Protreptico ai Greci

Capitolo 7

Ma venga a noi ( poiché non basta la sola filosofia ) anche la stessa poesia, sebbene interamente occupata nella menzogna, a testimoniare una buona volta la verità, o piuttosto a confessare dinanzi a Dio la sua deviazione da essa, rappresentata dai suoi miti.

Si presenti qualunque poeta voglia venire per primo.

Arato, dunque, pensa che la potenza di Dio attraversa l'universo: …perché ben salde tutte le cose crescano, per questo, lui sempre per primo, e ultimo si propiziano; salve, padre, grande prodigio, e grande aiuto per gli uomini!

Allo stesso modo anche Esiodo di Ascra parla oscuramente di Dio: giacché egli è di tutti sovrano e di tutti signore, né degli immortali alcun altro con te sul potere ha conteso.

Inoltre, anche sulla scena essi svelano la verità: l'uno, Euripide, volto lo sguardo all'etere e al cielo, " Questo stima Dio ", dice; l'altro, Sofocle, il figlio di Sofillo: Uno in verità, un solo è Dio, che fece il cielo e la terra vastissima, e dei flutti marini il rilucente rigonfiamento, e la forza dei venti.

Ma noi, molti mortali, errando in cuore, come conforto delle nostre pene, i simulacri degli dei innalzammo, immagini di pietra o bronzo o d'oro o d'avorio.

Ed a questi dedicando sacrifizi e solenni feste vane in questo modo d'esser pii crediamo.

Questo qui, ormai anche temerariamente presentò sulla scena agli spettatori la verità.

E il tracio interprete dei misteri e nello stesso tempo poeta, Orfeo, figlio di Eagro, dopo l'esposizione dei riti sacri e la trattazione della divinità degli idoli, introduce la palinodia della verità, cantando così una buona volta, sebbene tardi, un discorso veramente sacro: parlerò a quelli ch'è lecito, chiudete le porte o profani, tutti ugualmente; tu, ascoltami, figliuol della Luna, Museo, giacche il vero dirò, né le cose che pria ti parvero in petto della vita diletta ti priveranno.

E tu guarda alla divina parola, ed a questa sta attento, e dirigi rettamente del cuore l'urna ove ha sede intelletto; e per la via dritta incamminati, e guarda solo al Signore, del mondo, immortale.

Quindi continuando, soggiunge apertamente: uno solo da sé nato, e da uno solo sono nate tutte le cose; e in esse ei si aggira, e nessun dei mortali lo vede, ed ei vede tutti…

Così dunque Orfeo: col tempo almeno egli comprese finalmente di essere stato nell'errore.

Ma tu non indugiare, accorto mortale, ed affrettati, e indietro rivolgendoti, propiziati così Dio.

I Greci infatti, sebbene, avendo indubbiamente ricevuto talune scintille del Verbo divino, abbiano fatto sentire solo pochi accenti della verità, testimoniano la potenza di essa che non è stata nascosta; ma insieme, d'altra parte, rivelano la propria debolezza, perché non giunsero fino al termine.

Giacché oramai credo che a chiunque è diventato chiaro che coloro che fanno o anche dicono qualche cosa senza il Verbo della Verità, sono simili a quelli che si sforzano di camminare senza piedi.

Ti spingano alla salvezza anche gli attacchi che i poeti comici, costretti dalla forza della verità, fanno ai vostri dei.

Il poeta comico Menandro, per esempio, dice nella commedia intitolata " L'auriga ": non mi piace un dio che vada fuori con una vecchia a spasso, né che penetri dentro le case con la tavoletta, come un sacerdote questuante: tali infatti sono i sacerdoti questuanti di Cibele.

Donde a ragione Antistene diceva ad essi, quando chiedevano l'elemosina: "Io non nutro la madre degli dei, perché la nutrono gli dei".

Di nuovo lo stesso poeta comico, nella commedia intitolata " La sacerdotessa", indignato contro questa consuetudine, cerca di combattere l'empia arroganza di questo errore, aggiungendo saggiamente: se, dunque, l'uomo trae coi cembali Dio dovunque voglia quei che fa questo è più grande di Dio.

Ma sono questi strumenti d'audacia e di forza, trovati dagli uomini…

E non solo Menandro, ma anche Omero ed Euripide e molti altri poeti smascherano i vostri dei e non temono minimamente di insultarli.

Per esempio, Atena la chiamano " mosca canina ", ed Efesto " zoppo di tutti e due i piedi", e ad Afrodite Elena dice: né coi tuoi piedi all'Olimpo fare ritorno mai più.

Di Dioniso scrive Omero apertamente: Ei che una volta di Dioniso furente perseguitò le nutrici pel monte di Nisa santissimo; ed esse tutte versarono a terra i sacri arredi, dal crudo Licurgo ( percosse )…

Degno veramente della socratica scuola è Euripide, poiché guardò solo la verità e disprezzò gli spettatori, sia quando smaschera Apollo, che le sedi del centro della terra abita, e dà ai mortali sicurissimi oracoli, con queste parole: a lui ubbidendo uccisi la madre, lui giudicate empio ed uccidete; lui, e non io, peccò, che più ignorante e del bello e del giusto egli è di me, sia quando introduce Eracle furioso e, in altro punto, ubbriaco e insaziabile.

Come no, infatti? Egli che, mentre banchettava con carni mangiava dopo fichi verdi sguaiatamente latrando così che l'avrebbe un barbaro compreso…

E già nel dramma intitolato " Ione " presenta senza alcun ritegno gli dei agli spettatori: Come può esser giusto che voi stessi che faceste per gli uomini le leggi siate accusati di violarle?

Se - ciò non sarò, ma voglio far l'ipotesi - tu e Poseidone e Zeus ch'è re del cielo delle nozze violente il conto rendere agli uomini doveste, il fio pagando delle ingiustizie, vuotereste i templi.

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