Maria Marta Chambon la vita

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La povertà

« Signore Gesù, mostratemi le vie della vostra carissima povertà, perché io l'amo così apassionatamente che non posso trovar riposo lontano da essa.

Voi lo sapete o mio Dio, poiché siete Voi che mi avete messo in cuore questo grande amore! … ».

( S. Francesco d'Assisi ).

Nessuna parola potrebbe tradurre meglio i sentimenti della nostra antica Terziaria di S. Francesco d'Assisi; la povertà evangelica fu realmente la virtù prediletta di Suor M. Marta e - come l'umiltà - formò la santa passione dell'anima sua.

Certo, la sua entrata in Monastero non le costò gran sacrificio materiale: nata da famiglia modestissima, non dové rinunciare alle ricchezze, con il loro corteggio di lusso e di comodità.

Perciò, certe privazioni, così dure per le novizie di differente condizione, non le costarono troppo.

Ciò non toglie però che essa acquistasse nel Chiostro il vero spirito di povertà, praticando questa virtù in grado eroico, in tutta la sua estensione e nei modi più svariati.

Qui, come ovunque, gli esempi di N. Signore ebbero il primo posto nella sua formazione.

Ricordiamo i lumi che le vennero nei primi anni della sua vita religiosa, sull'eccellenza e la bellezza del volo di povertà contemplando l'immagine del Salvatore nascente: « Nessun bambino venne mai al mondo in maggior povertà », le fu dichiarato.

Essa vedeva il Divin Bambinello ravvolto nelle fasce, avendo per riscaldarsi le sole braccia di Maria e il fiato degli animali …

Spogliamento, sofferenze, privazioni, umiliazioni del Salvatore e della sua Santa Madre, voi siete una predica per le sue Spose.

Un giorno, Suor M. Marta faceva la Via Crucis.

Alla decima stazione N. Signore le fece capire che lo spogliamento da Lui subìto aveva meritato molte grazie alle anime chiamate a seguirlo nella povertà.

Le richiese di offrire le Sante Piaghe per le Sue Spose che hanno ancora bisogno di rinuncie, affinché esse sappiano rivestirlo mediante una pratica più diligente del loro voto di povertà ».

Continuando a istruire la sua fedele discepola, il Divin Crocifisso le presenta in questa austera virtù, il coltello sacrificatore che taglia, non solo gli attacchi agli oggetti esteriori e sensibili, ma si interna senza pietà fino all'intimo dell'anima, per distaccarla da tutto ciò: « Non vi sono che le anime religiose che possano partecipare veramente al mio spogliamento sulla Croce, lasciandosi togliere tutto, per mezzo delle pene che sopraggiungono secondo lavolontà di Dio ».

Da Gesù Sacramentato la stessa lezione, la stessa richiesta: « Osserva Colui che è qui: quanto è povero! … Conformati a questo modello.

Un cuore non può possedermi interamente, se non è spoglio di sé e delle creature.

In questa povertà vi è ogni ricchezza.

Nel Tabernacolo, come sulla Croce, Figlia mia. Io sono spogliato di tutto …

Voglio che l'anima Religiosa sia anch'essa così: essa deve perdere il proprio spirito e prendere quello di Gesù.

« Per guadagnare il mio Cuore, occorre esser povero e avere il puro necessario.

Il superfluo mi appartiene, bisogna donarmelo ».

Suor M. Marta, si capisce facilmente, non ebbe mai il superfluo e sì ridusse sempre allo stretto necessario.

Povera, essa lo fu effettivamente in tutto.

Lo fu nei suoi vestimenti logori e rattoppati fino all'estremo.

Lo fu nel cibo, riservandosi, con le debite licenze, i rifiuti delle altre, e le frutta completamente guaste, che essa sola poteva mangiare.

Lo fu nel suo impiego, « avendo cura d'ogni cosa, non rompendo quasi nulla in questo ufficio di refettoriera dell'educandato, dove le occasioni di fare dei guasti erano frequenti; nelle sue mani gli oggetti più fragili si conservavano indefinitamente e quasi senza deteriorarsi ». ( Manoscritto )

Essa fu povera nel buon uso del tempo, poiché è questa una delle esigenze della povertà religiosa.

Suor M. Marta era naturalmente attivissima, ed e sorprendente che le grazie più segnalate e il più profondo raccoglimento non ostacolassero mai il suo lavoro.

« Essa s'avvantaggiava sempre molto », dicono tutte le sue compagne, e non vi era nessuna che sapesse come lei « cavarsi d'imbarazzo ».

« È chiaro e provato, - attesta la O. M. Teresa Eugenia Revel - che essa faceva giornalmente il lavoro di due persone » - Iddio, senza dubbio, gliene somministrava le forze.

Ma le dava pure l'intelligenza del voto e della virtù di povertà, e la convinzione che non aveva diritto di perdere un sol minuto di tempo.

« Figliuola - le aveva dello Gesù - non bisogna perdere tempo.

Tutti i vostri minuti mi appartengono; se voi ne perdete, commettete un furto a me e al prossimo ».

« Io voglio che tu serva il prossimo, tanto le educande quanto le Sorelle, senza mai rifiutare la fatica, ma tenendoti per molto onorata che vogliano servirsi di te ».

Era ugualmente per spirito di povertà, che la cara Conversa raccoglieva con tanto zelo frutta e legumi, facendo attenzione che nulla andasse perduto.

Per spirito di povertà, essa raccoglieva uno ad uno i chicchi d'uva caduti a terra durante la vendemmia …

E, quando ne ritorna la stagione, noi non manchiamo mai di evocare il ricordo di Suor M. Marta, nell'atto in cui, diligentemente, disimpegnava questo lavoro.

Per spirito di povertà, essa mescolava agli ortaggi le lattughine selvatiche raccolte nei prati … e, nel colmo dell'inverno, trovava ancora nella terra, sotto la neve, dei legumi freschi, che portava come un tesoro alla Sorella addetta alla cucina.

Essa aveva capito che i beni del Monastero appartengono a Dio; come tali ne teneva di conto e soffriva quando scorgeva un po' di negligenza a questo riguardo.

« Suor M. Marta non dava lezioni, - dice una sua compagna già più volte citata; - era così umile! notava solo le mancanze di povertà ».

Questa austero spirito di povertà non era sempre compreso dalle giovani Sorelle, che agivano un po' alla sventata … e l'accusavano talvolta di avarizia, o di pensare solo al materiale.

Cosa commovente e che ci dimostra quale umiltà sincera accompagnava il suo spirito di povertà; questi rimproveri la gettavano sovente in un mare di pene, perché, diceva: « Ciò deve essere vero certamente, poiché il mio prossimo parla così ».

Verso la fine della sua vita, essa confidava ancora questa « spina » alla sua aiutante spirituale: « Alcune Sorelle mi dicono che sono attaccata ai cavoli e agli spinaci …

Oh! no. Solamente mi fa pena quando vedo andare a male qualche cosa, perché si tratta di beni appartenenti al buon Dio, Lui che ce ne fa dono … e poi abbiamo fatto voto di povertà! … »

La nostra cara Sorella, passò forse talvolta la misura?

La cosa non sarebbe tale da sorprendere: e così - intolleranti che siamo - ci accade di tacciare di esagerazione il suo zelo nel far condivivere dalle altre una povertà molto austera!

Ma, dopo di aver rievocati sorridendo questi ricordi, - fiduciose che la nostra caritatevole Sorella ci sorrida di Lassù, - ci è altresì dolcissimo rileggere nei manoscritti, queste parole così consolanti del Divin Maestro, il Quale conosceva, Egli, il cuore della sua Serva: « Figlia mia, ti credono avarissima per la grande cura che tu metti a raccogliere i minimi frutti e conservare ogni cosa.

Io ti giudico ben diversamente.

So quanto il tuo cuore è distaccato dalle cose della terra! … »

Ecco il giusto apprezzamento.

Sì, povera, la nostra Sorella lo fu grazie a questo distacco da tutto, il creato, a questo spogliamento interiore, assoluto …

Essa era realmente spoglia, veramente sciolta, libera da ogni impaccio e molto vicina al grado sovraeminente in cui la povertà e la castità si uniscono con bacio fraterno, in modo che, povera di tutto, l'anima è ricca di Dio solo.

Ricordiamoci della candida risposta segnalata altrove: « Ho il cuore libero … Lui è tutto: Io non tengo a nulla, a nulla, io non desidero nulla … il mio cuore è libero ».

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