondo della Divozione a Me Crocifisso, come fossi di fresco venuto a redimerlo". Tutto si compie ora. 17 maggio 1914 Verso la fine di marzo 1914, fratel Teodoreto si reca in Belgio presso la Casa Generalizia dei Fratelli delle Scuole Cristiane - si trova in Belgio perché in seguito alle leggi persecutorie del Capo del governo Combes, da alcuni anni, come quasi tutti i religiosi, hanno dovuto esulare dalla Francia, dove S. Giovanni Battista de la Salle li aveva fondati. Fratel Teodoreto il 28 marzo 1914, parla dell'Unione del Crocifisso - cui insieme a fra Leopoldo ha dato inizio - al Superiore generale delle Scuole Cristiane. Egli racconta con soddisfazione: "In tale circostanza notai nel mio Superiore una premura straordinaria per quanto gli narravo e una fede viva nella protezione del SS.mo Crocifisso. Mi disse parole di grande incoraggiamento per proseguire nella propaganda della Divozione di Gesù Crocifisso e nella formazione di giovani Catechisti". Il giorno dopo, 29 marzo 1914, domenica di Passione, fra Leopoldo in preghiera sente queste parole di Gesù: "Il Fratel Teodoreto ti porterà buone notizie: il suo Superiore oltre alla contentezza, è convinto con fede di quanto gli disse: va' a segnarlo. Anche questo manifesta il mio volere". Il giorno dopo, ancora Gesù: "Fratel Teodoreto desidera far ritorno per dirti tante cose belle". In aprile, Teodoreto, rientrato a Torino, compila il regolamento dell'Unione e lo consegna a Leopoldo affinché ottenga sul suo "manoscritto" la benedizione di Gesù e della Madonna. Fra Leopoldo scrive: "Prima di andare a riposo volli raccomandare l'Unione dei giovani del Crocifisso; la Vergine SS.ma si degnò di farmi intendere con somma compiacenza che approvava il regolamento". Teodoreto porta allora il regolamento in Curia affinché sia approvato dal Card. Richelmy, Arcivescovo di Torino. Viene consigliato di aggiungere al titolo "del SS. Crocifisso", un altro: "della SS. Vergine". Teodoreto, consapevole dell'intervento della Madonna nelle cose dell'Unione, accetta. Il 9 maggio 1914, il Card. Richelmy approva ufficialmente l'Unione del SS. Crocifisso e di Maria Immacolata. Teodoreto, d'accordo con Leopoldo, insieme ai suoi giovani amici, indice tre giorni di esercizi in preparazione all'inizio ufficiale dell'Opera. Fra Leopoldo prega la Madonna: "Domani, 17 maggio, giorno di S. Pasquale Baylon, dai Fratelli delle Scuole Cristiane verrà inaugurata l'Unione dell SS. Crocifisso, in via delle Rosine, 14. A Te, Vergine Immacolata, a Te, raccomando nelle mie deboli preci, quei cari giovani e tutti quelli che fanno parte della pia e santa Unione; degnati di prenderli tutti sotto il tuo manto, di difenderli dal demonio e di farli ricchi di virtù somme, con tutti quelli che verranno a coadiuvare e praticare". Il 17 maggio 1914, domenica, Leopoldo scrive: "Nell'inaugurazione dell'Unione del SS. Crocifisso, la Vergine SS., unita al suo divin Figlio Gesù, benedice tutti i giovani e tutti quelli che appartengono a questa santa Adorazione". Adesso l'Opera è davvero nata: benedetta da Gesù Crocifisso e dall'Immacolata. Un manipolo di giovani luminosi e ardenti, consacrati a Lui, per adorarlo sulla Croce e nel Tabernacolo, per diffondere l'adorazione e l'amore a Lui nel mondo, per "rialzare la Croce", sicuri di vincere il mondo e i suoi errori, di affermare la Verità della Fede Cattolica, proprio con questo segno di redenzione e di gloria: la Croce del Cristo! Il 20 maggio 1914, Leopoldo così prega: "O mio amabile Gesù, da' molti santi all'Unione del SS. Crocifisso; irrora di grazie questi cari giovani che si sono legati con l'amore tuo di castità e di innocenza. Fa', mio amore santo, Gesù Crocifisso, che nella Santa Unione vengano molti santi religiosi esemplari al mondo, affinché con loro si riformi il mondo, si flagelli il vizio turbolento nelle anime da Te redente e trionfi la bella virtù, il tuo Nome santissimo e con Te la tua SS. Madre Maria Vergine". Gesù gli risponde: "I giovani raccomandati, li benedico copiosamente e vedrai in avvenire sarai contento". Sarà Lui, Gesù, per mezzo di due santi, Leopoldo e Teodoreto, a tracciare le linee del cammino dell'Unione appena nata. Una giornata di sole Racconta fratel Teodoreto: " Guidata dagli scritti e corroborata dalle ferventi preghiere del Servo di Dio, l'Unione metteva "robuste radici", secondo alcune parole da lui udite e fattemi pervenire come spinta al mio impegno. Per darle sempre maggiore solidità, si pensò di fare un ritiro spirituale alla Villa S. Giuseppe a Pessinetto, a 40 chilometri da Torino in Val di Lanzo. Il ritiro venne fissato per la domenica 31 maggio 1914, solennità di Pentecoste, ma incominciò subito un periodo di piogge dirotte e insistenti tanto da mettere in tutti il dubbio sulla possibilità di farlo. Arrivato il giovedì 28 maggio, visto che continuava a piovere, mi recai da fra Leopoldo e gli parlai della necessità di far preparare a Pessinetto la Cappella, i letti, la cucina ... e terminai con il dirgli: "Preghi la Madonna e il Signore perché facciano cessare questa pioggia, se no è impossibile fare il ritiro. Il 29 maggio, pregando fra Leopoldo, la SS. Vergine, udì queste parole: "Cesseranno le piogge e avranno una bella giornata domenica". Fu veramente così; l'acqua cessò verso mezzogiorno del sabato e alle ore 16 dello stesso giorno, mentre alla stazione si aspettava la partenza del treno, spuntarono i raggi del sole attraverso le nubi diradate. I 30 giovani, ardenti e coraggiosi, recitarono il S. Rosario sul treno, cantarono lodi sacre e arrivarono a Villa S. Giuseppe, sotto un cielo interamente limpido e sereno. Domenica 31 maggio 1914 fu veramente splendida; il contorno dei monti con le cime cariche di neve e illuminate dal sole, la bellezza e la pace della Villa, armonizzarono con le elevazioni delle anime e con i doni dello Spirito Santo profusi nei cuori di questi giovani fortunati. Quel ritiro, nel giorno di Pentecoste, fu il Cenacolo e la vera nascita dell'Unione, perché le grazie e le interne attrattive portarono i giovani a stabilire di fare ogni mese un ritiro spirituale. Fu aperta così la sorgente di vita per tutti i membri dell'Unione ". In quei giorni, Gesù dice a fra Leopoldo tutta la sua approvazione per l'Opera nascente. Coraggio, il mondo attende il Crocifisso e dei giovani apostoli come consacrati a Lui, sulle orme di Leopoldo e di Teodoreto. Come se Gesù dica loro: "Ragazzi, partiamo insieme a conquistare il mondo a Me. Anche per mezzo vostro, Io, innalzato da terra, attirerò tutti a Me". La luce non mancherà e sarà sempre più chiara. Si diffonde l'Adorazione Da quel giorno l'Unione del SS. Crocifisso comincia a crescere, guidata da fratel Teodoreto, ma in realtà è Gesù stesso che la guida e la forma parlando a fra Leopoldo, in una sempre più grande intimità d'amore. "Dirai - è Gesù che parla - ai Fratelli delle Scuole Cristiane, che davanti ai figlioli della pia Unione del SS. Crocifisso si contengano come corpi di Santi, esemplarissimi". "L'anno venturo ci sarà un numero di giovani maggiore di quanto si aspetti" ( 3 giu. 1914 ) "Il Crocifisso è la via che conduce fino a me, alla gloria! ( ... ) Ma che cosa fantastichi? Non sai che Io voglio lavorare intorno a te in modo meraviglioso? Ma tu lavora per Me!" ( 16 giu. 1914 ). Leopoldo il 21 giugno 1914, domanda a Gesù: "Che cosa pensi, mio Signore? Li fai santi i figlioli della Pia Unione?" Gesù risponde: "Tutti no, alcuni sì. Di' al fratel Teodoreto che non si perda di coraggio, se qualcuno ci abbandona". Leopoldo ribatte: "Mio Signore SS.mo, Tu dici che non tutti sono santi, ma io non voglio assolutamente che li lasci scappare!" Gesù sorride: "Ma dimmi un po', Leopoldo, ho proprio da ubbidirti in tutto?". Dunque - è evidente - il primo compito dell'Unione è l'adorazione al Crocifisso e la sua diffusione nel mondo, non solo la pia pratica come è scritta sulla pagellina, ma la vita intesa e vissuta come adorazione al Crocifisso. Intanto, nel 1912, i foglietti della "Divozione" erano esauriti. Dal suo primo incontro, Teodoreto si assume l'incarico di curarne la nuova edizione e di diffonderla ancora di più. Fino al 1914 si stampano immagini del Crocifisso di diversi autori. Ma da quanto Leopoldo ha narrato a Teodoreto la visione avuta a Viale d'Asti nel 1893, del Crocifisso con l'anima a Lui avvinta, Teodoreto ricorre a un pittore di Milano e prepara un'immagine molto bella che rappresenta questa visione. Leopoldo, quando la vede, ne è felice e ne approva la stampa. Nel 1912 della "Divozione" se ne erano stampate 174 mila copie. Nel 1913 era stata tradotta in sette lingue e stampate in 663 mila copie. Era già una diffusione grandissima. Nel 1914, con l'immagine che sarà definitiva, inaugurata l'Unione del Crocifisso, l'Adorazione ha una diffusione ancora più grande, per opera dei Fratelli delle Scuole Cristiane, dei Soci dell'Unione, di zelatori e zelatrici. "Si tenne nascosta da venti e più anni - commenta Leopoldo il 29 giugno 1914 - finalmente, come piace al Signore, quest'anno 1914, nel mese di maggio, la santa Adorazione andò a metter radici nella Congregazione delle Scuole Cristiane, e sarà una vera benedizione di Dio. Il Signore toglie sensibilmente il velo e si manifesta un po'; ogni cosa ha il suo tempo". Tuttavia egli sa che ci sono personaggi che non vogliono l'adorazione al Crocifisso e contrastano non solo la pia pratica, ma il Crocifisso stesso: "Ora è il più turpe vituperio contro il Creatore, autore della luce e della vita, contro il Cristo redentore dell'umanità, contro i carissimi amici del suo amore santissimo. Noi ci meritiamo il castigo, come avvenne a Messina ( con il terremoto del 1908 ) che brutalmente sfidò Dio con ingiurie e derisioni: il Signore nella sua misericordia non vorrebbe castigare ma vuole che noi ci emendiamo. E amorevolmente ci presenta la Croce invitando le anime innocenti a riformare il mondo per mezzo della Croce" ( 29 giu. 1914 ). Leopoldo, con queste parole, pensa ai membri dell'Unione del Crocifisso e a tutti coloro che nella società vorranno collaborare con loro: "Le anime di buona volontà - aggiunge quel giorno - vengano in nostro aiuto a diffondere la santa Adorazione, a riformare i costumi, glorificando Dio Crocifisso. Poiché le colpevoli iniquità si danno la mano, l'unico rimedio è ricorrere con amore alla Croce, unica speranza di pace e di salvezza". A lui, povero frate, non resta che pregare, con insistenza e fiducia: "Riforma, Gesù, il mondo da tanta iniquità! Sostieni i cari figli tuoi dell'Unione tua santa, preservali tutti dal peccato e fa' che tutti ti diano gloria" ( 7 lug. 1914 ). Dal 14 al 28 luglio 1914, Leopoldo si reca a Terruggia, suo paese natale: "Là un piccolo lavoro mi stava a cuore, abbellire un po' la statua della Gran Madre di Dio, che poveramente stava da molti anni nella confraternita di S. Grato, dimenticata ... Ma Dio riserverà la direzione a qualche religioso che prenderà le redini della parrocchia della mia Terruggia, per conservare la fede cattolica". " Il sì del Papa " "Di' al fratel Teodoreto che sono tanto contento di lui e gli raccomando i giovani, sia i Fratelli delle Scuole Cristiane che i giovani dell'Unione del SS. Crocifisso" - dice Gesù a Leopoldo ( 16 ago.1914 ) In Europa, in quell'estate 1914, divampa l'immane incendio della prima guerra mondiale - di questo diremo fra poco - nonostante il Santo Pontefice Pio X abbia fatto il possibile e l'impossibile per scongiurare "il guerrone": ha offerto la vita per la Chiesa e per la pace e sembra che Gesù accolga il suo sacrificio. "Gesù, mio Dio, - prega Leopoldo - vorrei raccomandarti gli ultimi momenti del Santo tuo Vicario, il Papa, ma è inutile, perché è un grande santo". "Non importa - risponde Gesù - anzi amo molto che molti amino il mio Vicario: prega!" ( 19 ago. 1914 ) Nella notte, alle prime ore del 20 agosto 1914, mentre Leopoldo veglia in preghiera, unito in spirito all'agonia di Pio X, Gesù gli dice: "Ora il Papa è con me, nessuno me lo toglie". Leopoldo annota: "Più tardi seppi che l'anima bella del S. Padre andò all'eterna beatitudine all'una e mezza dopo mezzanotte. Gesù andò Lui a prendere il suo Vicario". Il 3 settembre 1914, dopo un rapido conclave, viene eletto Papa il Card. Giacomo Dalla Chiesa, Arcivescovo di Bologna, che prende il nome di Benedetto XV. L'indomani, Gesù domanda a Leopoldo: "Dunque sei contento che ti ho dato un Sommo Pontefice Benedetto e sarà proprio da me benedetto!" Segue un colloquio bellissimo: "C'è pane anche per noi, mio Dio? Ci aiuterà cioè nell'andamento della santa Adorazione di Te, santissimo Crocifisso?". "L'ho scelto perché è di pietà. La prima politica per Me è la pietà, amo la pietà; tutto il resto per me non conta. Che cosa conterebbe se il mio Vicario amasse solo la politica e non la pietà? Davanti a me, nulla". La pietà, per Gesù, non è la compassione per gli altri, ma la "pietas", la religione intensa e assoluta, il culto di Dio, l'amore totale per Lui, a immagine di Gesù, di Gesù Crocifisso, da cui scaturisce poi l'amore al prossimo e tutte le virtù cristiane. Pertanto Gesù insiste: "Ho dato alla Chiesa un Pontefice secondo il mio cuore. Da lui verrà molta consolazione alle anime pie e conforto ai tribolati". "Quando la guerra sarà finita e tutto sarà sedato, devi insistere che Benedetto XV affermi il mio Nome, il Crocifisso in tutto il mondo". "Quando tutto sarà stabilito in pace, il mio Vicario confermi santamente la mia Croce là dove non mi hanno più voluto!". "Prima la Croce, poi il mondo!". Illuminato da Gesù stesso, Leopoldo ha già capito che il nuovo Papa sarà suo amico, forse che avrà un destino simile e parallelo al suo, lui piccolo fraticello accanto al Vicario del Signore. All'inizio del 1915, mentre l'Italia, pur rimasta per ora neutrale nel conflitto europeo, vive già un clima rovente nello scontro di diverse fazioni, rotolando infine nel medesimo abisso, fratel Teodoreto, approfittando di una visita di Mons. Angelo Bartolomasi, Vescovo ausiliare del Card. Richelmy, a Benedetto XV, scrive una supplica al Papa, in cui come direttore dell'Unione del Crocifisso, chiede un'indulgenza per tutti i fedeli che praticano la "Divozione". Il Papa legge e si illumina tutto di gioia: non solo concede l'indulgenza, ma sotto una sua fotografia scrive di sua mano: "Preghiamo il Signore a colmare di grazie il direttore e gli ascritti alla Pia Unione del SS. Crocifisso, canonicamente eretta in Torino, perché i sacerdoti con la voce e con l'esempio, e i secolari con la santità della vita debbono sempre "praedicare Jesum Christum et hunc Crucifixum" Dal Vaticano, 18 gennaio 1915. Benedictus PP XV". Ora è venuto anche il sì del Papa, che non solo approva e benedice, ma conferma la missione all'Unione, giovane di pochi mesi di vita: "Predicare Gesù e Lui Crocifisso", come hanno fatto S. Paolo Apostolo delle genti e, in fondo, i santi più grandi della Chiesa. Leopoldo e Teodoreto, con tanta approvazione, fanno stampare 454 mila copie della Adorazione, quindi si impegnano a farla tradurre in 14 lingue raggiungendo in seguito otto milioni di copie che verranno spedite gratuitamente, nonostante la guerra in corso, in diverse nazioni del mondo. Ora all'Unione del Crocifisso, a Leopoldo ispiratore, e a Teodoreto fondatore, verranno grazie su grazie. La loro missione, per mezzo della parola del Crocifisso, al suo intimo Amico, apparirà sempre più luminosa e la loro via sarà segnata per sempre. Non dovrà mai mancare loro il senso della loro identità più vera e il gusto della loro missione nel mondo. " In compagnia del nostro Re " Proprio mentre l'Europa s'incendia nella "grande guerra", si diffonde sempre di più l'adorazione a Gesù Crocifisso, la "divozione", così come è chiamata. L'Unione se ne assume l'incarico, come suo compito specifico, con la certezza che ne verranno piccole grandi cose. Verrà il giorno in cui fra Leopoldo si sentirà dire da Gesù: "Alzati e va' a segnare che le parole della santa Adorazione sono Io, Gesù, che ti ho guidato nello scriverle" ( 29 marzo 1917 ); quindi la promessa: "Leopoldo, finché tu fai la santa Adorazione puoi andare sicuro che nulla ti accadrà di male" ( 18 giu. 1918 ). All'Unione, è Gesù stesso che tramite Leopoldo traccia la via, man mano che essa cresce, sin dai primi anni. Gli scritti di Leopoldo, soprattutto i "detti" di Gesù Crocifisso, ancora oggi segnano il cammino da percorrere, in mezzo agli errori, agli sbandamenti del suo e del nostro tempo. "Dio mio, amato Gesù ... tramandino con la tua grazia, la fede e l'amore a Te, Crocifisso, al fine di sollevare i cuori innocenti al tuo amorosissimo Cuore, tanto da rendere esemplari al mondo, crescendo, quei cari giovani allievi sotto l'ombra della croce, per renderli veri figli di virtù atti a salvare l'anima propria e quella altrui, formando una brillantissima corona di luce attorno a Te, Dio Salvatore nostro santissimo" ( 12 giu. 1914 ). Così prega Leopoldo, di giorno e di notte per i Fratelli delle Scuole Cristiane e per i membri dell'Unione. E ancora: "Riforma, Gesù, il mondo guasto da tante iniquità, sostieni i cari figli tuoi dell'Unione, preservali dal peccato e fa' che tutti ti diano gloria" ( 7 luglio 1914 ). Il compito dell'Unione è quello che i suoi membri salvino l'anima propria e altrui, che si facciano santi, che innalzino il Crocifisso sul mondo per riformarlo, che facciano dilagare la fede e la grazia di Dio nel mondo, a cominciare dalla fanciullezza e dalla gioventù. Dopo il primo ritiro del 31 maggio 1914, in quell'anno a Villa S. Giuseppe di Pessinetto si svolgono altri sette ritiri, a cui partecipano circa 260 giovani, con frutti grandi di luce e di santità. Uno dei giovani più assidui scrive: "In queste dolci e care giornate, passate in compagnia di Gesù, avvengono spontanei, importanti e affettuosi colloqui con il SS.mo Crocifisso. Gesù parla al nostro cuore e ci dice tante cose necessarie a noi, personalmente, alle nostre famiglie e alla nostra Unione. Nel giorno del ritiro si prendono le deliberazioni più importanti per il buon andamento della nostra vita, per quello dell'Unione e delle opere di zelo che noi vogliamo compiere. È un giorno completo passato in compagnia del nostro Re". Altri sette ritiri si fanno nel 1915 e otto nel 1916. Ogni "socio" dell'Unione si impegna ogni giorno a partecipare alla S. Messa con la Comunione, a fare la meditazione e la lettura spirituale, a confessarsi ogni settimana. "Le nostre riunioni regolari - scrive l'Unione nella relazione annuale - le abbiamo in giorno di sabato, con la confessione, la conferenza ... Servono per la preparazione alle funzioni della domenica mattina, la S. Messa con la Comunione e la predica. Nel primo venerdì di ogni mese tutti noi ci rechiamo al Banchetto divino per riparare tanti oltraggi che Gesù riceve continuamente da chi non lo conosce e non lo ama. Questa celebrazione è preceduta dall'ora di adorazione al SS.mo Sacramento". Il venerdì santo è il giorno più solenne dell'Unione, quando tutti si raccolgono attorno alla celebrazione della Passione del Signore. Ma è tutta la vita di questi giovani ad essere incentrata nel Crocifisso e nel SS.mo Sacramento, in Gesù Crocifisso ed Eucaristico, che è tutto, sempre di più, per ogni "socio" dell'Unione. È vita di unione con Gesù, di offerta totale con Lui e per Lui, come Gesù l'ha delineata a fra Leopoldo. È il primo tratto della fisionomia che l'Unione viene prendendo, il fondamento su cui si costruirà la sua missione. "Dico ai Fratelli delle Scuole Cristiane - spiega Gesù a Leopoldo, il 10 luglio 1915 - che io con l'Unione li ho chiamati a una missione molto alta... si ricordino che l'Unione è opera mia". Catechisti del Crocifisso Ecco, però, che presto l'Unione assume la sua identità più chiara, quella che si distinguerà sempre di più. Scrive fratel Teodoreto: "Non tardai ad accorgermi che l'apostolato catechistico era quello che Dio voleva dai membri dell'Unione. Infatti, fin dal 1914, otto dei principali soci dell'Unione superarono con ottimi risultati l'esame di abilitazione all'insegnamento della Religione presso la commissione diocesana e ottennero dall'Autorità ecclesiastica il relativo diploma. Nel 1915, altri dodici soci conseguirono il medesimo diploma e, nel 1916, altri quattordici seguirono l'esempio dei loro compagni". A partire dal luminoso pontificato di Pio X, il Papa che ha pubblicato e prescritto il suo Catechismo, semplice, chiaro e preciso, fatto a domande e risposte, per l'istruzione cristiana-cattolica dei ragazzi e degli adulti, sono nate in tante diocesi numerose scuole per la formazione dei Catechisti anche tra i christifideles laici, che così vengono preparati e abilitati a tenere con competenza e passione di fede e di amore a Cristo, il catechismo nelle parrocchie e nelle scuole. Torino, all'epoca, sulla scia dei suoi santi, è in prima fila con queste scuole dei Catechisti. Continua fratel Teodoreto : "Così fu iniziato l'insegnamento del catechismo nella vicina parrocchia di S. Massimo e nell'Oratorio dell'Unione, con un totale di 92 allievi; nell'anno seguente, 1915, si allargò la cerchia del bene in quattro parrocchie con 260 allievi; nel 1916, si giunge ad insegnare il catechismo in undici parrocchie di Torino, con un totale di 630 allievi". Fra Leopoldo non rimane muto - tutt'altro - ma parla a nome di Gesù Crocifisso. Verso la fine del 1916, manda a Teodoreto due scritti luminosi: 1) "Nel nome santo di Dio, incoraggiate quei soci della Pia Unione che trovano pesante lo studio per essere catechisti con il diploma ... Si accontentino di fare il catechismo ai più piccoli; presso Dio saranno ugualmente rimunerati, ma tutti devono lavorare nella vigna del Signore per la salvezza di tante anime e per arricchire il Paradiso di eletti e accrescere sempre più la gloria di Dio". 2) "I membri dell'Unione devono essere maestri di Catechismo in mezzo al mondo". È chiaro, dunque. Il mondo si trova nelle tenebre di tanti errori e di peccati a non finire, il mondo è tutto guasto? La Chiesa è percorsa dalle menzogne del modernismo, che interpreta in modo falso il Cattolicesimo e lo dissolve dal di dentro? Sì, purtroppo è così, come ha denunciato S. Pio X nell'enciclica Pascendi ( 1907 ) e nel decreto Lamentabili, e concordano con lui tutti i buoni. Il Papa, Pio X prima, Benedetto XV poi, ha risposto con la condanna degli errori e la rimozione dai loro posti di prestigio dei perfidi maestri degli errori, ma anche con la restaurazione della vita sacerdotale, della vita cristiana, ponendo al centro il Catechismo, per illuminare le anime e confermarle nella Verità del Credo Cattolico, nel Sacramento della Confessione e dell'Eucaristia ( che è Gesù stesso con il suo Corpo e il suo Sangue, immolato, al di sopra di tutto, dal Quale scaturisce la salvezza e la santificazione delle anime ). Su questa scia luminosa segnata dal Papa, illustrata da fra Leopoldo a nome di Gesù, i membri dell'Unione saranno catechisti a cominciare dai giovani, e nel clima dell'indifferentismo, dell'ateismo, del modernismo, diffonderanno la Verità del Credo Cattolico e condurranno le anime al perdono di Dio e all'intimità con Gesù, per mezzo della Confessione e dell'Eucaristia. Ecco la loro missione. Fratel Teodoreto continua a raccontare: "Oltre ai catechismi domenicali nelle parrocchie, fu aperta una scuola di Religione per gli alunni delle scuole ginnasiali e tecniche governative, con dopo-scuola gratuito nei locali dell'Unione". L'Opera di fra Leopoldo ora si va compiendo con la sua identità e la sua missione, così che uno dei primi soci, in una relazione del 1917 afferma: "Nel 1914 ci riunimmo in società con il solo scopo di aiutarci con la parola e con l'esempio a vivere da buoni cristiani; non avevamo, all'inizio, altro fine che la nostra santificazione. Ma il SS. Crocifisso e Maria Immacolata ... a poco a poco ci portarono all'apostolato catechistico e a stabilire, per regolamento, l'obbligo per ogni membro di conseguire il diploma di Catechista". Così, all'inizio del 1917, esaurite le copie della prima edizione del regolamento, si prepara la nuova ristampa. Fratel Teodoreto, d'accordo con Leopoldo, include nel nuovo regolamento il titolo di "Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata". Ecco, dunque, in tre anni, come Gesù aveva profetizzato a Leopoldo fin dal 1906, è nato "l'Ordine del Crocifisso". Leopoldo continuerà a far cucina nel convento di S. Tommaso, ma il Crocifisso sarà innalzato e attrarrà ancora tutti a Lui. " Il Crocifisso! È tutto " Davvero i giovani membri dell'Unione, sempre più attratti da Gesù, crescono nell'amore e nella dedizione a Lui, nell'impegno di testimonianza a Lui nel mondo e nell'apostolato, soprattutto del catechismo. Il testo che usano è quello di Pio X, diventato sempre più un vero best-seller dell'istruzione e della formazione cristiana-cattolica. Fratel Teodoreto viene notando sempre di più questa crescita, da parte dei suoi giovani amici, nell'intimità con Gesù. Li incoraggia, li aiuta a crescere con le "utili direttive ricavate dalle relazioni con fra Leopoldo", che ha il "filo diretto" con il Redentore. Ispirandosi a queste direttive, Teodoreto prepara il nuovo regolamento e il 24 gennaio 1917 lo porta a Leopoldo, affinché chieda la benedizione di Gesù su di esso. In quei giorni, Leopoldo si trova nel convento di S. Antonio a Torino, a sostituire il Confratello cuoco chiamato alle armi, in quel tempo terribile di guerra. L'indomani, 25 gennaio 1917, ricevuta la Comunione durante la S. Messa, Leopoldo sente dentro di sé una voce potente: "Dirai al Fratello Teodoreto che il regolamento va tanto bene". Dunque, il nuovo regolamento viene pubblicato e l'opera assume in modo definitivo il nome che abbiamo già citato. Ha un altro interrogativo, Teodoreto, da sottoporre a Gesù: se pubblicare un Bollettino dell'Unione Catechisti del SS.mo Crocifisso, affinché contribuisca anch'esso a far conoscere l'adorazione - divozione a Lui, come pratica di preghiera e di vita. Il 16 aprile 1917, mentre Leopoldo è in adorazione davanti a Gesù Eucaristico, si sente dire: "Fin da questo momento si metta in opera; non temere, la Provvidenza verrà in aiuto". In preghiera davanti alla Madonna, il 15 maggio 1917, ode queste parole: "Il Bollettino lo intitolerai così: L'amore a Gesù Crocifisso. L'abbonamento sia gratis. La carità di chi voglia venire in aiuto, non si rifiuta". Qualche giorno dopo, Leopoldo, su richiesta di Teodoreto, domanda a Gesù se nel Bollettino si debba incominciare a parlare dei suoi "detti" o dell'Unione. Gesù risponde: "Né dell'uno né dell'altro; ma si deve incominciare a parlare della fede che cade a poco a poco; del bene che fanno i catechisti; parlare del bene, delle virtù da praticare; del vizio da lasciare e dei castighi che verranno, se non si lascia il vizio; del bisogno estremo di ben indirizzare la povera gioventù e della necessità che i ricchi e i sacerdoti si diano la mano per lavorare intorno a queste pianticelle". In quell'inizio d'estate, un socio dell'Unione Catechisti, dopo tre anni di vita intensamente vissuta nel sodalizio, scrive: "Questa sera ( ore 22,30 - 7 giugno 1917 ), più che altre volte, sento profondamente quanto sia grande la grazia che Gesù mi ha fatto con il chiamarmi all'Unione. Oggi abbiamo fatto una grande festa: una festa d'amore, ed è stato un vero trionfo per Gesù Sacramentato. Mi trovavo con gli amici dinanzi a Gesù e il loro esempio di fede, di pietà e di carità mi ha commosso fino all'anima. Domani mi troverò di nuovo con loro! Da quando ho conosciuto l'Unione, il mio pensiero più forte, l'ideale unico, a cui sono dirette tutte le mie energie giovanili, tutti i miei affetti e a cui si riattaccano tutte le azioni della giornata, è l'Unione stessa. Sì, perché ho trovato in essa il più bel programma di vita e di attività giovanile; perché ogni volta che mi ci trovavo, ne sono uscito migliore; perché là ho i miei migliori amici, amici veri, esempi di perfezione, giovani di ideali forti e luminosi; perché sento che quello è il mio nido, dove Gesù mi vuole e mi ricolma delle sue grazie: grazie nascoste, consolazioni ineffabili che il mondo ignora, ma che partono direttamente da Gesù Crocifisso. Quando sono con gli amici e parliamo insieme di queste cose, trovo riflessi in ciascuno di loro tutti questi affetti e profondamente radicate queste convinzioni. Gesù Crocifisso ci ha chiamati a gustare la soavità delle sue predilezioni. Egli ci tiene uniti con l'affetto di fratelli e ci fa crescere alla sua scuola d'amore! Quando prego non sono mai solo, ma attorno a me ci sono gli amici ... Quando incontro uno di loro per la via, è un raggio di sole che rallegra l'anima; nella gioia, nella prova, sempre il mio unico desiderio è di essere con loro. E domani li rivedrò tutti e intanto posso pregare per loro, per tutta l'Unione, perché si sviluppi sempre di più e si dilati il Regno di Gesù Crocifisso. Il Crocifisso! Per il passato io l'avevo tenuto come divozione buona e santa, ma da quando sono entrato nell'Unione è divenuto per me l'amico più caro, l'unico Amico; ho incominciato a gustare nuove consolazioni ineffabili, sconosciute per l'addietro. Gli ho dato il posto d'onore, lo porto sempre con me ...: un'occhiata, un bacio al Crocifisso è la sintesi di tutte le promesse, di tutti gli ideali, di tutto quanto desidero quaggiù". Sì, o Dio della mia giovinezza, a Te il fiore della mia gioventù, tutte le mie forze, tutto l'amor mio. Questo ad onta di quelli che non ti vogliono, di quelli che si vergognano di Te! Accetta, o Signore, questi sfoghi dell'anima e lascia che ancora una volta ti ringrazi di avermi chiamato all'Unione, dove Tu sei il padre, il maestro, il fratello". Un manipolo di apostoli Abbiamo citato questa pagina luminosa di un membro dell'Unione Catechisti, perché traccia l'identità più bella e più vera del nascente manipolo di apostoli, nato dalla preghiera e dall'azione di Leopoldo e di Teodoreto, anzi dal Cuore stesso di Gesù Crocifisso. Ed è così che è già stato tradotto nella vita, nella pratica quotidiana di giovani amici, il messaggio ardente di Gesù a Leopoldo. L'ideale si è fatto concreto, reale, vivo. La parola divina è diventata stile di vita vissuta. Non si tratta di novatori modernisti, che danno un'interpretazione umanitaristica del Cattolicesimo, riducendolo a valori umani, e dissolvendolo della sua essenza più autentica. Le Verità immutabili della fede non sono ridotte ad espressione più o meno chiara - anzi confusa - della coscienza umana. La legge morale non è diventata, per loro, un'opinione discutibile e adattabile alle situazioni. Ma sono giovani amici del Cristo Crocifisso, che vivono alla sua sequela, liberi, sempre più liberi dal peccato, in novità di vita con Lui, la novità della grazia santificante, che ci stabilisce nell'intimità più vera con Lui: intimità reale, essere nuovo, di "uomini nuovi" in Cristo, come illustra l'apostolo Paolo, mandati a cambiare il mondo nel Suo nome. Stupisce ed affascina - nella vita di Leopoldo, di Teodoreto e dei giovani amici dell'Unione - il loro incentrarsi totalmente in Gesù Crocifisso, il non voler conoscere altro che Lui, il non gloriarsi d'altro che della sua croce, il voler solo predicare Gesù e Lui Crocifisso, come ha detto loro il S. Padre Benedetto XV. In Lui è garantita la loro fede autentica, la loro ascesi verso la santità, la gioia di appartenergli, di amarlo e di farlo amare. In Lui trovano energie impensate per condurre una vita di intimità con Dio, di fraterna amicizia e carità teologale tra di loro e di apostolato fecondo in mezzo agli altri e in ogni ambiente di vita. Non saranno più degli uomini frammentati dall'edonismo e dal piacere, come vuole il mondo. Non saranno dei fanatici o degli esaltati dietro alle ideologie correnti del laico liberal-socialismo. Saranno di singolare equilibrio ed unità, con una personalità profondamente unita in Cristo, capace di offerta, di preghiera, di amore, di missione. Fedeli al Credo Cattolico, alla Legge di Dio e al Vangelo, ricchi di dottrina sicura anche nella semplicità della vita, capaci di illuminare i piccoli e i grandi con la luce di Cristo, con il catechismo, che è il più grande libro dell'esistenza, la piccola sublime "enciclopedia" della Somma Sapienza. Questo sono i giovani membri dell'Unione; questo vogliono essere ogni giorno di più. Tutto grazie al Crocifisso e per amore al Crocifisso, che è il compendio della Fede cattolica e della vita cristiana, della vita di chi si consacra a Lui. Il Crocifisso per loro è tutto: la Luce che illumina, l'Amore che li anima, la vita che li fa vivere, la gioia, la vera gioia. Negli anni 1906-1908, in cui Gesù ispirava Leopoldo a dare inizio all'"Opera", a Londra un famoso scrittore convertito dall'anglicanesimo, Robert Hugh Benson, diventato sacerdote cattolico ardente, in un suo famoso romanzo ( "Il padrone del mondo" del 1908, oggi assai diffuso ), precorrendo il futuro, scrive: "La Messa, la preghiera, il Rosario, queste sono le prime e le ultime cose. Il mondo nega la loro potenza, ed è invece in tutto questo che il cristiano deve cercare appoggio e rifugio. Tutte le cose in Gesù Cristo; in Gesù Cristo ora e sempre. Nessun altro mezzo può servire: Egli deve fare tutto, perché noi non possiamo fare più nulla". I Catechisti del Crocifisso, ispirati da Gesù a Leopoldo, faranno così: porranno tutte le cose in Gesù Cristo. Saranno "armati" solo di Messa, preghiera e Rosario alla Madonna. Gesù Crocifisso lo troveranno, al vivo, nella SS.ma Eucaristia: Gesù Crocifisso ed Eucaristico. Ancora P. Robert Hugh Benson, nel romanzo citato, scriveva, guardando al futuro e rivolgendosi al Papa regnante: "Un nuovo Ordine, Santità, senza abito e distintivo particolare, soggetto direttamente alla Santità vostra. Più libero dei gesuiti, più penitente dei certosini, più povero dei francescani. Uomini che fanno i tre voti e in più dichiarano la loro disponibilità, se necessario, a patire il martirio ... Parlo proprio da pazzo: il Cristo Crocifisso sarà il loro patrono". Ebbene, i giovani "sognati" da fra Leopoldo, Gesù li voleva così. Una domanda: i giovani consacrati al Crocifisso, suscitati da Gesù, guidati dai "detti" medesimi di Gesù a fra Leopoldo, e dalla sapienza pedagogica e ascetica di fratel Teodoreto, saranno di questa razza? Se lo saranno, avranno un immenso futuro. Intanto, tutti noi cattolici dobbiamo appartenere, nello spirito e nel cuore, al Divino Crocifisso per una nuova e pacifica conquista del mondo a Lui: "A Te, Gesù, il fiore della mia gioventù, tutte le mie forze, tutto il mio amore". Un'ondata di follia Questo messaggio di Gesù Crocifisso, questo "fiore" dell'Unione del Crocifisso che nasce dal suo Cuore, appare tanto più grande e più attuale se si pensa al momento storico in cui è avvenuto. "Nei primi anni del XX secolo, gli Europei glorificavano la violenza e alcuni gruppi tra loro, in ultima analisi, affermavano la necessità di un cambiamento radicale ... Una visione d'insieme dell'Europa negli anni tra il 1900 e il 1914 mostra innanzitutto che il continente era alla testa di una rivoluzione scientifica, tecnologica e industriale, mossa da un'energia pressoché illimitata che stava trasformando tutto; la violenza era endemica sul piano del conflitto sociale, economico, politico, di classe, etnico e nazionale; l'Europa aveva concentrato le sue energie in una dirompente e vertiginosa corsa alle armi, a un livello che il mondo non aveva mai conosciuto prima" ( Aleksandr Solgenitsin , 1918-viv. ). Consapevole di questa tragica situazione, Edward Grey, ministro degli esteri britannico, il 3 agosto 1914, disse: "Le luci si stanno spegnendo in tutta l'Europa. Dubito che le vedremo accendersi di nuovo nel corso della nostra vita". E Winston Churchill, negli stessi giorni: "Ogni cosa tende alla catastrofe e al collasso, come se un'ondata di follia avesse colpito la mente del mondo cristiano". Violenza, volontà di potenza, l'uomo come super-uomo, rivoluzione, armamenti, cambiamento totale di tutto, erano dovuti alle più folli ideologie diffusesi alla fine dell'Ottocento ed ormai giunte a dare i loro frutti di morte: illuminismo sotto tutte le forme, per cui non più Dio, ma l'uomo è dio all'uomo, social-comunismo, laicismo positivista, super-omismo nietschiano, in fondo ateismo radicale: "Dio non c'è o, se c'è, non ci interessa". "Non vogliamo che Cristo regni su di noi. Solo l'uomo regni". Di lì verranno la prima guerra mondiale, la disgregazione dell'Europa, la rivoluzione comunista in Russia, poi il nazismo, la seconda guerra mondiale, lo sfacelo di un mondo ... Proprio nel tempo in cui fra Leopoldo diffonde l'adorazione al Crocifisso, è vero che "le luci si stanno spegnendo" e che sta dilagando "un'ondata di follia". Il piccolo frate di "S. Tommaso", pur non essendo uomo di studi, ne è singolarmente consapevole. È Gesù che lo istruisce e lo coinvolge nella sua opera di redenzione del mondo, di quel mondo spento, buio e folle. Il 14 febbraio 1914, Gesù gli dice: "Noterai le scempiaggini e l'incredulità dei cuori torbidi e il loro accecamento nelle cose di Dio; spiegano beffardamente le cose sante di Dio: chi dice che io sia stato un gran filosofo, chi dubita della mia esistenza, e altre fiabe ancora: poveri figli! Io sono Dio vivo e vero". Questo richiamo è ancora una volta rivolto ai modernisti, alla nuova interpretazione del Cattolicesimo, che lo svuota dal di dentro con la negazione dell'Uomo-Dio. Così i pastori e i fedeli, chiamati ad essere luce del mondo e sale della terra, saranno lampada spenta e sale insipido e non avranno più la capacità di irradiare e di santificare gli uomini. E il male - le tenebre, il vizio, la violenza, l'errore e il peccato - dilagherà senza più argini. Gesù si lamenta: "Leopoldo, non ne posso più. Bisogna che mandi il flagello" ( 21 feb. 1914 ). "Tu non lo sai, ma sono montagne di peccati che vanno alla deriva" ( 22 feb. 1914 ). Leopoldo gli risponde: "Mio Dio, Gesù Crocifisso, abbi pietà di me e di tutto il mondo: salva anime, salva anime, mio Signore e mio Dio" ( 22 feb. 1914 ). "O mio bel Gesù, chiama le anime alla luce, avvicinale alla tua Chiesa santa, avvicinale al tuo amabilissimo cuore e con il nome santo tuo rinfrancale e salvale ( 3 maggio 1914 ). Il linguaggio di Gesù si fa ancora più chiaro: "Sappi che parte della Cristianità non adempie i suoi doveri, e le altre parti tutte sono le sette, che mi hanno volto le spalle" ( 11 maggio 1914 ). Così, il fraticello è lucido di idee: c'è come una congiura, tra i cristiani che rinnegano Cristo e le sette ( e la massoneria! ), che lo combatte e scatena e diffonde i peggiori errori. Tuttavia, non ci sarà da temere. Gesù prende a dire: "Questa Croce benedetta è la figura della mia redenzione, ma mi vedrai nella gloria del cielo per il servizio che tu mi fai" ( 22 maggio 1914 ). " Il flagello " "Leopoldo - si lamenta Gesù - ce ne sono molti che mi perseguitano ... Mi perseguitano e mi abbandonano" ( 6 giu. 1914 ). Tra il giugno e il luglio 1914, divampa in Europa l'immane incendio della guerra. Appena eletto, l'8 settembre 1914 Papa Benedetto XV alza la voce contro "l'inutile strage" e invoca la fine della guerra. Ma la carneficina è solo all'inizio e con essa l'epoca della grande persecuzione anti-cristiana: è nel 1915 che viene perpetrato dai turchi musulmani il genocidio degli armeni cristiani: più di un milione le vittime e con loro 48 vescovi. Di lì a poco la guerra divampa ancora più selvaggiamente. È il primo vero conflitto mondiale, il primo in cui la tecnologia è messa al servizio della strage, così che moriranno 9 milioni di soldati e più di 29 milioni saranno i feriti e i dispersi. È la fine dell'impero asburgico, ultima forma del Sacro Romano Impero, la fine della Russia cristiana ( fra il 12 e il 17 marzo 1917 lo zar Nicola II è costretto ad abdicare da una rivoluzione massonica e socialista ) ed è l'inizio della follia collettiva del comunismo; il 16 aprile 1917 Lenin e Trotzki arrivano a S. Pietroburgo dove prendono la guida della sollevazione, che li porterà al potere con la rivoluzione d'ottobre del 1917. Gesù si lamenta con Leopoldo: "Segna che Io sono trafitto giorno e notte" ( 1 agosto 1914 ). Leopoldo domanda a Gesù: "Signore mio Dio, è per la brutalità degli uomini che hai permesso tanto flagello? Dopo tante chiamate e tanto pazientare, chiamandoci alla via retta? Ma invano! Il mondo è sordo alla voce di Dio, di Te, mio Signore e mio Tutto: le colpe, il numero immenso delle iniquità è il pane quotidiano! In luogo dell'ubbidienza regna la superbia, l'apostasia, la fede è derisa, i pochi fedeli a Dio tenuti come idioti e cretini, i massoni prepotenti d'inferno vanno a perseguitare i religiosi e a disperderli, derisioni contro il nostro santo Pontefice ( Pio X ), giornali pieni di nefandità le più spudorate, la licenza di costumi, vera corruzione diabolica. E che bene possiamo aspettarci da Dio altissimo per tutta questa roba? Il flagello, questi terribili avvenimenti prevenuti dal SS.mo Crocifisso la sera del 21 febbraio 1914". Gesù gli chiede: "Leopoldo, in questi tempi di guerra stammi vicino più che tu puoi! Con la mente abbandona ogni tumulto del mondo: odi la mia voce sola!" ( 8 agosto 1914 ). Leopoldo intensifica la sua preghiera, la sua adorazione al Crocifisso e davanti al Tabernacolo: una continua offerta di riparazione e di intercessione per tutti, per la conversione del mondo, per le famiglie, per i soldati al fronte, per la pace. Sempre, per la santificazione dei sacerdoti e dei religiosi, per il trionfo di Gesù Crocifisso su tutti gli errori. "Mio amato Gesù, - scrive il 2 settembre 1914 - ci addolora vedere i tuoi figli snaturati dare la caccia spietata all'amabile santissimo tuo Nome, con mille insulti di ogni colore; e Tu permetti, per misericordia tua, la guerra terribile per colpa nostra ... Siamo mille volte colpevoli! Gli insulti più spudorati e nefandi ogni dì, ogni ora vengono fatti a Te, mio Dio amabilissimo, mia salvezza e mia gloria. Gesù, salva queste anime che muoiono a migliaia! Nemmeno una vada perduta! Ricordati, mio Dio, mio Gesù, della tua dolorosa passione, che soffristi la morte di croce per noi, per la salvezza nostra. Mio Salvatore santissimo, abbi pietà di noi, salvaci tutti!". Gesù gli risponde: "Fin quando il mondo non si avvicina alla mia Croce, non ci sarà mai pace" ( 2 sett. 1914 ). "Francia scandalosa, pagherai cara la sorte che ti sei meritata! Fa' tesoro, abbandona il mondo, ma sii fedele a Dio e al suo Vicario, e sarai benedetta" ( 7 sett. 1914 ). "Che cosa vale la mia passione, se molti non mi vogliono più, mi negano e spingono altri ad insultarmi e bestemmiarmi? Non l'ho voluto Io il flagello, ma sono gli uomini! Sei ancora tu, Leopoldo, che mi vuoi bene e che mi fai compagnia" ( 12 ott.1914 ). L'Italia, per quei mesi, è rimasta neutrale, ma il clima è rovente mentre si sta preparando il suo triste ingresso nella guerra. "Ah, l'Italia, l'Italia!", si lamenta Gesù, "C'è da piangere, c'è da piangere" ( 29 nov. 1914 ). "Verrà grande flagello, distruggendo parte dell'Italia". "Tutto va in rovina, Leopoldo, tutto va in rovina" ( 2 dic. 1914 ). "Anche l'Italia, per la sua parte, ha grande colpa. Preparati a grande sventura" ( 18 dic. 1914 ). "Per i peccati commessi dagli uomini, gli uomini si puniscono da se stessi" ( 18 gen. 1915 ). Il 24 maggio 1915, anche l'Italia entra in guerra: contro l'Austria, a fianco di Francia e Inghilterra. Sarà una carneficina. Iniziano anni terribili, carichi di azioni d'armi, di lutti a non finire, di miseria nelle città e nelle campagne, con la diffusione di odio e di violenza. Fra Leopoldo moltiplica la sua preghiera e la sua offerta: "Mio amato Gesù, salva le anime dei poveri soldati uccisi in questa terribile guerra, e da' presto la pace". Gesù lo istruisce: "La pace verrà quando l'uomo mi glorificherà". "Vedi quanti sacerdoti Io ho mossi in questa guerra. Di' loro un po' che studino il perché". "Di' ai Vescovi che siano più solleciti, diligenti insieme con i parroci, a interessarsi della gioventù, a nulla trascurare" ( 28 maggio 1915 ). "Gesù, - domanda Leopoldo - di molta durata è il flagello?". "Sì, lungo e miserando!", risponde Gesù ( 11 sett. 1915 ). Stupisce a leggere questi colloqui divini; ma Leopoldo appare ricco di una singolare lucidità, così da poter illuminare chi lo avvicina e da tracciare le linee d'azione per gli stessi Uomini di Chiesa: una forte presenza di Vangelo e di carità in mezzo ai soldati, alle famiglie, alla gioventù, un nuovo più intenso impegno di formazione cristiana dei ragazzi e dei giovani, per rispondere alle nuove gravi urgenze del tempo, per iniziare, innalzando il Crocifisso, un mondo a sua immagine. Di singolare attualità, oggi. Un frate " mobilitato Leopoldo ha ormai 65 anni. È un uomo anziano, preso spesso dal "batticuore", che con il passare degli anni diventa sempre più fragile, ma anche sempre più luminoso. Non si accontenta di essere un buon religioso, fedele alla regola, ma pur stando nella pace del suo convento, è anche lui "mobilitato": "in trincea", in "prima linea" con la preghiera, il Rosario alla Madonna, con l'adorazione a Gesù Crocifisso ed Eucaristico, con l'offerta vittimale della sua esistenza per il Regno di Dio. Per chi ha fede, la fede che sposta le montagne, della quale parla Gesù, preghiera e offerta muovono il mondo e spalancano l'eternità, così che ogni amico di Gesù, unito a Lui e alla Madonna santissima, può essere non solo "orans, sed imperans". Non solo prega, ma "comanda" al cuore di Dio. Ma Leopoldo non si ferma lì. Attorno a lui, già pochi anni dopo che era entrato in convento, avevano cominciato a ruotare numerosi laici, assetati di luce e di preghiera. Ora ci sono fratel Teodoreto, i giovani dell'Unione del Crocifisso e tutti gli "adoratori del Crocifisso". C'e un movimento d'anime, impressionante, intorno a lui, che è andato via via crescendo da quando si era fatto frate. Ormai moltissimi sanno dei doni singolari, di cui Dio lo ha arricchito e lo riconoscono come vero uomo di Dio. Infuria la guerra. Troppe famiglie sono sconvolte dall'ansia per i figli al fronte. Spesso non si sanno più notizie di loro. Ci sono innumerevoli lutti. Genitori o spose angosciate si rivolgono a lui a decine, a centinaia, a chiedere preghiere e notizie dei loro cari in estremo pericolo. Fra Leopoldo accoglie e ascolta tutti. O risponde per lettera, sempre assicurando preghiere su preghiere, lui che ha il filo diretto con Gesù. Succedono piccoli miracoli. Giovani "dispersi", fanno sapere quasi subito loro notizie rassicuranti. Soldati, finiti nei pericoli più gravi in battaglia, ne escono salvi. Numerose famiglie sono consolate. Lo testimonia il volume 5° del suo "Diario", intitolato Lettere e biglietti che raccoglie la corrispondenza del piccolo frate, che è giunta sino a noi, scritta in un linguaggio semplice, essenziale, ricchissimo di fede e di amore a Gesù Crocifisso. Leopoldo richiama tutti all'adorazione al Crocifisso e le preghiere sono esaudite. Chi ha la disgrazia di perdere una persona cara, al fronte o per malattia, è da lui consolato e trasformato con la parola - "i detti" - di Gesù Crocifisso. Ne succede il miracolo di intere vite trasformate da Gesù, in novità e santità. Egli stesso è in corrispondenza con numerosi soldati in guerra. Lui non ha neppure i soldi per procurarsi i francobolli e rispondere, ma interviene la Provvidenza: "Sono militari che scrivono - racconta in una lettera - e non pensano di mettermi il francobollo: quelli avuti dalle pie signore li ho tutti esauriti, ma la divina Provvidenza viene in mio soccorso. Non è per me, è per consolare, nel Signore, povere famiglie che piangono lacrime di sangue per la sorte terribile toccata ai loro figli senza più speranza di vederli " ( 19 agosto 1916 ). Il 24 ottobre 1916, Leopoldo scrive: " Quando ricevo lettere dai soldati, cari giovani che credono nel Signore, è la grazia più bella che Dio possa concedermi in terra. Ora ne ho più di 180; a più di cento mi resta ancora da rispondere, avendo il tempo così breve, devo contare persino i minuti ". Nella medesima lettera: " Siamo in momenti terribili! L'uomo vuol fare senza Dio, e il Signore si allontana; la bestemmia, la malafede, il disprezzo delle cose sante, gli insulti alla Madonna, la gran Madre di Dio, fanno ribrezzo, le chiese deserte fanno compassione; povera umanità! ". Il 17 marzo 1917, Leopoldo scriveva: " Unico sostegno nei momenti più difficili Gesù Crocifisso! Di più di 200 soldati miei raccomandati al Dio delle misericordie finora nemmeno un morto, un ferito leggermente! Tutti graziati mirabilmente e si vede apertamente la protezione del Signore. Vi sono di questi miei cari soldati che il Signore ha voluto indirizzarmi con il mezzo di scritti; dal racconto di quei giovani in cui risplendono la fede, l'amore a Dio, la sua protezione visibile, si può prendere il soprannaturale con le mani; e ci fosse un po' più di fede, non vi sarebbe neanche la guerra, e se potessi narrare tutta la bontà e la misericordia del Signore, ci sarebbe da riempire più volumi ". Dunque la guerra 1915-18 lo ha coinvolto in pieno, come e più di quanto abbia coinvolto Dio solo sa quanti sacerdoti e religiosi, mobilitati dalla carità teologale verso i fratelli. Artefice di preghiera, di espiazione, di riparazione, di pace. Il " fiore "coltivato Gesù continua a istruirlo e a parlare al suo cuore, in un'intimità profonda, sempre più intensa: un vero "cor ad cor" con Lui. Leopoldo cresce in santità e fecondità di vita e di apostolato. La "storia d'amore" con Gesù diventa sempre più bella e affascinante. Non ne citiamo più, ma rimandiamo alla lettura dei volumi dei diari. Ora Gesù prepara Leopoldo all'incontro definitivo con Lui, eppure è ancora così attivo, sempre in prima linea, pur rimanendo al suo posto umilissimo di frate cuciniere, così che esteriormente potremmo sempre chiamarlo "fra Marmitta" o, più delicatamente, "fra Pappina". Eppure, a lui si rivolgono i grandi della terra a chiedere consiglio e preghiere. Citiamo solo due nomi illustri: P. Agostino Gemelli, il francescano minore, dello stesso Ordine di Leopoldo, mentre si sta preparando alla fondazione dell'Università Cattolica di Milano. E lo stesso Papa Benedetto XV, il quale informatissimo sul piccolo frate di Torino, gli scrive ... Da parte sua, fra Leopoldo rimane sempre di più umile, quasi vorrebbe scomparire, ma continua a avere una somma cura per il "fiore" che è nato da lui, o meglio, dalla voce di Gesù Crocifisso: l'Unione Catechisti. Nel tempo durissimo della guerra, egli continua a coltivare con grande premura questo "fiore" affinché diventi sempre più bello e più grande. Ha cura che "il regolamento" redatto da Fratel Teodoreto per i Catechisti, indichi davvero loro la via per farsi santi, per svelare al mondo il volto di Gesù, la Verità e l'amore di Gesù. Fratel Teodoreto lo interpella continuamente. Leopoldo traccia il cammino, sino all'ultimo giorno: è Gesù che parla per mezzo di lui. Quando si tratta del "Regolamento", il 4 giugno 1917, Leopoldo annota: "Risposta alle domande per le quali il Fratello prof. Teodoreto mi disse di pregare Gesù: "Segna così: Gesù Crocifisso è più forte di tutto l'inferno e di tutti i framassoni" ". Dunque l'Unione dovrà vivere e svilupparsi per conoscere, difendere e diffondere la Verità del Credo Cattolico, in una parola "Gesù e Lui Crocifisso", il Medesimo avversato e combattuto dai modernisti e, proprio dai massoni, i quali vorrebbero dissolvere Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, l'unico Salvatore del mondo dall'alto della sua croce, nei valori umani. Ma questo non passerà. I giovani dell'Unione saranno pertanto fedelissimi alla preghiera, all'istruzione religiosa, al catechismo, alla Confessione frequente e regolare, alla S. Messa-Comunione quotidiana, al Rosario alla Madonna e, ovviamente, alla "Divozione", adorazione al Crocifisso, come stile di vita. Andranno anche nelle parrocchie, ogni giorno, a gruppi di 3/4 ad accostarsi alla Comunione: ne verrà una singolare irradiazione di luce e di verità. Racconta Leopoldo: "Mentre pregavo per il giovane Serra che il Signore l'avesse preservato da ogni male al fine di farlo un altro S. Luigi, esemplare ai nostri confratelli della Pia Unione del SS.mo Crocifisso, Gesù, bontà infinita mi dette per risposta: "Tu infervoralo, Io con la mia grazia lo santifico. E così sia per tutti i buoni e carissimi nel Signore, giovani della Pia Unione, esemplari al mondo, e questo si chiama il mestiere del santi! " ( 6 giugno 1917 ). "Ai nostri tempi, il nostro SS.mo Redentore del genere umano, Gesù Crocifisso, non lo vogliono più: qua e là scandali vergognosi, ma il mondo non sa che Gesù è il Dio delle divine misericordie infinite! La pia Unione diventerà grande e nel nome santo di Dio, Gesù Crocifisso trionferà e risuonerà da tutte le parti del mondo il Nome santo di Dio; e questo salverà e sanerà, per misericordia sua, la povera umanità deviata" ( 26 giugno 1917 ). Gesù, per mezzo di Leopoldo, rivela un amore grandissimo all'Unione Catechisti, e lui annota: "Gesù mi disse; "Guai a chi tocca questi figlioli da me educati" - mi significò della Pia Unione" ( 12 luglio 1917 ). "La pia Unione diventerà tanto rigogliosa, durerà sino alla fine del mondo" ( 24 dic. 1917 ). "Nell'albero divino di soave misericordia di Dio, per mezzo della Pia Unione, dei giovani del SS.mo Crocifisso, degli zelatori, delle pie zelatrici e degli adoratori delle SS.me Piaghe, vi sono e saranno tanti tronchi che estenderanno i loro rami rapidamente per tutto il mondo, affinché l'adorabile croce, circondata dalla divinità di Gesù Crocifisso, ritorni come nei tempi dei primi cristiani e splenda divinamente il SS.mo Nome di Gesù Crocifisso per tutto il mondo" ( 21 gen. 1918 ). "La pia Unione dev'essere un cuore solo con Gesù Crocifisso e insieme con Gesù, con la sua SS.ma Madre, Maria Vergine!" ( 24 gen. 1918 ). "La pia Unione deve basarsi sopra questi scritti e coloro che li osserveranno saranno i miei veri figli"; Gesù Crocifisso" ( 1° febb. 1918 ). " I Catechisti tirano a Me la gioventù, Io tiro loro al mio divin Cuore ( 8 febb. 1918 ) ". Potremmo continuare a lungo. Davvero Gesù Crocifisso è il Maestro e l'Educatore di questi "figli prediletti", per mezzo di Leopoldo, fino all'ultima sua ora. Occorre andare da Lui per attingere luce e amore, senza confini. Anno terribile Eppure il tempo in cui fra Leopoldo annota queste parole del Crocifisso, è un tempo terribile, non solo per la guerra che continua implacabile, nonostante gli sforzi di pacificazione di Papa Benedetto XV, del giovane imperatore d'Austria Carlo d'Asburgo ( oggi "beato" ) e di tanti uomini di buona volontà. In estate 1917, in Italia, anche a Torino, per opera soprattutto dei socialisti, scoppiano insurrezioni motivate anche dalle privazioni della guerra, ma volte al sovvertimento di tutto. Leopoldo ne soffre terribilmente. Così ne scrive in una lettera della fine agosto 1917: "Riguardo alla rivoluzione, scoppiò pure qui il giorno 23 agosto: a mezzanotte, un gran rumore per la via Pietro Micca mi svegliò. Mi portai alla finestra: era il finimondo. Vennero a suonare il campanello, ma poi tirarono avanti; dove passavano, facevano da popolo barbaro: insegne, lampioni, tutti andarono in frantumi. La rivoluzione incominciò in tre punti; S. Bernardino ( borgo S. Paolo ), barriera di Milano, e via Pietro Micca, ma la più danneggiata fu S. Bernardino. Si vede che i socialisti erano preparati a tutto: assalirono da tre parti la Chiesa e il convento e tutto distrussero. Ciò che addolora e che non fecero in tempo a salvare il SS.mo Sacramento, profanarono in modo orribile i sacri vasi e le Sacre Ostie. Fra le molte donne cattive, una ha avuto il coraggio di gettare giù la Madonna e le tagliò la testa; le statue di S. Antonio e di S. Bernardino andarono distrutte dalle fiamme con i banchi e tutto ciò che trovarono in convento. Tavoli, tavolini e tutto quanto capitò per mano, tutto bruciarono; il cuoco in quel momento era in cantina, non sapendo di che cosa si trattasse, andò in cucina e trovò minestra e stoviglie tutto versato, tutto rotto". Insomma, una cosa mai vista, una devastazione orribile, in odio alla fede e alla vita religiosa. Fra Leopoldo continua: "Fortuna che metà del convento era occupato dai soldati e quando i frati seppero di essere cercati a morte per essere bruciati vivi in mezzo alla piazza, Dio di bontà ha permesso che si rifugiassero in mezzo ai buoni soldati e là trovarono l'arca di salvezza travestiti da militari ... Alle ore due dopo mezzanotte, i frati entrarono in automobile chiuso e furono condotti dai militari al quartiere della Cernaia, dove passarono il rimanente della notte. Alle ore dieci del mattino, furono condotti di nuovo in automobile a S. Antonio, in via S. Quintino, perché i socialisti li volevano a morte; spararono infatti pochi colpi contro il convento di S. Antonio, ma ben presto fu dall'autorità ordinato ai militari di proteggere il convento". Fra Leopoldo vede, soffre e prega. Adora il Crocifisso e intercede per tutti, in primo luogo per l'Italia in guerra e percorsa da violenti fremiti di rivoluzione "rossa". Davvero il "flagello" minacciato da Gesù a chi non si converte si è abbattuto con severità. Leopoldo sa che lo stornerà solo con la preghiera, la penitenza e la santità della vita: da parte sua, dei Catechisti dell'Unione, degli adoratori del Crocifisso. Il 1° agosto 1917, il S. Padre Benedetto XV, con una "Nota" alle nazioni belligeranti ha definito la guerra in corso "un'inutile strage" e ne ha chiesto la conclusione immediata. Inascoltato. Gesù rivela a Leopoldo che "il flagello sarà ancora lungo". Il 24 ottobre 1917, è la disfatta di Caporetto. Nei medesimi giorni, in Russia i comunisti si impadroniscono del potere con "la rivoluzione d'ottobre". Fra Leopoldo annota da par suo: " La Vergine santa mi disse: "Scrivi a caratteri grandi: Io ti aiuto, poiché essi sacerdoti hanno messo in disprezzo il mio amore" ". E sulla guerra e il generale dissesto del mondo: "La mestizia del mio divin Figlio è perché gli uomini non vogliono riconoscere il flagello che viene da Dio; e la guerra continuerà ancora" ( 26 nov. 1917 ). Ma questa non è l'ultima parola. Infatti, dice Gesù: "Dopo il flagello, riconosceranno il trionfo della Croce" ( 7 febb. 1918 ). Nel 1918 si comincia, un po' alla volta, a intravedere che la guerra volge al termine, ma fra Leopoldo, il 30 settembre 1918, scrive in una lettera, lucido come sempre, perché Dio stesso parla al suo cuore: "Molte signore non rientrano a Torino, stante la spaventosa epidemia che incomincia a dilatarsi. Essa sta dando la morte a centinaia di persone al giorno, solo tra i civili; sabato scorso, in un ospedale militare furono colpiti 40 poveri giovani. Il flagello della guerra non ha giovato, eccone un secondo e questo ci impressiona, giacché vuol dire che in tre giorni per detto fatto bisogna già avere tutto pronto per l'eternità ... Verrà la pace, se così vuole Iddio, ma Gesù è molto scontento del suo popolo, perché non vogliono più Dio e nelle officine si divertono a bestemmiarlo con Maria SS.ma nostri adorati tesori. Intrighi e misfatti di ogni colore, le chiese deserte, il vizio impudico e ogni male trionfano per le vie. Gli uomini stessi, civili e militari, sono impensieriti di questi disgraziati tempi che attraversiamo: c'è proprio bisogno di ritornare a Dio con la preghiera e con le buone opere". È "la spagnola", la terribile influenza che comincia e che dilagherà per tutto il 1919, con migliaia di morti, oltre quelli, già troppo numerosi della guerra. Ma fra Leopoldo - e con lui fratel Teodoreto - non si scoraggia: Gesù continua a segnare la via: per loro, per l'Unione Catechisti, per gli adoratori. Anzi ora, Gesù sta per avviare, nel silenzio e nelle contraddizioni, un'altra grande opera. Una scuola per Gesù Finalmente la guerra finisce con l'armistizio del 4 novembre 1918. È la vittoria dell'Italia, della Francia e dell'Inghilterra e degli Stati Uniti e il crollo dell'Impero austro-ungarico, della Germania, dell'impero degli zar in Russia ( l'anno prima, con la conquista del potere da parte dei comunisti ), e dell'impero ottomano. La massoneria ha fatto la sua parte, soprattutto per la fine di quanto c'era ancora di cristiano, negli Stati d'Europa. Vittoria? Sconfitta? In fondo è un disastro per tutti, dalle conseguenze inenarrabili. A partire dal 1919, fino quasi alla fine del 1920, in Italia, in primo luogo in una grande città "operaia" come Torino, è la rivoluzione da parte dei socialcomunisti che cavalcano il malcontento e la miseria lasciati dalla guerra, in innumerevoli ex-soldati, ora lavoratori, per sovvertire ogni cosa. Alle elezioni del novembre 1919, entrano in campo "i popolari" di don Sturzo con un peso notevole; si rafforzano i socialisti, riformisti e soprattutto massimalisti, arretra la classe politica liberale, giudicata responsabile della guerra. In Italia dilaga la rivolta, la violenza, il caos. In una parola è ancora una volta "la questione sociale" che dev'essere risolta. Ciò è possibile soltanto alla luce della dottrina sociale della Chiesa, come Leone XIII l'aveva delineata nella Rerum Novarum ( 1891 ) alla luce di Gesù, soluzione di ogni problema, nel tempo e nell'eternità. Scrive fratel Teodoreto delle Scuole Cristiane: "Molto sangue fraterno fu sparso e tinse anche alcune vie di Torino, nel 1919-20, senza che le ingannate masse operaie trovassero finalmente la via buona. Si sentiva da tutti i migliori, come si sente ancora oggi, la necessità di educare operai e dirigenti ai principi del Santo Vangelo e alle regole sociali emanate dai Sommi Pontefici" ( Nell'intimità del Crocifisso, cit. p. 159 ). Il 13 marzo 1919, viene mandato come direttore della Comunità dei Fratelli delle Scuole Cristiane di via delle Rosine, 14 a Torino, il Fratel Isidoro di Maria. Conosce assai bene l'organizzazione delle Scuole professionali istituite dai Fratelli in Francia e in Belgio e desidera aprirne una anche a Torino. Si muove con impegno per farlo, ma il fervore per l'esecuzione di tale progetto grandioso, è trattenuto dai superiori privi, per il momento, di insegnanti e di mezzi finanziari. Ma interviene Gesù in persona. " Lunedì 24 novembre 1919 - annota fra Leopoldo - alle 9, 30 di sera, nella santa adorazione al SS. Crocifisso, quando incominciai l'adorazione alla Piaga della Mano sinistra, Gesù disse: "Per salvare le anime, per formare nuove generazioni si devono aprire Case di Carità per far imparare ai giovani Arti e Mestieri " ". Di nuovo il 2 dicembre 1919: "Oramai è tempo che manifesti la mia volontà: voglio una Scuola Casa di Carità Arti e Mestieri". Fra Leopoldo fa leggere questi detti di Gesù all'ing. Rodolfo Sella, uno degli zelatori più ardenti della "divozione a Gesù Crocifisso", e a fratel Teodoreto. L'ing. Sella forma subito un comitato dei principali signori cattolici della città di Torino - tra i quali se stesso e il figlio avvocato Riccardo - per dare inizio a questa istituzione. Proprio in quell'inizio di dicembre 1919 giunge da Roma il superiore fratel Candido, al quale fratel Teodoreto fa leggere la proposta di Gesù a fra Leopoldo riguardo alla fondazione della Casa di Carità. In una successiva riunione, l'idea viene approvata. L'ing. Sella allora si attiva ancora di più, anche perché conosce i nuovi inviti di Gesù a fra Leopoldo: "Tutto l'andamento delle Case di Carità che si edificheranno, splenda cristianamente e cattolicamente" ( 27 dic. 1919 ). "Di' loro che si sbrighino e non aspettino che tutto vada in sfacelo" ( 31 dic. 1919 ). Maria SS.ma dice a Fra Leopoldo: "Anch'io voglio essere la Protettrice della grande opera Casa di Carità Arti e Mestieri" ( 6 genn. 1920 ). Seguono altre riunioni del comitato costituito dal Sella, ma manca "un piano tecnico che indichi il fabbisogno didattico della scuola, sul quale poter calcolare le spese occorrenti; manca una persona che lo possa provvedere". Il 31 gennaio 1920, l'ing. Filippo De Matteis ha occasione di passare al convento di S. Tommaso, dove incontra fra Leopoldo che lo informa della fondazione del suddetto "comitato". Subito De Matteis chiede di far parte del comitato, mettendo a disposizione la sua enorme competenza di docente di tecnologia meccanica al Politecnico. Così il 5 febbraio 1920 viene formata una commissione da Sella, De Matteis e il direttore fratel Isidoro, cui si aggiunge lo stesso fratel Teodoreto, per studiare concretamente ogni cosa. Ora davvero si pensa, in modo reale, a fondare una scuola: una scuola che serva a dare formazione cristiana e competenza professionale a numerosi giovani. Una scuola per la gloria di Gesù. Gesù interviene Dice Gesù a fra Leopoldo: "Dunque si procuri di avere un buon indirizzo per la grande opera della Casa di Carità" ( 10 genn. 1920 ). Mentre continuavo a fare la santa adorazione, Gesù mi disse: "Essere Lui, Gesù SS.mo, l'indirizzo della santa opera". Io gli dico: "Mio buon Gesù, vuoi proprio essere tu il protettore?". Gesù SS.mo disse queste parole precise: "Io debellerò tutti gli artifici diabolici e di gente malvagia che le faranno contro" ( 10 gen. 1920 ). Ancora Gesù: "Per l'Opera nessuno deve rifiutarsi a costo di fare un sacrificio e il sacrificio che faranno sarà sempre poco in confronto del bene che ne verrà" ( 30 gen. 1920 ) "Fra poco la Casa di Carità Arti e mestieri prenderà uno sviluppo da far meravigliare" ( 31 genn. 1920 ). Seguono numerose riunioni, progetti, propositi di realizzazione. Non si mira a un ramo solo di scuola, ma a diversi rami, che per lo sviluppo contemporaneo dell'industria, possono attrarre la gioventù e assicurare loro lavoro. Si cerca un locale, che possa ospitare davvero un grande progetto ... Quindi dilaga un clima di sfiducia: si riuscirà a portare avanti un'opera così grandiosa? "Sono mesto, molto mesto - dice Gesù a Leopoldo - se non vogliono venire al punto di farsi prendere la vita si facciano cura premurosa di aprire le Case di Carità Arti e Mestieri; si deve più che mai parlare ai Vescovi di questa cosa in ogni città; inculcare ai ricchi di profondere le loro ricchezze a questo scopo e non aspettare di pagare con il pericolo della loro esistenza e con la morte immatura" ( 4 aprile 1920 ). Il 7 maggio 1920 De Matteis si reca da Leopoldo a dirgli: "Tutto è deciso: la settimana ventura si dà mano all'opera per prepararla per il mese di ottobre; io poi mi do anima e corpo a questo lavoro". Gesù "stranamente" dice a Leopoldo, lo stesso giorno: "Preparati al sacrificio della tua morte" - "Sì, mio buon Gesù SS.mo, tutto come Tu vuoi". - "Fa' coraggio, Io sono con te. Devi scrivere ancora un po'. La tua morte sarà quella del giusto". Il 3 giugno 1920, anche fra Leopoldo, sebbene a malincuore, partecipa a una riunione per la fondazione della Casa di Carità a Torino. Si riconferma l'idea di cominciare per i primi giorni d'ottobre, all'inizio, dunque, dell'anno scolastico. È il giorno del Corpus Domini, quel 3 giugno e Leopoldo commenta nel suo diario: "Oh, che bella giornata d'oro scelta per un'opera tanto grande e tanto cristiana! Tutto per la gloria di Dio: venga presto, Signore, il tuo Regno santissimo a innaffiare questa povera terra di peccati, a ridonarla alle più soavi virtù tue ineffabili, perché vogliamo vivere solo per Te, mio Gesù nostro SS.mo Dio". Si stabilisce, nei giorni successivi di iniziare le pratiche per avere l'uso della chiesa di S. Pelagia e in affitto, per la Casa di Carità, i locali attigui. Gesù dice a Leopoldo: "Siano tutti in cordiale accordo, tanto i figli della Casa di Carità quanto la pia Unione del SS.mo Crocifisso" ( 6 luglio 1920 ). Gesù precisa: "Questa Casa di Carità andrà avanti come voglio Io? Non vorrei, con il tempo, molto avanti che vi si speculasse sopra. Non è per arricchire nessuno, ma per le anime redente con il mio preziosissimo Sangue. In fine, è la mia misericordia divina che vuole così. In primo luogo ricordino l'accettazione dei figli poveri" ( 23 luglio 1920 ). Qualche giorno dopo: "Fra Leopoldo - avverte Gesù - faremo una cosa che farà strabiliare il mondo: ci vorrà tempo, fatiche e ci saranno anche intrighi che non fanno per noi. Chi fa tutto è Gesù" ( 30 luglio 1920 ). Casa di Carità? Attorno all'umile frate di S. Tommaso, c'e sempre, in questi giorni del 1920, un gran movimento di uomini illustri, che si ispirano a lui ricevendone consiglio e luce, che si impegnano a dare inizio alla scuola da Gesù proposta per Torino e per altrove: i già citati ingegneri Sella e De Matteis, il Conte Emiliano Avogadro di Collobiano, il Conte Arborio Mella ... il Canonico Capitani, che è un avvocato ... Ma soprattutto c'è Gesù che continua a rivelarsi a lui in un'intimità straordinaria: intimità che gli fa superare ogni difficoltà, anche le più grandi. Il settembre 1920, a Torino, è rovente: vengono occupate le fabbriche dai socialcomunisti e sui tetti della FIAT sventola bandiera rossa. C'e da aver paura, ma Gesù non teme nulla. Il 18 ottobre 1920, nei locali preparati durante l'estate, si apre la scuola con corsi diurni e serali: 60 allievi di giorno, 70 alla sera. L'insegnamento in parte viene affidato ai Catechisti del SS.mo Crocifisso. La disciplina e la serietà del piano di studi lasciano prevedere fin dal primo anno un ottimo avvenire all'opera. Si sente presto la necessità di estendere l'Opera e si tratta per avere i locali dell'albergo Castelvecchio. Gesù spiega che la scuola deve chiamarsi "Casa di Carità" in quanto la carità teologale, intesa come Gesù che continua a vivere e a amare e a irradiare attraverso docenti, istruttori, animatori, allievi, dovrà essere al centro di tutto. Ma questo titolo, espresso negli scritti di Leopoldo, viene compreso solo in parte. Gesù dice: "Non vorrei che la Casa di Carità venisse ostacolata per opera d'uomo" ( 27 ottobre 1920 ). Il 7 e l'8 novembre 1920, si svolgono a Torino le elezioni amministrative per il Comune. I socialcomunisti sono sicuri di vincere. Anzi hanno già assicurato che innalzeranno la bandiera rossa anche sul convento di S. Tommaso, ma Leopoldo sa direttamente da Gesù, che non vinceranno. La sera dell'8 novembre, giungono da Leopoldo, fratel Teodoreto e fratel Isidoro, direttore delle scuole di S. Pelagia, a domandargli: "Che faremo ora, riguardo alle nostre opere, ora che i socialisti hanno vinto?". Leopoldo risponde: "Gesù mi ha assicurato la vittoria". Martedì 9 novembre 1920, si apprende che hanno vinto i popolari di don Sturzo! Dunque l'amministrazione civica della città è in grado di favorire l'orientamento cristiano-cattolico delle istituzioni, scuola compresa. Il 17 dicembre 1920, nel verbale dell'adunanza del Consiglio di Amministrazione viene scritto: "Si stabilisce di chiamare la scuola Istituto di Arti e Mestieri". E la carità? C'è il rischio di dimenticarla! Il 17 febbraio 1921, Leopoldo sente da Gesù Crocifisso: "Concedo alla loro mano tutto ciò che abbisognano per portare avanti la scuola della Casa di Carità Arti e Mestieri, ma si ricordino sempre di domandare la carità". Esaminati gli scritti del frate, ormai settantenne, il 4 marzo 1921, si propone la nuova denominazione dell'opera "sorta per volere di Dio, come ci venne partecipato da un religioso laico francescano che è in comunicazione con il Signore, il quale l'ha appunto così denominata". Viene anche affermato lo stretto nesso tra l'Unione Catechisti e le Scuole. La proposta incontra numerose opposizioni ... Gesù raccomanda a Leopoldo : "Di' loro che Io non voglio un'opera umana. Voglio un'Opera divina; e un andamento, nella Casa di Carità, secondo il mio Cuore" ( 10 marzo 1921 ). Ancora: "Se stanno ai detti che sono preparati, tutto andrà bene; ma se vogliono fare diversamente, si lamenteranno dopo. Tutto è compreso, Scuole, Arti e Mestieri: da quelli che vogliono offrire denaro, lo prendano pure, non a scopo di paga, ma di carità" ( 28 aprile 1921 ). Che nome dunque dare all'Opera ormai nata? Seguono discussioni su discussioni. Leopoldo insiste che essa è opera di Dio e come tale dovrà avere il nome da Lui proposto ed essere animata dalla carità, cioè dal Cristo che ama, serve, irradia nelle anime, a cominciare da quelle giovanili che vi verranno. Così contrastato, fra Leopoldo ne soffre moltissimo; i più gravi dispiaceri, ormai che si avvicina al tramonto della sua vita. " Fa' coraggio! " Racconta a pag. 273 del IV volume del suo diario: "Il mio buon Padre Guardiano, P. Vittorio De Laurenti da Feletto, mi chiamò a sé e mi disse: "Dica un po': vanno certuni sparlando di lei! Avrei bisogno di sapere come sono queste cose: nel caso per poterla difendere. È vero che lei vuol dare il nome di "carità" arti e mestieri, alle scuole dirette dai Fratelli delle Scuole Cristiane?" "Ma, Padre Guardiano, io non ho che eseguito il volere di Dio, Gesù Crocifisso!" "Ma Lei poteva dirlo in modo da non dire che è nostro Signore!" "Padre Guardiano, se è così, è la volontà di Dio!". Continua, spiegandosi bene, fra Leopoldo: "Nei quaderni antecedenti, più volte Gesù disse che sarebbe caduta in avvenire su di me, che io non sapevo, ora capisco che è giunto il tempo delle persecuzioni contro di me, come un vero vespaio! Pazienza, verso di me: Sono peccatore, mi merito molto di più di quello che vanno spargendo, ma ciò che più mi addolora è che non vogliono credere che è il volere di Dio di dare il nome di "carità" e qualcuno uscì con termini poco rispettosi contro il SS.mo Nome di Dio, Gesù Crocifisso mio amabilissimo amore e mio tutto". Quindi insiste sul nome "Casa di Carità". Le opposizioni lo fanno soffrire assai perché considera tale nome come programma e mezzo per mantenere all'istituzione il carattere soprannaturale da cui non deve mai allontanarsi. Il 27 febbraio 1921, scrive al direttore fratel Isidoro: " Con mio gran rincrescimento devo farle noto il detto del Signore ove dice: "Non vorrei che la Casa di Carità Arti e Mestieri venisse ostacolata per opera d'uomo". Ora si presenta tanta difficoltà per un nome sì minimo e umile. Non dare il nome come vuole il Signore è disconoscere l'opera di Dio. Il non conformarsi ai voleri di Dio è allontanare dalla Casa la sua benedizione e in tale mancanza come e che cosa faremo noi?". Ne consegue che uno dei consiglieri si reca dal P. Provinciale e dal P. Guardiano superiori di fra Leopoldo per indurli a prendere provvedimenti contro di lui. A Leopoldo viene proibito di occuparsi della scuola e di ricevere persone esterne. Così, ha l'impressione che anche fratel Teodoreto, legato a lui da stima e da intensa santissima amicizia, non lo comprenda più. Cosa ovviamente non vera. Leopoldo sopporta ogni cosa con pazienza, soffrendo la sua parte di martirio per amore di Dio. Il 14 dicembre 1921, annota in un biglietto: "O Gesù, perché povero, perché non nobile, perché semplice, tutti mi hanno abbandonato?". "Fa' coraggio, disse Gesù, non siamo due amici?". E lui: "A Te hanno fatto altro che peggio". Incontro a Dio Ora gli resta poco più di un mese di vita. Umile e nascosto così com'era sempre stato, tuttavia il Papa Benedetto XV sapeva di lui, della sua intimità con Gesù Crocifisso. Quando il Papa si incontrava con chi conosceva il frate cuoco di S. Tommaso, chiedeva di lui. Leopoldo gli aveva anche fatto avere in dono una statua della Consolata, della quale il Papa era devotissimo. Nell'estate 1921, Leopoldo era stato a Terruggia, il suo paese natio, e aveva detto che era l'ultima volta. Non nasconde a nessuno il suo tramonto ormai vicino. Al Catechista Giovanni Cesone, a fratel Teodoreto confida: "Quando mi ammalerò in modo da mettermi a letto, sarà per morire". Lo dice in modo sereno e forte, certo di andare a vedere per sempre l'intimo amico della sua vita: Gesù. Il 22 gennaio 1922, a Roma, rapidamente, ancora giovane, muore Papa Benedetto XV, "il suo Papa". In quei giorni, Leopoldo si mette a letto. È molto malato di cuore. Il medico diagnostica polmonite e lascia alcune cure, secondo la medicina del tempo, che Leopoldo giudica inefficaci. Il 26 gennaio, domanda a fra Bernardino: "Che giorno e oggi?". "È giovedì", risponde l'altro. Leopoldo commenta: "Giovedì ... venerdì ... sabato sarò in Paradiso". Riceve Gesù Eucaristico come Viatico per la vita eterna, e l'Olio santo. Vengono i confratelli a visitarlo, fratel Teodoreto e i Catechisti del Crocifisso. Quando vede accanto al suo letto Giovanni Cesone, chiede al P. Vallaro una benedizione speciale per lui e per tutti i Catechisti presenti e futuri. Alle prime ore del venerdì 27 gennaio 1922, in pace, con il sorriso in volto, fra Leopoldo va incontro al suo Signore. L'18 ottobre 1913, aveva annotato nel suo diario la promessa ricevuta da Maria SS.ma: "Nell'ora della tua morte, vengo io a prendere la tua anima. Tu diffondi la divozione dell'Adorazione al mio divin Figlio Crocifisso e io ti aiuto". La neve nella notte tra venerdì e sabato cadde abbondante e continuò per tutta la mattinata del sabato: quando si celebrarono i funerali, era alta più di 30 centimetri. Eppure la gente accorse lo stesso e riempì la chiesa, mormorando all'unanimità: "È morto un santo". Molti vollero accompagnarlo al cimitero, mentre la neve continuava a cadere fitta fitta. Oramai fra Leopoldo è diventato un intercessore in Cielo. Il 26 aprile 1948, la sua salma è traslata dal cimitero nel santuario di Nostra Signora del Sacro Cuore, presso il convento di S. Tommaso, là dove fra Leopoldo aveva trascorse lunghe ore in preghiera e adorazione. Tutta la sua opera, l'Unione Catechisti, il movimento adoratori del Crocifisso, la Casa di Carità, avrà un mirabile sviluppo dopo la sua morte. Lui era stato l'ispiratore, a nome del Crocifisso stesso, e il seme fecondo di tutto. Di questo è stato scritto e si scriveva da parte di altri, in primo luogo dal suo continuatore, la biografia, con il titolo: "Nell'intimità del Crocifisso"'. Un titolo che dice tutto. Fra Leopoldo era stato l'intimo amico di Gesù e da Lui si era sentito dire più volte: "Io amo te e tu ami Me", cui il piccolo frate rispondeva: "Io amo Te e Tu ami me". Perché Gesù, sì, ha bisogno di discepoli, di apostoli, di operatori del Vangelo in ogni campo, dei testimoni della fede, della speranza e della carità, ma soprattutto vuole degli amici, che lo amino alla follia e lo facciano amare perdutamente. Questo era stato fra Leopoldo, questo siamo chiamati a essere innanzitutto ciascuno di noi. Proprio come Gesù gli aveva detto il 14 dicembre 1921: "Fa' coraggio, non siamo noi due amici?" La nostra risposta, come quella di fra Leopoldo, nei 72 anni intensi della sua esistenza, nel mondo e in convento, sarà una sola: "Gesù! A noi due! Tu e io. Io e Tu. Gesù mio".