Il combattimento spirituale

Capitolo XXIV

Il modo di regolare la lingua

La lingua dell'uomo ha grande bisogno di essere ben regolata e tenuta a freno ( cfr. Gc 1,26 ), perché ognuno è grandemente inclinato a lasciarla correre e discorrere di quelle cose che più dilettano i nostri sensi.

Il molto parlare ha radice per lo più in una certa superbia con la quale, persuadendoci noi di sapere molto e compiacendoci nei nostri concetti ci sforziamo ripetutamente di imprimerli negli animi degli altri per atteggiarci a maestri su di loro quasi che abbiano bisogno d'imparare da noi.

Non si possono esprimere con poche parole i mali che nascono dalle molte parole.

La loquacità è madre dell'accidia, argomento di ignoranza e di pazzia, porta della detrazione, ministra di bugie e raffreddamento del devoto fervore.

Le molte parole danno forza alle passioni viziose e da questo, poi, la lingua è indotta a continuare tanto più facilmente nel parlare indiscreto.

Non ti allargare in lunghi ragionamenti con chi ti ascolta mal volentieri, per non infastidirli; e fa' la stessa cosa con chi ti dà ascolto, per non eccedere i termini della modestia.

Fuggi il parlare con eloquenza e ad alta voce, perché l'una e l'altra cosa è assai odiosa ed è indizio di presunzione e di vanità.

Di te, dei fatti tuoi e dei tuoi congiunti non parlare mai, se non per pura necessità e quanto più brevemente e ristrettamente potrai.

Se ti pare che un altro parli di sé eccessivamente, sforzati di trarne buon concetto ma non imitarlo, sebbene le sue parole tendano alla propria umiliazione e all'accusa di se stesso.

Del prossimo tuo e delle cose appartenenti a lui ragiona il meno possibile, fuorché per dirne bene dove lo richieda l'occasione.

Parla volentieri di Dio, particolarmente del suo amore e della sua bontà; fallo, però, con timore di poter errare anche in questo e ti piaccia stare piuttosto attenta quando un altro ne ragiona, conservando le sue parole nell'intimo del tuo cuore.

Delle altre solamente il suono della voce percuota le tue orecchie e la mente stia sollevata al Signore; se poi bisogna ascoltare colui che ragiona per intendere e rispondere, non lasciare per questo di dare qualche occhiata col pensiero al cielo dove abita il tuo Dio; però osserva la sua altezza e come egli sempre guarda la tua umiltà ( cfr. Lc 1,48 ).

Le cose che ti cadono in cuore per dirle, siano da te considerate prima che passino alla lingua, perché di molte t'accorgerai che sarebbe bene che da te non fossero mandate fuori.

Ma ti avverto inoltre; non poche ancora di quelle cose che allora penserai essere bene che tu dica, sarebbe molto meglio se le seppellissi con il silenzio.

E questo lo conoscerai pensandovi, dopo che sarà passata l'opportunità di parlarne.

Il silenzio, figliuola mia, è una gran fortezza della battaglia spirituale e una certa speranza della vittoria.

Il silenzio è amico di chi diffida di se stesso e confida in Dio; è custode della santa orazione e aiuto meraviglioso per l'esercizio delle virtù.

Per abituarti a tacere considera spesso i danni e i pericoli della loquacità e i grandi beni del silenzio; prendi amore per questa virtù e, per farti l'abitudine, taci per qualche tempo anche dove non sarebbe male parlare purché questo non sia a te o ad altri di pregiudizio.

Perciò ti gioverà pure lo stare lontana dalle conversazioni, perché invece degli uomini avrai per compagnia gli angeli, i santi e lo stesso Dio.

Finalmente ricordati del combattimento che hai per le mani, perché, vedendo quanto in questo hai da fare, ti verrà voglia di lasciare le eccessive parole.

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