Consacrazione secolare valori comuni e valori specifici

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Con la prima donna consacrata che i Vangeli chiamano Maria

È la donna che, nel mondo, ha vissuto nella più grande intimità con la Trinità santissima: la donna pensata da Dio come Madre del Verbo incarnato, chiamata alla più alta santità come creatura.

Nel mondo. Nascosta agli occhi di tutti.

Una donna qualunque in Betlemme, in Nazareth, a Cana, ai piedi della croce, in Gerusalemme.

La donna che ha amato più di ognuna Dio e il mondo: che si è abbandonata pienamente allo Spirito per dare al mondo l'Emanuele, perché ogni uomo fosse raggiunto e avvolto dalla salvezza, in Cristo, e, assunta dal Verbo la carne umana, il Salvatore rigenerasse gli uomini e ognuno fosse salvo.

Eppure … una donna qualunque, a cui nessuno ha fatto caso, come probabilmente al laico consacrato nessuno farà caso: la donna che « è stata » prima ancora di « agire »; la donna che ha agito proprio perché « era ».

A Betlemme, in una grotta.

Ma non era probabilmente una cosa speciale, quella notte, che una donna che attendeva un figlio non lo mettesse alla luce nella confusione del caravanserraglio.

Meglio in una grotta o capanna o stalla: un modo di essere come sarebbe stata ogni altra donna, per un piccolo ebreo nascituro qualsiasi.

Il grande valore di non essere speciale neanche in questo.

E ancora prima a Nazareth, quando le viene annunciato il Figlio.

Tutto è semplice in lei. Va bene, posta la prima saggia obiezione a Gabriele, dice il suo « sì » senza complicazioni, ( Lc 1,26-38 ) e si trova Madre. E tace.

Il silenzio di cui si circonda anche con Giuseppe non è un mistero: è discrezione, è riserbo, come si custodisce il « segreto del Re ».

Per me è il mio segreto, il mio segreto è per me!

Ma un segreto che si traduce in un inno di ringraziamento: « Signore, tu sei il mio Dio; voglio esaltarti e lodare il tuo nome, perché hai eseguito progetti meravigliosi … », ( Is 25,1 ) meglio, con le parole della stessa Vergine nell'incontro con Elisabetta: « L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva.

D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono.

Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi.

Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre ». ( Lc 1,46ss )

È il cantico di Colei che ha mantenuto nel proprio cuore un segreto, nell'umiltà e nella riconoscenza.

E non vorrei interpretare abusivamente questo cantico magnifico, e meno ancora rischiare di profanarlo, affermando che il consacrato secolare, con Maria, vive in sé quello che non esito a chiamare valore: saper custodire il segreto di una chiamata particolare, vissuta in mezzo agli altri, in silenzio, nella letizia di una scelta da parte di Dio a servizio degli uomini, per offrire Cristo - e in Cristo la salvezza - al mondo.

Un segreto che, in letizia, si comunica ai più vicini, ai fratelli e sorelle di ideale, a chi condivide la chiamata: e lo si confida e lo si vive insieme, umilmente, fedeli alla misericordia di Dio e al suo amore ( poiché insieme si respira Dio! ).

Dono di carità anche questo, adombrato nella Visitazione: oblio di se stessi, attenzione delicata a chi può aver bisogno, disponibilità cordiale, tensione sempre nuova, nell'aiuto reciproco fraterno, verso Dio che ha guardato l'umiltà dei suoi servi e li ha scelti per una missione di amore; li ha scelti nel mondo per inviarli al mondo; li ha scelti nella loro umiltà, nel loro niente, per poter in loro compiere cose grandi che tornino a gloria sua.

Valore particolare nella vita di un laico qualsiasi chiamato da Dio alla consacrazione nel mondo?

Ma sempre occorre essere alla ricerca del Cristo: anche quando pare nascondersi - e capita, altroché, anche nella vita del laico consacrato - e, sempre, conservare ogni sua parola nel proprio cuore, perché l'ascolto sia continuo e appaia il disegno divino sul consacrato, sul mondo, nella storia. ( Lc 2,51 )

Era l'atteggiamento di Maria, attenta al Figlio che le cresceva accanto.

O Maria, discreta ma operante con iniziativa e responsabilità a Cana.

Non per farsi innanzi. È il Figlio che dovrà iniziare la sua missione.

Maria « sente » che l'ora del Figlio è giunta. Non lo esponeva a vanvera.

Vive il valore specifico della discrezione più delicata, ma anche dell'audacia quando dice ai servi di fare quello che Gesù dirà. ( Gv 2,5ss )

Discrezione, iniziativa, senso di responsabilità personale, audacia: valori indubbiamente propri dei laici, e in particolare dei laici consacrati: essere in ascolto di ciò che egli dirà, e agire.

E anche mettere in moto altri, perché facciano ciò che Dio dirà loro di fare.

Non esita, Maria, ad accompagnare i parenti dal Figlio, quando egli affermerà che sua madre è chiunque compie la volontà del Padre: Maria, mescolata agli altri, lei che ha sempre compiuto fino in fondo la volontà di Dio. ( Mt 12,46-50 )

La vediamo poi per l'ultima volta accanto al Figlio ( Gv 19,26-27 ) ai piedi della croce.

Una presenza dolorosa, mentre la spada preannunciatale dal vecchio Simeone ( Lc 2,35 ) le trapassa l'anima.

Presenza dolorosa, ho detto, condivisione d'un supremo martirio …

E penso alle parole del Proemio di Gaudium et spes, che ci ricorda come siamo chiamati a condividere gioie e speranza, tristezze e angosce degli uomini di oggi, e di tutti coloro che soffrono.

Non è compito specifico dei consacrati nel mondo.

È compito di ogni vero discepolo di Cristo.

Ma credo che i laici consacrati siano chiamati a realizzare questa presenza fraterna e questa condivisione per una loro chiamata specifica: solidarietà intima col genere umano e con la sua storia, è ancora Gaudium et spes che lo dice.24

E Maria, ormai madre e amatissima ospite di Giovanni, condivide la vita della prima comunità cristiana: « Tutti assidui e concordi nella preghiera, insieme con Maria, la madre di Gesù. ( At 1,14 )

In comunità o, diciamo forse meglio, in comunione. Insieme.

Quale ricchezza per tutti, questa comunione in preghiera respirando Dio insieme.

Già gli apostoli avevano fatto comunità con Gesù per tutto il tempo della sua vita di Maestro itinerante.

Ora la piccola comunità si accrescerà, prima di disperdersi in diaspora. ( At 6ss )

Anche i consacrati secolari possono, di solito, concedersi il lusso di qualche giorno insieme: giorni, di norma, di studio e preghiera.

Poi si disperdono: in diaspora per portare nel mondo la Parola - forse mediante la presenza e la testimonianza: in silenzio, chissà? Dipende da tante cose!

È così ricca di imprevisti la loro vita …

Anche questo mi pare un valore specifico dei consacrati nel mondo: questo bisogno di ritrovarsi insieme per pregare, per sentirsi più forti nella solitudine inevitabile nel mondo: per ricevere lo Spirito Santo, per sentire Gesù presente: « dove due o tre sono riuniti nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro », ci ricorda Gesù. ( Mt 18,19 )

Fare comunità? o piuttosto essere comunione con Maria, umilmente silenziosa, in mezzo a loro …

E questa comunità-comunione nel mondo non sarà un valore specifico dei laici consacrati?

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24 Gaudium et spes. Proemio