La storia della Chiesa

Indice

§ 117. Fede e scienza del Secolo XIX

I. La nuova teologia. La scuola di Tubinga

1. La sintesi a cui Leone XIII mirava fra Chiesa e civiltà comportava un rischio, come del resto ogni sintesi: che l'elemento nuovo - in questo caso la civiltà - potesse prendere il sopravvento sull'altro.

Come già si era verificato spesso ( gnosi, § 16; problema della teologia, § 28; Rinascimento, § 76 ), anche ora il pericolo non fu dappertutto evitato.

Accanto alla soluzione armoniosa si affacciò nel campo dottrinale una soluzione unilaterale, eretica: il modernismo.

Mentre la prima, nel giudicare la civiltà e in particolare il pensiero moderno, assumeva quale norma assoluta la Rivelazione, la nuova dottrina invece poneva la ragione a giudice della Rivelazione.

Il punto di partenza di molti modernisti non era affatto ne l'ostilità verso la Chiesa e neppure l'illuminismo.

Impressionati, anzi tormentati dalle posizioni antiecclesiastiche e anticristiane del mondo moderno, essi volevano riguadagnare l'uomo moderno alla Chiesa e ridare a questa il prestigio di altri tempi nell'ambito del pensiero, per esempio nelle università.

A tale scopo essi volevano che la Chiesa si servisse del linguaggio delle scienze moderne, anche trattando il dogma.

Essi volevano innanzi tutto vedere realizzata nella Chiesa la legge dell'adattamento.

Osservarono però troppo poco i limiti stabiliti e pregiudicarono in tal modo la sostanza.

Fine del modernismo, in ultima analisi, divenne non tanto quello di compenetrare la vita con la fede e di guadagnarla così alla Chiesa, quanto di assimilare il cristianesimo immutabile alle mutevoli opinioni degli uomini.

La filosofia si schierò contro la Rivelazione.

Si trattava, in sostanza, della stessa soluzione a cui aveva aspirato una volta, in altra forma, lo gnosticismo, ora formalmente contraddistinta dalla critica storica, applicata in maniera radicale alla Sacra Scrittura e ai dogmi.

Al tempo di Pio X ( 1903-14 ) il pericolo del modernismo divenne più acuto.

Il pontificato di Leone XIII era stato caratterizzato da un moto di ravvicinamento.

Quello del suo successore invece, nel campo della scienza, fu un pontificato di arginamento.

Leone XIII aveva lavorato per raggiungere l'armonia tra Chiesa e civiltà, Pio X dovette difendere l'integrità del patrimonio della Rivelazione.

L'antico problema, impostosi per la prima volta con l'ingresso della Chiesa nel mondo della civiltà, e che da allora era rimasto sempre una delle sue maggiori preoccupazioni, tornava ad essere attuale in una situazione straordinariamente minata da forze esplosive: quale era il giusto rapporto tra fede e scienza, tra ragione e Rivelazione?

2. Dopo i primi tentativi compiuti dai Padri della Chiesa, si era giunti, passando per Anselmo di Canterbury, a Tommaso d'Aquino, alla armonia tra le due sfere.

La rottura di tale armonia ( dopo la critica di Duns Scoto ) raggiunse il culmine nel nominalismo, con la sua teoria della doppia verità.

In questo sistema l'autonomia dello spirito umano veniva in effetti esageratamente accentuata ( Lutero ha ragione, in questo senso, quando bolla la « meretrice ragione » ) e in tal modo veniva preparato il soggettivismo.

Attraverso l'umanesimo, la Riforma, Cartesio e l'illuminismo,245 nel XIX secolo esso era giunto infine alla sua piena espressione con lo scetticismo, lo storicismo, il criticismo storico e la teoria evoluzionista.

Queste diverse forme del soggettivismo ( o elementi da esse derivanti ) confluirono nel modernismo; esso cercò di trasferirle nella teologia cattolica; il principio che doveva render possibile una tale attuazione era ancora una volta quello della doppia verità.

3. Il conflitto era stato preparato, per tutto il XIX secolo, nel seno stesso della teologia cattolica.

Nel secolo XVIII la dottrina cattolica sull'armonia tra fede e scienza era nelle mani dei professori di scuola e depositata nei loro compendi.

Le tesi fondamentali erano bensì corrette, ma il sapere era scarso e privo di qualsiasi contatto con la realtà dinamica della vita.

La verità invece è vita.

E poiché ci si privava radicalmente della vita, ogni amato vitale era soffocato.

La teologia cattolica, alla fine del secolo XVIII, significava ben poco nel complesso organismo della vita intellettuale.

4. Ne nacque una reazione che noi in parte già conosciamo.

All'inizio di essa si pone Johann Michael Sailer ( § 112, I, 5 ), allievo dei gesuiti, ma che ne aveva abbandonato i metodi teologici, per quel tempo insufficienti.

Egli influenzò lo Hirscher. Sailer è confondatore della scuola teologico-cattolica di Tubinga, la cui rivista ( Teologische Quartalschrift ), unitamente all'attività scolastica e letteraria dei professori di Tubinga, è all'origine del rinnovamento spirituale del cattolicesimo nel XIX secolo e, soprattutto, della teologia cattolica tedesca.

A questa scuola appartiene anche Johann Adam Móhler ( + 1838 ).

La sua « Simbolica » straordinariamente profonda ( 1832 ) contribuì:

a) a vedere in modo vivo le differenze sostanziali tra cattolicesimo e protestantesimo;

b) all'elaborazione del concetto cattolico di Chiesa e della sua unità ( campo principale di lavoro di tutta la teologia del XIX secolo che culmina nel concilio Vaticano I ) e

c) a riconoscere il suo valore religioso.

La sua influenza che giunge fino a noi è data dal fatto che egli, anziché tenersi timidamente in disparte dalla maggiore corrente filosofica del secolo, l'hegelismo, seppe venire con esso ad una dialettica vivificatrice ( Eschweiler ).

Il suo stile fece sì che la sua discussione col protestantesimo fosse fecondamente superiore alla polemica e all'apologetica, dai corti orizzonti esistenti prima di lui ( e purtroppo anche dopo di lui ).

Egli avvertiva, in certo senso, qualcosa dei profondi problemi per i quali si era lottato nella Riforma.

Anche J. H. Newman rientra nel quadro della vita spirituale del cattolicesimo, che nel XIX secolo si sta risvegliando.

La sua importanza è così vasta che lo dobbiamo considerare a parte ( § 118, III, 8 ).

Purtroppo questo poderoso lavoro di ricostruzione cattolica, che ancor oggi è della massima importanza per tutta l'attuale problematica teologica, trovò a Roma una stampa poco obiettiva.

Verso la metà del XIX secolo, quasi tutte le facoltà tedesche di teologia godevano a Roma dubbia fama; ragione non ultima per cui esse non poterono offrire che un contributo assai modesto al concilio Vaticano I e per cui il loro sforzo non trovò eco sufficiente presso altre Facoltà di tendenza più tradizionalistica.246

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245 Dalle analisi sulla Riforma da una parte, sull'umanesimo e ancora sull'illuminismo dall'altra, risulta chiaro che la funzione dei singoli elementi di questa serie è estremamente varia; qui non si tratta tanto dell'intenzione, quanto del concreto risultato storico.
246 È importante, dal punto di vista storico ed ecclesiastico, riconoscere che questa dottrina, pur corretta, non offriva affatto una sufficiente garanzia; la sua troppo esigua forza biblica, storica e speculativa era addirittura una tentazione per gli eterodossi.