« Crocifisso per la sua debolezza, Cristo vive per la potenza di Dio »

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« Crocifisso per la sua debolezza, Cristo vive per la potenza di Dio »

In tutta la Bibbia, accanto alla rivelazione della potenza di Dio, c'è una rivelazione segreta, che potremmo chiamare la rivelazione della debolezza di Dio.

La debolezza di Dio è legata a ciò che la Scrittura chiama spesso « le viscere di misericordia del nostro Dio ». ( Ger 31,20; Lc 1,78 )

Essa lo rende, per così dire, impotente di fronte all'uomo peccatore e ribelle.

Il popolo è « duro a convenirsi », « si ribella con continua ribellione ».

E qual è la risposta di Dio?

« Come potrei abbandonarti - dice -, come consegnarti ad altri, Israele?…

Il mio cuore si commuove dentro di me, le mie viscere fremono di compassione » ( Os 11,8 ).

Quasi scusandosi di questa sua debolezza, Dio dice: « Può una madre dimenticare il suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? » ( Is 49,15 ).

In realtà, questo amore è, per eccellenza, l'amore della madre.

Esso parte dalle profondità in cui la creatura si è formata e afferra poi tutta la persona della donna - corpo e anima -, facendole sentire il figlio come una parte di se stessa che non potrà mai tagliare via, senza profonda lacerazione del suo stesso essere.

La causa della debolezza di Dio è, dunque, il suo amore per l'uomo.

Vedere la persona amata distruggersi con le proprie mani e non poter fare nulla!

Ne sa qualcosa il padre o la madre che vede il suo ragazzo spegnersi, un giorno dopo l'altro, a causa della droga e non può nemmeno accennare al suo vero male, per paura di perderlo del tutto.

Ma Dio non potrebbe impedirlo, essendo onnipotente?

Certo che potrebbe, distruggendo, però, anche la libertà dell'uomo, cioè distruggendo l'uomo!

Perciò egli può soltanto ammonire, scongiurare, minacciare, ed è quello che fa tutto il tempo, per mezzo dei profeti.

Ma la misura di questa sofferenza di Dio ci era nascosta, finché essa non ha preso corpo davanti ai nostri occhi nella passione di Cristo.

La passione di Cristo non è che la manifestazione storica e visibile della sofferenza del Padre a causa dell'uomo.

Essa è la suprema manifestazione della debolezza di Dio: Cristo - dice san Paolo - « fu crocifisso per la sua debolezza » ( 2 Cor 13,4 ).

Gli uomini hanno vinto Dio, il peccato ha vinto e si erge trionfante davanti alla croce di Cristo.

La luce è stata ricoperta dalle tenebre…

Ma è un istante: Cristo fu crocifisso per la sua debolezza, « ma vive per la potenza di Dio », aggiunge subito l'Apostolo.

Vive, vive! È lui stesso che ripete ora alla sua Chiesa: « Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi! » ( Ap 1,18 ).

Veramente, « ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini » ( 1 Cor 1,25 ).

La croce è diventata, proprio essa, potenza di Dio, sapienza di Dio, vittoria di Dio.

Dio ha vinto senza uscire dalla sua debolezza, ma anzi portandola all'estremo.

Non si è lasciato trascinare sul terreno del nemico: « Oltraggiato, non rispondeva con oltraggi » ( 1 Pt 2,23 ).

Alla volontà dell'uomo di annientarlo, ha risposto, non con altrettanta volontà di distruggerlo, ma con la volontà di salvarlo: « Io sono il vivente - dice -; non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva » ( Ez 33,11 ).

Dio manifesta la sua onnipotenza con la misericordia e con il perdono ( parcendo et miserando ), dice una preghiera della Chiesa.

Al grido: « Crocifiggilo! », ha risposto con il grido: « Padre, perdona loro! » ( Lc 23,34 ).

Non ci sono al mondo parole come queste tre parole: « Padre, perdona loro! ».

Tutta la potenza e la santità di Dio sono racchiuse in esse; sono parole indomabili; non possono essere superate da nessun misfatto, perché pronunciate sotto il più grande dei misfatti, nel momento in cui il male ha prodotto il suo sforzo supremo, oltre il quale non può più andare.

« La morte è stata ingoiata per la vittoria. Dov'è, o morte, la tua vittoria? Dov'è, o morte il tuo pungiglione? » ( 1 Cor 15,54-55 ).

Quelle parole somigliano alle parole sacramentali.

Anch'esse, a modo loro, « significando, causano ».

Esprimono tutto il senso e lo scopo della passione - che è la riconciliazione del mondo con Dio - e, esprimendolo, lo attuano.

Tale riconciliazione comincia subito, intorno alla croce, con i crocifissori di Cristo.

Io sono persuaso che i crocifissori di Cristo si sono salvati e che li ritroveremo in paradiso.

Essi saranno lì a testimoniare nei secoli eterni fin dove si è spinta la bontà del Signore.

Gesù ha pregato per essi con tutta la sua autorità, e il Padre che aveva ascoltato sempre la preghiera del Figlio durante la sua vita ( Gv 11,42 ) non può non aver ascoltato questa preghiera fatta dal Figlio in punto di morte.

Dietro i crocifissori viene il buon ladrone, poi il centurione romano ( Mc 15,39 ), poi le folle che si convertono il giorno di Pentecoste.

È un corteo che si è andato ingrossando sempre più, fino a comprendere anche noi che siamo qui questa sera a celebrare la morte di Cristo.

Del Servo sofferente, Dio aveva detto per mezzo del profeta Isaia: « Perciò io gli darò in premio le moltitudini…, perché ha consegnato se stesso alla morte ed è stato annoverato tra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori » ( Is 53,12 ).

Perché intercedeva per i peccatori dicendo: « Padre, perdona loro! », Dio ha dato in premio a Gesù di Nazaret le moltitudini!

Noi uomini abbiamo una visione distorta della redenzione e questo ci procura tante difficoltà nella fede.

Pensiamo a una specie di patteggiamento: Gesù, mediatore tra Dio e l'uomo, paga al Padre il prezzo del nostro riscatto, che è il suo sangue, e il Padre, "soddisfatto", perdona agli uomini le loro colpe.

Ma è una veduta molto umana, inesatta, o almeno parziale.

Essa ci è intollerabile perfino umanamente parlando: un padre che ha bisogno del sangue del figlio per essere placato!

La verità è un'altra: la sofferenza del Figlio viene come prima cosa ( è spontanea e libera! ) ed essa è una cosa così preziosa agli occhi del Padre che egli vi risponde, da parte sua, facendo al Figlio il dono più grande che poteva: donandogli una moltitudine di fratelli, facendolo « primogenito tra molti fratelli » ( Rm 8,29 ).

« Chiedi a me - gli dice - ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra » ( Sal 2,8 ).

Non è, dunque, tanto il Figlio che paga il debito al Padre, quanto piuttosto il Padre che paga il debito al Figlio, per avergli restituito « tutti i suoi figli che erano dispersi ».

E lo paga da Dio, in una misura infinita, giacché nessuno di noi può, nemmeno lontanamente, immaginare la gloria e la gioia che il Padre ha dato a Cristo risorto.

Un poeta credente, commentando la preghiera del "Padre nostro", mette sulla bocca di Dio queste parole che suonano ancora più vere se le applichiamo alla preghiera di Gesù sulla croce, come ora facciamo noi:

« Come la scia di un bei vascello va allargandosi fino a sparire e a perdersi; ma comincia con una punta, ed è questa punta che viene verso di me.

E il vascello è il mio stesso Figlio, carico di tutti i peccati del mondo.

E questa punta sono queste tre o quattro parole: Padre, perdona loro!

Ha ben saputo quel che faceva quel giorno, mio Figlio che li ama tanto.

Quando ha messo questa barriera tra loro e me: Padre, perdona loro!

Queste tre o quattro parole.

Come un uomo che si getti un mantello sulle spalle.

Volto verso di me s'era vestito.

S'era gettato sulle spalle il mantello dei peccati del mondo.

E ora dietro di lui il peccatore si nasconde al mio volto.

Si sono ammassati come dei paurosi; e chi potrebbe rimproverarli di questo?

Come timidi passerotti si sono ammassati dietro colui che è forte.

E mi presentano questa punta.

E fendono così il vento della mia collera e vincono la forza stessa delle tempeste della mia giustizia.

E il soffio della mia collera non ha nessuna presa su questa massa angolare, dalle ali sfuggenti.

Perché essi mi presentano quest'angolo: Padre, perdona loro!

E io non posso prenderli che sotto quest'angolo ».1

La scia di quel « vascello » ci sta, forse, passando accanto, proprio ora, in questa Pasqua: non restiamone fuori; gettiamoci tra le braccia della misericordia di Dio; nascondiamoci al riparo di quella punta. Uniamoci al corteo gioioso dei riscattati dall'Agnello.

È la Chiesa che, in questo momento, ci supplica con le parole dell'apostolo Paolo: « Lasciatevi riconciliare con Dio! » ( 2 Cor 5,20 ).

Dio ha sofferto per te, per te singolarmente, e sarebbe pronto a farlo di nuovo, se fosse necessario per salvarti.

Perché vuoi perderti? Perché mortifichi il tuo Dio, dicendo che tutto ciò non ti interessa?

Dio non interessa a te, ma tu interessi a Dio! Al punto che è morto per te.

Abbi compassione del tuo Dio, non essere crudele con lui e con te stesso.

Prepara nel tuo cuore le parole da dire, come il figliol prodigo, e mettiti in cammino verso di lui che ti aspetta.

Si sa qual è il motivo per cui molti non vogliono riconciliarsi con Dio.

Si dice: c'è troppo dolore innocente nel mondo, troppa sofferenza ingiusta.

Riconciliarsi con Dio, vorrebbe dire riconciliarsi con l'ingiustizia, accettare il dolore degli innocenti e io non voglio accettarlo!

Non si può credere in un Dio che permette il dolore degli innocenti ( A. Camus ); la sofferenza degli innocenti è « la roccia dell'ateismo » ( G. Bùchner ).

Ma è un terribile inganno! Quegli innocenti cantano ora il cantico di vittoria dell'Agnello: « Tu sei degno, Signore, di prendere il libro e di aprirne i sigilli perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio con il tuo sangue uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione… » ( Ap 5,9 ).

Essi seguono la "scia" dell'Agnello e noi invece ce ne stiamo su quella "roccia" infelice.

Sì, c'è tanto dolore innocente nel mondo, tanto quanto non possiamo nemmeno immaginare, ma esso non tiene lontano da Dio chi lo soffre ( che, anzi, lo unisce a lui come nessun'altra cosa al mondo ), ma solo chi scrive saggi, o discute comodamente a tavolino, sul dolore degli innocenti.

Gli innocenti che soffrono ( a cominciare da quei milioni di bimbi che sono uccisi nel seno materno ) fanno "massa" con l'innocente Figlio di Dio.

Siano o no battezzati, essi fanno parte di quella Chiesa più vasta e nascosta che cominciò con il giusto Abele e che abbraccia tutti i perseguitati e le vittime del peccato del mondo: la Ecclesia ab Abel.

La sofferenza è il loro battesimo di sangue.

Come i Santi Innocenti che la liturgia festeggia subito dopo il Natale, essi confessano Cristo, non parlando, ma morendo.

Essi sono il sale della terra.

Come la morte di Cristo fu il più grande peccato dell'umanità e tuttavia salvò l'umanità, così la sofferenza di questi milioni di vittime della fame, dell'ingiustizia e della violenza sono la più grande colpa attuale dell'umanità e tuttavia contribuiscono a salvare l'umanità.

Se non siamo ancora sprofondati, lo dobbiamo forse anche a loro e chiameremo tutto questo inutile e sprecato?

Crediamo che sia sofferenza sprecata perché non crediamo più realmente alla ricompensa eterna dei giusti, alla fedeltà di Dio.

Non è l'impossibilità di spiegare il dolore che fa perdere la fede, ma è la perdita della fede che rende inspiegabile il dolore.

Ai pastori, poi, del suo popolo, in un giorno come questo.

Dio dice: Perdonate come io perdono; io perdono nel cuore, mi impietosisco, fin nelle viscere, per la miseria del mio popolo.

Anche voi non dovete pronunciare soltanto delle fredde "formule" di assoluzione con le labbra; io voglio servirmi non solo delle vostre labbra, ma anche del vostro cuore, per far passare il mio perdono e la mia compassione.

Rivestitevi anche voi di « viscere di misericordia ».

Nessun peccato vi sembri troppo grande, troppo spaventoso; dite sempre a voi stessi e al fratello che avete davanti: « Sì, ma la misericordia di Dio è più, più grande ».

Siate voi quel padre della parabola che va incontro al figliol prodigo e gli getta le braccia al collo.

Che il mondo non senta tanto su di sé il giudizio della Chiesa, quanto la misericordia e la compassione della Chiesa.

Non imponete subito penitenze che il peccatore non è ancora in grado di fare; fate piuttosto voi penitenza per lui e così somiglierete al mio Figlio.

Io amo questi figli traviati e perciò darò loro, a suo tempo, anche la possibilità di espiare il loro peccato.

Amate, amate il mio popolo che io amo!

A coloro che soffrono nell'anima o nel corpo, anziani, ammalati, che si sentono inutili e di peso alla società e guardano forse con invidia dal loro letto chi sta loro accanto ritto e sano, vorrei dire con tutta umiltà: guardate come si è comportato Dio!

Ci fu un tempo, nella creazione, in cui anche Dio operava con potenza e gioia; egli diceva e tutto era fatto, comandava e tutto esisteva.

Ma quando volle fare una cosa ancora più grande, allora smise di agire e cominciò a patire; inventò il proprio annientamento e così ci ha redenti.

Perché anche in Dio, non solo negli uomini « la potenza si manifesta pienamente nella debolezza » ( 2 Cor 12,9 ).

Voi siete guancia contro guancia con Cristo sulla croce.

Se soffrite per colpa di qualcuno, dite, insieme con Gesù: « Padre, perdona loro! » e il Padre darà anche a voi "in premio" quel fratello per la vita eterna.

A tutti infine voglio ripetere la grande notizia di questo giorno: Cristo è stato crocifisso per la sua debolezza, ma vive per la potenza di Dio!

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1 C. Péguy, Il mistero dei santi innocenti, in Oeuvres poetiques complètes (ed. Gallimard, Parigi 1975, p. 697 ss).