Vita seconda

Lo spirito di profezia del Beato Francesco

Capitolo I

[614] 27. Il beato padre, come elevato al di sopra delle cose terrene, aveva assoggettato con potere meraviglioso tutto quanto esiste nel mondo.

Tenendo fisso sempre l'occhio della intelligenza in quella somma luce, non solo conosceva per divina rivelazione ciò che doveva fare,

ma prevedeva profeticamente molti fatti,

penetrava i segreti dei cuori,

conosceva ciò che avveniva lontano,

prevedeva e narrava in anticipo il futuro.

Alcuni esempi comprovano quanto affermiamo.

Capitolo II

Smaschera un frate ritenuto santo

[615] 28. Vi era un frate, all'apparenza di grande santità e di vita integerrima però molto singolare.

Si dedicava continuamente alla preghiera, ed osservava con tanto rigore il silenzio che di solito si confessava non a voce, ma con gesti.

Si infiammava alle parole della Scrittura e, dopo l'ascolto, dava segni di una meravigliosa dolcezza interiore.

In breve, era stimato da tutti tre volte santo.

Or avvenne che il beato padre un giorno si recò in quel luogo, vide il fratello e ascoltò quelli che lo proclamavano santo.

E mentre tutti lo magnificavano ed esaltavano: « Basta, fratelli! - esclamò -. Non state a lodarmi delle finzioni diaboliche.

Sappiate con certezza che è tentazione del demonio e perfido inganno.

Ne sono certo e la prova più sicura è che non vuole confessarsi ».

I frati rimasero costernati e particolarmente il vicario del Santo.

« E come, andavano ripetendo, può essere che sotto tanti segni di perfezione vi sia una tale mistificazione? ».

E il Padre di rimando: « Comandategli di confessarsi due o almeno una volta la settimana: se non lo farà, sappiate che ho detto il vero ».

Il vicario lo prese in disparte, dapprima scambiò con lui cordiali e liete parole e finalmente gli ordinò di confessarsi.

Ma quegli rifiutò con sdegno, e ponendosi un dito sulla bocca fece capire col cenno del capo che in nessun modo si sarebbe confessato.

I frati ammutolirono, temendo lo scandalo del falso santo.

Poco tempo dopo uscì spontaneamente dall'Ordine, ritornò alla vita mondana ed al suo vomito, e infine, dopo innumerevoli peccati, morì senza pentimento.

Si deve sempre evitare la singolarità: non è altro che un bel precipizio.

Lo dimostra chiaramente il caso di tanti, amanti della singolarità, che si innalzano al cielo e scendono in fondo all'abisso.

Considera inoltre il valore di una confessione sincera, che non solo è fonte ma anche espressione di santità.

Capitolo III

Caso simile contro la singolarità

[616] 29. Un fatto simile avvenne ad un altro frate, Tommaso da Spoleto.

Tutti credevano fermamente e giuravano che fosse santo, ma il santo padre lo riteneva un uomo perverso; l'apostasia dimostrò alla fine la verità del suo giudizio.

Non durò a lungo, perché non resiste molto una virtù basata sulla frode.

Uscì dall'Ordine ed è morto fuori di esso: ora si è accorto della sua riprovevole condotta.

Capitolo IV

Prevede la disfatta dei cristiani presso Damiata

[617] 30. Al tempo in cui l'esercito cristiano stringeva d'assedio Damiata, era presente anche il Santo con alcuni compagni: avevano attraversato il mare desiderosi del martirio.

Un giorno avuta notizia che i nostri si disponevano a battaglia, si addolorò fortemente e rivolto al compagno disse: « Il Signore mi ha mostrato che, se avverrà oggi lo scontro, andrà male per i cristiani.

Ma se dico questo, sarò creduto pazzo; se taccio, mi rimorde la coscienza.

Cosa ne pensi? ».

« Padre, - rispose il compagno -, non dare importanza al giudizio degli uomini; del resto non sarebbe la prima volta oggi che sei giudicato pazzo.

Libera la tua coscienza e abbi timore di Dio piuttosto che degli uomini ».

Allora il Santo balza fuori e per il loro bene scongiura i cristiani a non dar battaglia, e minaccia la disfatta.

Ma essi presero a scherzo ciò che era verità, indurirono il loro cuore e rifiutarono ogni avvertimento.

Si avanza, si attacca, si combatte e si passa al contrattacco da parte dei nemici.

Durante la battaglia il Santo con l'animo sospeso invita il compagno ad alzarsi e ad osservare; e poiché non vede nulla una prima ed una seconda volta, glielo ordina per la terza volta.

Ed ecco: tutto l'esercito cristiano è in fuga, mettendo fine alla guerra non col trionfo, ma con la vergogna.

I nostri subirono tale disfatta da perdere seimila uomini tra morti e prigionieri.

Il Santo era vinto dalla compassione, né minore era il loro pentimento per l'accaduto.

Soprattutto compiangeva gli Spagnoli, che vedeva ridotti a ben pochi a causa del loro maggiore slancio nel combattere.

Riflettano bene a ciò tutti i principi di questo mondo e sappiano che non è facile combattere contro Dio, cioè contro la volontà divina.

L'ostinazione di solito porta a funesta rovina, perché confidando nelle proprie forze non merita l'aiuto celeste.

Se infatti si deve sperare la vittoria dall'alto bisogna pure attaccare battaglia solo dietro ispirazione divina.

Capitolo V

Scopre i pensieri segreti di un Frate

[618] 31. Il Santo ritornava dai paesi d'Oltremare con un compagno, Leonardo d'Assisi.

Sentendosi stanco morto dal viaggio, montò momentaneamente su un asino.

Il compagno che seguiva a piedi e non era meno stanco, cominciò a borbottare tra sé, preso da un certo risentimento umano: « Non giocavano certo a pari e caffo i genitori di costui ed i miei.

Ecco, lui va a cavallo ed io, a piedi, gli guido l'asino ».

Mentre rimuginava questi pensieri, il Santo balzò da cavallo: « No, non è giusto, fratello - gli dice - che io vada a cavallo e tu a piedi, perché nel mondo sei stato più nobile e importante di me ».

Il frate rimase di stucco e arrossì sentendosi scoperto dal Santo.

Cadde ai suoi piedi: tra lacrime abbondanti gli espose tutto il suo pensiero e chiese perdono.

Capitolo VI

Vede il diavolo sulla schiena di un Frate

Suo atteggiamento contro chi si all'ontana dell'unità dei fratelli

[619] 32. Vi era un altro frate assai stimato dagli uomini, ma ancora più ricco di grazia presso Dio.

Invidioso dei suoi meriti, il padre di ogni invidia pensò di tagliare alle radici l'albero, che sembrava ormai toccare il cielo e strappargli di mano la corona.

Gli gira attorno, lo turba, scuote e vaglia le sue attitudini per trovare un inciampo adatto al frate.

Gli immette così nell'animo il desiderio di isolarsi sotto pretesto di maggiore perfezione, affinché cada più facilmente quando gli piomberà addosso, e trovandosi solo non abbia chi lo sollevi nella caduta.

In breve, si stacca dalla vita religiosa dei fratelli, e se ne va per il mondo forestiero e pellegrino.

Dall'abito che portava ricavò una piccola tonaca, col cappuccio non cucito, e così se ne andava errabondo, disprezzando in tutto se stesso.

Ma mentre andava vagando in questo modo, presto vennero meno le consolazioni divine, ed egli si trovò agitato da tentazioni tempestose: le acque gli arrivavano sino al collo e, desolato nello spirito e nel corpo, era come un uccello che si precipita nella rete.

Già come sull'orlo di una voragine, stava per precipitare nel baratro, quando la Provvidenza paternamente ebbe compassione di lui e rivolse il suo sguardo amoroso all'infelice.

Ammaestrato dalla tribolazione, rientrò finalmente in se stesso e disse: « Ritorna, o misero, alla tua vita religiosa, perché lì è la tua salvezza ».

E senza indugiare un istante, si alzò e si avviò in fretta al grembo materno.

33. Quando giunse a Siena, tra quei frati c'era anche Francesco.

Ma - cosa incredibile! - appena il Santo lo scorse, si allontanò per rinchiudersi con passo frettoloso nella sua cella.

I frati si domandavano turbati il motivo di tale comportamento.

E il Santo disse loro: « Perché vi meravigliate della mia fuga, se non ne comprendete il motivo?

Io ho fatto ricorso alla preghiera per salvare il fratello smarrito.

Ho visto nel mio figlio qualcosa che molto giustamente mi dispiacque.

Ma ormai per grazia del mio Cristo ogni inganno è svanito ».

Il frate si inginocchiò e con rossore confessò la sua colpa.

Gli disse il Santo: « Ti perdoni il Signore; ma in futuro guardati di non separarti mai più, col pretesto della santificazione, dal tuo Ordine e dai fratelli ».

Da quel giorno il frate prese ad amare l'Istituto e la fraternità, preferendo soprattutto quelle comunità in cui era in vigore maggiormente la regolare osservanza.

Oh, quali meraviglie compie il Signore nel consesso e nella comunità dei giusti!

In essa chi è tentato trova aiuto chi cade viene rialzato, il tiepido viene stimolato.

In essa il ferro si aguzza col ferro ed il fratello, con l'aiuto del fratello diviene saldo come una roccaforte.

Inoltre, se è vero che la folla del mondo è di ostacolo a vedere Gesù, è anche certo che non lo impedisce affatto il coro celeste degli angeli.

Soltanto non fuggire: sii fedele sino alla morte e riceverai la corona della vita.

Altro caso simile

[620] 34. Qualche tempo dopo avvenne un fatto non molto diverso.

Un altro frate non voleva ubbidire al vicario del Santo, ma seguiva come suo superiore un confratello.

Il Santo, che era presente, lo ammonì per mezzo di una terza persona, ed egli si gettò ai piedi del vicario e, lasciato il maestro che si era scelto, promise obbedienza a colui che il Santo gli assegnò come superiore.

Francesco trasse un profondo sospiro, e rivolto al compagno, che aveva mandato per avvisarlo: « Ho visto, fratello - gli disse - sul dorso del frate disobbediente un diavolo che lo stringeva al collo.

Sottomesso e tenuto a briglia da un tale cavaliere, dopo aver scosso il morso dell'obbedienza, si lasciava guidare dalla sua volontà e capriccio.

Ma quando ho pregato il Signore per lui, subito il demonio si è allontanato confuso ».

Tanto penetrante era lo sguardo di questo uomo, che pur avendo occhi deboli per le cose materiali, li aveva perspicaci per quanto riguarda lo spirito.

E quale meraviglia che venga oppresso da una ignobile soma chi rifiuta di portare il Signore della gloria?

Non c'è, dico, altra scelta: o portare un peso leggero, dal quale piuttosto tu stesso sarai portato, oppure essere schiavo della iniquità, che ti aderisce al collo come una macina da asino, più pesante di una massa di piombo.

Capitolo VII

Libera gli abitanti di Greggio dai lupi e dalla grandine

[621] 35. Il Santo si fermava volentieri nell'eremo di Greccio, sia perché lo vedeva ricco di povertà, sia perché da una celletta appartata, costruita sulla roccia prominente, poteva dedicarsi più liberamente alla contemplazione delle cose celesti.

È proprio questo il luogo, dove qualche tempo prima aveva celebrato il Natale del Bambino di Betlemme, facendosi bambino col Bambino.

Ora, gli abitanti del luogo erano colpiti da diversi mali: torme di lupi rapaci attaccavano bestiame e uomini, e inoltre, la grandine stroncava ogni anno messi e viti.

Un giorno Francesco, mentre predicava, disse: « A gloria e lode di Dio Onnipotente, ascoltate la verità che vi annunzio.

Se ciascuno di voi confesserà i suoi peccati e farà degni frutti di penitenza, vi do la mia parola che questo flagello si allontanerà definitivamente ed il Signore, guardando a voi con amore, vi arricchirà di beni temporali.

Ma - continuò - ascoltate anche questo: vi avverto pure che se, ingrati dei benefici, ritornerete al vomito, si risveglierà la piaga, raddoppierà la pena e la sua ira infierirà su di voi più crudelmente di prima ».

36 Da quel momento, per i meriti e le preghiere del padre santo, cessarono le calamità, svanirono i pericoli, e i lupi e la tempesta non recarono più molestia.

Anzi, ciò che più meraviglia, quando la grandine batteva i campi dei vicini e si appressava al loro confine, o cessava lì o si dirigeva altrove.

Ma nella tranquillità crebbero di numero e si arricchirono troppo di beni materiali.

Ed il benessere portò le conseguenze solite: affondarono il volto nel grasso e furono accecati dalla pinguedine o meglio dallo sterco della ricchezza.

E così, ricaduti in colpe maggiori, si dimenticarono di Dio che li aveva salvati.

Ma non impunemente, perché il giusto castigo del Signore colpisce meno severamente chi cade nel peccato una volta di chi è recidivo.

Si risvegliò contro di essi il furore di Dio ed ai flagelli di prima si aggiunse la guerra e venne dal cielo una epidemia che fece innumerevoli vittime.

Da ultimo, un incendio vendicatore distrusse tutto il borgo.

È ben giusto che chi volge la schiena ai benefici, vada in perdizione.

Capitolo VIII

Mentre predica agli abitanti di Perugia, predice la guerra civile

Lode della concordia

[622] 37. Alcuni giorni dopo il Padre scese dalla cella suddetta e rivolto ai frati presenti disse con voce di pianto: « I Perugini hanno arrecato molto danno ai loro vicini ed il loro cuore si è insuperbito, ma per loro ignominia.

Perché si avvicina la vendetta di Dio e questi ha già in pugno la spada ».

Attese alcuni giorni, poi in fervore di spirito si diresse verso Perugia.

I frati poterono dedurre con tutta sicurezza che aveva avuto in cella una visione.

Giunto a Perugia, cominciò a parlare al popolo che si era dato convegno.

E poiché i cavalieri impedivano l'ascolto della parola di Dio, giostrando, secondo l'uso ed esibendosi in spettacoli d'arme, il Santo, molto addolorato, li apostrofò: « O uomini miseri e stolti, che non riflettete e non temete la punizione di Dio!

Ma ascoltate ciò che il Signore vi annunzia per mezzo di questo poverello.

Il Signore vi ha innalzati al di sopra di quanti abitano attorno, e per questo dovreste essere più benevoli verso il prossimo e più riconoscenti a Dio.

E invece, ingrati per tanto beneficio, assalite con le armi in pugno i vicini, li uccidete e li saccheggiate.

Ebbene, vi dico: non la passerete liscia!

Il Signore a vostra maggiore punizione vi porterà a rovina con una guerra fratricida, che vedrà sollevarsi gli uni contro gli altri.

Sarete istruiti dallo sdegno giacché nulla avete imparato dalla benevolenza ».

Poco tempo dopo scoppia la contesa: si impugnano le armi contro i vicini di casa, i popolani infieriscono contro i cavalieri e questi, a loro volta, contro il popolo: furono tali l'atrocità e la strage, che ne provarono compassione anche i confinanti, che pure erano stati danneggiati.

Castigo ben meritato!

Si erano allontanati da Dio Uno e Sommo: era inevitabile che neppure tra loro rimanesse l'unità.

Non vi può essere per uno Stato un legame più forte di un amore convinto a Dio, unito ad una fede sincera e senza ipocrisie.

Capitolo IX

Predice ad una donna la conversione del marito

[623] 38. Mentre il servo di Dio si recava alle Celle di Cortona, una nobildonna di Volusiano gli andò incontro in tutta fretta.

Dopo lungo cammino, finalmente lo raggiunse ansimante, perché era persona molto delicata e gracile.

Quando il padre santissimo la vide così sfinita e trafelata, ne ebbe compassione e le chiese: « Cosa desideri, donna? ».

« Padre, che tu mi benedica ».

E il Santo: « Sei sposata o no? ».

« Padre, - rispose - ho un marito molto crudele, che mi è di ostacolo nel servire Gesù Cristo.

È questo il mio vero tormento: a causa sua non posso mantenere i buoni propositi che il Signore mi ispira.

Perciò ti chiedo, o Santo di pregare per lui, affinché Dio nella sua misericordia gli muti il cuore ».

Il Padre rimase ammirato della donna dotata di un animo virile e così piena di senno pur essendo di giovane età.

E le rispose molto commosso: « Va, figlia benedetta, e sappi che tuo marito in futuro ti sarà di consolazione ».

E aggiunse: « Gli dirai da parte di Dio e mia, che ora è tempo di salvezza, ma più tardi di giustizia ».

E la benedisse.

La donna se ne tornò a casa ed incontrato il marito riferì quanto le era stato ordinato.

Lo Spirito Santo scese improvvisamente su di lui, e trasformatolo da vecchio in uomo nuovo, lo indusse a rispondere con tutta dolcezza: « Donna, serviamo il Signore e salviamo le nostre anime qui nella nostra casa ».

« A me pare - soggiunse la moglie - che dovremmo porre come fondamento, per così dire, nella nostra anima la continenza, e poi edificarvi sopra le altre virtù ».

« Sì, piace anche a me, come precisamente a te », concluse il marito.

Vissero molti anni in castità, e poi passarono da questa vita beatamente nello stesso giorno, uno come olocausto del mattino e l'altro sacrificio della sera.

Donna invidiabile, che ha piegato così il marito alla vera vita!

Si avvera in lei il detto dell'Apostolo: il marito non credente si salva per mezzo della moglie credente.

Ma queste donne, come dice un proverbio assai comune, oggi si possono contare sulle dita.

Capitolo X

Il Santo conosce in spirito che un frate ha scandalizzato un confratello e ne predice l'uscita dall'Ordine

[624] 39. Una volta giunsero due frati dalla Terra di Lavoro ed il più anziano era stato spesso di scandalo all'altro.

Non era, veramente, un compagno ma un tiranno

Il più giovane però sopportava tutto con mirabile silenzio per amor di Dio.

Giunti ad Assisi, il più giovane si recò da Francesco, perché gli era familiare.

Il Santo, tra l'altro, gli chiese: « Come si è comportato verso di te il tuo compagno in questo viaggio? ».

« Abbastanza bene in tutto, rispose il frate ».

E il Santo di rimando: « Guardati, fratello, dal mentire sotto pretesto di umiltà.

Perché so come si è comportato verso di te; ma aspetta un poco e vedrai ».

Il frate si meravigliò moltissimo che in spirito fosse venuto a conoscere fatti accaduti a tanta distanza.

Non molto tempo dopo, il frate che aveva dato scandalo al compagno, lasciò la vita religiosa e se ne uscì.

Senza dubbio è segno di animo perverso e chiaro indizio di poco buon senso viaggiare assieme ad un buon compagno e non essere dello stesso sentimento.

Capitolo XI

Conosce che un giovane chiede di entrare nell'Ordine senza vocazione Divina

[625] 40. Nello stesso tempo venne ad Assisi un giovane della nobiltà di Lucca desideroso di entrare nell'Ordine.

Presentato a Francesco, in ginocchio implorava a calde lacrime che lo accettasse.

Ma, osservandolo attentamente, l'uomo di Dio conobbe per illuminazione del Signore che non era mosso dallo spirito: « Uomo miserabile e carnale, - gli disse il Santo -, perché pensi di poter mentire allo Spirito Santo e a me?

Tu piangi lacrime carnali e il tuo cuore non è con Dio.

Vai pure, perché non c'è niente di spirituale in te ».

Aveva appena terminato queste parole, quando annunziarono che alla porta stavano i suoi genitori, giunti per riprendere il figlio e riportarlo a casa.

Ed egli, uscito loro incontro, se ne ritornò volontariamente.

I frati rimasero meravigliati e glorificavano Dio nel suo servo.

Capitolo XII

Predice ad un ecclesiastico da lui guarito castighi peggiori se ricadrà nel peccato

[626] 41. Nel tempo in cui il santo padre giaceva ammalato nel palazzo del vescovo di Rieti, era pure costretto in un letto, perché infermo e attanagliato dai dolori, un canonico, di nome Gedeone, uomo sensuale e mondano.

Fattosi portare da Francesco, lo scongiurò con lacrime a voler fare su di lui il segno della croce.

Rispose il Santo: « Come posso benedirti se da gran tempo sei vissuto secondo i desideri della carne e senza timore del giudizio di Dio? ».

E continuò: « Ecco, io ti segno nel nome di Cristo.

Ma tu ricordati che subirai pene maggiori se, una volta guarito, ritornerai al tuo vomito ».

E concluse: « Il peccato della ingratitudine riceve sempre castighi più gravi ».

Tracciato su di lui un segno di croce, subito l'ammalato, che giaceva fino a quel momento rattrappito, si alzò sano, ed esclamò esultante: « Eccomi guarito! ».

Molti sono testimoni che le ossa della sua schiena scricchiolarono, come i legni secchi quando sono spezzati a mano.

Ma passato poco tempo, dimenticatosi di Dio, si abbandonò di nuovo alla sensualità.

Una sera si trovava a cena da un canonico suo collega e si fermò quella notte a casa di lui.

All'improvviso crollò su tutti il tetto della casa; ma, mentre gli altri scamparono alla morte, lui solo, lo sventurato, fu schiacciato sotto il peso delle macerie e morì.

E non è meraviglia se, come aveva predetto il Santo, fu colpito da un castigo più grave del primo: perché si deve essere grati per il perdono ricevuto, e offende doppiamente la ricaduta nel peccato.

Capitolo XIII

La tentazione di un Frate

[627] 42. Durante la permanenza del Santo nello stesso luogo, un frate della custodia della Marsica - uomo di spirito -, era provato da gravi tentazioni.

« Oh - pensò in cuor suo - se avessi con me qualcosa di Francesco, anche solo un pezzettino delle sue unghie, credo che di certo svanirebbe tutta questa burrasca di tentazioni e ritornerebbe, con l'aiuto di Dio, il sereno ».

Ottenuto il permesso, si reca al luogo ove era Francesco ed espone il motivo ad uno dei compagni del Padre.

« Non credo - gli risponde - che mi sarà possibile darti un ritaglio delle sue unghie, perché quando gliele tagliamo, comanda di buttarle via e di non conservare nulla ».

Proprio in quel momento chiamano il frate e gli dicono di recarsi dal Santo, che lo desiderava: « Figlio mio, - gli dice - cerca le forbici per tagliarmi subito le unghie ».

Quello presentò lo strumento che teneva già in mano a questo scopo e, raccogliendo i ritagli avanzati, li consegnò al frate, che li aveva chiesti.

Questi li prese con devozione, li conservò ancor più devotamente, e subito fu liberato da ogni tentazione.

Capitolo XIV

Un uomo offre la stoffa che il Santo aveva chiesto al suo Guardiano in precedenza

[628] 43. Trovandosi nello stesso luogo, vestito di una tonachetta consunta, il Padre dei poveri disse ad uno dei compagni, che aveva scelto come suo guardiano: « Vorrei, fratello, se ti fosse possibile, che tu mi trovassi la stoffa sufficiente per una tonaca ».

A questa domanda, il frate ripensò più volte come provvedere la stoffa tanto necessaria e chiesta così umilmente.

Il mattino dopo, sul fare dell'alba, si avvia alla porta diretto alla città per comperare la stoffa, ed ecco un uomo seduto sulla soglia e che fa cenno di parlargli e gli dice: « Accetta da me per amore di Dio questa stoffa per sei tonache: una tienila per te, e distribuisci le altre come meglio ti piace, per la salvezza dell'anima mia ».

Tutto contento il frate ritornò da Francesco e gli parlò di quell'offerta venuta dal cielo.

« Accetta pure le tonache, - rispose il Padre - perché è stato inviato proprio a questo scopo, per soccorrere in tale modo la mia necessità ».

E concluse: « Sia ringraziato Colui che non sembra pensare ad altri che a noi ».

Capitolo XV

Invita il suo medico a pranzo mentre i Frati sono sprovvisti di tutto e il Signore provvede abbndantemente al necessario

La Provvidenza di Dio verso i suoi

[629] 44. Trovandosi Francesco in un eremo presso Rieti, era visitato ogni giorno dal medico per la cura degli occhi.

Una volta il Santo disse ai compagni: « Invitate il medico e preparategli un buon pranzo ».

« Padre, - rispose il guardiano - te lo diciamo con rossore, ci vergogniamo ad invitarlo, tanto siamo poveri in questo momento ».

« Volete forse che ve lo ripeta? » insistette il Santo.

Il medico era presente e intervenne: « Io, fratelli carissimi, stimerò delizia la vostra penuria ».

I frati in tutta fretta dispongono sulla tavola quanto c'è in dispensa: un po' di pane, non molto vino e per rendere più sontuoso il pranzo, la cucina manda un po' di legumi.

Ma la mensa del Signore nel frattempo si muove a compassione della mensa dei servi.

Bussano alla porta e corrono ad aprire: c'è una donna che porge un canestro pieno zeppo di bel pane, di pesci e di pasticci di gamberi, e sopra abbondanza di miele ed uva.

A tale vista i poveri commensali sfavillarono di gioia, e messa da parte per il giorno dopo quella miseria, mangiarono di quei cibi prelibati.

Il medico commosso esclamò: « Né noi secolari e neppure voi frati conoscete veramente la santità di questo uomo ».

E si sarebbero di certo pienamente sfamati, ma più che il cibo li aveva saziati il miracolo.

Così l'occhio amoroso del Padre non disprezza mai i suoi, anzi assiste con più generosa provvidenza chi è più bisognoso.

Il povero si pasce ad una mensa più ricca di quella del re, quanto Dio supera in generosità l'uomo.

Libera Frate Riccerio da una tentazione

[630] 44a. Un frate di nome Riccerio, nobile di costumi quanto di nascita, aveva tanta stima dei meriti di Francesco da credere che uno avrebbe meritato la grazia divina, se avesse goduto della benevolenza del Santo, in caso contrario, sarebbe andato incontro all'ira di Dio.

Per questo aspirava ardentemente ad acquistarsi la sua amicizia, ma temeva grandemente che il Santo trovasse in lui qualcosa di vizioso, anche se nascosto, e che ciò lo allontanasse ancor più dalla sua grazia.

Questo timore lo torturava di continuo né riusciva a manifestarlo ad alcuno.

Ma un giorno, turbato come sempre, si avvicinò alla cella nella quale Francesco stava in preghiera.

Conoscendo nello stesso tempo il suo arrivo ed il suo stato d'animo, l'uomo di Dio lo chiamò a sé e gli disse con benevolenza: « Nessun timore, nessuna tentazione ti turbi mai più, figlio mio, perché mi sei carissimo.

E fra quanti mi sono più cari, ti amo di un amore particolare.

Vieni a me senza timore, quando ti piace, e da me riparti con tutta libertà a tuo piacimento ».

Il frate restò pieno di meraviglia e di gioia alle parole del Santo e da allora in poi sicuro del suo affetto, crebbe anche, come era suo convincimento, nella grazia del Salvatore.

Capitolo XVI

Esce dalla cella per benedire due Frati avendone conosciuto il desiderio per Divina ispirazione

[631] 45. San Francesco era solito passare l'intera giornata in una cella isolata e non ritornava tra i frati se non quando urgeva la necessità del mangiare.

Non andava però nemmeno allora ad ore fisse, perché il desiderio prepotente della contemplazione lo assorbiva assai spesso completamente.

Un giorno arrivarono da lontano all'eremo di Greccio due frati di vita santa e gradita a Dio: volevano unicamente vedere il Santo e riceverne la benedizione lungamente desiderata.

Essendo giunti e non trovandolo, perché si era già ritirato dal luogo comune nella sua cella, furono presi da grande tristezza.

E poiché si prevedeva una lunga attesa non sapendo con certezza quando sarebbe uscito, presero la via del ritorno afflitti, attribuendo ciò alle loro colpe.

I compagni del Santo li accompagnavano, cercando di alleviare la loro tristezza.

Quando furono lontani un tiro di sasso, all'improvviso si udi alle loro spalle il Santo che chiamava ad alta voce, e poi disse ad uno dei compagni: « Di' ai miei frati che sono venuti qui, di guardare verso di me ».

I frati si voltarono verso di lui, ed egli tracciando un segno di croce li benedisse con grandissimo affetto.

Ed essi tanto più contenti quanto più vantaggiosamente avevano raggiunto l'intento per mezzo di un miracolo, ritornarono a casa lodando e benedicendo il Signore.

Capitolo XVII

Con la preghiera fa scaturire acqua da una roccia per dissetare un contadino

[632] 46. Francesco voleva un giorno recarsi ad un eremo per dedicarsi più liberamente alla contemplazione; ma, poiché era assai debole, ottenne da un povero contadino di poter usare del suo asino.

Si era d'estate, ed il campagnolo che seguiva il Santo arrampicandosi per sentieri di montagna, era stanco morto per l'asprezza e la lunghezza del viaggio.

Ad un tratto, prima di giungere all'eremo, si sentì venir meno riarso dalla sete.

Si mise a gridare dietro al Santo, supplicandolo di avere misericordia di lui, perché senza il conforto di un po' d'acqua sarebbe certamente morto.

Il Santo, sempre compassionevole verso gli afflitti, balzò dall'asino, e inginocchiato a terra alzò le mani al cielo e non cessò di pregare fino a quando si sentì esaudito.

« Su, in fretta - gridò al contadino - là troverai acqua viva, che Cristo misericordioso ha fatto scaturire ora dalla roccia per dissetarti ».

Mirabile compiacenza di Dio, che si piega così facilmente ai suoi servi!

L'uomo bevve l'acqua scaturita dalla roccia per merito di chi pregava e si dissetò alla durissima selce.

Non vi era mai stato in quel luogo un corso d'acqua, né si trovò dopo, per quante ricerche siano state fatte.

Quale meraviglia, se un uomo ripieno di Spirito Santo riunisce in sé le opere mirabili di tutti i giusti?

Non è certo cosa straordinaria, se ripete azioni simili a quelle di altri Santi chi ha il dono di essere unito a Cristo per una grazia particolare.

Capitolo XVIII

Il Santo nutre alcuni uccellini ed uno di essi muore per la sua ingordigia

[633] 47. Un giorno Francesco era seduto a mensa con i frati, quando entrarono due uccellini, maschio e femmina, che poi ritornarono ogni giorno per beccare a piacimento le briciole dalla tavola del Santo, preoccupati di nutrire i loro piccoli.

Il Santo ne è lieto, li accarezza come sempre e dà loro a bella posta la razione di cibo quotidiano.

Ma un giorno, padre e madre presentano i loro figlioletti ai frati, essendo come stati allevati a loro spese e, affidandoli alle loro cure, non si fanno più vedere.

I piccoli familiarizzano con i frati, si posano sulle loro mani e si aggirano in casa non come ospiti, ma di famiglia.

Evitano le persone secolari, perché si sentono allievi solamente dei frati.

Il Santo osserva stupito ed invita i frati a gioirne: « Vedete - dice - cosa hanno fatto i nostri fratelli pettirossi, come se fossero intelligenti?

Ci hanno detto: - Ecco, frati, vi presentiamo i nostri piccoli, cresciuti con le vostre briciole.

Disponete di loro come vi piace: noi andiamo ad altro focolare - ».

Così avendo presa piena dimestichezza coi frati, prendevano tutti insieme il cibo.

Ma l'ingordigia ruppe la concordia, perché il maggiore cominciò con superbia a perseguitare i più piccoli.

Si saziava egli a volontà e poi scacciava gli altri dal cibo.

« Guardate - disse il Padre - questo ingordo: pieno e sazio lui, è invidioso degli altri fratelli affamati.

Avrà di certo una brutta morte ».

La sua parola fu seguita ben presto dalla punizione: salì quel perturbatore della pace fraterna su un vaso d'acqua per bere, e subito vi morì annegato.

Non si trovò gatto o bestia, che osasse toccare il volatile maledetto dal Santo.

È veramente un male che desta orrore l'egoismo degli uomini, se persino negli uccelli viene punito in questo modo.

Ed è pure da temersi la condanna dei Santi, poiché le tiene dietro con tanta facilità il castigo.

Capitolo XIX

Si realizza completamente quanto aveva predetto di Frate Bernardo

[634] 48. In altra occasione fece questa predizione di frate Bernardo, che era stato il secondo ad entrare nell'Ordine: « Vi dico che per mettere alla prova frate Bernardo sono stati designati demoni molto scaltri e peggiori degli altri spiriti.

Ma quantunque cerchino in tutti i modi di fare precipitare l'astro dal cielo, ben diversa sarà la conclusione.

Subirà certo tribolazione, tentazioni ed afflizioni, ma alla fine riporterà vittoria di tutto ».

Aggiunse ancora: « Presso a morire, svanita ogni burrasca e vinta ormai ogni tentazione, fruirà di una pace e di una tranquillità meravigliosa.

E terminato il suo corso, passerà felicemente a Cristo ».

In realtà avvenne così: vari miracoli resero celebre la sua morte e si avverò in pieno la parola del Santo.

Per questo, i frati alla sua morte confessarono: « Davvero, noi non abbiamo conosciuto questo fratello, mentre viveva ».

Ma lasciamo ad altri il compito di tessere le lodi di questo Bernardo.

Capitolo XX

Un Frate tentato desidera un autografo dal Santo

[635] 49. Mentre il Santo era sul monte della Verna, chiuso nella sua cella, un confratello desiderava ardentemente di avere a sua consolazione uno scritto contenente parole del Signore con brevi note scritte di proprio pugno da san Francesco.

Era infatti convinto che avrebbe potuto superare o almeno sopportare più facilmente la grave tentazione, non della carne ma dello spirito, da cui si sentiva oppresso.

Pur avendone un vivissimo desiderio, non osava confidarsi col Padre santissimo ma ciò che non gli disse la creatura, glielo rivelò lo Spirito.

Un giorno Francesco lo chiama: « Portami - gli dice - carta e calamaio, perché voglio scrivere le parole e le lodi del Signore, come le ho meditate nel mio cuore ».

Subito gli portò quanto aveva chiesto, ed egli, di sua mano, scrisse le Lodi di Dio e le parole che aveva in animo.

Alla fine aggiunse la benedizione del frate e gli disse: « Prenditi questa piccola carta e custodiscila con cura sino al giorno della tua morte ».

Immediatamente fu libero da ogni tentazione, e lo scritto, conservato, ha operato in seguito cose meravigliose.

Capitolo XXI

Dona allo stesso Frate la sua tunica come desiderava

[636] 50. Riguardo allo stesso frate è rimasto famoso un altro fatto mirabile del padre santo.

Mentre infatti era ammalato nel palazzo episcopale di Assisi, detto frate pensò tra sé e sé: « Ecco che il Padre si avvicina alla morte, e come sarei contento se, una volta morto, potessi avere la tonaca del Padre mio! ».

Come se il desiderio del cuore si fosse espresso con la bocca, poco dopo Francesco lo chiama: « Ti do questa tonaca, - gli dice - prendila, da oggi è tua.

Io la porterò finché vivo, ma alla mia morte deve passare a te ».

Meravigliato di tanta intuizione del Padre, il frate accettò finalmente consolato la tonaca, che più tardi fu portata in Francia per devozione.

Capitolo XXII

Di notte dietro sua richiesta viene trovato un pò di prezzemolo tra erbe selvatiche

[637] 51. Negli ultimi tempi della sua malattia, una notte chiese umilmente di mangiare del prezzemolo, provandone vivo desiderio.

Ma il cuoco, che era stato invitato a portargliene, rispose che a quell'ora non avrebbe trovato nulla nell'orto: « Nei giorni passati - disse - di continuo ho raccolto una quantità di prezzemolo e tanto ne ho tagliato che riesco a mala pena a trovarne un filo in piena luce del giorno.

Tanto più non riuscirò a riconoscerlo tra le altre erbe ora in piena notte ».

« Vai fratello, - gli rispose il Santo - non ti dispiaccia, e portami le prime erbe che toccherai con la tua mano ».

Andò il frate nell'orto e portò in casa un mazzo di erbe che aveva strappato a caso senza nulla vedere.

I frati osservano quelle erbe selvatiche, le passano in rassegna con molta attenzione, ed ecco in mezzo, prezzemolo tenero e ricco di foglie.

Avendone mangiato un poco, il Santo provò molto conforto e rivolto ai frati: « Fratelli miei, - disse - obbedite al primo comando, senza aspettare che venga ripetuto.

E non portate come pretesto la impossibilità, perché se da parte mia vi comandassi anche qualcosa al di sopra delle forze, l'obbedienza troverebbe la forza necessaria ».

Ecco fino a qual punto lo spirito profetico faceva risaltare in lui il dono dello spirito!

Capitolo XXIII

Predice una carestia nel tempo successivo alla sua morte

[638] 52. Gli uomini santi a volte sono portati, per impulso dello Spirito Santo, a manifestare alcune cose che li riguardano, o perché la gloria di Dio esige che si riveli un colloquio o lo richiede il dovere della carità, a edificazione del prossimo.

Per questo, un giorno il beato padre riferì ad un frate, che amava moltissimo, queste parole, che proprio allora aveva riportate dal suo incontro personale intimo con la Maestà Divina: « Ora - disse - vive sulla terra un servo di Dio, in vista del quale il Signore non permetterà che la fame infierisca sugli uomini, sino a quando vivrà ».

Non vi è nulla di vanità in questo, ma è il racconto santo che la carità ha suggerito a nostro bene con parole sante, modeste: quella carità, che non cerca il suo interesse.

E non poteva essere taciuto con un silenzio inutile la prerogativa di un così grande amore di Cristo per il suo servo.

Abbiamo infatti visto tutti coi nostri occhi come siano trascorsi nella pace e nella quiete i tempi, sino a quando è stato in vita il servo di Cristo e quale abbondanza vi sia stata di ogni bene.

Non si pativa fame della parola di Dio, perché i predicatori erano allora soprattutto pieni di fervore ed i cuori di quanti ascoltavano erano graditi a Dio.

Chi portava l'abito religioso rifulgeva per esempi di santità.

L'ipocrisia dei sepolcri imbiancati non aveva ancora intaccato anime così sante, né quanti sanno mascherarsi avevano sparso col loro insegnamento tante novità e tante favole.

Giustamente quindi abbondavano i beni materiali, poiché tutti amavano così sinceramente quelli eterni.

[639] 53. Ma con la sua morte, si invertì completamente l'ordine delle cose e tutto mutò: ovunque guerre e sommosse e molti Stati furono subito devastati dall'infuriare di epidemie diverse.

Anche l'orrore della carestia si diffuse in lungo e in largo, causando con la sua crudeltà, che supera tutti gli altri mali, numerosissimi morti.

La necessità infatti mutò in cibo tutto in quel momento e veniva triturato dal dente dell'uomo anche ciò che i bruti solitamente rifiutavano.

Si preparava infatti il pane con gusci di noci e corteccia d'albero.

Qualcuno ha chiaramente ammesso che l'amore paterno sotto la spinta della fame non era rimasto afflitto, per usare un eufemismo, per la morte del figlio.

Ma affinché sia del tutto palese chi fosse quel servo fedele, per amore del quale la collera divina aveva trattenuto la sua mano, lo rivelò Francesco stesso.

Pochi giorni dopo la sua morte, al frate al quale ancora in vita aveva predetto la calamità, manifestò in modo chiaro che era lui il servo di Dio.

Infatti una notte il frate nel sonno si sentì chiamare ad alta voce: « Fratello, è imminente la carestia, che il Signore non ha permesso che venisse sulla terra, finché io ero vivo ».

Il frate si svegliò a quella voce e riferì più tardi l'accaduto.

Tre notti dopo il Santo gli apparve nuovamente e gli ripeté la stessa cosa.

Capitolo XXIV

La chiaroveggenza del Santo e la nostra ignoranza

[640] 54. Nessuno deve meravigliarsi se questo profeta del nostro tempo si distingueva per tali privilegi: il suo intelletto, libero dalla nebbia densa delle cose terrene e non più soggetto alle lusinghe della carne, saliva leggero alle altezze celesti e si immergeva puro nella luce.

Irradiato in tal modo dallo splendore della luce eterna, attingeva dalla Parola increata ciò che riecheggiava nelle parole.

Oh, quanto siamo diversi oggi, noi che avvolti dalle tenebre ignoriamo anche le cose necessarie!

E quale la causa, se non perché siamo amici della carne ed anche noi ci imbrattiamo di mondanità?

Se invece assieme alle mani, innalzassimo i nostri cuori al cielo, se stabilissimo la nostra dimora nei beni eterni, verremmo forse a conoscere ciò che ignoriamo: Dio e noi stessi.

Chi vive nel fango, vede necessariamente solo fango; mentre non è possibile che l'occhio fisso al cielo non comprenda le realtà celesti.

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