Padre Domenico Maria del Cuore di Gesù – Eremita in Padova Pregare incessantemente State sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie; questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi ( 1 Ts 5,18 ). Introduzione La preghiera continua è un tema decisivo per la vita spirituale di tutti i cristiani: ne abbiamo conferma dalla Parola di Dio e dalla Tradizione spirituale della Chiesa. Pochi però affrontano questo cammino bello e fecondo, perché è lungo ed esigente; spesso, anzi, si sente dire che è impossibile o che, comunque, non è fatto per tutti. Con questo insegnamento cerchiamo allora di mettere a fuoco quello che il Signore Gesù chiede a tutti noi, suoi discepoli, considerando in primo luogo il "perché" della preghiera incessante ( A ), e successivamente il "come" ( B ). A. Perché è necessario pregare sempre 1. Lo chiede la Parola di Dio Il primo motivo per prendere sul serio la scelta della preghiera continua è dato dall'insegnamento della Sacra Scrittura. Considerando in particolare il Nuovo Testamento, su questo tema noi troviamo una parola chiara: a. Gesù: il capitolo 18 del Vangelo di Luca comincia così: « Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi » ( Lc 18,1 ) b. San Paolo: oltre al versetto di 1 Ts 5,18 sopra riportato come sottotitolo, in cui chiede di pregare incessantemente, l'Apostolo scrive agli Efesini di farlo « con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza » ( Ef 6,18 ), e scrive a Timoteo: « Voglio che gli uomini preghino, dovunque si trovino » ( 1 Tm 2,8 ). 2. La preghiera continua è necessaria alla vita cristiana La Parola di Dio ci comanda di pregare incessantemente perché esiste un rapporto intrinseco tra la preghiera e la vita cristiana: infatti, da una parte non c'è vita cristiana senza preghiera, e d'altra parte la qualità e la continuità della vita cristiana dipendono dalla qualità e dalla continuità della preghiera. Queste affermazioni risultano evidenti se prendiamo in considerazione alcuni aspetti fondamentali dell'essere cristiani. a. La nostra vocazione: lo scopo della nostra vita è quello di diventare santi e senza macchia nell'amore, per mezzo di Gesù Cristo ( Ef 1,4 ). È chiaro che questa nostra maturazione-trasfigurazione nell'amore può avvenire solo se noi viviamo delle relazioni interpersonali che ci danno l'occasione di ricevere e di donare amore. Ma non basta: poiché la capacità di amare di ogni creatura umana è ferita dal peccato e viziata dall'egoismo, per maturare nell'amore a somiglianza di Cristo, noi abbiamo bisogno di imparare questo amore ricevendolo da Lui ( che si è fatto uomo proprio per portare su questa nostra terra il fuoco del divino amore: cfr. Lc 12,49 ), all'interno di una relazione d'amore con Lui, l'unico che ci può offrire un amore capace di guarire il nostro amore malato e di renderlo bello e fecondo. Ora questa relazione d'amore con il Diletto del Padre e lo Sposo delle nostre anime ( Gv 3,29 ) si attua in modo privilegiato nella preghiera: il Catechismo della Chiesa Cattolica definisce la preghiera, appunto, come "una relazione viva e personale con il Dio vivo e vero" ( CCC, 2558 ). Su questo punto Giovanni Paolo II ha lasciato alla Chiesa una parola luminosa: « Nella preghiera si perfeziona quel dialogo con Cristo che ci rende suoi intimi amici: Rimanete in me e io in voi ( Gv 15,4 ). Questa relazione reciproca è la sostanza stessa e l'anima della vita cristiana, è la condizione di ogni vera vita pastorale » ( Novo millennio ineunte, 32 ). b. Il dono dello Spirito Santo: senza il dono dello Spirito Santo non vi può essere vita cristiana: « Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo non gli appartiene » ( Rm 8,10 ); inoltre non è possibile conoscere ed amare Dio come Padre, se non per opera dello Spirito Santo, che si unisce intimamente al nostro spirito per rivelarci la nostra identità-vocazione divina e dare voce ad una preghiera filiale ( Rm 8,14-16 ); non è nemmeno possibile l'esercizio delle virtù cristiane senza l'aiuto dello Spirito Santo: « Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio! Perché tutto è possibile presso Dio » ( Mc 10,27 ); infine, non è possibile un'autentica testimonianza a Cristo, senza l'unzione del suo Spirito ( Gv 15,26-27; Lc 44,49; At 1,4-8 ). Ora, il Signore stesso ci insegna a pregare con fiducia e perseveranza per ottenere in primo luogo proprio il dono dello Spirito Santo ( Lc 11,13 ). c. Il grande comandamento dell'amore: « Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente » ( Lc 10,27 ); questo comandamento è il primo e il più importante, quello che ricapitola tutti gli altri ( Mc 12,28-31; Mt 22,40 ). Come è possibile obbedire a questo comandamento che chiede una relazione d'amore con Dio che sia totalizzante, senza l'impegno della preghiera continua, per mezzo della quale orientiamo costantemente a Lui mente e cuore? E lo stesso vale per l'amore al prossimo: come possiamo portare il frutto di un amore fraterno che abbia la misura divina dell'amore di Cristo - « Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati »: ( Gv 15,12 ) – se non rimaniamo in Lui, come tralci innestati alla vite, grazie ad una relazione d'amore con Lui che sia cosciente, profonda e ininterrotta, precisamente grazie alla preghiera incessante? d. Il combattimento spirituale: il nostro cammino di cristiani è continuamente insidiato da Satana che « come leone ruggente va in giro cercando chi divorare » ( 1 Pt 5,8 ); il Signore stesso, nell'ora suprema della sua agonia nel Getsemani ha pregato e ci ha esortato a pregare: « Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole » ( Mc 14,38 ). Poiché il pericolo è costante, la nostra preghiera deve essere incessante. e. Il gaudio spirituale: Il nostro cuore anela irresistibilmente alla felicità ( CCC, 27, 30 ) e la divina Provvidenza vuole donarci fin d'ora le primizie della beatitudine eterna, perché ci siano di conforto – e chi non ne ha bisogno? – nelle fatiche e nelle prove della vita presente. Ora, non c'è gioia più grande di quella che Dio concede a coloro che vivono uniti a Lui grazie alla preghiera continua: « Voglio cantare al Signore finché ho vita, cantare al mio Dio finché esisto. A lui sia gradito il mio canto; la mia gioia è nel Signore » ( Sal 104,33 ). Corollario per il discernimento Dal momento che la preghiera continua è necessaria per un'autentica vita cristiana, dove quella non viene coltivata, questa deperisce nella mediocrità, nella tiepidezza e nella tristezza. B. Come pregare sempre Come è possibile pregare incessantemente? La ricerca di una risposta fedele e generosa a questo invito del Signore è sostenuta innanzitutto dalla certezza che, come scrive San Massimo il Confessore ( 580-662 ), « La Santa Scrittura non ci comanda nulla di impossibile » ( Liber asceticus, 25 ). Però, la risposta a questo comando divino è condizionata dal nostro atteggiamento interiore su due punti decisivi, e cioè: a. dal modo di concepire la preghiera: ad es. se per preghiera intendiamo solamente quella vocale, è chiaro che la dobbiamo interrompere, almeno di notte, per il bisogno di dormire; se consideriamo la preghiera interiore una attività che dipende essenzialmente dalla mente, ci troveremo in serie difficoltà, anche di giorno, quando dobbiamo applicare la mente ai nostri doveri, specie se richiedono un impegno intellettuale; la strada, invece, della preghiera incessante è aperta giorno e notte se cerchiamo di pregare anche e soprattutto con il cuore, perché questo può essere attivo e vegliare anche di notte: « Io dormo, ma il mio cuore veglia » ( Ct 5,2 ). « La preghiera incessante è possibile solo se si prega con la mente nel cuore » ( S. Teofane il recluso, Che cos'è la preghiera, in L'arte della preghiera di Caritone di Valamo, Gribaudi, 2000, p. 56 ). b. dal ruolo che attribuiamo alla grazia di Dio, al dono dello Spirito Santo: l'aiuto divino infatti può e vuole portarci ben oltre i limiti delle nostre povere risorse naturali, perché quello che scrive l'apostolo Paolo sulla preghiera in generale, vale a maggior ragione per la preghiera incessante: « Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili » ( Rm 8,26 ). I Padri distinguono una preghiera "fatta dall'uomo", frutto del suo sforzo che non può mancare ma che non basta, ed una preghiera "data da Dio", una grazia attirata – non meritata, propriamente – dalla fatica umana e che apre il cuore alla preghiera incessante, la quale dunque deve essere desiderata e chiesta, acquisita e infusa. Passiamo ora a considerare brevemente alcune esperienze significative di coloro che, lungo i secoli della storia della Chiesa, hanno cercato di rispondere concretamente all'invito di pregare incessantemente. 1. Risposte riduttive Molti, fin dall'antichità, ritenendo che non è possibile pregare sempre, hanno interpretato l'incessantemente della Parola di Dio nel senso di un invito a pregare spesso, considerando di aver fatto il loro dovere, una volta scandita la loro giornata con regolari appuntamenti di preghiera vocale. In questa linea, nell'ambiente monastico si arriva alle sette ore canoniche della Liturgia delle ore integrale, trovando ispirazione in quella parola del Salmo che dice: « Sette volte al giorno io ti lodo per le sentenze della tua giustizia » ( Sal 119,164 ). Questa risposta è buona, ma non basta. 2. Risposte fondamentaliste Altri, hanno interpretato alla lettera la Parola di Dio, come se questa richiedesse una preghiera vocale ininterrotta, per cui arrivarono alla conclusione che era necessario: a. dedicarsi solo alla preghiera, tralasciando ogni altra attività ( ad es. i messaliani – "uomini di preghiera", in siriaco, a partire dalla Siria, lungo i secoli IV-VI ), e facendosi mantenere dagli altri; b. formare delle comunità monastiche dove, organizzandosi in turni, c'era sempre qualcuno che assicurava la continuità della preghiera, giorno e notte ( ad es. gli acemiti – "coloro che non dormono", in greco, come pensava il popolo che dall'esterno del monastero li sentiva cantare la liturgia ininterrottamente; a Costantinopoli, sec. V-VI ). 3. "Ora et labora" I Padri hanno interpretato il comando di pregare incessantemente collocandolo nel contesto degli altri doveri che la Parola di Dio richiede ai cristiani, in particolare: - il compimento della volontà di Dio ( « Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli »: Mt 7,21 ), nella quale ha il primo posto l'esercizio della carità, così concreto da tradursi in opere di misericordia ( Mt 25,31-46 ); - il lavoro adeguato a provvedere alle necessità materiali proprie ed altrui ( « Vi esortiamo, fratelli, a farvi un punto di onore: vivere in pace, attendere alle cose vostre e lavorare con le vostre mani , come vi abbiamo ordinato, al fine di condurre una vita decorosa di fronte agli estranei e di non aver bisogno di nessuno »: 1 Ts 4,11-12; « Vi demmo questa regola: chi non vuol lavorare, neppure mangi »: 2 Ts 3,10 ). Origene ( 185-252 ) enuncia la soluzione classica del rapporto tra la preghiera e le opere: « Prega sempre colui che unisce la preghiera alle opere che deve fare, e le opere alla preghiera. Soltanto così possiamo considerare realizzabile il precetto di pregare incessantemente » ( De oratione, 12 ). Si tratta, quindi, da una parte di non confinare la preghiera in determinati tempi e luoghi, ma di coltivarla in qualche modo anche nel mezzo delle occupazioni quotidiane; si tratta d'altra parte di realizzare le nostre opere con quell'intenzione e quell'amore che siano coerenti con l'autentica preghiera. Questa sintesi realista ed equilibrata, vissuta e insegnata in Oriente da Sant'Antonio Abate ( 250-356 ) – come testimonia Sant'Atanasio di Alessandria nella Vita di Antonio, 3,6-7 –, è stata accolta e diffusa in Occidente dalla Regola di S. Benedetto da Norcia ( 480-547 ). Però, l'esperienza di tutti insegna che, per la nostra condizione di creature immerse nel sensibile e ferite dal peccato, le opere – nel senso ampio di qualunque attività umana, manuale o intellettuale – sono come un piano inclinato che si fa scivolare inavvertitamente e continuamente lontano dalla preghiera. 4. Desiderio e parole Scrivendo a Proba ( Lettera 130 ), una nobile romana rimasta vedova, che gli aveva chiesto un insegnamento sulla preghiera, Sant'Agostino ( 354-430 ) mette a fuoco alcuni punti fondamentali anche per la preghiera continua: a. Il cuore della preghiera è il desiderio di essere uniti a Dio, e cioè l'amore. b. Perciò, quando c'è l'amore per Dio c'è anche la preghiera, sia che venga espressa con parole, sia che rimanga silenziosa, nel cuore. c. D'altra parte, la preghiera vocale fatta in modo regolare ( sia interrompendo il lavoro, che nel mezzo del lavoro stesso ) è necessaria per tenere desto e nutrire quell'amore che ci orienta a Dio e che, per la nostra fragilità naturale, tende a distrarsi ( e alienarsi ) nelle molteplici occupazioni quotidiane e ad intiepidirsi, se non è manifestato anche in modo esterno e sensibile. Bisogna però trovare un giusto equilibrio, perché un eccesso di preghiera vocale può anche stancare ed inaridire il cuore. Il punto decisivo, infatti, non è la quantità delle parole, ma il fervore del desiderio e dell'amore. d. Agostino ritiene esemplare l'esperienza dei monaci egiziani suoi contemporanei. Scrive infatti: "Dicono che in Egitto i fratelli fanno preghiere frequenti ma il termine italiano giaculatoria ), affinché l'attenzione ( intentio ) vigile, che è necessaria in sommo grado a chi prega, non svanisca e non cada nel torpore a causa di intervalli troppo lunghi [ tra una preghiera e l'altra ]. E in tal modo essi ci mostrano anche che, come non bisogna appesantire l'attenzione se non può resistere a lungo, così non deve essere interrotta in fretta se può durare". In sintesi: l'attenzione di chi prega è favorita dalla brevità delle formule ( perché così si previene la stanchezza ) e dalla loro frequente pronuncia ( perché così è mantenuta l'attenzione e/o ricuperata sollecitamente la distrazione ). 5. Quali giaculatorie? Su questo punto vi sono due scelte da fare: a. Adottare una formula fissa o preferire una pluralità di formule? Ambedue le soluzioni sono state proposte, motivate e sperimentate: - la formula fissa ha il vantaggio di semplificare il ruolo della mente, crea un'abitudine che facilita la perseveranza, e rende indipendenti dalle variazioni affettive della vita spirituale; di questo parere è San Giovanni Climaco ( 540- 610 ), prima eremita e poi abate del monastero del Sinai: « La brevità, e talora una sola parola, suol conciliare il raccoglimento » ( La scala del Paradiso, XXVIII ); - il fatto di scegliere momento per momento le parole con cui rivolgersi al Signore ha il vantaggio di prendere spunto e forza dalle circostanze della vita, e conserva la libertà di assecondare i movimenti del cuore e di accogliere le ispirazioni del Maestro di ogni preghiera, lo Spirito Santo; di questo parere è San Francesco di Sales ( 1567-1622 ): « Esistono molte raccolte di aspirazioni vocali, che sono veramente utili; ma, se tu mi ascolti, non devi legarti a nessuna formula, ma dire dentro di te o a voce, quelle che ti suggerirà il cuore sul momento; te ne suggerirà a volontà! » ( La Filotea – Introduzione alla vita devota, Parte IIa, cap. XIII ). Che fare? La scelta giusta è quella che conviene ad ogni singola persona, e deve essere fatta grazie ad un discernimento che tenga conto della situazione interiore ed esteriore, discernimento che, ordinariamente ( su questo punto i Padri hanno una parola concorde e ferma ), richiede l'aiuto di un buon padre spirituale. Inoltre, poiché la vita spirituale è un cammino, le circostanze mutano, lo Spirito di Dio interviene con sovrana libertà, e la preghiera ha le sue tappe di crescita, anche la scelta personale può e deve evolvere. b. Quando viene scelta una formula fissa, quali parole conviene adottare? Tra tutte le formule possibili, la migliore è sicuramente quella in cui: - viene invocato il nome di Gesù, poiché sta scritto che « non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati » ( At 4,12 ); - viene esplicitamente rinnovato e dichiarato l'amore per Lui, perché così si obbedisce al primo e più grande comandamento, quello che racchiude e rende possibile il compimento di tutti gli altri, e cioè: « Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente » ( Lc 10,27 ). 6. La "Preghiera di Gesù" L'invocazione incessante del Nome di Gesù è, soprattutto per la Chiesa ortodossa, il modo tradizionale della preghiera continua. Questa forma di preghiera si è diffusa anche in Occidente grazie ai Racconti di un pellegrino russo: si tratta di uno scritto relativamente recente, ma nel quale si condensano la dottrina e l'esperienza dei santi Padri della Chiesa indivisa, che fin dai primi secoli cristiani hanno coltivato la preghiera incessante. Ecco gli insegnamenti più importanti che possiamo ricavare per noi dai Racconti: - Si comincia con la preghiera vocale, la più assidua possibile. Il primo passo per realizzare il comando « pregate incessantemente » è quello di pronunciare con le labbra l'invocazione del Nome di Gesù, in ogni momento e in ogni situazione. La formula che lo staretz ( monaco capace di fare il Padre spirituale ) insegna al pellegrino russo è: "Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me". - Con l'aiuto di Dio tutti sono in grado di arrivare alla preghiera vocale incessante. Si tratta di un esercizio impegnativo, ma è accessibile a tutti, perché basta l'applicazione della volontà: « Anima cristiana [ … ] offri in sacrificio a Dio quella preghiera che puoi pronunciare, adeguata alla tua volontà e alle tue forze! Che i tuoi poveri organi corporei, le labbra in primo luogo, facciano l'abitudine all'invocazione frequente e continua, che invochino cioè spesso, senza interruzione, il Nome potente di Gesù Cristo: Non è difficile, ognuno lo può fare! » - La preghiera è al tempo stesso dono e conquista. « Senza preghiera, l'uomo non può acquisire la fede e neppure compiere buone azioni; anzi, egli non sa neanche pregare veramente. Qual è dunque la parte dell'uomo, che cosa è in potere delle sue forze e della sua libertà per evitare la rovina e giungere alla salvezza? Il Signore ha voluto che la cosa più importante di ogni azione, vale a dire la qualità, fosse riservata alla sua volontà e al suo dono. E per mostrare più chiaramente la qualità, Dio ha lasciato alla volontà e alle forze umane soltanto la quantità della preghiera, comandando di pregare incessantemente, in ogni tempo e in ogni luogo ». - Dalla preghiera vocale incessante, sia pure imperfetta, deriva un frutto spirituale. « Il Nome di Gesù Cristo invocato nella preghiera contiene in sé una forza autonoma e benefica; non si deve dunque essere turbati dall'aridità o dall'imperfezione della propria preghiera, ma bisogna attendere con pazienza i frutti della frequente invocazione del Nome di Dio. [ … ] Sii forte, o anima cristiana, e non cessare di pronunciare incessantemente la tua preghiera! Non devi farlo, neppure se il tuo grido scaturisce da un cuore ancora distratto e solo parzialmente libero dalle cose del mondo! Devi invece proseguire, senza interruzione e senza turbamento, e la tua preghiera si purificherà in virtù dell'assidua ripetizione. [ … ] La forza del Nome di Dio e la frequenza della sua invocazione daranno frutto a loro tempo! ». Il frutto è duplice: il progressivo perfezionamento della preghiera stessa, ed un'autentica crescita in tutta la vita spirituale. - La preghiera passa dalla bocca, alla mente e al cuore. « Coloro che hanno messo in pratica la preghiera incessante affermano che dopo aver preso la decisione di invocare senza posa il Nome di Gesù Cristo, [ … ] hanno certo incontrato all'inizio molte difficoltà e dovuto lottare contro la pigrizia, ma in seguito [ … ] la bocca e la lingua hanno acquisito alla fine la capacità di muoversi da sole, pronunciando in maniera autonoma e irresistibile la preghiera [ … ] in modo tale che chi prega inizia a sentire come la pronuncia della preghiera costituisca ormai un suo requisito permanente e sostanziale, e ogni volta che interrompe la preghiera ha l'impressione che gli venga a mancare qualcosa. È propria questa la causa per cui la mente stessa inizia a sottomettersi e obbedire a questo involontario moto delle labbra, a prestargli attenzione; e tale attenzione diviene infine per il cuore fonte di dolcezza e di autentica preghiera ». È corretto parlare di "Preghiera interiore" o di preghiera del cuore" solo quando l'invocazione del Nome di Gesù coinvolge in modo incessante la memoria o procede in modo ininterrotto e spontaneo dal cuore. - La preghiera cambia la vita. « La preghiera interiore esercita il suo influsso in tre sfere distinte: + Nello spirito, ad esempio, si insediano la letizia dell'amore di Dio, la pace interiore, [ … ] la purezza dei pensieri, il gioioso ricordo di Dio. + Nei sensi notiamo invece un piacevole calore nel cuore, [ … ] gioia di vivere, insensibilità alle malattie e agli affanni. + Nell'intelletto, infine, abbiamo un'illuminazione della mente, una nuova capacità di comprendere la Sacra Scrittura e il linguaggio delle creature, il distacco dalle vanità, la percezione gioiosa della vita interiore e la certezza della vicinanza di Dio e del suo amore per noi ». - Questa preghiera è un dono per tutti. « La fiducia in questo aiuto divino ha rafforzato e indirizzato lo zelo dei santi oranti, i quali non si sono limitati a trascorrere l'intera loro esistenza nella preghiera incessante, ma per amore l'hanno anche insegnata e rivelata agli altri, cogliendo le occasioni e i momenti opportuni. Di questo ha detto il vescovo di Tessalonica – un Pastore d'anime, quindi – San Gregorio Palamas ( 1296-1359 ): "Dobbiamo non solo pregare incessantemente nel nome di Gesù Cristo, secondo il comandamento divino, ma anche insegnare e spiegare ciò agli altri, a tutti: monaci e laici, saggi e semplici, uomini, donne e bambini; in tutti occorre risvegliare lo zelo per la preghiera incessante" ». I Racconti abbondano di testimonianze che confermano la sapienza, la necessità e la concreta realizzazione di questo invito. 7. "L'incessante atto d'amore" La divina Provvidenza ha suscitato con abbondanza in ogni luogo e in ogni tempo della Chiesa vie nuove per aiutare i cristiani a realizzare lo scopo della loro vita: diventare amore che risponde al divino Amore. Poiché, da una parte l'amore di Dio si nutre della preghiera, e d'altra parte la preghiera autentica è sempre un esercizio d'amore, non poteva mancare una forma di preghiera continua che avesse le caratteristiche di un incessante atto d'amore. È un dono singolare che lo Spirito Santo ha riservato in particolare per il nostro tempo, portandolo progressivamente a maturazione come un frutto coltivato nella vita di tre anime elette. a) La piccola via È piaciuto al Signore ispirare a Santa Teresa di Gesù Bambino ( 1873-1897 ) un cammino spirituale nuovo, accessibile a tutte le anime, anche alle più piccole, perché fondato sulla fiducia evangelica che per entrare nel Regno dei cieli non sono richieste opere grandi, ma cose piccole, quelle quotidiane, presenti nella vita di ogni giorno, ma offerte a Gesù con semplicità e amore: « Gesù non chiede grandi azioni, ma soltanto l'abbandono e la riconoscenza. [ … ] Egli non ha affatto bisogno delle nostre opere, ma solamente del nostro amore » ( Manoscritto B, 1v° ). « Il cuore di un bambino piccolo, come testimonierà il suo Amore, dal momento che l'Amore si prova con le opere? [ … ] Sì, mio Amato, ecco come si consumerà la mia vita! … Non ho altro mezzo per provarti il mio amore che gettare fiori, cioè non lasciar sfuggire nessun piccolo sacrificio, nessun sguardo, nessuna parola, approfittare di tutte le cose più piccole e farle per amore! » (Manoscritto B, 4r°-v° ). Il 19 ottobre 1997, Giovanni Paolo II ha proclamato la "piccola Teresa" Dottore della Chiesa, riconoscendo il carattere universale della sua dottrina. Lo stesso Papa, qualche anno dopo, nella Lettera Apostolica Novo millennio ineunte ( 6 gennaio 2001 ), con la quale ha tracciato il cammino della Chiesa per il nuovo millennio, giunto al capitolo IV, "Testimoni dell'amore", così si esprime: « La carità è davvero il "cuore" della Chiesa, come aveva ben intuito santa Teresa di Lisieux, che ho voluto proclamare dottore della Chiesa proprio come esperta ( lat. peritissima ) della scientia amoris: "Capii che la Chiesa aveva un Cuore e che questo Cuore era acceso d'Amore. Capii che solo l'Amore faceva agire le membra della Chiesa [ … ] Capii che l'Amore racchiudeva tutte le vocazioni, che l'Amore era tutto" ». ( Giovanni Paolo II, Novo millennio ineunte, 42 ) b) L'Amore misericordioso A pochi anni dalla morte di Santa Tesesa di Gesù Bambino, il Signore ha affidato a Santa Maria Faustina Kowalska ( 1905-1938 ) il compito di rinnovare nella Chiesa la conoscenza ed il culto della Divina Misericordia. A questa suora incolta, destinata a umili lavori ( era conversa ), incompresa e malata ( morirà di Tbc ), il Signore ha concesso una singolare intimità mistica ed una partecipazione intensa alle sofferenze della Sua Passione. A lei il Signore ha rivelato quanto Lui ci ami, tutti, di un amore che non si scoraggia per la nostra miseria: « Se ti svelassi tutta la miseria che sei, moriresti per lo spavento; sappi tuttavia quello che sei. Proprio perché sei una miseria così grande, ti ho svelato tutto il mare della Mia Misericordia. Cerco e desidero anime come la tua, ma ce ne sono poche. La tua grande fiducia verso di Me mi costringe a concederti continuamente grazie. Hai dei grandi ed inesprimibili diritti sul Mio Cuore, poiché sei una figlia di piena fiducia. Non potresti sopportare l'enormità dell'amore che ho per te, se te lo svelassi qui in terra in tutta la sua pienezza. Spesso sollevo per te un lembo del velo, ma sappi che questo è soltanto una Mia grazia eccezionale. Il Mio amore e la Mia Misericordia non conoscono limiti » ( S. Maria Faustina Kowalska, Diario, 718 ). « Figlia Mia, scrivi che quanto più grande è la miseria, tanto maggiore è il diritto che essa ha alla Mia Misericordia, ed esorta tutte le anime alla fiducia nell'insondabile abisso della Mia Misericordia, perché desidero salvarle tutte. La sorgente della Mia Misericordia venne spalancata dalla lancia sulla croce per tutte le anime; non ho escluso nessuno». ( Ibid., 1182 ). A lei e a tutti il Signore chiede una continua comunione con Lui per mezzo dell'amore: « Figlia Mia, se sapessi che grande merito e ricompensa ha un atto di puro amore verso di Me, moriresti dalla gioia. Lo dico affinché ti unisca continuamente a me per mezzo dell'amore poiché questo è lo scopo della vita della tua anima » ( Ibid., 576 ). Giovanni Paolo II ha proposto a tutta la Chiesa il messaggio e la testimonianza di questa Suora polacca come una profezia per il nostro tempo, proclamandola santa il 30 aprile 2000 ( prima santa del nuovo millennio ), nella IIa Domenica di Pasqua, istituita come "Domenica della Divina Misericordia". c) La piccolissima via Sempre all'inizio del Novecento, alla clarissa cappuccina Suor Maria Consolata Betrone ( 1903-1946 ), di cui è in corso la causa di beatificazione, il Signore ha chiesto di vivere tutto il suo cammino spirituale avendo come unico mezzo l'impegno di offrire a Lui un incessante atto d'amore. Dagli scritti di questa Serva di Dio ( voluti dal Signore per insegnare ad altri, a noi ) possiamo ricavare indicazioni dottrinali e pratiche singolarmente semplici e profonde per realizzare una forma di preghiera continua che sia il fondamento ed il compimento di una vita cristiana santa, cioè perfetta nell'amore. Ecco i punti decisivi che qualificano l'incessante atto d'amore: - È chiesto da Gesù: « Non ti chiedo che questo, un atto d'amore continuo » ( p. 53 ). - È l'unica cosa necessaria: « Tu ti affanni per troppe cose, una sola ti è necessaria: amarMi » ( p. 54 ). « Un pesciolino fuori dell'acqua muore, così tu fuori dell'atto d'amore » ( p. 103 ). - È fondato sulla certezza del Suo amore: « Una sola cosa ti chiedo: non dubitare mai del Mio amore! » ( p. 267 ). « La mia debolezza l'ho sempre presente, unita però ad una grande confidenza: Oh no, Gesù non mi lascia cadere, io confido in Lui, credo al Suo immenso amore per me » ( p. 141 ). - È possibile in ogni condizione esteriore ed interiore: « Malgrado qualunque lotta, caschi il cielo e la terra, tuoni, tempesti, non importa, ama solo, ama sempre » ( p. 168 ). « In tutti i casi amare posso sempre, questo mi basta » ( p. 172 ). - Realizza l'unione con Gesù: « Il Cuore di Gesù Crocifisso mi fece comprendere che dentro il Suo Cuore doveva essere ora la mia dimora: [ … ] vivere continuamente in questo Cuore divino con l'incessante atto d'amore! » ( p. 207 ). - Consente a Gesù di avere cura di tutta la vita di chi Lo ama: « Io penserò a tutto, sino ai minimi particolari, tu pensa solo ad amarMi! » ( p. 79 ). « Tu pensa solo ad amarMi ed Io penserò a renderti caritatevole. AmaMi solo, penso Io a tenerti nell'umiltà; se stai in Me, ciò che c'è nella Vite, c'è pure nei tralci: la Mia umiltà sarà tua » ( p. 108 ). - Procura felicità: « Amami e sarai felice! » ( p. 122 ). - È una croce perché richiede la rinunzia a pensieri, parole, affetti e volontà che non vengono da Lui: « Dimenticati! L'atto incessante d'amore sarà l'oblio di te stessa. [ … ] Nulla vi resta di te o per te, ma tutto è per Me » ( p. 274 ). - Da la forza per compiere quello che piace al Signore: « Con Gesù in cuore, niente mi è impossibile! » ( p. 193 ). - È il fondamento sul quale poggiano gli altri due pilastri della "piccolissima via" e cioè: « il sì a tutto col ringraziamento » e « il sì a tutte col sorriso » ( p. 219 ). Il continuo atto d'amore diventa quindi il mezzo per realizzare radicalmente l'amore a Dio ( nell'abbandono pieno e riconoscente alla Sua volontà ) e l'amore al prossimo ( nel servirlo in modo incondizionato e cordiale ), una via di santità concreta e completa. - Viene espresso con una formula che Gesù comunica a Sr. Consolata già nel giorno della sua Vestizione per l'ingresso in Noviziato ( 28 febbraio 1930 ): « In principio era "Gesù Ti amo", poi desiderò che aggiungessi "Gesù e Maria vi amo"; e infine volle completarlo: "Gesù e Maria vi amo, salvate anime! » ( p. 53 ). Negli ultimi mesi di vita, quando la Tbc la porta alla morte per consunzione e sfinimento, l'amabile Gesù le suggerisce di ritornare alla formula breve. Della formula dell'incessante atto d'amore possiamo considerare: + il nesso essenziale tra il nome di Gesù e l'atto d'amore; + una icona biblica che le fa da supporto ed ispirazione: « Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: "Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?" Gli rispose: "Sì, Signore, tu sai che amo Te » ( Gv 21,15 ); +la possibilità di personalizzarla, nella libertà spirituale dei figli di Dio; +l'orizzonte di intercessione a beneficio di tutti: « Salvate anime! »; + l'inclusione del nome della B. V. Maria esprime la tenerezza filiale di Gesù ( Egli desidera che sia benedetta e amata con Lui, Colei che "Lo portò in grembo con ineffabile amore" ) e la Sua sapiente provvidenza spirituale ( Egli ci dona di essere assistiti da Sua Madre in ogni atto d'amore: Gv 19,26-27 ). + Semplifica la vita spirituale, perché ne coltiva l'essenziale – l'amore –, che ci è necessario in questo cammino terreno e costituirà tutta la nostra eredità eterna: « Penso solo ad amare, e lì trovo tutto » ( p. 648 ). Conclusione Dio ci chiede un amore perfetto e incessante: è tutta la nostra vocazione, l'unico modo di spendere bene il dono della vita presente. Poiché l'amore divino dipende dalla preghiera – che è il luogo privilegiato per accoglierlo da Dio e a Lui offrirlo - non c'è amore incessante senza preghiera incessante ( o almeno dedizione sincera per giungervi ), ed è particolarmente feconda quella forma di preghiera che si esprime come diretto ed esplicito atto d'amore incessante. Urgono allora due scelte: 1. La decisione coraggiosa di vivere solo per amare divinamente, da veri cristiani: senza questa decisione, non si diventa coscienti della necessità e della bellezza della preghiera incessante. 2. L'impegno di imparare e di perfezionare la propria preghiera incessante: - cercando di scoprire la propria via, e c'è sicuramente una via per tutti; - ricordando che è essenzialmente una questione d'amore; - facendo tesoro degli insegnamenti delle anime sante che ci hanno preceduto e, possibilmente, del consiglio di un buon padre spirituale.