Qoelet

Libro sapienziale della Bibbia, collocato nella Bibbia ebraica tra i ketuvim ( Scritti ).

Il termine ebraico Qoelet ( da qahal: assemblea ) indica colui che convoca l'assemblea o che parla in essa; in greco è stato tradotto con Ecclesiastes ( da ekklesia: assemblea ).

Nel libro, Qoelet viene impiegato come nome proprio; è il nome di un saggio che riflette sul senso della vita, cercando di scuotere le ingannevoli sicurezze di chi crede di poter tutto capire e spiegare.

Un'attenta analisi del testo suggerisce di collocarlo tra la metà del V e la metà del VI sec. a.C.

Il libro, attribuito da alcuni studiosi ad autori diversi, viene da altri considerato un'opera unitaria ascrivibile a un solo autore.

Certamente risalgono ad altre mani il titolo ( Qo 1,1 ) che identifica l'autore con Salomone, figlio di Davide, mentre nel corso dell'opera l'attribuzione delle riflessioni sulla vita a Salomone è soltanto un espediente letterario per mostrare che anche il più sapiente tra i sapienti non ha risposta ai perché dalla vita; l'epilogo ( Qo 12,9-14 ) risale a un discepolo di Qoelet.

Molte ipotesi sono state avanzate riguardo la struttura dell'opera.

Vi è chi sostiene che si tratta di una raccolta di sentenze originariamente indipendenti, e chi invece individua una composizione unitaria, all'interno della quale le contraddizioni sono intenzionali, volute dall'autore che non pretende di esporre una teoria generale sull'uomo e sull'universo, una dottrina sistematica, ma vuole semplicemente narrare la ricerca di un uomo che si interroga sul senso della vita e che a partire dal proprio vissuto, dalla propria esperienza esistenziale contesta e rifiuta ogni dogmatica spiegazione ultima.

L'espressione "sotto il sole" o "sotto il cielo" che ricorre sovente in queste pagine indica il limite dell'umana ricerca.

"Sotto il sole" Qoelet ha visto che ogni cosa è instabile, che nulla dura per sempre, che tutto si snoda in una successione di eventi contrastanti ( Qo 3,1-8 ).

Come Giobbe, e ancor più di Giobbe, svela l'insufficienza delle tradizionali risposte al senso della vita, del dolore, della morte.

Che resta all'uomo sotto il sole? "Vanità delle vanità, tutto è vanità"; queste parole che sigillano l'inizio e la fine del libretto ( Qo 1,2 e Qo 12,8 ) e che più volte ritornano nel corso del testo, dichiarano la totale assurdità della fatica dell'uomo, assurdità pienamente svelata dalla morte.

Eppure proprio l'accettazione del limite, l'onesto riconoscimento della nostra incapacità di offrire spiegazioni ultime dei misteri della vita insegna ad apprezzare le piccole gioie quotidiane ( Qo 3,22; Qo 9,7-10 ecc. ).

Dio è presente nell'orizzonte di Qoelet; è il Dio che sta in cielo mentre l'uomo vive sotto il sole.

Qoelet non tenta di colmare la distanza che li separa; ripete che "Dio ha messo la nozione dell'eternità nel loro cuore senza però che gli uomini possano capire l'opera compiuta da Dio dal principio alla fine" ( Qo 3,11 ).

La fede di Qoelet sta in questo timore del Signore, che vede e comprende ciò che noi non vediamo e comprendiamo.

Durante la festa ebraica di Sukkot, in cui si ringrazia Dio per il raccolto e si fa memoria del lungo cammino del popolo ebraico attraverso il deserto, la tradizionale lettura del libro del Qoelet invita a godere dei doni ricevuti senza dimenticarci di colui che li dona.