Maestro

IndiceA

Educatore

Sommario

I. Si può ancora credere alla scuola?
1. Processo alla scuola d'oggi;
2. Particolari carenze della scuola italiana;
3. Accettare la "descolarizzazione" o promuovere la ristrutturazione della scuola?
II. Evoluzione della scuola nella nostra cultura.
III. La scuola è uno strumento educativo?
IV. È necessaria l'educazione?
V. Chi deve educare nella scuola?
VI. Per educare occorre una metodologia?
VII. Principi di metodo:
1. Intorno al fine educativo;
2. Intorno all'educando.
VIII. Che cosa si esige dal maestro/educatore?
IX. La personalità del maestro/educatore.
X. Requisiti indispensabili al maestro/educatore:
1. Una buona formazione;
2. Una seria preparazione;
3. Autorità e responsabilità;
4. Presenza educativa ed esemplarità;
5. Ottimismo ed allegria;
6. Comprensione;
7. Fortezza.
XI. Spiritualità del maestro in prospettiva cristiana:
1. Un educatore nuovo per tempi nuovi;
2. Specifiche carenze della scuola italiana;
3. La maestra di scuola materna;
4. Il maestro della scuola elementare;
5. L'insegnante della scuola media inferiore;
6. L'insegnante delle scuole medie superiori;
7. Il professore universitario;
8. Educazione permanente.
XII. Responsabilità del maestro/educatore cristiano.

I - Si può ancora credere alla scuola?

1. Processo alla scuola d'oggi

In quasi tutti i Paesi europei ed extraeuropei il mondo della scuola e dell'educazione è sotto accusa.

Realmente la scuola è ovunque in crisi, così come lo è l'intera società.

Su questa crisi in atto si moltiplicano i contributi di esperti e di studiosi con una serie di analisi e di diagnosi secondo le quali, di volta in volta, la scuola è vista come malata, moribonda o addirittura morta.

Critica delle strutture, dei contenuti e dei metodi.

Ne segue il disorientamento di tutte le istituzioni scolastiche.

Anche perché da più parti ne viene messa in discussione la stessa esistenza, e cioè viene decretata la morte della scuola, quale causa comprimaria di un assetto societario che aliena l'uomo e sancisce le disuguaglianze tra gli uomini.

Anche nel campo politico è diffuso, nei confronti dell'istituzione educativa, un forte scetticismo che sta seminando seri dubbi sull'opportunità di "aumentare", come avviene da anni, gli investimenti destinati al settore.

In Inghilterra, in Germania, in Belgio, in Svezia si sono già ridotti i contributi statali alle scuole.

L'OCSE ( Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ) elenca le colpe del sistema educativo.

Ecco le principali:

la scuola non è riuscita in nessun, Paese ad adattarsi all'evoluzione dei bisogni della gioventù, in particolare a quelli degli adolescenti;

non fornisce affatto le prestazioni di cui avrebbero bisogno gli adulti; la sua azione per favorire l'uguaglianza delle opportunità educative è illusoria e perfino ingannevole;

i sistemi educativi non seguono affatto le trasformazioni che si verificano nel mondo del lavoro.

2. Particolari carenze della scuola Italiana

Anche l'attuale situazione della scuola italiana annovera questi e altri aspetti negativi, quali:

il clima di conflittualità permanente;

il ricorso alla violenza fisica e all'intimidazione;

il rifiuto sistematico del dialogo civile;

il crescente disimpegno nei confronti degli strumenti di partecipazione scolastica previsti dai decreti delegati, oltre a una diffusa disaffezione per un serio impegno di studio;

infine, la progressiva degenerazione, nella massa studentesca, di un costume etico e di un comportamento morale che confina con la licenziosità, e che è facile preda della volgarità, della droga e della violenza.

3. Accettare la "descolarizzazione" o promuovere la ristrutturazione della scuola?

Può essere vero che l'istruzione non bilancia le disuguaglianze sociali.

Ma è certamente vero che la non istruzione le approfondisce ulteriormente.

Così, forse, sono reali - almeno in parte - le altre carenze denunciate.

Per es., « l'atteggiamento autoritario della nostra scuola tende al mantenimento del libro di testo, uno strumento didattico testimone del passato, a volte acritico, ripetitivo, che presenta in forma schematica fatti e opinioni, abitua alla pigrizia intellettuale e alla recezione passiva del sapere.

Si tratta ancora di una scuola fondata sul verbalismo, sulla trasmissione del sapere, sulla competitivita, sull'emarginazione, non socializzante, che non interviene sul sociale in modo critico e operativo, in nome di una falsa neutralità ».1

Ma non è che si migliori la situazione ostacolando l'istruzione.

Le forme alternative alla scuola, proposte da qualcuno, sono suggestive, ma peccano di astratto intellettualismo.

Non credo sia necessario che la scuola muoia perché l'educazione sopravviva, come affermano alcuni.2

Bisogna piuttosto migliorare l'impegno delle componenti educative.

Soprattutto il corpo insegnante dovrà guardare all'uomo nella sua totalità e non solo come prodotto della società; all'esistenza creativa e non solo all'esistenza produttiva di beni materiali.

Bisogna che la scuola, a mezzo di veri educatori, si apra alla vita, altrimenti dobbiamo rassegnarci a vedere crescere la violenza e la criminalità giovanili già tanto inquietanti.

Nella scuola bisogna dare, a tutti i livelli, una ragione di vita e proporre ideali efficaci a questi giovani carenti di valori morali, sociali, civili e religiosi, e non educati al rispetto della libertà altrui.

Questo sarà possibile quando la classe docente avrà preso coscienza della sua enorme responsabilità educativa e testimonierà nella vita i valori di cui sopra, che affondano le loro radici nell'essere della persona.

« C'è una gioventù che ha ricevuto tutto dalla vita, tranne la vera motivazione per vivere.

Molti giovani ebbero assicurati i mezzi per saziare ogni esperienza di godimento, ma alla loro sete d'assoluto non venne proposto nessun ideale efficace.

Si è lasciato che i nostri ragazzi assorbissero un senso acuto, geloso, persino morboso della libertà, ma non sono stati educati ne al rispetto della libertà altrui, ne a sostanziare la propria libertà con valori che stimolano la crescita personale e arricchiscono la convivenza civile » ( Card. G. Colombo, arcivescovo di Milano ).

Si esige dunque non la descolarizzazione, ma un ammodernamento, anzi una ristrutturazione della scuola, strumento di rigenerazione: lo si esige e lo si reclama.

Una scuola aperta e flessibile, che inserisca al suo interno non solo lo studio del passato e del presente, ma anche del futuro.

Lo studente non sia focalizzato all'indietro, ma in avanti.

Rinnovata nei contenuti, nei metodi e nelle strutture, la scuola assicuri a ciascuno studente una solida formazione di base, condizione essenziale per una successiva e continua crescita personale, per una costante riflessione critica, per una partecipazione attiva e consapevole allo sviluppo della società.

D'altra parte, con la legge italiana n. 477 del 30 luglio 1973 e rispettivi decreti delegati si sono create le condizioni per un effettivo e globale rinnovamento, anche se, per il rimanere della struttura burocratica e verticistica della scuola, in questi primi anni di applicazione i vantaggi emersi non sono stati eccessivamente lusinghieri.3

Per uscire dall'attuale situazione di stallo tutti sono urgentemente e responsabilmente chiamati a dare il loro contributo.

Ma il corpo portante del progetto di rinnovamento educativo, a cui bisogna mirare oggi, debbono essere gli insegnanti.

II - Evoluzione della scuola nella nostra cultura

Si fa strada oggi il nuovo significato di cultura inteso non più come semplice trasferimento di acquisizioni storicamente consolidate, ma come ricerca di soluzioni ai problemi che emergono dall'inserimento delle persone nella vita reale.

La scienza si fa, si costruisce discutendo i tentativi proposti per risolvere i problemi in cui si inciampa.

« La scuola dovrebbe essere un centro produttore e diffusore di grammatiche di lettura del mondo in cui viviamo e del mondo passato.

E dovrebbe essere la fucina dei progettatori della più umana "polis" di domani.

E i mezzi per questi nobili fini non ce li offre che la scienza.

Per questo la scuola deve preparare uomini "umani" dalla mentalità scientifica: oggettiva ma disponibile, tollerante ma rigorosa, critica ma controllata ».4

La scuola, vivente organismo educativo e principale agente di rinnovamento della società, è l'ambiente ideale per promuovere siffatta cultura.

È pertanto indispensabile ed urgente la ristrutturazione della scuola affinché sia strumento di rigenerazione sociale e civile.

Purtroppo i maestri sono ancora preparati da una scuola magistrale triennale e da un istituto quadriennale, quali esistevano 30 anni fa.

E gli insegnanti della scuola secondaria si trovano ad operare tra difficoltà logoranti, in una scuola anacronistica col presente.

Bisogna partire da dati concreti e aperti - favoriti da una legge indovinata ( modificabile, aggiornabile, trasformabile ) - e in sintonia con il cambiamento dei tempi.

La nuova scuola dovrà promuovere l'autoformazione e la riscoperta degli autentici valori della vita, nella libertà e nella disciplina che la vera libertà impone a se stessa, nel retto esercizio della critica e della responsabilità, nella partecipazione come effettiva esperienza di vita sociale.

Dovrà essere strutturata in funzione di liberazione, di piena maturazione e di umanizzazione della persona-alunno.

Una scuola dunque:

essenzialmente formativa della personalità integrale dell'alunno;

aperta a tutti gli uomini e attenta a tutto l'uomo, nella molteplicità delle sue virtualità e delle sue attitudini;

scuola sempre più ricca dei valori culturali e formativi che costruiscono la personalità e quindi anche capace di far emergere e maturare la dimensione religiosa connaturale alla persona;

orientativa, non selettiva: scuola che non respinge nessuno, ma aiuta tutti a trovare positivamente la propria strada;

scuola "permanente", a cui ritornare nei successivi archi di età, per aggiornare ed adeguare la propria cultura e preparazione professionale;

scuola formativa dei valori interpretativi dell'uomo, della realtà e della storia, e quindi aperta alla società, tale da preparare e anticipare il domani;

centro di vita e di cultura per i ragazzi come per gli adulti;

ambiente di iniziazione, di creazione, di aggiornamento e di incontro, meraviglioso strumento di umanizzazione perché elemento vivo nel tessuto vivo della società.

Evidentemente bisogna credere alla scuola, alla sua funzione educativa e alla responsabilità che essa comporta.

Bisogna credere agli alunni come primi e originari depositari di normatività e di impegno.

In terzo luogo bisogna raggiungere una piattaforma, condivisa da tutte le componenti educative, di impostazioni ideologiche.

In particolare e preliminarmente ci si deve chiedere: la scuola è davvero uno strumento educativo? è necessaria l'educazione? chi deve educare nella scuola? come educare? che cosa si esige dal maestro/educatore? quali le principali linee operative nei diversi momenti dell'età evolutiva?

III - La scuola è uno strumento educativo?

Risponde il Vat II: « Fra tutti gli strumenti educativi un'importanza particolare riveste la scuola, che in forza della sua missione, mentre con cura costante matura le facoltà intellettuali, sviluppa la capacità di giudizio, mette a contatto del patrimonio culturale acquistato dalle passate generazioni, promuove il senso dei valori, prepara la vita professionale, genera anche un rapporto di amicizia tra alunni di indole e condizione diversa, disponendo e favorendo la comprensione reciproca.

Essa inoltre costituisce come un centro alla cui attività ed al cui progresso devono insieme partecipare le famiglie, gli insegnanti, i vari tipi di associazioni a finalità culturali, civiche e religiose, la società civile e tutta la comunità umana » ( GE 5 ).

Alla scuola vengono chieste oggi prestazioni particolarmente impegnative nel processo educativo e culturale: alfabetizzazione, coscientizzazione, umanizzazione, liberazione.

Diventerà pure uno dei fattori fondamentali dell'educazione permanente.

IV - È necessaria l'educazione?

L'educazione è un rapporto interpersonale e intenzionale, promotore dello sviluppo integrale della persona umana secondo le norme della moralità.

« Tende a formare nell'educando abiti ordinati di vita morale, assicurandogli un possesso quanto più è possibile largo e ricco di libertà e l'uso retto e spedito di essa » ( G. Corallo ).

« La vera educazione deve promuovere la formazione della persona umana sia in vista del suo fine ultimo sia per il bene delle varie società, di cui l'uomo è membro e in cui, divenuto adulto, avrà mansioni da svolgere» ( GE 1 ).

«Insegnare - dice s. Tommaso - è causare la scienza del discepolo per mezzo dell'attività della sua ragione naturale » ( De ventate q. 11, a. 1 ).

L'opera educativa dev'essere essenzialmente personalizzata e individualizzata, creatrice di esseri autonomi, fonte e garanzia di originalità.

Ha la scopo di « rendere l'uomo autore del proprio bene e specialmente della propria virtù e della propria felicità » ( Rosmini ).

Ne deriva che l'educazione è necessaria, di necessità storico esistenziale.

Di fatto, molti non arrivano nemmeno ad un minimo di "humanitas" senza l'aiuto di altri.

Normalmente l'uomo ha bisogno dell'uomo per umanizzarsi.

Sul piano soprannaturale poi l'intervento dell'altro è di assoluta necessità.

Occorrono i portatori dei mezzi di salvezza e di restaurazione umana e soprannaturale.

Funzione propria della scuola è di educare, cioè umanizzare l'uomo, maturarne la personalità e quindi far crescere la società.

Non è concepibile una scuola che si limiti a istruire.

Di fatto la scuola, necessariamente, educa o diseduca.

V - Chi deve educare nella scuola?

La teoria della scuola ( theorein = vederci chiaro ) ha da tempo individuato questo capitale interrogativo e bandito ogni monopolio professorale.

I giovani hanno diritto a un'autentica educazione scolastica aperta a tutti i contributi.

Questa "educazione" si realizza con il concorso diretto di tre categorie: insegnanti, studenti, genitori.

La costituzione italiana ( art. 30, in perfetta analogia con l'art. 16 della dichiarazione dei diritti dell'uomo approvata dall'ONU, e con la Pacem in terris ) riconosce tale diritto-dovere ai genitori.

A questi compete il diritto naturale, assoluto, inviolabile e inalienabile dell'educazione della prole.

Per lo Stato l'educazione è non una funzione, ma un servizio.

Per il principio della sussidiarietà lo Stato deve: difendere i diritti del fanciullo nei riguardi di abusi; favorire la famiglia perché possa decidere liberamente della educazione dei figli; sostituirsi nei casi di assoluta impossibilità o indegnità dei genitori.

Gli altri educatori derivano i loro diritti-doveri all'educazione e alle sue modalità di esercizio dalla società nel cui nome operano e, definitivamente, dalla famiglia.

È così che i genitori delegano, anche per necessità, parte del loro dovere-diritto alla scuola, restandone peraltro titolari e compartecipi.

Possono, anzi devono, entrare nella scuola direttamente come coeducanti e con un titolo precedente e superiore a quello degli stessi insegnanti.

Le "forze sociali" possono dare alla scuola un contributo educativo indiretto, che spetta poi alle tre componenti scolastiche filtrare e unificare nel loro processo educativo.

Gli insegnanti, quali educatori specializzati, restano parte integrante della comunità scolastica, ma non possono realizzare le loro funzioni essenziali senza il concorso delle altre due componenti umane.

VI - Per educare occorre una metodologia?

Secondo alcuni, per educare basta affidarsi all'intuizione, all'estro, all'improvvisazione, alla pratica, all'occhio clinico.

Altri esaltano il metodo fino a considerarlo qualcosa di meccanicamente infallibile.

In realtà bisogna evitare: sia l'angelismo astrattista come il meccanicismo inumano; la sfiducia assoluta nel metodo come l' adorazione del metodo.

« Il culto del metodo è dovuto all'assenza di pensiero; l'orrore del metodo alla pigrizia del pensiero » ( Willmann ).

Il metodo è dunque necessario, anche se ha naturalmente dei limiti; è operante non per se stesso, ma se inserito in un processo in cui interagiscono persone vive e intelligenti.

« Anche i metodi più affascinanti - scrive Gramsci - diventano inerti se manca il personale capace di vivificarli in ogni momento della vita scolastica ed extrascolastica, e tu sai che proprio i migliori tipi di scuola sono falliti per le deficienze degli insegnanti » ( Lettere dal carcere, 7.12.1931 ).

VII - Principi di metodo

1. Intorno al fine educativo

a. Principio della valorizzazione

Il processo educativo non può avvenire senza valori, senza verità, senza beni.

Donde l'assurdo della scuola cosiddetta laica o neutra, che si propone di non esprimere idee e visioni del mondo, di negare altre idee e altre visioni.

Il concetto di scuola neutra è un assurdo filosofico.

Solo i valori muovono l'intelligenza e la volontà.

Educazione essenzialmente positiva.

Anche un'educazione negativa è un assurdo e un controsenso.

b. Principio dell'intervento

Attivo, costante, tempestivo, anche se ad integrazione e non a sostituzione, e finalmente regressivo ( presenza fisica con i piccoli, poi presenza morale ).

Ricordare che per ogni apprendimento come per ogni grado di educabilità esistono determinati tempi ottimali; se si lasciano passare il risultato potrà realizzarsi soltanto adoperando tempo e fatiche considerevolmente maggiori.

c. Principio dell'originalità

L'attività educativa è essenzialmente spirituale.

E lo spirito è capace di voli, di ardimenti, di ideali nuovi, anche inauditi ed eroici.

d. Principio dell'incarnazione

L'uomo è spirito incarnato, quindi condizionato dal corporeo, dal sensibile, dal biologico, dal sociale.

Occorre essere estremamente pratici e concreti.

Per "far fare", occorre "far pensare" il vero e "far volere" il bene; ma, reciprocamente, per "far pensare" il vero e "far volere" il bene occorre "farli fare".

e. Principio dell'integralità

L'assimilazione deve passare attraverso la coscienza e poi la libera volontà.

La vita morale si ottiene attraverso questo processo: dall'azione al carattere alla personalità.

I mezzi educativi devono essere proporzionati al fine: il piano naturale dev'essere integrato, perfezionato, elevato da quello soprannaturale.

La triplice dimensione della vita che è nel cristiano ( materiale, spirituale e divina ) postula, per potersi sviluppare sufficientemente, un triplice alimento.

2. Intorno all'educando

a. Principio dell'attivismo

E cioè: educazione nella vita e per la vita della persona; larga partecipazione del soggetto all'opera della propria formazione.

Il principio suppone che ogni intervento debba essere una risposta agli interessi vitali ( a volte bisogna svegliarli, interpretarli ) del soggetto; che si favorisca l'autogoverno e si attribuisca grande importanza educativa all'azione.

b. Principio della prossimità

E cioè: tendere all'evidenza; risultare persuasivi e attuali; sollecitare la persistenza richiesta per l'assimilazione; parlare il linguaggio contemporaneo traducendovi l'assoluto, l'eterno.

c. Principio dell'organicità e totalità aggettiva

Possedere e comunicare il significato della vita, il senso delle professioni, il posto irrepetibile che ciascuno ha nel piano di Dio; offrire la possibilità degli impegni totalitari, ardimentosi.

d. Principio dell'autorità

I valori educano soltanto quando il loro contenuto è fondato nell'assolutezza di Dio: garanzia di perpetuità e superamento della caducità soggettiva, come la passionalità, l'egoismo, l'impersonalità degli ideali.

VIII - Che cosa si esige dal maestro/educatore?

« È meravigliosa e davvero importante la vocazione di quanti, collaborando con i genitori nello svolgimento del loro compito e facendo le veci della comunità umana, si assumono il dovere di educare nelle scuole.

Una tale vocazione esige speciali doti di mente e di cuore, una preparazione molto accurata, una capacità pronta e costante di rinnovamento e di adattamento » ( GE 5 ).

In particolare è necessario che l'educatore:

1) Sia quel che vuoi essere.

L'esito dell'educazione è legato più a quel che si è che a quel che si pretende ottenere.

2) Ami.

Amare significa voler il bene della persona amata, fino al sacrificio di sé.

Per questo all'amore non si resiste.

3) Comprenda.

La comprensione educativa richiede la conoscenza, per quanto possibile perfetta, dei singoli educandi, nella loro concretezza; dei fini da raggiungere; dei valori da comunicare; dei mezzi da usare.

La qual cosa richiede un continuo e serio studio psico-pedagogico.

4) Valga.

Le facoltà dinamiche dell'educando si aprono solo ai valori e ai portatori di valori.

Chi più vale, nella sostanza e nella forma, più ottiene.

5) Creda.

Non vi è dubbio - e la psicologia e le altre scienze umane lo riconoscono apertamente - che la religiosità è una dimensione della personalità dell'uomo, e quindi va promossa in quanto aspetto irrinunciabile dell'educazione dell'uomo, sia al fine di stabilizzare e affinare in lui il senso dei valori, sia per sviluppare in lui sentimenti sempre più autentici di socialità, animati da rispetto, di amore e di pace fra gli uomini.

L'esperienza religiosa inoltre soddisfa a bisogni affettivi, intellettuali e morali, nella ricerca di un valore assoluto capace di dare un senso definitivo alla vita.

In questa situazione l'educatore tanto più sarà accetto quanto più sarà l'intermediario fra Dio e l'educando, quanto più sarà il prolungamento visibile dell'autorità di Dio, il cooperatore dell'unico maestro, Cristo via, verità, vita.

IX - La personalità del maestro/educatore

L'arte di educare non è mai stata comoda ne semplice, e tantomeno lo è oggi, in questo violento passaggio di civiltà.

Più complicata ancora quando lo specifico della funzione educativa è legato all'educazione alla fede.

Ma, a questo riguardo, l'attuale situazione è allarmante.

Troppi insegnanti hanno abdicato acriticamente alla propria funzione educativa.

Pragmatisti, tecnico-utilitaristi, indifferenti ai valori morali, incapaci di inculcare una fede, una certezza, una scelta.

Non sanno promuovere una scuola di vera libertà, di sana democrazia, scuola formatrice di autentiche personalità.

Sono molti coloro che, con indirizzo culturale aperto e profondo, sanno aiutare il ragazzo a capire il cammino della storia fino a coglierne le grandi lezioni di vita che essa sa offrire?

Ma oggi la scuola democratica rifiuta un ruolo "esecutivo" per l'insegnante, proprio di un sistema centralistico, così come rifiuta un rapporto maestro-alunno "autoritario", anche perché contrastante con il concetto di educazione come "promozione" della persona.

Il rapporto educativo dev'es-sere di "collaborazione" e quindi "non direttivo"; insegnante ed alunno cooperano in una azione comune di autoapprendimento e autoformazione reciproca.

L'insegnante è "organizzatore dell'apprendimento".

Sul piano etico-sociale si pone davanti all'alunno come "modello di identificazione".

L'efficacia didattica è garantita dall'operosità del maestro, la quale scaturisce dal fecondo connubio del metodo oggettivamente valido con la personalità del docente.

La personalità da sola varrebbe poco.

Il metodo non vivificato dall'umanità della persona magistrale rimane ingranaggio inerte.

È il maestro che intuisce i bisogni dell'allievo, li riporta a un principio educativo e vi commisura un metodo.

Con il termine "maestro" intendiamo colui che in qualsiasi grado di scuola forma i giovani allievi attraverso le forze plasmatrici dell'autorità, del servizio e dell'amore.

X - Requisiti indispensabili al maestro/educatore

La missione del maestro/educatore richiede:

1. Una buona formazione

a. Formazione generale, mirante a sviluppare la capacità mentale, l'adattamento personale, la responsabilità sociale dell'individuo.

L'insegnante deve essere non solo uno specialista, ma anche e soprattutto una persona matura, debitamente istruita nei vari settori della cultura moderna;

b. Formazione specializzata - La conoscenza della materia da insegnare è requisito indispensabile per l'insegnamento.

È logico che al docente si richieda una conoscenza particolarmente approfondita nella materia che insegna;

c. Formazione professionale, sia teorica che pratica.

In non pochi Paesi tale formazione ha assunto notevole importanza e grande sviluppo.

In Italia invece è quasi del tutto inesistente.

Ne i corsi abilitanti colmano questa lacuna.

Eppure bisogna chiedere agli insegnanti non soltanto che aderiscano allo spirito della nuova gestione della scuola italiana ( legge 477 ), ma che inoltre arricchiscano la loro preparazione tanto da partecipare in modo convinto e adeguato al processo che determina l'innovazione.

2. Una seria preparazione

In tutti i settori, oggi, si tende ad abbandonare la superficialità, la genericità e l'empirismo.

Nessuno teme lo specialista.

Non si sogna più il professionista "factotum".

Non sarebbe un'autentica conquista se questo sogno fosse tramontato nel regno del sapere pedagogico?

La difficilissima arte dell'educatore non si può improvvisare.

I danni sarebbero irreparabili.

Oltre la disposizione naturale, occorrono lungo studio e pratica.

In particolare ci vuole soda preparazione psicologica, pedagogica e didattica.

Infatti l'educatore che conosce i meccanismi dei processi psichici potrà inserire più efficacemente il suo intervento nel naturale divenire del discente; sarà in grado di rilevare e comprendere più oggettivamente le caratteristiche e le possibilità ( intellettuali, emotive, temperamentali ) del singolo alunno, e avrà delle utili indicazioni per la individualizzazione e socializzazione dei suoi interventi educativo-didattici.

Per quanto riguarda la formazione dei decenti è facile costatare che occorre un riesame dell'organizzazione della preparazione universitaria e dei sistemi di reclutamento, nonché l'adozione di un piano organico di iniziative volto a generalizzare l'aggiornamento degli insegnanti e a trasformarlo in attività ricorrente finalizzata all'acquisizione di nuove metodologie.

« La scuola non sarà mai veramente scuola finché un serio reclutamento, la preparazione e il costante aggiornamento culturale degli insegnanti non sarà assunto come norma fondamentale del fatto scolastico ».5

3. Autorità e responsabilità

Ogni autorità viene da Dio.

L'autorità è un "ministero", cioè un servizio.

L'educazione è un attivo rapporto interpersonale tra adulti e non adulti.

La persona adulta, relativamente ricca, "da", e donando si arricchisce; l'altra persona in sviluppo "riceve", diventando attiva, sospinta a maturare nella forma specificamente umana, spirituale.

Il maestro, servo dei suoi alunni, mette a loro disposizione quanto ha di ricchezza spirituale, morale e culturale.

Si arricchisce per arricchire, matura per maturare, si rende autonomo per condurre all'autonomia.

L'esercizio dell'autorità educativa è un'opera di amore e perciò di sacrificio.

D'altra parte chi accetta e fa propria tale autorità, vede riconosciuta ed esaltata la propria dignità di uomo.

Obbedire a chi rappresenta Dio non è umiliazione ma glorificazione.

Il ministero educativo postula il senso di responsabilità che è dote preziosa, indicante serietà e rettitudine morale; richiede una coscienza retta e delicata; sollecita l'adempimento premuroso del dovere; impone di dirigere primeggiando però nel lavoro e nel sacrificio.

4. Presenza educativa ed esemplarità

Di quale tipo di presenza ha bisogno oggi l'educando per crescere e maturare, in libertà e responsabilità?

Di una animatrice presenza d'amore che sia caratterizzata da un rapporto interpersonale autentico; dall'esigenza di libertà creatrice; dalla dinamica di gruppo.6

Ogni educazione si fonda principalmente sull'esempio.

Solo l'esempio riesce a scalfire e a farsi ricordare.

Presenta infatti una potenza di attrazione eccezionale, per abbattere o per costruire.

Se poi l'educatore è ricco di grazia, cioè di vita soprannaturale, l'influsso del suo esempio diviene straordinariamente potente.

Certo questa esemplarità, mantenuta sempre e in tutto, esige una continua vigilanza su di sé: gesti, parole, azioni sempre controllate.

È un sacrificio pesante, ma necessario.

5. Ottimismo ed allegria

L'educatore è un costruttore.

Deve saper scoprire e valorizzare le doti degli educandi.

Per vocazione dev'essere ottimista, nonostante le contraddizioni, le incomprensioni, l'ingratitudine, l'apparente sterilità.

L'educatore fa suo l'ottimismo di Dio che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi, che non spegne il lucignolo fumigante, che attende con pazienza il figlio prodigo.

Chi poi deve educare alla gioia e per mezzo della gioia non può essere che allegro.

L'allegria tonifica la salute fisica ed è pure un corroborante dello spirito.

È pertanto un elemento insostituibile della educazione.

6. Comprensione

Ciò vuoi dire:

senso paterno;

profonda bontà e serenità;

dare e ispirare fiducia;

sapersi immedesimare negli alunni;

saper pazientare e perdonare;

capire il carattere di ciascuno;

essere prontissimi a dimenticare affronti e malintesi.

7. Fortezza

Che è consapevolezza dei propri doveri e precisa volontà di realizzarli; impegno ad un costante dialogo ed ascolto per cogliere i punti di convergenza; collaborazione attiva e competente; testimonianza cristiana animatrice.

XI - Spiritualità del maestro in prospettiva cristiana

1. Un educatore nuovo per tempi nuovi

« Le condizioni di vita dell'uomo moderno, sotto l'aspetto sociale e culturale, sono profondamente cambiate… » ( GS 54 ).

Il maestro/educatore ha bisogno di una teologia rinnovata dell'opzione fondamentale per evangelizzare la libertà, la partecipazione, l'autonomia del profano.

Lo specifico dell'educatore cristiano consiste nel creare una reale alternativa alla logica spersonalizzante e sfruttatrice di tante istituzioni sociali: dev'essere l'uomo dell'alternativa, colui che porta nel mondo della scuola la testimonianza vissuta e convincente del fatto che l'alternativa è possibile, doverosa, ed è costruttiva della personalità.

Suo compito: promuovere un'educazione umanizzante, aperta però alle istanze critiche di fronte alla cultura e quindi anche agli orizzonti trascendenti dell'esistenza.

2. Specifiche carenze della scuola italiana

Soprattutto la scuola italiana attuale vive una vasta crisi di maturazione; subisce dannose esorbitanze di impostazione ideologiche e pratiche; scarseggia dei valori della visione cristiana.

In pratica il fattore religioso non è più una componente operante e fondamentale per la formazione integrale dell'uomo.

Ne sono conosciuti i valori integrali autentici; la loro originalità di fronte ad ogni altro valore; la fondazione critica del messaggio cristiano e della sua trascendenza nei confronti di ogni cultura; la sua capacità di rispondere agli interrogativi supremi dell'uomo.

Come far fronte a questa grave situazione?

Certo, la comunità cristiana dovrebbe intervenire con urgenza e fortezza perché sia riconosciuta, anche praticamente - oltre che dalla Costituzione - una reale libertà di scelta scolastica per le famiglie.

Si può ancora restare inattivi quando sta facendosi strada l'ideologia marxista che rifiuta il pluralismo nella scuola e sostiene che i gestori dell'educazione sono lo Stato, le regioni, i comuni e ritiene la scuola "privata" come scuola di "supplenza", quindi provvisoria, senza alcun diritto a sovvenzioni?

Perché i credenti non si sentono impegnati a sostenere la loro scuola libera e cattolica, potenzialmente più ricca di possibilità formative di personalità?

E finalmente perché non animare con lo spirito evangelico tutta la realtà della scuola, in maniera da adeguarla alla vocazione totale dell'uomo sulla terra?

Ogni maestro dev'essere strumento educativo, deve tendere ad essere un segno concreto della verità e del bene e deve impegnarsi nell'educazione ai valori, stabilendo un dialogo intensamente umano con i suoi alunni, in piena aderenza alla realtà totale dell'adolescenza.

In particolare il maestro cristiano deve promuovere, al pari degli altri educatori, le finalità culturali proprie della scuola e la formazione umana dei giovani.

Deve poi accostare, studiare e contemplare il "mistero educativo" di Cristo, per applicarne lo spirito e il metodo.

Contemplazione episodica e visione sintetica successiva che faccia brillare la figura di Gesù Maestro in atto di educare, di richiamare, di correggere, di sollecitare l'attività dell'educando, di dare orientamenti morali, di promuovere la fede verso la sua persona, in atto di usare misericordia, di affidare compiti, di rivelarsi come Messia, di fare profezie, ecc…

Il maestro cristiano non può non essere apostolo, che vive in sé e diffonde i germi delle virtù teologali.

Accettazione, apertura, accoglienza, fiducia, disinteresse, presenza spirituale, amore verso l'altro sono la condizione, i pilastri, le qualità della relazione di comunione tra il maestro/educatore e gli alunni.

Il maestro non è un mestierante, ma un chiamato da Dio e un suo vero collaboratore.

Deve coordinare l'insieme della cultura umana con il messaggio cristiano della salvezza, sicché la conoscenza del mondo, della vita, dell'uomo, che gli alunni via via acquistano, sia illuminata dalla fede.

È soprattutto compito del maestro dar vita ad un ambiente comunitario scolastico permeato dallo spirito evangelico di libertà in modo che la scuola sia comunione d'anime, vera comunità educativa in senso cristiano nella profonda unione tra docenti, genitori, alunni.

3. La maestra di scuola materna

Obiettivo della scuola materna - forse sarebbe meglio chiamarla scuola d'infanzia - è di orientare ed organizzare, in un clima di libertà e di rispetto ludico-operativo, le sfere primarie della personalità infantile: fisica, affettiva, religioso-morale, sociale, intellettuale.

Tale scuola si ispira ad una pedagogia di liberazione, di riscatto e di promozione del bambino per rispondere al complesso e variato campo dei suoi bisogni e per consentirgli una sana elaborazione di sé, partendo dall'incontro con il mondo adulto in un rapporto di reciproca influenza.

È fondamentale che questa scuola sia ambiente comunitario permeato di libertà e di carità evangelica; che aiuti i bambini a crescere gioiosamente insieme e che offra i fondamenti per una concezione spirituale, serena e unitaria del mondo, della vita, degli uomini.

L'evangelizzazione dei bambini è risposta ad un loro diritto: essi sono disponibili al senso religioso, in essi esiste la capacità di cercare Dio e di aspirare a lui, ma hanno bisogno di altri per poterlo realizzare.

Dalla adesione alla parola di Dio, viene nel maestro/educatore la ferma fiducia nella realizzazione del disegno divino che lo coinvolge assieme ai bambini.

4. Il maestro di scuola elementare

La scuola elementare promuove il pieno sviluppo della persona umana nel fanciullo, in collaborazione con la famiglia.

Il maestro dovrà tendere a far raggiungere gli obiettivi di detta scuola, e cioè la libertà, la socialità, la cultura e la religiosità.

Per raggiungere quest'ultimo obiettivo occorre che:

a. Lo studio delle varie discipline miri alla formazione integrale dell'alunno in vista del bene comune;

b. Siano sollecitate le facoltà di ammirazione, intuizione, contemplazione, in modo da formare nel bimbo un giudizio personale attraverso la ricerca della verità in una esperienza di fede;

c. Siano elevati i valori di intelligenza, volontà, coscienza e fraternità.

Una scuola di simile impegno pedagogico-didattico e sociale esige una preparazione adeguata umana, professionale, teologica.

Infarti la proposta religiosa rivolta agli alunni della scuola dell'obbligo e presentata accanto ad ogni possibile risposta che ad essa può venir data non solo rispetta la pluralità degli orientamenti ideologici delle famiglie, degli alunni e degli insegnanti, ma si traduce in una vera, autentica proposta educativa liberante ed orientante anche per coloro che riterranno, domani, di non dover fare scelte di fede.

5. L'insegnate della scuola media inferiore

Nell'età degli 11-14 anni, mentre permangono le esigenze di maturazione umana a tutti comuni, si vanno via via accentuando tendenze e inclinazioni e chiarendo attitudini che segneranno le vie per le scelte definitive nel quadro delle scuole successive e delle professioni.

È pertanto una scuola orientante, unitaria, articolata.

Ne seguono alcuni principi e corrispondenti linee operative.

a. Principali obiettivi della scuola media

Favorire la maturazione personale attraverso lo sviluppo dell'io libero nel difficile passaggio dalla fanciullezza all'adolescenza;

favorire lo sviluppo sociale aiutando i ragazzi a passare gradualmente dalla fase egocentrica dell'amore a quella altruistica;

fare della cultura il mezzo per sviluppare nei ragazzi tutte le facoltà in modo da renderli capaci di giudizi personali e di senso religioso, morale, sociale;

formare nei ragazzi un'autentica mentalità di fede, favorendo una conoscenza sempre più profonda e personale della realtà cristiana, avviandoli alla vita ecclesiale, aiutandoli a formarsi un proprio modo di agire in cui fede e vita si integrino.

b. Linee operative pratiche

Dare la possibilità di scelte libere, aiutando a decidere con motivazioni non eteronome, bensì per convinzioni personali e responsabili;

vivere esperienze di vita comunitaria fuori dell'ambiente scolastico e non finalizzate soltanto ad obiettivi scolastici;

favorire una mentalità di lavoro e il senso della globalità.

c. Specifico impegno dell'educatore cristiano

Ricordando che quale l'alunno, tale la scuola, tale l'educatore per essa, l'insegnante deve:

avere continuamente la coscienza che l'insegnamento che gli è affidato è una missione apostolico-pastorale e deve sentire l''anelito ad uno studio del messaggio cristiano e ad un impegno di maturazione personale nella fede per essere testimone e modello;

dare vita ad una comunità cristianamente impegnata;

tener presente che le singole materie dovrebbero evidenziare l'opera di Dio nella storia e la collaborazione dell'uomo nello sviluppo della creazione, e che nel successo o insuccesso di questo progetto è fortemente implicata la sua responsabilità;

educare a fare delle scelte cristiane, e quindi abituare a progettare la propria vita ascoltando il Padre e guardando alle necessità dei fratelli.

6. L'insegnate delle scuole medie superiori

La scuola è il luogo dove si apprende la riflessione critica sui modi diversi di elaborare la cultura che verranno poi perseguiti durante tutta la vita.

Finalità della scuola degli adolescenti sui 14-19 anni è la personalità sociale da maturare, mediante la cultura da assimilare, secondo la professione a cui preparare.

Dovrebbe dunque essere una scuola che personalizza, umanizza, civilizza, attualizza.

Scuola che forma al lavoro, alla professione, alla socialità, alla democrazia, alla testimonianza di fede.

Ma troppi insegnanti sono impreparati a dare una risposta alle istanze - a volte spregiudicate, ma spesso valide - presentate dalle nuove generazioni di questo nuovo tipo di scuola.

Deludente è pure la presenza cristiana nella nostra scuola media superiore, mentre ci si aspetterebbe dai docenti cristiani un impegno molto sentito in questo campo.

C'è inerzia, passività, estraneità ai problemi politici, sociali e religiosi del momento.

Sapendo che la nostra gioventù è allergica a tutto ciò che presenta un carattere repressivo e ad ogni limitazione della libertà, non si trasmettono i valori di socialità, di giustizia, di apertura.

Così l'insegnamento cessa di essère vivo e utile.

Valorizzando il concetto di interdisciplinarità, che è uno degli aspetti più importanti e suggestivi della ricerca pedagogica contemporanea e calandolo nella prassi di una quotidiana didattica aperta al dialogo ed all'incontro, tutti gli educatori ( soprattutto cristiani ) devono recuperare alla scuola la funzione di formazione alla libertà, responsabilità, creatività, criticità, partecipazione all'impegno politico-sociale, testimonianza della fede.

Tanto più urgente quest'azione illuminante in quanto la stessa metodologia dell'interdisciplinarità è troppo spesso occasione per una lettura marxisticamente unilaterale della realtà e della storia.

I docenti devono sapere che non pochi giovani - lo dimostrano serie inchieste - sono aperti e disponibili ad una esperienza religiosa che mantenga il valore originario di una novità di vita conseguente ad un annuncio liberamente accolto.

I giovani cercano innanzitutto lo specifico cristiano, ossia ciò che caratterizza in modo originale il cristianesimo; poi vogliono una presentazione globale e unitaria del cristianesimo; sono sensibili al confronto, sempre impegnativo sul piano storico, del cristianesimo con le altre forze e correnti di pensiero e dell'azione politica, e in rapporto a questo confronto vogliono i "segni", ossia una viva testimonianza; infine cercano una religione che li impegni.

7. Il professore universitario

Anche l'università, oggi, è in crisi, e non solo in Italia.

Ma crisi dice cambiamento, può implicare progresso e vita.

Alcuni degli ostacoli che si frappongono alla promozione e alla liberazione del giovane, e cioè alla formazione completa dell'uomo d'oggi - compito specifico dell'università - sono i seguenti:

il processo di secolarizzazione della cultura;

eliminazione progressiva della teologia, della filosofia e, in genere, delle materie umanistiche;

l'accentuazione delle tendenze pragmatiche e utilitaristiche, a detrimento degli aspetti speculativi e teorici;

la diminuita riflessione del singolo studente a vantaggio delle ricerche collettive realizzate da "équipes";

le forti tensioni sociali, i conflitti ideologici o politici: ambiente dominato o dal liberalismo o dal socialismo o dall'anarchia;

il decadere degli studi, la strumentalizzazione partitica, il verbalismo ideologico, il predominio dell'ideologia di moda, le tensioni tra vecchi e nuovi docenti, i preconcetti di molti insegnanti nei confronti dei giovani miranti al rinnovamento della società…

In Italia gli studenti iscritti nelle università sono quasi 1.000.000 ( 1979 ).

La caotica liberalizzazione dell'accesso all'università intervenuta, prescindendo dalla necessaria riforma di tutti gli studi medi superiori e universitari, ha scaricato nella scuola le tensioni sociali, declassando la scuola stessa ad area di parcheggio.

Si dice che i docenti siano 50.000, ma comprendendo anche gli assistenti, gli incaricati, i contrattisti, gli esercitatori ed i borsisti.

Di questi solo 15.000 sono effettivamente responsabili dell'insegnamento universitario: numero del tutto insufficiente per distribuire il sapere a quasi un milione di studenti.

Questi non possono trovare, nell'università attuale, una sede idonea per imparare a studiare, per crescere culturalmente, per analizzare obiettivamente le tematiche proposte, per iniziarsi alla ricerca.

Mancano le strutture, i laboratori, le biblioteche accessibili, gli ambienti adatti per svolgere i seminari e per impostare le ipotesi di un lavoro serio di gruppo.

Soprattutto mancano docenti disponibili agli altri in senso comunitario ecclesiale.

Eppure, nelle università, ci sono anche "segni" di rinnovamento spirituale, come la sincera e profonda ricerca del significato esistenziale della vita; la tendenza all'integrità morale e al raggiungimento di una attività e di una struttura comunitaria che supera l'angusta visione egocentrica dell'esistenza personale.

Possibili rimedi.

Come avere una università veramente rinnovata nei suoi metodi, moderna, culturalmente e scientificamente all'avanguardia, centro di ricerche e stimolo continuo per i più volonterosi, formatrice di professionisti capaci di migliorare la società?

Ancora una volta è soprattutto questione di uomini, di docenti modello, di cristiani autentici.

In questo processo di trasformazione dell'università l'atteggiamento dei docenti cristiani può essere così sintetizzato:

continua disponibilità al dialogo e al confronto con quanti desiderano sinceramente collaborare per un autentico rinnovamento;

conoscenza della nuova realtà e possesso di criteri interpretativi per la valutazione della stessa, così da poter rispondere alle esigenze dei giovani;

esigenza di un continuo aggiornamento che riguardi non solo la propria specifica preparazione professionale ma anche la più ampia conoscenza possibile di tutti i valori ( sociale, economico, politico, culturale, etico, religioso ), compresenti nel processo di promozione umana;

presenza attiva, avvalorata da una forte, visibile, esemplare testimonianza di fede, e cioè responsabilità piena e totale ed una coerenza indefettibile e costante sul piano dell'azione;

critica costruttiva autenticamente profetica;

leale e aperta collaborazione con i colleghi nella ricerca di quegli aspetti che tendono a ricondurre le varie discipline ad una sintesi unitaria del sapere;

impegno a creare un autentico clima di libertà che permetta agli studenti l'espressione sincera delle proprie idee, opinioni, sentimenti, nel rispetto di quella esigenza di autenticità, di chiarezza e di liberazione che è così viva nei giovani di oggi.

8. Educazione permanente

Gli studi universitari non sono, non possono essere l'ultima fase di formazione scolastica.

Questa dev'essere totalmente "ripensata" e cioè vista come "prima" fase dell'educazione permanente i cui principi sono l'autoformazione promossa ed assistita dagli insegnanti e la conseguente coscienza di responsabilità personale.

L'educazione permanente ha la missione:

di assicurare, dopo la scuola, il mantenimento dell'istruzione e dell'educazione ricevuta a scuola;

di prolungare e completare, al di fuori della formazione e dell'attività professionale, l'educazione fisica, intellettuale ed estetica della gioventù fino all'esercizio dei diritti di cittadino;

di permettere il perfezionamento, il completamento, il rinnovamento e la riadattazione delle capacità in qualsiasi età;

di facilitare l'elaborazione delle conoscenze e la comprensione dei problemi nazionali e mondiali a tutti i cittadini senza distinzione di titoli e di responsabilità;

di permettere a tutti il godimento del patrimonio culturale della civiltà e del suo costante arricchimento.

L'educazione permanente è basata sul diritto-dovere di ogni persona di educarsi per tutta la vita.

L'educazione è una maniera di vivere, di stare al mondo… con gli occhi aperti.

Coloro che cessano di formarsi, si assopiscono, non hanno più un modo accorto di essere al mondo, vegetano.

È indispensabile una revisione costante delle conoscenze, un aggiornamento continuo.

L'educazione permanente permette che si esprima il potenziale educativo proprio di ogni individuo e che si realizzi tutta la sua maturità in qualsiasi momento della vita.

L'educazione permanente non può essere chiesta ad un "sistema scolastico", ma ad una società nel suo insieme che abbia una reale volontà educativa.7

XII - Responsabilità del maestro/educatore cristiano

Con lo sviluppo delle tecniche audio-visive, dell'insegnamento programmato e dei nuovi metodi di insegnamento delle discipline tradizionali, la professione dell'insegnante è diventata più complessa e impegnativa.8

Anche per il buon funzionamento degli organi collegiali della scuola, come Consigli Distrettuali e Provinciali ( cf legge Nazionale D.P.R. 24.7.1977 e singole Leggi Regionali ), e soprattutto perché sia evitato il pericolo di una politicizzazione di tipo deteriore che vanificherebbe ogni possibilità di rinnovamento, occorre una partecipazione qualificata.

Occorre soprattutto una professionalità che, nel progetto educativo, miri alla realizzazione della persona globale, e ricerchi, con coerenza e responsabilità, proposte culturali che favoriscano la crescita integrale dell'uomo, perché questa è l'attività propria della scuola: costruire l'uomo totale.

Ma per servire l'uomo in tutte le sue sfaccettature, e quindi anche nella dimensione religiosa senza la quale la "totalità" verrebbe gravemente menomata, è indispensabile la proposta cristiana che si configuri:

come sensibilità attenta a cogliere istanze, bisogni, aspirazioni della comunità;

come impegno a ricercare e verificare sistematicamente gli obiettivi raggiunti e la qualità dei metodi adottati;

infine come testimonianza di etica professionale.

La proposta cristiana riesce significativa perché, attraverso il metodo induttivo, va alla ricerca dei valori umani autentici, che sono poi i valori perenni e universali ( come la bellezza, la verità, il bene ), li propone realizzando così la umanizzazione totale di tutte le componenti costitutive dell'uomo.

Di fronte al sommovimento sconcertante della scuola, italiana ed estera, dove ormai gli apparati ideologici hanno perduto il loro potere, è assolutamente necessario individuare un diverso orientamento nell'azione educativa.

Questa infatti punta non più sulla proposta di un ideale ma sulla formazione della capacità di costruire un ideale.

Si tratta di un richiamo alla persona e alla sua autonomia, cui si arriva attraverso la centralità della relazione sociale: solamente la relazione col "prossimo" può determinare la personalità come manifestazione della persona.

L'una non c'è senza l'altra.

Ma, nel rispetto della prima come nella formazione della seconda, l'insegnante cristiano può e deve assumersi una particolare responsabilità.

Al di sopra delle strutture e delle realtà sociali e collettive, deve riaffermare con forza la validità del pluralismo scolastico ( "libertà nella scuola" ) e del pluralismo istituzionale ( "libertà di scuola" ).

Di fronte ai fermenti della scuola d'oggi, l'insegnante cristiano deve affrontare, con senso di grande responsabilità e viva compartecipazione, i ruoli educativi, civico-politici e socio-culturali per farli convergere in un progetto di promozione umana nel quale emergano i caratteri delle decisioni comunitarie piuttosto che le scelte collettive egemonizzanti.

In realtà i risultati delle giornate elettorali del dicembre 1977 sottolineano il contributo di partecipazione dei credenti e la riaffermazione del diritto-dovere di una propria presenza nella scuola, luogo decisivo di promozione umana.

Il significato più vero e profondo che sta alla base delle scelte, compiute da una buona parte degli elettori, è la fiducia e la disponibilità al discorso cristiano sull'uomo, sull'educazione, sulla cultura, sulla scuola, e, di riflesso, anche sulla società.

Tutto questo però richiede nei neo-consiglieri la conoscenza dell'ambiente, il raccordo scuola-società, scuola-territorio, scuola-mondo del lavoro-attività produttiva.

La scuola è, purtroppo, violenta, ma molte cose possono ancora cambiare.

I cristiani hanno in questo settore un ruolo decisivo.

Partiti e sindacati hanno ripetuto che l'insegnante non ha una missione: è un lavoratore e, nel migliore dei casi o un burocrate o un demagogo che ha il dovere di "demistificare".

Ma l'insegnante non può che essere un missionario, un pre-evangelizzatore.

Una scuola animata da tali insegnanti - non chiusa in se stessa, ma aperta al confronto con le altre scuole e che ammette al proprio interno una pluralità di voci - ha buone possibilità di realizzare il progetto dialettico di umanizzazione totale.

In questo senso una scuola che ancora funziona - pure tra innumerevoli difficoltà - è la scuola cattolica, che ha conservato l'idea che l'insegnante non ha soltanto una funzione critica ma soprattutto educativa.

Per contrario il modello di scuola marxista è fallito: il partito non riesce ad essere pedagogo, perché si pone sul piano della lotta e dell'egemonia: plagia, non convince.

Anche la scuola capitalista, sottomettendo l'educazione e la cultura alle esigenze della produzione è fallita, perché settaria.

Così il sistema scolastico italiano, con il suo monopolio statale dell'istruzione, è nato come una precisa scelta politica dello Stato liberale e il fascismo rafforzò il concetto della scuola come funzione dello Stato.

Nell'Assemblea costituente invece si affermò il concetto di una scuola come servizio pubblico, anche se, di fatto, per troppo tempo, si continuò a considerare lo Stato gestore e amministratore quasi unico dell'educazione dei cittadini.

E soltanto con la legge 30.7.1973, n. 477 e 24.7.1977 n. 616 che si introduce il principio della gestione democratica del servizio scolastico.

Gli operatori cristiani della scuola, se sapranno cogliere l'esigenza di pensiero e le tensioni educative che devono sostituire con efficacia ciò che non c'è più e che non è bene riproporre, contribuiranno efficacemente a darci una scuola più seria, più vera, più rispettosa delle sue finalità di promozione culturale ed educativa della persona, sottratta alla violenza strumentalizzante di opposte ideologie politiche, più rispettosa del ruolo educativo della famiglia e di un beninteso pluralismo culturale.

In tutto l'esercizio della sua missione, l'insegnante cristiano guarda a Dio educatore del suo popolo e così si convince che la comunità apprende dalle scritture qual è la volontà del Signore e viene educata a una vita conforme a tale volere.

Padre
Scuola
Nella chiesa Itinerario II,2c
Padre spirituale Padre I
Comprensione verso il … Maestro XI

S. G. B. de La Salle

… cristiano

Festa del Santo Natale MF 86,3
San Bernardino MF 128,1
Santa Margherita regina di Scozia MF 133,2
San Cassiano vescovo e martire MF 155,1
È Dio che, nella sua Provvidenza, ha fondato le Scuole Cristiane MR 193,3
Mezzi di cui deve servirsi un educatore per portare i fanciulli alla santità MR 194,2
Chi educa i giovani coopera con Gesù Cristo alla salvezza delle anime MR 195,2-3
Chi istruisce i giovani ha l'obbligo di essere molto zelante, se vuole compiere bene la sua santa missione MR 201
I Fratelli delle Scuole Cristiane hanno l'obbligo di riprendere e di correggere le colpe che commettono i loro alunni MR 203,2
Come dovete far notare e correggere i difetti degli alunni posti sotto la vostra guida MR 204,1
Ricompensa che deve aspettarsi in cielo un Fratello delle Scuole Cristiane se è stato sempre fedele al suo lavoro MR 208,2

Guida delle scuole cristiane

Durante le lezioni 87-105
Come correggere i difetti dei nuovi maestri App. C
Come far acquistare ai nuovi maestri le doti di cui necessitano App. C

1 M. Strazza, La scuola nella nuova realtà sociale e politica in Orient. Pedag., marzo 1976, 314
2 I libri di E. Fiorentini, come Se la scuola non muore e Scuola, addio, Roma, Armando 1975
3 E. Butturini, Gli studenti giudicano i decreti delegati in Orient. Pedag., marzo 1976, 274-286
4 D. Antiseri, Cosa può suggerire la scienza all'educatore in Religione e scuola, aprile 1976, 547
5 G. Rovea, Il nuovo stato giuridico dei docenti e della scuola, Roma, UCIIM, 1974
6 G. Dho, La continua presenza dell'educatore come espressione d'amore in Note di pastorale giovanile, maggio 1974, 42-55
7 M. Mencarelli, Educazione permanente. Brescia, La Scuola, 1965; M. Mencarelli, Educazione permanente e animazione socio-culturale. Ivi 1974; P. Legrand, Introduzione all'educazione permanente, Roma, Armando, 1973; W. K. Richmond, Educazione permanente nella società aperta. Ivi, 1974
8 M. Dieuzeide, Le tecniche audiovisive nell'insegnamento. Roma, Armando, 1970; M. Mencarelli, Potenziale educativo e creatività, Brescia, La Scuola, 1974; G. Mialaret, Psicopedagogia dei mezzi audiovisivi, Roma, Armando, 1972; M. Reguzzoni, Audiovisivi per la scuola in Aggiornamenti sociali, 1978. n. 1, 66-74