Il combattimento spirituale

Capitolo LV

Come ci dobbiamo preparare alla comunione per eccitare in noi l'amore

Per stimolarti con questo sovraceleste sacramento ad amare il tuo Dio, ti volgerai col pensiero all'amore suo verso di te meditando dalla sera precedente su questo punto: come quel grande e onnipotente Signore, non contento di averti creata a sua immagine e somiglianza ( cfr. Gen 1,26 ), non contento di aver mandato in terra il suo unigenito Figliuolo a patire trentatré anni per le tue iniquità, a sopportare asprissimi travagli e la penosa morte di croce per redimerti, volle anche lasciartelo per tuo cibo e per tua utilità nel santissimo sacramento dell'altare.

Considera bene, figliuola, le incomprensibili superiorità di questo amore: esse lo rendono perfettissimo e singolare in tutte le sue parti.

Primo.

Perché se miriamo al tempo, il nostro Dio ci ha amati perpetuamente e senza alcun principio; e quanto egli è eterno nella sua divinità, tanto ancora eterno è il suo amore con cui prima di tutti i secoli fu stabilito nella sua mente di darci il suo Figliuolo in questa maniera meravigliosa.

Perciò giubilandone a causa dell'interna letizia, così potrai dire: "Dunque in quell'abisso di eternità la mia piccolezza era tanto stimata e amata dal sommo Dio, che egli pensava a me e con sentimenti di carità ineffabile bramava di darmi in cibo il suo stesso Figliuolo?".

Secondo.

Inoltre tutti gli altri amori, anche se grandi, hanno qualche termine né possono estendersi più in là, ma solo questo di nostro Signore è senza misura.

E volendo perciò soddisfare in pieno se stesso, egli ha dato il proprio Figliuolo uguale a lui nella maestà infinita, di una stessa sostanza e natura.

Per cui tanto è l'amore quanto il dono e tanto il dono quanto l'amore; l'uno e l'altro sono così grandi, che nessun intelletto può immaginare grandezza maggiore.

Terzo.

Dio non è stato spinto ad amarci da alcuna necessità o forza, ma unicamente la sua intrinseca naturale bontà l'ha mosso a tale e tanto incomprensibile affetto verso di noi.

Quarto.

Non ha potuto precedere nessun'opera oppure merito nostro perché quell'immenso Signore mostrasse verso la nostra meschinità un amore tanto eccessivo, ma per sua sola liberalità egli si è donato completamente a noi indegnissime sue creature.

Quinto.

E se ti rivolgi col pensiero alla purezza di questo amore, vedrai che non è mescolato a interesse alcuno come gli amori mondani: infatti nostro Signore non ha bisogno dei nostri beni, essendo egli senza di noi felicissimo e gloriosissimo in se stesso.

Perciò la sua ineffabile bontà e carità sono state puramente effuse in noi non per suo, ma per nostro beneficio.

Pensando bene a questo, tu dirai fra te medesima: "Com'è possibile che a un Signore tanto sublime stia a cuore una creatura cosi vile?

Che vuoi tu, re di gloria; cosa aspetti da me, che non sono altro che un po' di polvere?

Dio mio, nella luce della tua ardente carità io scorgo bene che tu hai un solo disegno capace di scoprirmi più chiaramente la purezza del tuo amore verso di me, poiché ti doni a me tutto in cibo non per altro che per trasformarmi tutta in te.

E questo non perché tu abbia bisogno di me, ma perché, vivendo tu in me e io in te, diventi te stesso per unione amorosa, e della viltà del mio cuore terreno si faccia con te un solo divino cuore".

Perciò tu, piena di gioioso stupore, vedendoti così altamente apprezzata e amata da Dio e conoscendo che egli con il suo amore onnipotente altro non intende né vuole da te che attirare in sé tutto il tuo amore, allontanati prima da tutte le creature e poi anche da te stessa che sei creatura, e offriti tutta al tuo Signore in olocausto: da questo momento in poi il solo suo amore e beneplacito divino muovano l'intelletto, la volontà, la tua memoria, e reggano i tuoi sensi.

Vedendo poi che nessuna cosa possa produrre in te effetti così divini come il ricercarlo degnamente nel santissimo sacramento dell'altare, a tale scopo apri il cuore al Signore con le seguenti preghiere giaculatorie e aspirazioni amorose: "O cibo sovraceleste! Quando suonerà quell'ora in cui io mi sacrifichi tutta a te non con altro fuoco che quello del tuo amore?

Quando, quando, o Amore increato? O pane vivo!

Quando io vivrò solamente in te, per te e con te?

Quando, vita mia, vita bella, gioconda ed eterna? O manna celeste!

Quando, infastidita io di qualunque altro cibo terreno, te solo bramerò e di te solo mi pascerò?

Quando sarà, dolcezza mia? Quando, unico mio bene?

Signore mio amoroso e onnipotente, libera ormai questo misero cuore da ogni attaccamento e da ogni viziosa passione; ornalo delle tue sante virtù e di quella pura intenzione di fare ogni cosa solamente per piacere a te.

A questo modo verrò io ad aprirti il cuore, ti inviterò e ti farò dolce violenza perché vi entri: per cui tu, o Signore, senza resistenza opererai poi in me quegli effetti che hai sempre desiderati".

E in questi amorosi affetti ti potrai esercitare la sera e la mattina per la preparazione alla comunione.

Avvicinandosi quindi il tempo della comunione, pensa a che cosa stai per ricevere: il Figliuolo di Dio d'incomprensibile maestà, davanti alla quale tremano i cieli e tutte le potestà.

Il Santo dei santi, lo specchio senza macchia e la purezza incomprensibile, al cui confronto nessuna creatura è monda.

Colui che come verme e feccia della plebe per amor tuo volle essere rifiutato calpestato, deriso, sputacchiato e crocifisso dalla malizia e dalla iniquità del mondo.

Dico che stai per ricevere Dio, nelle cui mani è la vita e la morte di tutto l'universo che tu al contrario, in te stessa, sei un niente e che per il tuo peccato e la tua malizia ti sei fatta inferiore a qualunque vilissima e immonda creatura irrazionale, degna di essere confusa e derisa da tutti i demoni infernali.

E dico che invece di aver gratitudine per tanti immensi e innumerevoli benefici, nei tuoi capricci e nelle tue voglie hai disprezzato un tanto e tale alto amorevole Signore e hai oltraggiato il suo prezioso sangue.

Che con tutto ciò, nella sua perpetua carità e nella sua immutabile bontà, egli ti chiama alla sua divina mensa e talora ti costringe con minacce di morte perché ci vada.

Né ti chiude la porta della sua pietà e nemmeno ti volta le sue divine spalle, benché tu per natura sia lebbrosa, zoppa, idropica, cieca, indemoniata e ti sia data a molti fornicatori.

Questo solo il Signore vuole da te.

Primo: che ti dolga di averlo offeso.

Secondo: che sopra ogni altra cosa abbia in odio il peccato sia grave che leggero.

Terzo: che tutta ti offra e ti abbandoni, con l'affetto sempre e con i fatti nelle occasioni, alla sua volontà e all'obbedienza a lui.

Quarto: che speri poi e abbia ferma fede che egli ti perdonerà, ti farà monda e ti guarderà da tutti i tuoi nemici.

Confortata da quest'amore ineffabile del Signore, ti avvicinerai poi per comunicarti con un timore santo e amoroso dicendo: "Signore, non sono degna di riceverti per tante e tante volte in cui ti ho offeso gravemente, né ho ancora pianto come devo l'offesa tua.

Signore, non sono degna di riceverti, perché non sono affatto monda dagli affetti ai peccati veniali.

Signore, non sono degna di riceverti, perché ancora non mi sono data sinceramente al tuo amore, alla tua volontà e all'obbedienza a te.

Signore mio onnipotente e infinitamente buono, in virtù della tua bontà e della tua parola fammi degna di riceverti con questa fede, amor mio".

Dopo esserti comunicata, rinchiuditi subito nel segreto del tuo cuore e, dimentica di qualunque cosa creata, ragiona con il tuo Signore in questo modo o in uno simile: "O altissimo re del cielo! Chi ti ha condotto dentro di me, che sono miserabile, povera, cieca e ignuda?".

Ed egli ti risponderà: "L'amore".

E tu replicando dirai: "O Amore increato! O Amore dolce! Che cosa vuoi tu da me?".

Egli ti dirà: "Non altro che amore.

Né altro fuoco voglio che arda sull'altare del tuo cuore, nei tuoi sacrifici e in tutte le tue opere che il fuoco del mio amore che, consumando ogni altro amore e ogni tua volontà, mi dia odore soavissimo.

Questo ho domandato e domando sempre, perché bramo di essere tutto tuo e che tu sia tutta mia.

Ciò non avverrà giammai finché, non facendo di te quell'abbandono che tanto mi diletta, sarai attaccata all'amore di te stessa, al tuo parere e a ogni tua voglia e reputazione.

Ti domando l'odio di te stessa, per darti il mio amore; il tuo cuore, perché si unisca con il mio che per questo mi fu aperto sulla croce ( cfr. Gv 19,33-34 ); e chiedo tutta te stessa, perché io sia tutto tuo.

Tu vedi che io sono d'incomparabile prezzo e tuttavia per mia bontà valgo quanto vali tu.

Comprami dunque ormai, anima mia diletta, col dare te a me.

Io voglio da te, mia dolce figliuola, che tu niente voglia, niente pensi, niente intenda, niente veda fuori di me e della mia volontà, affinché io in te tutto voglia, pensi, intenda e veda in modo che il tuo niente, assorto nell'abisso della mia infinità, in quella si converta.

Così tu sarai in me pienamente felice e beata, e io in te tutto contento".

Finalmente offrirai al Padre il suo Figliuolo prima per rendimento di grazie e poi per i bisogni tuoi, di tutta la santa chiesa, di tutti i tuoi, di quelli ai quali sei obbligata e per le anime del purgatorio.

Questa offerta la farai in ricordo e in unione con quella che egli fece di se stesso quando, pendendo dalla croce tutto sanguinante, si offri al Padre.

E in questo modo gli potrai ancora offrire tutti i sacrifici, che in quel giorno si fanno nella santa chiesa romana.

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